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He kissed my lips, I taste your mouth

Summary:

Quando Louis si trasferisce nell’appartamento accanto a quello di Harry, nessuno dei due pensa che cambierà le loro vite. Louis è bloccato in una relazione con il suo ragazzo dispotico e iperprotettivo di cui è troppo innamorato per rompere. Harry è felice, mentre cerca un rifugio dal mondo snob in cui è cresciuto e si crea una nuova strada per se stesso. Ha questa abitudine di voler risolvere i problemi della gente e quando incontra Louis, un ragazzo meraviglioso con un fidanzato imbecille, si ritrova a cercare di fare proprio quello. Mentre Harry cerca di evitare di rimanere invischiato in una situazione incasinata, Louis cerca di negare che ci sia una voce persistente nel retro della sua mente che preferisce Harry al suo stesso ragazzo. Sebbene entrambi si rifiutino accuratamente di lasciare che i cambiamenti prendano il sopravvento, non notano quella stessa forza che si avvolge attorno a loro e li attira l’uno verso l’altro, fino a che potrebbe non esserci più nessuna via di scampo dai sentimenti in tempesta dentro di loro.

Notes:

Eccomi qui, con una nuova traduzione.
Ci ho pensato e ripensato, l'ho iniziata e poi ho smesso, ma alla fine ci tengo troppo per non farla. E' lunga, davvero lunghissima, in inglese sono circa 290k parole. Ma è una sfida e ce la farò.
Non sono pienamente soddisfatta della traduzione, perché ha uno stile di scrittura molto diverso da quello dell'autrice precedente, ma spero di riuscire a renderlo scorrevole anche grazie al vostro aiuto.
Volevo anche precisare che, essendo molto descrittiva, mi sono ritrovata a ridurre e modificare delle frasi, perché in italiano non rendevano e venivano dei pipponi enormi e ripetitivi. Io consiglio sempre la lettura in lingua originale, ma farò del mio meglio per non deludere voi e l'autrice di questa meraviglia. :)
Buona lettura!

Chapter 1: Capitolo 1

Notes:

(See the end of the chapter for notes.)

Chapter Text

“Non ce la faccio più con te,” grida Louis, le gambe divaricate sul divano, chinando la testa sotto il peso della disperazione. “Non posso continuare a spiegarti quando non mi vuoi ascoltare.”

“Allora vattene!” ruggisce Duncan, le mani sui fianchi dove si trova lì in piedi, bloccando la televisione con il suo corpo robusto.

Louis ricorda il giorno in cui entrò in un bar con Taylor quando era ancora un semplice studente universitario, quando ancora pensava che avrebbe insegnato teatro ai ragazzi. Si ricorda di aver guardato verso un angolo del bar e aver incontrato gli occhi poco più che curiosi di un ragazzo alto e robusto con i capelli corti e biondi, e penetranti occhi verdi. Louis riesce ad ammettere che persino allora, non fosse poi così attratto da lui. Non aveva sentito quel forte desiderio nel suo stomaco, e quando Taylor si era accorta del ragazzo che Louis stava fissando, persino lei aveva sollevato le sue sopracciglia bionde e finemente cerettate come per dire, “Lui? Sul serio?” A quel punto era ormai risaputo che Louis fosse più interessato ai mori che ai biondi e che gli piacesse rimorchiare principalmente ragazzi più giovani a cui non dispiaceva essere scopati da qualcuno un po’ più minuto di loro.

Duncan non era il suo tipo. Aveva cinque anni più di Louis, lavorava dalla mattina alla sera ai piani alti di un’azienda di cui Louis ancora non comprendeva le specifiche. Aveva un corpo che era, sebbene ben tenuto, per niente tonico. Tuttavia si era avvicinato con un sorriso sicuro di sé, non del tutto spiacevole, e un ondeggiamento dei fianchi che aveva spinto Louis a chiedersi se non sarebbe stato poi così male essere scopato e non essere quello a fottere per una volta. Che poteva dire? Era sempre stato aperto a nuove esperienze.

“Cosa bevi?” gli aveva chiesto Duncan con un sopracciglio alzato nello schioccare le dita per attirare l’attenzione del barista.

Louis era rimasto impressionato quando il solito uomo snob e scontroso si era avvicinato al lato del bar dove si trovavano e aveva immediatamente chiesto a Duncan cosa desiderasse.

“Uhm, il solito,” aveva detto Louis al barista, colto leggermente alla sprovvista.

Una volta che Duncan e Louis ebbero entrambi i propri drink e Louis ebbe chiesto a Taylor il suo assenso dopo che lei gli chiese (non a voce, ovviamente) se voleva che se ne andasse, si appoggiarono al bancone, analizzandosi apertamente. Louis stava passando attraverso una fase nella quale indossava solo cardigan. Rabbrividisce nel ripensarci, tre anni dopo e con molta più maturità nel suo senso estetico. Ad ogni modo, quel giorno indossava dei jeans particolarmente stretti e i suoi capelli erano adeguatamente pettinati. Lo stile di Duncan non è cambiato molto da allora. In effetti Louis è abbastanza sicuro che quelli che ha addosso in quel momento siano gli stessi jeans sformati di quel giorno, in cui indossava anche una felpa enorme e leggermente logora che aveva fatto storcere il naso a Louis. Nel senso, erano in un bar e nonostante il cardigan di Louis fosse lontano dall’essere raffinato, era anche più lontano dall’essere casual rispetto a quel che stava indossando Duncan.

“Bei jeans,” si era complimentato Duncan, gli occhi che vagavano per le gambe di Louis con intensità.

“Bel… uh…”

Il cervello di Louis in quel momento non capì più nulla. Tuttavia furono gli attimi successivi che cambiarono tutto. Dimenticò i suoi pregiudizi e si lasciò sedurre. Fu il momento in cui Duncan Bishop si trasformò da ragazzo trasandato che cercava di far colpo su di lui, a una bella risata e forse qualcosa di più.

“Tranquillo, perché se fossi in te, sarei già scappato a gambe levate. Ti avrei detto di avere un ragazzo che soffre di una grave forma di qualcosa e poi mi sarei rifugiato in un altro bar in fondo alla strada con la mia amica per lamentarmi del coglione vestito male che ci ha provato con me.”

Duncan aveva detto tutto con un luccichio nelle pupille, il verde degli occhi acceso di divertimento. Non era affatto infastidito dalla fredda reazione di Louis nei suoi confronti e quello fu il motivo che fece eccitare quest’ultimo. Fu il motivo per cui mise da parte tutti i suoi preconcetti sull’attrattiva sessuale e osservò quel ragazzo da dietro le ciglia con un accenno di flirt sulle labbra.

“E quel coglione vestito male che ci ha provato con me… ha per caso un nome?”

 

**

 

Con lo sguardo fisso sulla canna di una pistola raffigurata sul muro nel suo salotto, Louis non riesce a capire come siano arrivati a quel punto. Sembra ieri quando muoveva la lingua attorno alla bocca di Duncan fuori da quel bar e Duncan gli palpava il culo in maniera possessiva. Sembra ieri che Duncan gli aveva chiesto di vederlo di nuovo e Louis gli aveva fatto l’occhiolino e detto che se il destino avesse deciso così, sarebbe successo. Louis ricorda la sua bocca arricciarsi in un sorriso mentre scivolava sulla sua porta di casa quella notte, stupito. Duncan era così diverso da tutte le sue precedenti avventure occasionali. Louis pensava che sarebbe stato diverso. Quel ragazzo non sembrava sprovveduto o facile o sviato. Sembrava un uomo con un piano. Magari Louis avrebbe provato davvero qualcosa per una volta.

Provò effettivamente qualcosa e un anno dopo si era ritrovato rannicchiato sul divano tra le braccia di Duncan, a guardare un torneo di golf in tv nel loro nuovo appartamento. Suppone che anche allora ci fossero stati dei problemi, col fatto che Duncan fosse apparentemente estraneo al concetto di compromesso. Era il golf sopra il calcio, i The Wanted sopra i The Script ed era sempre Louis a guidare mentre Duncan poteva bere. Louis non era il tipo che si faceva mettere i piedi in testa e non avrebbe mai immaginato che sarebbe finito in una relazione dove non fosse la figura dominante. Eppure eccolo lì, due anni dopo, a farsi dire che può andare a ballare con Taylor ma non con Liam, il suo nuovo amico della palestra. Eccolo lì appena due mesi prima, a farsi urlare in faccia per essere troppo amichevole con il fattorino delle pizze. Eccolo ora nel suo nuovo appartamento, in cui si sono trasferiti perché Duncan si rifiutava di guardare Louis “flirtare” con Adam, il barista della caffetteria della zona. Louis teme che a breve potrà dire di aver vissuto in più posti di Londra rispetto a quelli in cui non ha vissuto.

Louis non ricorda bene il momento esatto in cui è iniziata quella folle gelosia, il momento esatto in cui Duncan si è trasformato da compagno amorevole a dispotica guardia carceraria. Neanche si ricorda la prima volta che ha pianto. Gli sembra quasi di non aver mai smesso da allora e con ogni sfuriata, con ogni litigio, sembra come se Duncan lo privi sempre più della persona che Louis era un tempo. Diventa sempre più debole con ogni insulto, ogni accusa. Louis non ricorda cosa si provi ad avere il controllo sulle proprie forze o ad amare se stesso più di qualcun altro.

Tre anni gli sembravano un insignificante lasso di tempo per una relazione prima che la vivesse. Ora tre anni contengono una miriade di ricordi che lo tengono prigioniero in tutti i sensi. Baci rubati tra le lenzuola aggrovigliate, lingue a incontrarsi in un ritmo frenetico con pochissimo tempo a disposizione prima del lavoro. I giorni passati a farsi le coccole sul divano ascoltando la pioggia battere sulle finestre, crogiolandosi nel calore l’uno dell’altro. Quelle volte in cui Louis entrava nella stanza e Duncan alzava lo sguardo dalle scartoffie sparse sul letto, le buttava per terra e attirava Louis sul letto, allungando le mani su tutto il suo corpo. Sono risate riversate contro il collo e sorrisi premuti sui palmi nel cercare di non ridere in posti dove non avrebbero dovuto. È Duncan che abbracciava Louis nel parlargli del suo lavoro e delle persone interessanti che aveva conosciuto quel giorno, raccontandogli le storie che gli rimanevano impresse. È il tatuaggio che hanno entrambi al polso che porta la data del giorno in cui si sono incontrati, perché Louis era stato così sicuro. Louis aveva giurato che non si sarebbe mai fatto nulla di così stupido e sdolcinato come un tatuaggio di coppia, ma poi non avrebbe neanche mai pensato che si sarebbe mai sentito in quel modo. Si era innamorato. Per la prima volta e per quella che, al tempo, sembrava l’ultima.

Sembra come se abbiano vissuto una vita in quei tre anni e anche quando quei piccoli occhi verdi si assottigliano con veemenza nella sua direzione, Louis non riesce a non sottomettersi alla sua più grande debolezza. Non è nessuna caratteristica che Duncan possiede e forse non è nemmeno il fatto che i lati positivi siano maggiori di quelli negativi. È semplicemente una storia che si è avvolta così stretta attorno al cuore di Louis che non riesce a contrastarla per uscirne. Non ne ha la forza. Anche quando Duncan lo sfida, un perfido ghigno sul suo viso nell’aspettare una risposta da parte di Louis, Louis sa che l’altro non vuole che se ne vada. Duncan è stanco tanto quanto lui. L’unico problema è; sembra che Louis sia sempre quello ferito e Duncan sia sempre quello che lo ferisce.

“Lo sai che non lo farò,” dice Louis piano, inarcando le sopracciglia in una supplica, “non rendermi tutto così difficile. Non sto dicendo che non ti amo, sto solo dicendo che non posso stare con te a queste condizioni. Ho bisogno che tu cambi–”

“Cambiare?! Io cambiare?!” urla Duncan, lanciando indietro la testa nel ridere fragorosamente e inopportunamente forte, mandando un brivido lungo la schiena di Louis quando riabbassa la testa, gli occhi freddi di cattiveria. “Cazzo, non sono io quello che sorride e ammicca al cassiere come una tr–”

Louis geme, strizzando gli occhi mentre la vergogna si riversa nel suo corpo. Vergogna per la sua debolezza, vergogna per il modo in cui Duncan riesce ad arrivare a lui in quel modo. Stringe il maglione grigio tra le mani nell’implorare. Implora come un cucciolo affamato in attesa del cibo. Ha toccato il fondo.

“Ti prego,” rantola, il dolore a pizzicargli gli angoli degli occhi mentre le lacrime trattenute gli bruciano la vista, “ti prego non chiamarmi così.”

“Ti chiamerò così, amore,” dice Duncan, la voce ancora alta ma con un accenno sarcastico e pungente che avrebbe fatto infuriare davvero l’uomo che Louis era un tempo, “perché è quello che sei. Una troia disgustosa e affamata di cazzo.”

Louis spinge i pugni sugli occhi ma è inutile. Bruciano troppo ed è costretto ad aprirli mentre le lacrime sgorgano dai lati, scorrendo lungo il suo viso senza fermarsi. È una parola così stupida e insignificante. Non avrebbe mai pensato che qualcosa di così arcaico gli sarebbe entrato nel petto in quel modo. Ma immagina che non avrebbe mai pensato che l’uomo che amava l’avrebbe insultato perché si è degnato di scherzare con un cassiere. Non avrebbe mai pensato che questa sarebbe stata la sua vita.

Louis sa come finisce questa litigata. Finisce con Duncan che se ne va come una furia e sta via per ore mentre Louis cerca di riprendersi. Finisce con Duncan che si infila nel loro letto quella notte e avvolge le braccia attorno a Louis, sussurrandogli che ‘capisce’, che ‘va tutto bene’ e che sa che Louis non diceva sul serio. Finisce con le labbra premute contro il suo polso e una mano infilata nelle sue mutande, torturandolo fino a che non è duro e ansimante. Finisce con Duncan che si spinge rudemente dentro di lui e grida che lo ama mentre gli tira i capelli e lo guarda con venerazione. Finisce con Louis che si chiede come quella creatura gentile e amorevole di cui si è innamorato, possa essere quell’uomo che gli urla contro fino a che non si sente davvero piccolo dentro. Fino a che tutto quel che desidera è sciogliersi in una pozza di autocommiserazione.

“T-ti prego,” Louis balbetta un altro singhiozzo, tutto il corpo che trema mentre stringe i pugni contro i suoi jeans, scavando nei palmi con le unghie per cercare di distrarsi dal dolore che gli inonda il petto. “Non è così, lo sai che non è così. Io ti amo, amore.”

“Se sento ancora uscire una patetica supplica del cazzo da quella tua bocca disgustosa, te ne farò pentire amaramente,” dice Duncan, la minaccia implicita mentre si sporge in avanti così che il bianco dei suoi occhi sia ben visibile.

La curva irritata del suo labbro è evidente mentre dondola appena sulle punte dei piedi come se stesse per salire sul ring. No, Duncan non l’ha mai picchiato. Non l’ha mai toccato in quel modo, ma Louis si rannicchia comunque contro il divano, tremando da capo a piedi. Ha visto Duncan far fuori ragazzi grossi il doppio di lui con un pugno ben assestato nella palestra di boxe. Ha iniziato a fare sport nel suo tempo libero. Era davvero eccitante per Louis nei primi tempi, accompagnare Duncan agli incontri e fare il tifo per lui mentre eliminava un avversario dopo l’altro.

Questo finché il barlume di violenza negli occhi di Duncan non aveva cominciato a tornare a casa con lui e gli insulti erano diventati minacce. Il corpo di Louis è scosso dai singhiozzi e sente a malapena la mano che batte energicamente e con rabbia fuori dall’appartamento. È solo quando vede Duncan marciare verso la porta, spalancarla con forza e quasi scardinarla che si alza in piedi.

“State facendo un casino,” dice una voce profonda e melodica con tono irritato, “Se poteste gentilmente abbassare la voce, vorrei–”

Louis appare dietro la spalla di Duncan, sollevandosi sulle punte dei piedi per riuscire a vedere il ragazzo – presumibilmente il loro vicino – che li sta rimproverando. Il ragazzo sembra essere sulla ventina, ma potrebbe avere anche sedici anni, con una testa di boccoli castani sciolti che finiscono alla base del suo collo, incorniciandogli il viso e in contrasto con il pallore d’avorio della sua pelle. O almeno, era d’avorio. Ora mentre i suoi luminosi occhi verdi si allacciano su Louis oltre la spalla di Duncan, si spalancano e lui arrossisce, un rosa scuro che risale dal collo per riempirgli le guance. Il suo labbro inferiore si piega in una smorfia nell’interrompere il discorso.

“Oh,” dice, la voce un ottava più alta. I suoi occhi corrono dai capelli arruffati di Louis, alle sue evidenti lacrime che scendono fino alla felpa enorme che gli compre interamente le mani, “Oh, scusate. Scusate l’interruzione, io–”

“Hai finito di sprecare il mio cazzo di tempo?” gli chiede brutalmente Duncan, “Non ho la stracazzo di intenzione di scusarmi perché sto parlando con il mio ragazzo.”

Non è da Duncan essere così aggressivo con chiunque. Di solito lo riserva per il ring, Louis e ragazzi che ci provano, ma Louis suppone che il loro vicino riccio l’abbia beccato nel momento sbagliato. Nel bel mezzo del maltrattamento di Louis. In più, questo ragazzo è quel tipo che Duncan odia. È scalzo, porta dei jeans così stretti e attillati che devono essere da donna e una camicia in flanella sbottonata a metà, a rivelare quel che sembra il tatuaggio di due volatili e più di qualche collana che oscilla contro il suo petto. Indossa un assortimento di anelli pacchiani sulle dita e uno anche sull’alluce. Ha anche il corpo di un pugile senza il torso robusto e il viso cattivo. È tutto ciò che Duncan disprezza, in parte perché è tutto ciò che Duncan non sarà mai.

“Giusto, uhm… be’ Io, è meglio che vada…” balbetta il ragazzo, apparendo assolutamente smarrito mentre i suoi occhi di giada sfrecciano su Louis per poi cominciare a voltare le spalle.

“Oi, riccio,” urla Louis… o almeno ci prova. Viene fuori più come un debole gracchiare.

Il sedicenne-barra-ventenne si gira per guardarlo, confuso e ancora completamente rosso in viso. È un colore che gli si addice, pensa Louis, in un angolo lontano della sua mente.

“Scusa per l’inquinamento acustico,” dice timidamente, mordendo l’orlo della sua manica.

La bocca del riccio si contrae ma sembra ancora un coniglio sorpreso, gli occhi che vagano su tutto il viso di Louis come se fosse la prima volta che vede qualcuno piangere. Ma non ha la possibilità di rispondere perché non appena apre la bocca per farlo, Duncan gli sbatte la porta in faccia.

 

**

 

“Ciao tesoro,” Louis apre la porta con un ampio sorriso e spalanca le braccia in attesa.

Come temeva, si ritrova presto una manciata di capelli biondi e piastrati in bocca e si sente piuttosto nano perché, ovviamente, lei non poteva indossare ballerine, no. Dovevano essere tacchi. Devono sempre essere tacchi.

“Lou!” dice Taylor contro i suoi capelli, stringendolo in vita, “Mi sei mancato da morire!”

Louis la tira verso il divano roteando gli occhi al cielo.

“È passata una settimana da quando abbiamo pranzato insieme.”

“Esatto!” dice lei, tirando su col naso in maniera esageratamente offesa.

“Sembri un girasole,” è la risposta schietta di Louis.

La ragazza indossa un top giallo acceso che le lascia la pancia scoperta, e una gonna coordinata. Per non parlare dei tacchi dello stesso nauseante colore. Il tutto a contrastare in maniera piuttosto deplorevole con le sue labbra color rubino. Ciò non significa che abbia un pessimo gusto. Generalmente Louis sarebbe felice di camminare a braccetto con lei. Infatti, ama identificarla come la sua amica più alla moda ma lei a volte ha questa fastidiosa abitudine di vestirsi in base al suo umore piuttosto che per farsi vedere da tutti gli altri. È tenero come un ‘forse dovremmo stare in casa oggi’. Taylor punta un dito accusatore nella sua direzione e sposta leggermente indietro i capelli.

“E questo è il motivo per cui tu eri scandaloso e io carina per quella festa a tema dove siamo andati qualche mese fa.”

Louis assottiglia gli occhi.

“No, tu eri solo carina e non sexy perché ti sei rifiutata di indossare i vestiti che avevo scelto per te!”

“Sarei stata nuda!” protesta lei, indignata.

Louis ride.

“Semi nuda. È di gran moda di questi tempi, tesoro. Non importa comunque, credo che io fossi piuttosto figo con l’eyeliner e i vestiti in pelle,” dice Louis con un sorrisetto, dimenando drammaticamente la testa.

Taylor ridacchia e tende una mano per toccargli il braccio mentre gli sorride con approvazione.

“Eri…” fece una pausa, gli occhi che vagano per il corpo dell’amico, “dannatamente meglio di quanto lo sia oggi, Mr. ‘cosa dovrei indossare per vedere Taylor… oh, perché non la stessa canottiera da duro che ho indossato la volta scorsa e… mhh vediamo un po’… Oh sì, una delle mie venti paia di jeans neri e attillati tutti identici.’”

Louis scuote la testa ma sta sorridendo, divertito con riluttanza.

“Non ne ho venti paia… Ne ho venticinque,” dice, guadagnandosi un adorabile risata dalle labbra di Taylor, “e cosa c’è di male? Mi fanno un bel culo e tu mi hai sempre detto che ho delle belle braccia.”

Taylor inclina la testa, focalizzando attentamente i suoi occhi blu sui bicipiti scolpiti di Louis.

“Questo è vero,” concorda lei, gli occhi che si spostano dal suo viso e poi di nuovo sulle sue braccia per fare scena.

Lui la spintona delicatamente dal braccio.

“Oh smettila! Lo sai che non riesci a inquietarmi quando fai così. Solo perché non gioco per la tua squadra, tesoro, non significa che io abbia problemi quando mi squadri da capo a piedi.”

“Preferisco Calvin se devo essere sincera,” replica Taylor, la bocca a curvarsi ai lati.

Louis si allontana, posando una mano sul petto nello spalancare gli occhi in maniera teatrale.

“Non starai parlando del mio Calvin? Perché non me l’hai detto? E dire che pensavo fosse così felice con–”

Questa volta è Taylor che lo spintona ma sta ridendo, le guance che quasi inghiottono il bianco dei suoi occhi nel sollevarsi.

“Non fare l’idiota!”

“Oh, ma è così divertente!”

Si guardano per un momento, per poi scoppiare di nuovo a ridere, Louis che fa pendere la testa oltre lo schienale del divano mentre le risate pian piano scemano.

“In realtà sono davvero felice con lui. Calvin, dico.”

Louis alza lo sguardo verso di lei e sente profonda invidia nelle sue vene nell’osservare i suoi occhi diventare sognanti, un lieve rossore a colorare le sue guance. Ha quella luce nei suoi occhi, quello sguardo da ‘Sto per innamorarmi di brutto’ che ha sempre appena prima che vada tutto a rotoli. Solo che questa volta sembra un po’ meno infantile, un po’ meno insicura, e ogni volta che Louis la guarda, lei sembra solo più felice. Il sorriso sulla sua bocca è uno che Louis riconosce dalla sua stessa relazione. È quella leggera curva delle labbra che dice “Ho un segreto” e il segreto sono quei momenti con quella persona speciale di cui nessun altro è al corrente. Quei momenti in cui la sua pelle scivola sulla tua o le sue risate riempiono il vuoto nel tuo petto. Non puoi descriverlo perché nessuno saprà mai quanto sia dolce quel momento. Forse non vuoi che loro lo sappiano. Il sorriso segreto si intona con il barlume di pura soddisfazione nei suoi occhi.

“Lo so, tesoro,” dice Louis, massaggiando la sua spalla con un sorriso dolce, “e so che quando voi due comincerete ad avere piccoli bambini biondi e perfetti con abilità musicali superiori, chiamerai almeno uno di loro Louis.”

“Che ne dici di…” Taylor contrae le labbra, con fare pensieroso, “Loula? Sai, per una bambina.”

Louis la fissa incredulo.

“Non dirai sul serio.”

“Cos’ha Loula che non va?”

“Mhh fammi pensare. Torniamo all’ultima volta in cui abbiamo avuto questa discussione. Puoi ripetermi qual era il nome che ti piaceva?”

“Dachshund.”

Louis scoppia a ridere, battendo sul ginocchio al ricordo.

“È una razza di cane,” dice, tra le risate, “vuoi chiamare tuo figlio come un cane. Se hai intenzione di farlo, tanto vale chiamarlo Shih Tzu. Awehhh,” Louis batte le mani, “Guarda il piccolo Shih Tzu che succhia il ciuccio. Il bellissimo piccolo Shih Tzu.”

Taylor incrocia le braccia al petto.

“Louis William Tomlinson, non sono venuta qui perché tu sfottessi i miei gusti per i nomi dei bambini.”

“Se preferisci, posso sfottere il tuo–”

“Louis,” geme lei.

Louis cede con un sorrisetto.

“Okay, okay. Che succede? Sono stato presuntuoso a pensare che volessi vedere il mio bel faccino?”

Incornicia le guance con i palmi e sbatte le palpebre in quella che presuppone sia un’espressione affascinante. Tuttavia le sopracciglia di Taylor rimangono piegate verso il basso e lei non ride.

“Tay, va tutto bene?” domanda lui, posando una mano sulla sua.

“Sto bene,” risponde ma la sua mano stringe la presa e lei appare estremamente terrorizzata.

“Taylor Alison Swift, che sta succedendo?!”

“Io,” fa una pausa, l’espressione che si arriccia ulteriormente mentre studia il viso di Louis, cercando qualcosa nella sua espressione. “Non volevo dover tirare nuovamente fuori quest’argomento…”

Louis prende un respiro profondo e vacillante nel realizzare esattamente perché lei sia venuta. È passato almeno un mese dalla loro ultima chiacchierata e lui sa che Taylor deve aver faticato per trovare il coraggio per andare lì e provarci di nuovo. Si chiede cosa l’abbia innescato. Non può aver saputo della litigata che hanno avuto la scorsa notte. È una cosa tra lui, Duncan e il loro vicino riccio. No, deve aver avuto semplicemente un sentore che le cose andassero di nuovo male.

D’altronde, sembra che quest’ultimo anno le cose siano sempre cinquanta sfumature di casini. Persino i momenti più dolci con Duncan sembrano precari e troppo momentanei per fidarsi. Come se l’attimo in cui Louis lascia spazio alla felicità, Duncan scatterà e ancora una volta quel momento verrà strappato violentemente dalle sue grinfie. Louis si sente come se stesse sul filo del rasoio ogni giorno della sua cazzo di vita. Quindi lo sa. Sa perché i suoi amici sentono il bisogno di parlargli di quella situazione. Tuttavia, è proprio come quel barlume di felicità negli occhi di Taylor. Non è qualcosa che può essere compreso dall’esterno.

“Allora non farlo,” sospira Louis, sentendosi esausto mentre sbatte la testa contro lo schienale del divano in pelle.

Solo perché comprende la sua preoccupazione, non vuol dire che non gli dia fastidio.

“Lou,” dice lei in modo solenne, stringendogli il bicipite, “sto solo cercando di aiutarti. Tu sei migliore di così. Sei molto meglio di lui.”

“Come puoi dire una cosa del genere?” Louis fa scattare la testa per guardarla, gli occhi intrisi di sofferenza, “è lui quello che lavora dalla mattina alla sera. Io sono un cazzo di tatuatore. Lui ha dei progetti per noi e i-io prendo le cose semplicemente giorno per giorno. Lui cucina e pulisce e io–” Louis stringe forte il braccio della ragazza, “lui fa così tanto per me.”

Taylor inclina la testa, studiandolo. I suoi occhi emanano così tanta tristezza che Louis quasi si muove per avvolgere le sue braccia attorno a lei. Se solo quella tristezza non fosse per lui.

“Tutto tranne renderti felice. Dio Lou, che cosa ti ha fatto? Come puoi pensare queste cose di te? Non c’è niente di sbagliato nel vivere il presente e non c’è niente di sbagliato nel tuo lavoro. Tu ami il tuo lavoro. Voglio dire… il cucinare e il pulire, magari potresti lavorarci,” Louis rotea gli occhi al cielo, “ma non è l’uomo perfetto ed è lontano dall’essere il fidanzato perfetto. Scommetto che stasera tornerà a casa e pretenderà di sapere con chi sei stato oggi e quali clienti hai visto. E se accenni a un uomo che ti ha fatto ridere, se accenni persino a uno scambio di numeri con un amico, scommetto che ti darà della troia.”

L’espressione di Louis si corruccia, sofferente.

“Mi fai pentire di condividere le cose con te.”

“È abuso,” dice Taylor, una durezza sul suo viso che raramente viene fuori eccetto quando qualcuno minaccia Louis in qualsiasi modo, forma o aspetto.

“Non mi ha mai picchiato!” protesta Louis, odiando il modo in cui la conversazione lo sta facendo sentire.

Voleva solo vedersi con la sua migliore amica per parlare del fatto che Calvin stia facendo le valigie e del fatto che Taylor abbia intenzione o meno di andare a vederlo fare il DJ a Ibiza. Voleva solo dimenticare per qualche ora che la sua relazione non è poi tutto questo granché e che più va avanti, più si sente lacerato dentro di sé.

Taylor gli picchietta la tempia.

“Abusi mentali. Abusi verbali. Dio, se si azzarda a toccarti…” Taylor scuote la testa, risucchiando le labbra in un’espressione grave che rende Louis felice del fatto che non le abbia accennato delle minacce.

“Non lo farebbe mai,” dice Louis con certezza.

“Senti,” Taylor spinge in fuori le mani per tenerlo buono, “il punto è che… non puoi stare con lui, Louis. Non sei una troia, questo lo sai… non sei nessuna delle cose che ti fa pensare di essere, quindi perché stai con qualcuno che ti conosce così poco e che vede così poco in te? Stai cominciando a lasciare che questo influenzi il modo in cui ti vedi. Mi ricordo di un tempo in cui nessuno poteva dirti come sentirti e cosa pensare di te.”

Il suo tono è acceso e lei sembra sul punto di afferrarlo per le braccia e scuoterlo. Louis, d’altra parte, è sul punto di infilarsi nel letto e chiudere gli occhi alla realtà che non vuole affrontare.

“Ho capito,” dice Louis in un sussurro, rifiutandosi di alzare la voce, per timore di rivelare le emozioni che pulsano nel suo petto, “Non sono la stessa persona di un tempo e neanche lui. Non posso fingere che non faccia male ma, è come se… è come se tu non riuscissi mai a vedere l’altro lato di lui. A vedere com’è quando è dolce e premuroso. Vedrai sempre e solo il dolore, mai l’amore. Io posso vedere entrambi. Solo io posso sentire la spinta delle sue labbra e le sue mani tra i miei capelli. Solo io posso vedere i suoi occhi addolcirsi per me. Tutto questo appartiene a me e tu non riuscirai mai a capire cosa si prova. Non riesco a spiegartelo, è solo che…”

Louis solleva la testa con gli occhi tristi, il dolore che batte a ritmo del cuore. Che pulsa allo stesso modo in cui il sangue pulsa sotto un livido. Sotto l’amore di cui non riesce a liberarsi, c’è un vuoto di sofferenze che lo divora completamente.

“Non posso non voler stare con lui.”

“Oh, Lou.”

Taylor allunga una mano, accarezzandogli i capelli, e Louis si abbandona al tocco. Gli è sempre piaciuto farsi toccare i capelli. Lo rilassa e Taylor lo sa.

“Vuoi del tè?” mormora lei, “Pensavo di andare a farmene un po’.”

Louis annuisce, gli occhi ancora chiusi. Non appena Taylor si alza, appoggia la testa contro lo schienale e si accoccola sul copridivano che pende da un lato. Ascolta i passi dell’amica che si allontanano verso la cucina, sentendosi rassicurato. Louis la lascia prendersi cura di lui perché è di questo che ha bisogno. Questo è quello che fanno i migliori amici. Non ha bisogno di ramanzine e ammonimenti. Ha bisogno dei suoi gesti premurosi. Non lo fa sentire meglio ma non fa così male quando lei è lì con lui, quando lo fa sentire prezioso e amato.

“Oh Lou, non hai lo zucchero!” Urla lei, la voce che rimbomba dalla cucina.

Louis apre gli occhi con riluttanza e si alza, entrando in cucina per trovare Taylor poggiata contro il banco di lavoro, con il viso corrucciato e il barattolo dello zucchero in mano.

“Oh be’, dovrai farne a meno.”

“Oppure,” dice Taylor con un tono sommesso, “potremmo chiedere al tuo vicino che ho visto entrare nel suo appartamento quando sono arrivata. Sembra abbastanza simpatico. Sono sicura che ci darà un po’ di zucchero.”

Normalmente Louis avrebbe fatto una battuta a doppio senso, ma è troppo impegnato a protestare contro la piega degli eventi, l’orrore a riempire i suoi occhi spalancati nel ripensare al fastidio sul viso di quel ragazzo riccio quando si era presentato alla loro porta la notte prima. Certo, era sembrato leggermente preso alla sprovvista e dispiaciuto quando aveva notato Louis lì in piedi, che aveva palesemente appena pianto, ma non significava che non fosse comunque seccato per il baccano. Louis si sente in imbarazzo riguardo l’intera faccenda.

Quando ha chiuso gli occhi la scorsa notte, tutto quello che era riuscito a vedere era il ciondolo di una croce che batteva contro un tatuaggio scuro di due rondini, circondate da pelle chiara. Tutto quello che era riuscito a sentire era l’eco di un timbro profondo; una voce come non ne aveva mai sentite prima. Musicale nella cadenza ma così lenta nel rilascio e così tanto, tanto profonda. Gli ricordava lo sciroppo appiccicoso quando viene versato sui pancake, che gocciola dalla brocca e si coagula sul pancake stesso. Aveva risuonato da qualche parte nel petto di Louis e non era sicuro del perché.

“No, no, assolutamente no. Non puoi farlo,” si affretta a dire Louis, bloccando l’uscita della cucina quando Taylor inizia a muoversi.

Lei inarca un sopracciglio.

“E perché no?”

“Perché,” sbuffa Louis, “è venuto qui ieri notte per lamentarsi del–” Louis si interrompe da solo, realizzando di stare per fare un passo falso e menzionare la litigata che ha avuto con Duncan, “di quanto fosse alta la TV,” Taylor assottiglia gli occhi, chiaramente incredula, ma Louis prosegue, affrettando le parole per distrarla, “e sembrava davvero incazzato. Dubito che gli stiamo simpatici. Non posso andare a chiedergli lo zucchero.”

Gli occhi di Taylor lo studiano per un attimo, spostandosi dalla sua testa alle spalle, e poi fino ai suoi piedi. Un lato del suo labbro superiore si piega. Louis lo nota ma è troppo tardi.

“Forse tu non puoi, ma io sì,” esclama lei, chinandosi sotto il suo braccio e correndo verso la porta.

Ovvio che è più veloce di Louis con le sue gambe da giraffa. Persino con i tacchi. Si chiude la porta alle spalle proprio mentre Louis è in procinto di afferrare la maniglia, e ci mette troppo tempo per riaprirla. Taylor ha già bussato sulla porta accanto alla loro. Numero 16. L’appartamento dell’hipster riccio. Cazzo.

“Ti odio da morire,” sibila Louis, lanciandole un’occhiataccia nell’avvicinarsi a lei, rimanendo nascosto alle sue spalle.

Se Taylor ha intenzione di chiedere lo zucchero a quel ragazzo, lui ha intenzione di esserci. Anche se Riccio pensa che sia un cretino patetico e rumoroso.

“Non è molto carino da parte tua,” replica Taylor, ma sta sogghignando quando la porta si apre di fronte a loro.

Louis pensa che trattenere il respiro sia assolutamente necessario in quel momento. Lo rilascia in un soffio quando il suo vicino appare sulla soglia indossando dei pantaloni eleganti grigi, e solo quelli. I suoi capelli sono morbidamente arruffati, meno ricci dell’ultima volta e acconciati all’indietro in una specie di ciuffo, lasciando scoperta gran parte del suo viso dai lineamenti delicati. Quel ragazzo ha le fossette e Louis sente caldo sotto il colletto. Le fossette fanno qualcosa di stupido al suo stomaco e in quell’istante gli sembra quasi di essere in caduta libera perché il suo vicino ha il petto scolpito e delle rientranze sui fianchi in cui si adatterebbero perfettamente un paio di mani; forse un paio di pollici.

Le rondini risaltano contro la pelle come l’ultima volta, ma ha una collana diversa, un aeroplanino di carta che oscilla tra i suoi pettorali, rendendo Louis leggermente stordito. I pantaloni sono portati a vita bassa sui fianchi formosi e si adattano perfettamente alle sue lunghe gambe. È di nuovo scalzo. Anche se, dato il suo stato semi-vestito, non significa poi molto. Louis assimila tutto in una volta, e tutto ciò a cui riesce a pensare è il calore che si fa strada lungo la sua gola, succhiando via tutta l’idratazione e facendolo sentire completamente prosciugato.

“Ciao!” dice allegramente Taylor.

Louis si sposta dietro di lei proprio quando gli occhi del suo vicino guizzano verso il punto in cui si trovava.

“Ciao,” la saluta lui, una sicurezza nella sua voce che era stata misteriosamente assente la notte precedente.

Sembra notevolmente meno preso alla sprovvista. Forse perché non c’è un disastro rigato di lacrime di fronte a lui.

“Sono Taylor,” offre lei, e Louis può dire persino dal retro della sua testa che la sua bocca colorata di rossetto è stirata in un sorriso bianco perfetto, con cui riesce ad ammaliare chiunque, “ci stavamo chiedendo se potessi prestarci dello zucchero.”

“Prestarci?”

Taylor lancia un’occhiata alle proprie spalle e sospira, essendole chiaramente sfuggito il fatto che Louis si sia nascosto dalla vista. Allunga una mano dietro di sé e aggancia le dita attorno al braccio di Louis, tirandolo brutalmente di fronte a sé. Dio, quant’è seccante il fatto che sia così forte. Quando Louis alza lo sguardo, la sua testa raggiunge appena gli occhi del ragazzo, ed è fin troppo vicino. Così vicino da sentire il profumo di Tom Ford e il sapone sulla sua pelle pulita e rasata e che risplende appena nella luce fluorescente.

“Oh,” gli occhi del ragazzo si spalancano infinitesimamente e sembra di nuovo disorientato. Poi la sua bocca si piega leggermente in un sorriso divertito e quell’incantevole nota musicale riaccompagna il suo tono, “Ciao.”

“Ciao,” risponde Louis, la voce che suona stranamente timida.

Louis non è timido. Non si comporta da timido. Perché la gola gli sta comprimendo le parole?

“Sono Harry,” il ragazzo riccio tende la mano verso Louis, i suoi occhi verde acqua che brillano giocosamente come se avessero appena condiviso una battuta tra loro, “piacere di conoscerti…?”

Louis si limita a fissarlo con gli occhi spalancati, incapace di formulare parole in inglese. Sobbalza quando Taylor gli stringe la spalla da dietro.

“Questo è Louis,” si offre lei per lui.

“Piacere di conoscerti, Louis,” dice Harry con dolcezza, gli occhi che si abbassano sul suo viso e gli fanno formicolare e prudere la pelle. Dopo un lungo scambio di sguardi, si gira a guardare Taylor, “e tu Taylor, ovviamente.”

“Ci siamo già conosciuti,” se ne esce Louis, per poi sbiancare alla sua stessa idiozia.

Che razza di osservazione è quella?

Harry piega la testa e solleva le sopracciglia, e gli occhi di Louis sono immediatamente attratti dal ciondolo che oscilla e dai muscoli pronunciati del petto, così vicini a lui.

“Cioè, è un piacere conoscerti come si deve,” si corregge Harry con un sorriso, le fossette agli angoli.

“Certo…”

Taylor scoppia a ridere in maniera per nulla discreta dietro la testa di Louis, e quest’ultimo si volta appena per lanciarle un’occhiataccia.

“Mi piacerebbe invitarvi a entrare,” dice Harry con aria malinconica quando Louis si volta nuovamente per trovarlo a fissarlo di nuovo, gli occhi che tracciano i jeans attillati e i muscoli sulle sue braccia, “Ma devo andare a un gala di beneficenza. Ecco il perché dei miei vestiti,” gesticola in direzione dei suoi pantaloni, “… non il mio solito stile.”

“Ma non mi dire,” dice Louis con le sopracciglia inarcate, lottando contro l’impulso di aggiungere la parola ‘hipster’.

“Louis!” lo rimprovera Taylor, ma lui non le presta attenzione.

Taylor è orgogliosa dell’onestà di Louis anche quando fa finta che non sia così e Harry stesso, be’, le sue guance pare abbiano le convulsioni da quanto sta trattenendo il sorriso.

“No, non c’è problema,” Harry tende una mano oltre Louis per dare una pacca alla spalla di Taylor prima di abbassare lo sguardo divertito sugli occhi di Louis, un sorriso allegro sulle labbra, “Non sono proprio quel tipo di ragazzo. In ogni caso, sostengo le associazioni di beneficenza e mia madre è praticamente a capo di un sacco di quelle robe, il che significa che devo presenziare. Ma non posso dire che mi diverta a parlare con la gente presente. Solitamente persino quelli che donano sono piuttosto boriosi. ‘Oh Margaret, dobbiamo pranzare insieme il prossimo martedì, ma non possiamo tornare a quell’orrendo ristorante dove siamo andati la volta scorsa. Ti rendi conto, Darcy? Ci hanno servito dell’acqua che non era neanche in fresco. Direttamente dal lavandino. Incredibile.’”

Harry si esibisce in una perfetta imitazione della società snob d’alta classe. Ha decisamente l’accento giusto per farlo. Quello, unito alle labbra carnose che si piegano attorno alle parole, il naso tirato su con disprezzo e gli occhi verdi che danzano su Louis con pura malizia, contribuisce a renderlo brillante. La risata di Louis fuoriesce a sorpresa mentre lo osserva con approvazione. Piccolo e buffo hipster. Gli occhi di Louis scivolano sui suoi grossi bicipiti e sulle linee del suo petto. Be’, forse non così piccolo. Le labbra di Harry si piegano ancora di più in un sorriso nel ricambiare lo sguardo di Louis.

“Non te ne faccio una colpa,” commenta Louis, senza smettere di ridacchiare, “sembra un vero spasso.”

“Oh, non ne hai idea.”

Louis e Harry si sorridono a vicenda, le labbra sempre più verso l’alto finché Taylor non picchietta Louis sulla spalla.

“Ah, Lou… lo zucchero?”

Louis sussulta. Gli occhi di Harry si spalancano in modo comico quando dischiude la sua bocca piena.

“Oh santo cielo,” Louis sogghigna, le sopracciglia che si sollevano verso i capelli in risposta alla fine imprecazione di Harry. “Voglio dire… merda, lo zucchero. Faccio un salto in cucina e ve lo prendo.”

Louis gli sorride con gentilezza, gli occhi che si stropicciano ai lati e Harry che lo fissa per un attimo prima di allontanarsi. Louis cerca di far finta che la fossetta sul suo fondoschiena e le linee tese sulle sue spalle non siano poi così ipnotiche. Taylor, d’altro canto, lo fa girare verso di lei con un’eccitazione frenetica negli occhi.

“Cos’era quello?” squittisce, stringendogli il braccio.

Lo sguardo di Louis si sposta sulle sue dita, le sopracciglia inarcate in un’espressione confusa.

“Quello cosa?”

“Stavi flirtando con lui!”

“Non è vero,” farfuglia Louis, “Ho un ragazzo.”

“Che è davvero un cogl–”

Taylor,” dice Louis in tono minatorio.

Lei alza gli occhi al cielo ma poi sorride, il suo entusiasmo chiaramente immutato.

“Dico solo che,” i suoi occhi sono fissi su qualcosa oltre la spalla di Louis, presumibilmente Harry, “è davvero figo. E be’… anche lui stava flirtando con te.”

Le sopracciglia di Louis scattano, il cuore che sbatte contro le costole. Gli angoli delle labbra di Taylor si contraggono nell’aspettare una risposta. Louis sta giusto per dirle di smetterla di sorridergli in quel modo quando una mano lo afferra da dietro, dita lunghe e affusolate che premono sulla pelle morbida mentre un pollice gli sfiora la scapola.

“Ecco qui,” dice Harry piano, consegnando lo zucchero a Louis mentre quest’ultimo si volta, la sorpresa per il contatto che ancora aleggia nei suoi lineamenti.

“Grazie.”

La voce di Louis è fin troppo affannosa per una chiacchierata casuale sul pianerottolo e le sue guance stanno cominciando a scaldarsi.

“Dovremmo, uhm…” indica il suo appartamento col pollice e Harry annuisce, sembrando leggermente rammaricato, “goditi il tuo gala.”

“Godetevi il vostro…” Gli occhi di Harry scivolano sullo zucchero e poi tornano sul viso di Louis, un sorriso che tira un lato della sua bocca, “zucchero.”

“Oh, non rovinerei mai il tè in quel modo. È per Taylor,” dice Louis, alzando gli occhi al cielo per mostrare il suo disappunto.

Harry scoppia a ridere e il suono ruvido riempie le orecchie di Louis in modo così piacevole che si ritrova a sorridere a trentadue denti, a richiedere ancora quel suono.

“Lo sai come sono gli americani… non riescono a prendere niente che non sia fritto o senza qualche sorta di dolcificante,” aggiunge Louis, chinandosi appena in avanti per ammiccare al suo vicino mezzo nudo.

“Ehi!” dice Taylor alle sue spalle, solo un po’ indignata.

Poi gli strizza un fianco e si china su di lui per parlare direttamente con Harry.

“Lo dice quello che pensa che ‘insalata’ sia una parolaccia.”

Le labbra di Harry a quel punto stanno praticamente toccando le sue orecchie, allargandosi sempre di più ogni secondo che passa mentre i suoi occhi vanno avanti e indietro tra Taylor e Louis.

“Capisco,” Harry annuisce piuttosto seriamente ma i suoi occhi brillano ancora, accesi come due lanterne verdi da cui Louis si trova inspiegabilmente attratto.

Scrolla le spalle, sfacciatamente.

“È quello che è.”

Gli occhi di Harry si muovono sul suo petto e allunga una mano per tracciare con il dito il tatuaggio di Louis, assolutamente indisturbato dal contatto fisico con gli sconosciuti. Louis non può dire che gli dia poi così tanto fastidio. Il tocco di Harry è leggero come una piuma e Louis si china leggermente in avanti così da far premere il polpastrello con maggiore fermezza contro la sua pelle.

“Capisco,” ripete Harry, la bocca a sollevarsi ancora una volta.

Louis è seccato dallo sfarfallio nel suo petto.

“Dovremmo proprio…”

“Giusto, giusto,” Harry lascia cadere la mano al suo fianco, imbarazzato, gli occhi che saltano nervosamente da Louis a Taylor, “Io dovrei finire di prepararmi. È stato… bello conoscervi,” la bocca di Louis si spalanca ma Harry si affretta a dire, “Come si deve” prima che Louis possa dire qualcosa in merito.

“È stato bello anche per noi,” dice Taylor.

Harry annuisce, un sorriso leggero sul volto, ma i suoi occhi si spostano rapidamente su Louis e sembra come se stesse aspettando che dica l’ultima parola.

“Be’, uhm… au revoir.”

Suona ridicolo nel suo accento del nord, e non sa bene da dove diamine gli sia uscito. Harry appare estremamente divertito quando, con un ultimo sorriso con tanto di fossetta, chiude silenziosamente la porta. Louis prende un respiro profondo e tremolante e poi si volta verso Taylor, che è scossa da risate silenziose.

Au revoir?!” esclama lei, tenendosi lo stomaco nel cominciare a ridere a crepapelle, “au revoir?! Da quando tu dici au revoir?”

Louis si sente sommerso dallo sconforto. Cos’era quello?

“Non lo so,” geme, superando la porta di Harry per tornare al proprio appartamento.

Taylor lo segue, ancora scossa da risa.

Orevwa! Non posso crederci che hai appena detto orevwa!”

Louis alza gli occhi al cielo nello spalancare la porta di casa.

“Possiamo passare oltre, per favore?”

“Ma certo,” concorda Taylor, “parliamo di come la grandezza delle mani di Calvin non sia per niente ingannevole … se capisci cosa intendo.”

Finalmente. Questo è il tipo di conversazione che piace a Louis.

 

**

 

“Oh santo cielo, eccolo che arriva.”

“Ti piace far finta di non essere posh, ma non sei per niente credibile.”

“Harry… posh?!” urla Niall da un metro di distanza, un sorriso a trentadue denti ad allargargli la bocca, “di cosa stai parlando, Zayn? Harold è modesto fino al midollo.”

Niall indossa un completo grigio chiaro con una cravatta nera e un paio di scarpe nere. Sembra un bambino che gioca a mettersi i vestiti di suo padre. I suoi capelli biondi sono tirati su in una specie di composizione incasinata che lo fa sembrare un liceale e i suoi occhi blu sono accesi di divertimento. Si avvicina e Harry gli tira di nascosto una gomitata sulle costole.

“Non gradisco il tuo sarcasmo.”

“Come se non fossi sul punto di lamentarti con Zayn,” [ndt. complain to Zayn] le guance di Niall si sollevano, “Ehi, fa rima,” Harry e Zayn alzano gli occhi al cielo, “… lamentarti con Zayn che sono una minaccia per questo gala, e tutto perché mi piace divertirmi.”

“Onestamente non so perché ti lascino entrare a questi eventi,” dice Zayn, sollevando il suo bicchiere di champagne insieme alle sopracciglia.

Zayn è senza dubbio molto più adatto a queste serate eleganti. Indossa un completo blu che stringe sulla vita con una camicia bianca su misura, abbottonata più in alto di qualsiasi cosa Harry abbia mai abbottonato in vita sua. Con l’eccezione di stasera. i suoi capelli sono tirati all’indietro in un ciuffo e i suoi occhi scuri brillano come gioielli accanto alla sua pelle color mandorla. I suoi zigomi definiti e il taglio netto della sua mascella gridano “modello” così come il modo in cui guarda dall’alto in basso il completo chiaramente affittato da Niall con un accenno di disgusto. Proprio come Harry, è nato in una famiglia altolocata, e i suoi genitori conoscono Harry da quando hanno iniziato insieme la scuola privata quando erano piuttosto piccoli. Niall, d’altro canto, era quel raggio di sole che Harry aveva conosciuto quando trascorreva i suoi fine settimana a fotografare i musicisti di strada.

“Perché sono il miglior amico di Harry–”

Zayn a sentire quella frase inorridisce e Niall gli rivolge un ghigno.

“L’altro suo migliore amico,” si corregge ma non appare per nulla dispiaciuto, “e poi offre Harry, non è vero Haz?”

Niall gli dà una gomitata talmente forte da farlo incespicare appena, il suo champagne che fuoriesce dal bicchiere e schizza sulla manica del suo cappotto scuro.

“Oops.”

Il ghigno di Niall gli occupa tutta la faccia e Harry si limita a sospirare e ingurgitare il resto del suo drink.

“Non so che ci vieni a fare. Non è tu che faccia beneficenza,” dice Harry con le sopracciglia inarcate verso il basso.

“Be’, mangio tutto il cibo e bevo metà del loro alcol, no?”

Le sopracciglia di Harry si inarcano ancora di più.

“Niall,” dice, osservando il ragazzo più giovane con aria confusa, “tu non paghi nessuna di quelle cose.”

“No,” le labbra di Niall si stirano ancora di più e i suoi denti sono così bianchi, che a volte ricordano a Harry uno di quegli squali di Alla ricerca di Nemo, “ma più consumo, meno ne rimane per gli altri. Meno malattie epatiche e infarti per tutti. Credo che sia piuttosto caritatevole, no?”

Zayn si fa scappare una rara risata mentre Harry scuote la testa, un sorriso reclutante sul viso.

“Devi dargliene atto,” dice Zayn, “sa sicuramente come vendersi.”

“Non avessi così tanta dignità, sarei una prostituta,” asserisce Niall gonfiando il petto.

“Tu?!” Harry scoppia a ridere fragorosamente, “Dignità?!”

Zayn sorrise a labbra chiuse e indica la finta espressione offesa di Niall.

“La prima volta che ci siamo incontrati, avevi una salsiccia che ti pendeva dalla bocca e la prima cosa che mi hai detto è stata, ‘non mi dispiace un po’ di salsiccia.’”

La risata di Harry riempie l’aria nel ricordare il primo scambio tra Niall e Zayn. Niall appare ugualmente divertito, voltandosi per afferrare un calice di champagne da un cameriere di passaggio.

“Non è colpa mia se hai una mente perversa, Zayn Malik,” dice.

Dopodiché ingurgita tutto il contenuto del bicchiere e si pulisce la bocca con la manica.

Zayn sbianca mentre Harry si trova involontariamente conquistato. La prima volta che aveva invitato Niall a uno di questi eventi, era stato un affronto ai suoi genitori. Da allora, si è trattato solo di avere lì qualcuno che può farti ridere e che non sente il bisogno di comportarsi per metà del tempo come un idiota pretenzioso. Nonostante il fatto che Niall a volte lo mandi fuori di testa con la sua irlandesità rumorosa e sfacciata e la sua capacità di offendere metà della stanza con il suo modo di mangiare, è anche il motivo per cui Harry riesce a restare sano di mente. Per quanto ami Zayn e lo consideri uno dei suoi migliori amici, non è come avere qualcuno che è cresciuto lontano da quell’ambiente. Qualcuno che non ha foto di famiglia con le cornici dorate in casa (la casa di famiglia, non il proprio appartamento) e una chef che chiamano ‘cuoca’ perché non si sono mai preoccupati di chiedere il nome a quella donna meravigliosa (è Cheryl).

“Ci hai interrotti,” si lamenta Zayn, cambiando argomento, “Harry stava giusto per raccontarmi del suo nuovo vicino.”

Niall si volta verso di lui con occhi curiosi. Non c’è niente che ami di più di nuove persone a cui appiccicarsi.

“Continua pure,” dice con fare incoraggiante, suonando estremamente posh per qualcuno che non lo è affatto.

“Okay be’, il suo nome è Louis,” Zayn e Niall esclamano un “ooh” esagerato che Harry ignora, “e credo che abbia più o meno la mia età… ventitré, forse ventiquattro anni. È, uhm… bellissimo.”

“Qualcuno ha una cotta,” lo prende in giro Niall, tirando una gomitata a Zayn che barcolla proprio come Harry poco prima, e lancia a Niall un’occhiata bellicosa.

Niall è completamente ignaro di tutto.

“Ha un ragazzo,” dice Harry, burbero, “con cui convive. Ci sono andato per lamentarmi del baccano… Lo so, non è proprio da me… ma li sentivo urlare attraverso le pareti,” allora fa una pausa, corrucciando la fronte, “anche se, ora che ci penso, era più uno dei due che l’altro. Comunque, stavo cercando di sistemare la mia macchina fotografica perché ultimamente mi ha dato qualche problema. Non riuscivo a concentrarmi. Quindi sono andato lì per lamentarmi e questo tizio, che sembrava una pigna in culo–”

“Una pigna in culo?” Zayn inarca un sopracciglio.

“Okay, un coglione,” Zayn si limita a scuotere la testa allo strano insulto di Harry, “questo coglione mi ha fatto una strigliata, cercando di rigirarla come se fossi io quello irragionevole. Poi dietro di lui è comparso questo ragazzo che era tipo sommerso in questo enorme maglione e sembrava completamente angosciato. Aveva appena pianto, era palese. Sembrava così vulnerabile e distrutto e io–”

“E proprio in quell’istante ti sei innamorato di lui?” gli fornisce Niall, piegando le labbra verso l’alto.

Harry gli lancia un’occhiataccia fino a fargli sparire il sorriso.

“No, mi sono sentito così in colpa. È stato orribile. Il suo ragazzo ha finito per chiudermi la porta in faccia prima che potessi dire qualcosa per rimediare… ma poi, miracolo dei miracoli, mi stavo preparando per stasera e chi poteva suonare alla mia porta se non Louis, quel ragazzino piagnone e la sua amica Taylor, che speravano che prestassi loro dello zucchero–”

“Speravano che gli prestassi dello zucchero o lui sperava che gli dessi un po’ d’affetto?” [ndt. give him some sugar, in italiano può essere tradotto come ‘dare un po’ d’affetto’] dice Niall, l’umorismo a diffondersi sui suoi lineamenti.

“E poi sarei io il pervertito…” si lamenta giustamente Zayn.

“Ad ogni modo,” dice Harry, ignorandoli entrambi, “abbiamo parlato ed è stato come… lui è stato davvero gentile e, tipo, divertente. Sembrava molto più felice oggi e stavo pensando che mi piacerebbe–”

“Avvolgerlo in una coperta e portartelo a casa?” suggerisce Zayn, ammiccando verso Niall, il quale risponde con un sorrisetto falso.

“Non mettete in mezzo Hugh Grant,” dice Harry con fare minaccioso, Zayn e Niall che ridacchiano in risposta.

“Come stavo dicendo, credo che il suo ragazzo sia proprio uno stronzo e magari ha solo bisogno di un amico, o tipo…” Zayn mima ‘Hugh Grant’ con la bocca rivolto a Niall, che scoppia a ridere, spruzzando champagne dal naso, “o tipo,” ripete Harry con più fermezza, “solo qualcuno nel palazzo che possa prendersi cura di lui. Quindi, stavo pensando che potrei chiedergli di venire da me domani sera per passare un po’ di tempo con noi. Che ne pensate?”

“Penso che…” dice Zayn con aria contemplativa prima di indicare Harry, un accenno di malizia nel suo sorriso, “Avrai bisogno di una lettiera molto più grande, se hai intenzione di adottarlo.”

Metà dei presenti si volta a guardarli quando la risata sguaiata di Niall esplode per tutta la sala. Harry sente il sorriso tirargli gli angoli della bocca mentre scuote la testa e afferra un altro drink da un cameriere di passaggio.

 

**

 

Harry prende un respiro profondo, sfregando i palmi sudati sui jeans attillati mentre cerca di valutare se le sue scelte nel vestire siano troppo hipster o meno. Indossa un maglione grigio con sopra un cappotto a righe bianche e nere. Il ciondolo è coordinato: una perla scura circondata da un anello bianco, e i piedi eccezionalmente grandi sono infilati in un paio di stivali marroni con un tacco basso. I ricci sono tirati indietro da una fascia nera con piccole banane gialle (un regalo di Niall). Harry scrolla le spalle e pensa che se Louis non accetta le sue scelte nel vestire, a volte indubbiamente strane, allora forse non è destino che diventino amici. Bussa alla porta e prega Dio che questa volta non apra quella testa di cazzo del suo fidanzato.

Grazie al cielo la fortuna è dalla sua parte… più o meno. Louis apre la porta ma il suo abbigliamento fa sussultare Harry. Cerca di trasformarlo in un “ciao” disinvolto e affannoso, ma è ancora destabilizzato in maniera imbarazzante. Louis sembra divertito dalla scena mentre incrocia le braccia al petto e osserva Harry dall’alto in basso in modo analogo, mostrando un accenno di denti nello stirare il sorriso. Harry pensa che avrebbe decisamente dovuto mettere solo un paio di jeans e una maglietta bianca. Louis indossa dei pantaloncini neri che mettono in risalto le sue gambe corte ma indubbiamente toniche, e una maglietta bianca a maniche lunghe aderente sul petto e sullo stomaco, rivelatrice delle sue minuscole forme. Harry lo fissa per quello che è probabilmente un lungo e inappropriato lasso di tempo.

“Harold, che succede?” chiede Louis, interrompendo i suoi sogni ad occhi aperti.

La sua testa scatta verso l’alto, e incontra quei brillanti occhi blu con un sorriso nervoso.

“Ah, è Harry, in realtà. Harry Styles, se mi permetti–”

“Se mi permetti?” Louis sbuffa una risata e persino quella gli dona da morire, l’asprezza della sua risposta a mandare una scarica di qualche sorta attraverso il corpo di Harry, “Come sei posh.”

Harry è sul punto di ribattere, quando il ragazzo di Louis appare dietro di lui, trascinando un’enorme valigia nera e apparendo seriamente irritato dalla presenza di Harry. Sospettoso, quasi.

“Cosa ci fai di nuovo qui? Perché stai parlando con lui?” Domanda, spingendo bruscamente Louis da un lato per poter fulminare Harry con maggiore efficacia.

Gli occhi di Louis si offuscano con qualcosa che sembra proprio dolore, le guance arrossate dalla vergogna mentre stringe con forza lo stipite della porta. All’improvviso è la stessa espressione affranta che Harry ha visto due giorni prima. All’improvviso non è più acceso da umorismo e arguzia. Sembra così imbarazzato dalla manifestazione di possessività da parte del suo ragazzo, le ciglia a sfiorargli le guance mentre fissa con determinazione il pavimento. A Harry si spezza il cuore. Non è Hugh Grant, Harry cerca di ripetersi, ma vuole comunque salvarlo. Non può farne a meno. Apre la bocca per rispondere ma Louis lo batte sul tempo, afferrando il bicipite del suo ragazzo e guardandolo con occhi imploranti.

“Duncan… amore, è qui solo perché stava pensando di farsi un tatuaggio. È per lavoro,” dice Louis, la voce tinta di paura.

Poi sposta i suoi occhi blu e disperati su Harry e il cuore di quest’ultimo sbatte con forza nella cassa toracica. Harry pensa che l’intensa vulnerabilità in quegli occhi debba aver lasciato i segni varcando la sua anima.

“Non è vero?” dice a Harry, e i suoi occhi gridano ‘ti prego’.

Gli occhi di Duncan balenano tra Harry e Louis, valutando la situazione, e Harry fa un cenno con la testa, leggermente a scatti.

“Sì… certo,” dice, guardando l’espressione di Louis rilassarsi visibilmente, “nessun problema, amico?”

Harry tende una mano che Duncan stringe, un po’ troppo forte. Harry non batte ciglio. Duncan si sta comportando più come padre iperprotettivo di Louis che come suo ragazzo e questo confonde Harry all’inverosimile.

“Già,” sbuffa Duncan, liberando la sua mano, “Devo andare.”

“Ci vediamo lunedì?” gli domanda Louis, la voce che tradisce il suo desiderio.

È un contrasto così netto rispetto all’atteggiamento convinto che assume con Harry, che fa paura. Come può Louis volere che questo ragazzo, che gli urla contro e lo fa piangere, torni di corsa a casa per vederlo? È davvero felice in una relazione del genere? Il pensiero gli fa venir voglia di vomitare.

“Vedremo,” dice Duncan duramente, rivolgendosi a Louis come se fosse un bambino capriccioso.

Dopodiché lascia un bacio sulla sua testa, e Harry impallidisce al modo assolutamente platonico in cui Duncan lo tratta. Sta chiaramente partendo per il weekend ma non sembra minimamente intenzionato a baciare il proprio ragazzo per salutarlo. Non ha intenzione di dare un bacio vero e proprio al suo bellissimo ragazzo pur dovendolo lasciare per due giorni. Harry crede che debba essere uno scherzo, ma gli occhi di Louis sono due pozzi di disperazione mentre tira la felpa di Duncan.

“Non me lo dai un bacio?” dice, la voce così debole, l’espressione intrisa di timore.

Duncan sospira, alza gli occhi al cielo per poi chinarsi, incontrando Louis a metà strada con un bacio casto. Harry è combattuto tra il sollievo e il fastidio e questo non può essere niente di buono. Mette da parte il pensiero mentre Duncan gli passa accanto, scende di fretta le scale ed esce dall’edificio. Harry lo sta ancora fissando quando Louis tossisce in maniera eccessiva per attirare la sua attenzione, facendolo sobbalzare.

“Volevi qualcosa?” chiede Louis ma la sua voce è molto più debole adesso.

Suona ruvida e soffocata come se stesse trattenendo le lacrime. I suoi occhi continuano ad allontanarsi da quelli di Harry per finire sul suo ciondolo, quindi Harry suppone che si senta in imbarazzo. Non che ne abbia motivo. Non è colpa sua se il suo ragazzo è un totale imbecille.

Harry pensa che la sua strategia migliore sia far parlare Louis. Non conosce il ragazzo alla perfezione, ma da quello che ha visto finora, Louis è al suo meglio quando chiacchiera. È al suo meglio quando sfotte o magari anche quando viene sfottuto. O almeno Harry lo spera.

“Sei un tatuatore?” chiede Harry, ignorando per ora la sua domanda nel piegare la sua bocca in un’espressione divertita, “un tatuatore gay. Immagino di sapere il perché hai deciso di farti crescere la barba.”

È un commento ridicolo, sul serio. La barba è a malapena una spolverata che copre la piccola curva del suo mento. È di un intrigante rossiccio, leggermente in contrasto con i capelli scuri, ed è davvero molto attraente. E c’è anche la possibilità che una buona percentuale della popolazione gay e forse della popolazione tatuatrice, si offenderebbe alla sua generalizzazione. In ogni caso, Louis non è tra questi.

Le sue guance si sollevano, così come gli angoli della sua bocca, e lui si china in avanti. Inspira esageratamente, la malizia nei suoi brillanti occhi blu che non contribuisce ad arginare gli strani movimenti in corso nello stomaco di Harry.

“E io immagino che tu usi un profumo così virile per una ragione simile. Per compensare tutto il tuo…” Louis agita una mano per aria, a indicare il corpo di Harry, “appariscente gusto nel vestire.”

Gli occhi verdi di Harry si divorano quelli di Louis, il corpo piegato in avanti mentre le sue labbra fluttuano verso l’alto. È preso dal momento, a malapena cosciente dei suoi movimenti.

“Chi ti dice che io sia gay?” lo incalza.

Louis si lecca il labbro inferiore, un gesto apparentemente inconscio, ma che attira immediatamente lo sguardo di Harry. Louis indica le sue gambe.

“I jeans da donna che hai indosso.”

Harry ridacchia e Louis sembra piuttosto compiaciuto, gli occhi che a malapena rivelano una fessura di blu mentre la pelle agli angoli si stropiccia. Harry non ha mai visto un sorriso del genere. Si infila nel suo petto e si annida nei suoi polmoni, rubando metà del suo ossigeno.

“Probabilmente abbiamo offeso un sacco di gente con questa conversazione,” dice Harry, sentendo ancora caldo in tutto il corpo.

Louis afferra lo stipite della porta, affacciandosi dal suo appartamento e guardando da entrambi i lati del pianerottolo. Quando si tira indietro, inarca le sopracciglia, con quel sorriso compiaciuto e diabolico che comincia a ravvivare i suoi lineamenti.

“Io non vedo nessuno, Harry.”

Harry alza gli occhi al cielo e dà una leggera spinta alla spalla di Louis, che barcolla, ma quando recupera l’equilibrio restituisce il gesto, riuscendo a malapena a farlo vacillare sui piedi. Harry gli sorride, mentre Louis incrocia le braccia al petto e sposta la frangia dalla fronte, un’espressione imbronciata a farsi largo sul suo viso. È adorabile, davvero. Hugh Grant ha un aspetto simile ogni volta che i suoi tentativi di rubare il pollo dal piatto di Harry si rivelano infruttuosi.

“Come mai sei venuto a cercarmi?” chiede Louis, le braccia ancora incrociate.

Harry è di nuovo nervoso e sudato.

“Oh. Io, uhm… stasera vengono dei miei amici a casa per guardare un film e roba simile. Mi stavo chiedendo se… magari ti andrebbe di venire,” l’espressione di Louis si tramuta in sorpresa e Harry va nel panico, affrettando il resto della sua diarrea verbale, “non devi venirci per forza, ovvio. È solo che ho pensato che sarebbe bello se ci conoscessimo un po’ meglio e, tipo, magari potresti portare un amico, Taylor o qualcun altro, decidi tu, ma sul serio–”

“Harry,” lo interrompe Louis, avvolgendo la mano attorno al suo polso. Harry si copre il collo in fiamme e cerca di non arrossire ulteriormente al delicato tocco di Louis, “Vengo volentieri.”

“Davvero?”

Harry maledice interiormente il suo tono di voce stupidamente speranzoso e insicuro.

“Certo,” il sorriso di Louis si allarga, “ho anche in mente la persona giusta da portare.”

 

**

 

“Vuoi che venga dove?” soffia Liam mentre solleva una mostruosa quantità di pesi sopra il suo petto, Louis che lo osserva dall’alto.

Se Louis fosse un maniaco del fitness come Liam, probabilmente gli avrebbe già chiesto di uscire da un bel pezzo. Si sono conosciuti quando Louis gli aveva chiesto aiuto come personal trainer dopo che Duncan gli aveva fatto notare che i chili in più sul suo stomaco erano poco attraenti. Louis avrebbe voluto protestare che non gli importava di avere qualche chilo in più e che era comunque in forma e di certo era quella la cosa importante, ma Duncan aveva cominciato a lanciargli delle occhiate. Occhiate che dicevano, “Non sono più attratto da te come una volta.” Gli si era insinuato sottopelle. Era penetrato in profondità nel suo cuore e si era accumulato in un ammasso di dolore e ripugnanza per se stesso da non riuscire più a ignorarlo.

Liam era stato l’uomo con un piano, ma ora è semplicemente uno degli unici migliori amici maschi di Louis. Duncan è ancora convinto che si allenino insieme e basta, ma Louis passa più tempo a parlare della loro relazione e cercare di convincere Liam a chiedere di uscire ai ragazzi piuttosto che fare alcun tipo di mantenimento fisico. Tuttavia si assicura sempre di farne abbastanza per non riprendere i chili di troppo, per timore di essere di nuovo guardato con disgusto.

Ad ogni modo, Liam è proprio uno stallone con la canottiera bianca trasparente che mette in mostra le braccia gonfie e rivela i suoi addominali davvero notevoli a chiunque lo guardi. Ha una rasatura militare e pantaloncini neri da ginnastica che indossa a vita bassa. Ha inoltre dei grandi occhi castani che ricordano quelli di un cucciolo. Il tutto è una combinazione letale e se Liam non avesse così poca autostima, avrebbe un assoluto successo sia con le ragazze che con i ragazzi. In realtà gli interessa solo il culo, ma in ogni caso, ha il fisico di Hulk e un cuore d’oro da abbinarci.

Louis ha cercato di rafforzare la sua fiducia in se stesso sotto molti aspetti, dando il suo numero a dei ragazzi senza permesso (Liam non gli aveva rivolto la parola per una settimana), spingendolo verso uno dei vari ragazzi che gli lanciavano occhiate negli spogliatoi e diversi altri metodi. Eppure Liam non è mai riuscito a conquistare l’arte del flirt o anche solo conversazioni semi-scorrevoli. Si trasforma in un disastro assoluto e improvvisamente i muscoli e il bel sorriso non sono abbastanza per salvarlo. Diventa rosso barbabietola e a Louis tocca agire come suo salvatore, usando una scusa e trascinandolo via contrariato, per poi sentirsi in colpa quando Liam china la testa per la vergogna.

“A casa del mio vicino, stasera,” ripete Louis, una punta di agitazione nella sua voce.

Liam lascia la barra dei pesi tra le mani di Louis, che la poggia nel supporto. Scivola fuori dall’attrezzo e Louis gli passa un asciugamano, che usa per asciugare le tracce di sudore sul viso e sui palmi delle mani. Al termine prende un lungo sorso d’acqua dalla bottiglia accanto ai suoi piedi e poi se la versa addosso. Si volta verso Louis con le braccia incrociate al petto e le sopracciglia inarcate.

“Cosa ha fatto stavolta?” sospira, facendo riferimento al tono irritato di Louis.

“Niente,” dice Louis, imbronciandosi nel guardare il pavimento.

Liam attraversa lo spazio tra loro e gli afferra la spalla, spostandolo appena con la sua forza ignara.

“Lou, amico, che succede?”

Louis odia quando Liam fa così. Preferisce le loro battaglie con l’acqua negli spogliatoi e il loro costante battibeccare, che è la loro forma d’affetto. Odia quando Liam vede oltre le sue stronzate e poi tocca o guarda Louis come se avesse un adesivo con scritto “maneggiare con cura” attaccato in fronte.

“Niente… è solo che,” Louis si sfrega gli occhi con il palmo della mano, “è di nuovo andato via per lavoro. Lo sai come divento quando va via…”

Liam tira via la mano e abbassa la testa per guardare Louis direttamente negli occhi, un rimprovero nella sua espressione.

“No, so come diventa lui. Ti fotte fino a che non sei così dolorante da non riuscire a muoverti e poi si rifiuta di darti alcuna forma di affetto in modo da lasciarti insoddisfatto mentre non c’è. Il tutto perché quello stupido idiota pensa che questo ti impedisca di allontanarti. Come se tu volessi farlo, in ogni caso,” lo schernisce Liam.

“Non è colpa sua,” reagisce Louis, anche se ricorda la scopata violenta e per nulla piacevole che ha dovuto patire ore prima, “è solo che mi ama troppo. Ha paura degli altri ragazzi.”

“Louis, svegliati,” Liam alza gli occhi al cielo, “avere paura significa dire al tuo ragazzo di non trovarsi nessun altro mentre tu stai via e chiamarlo ogni giorno per sapere che cosa combina. Avere paura non significa ferirlo e lasciarlo a pezzi per sentirti al sicuro.”

“Non ne voglio parlare,” dice Louis a denti stretti, pensando che dovrebbe davvero smetterla di lamentarsi con i suoi amici.

“Va bene,” Liam lascia andare la sua spalla, “ma smettila di fare il brontolone del cazzo. Sei talmente piccolo da essere scambiato per un bambino, e quando fai il broncio in quel modo lo sembri ancora di più.”

Liam gli rivolge un sorrisetto e aspetta l’inevitabile colpo quando Louis gli strappa l’asciugamano dalle mani per usarlo come frusta.

“Coglione,” sibila Louis assottigliando gli occhi.

“Cretino.”

“Stronzo.”

“Testa di cazzo.”

“Pigna in culo.”

Liam si piega in avanti nello scoppiare a ridere.

“Pigna in culo? E questa dove l’hai imparata?”

Louis sogghigna, il malumore che evapora rapidamente.

“Amici. Ma ho cercato su urban dictionary. Vuol dire un amico che fa lo stronzo. È la perfetta descrizione per te, in realtà,” dice Louis, un sorriso impertinente sulle labbra mentre gli occhi si illuminano per le risate.

Liam si limita ad alzare gli occhi al cielo.

“Cos’è che mi stavi chiedendo prima?”

“Oh giusto. Volevo sapere se verresti a casa del mio vicino stasera,” Louis osserva le sopracciglia di Liam inarcarsi e si affretta ad aggiungere, “non che tu abbia voce in capitolo.”

Liam appare implorante quando afferra entrambe le spalle di Louis e lo scuote.

“Ti prego no. Lo sai come sono con gente che non conosco. Ci ho messo una vita a prendere confidenza con te e non dirmi che… questo tuo vicino… è un maschio?”

“Be’…”

“È un bel ragazzo?”

Louis si morde il labbro. Liam geme.

“Louis, ti prego, non costringermi a venire. Ma poi perché tu ci vai? Duncan lo sa?”

“Be’, no,” ammette Louis, un pizzico di apprensione sul viso, “ma gli ho detto che Harry vuole un tatuaggio.”

Liam inclina la testa da un lato, l’espressione scettica.

“E questo Harry, che presumo sia il tuo vicino,” Louis annuisce, “vuole davvero un tatuaggio?”

“Ehm…”

“Louis,” protesta Liam con un sospiro, “perché lo fai? Se non avessi un ragazzo così cretino,” il viso di Louis si contrae, lo stomaco di torce in maniera sofferente, “non avresti dovuto mentirgli… su di me o sul povero Harry.”

“Povero Harry?”

“È single, no?”

“Sì…” dice Louis, la voce vacillante dalla confusione, “Cioè, non lo so… ma vive da solo. Quindi?”

“Ed è etero o–”

“Gay.”

“Quindi probabilmente è interessato.”

“Eh?” Louis scoppia a ridere, avvolgendosi un braccio attorno allo stomaco, “è assurdo.”

Il viso di Liam sembra la caricatura di un insegnante che sgrida uno studente, quando gli parla con la sua voce più severa e paterna. Sì, Louis preferisce di gran lunga i loro battibecchi a questo.

“Non è assurdo. La maggior parte dei ragazzi gay…” Una luce contemplativa riempie gli occhi castani di Liam, “e probabilmente anche alcuni ragazzi etero, sono attratti da te,” Louis apre la bocca per protestare ma Liam si prende la briga di chiudergliela al posto suo, “e non discutere, li vedo come ti guardano. Sto solo dicendo che, se Duncan non fosse nella tua vita… questo non sarebbe un problema.”

Liam fa spallucce come se non avesse appena suggerito a Louis di concludere una relazione di tre anni con l’uomo che ama.

“Non sono interessato a Harry,” dice Louis, con solo una traccia di fastidio a vorticargli nello stomaco, “e lui non è interessato a me. Questo non era proprio il punto di tutta la discussione. Tu stasera vieni e non si discute. Saremo io, te e un paio di suoi amici… niente di eccezionale. Devi superare questa stupida paura o non ti troverai mai un fidanzato.”

Liam alza gli occhi al cielo ma Louis lo conosce abbastanza da vedere oltre le sue insicurezze.

“La vita non gira tutta attorno a quello, Lou,” dice Liam, l’espressione da funerale a indicare che neanche lui crede a quello che sta dicendo.

Questo è il momento in cui Louis comincia a sentirsi in colpa quando il ragazzo possente e muscoloso di fronte a lui si piega su se stesso e comincia a inveire per la sua mancanza di capacità relazionali con dei potenziali amici.

“Ehi,” dice Louis con più dolcezza, “magari non hai ancora incontrato il ragazzo giusto. L’amore della tua vita potrebbe essere… ah, Harry,” la cosa che gli vortica nello stomaco si ravviva in maniera esponenziale all’alternativa che gli fuoriesce successivamente dalla bocca, “oppure… uno dei suoi amici.”

C’è la traccia di un sorriso quando Liam scuote la testa, per nulla convinto.

“Sì okay. I maiali voleranno prima che accada una cosa del genere.”

Louis posa un dito sul labbro inferiore, alzando gli occhi al soffitto come se fosse immerso nei pensieri.

“Dove potremmo trovare un cannone e dei maiali amanti del brivido…” dice, sorridendo trionfalmente quando Liam si lascia andare a una risata.

La costernazione di poco prima riguardo Duncan è presto dimenticata.

 

**

 

Quel bastardo si è cambiato. Harry ora sospetta che Louis fosse diretto in palestra o qualcosa del genere, dato il suo abbigliamento precedente, ma… quel bastardo si è cambiato. Harry indossa ancora lo stesso maglione grigio, ma senza il cappotto a righe, e i jeans. Si è lasciato anche la bandana, preferendo essere visto come una cosa bizzarra piuttosto che un disastro riccio. Si è spruzzato di nuovo il profumo e forse si è passato un tocco di rossetto sul labbro inferiore con il pollice. Non è minimamente lucido o evidente. È solo che a Harry piace il modo in cui gli colora la bocca di una sfumatura di rosa leggermente più scura.

Ma Louis. Harry apre la porta a un Louis che indossa dei jeans neri e aderenti arrotolati appena sopra le caviglie sottili color miele e una maglia rossa col colletto il cui taglio rivela le sue clavicole stellari e una parte del suo tatuaggio. Ha un beanie nero in testa che compensa la formalità della sua maglia, come se non fosse sicuro su come vestirsi. Gli schiaccia la frangia verso il basso in modo da cadergli sugli occhi in morbide ciocche castane. Il blu che spunta attraverso i ciuffi scuri è acceso come la fiamma sotto un Becco Bunsen. Harry attira Louis in un abbraccio, cercando di non interpretare il piccolo sussulto come qualcosa di negativo.

“Louis,” cinguetta, incapace di nascondere quanto sia assolutamente entusiasta del fatto che il ragazzo si sia presentato.

I capelli di Louis profumano di frutta fresca, come melone o qualcosa di simile e anche tutto il resto ha un odore di sapone e pulito. Harry nota come le punte dei suoi capelli siano ancora leggermente umide.

“Hipster,” risponde Louis, superandolo ed entrando nell’appartamento.

Harry ridacchia per poi osservare Louis in piedi nel suo soggiorno, girandosi da una parte e dall’altra per esaminare tutto ciò che vede. I suoi occhi cadono sulla raccolta di attrezzature fotografiche impilate nell’angolo per poi spostarsi sui pochi quadri appesi al muro, la maggior parte dei quali astratte esplosioni di colori. Alla fine si fermano a osservare i divani lilla e l’antico tavolino da caffè che presenta un vasto assortimento di snack e bicchieri per ora vuoti. C’è un fagotto grigio e peloso raggomitolato al di sotto. Le labbra di Louis si curvano nell’indicarlo.

“Ovvio che hai un gatto.”

Harry fa spallucce, sghignazzando per nulla dispiaciuto.

“Hai qualche problema al riguardo?” domanda.

Louis si volta nella sua direzione, gli occhi ancora brillanti con un’insolita energia. Harry nota quanto sia piccolo il suo naso, a patata. In effetti molti dei suoi lineamenti sono minuti, fatta eccezione per i grossi bicipiti e il culo che Harry ha cercato di non occhieggiare quando Louis stava esaminando il suo appartamento.

“No,” dice Louis con una risata, “è solo che i gatti sono sullo stesso piano degli scarafaggi per me.”

Il sopracciglio di Harry si inarca, e lui emette un suono di disapprovazione, il che fa ridere di nuovo Louis. Gli si avvicina e gli posa una mano sulla scapola, arricciando leggermente le dita e incrementando i battiti di Harry nel processo.

“Scusa tesoro,” dice, sbattendo le sue lunghe ciglia femminili, “ma non amo le cose pelose.”

Harry inclina la testa, l’espressione speculativa. Cerca di non lasciare che la provocazione nei suoi occhi scivoli sulla sua bocca ma la sta piegando prima che possa fare granché al riguardo. Tira l’estremità della frangia di Louis.

“Tu come li chiami questi?” mormora.

“Capelli,” dice Louis con una risata.

Eppure la luce nei suoi occhi si affievolisce leggermente quando fa un passo indietro. Harry si raccomanda all’istante che farebbe meglio a contenersi. Louis è attraente. Louis è divertente. È facile perdersi nel flusso di parole tra loro due e magari anche Louis prova lo stesso, ma non è lì per sedurlo e Harry non è in cerca di guai. Per fortuna è allora che sentono un bussare alla porta, a distrarre entrambi da quell’improvvisa tensione.

“Vado… vado io,” dice Harry, leggermente formale e più che leggermente in imbarazzo. Louis contrae la bocca in un sorriso contenuto che suggerisce che sapesse esattamente cosa Harry stesse pensando. A Harry non piace minimamente l’idea. Se la scrolla di dosso nel girarsi e avviarsi verso la porta, aprendola e trovandosi davanti Niall e Zayn che pare abbiano già avuto una qualche piccola discussione, il naso di Zayn tappato con disgusto e Niall che sembra tutto offeso e leggermente rosso in faccia.

“Cos’è successo?” sospira Harry.

Zayn è uno schianto, in jeans scuri, una canottiera larga e nera e una giacca in pelle color antracite che gli arriva agli avambracci. I capelli sono tirati su, il forte odore di gel e prodotti che arriva a ondate. Harry non può negare che gli stiano sempre bene, che sembrino comunque morbidi nonostante la forza che deve aver usato per farli rimanere in quel modo. Niall è come sempre la sua antitesi, in jeans chiari strappati alle ginocchia e un maglione bianco sformato con un alone giallo e sbiadito sull’orlo.

“Niall…” Zayn scosta la testa, apparendo assolutamente disgustato. “Niall…”

“Ho scoreggiato,” completa Niall per lui, “e i finestrini elettrici della sua Mercedes sono ancora rotti.”

Un forte schiamazzo scoppia alle spalle di Harry e lui si volta con un’espressione perplessa per trovare Louis piegato in due dalle risate. Si avvicina all’ingresso, avvolgendo una mano calda attorno al fianco di Harry e spostandolo di lato, facendolo andare a fuoco nello sporgersi in avanti con noncuranza e tendere una mano.

“Louis Tomlinson,” dice, con un sorriso da svenimento, “Sono il nuovo vicino di Harry. Sono davvero impressionato dal tuo lavoro.”

Niall sogghigna nell’afferrare la mano di Louis e lo attira in un abbraccio, dandogli delle pacche sulla schiena nonostante si siano appena conosciuti.

“Louis, amico, piacere di conoscerti. Sono Niall, il migliore amico di Harry.” Dice, la voce che rimbomba sul pianerottolo.

Louis non sembra troppo scoraggiato quando si tira indietro, ammiccando al biondo, prima di offrire la stessa mano a Zayn.

“Ciao,” dice, il tono un po’ più formale come se avesse già capito la differenza tra i due.

In ogni caso, Zayn è rimasto a osservare Louis e Niall con un’espressione leggermente corrucciata sul viso e sembra che la sua competitività innata sia abbastanza per scacciare la superiorità posh… almeno per ora. Si apre in un sorriso smagliante e attira anche lui Louis in un abbraccio.

“Sono Zayn,” dice piano, “L’amico più figo di Harry.”

Ci sta provando? Harry gli lancia un’occhiataccia oltre la spalla di Louis, pregando che i suoi occhi gridino “ha un ragazzo” e non “levagli quelle luride manacce di dosso prima che lo faccia io,” Louis si spinge via da lui con una risata brusca e affannosa che manda un brivido lungo la schiena di Harry.

“Capisco,” Louis lascia vagare lo sguardo sul corpo di Zayn e i muscoli dello stomaco di Harry si stringono, “modello?”

Zayn annuisce, gli occhi scuri che brillano d’orgoglio.

“Avete intenzione di entrare, voi due?” dice Harry con impazienza, “o volete stare lì a fissarlo e sorridere come se aveste appena incontrato Babbo Natale?”

Louis inarca un sopracciglio nella sua direzione ma Harry finge di non vederlo, conducendo Louis e gli altri sui divani dove si accomodano, Louis e Zayn su uno (con grande fastidio di Harry) e Niall sull’altro accanto a Harry. Non appena cominciano a distribuire i bicchieri, c’è un altro esitante bussare alla porta.

“Sarà Liam,” dice Louis, “il mio amico.”

Harry si alza per andare ad aprire la porta ma Louis lo rimette a sedere con una mano sul ginocchio.

“No, vado io,” dice con un sorriso ad arricciargli gli angoli degli occhi, “sempre che… non sia un problema?”

Niall ride eccessivamente forte e si piega verso Harry per comunicare con Louis.

“Amico, la prima volta che sono venuto qui, ho ordinato la pizza a domicilio senza chiedere.”

Harry ridacchia al ricordo e inclina la testa in direzione di Niall.

“Vero. È un po’ un incubo.”

Louis sogghigna per poi alzarsi, attraversando la stanza per aprire la porta. Harry sente una voce leggermente impanicata dall’altro lato.

“Louis, scusa il ritardo, ma non riuscivo a decidere cosa mettermi e poi ho iniziato a pensare che–”

“Shh,” lo conforta Louis e Harry osserva il suo braccio estendersi, presumibilmente per calmare il suo amico agitato, “va tutto bene, Li. Dai, entra. Ce la puoi fare a incontrare tutti, okay?”

Harry non è sicuro di comprendere il messaggio nel tono di Louis. La supplica, l’autorità e l’incoraggiamento tutti mischiati insieme. Questo fino al momento in cui Louis rientra nella stanza con il ragazzo e le cose iniziano a deteriorare. Lo stesso ragazzo è veramente muscoloso e assomiglia pericolosamente al tipo ideale di Zayn con il suo taglio rasato militare, la mascella squadrata e un insieme presentabile di jeans, maglietta bianca aderente e giacca in jeans strappata a metà braccio così come quella di Zayn. Quest’ultimo praticamente inciampa su se stesso… e quasi addosso a Louis, alzandosi per presentarsi. Tende rapidamente la mano e da dove è seduto sul divano, Harry riesce a vedere il luccichio provocante nei suoi occhi, la determinazione Zayn Malik che ammira moltissimo.

“Ciao splendore, sono Zayn.”

È il momento in cui la situazione inizia ad andare a rotoli. Louis guarda Zayn come se volesse picchiarlo e due occhi castani e vulnerabili cadono sulle scarpe del moro. Sembra a un passo dallo scappare via ed è completamente in silenzio. Non ricambia il saluto o stringe la mano di Zayn e gli occhi di Harry sono attirati da Louis, che stringe la spalla di Liam e inclina la bocca verso il basso nell’alzare lo sguardo su Zayn.

“Questo è Liam,” dice Louis, come se non l’avesse menzionato di fronte a Niall appena un attimo prima, “è un personal trainer. Li… Zayn è un modello.”

“Lo so,” biascica Liam.

Zayn lascia cadere la mano e le sue sopracciglia si sollevano di scatto.

“Lo sai?” dicono Zayn e Louis nello stesso momento.

Liam solleva davvero la testa, ma i suoi occhi individuano a malapena quello di Zayn prima di tornare in un luogo confortevole; Louis.

“L’ho visto… in palestra e io–” la bocca di Liam si torce dall’indecisione e poi si accosta a Louis, parlando appena più piano come se potesse in qualche modo impedire al resto di loro di sentire, “ricordi quando ti ho parlato di quel ragazzo che ho visto… in un giornale… e poi è venuto nella mia palestra e io, be’, lo sai…”

“Ohhh,” gli occhi di Louis si illuminano e si volta verso Zayn con le labbra arricciate, “in realtà Liam è un tuo grande fan.”

Apparentemente è abbastanza da far uscire Liam dal guscio, perché quest’ultimo stringe la spalla di Louis e gli lancia un’occhiataccia con tutta la rabbia di qualcuno che è stato appena sputtanato dal suo migliore amico di fronte alla sua cotta.

Louis,” dice duramente.

“È inutile che mi dici ‘Louis’,” si difende l’altro, e Harry ha il sospetto che sia una frase che ripete spesso, “Ti sto facendo un favore.”

“Un mio fan, eh?” Zayn interrompe il loro battibecco, una dolcezza nella sua voce che Harry non è abituato a sentire, anche quando sta parlando con qualcun altro.

Liam arrossisce ma incrocia comunque lo sguardo di Zayn, tentando di tirarsi su le maniche. Non si muovono di mezzo centimetro.

“Be’, s-suppongo, cioè… già.”

I denti di Louis sono in bella vista e sembra quasi sul punto di baciare Liam, incapace di rimanere fermo. Liam che parla con dei ragazzi come Zayn con un minimo grado di coerenza dev’essere una rarità.

“Non sei mai venuto a parlarmi,” lo accusa Zayn, il disappunto nel suo tono, “perché?”

“A-avevo paura di–”

“Posso avere il tuo numero?” lo interrompe l’altro, la voce ancora con quella strana sfumatura di seta che Harry trova sia divertente sia inquietante.

Liam impallidisce per poi guardare Louis nel panico. Louis si limita a sollevare le sopracciglia e sorridergli a labbra serrate, come per dire, “buttati, amico.” Liam lo fa.

“Ah, sì,” dice, nervoso.

Dopo che i due si sono scambiati i numeri, Liam che arrossisce violentemente quando Zayn lo osserva in viso, studiandolo intensamente, Liam si siede al posto di Louis sul divano e Louis si guarda attorno alla ricerca di un altro posto dove sedersi. Niall si muove sul divano (Harry potrebbe averlo spinto) e Louis esita per un attimo prima di sistemarsi tra loro. Più vicino a Harry, in realtà. Non che a lui interessi.

“Allora,” dice Zayn, agitando le mani per aria in quel modo drammatico che ama tanto fare, “non immaginerete mai cosa mi ha detto quello stronzo del fotografo oggi.”

Harry si china in avanti e versa un drink per sé e per Louis, passandoglielo. Le loro dita si sfiorano con leggerezza quando Harry tira via la propria. Niall lo colpisce sul braccio e quando si volta a guardarlo, c’è un’espressione ansiosa e arrabbiata sul suo viso che dice “dov’è il mio?” Harry si limita a indicare i drink sul tavolo con una smorfia. Non è un cameriere. Voleva solo che Louis si sentisse accudito. È abbastanza palese che il suo ragazzo non lo faccia abbastanza.

“Mi stai ascoltando?” si lamenta Zayn, penetrando Harry con lo sguardo.

Harry annuisce obbediente, e Zayn alza gli occhi al cielo.

“Quindi, mi ha detto, ha detto,” Zayn solleva leggermente il mento e agita la mano per aria nell’utilizzare la sua voce ‘da fotografo’, “amore sei assolutamente splendido, meraviglioso, ma potresti provare a sembrare meno… angosciato? Credo che sia il taglio della tua mascella, se potessi… Non saprei, cioè, è solo che è un po’ spigolosa… se potessi sistemarla, per favore, tesoro?”

“Sistemare la mascella?!” esclama Liam, arrossendo di nuovo nell’accorgersi di aver parlato senza riflettere. È tenerissimo.

La sua voce è molto più bassa quando parla di nuovo.

“Come fai a rendere la tua mascella meno spigolosa?”

“Esatto,” dice Zayn, gli occhi aggrappati a Liam.

Harry tende sempre a non partecipare volontariamente alle critiche dei fotografi da parte di Zayn. Per ovvi motivi. In ogni caso, deve ammettere che questo sembra proprio un cretino.

“Credo che queste persone,” Zayn tira su col naso, come se fosse personalmente offeso al pensiero, “lo sai… i fotografi. Lo facciano solo per mettersi in mostra, non per te.”

Liam annuisce con gli occhi spalancati come se fosse una rivelazione utile e toccante. Harry tossisce in maniera esagerata. Louis inarca un sopracciglio e Zayn alza nuovamente gli occhi al cielo.

“Non tu, Harry. È diverso. I tuoi servizi fotografici sono tutte famiglie felici e cerimonie. I tuoi scatti sono perlopiù spontanei. Chiunque direbbe che ci metti il cuore.” L’espressione di Harry si addolcisce, “Quello che fai… non è spietato come il mondo della moda.”

La mano di Louis sfiora il braccio di Harry quando attira le ginocchia al petto e ci avvolge un braccio attorno, sollevando la testa nella direzione del riccio, curioso. Sembra molto più giovane in quel modo; il suo tatuaggio nascosto alla vista e gli occhi grigi e dolci.

“Sei un fotografo, Harry?”

Harry gli sorride e ricambia il tocco sul braccio. È solo per correttezza.

“L’attrezzatura fotografica nell’angolo ti dice niente?”

Louis sorride e poi rilassa leggermente le gambe, tracciando la linea del suo tatuaggio sul petto con un dito.

“I tatuaggi non fanno di me un tatuatore e una macchina fotografica non fa di te un cameraman.”

Harry è risucchiato dalla luce negli occhi di Louis. È come quei fari che ruotano in circolo, illuminando una parte diversa di quel blu con ogni rotazione. Harry si china in avanti, una mano che sgattaiola per posarsi sul ginocchio di Louis. Il jeans è ruvido sotto le sue dita ma il tocco è stranamente soddisfacente, quindi allarga le dita e lo stringe con più forza.

“Cosa fa di te un tatuatore, allora?” Harry piega la testa, “cosa fa di me un,” fa una pausa usando la mano libera per formare delle virgolette, “cameraman?”

“Passione,” soffia Louis, la voce così rauca da far morire ogni altro rumore di sottofondo nelle orecchie di Harry, “il desiderio di disegnare un tatuaggio o scattare una foto. Puoi farti tatuare il corpo e puoi usare una fotocamera per farti un selfie senza che questo sia una parte integrante della tua vita. Voglio dire, hanno tutti quel qualcosa che accende la passione, quel qualcosa che non possono condividere con nessun altro perché è solo loro. È il loro cimelio. Che sia il disegnare sulla pelle di qualcuno o fotografare una coppia al loro matrimonio… Cioè, è più o meno la nostra sensazione privata di piacere. Nessuno può entrarci, nessuno può sentirlo come lo sentiamo noi… sei d’accordo?”

Gli occhi di Harry sono incollati al viso di Louis. Deglutisce, cercando di raccogliere i suoi pensieri che sono nella confusione più completa. Louis non è solo un bel faccino.

“Sì,” concorda Harry, ma suona affannato e stridulo in maniera imbarazzante.

“A tal proposito,” li interrompe Niall, e Harry è improvvisamente conscio del fatto che ci siano altre persone nella stanza, “Riguardo alla tua passione… come sei finito a fare questo lavoro, Louis?”

Niall si china oltre Harry per guardare Louis, le cui labbra si stringono attorno al suo bicchiere. Harry osserva il viaggio del drink giù per la sua bellissima gola. Louis sfiora il bordo del bicchiere con il dito nel rispondere alla domanda, gli occhi socchiusi dalla concentrazione.

“Quando ho finito la scuola, ho studiato per diventare un insegnante di teatro,” le sopracciglia di Harry si sollevano e Louis lo nota, ridacchiando prima di continuare, “sì, lo so, non è normale che un aspirante insegnante di teatro diventi un tatuatore, ma non sono mai arrivato all’insegnamento. Il teatro era l’unica cosa che mi fosse venuta in mente, davvero. A scuola ho fatto un sacco di spettacoli quindi ho pensato, perché no?” Louis fa spallucce, buttando indietro la testa e spostando la frangia morbida dalla fronte, un sorriso bellissimo e spensierato sul viso quando continua. Harry pensa che Louis potrebbe essere l’unica persona davvero bellissima che conosce che non sa di esserlo. “Quindi sì, sono andato dritto in un corso per cui non avevo nessun reale desiderio, per un lavoro a cui non ero per nulla interessato, e dopo due anni ho pensato fanculo, non è quello che voglio fare. Non avevo ancora incontrato Duncan e non avevo molto a trattenermi qui. Quindi ho viaggiato per un annetto con i soldi che mi ero risparmiato da una lunga serie di lavoretti fatti quando ero più giovane.”

“Hai viaggiato?” dice Zayn, una nota di ammirazione nella sua voce, “ho sempre voluto farlo ma i miei genitori pensano che dovrei aspettare fino a che non avrò guadagnato più soldi. Aspettare fino a che non mi sarò fatto una reputazione, sai com’è. ‘La moda è una ruota che gira, figliolo.’”

Harry ha sentito Zayn citare con amarezza suo padre più volte di quante possa contarne. Louis si volta verso il ragazzo moro, scuotendo la testa, un luccichio negli occhi che informa Harry che questo è un argomento che gli sta molto a cuore.

“Nah amico, devi farlo ora. Fallo finché sei ancora giovane. È il momento migliore. Sono andato dappertutto… ho trascorso un paio di mesi in Australia, ho attraversato l’Europa. Persino da solo, ho imparato un sacco di cose. Ho cominciato a disegnare quando ero in Francia. Hanno delle opere d’arte meravigliose… e anche Roma, la storia che c’è lì. Le antiche costruzioni, hanno questa, questa…” Louis si sfrega le dita, alla ricerca di una parola che non riesce a trovare.

“Autenticità,” Harry si china in avanti per sussurrarglielo.

Louis lo osserva alle sue spalle con un sorriso che si forma lentamente, solo per Harry.

“Autenticità… che volevo catturare,” spiega enfaticamente, voltandosi nuovamente verso Zayn. “E non sono mai stato appassionato d’arte prima, niente del genere, ma volevo solo fare questi schizzi, la notte, quando tornavo nel posto dove dormivo o, tipo, anche sul posto, se potevo. E poi, quando ho concluso il mio viaggio, sono finito in un corso d’arte per principianti dove ho conosciuto questo ragazzo, Art,” la risata di Niall è forte ed esagerata, in contrasto con la voce morbida e vellutata di Louis, “no, sul serio,” Louis si volta per lanciare un sorrisetto a Niall, “il suo nome era Art. Sospetto fosse un diminutivo di qualcosa, Artie forse… ma ad ogni modo, gli piaceva disegnare tatuaggi. Mi ha fatto questo,” Louis tira verso il basso l’orlo della sua maglietta per scoprire il suo tatuaggio, e la sua pelle sembra così morbida e liscia, che Harry continua a fissarla anche dopo che Louis ha rimesso a posto la maglietta, “e mi ha praticamente insegnato tutto quello che so.”

“Figo!” dice Niall con entusiasmo, spintonando Harry sulla spalla, “Non è figo, H?”

Harry gli lancia un’occhiata d’avvertimento. Un avvertimento che dice “non sei un cupido e anche se lo fossi, Louis è impegnato.” Impegnato, ricorda a se stesso Harry mentre Louis si sposta la frangia da un lato e incrocia il suo sguardo come se stesse davvero aspettando la sua approvazione.

“Sì,” mormora Harry, “molto… figo.”

Spera che Louis riesca a intravedere il peso di tutto quel che vorrebbe dire, che si agita sotto la superficie. Il sorriso di Louis si espande, le sue guance paffute si sollevano, quindi Harry immagina che l’abbia notato. Poi si volta nuovamente verso Zayn.

“Ad ogni modo, amico, dovresti davvero riunire due o tre persone, o anche partire da solo. È una tua scelta, ovviamente, ma io ho trovato la mia strada ed è stata una delle esperienze più incredibili della mia vita.”

Zayn sembra vagamente convinto, il che è straordinario, dato che Zayn non sembra mai neanche lontanamente convinto da qualsiasi cosa che Niall e Harry hanno da dire al riguardo. Harry immagina che Louis sia semplicemente quel tipo di persona, inconsapevolmente persuasiva e cui è difficile resistere. In ogni caso, Harry è totalmente immune. Impegnato, recita nella sua testa.

“Ci penserò,” conviene Zayn con un sorriso rilassato.

A quel punto si volta verso Liam e inizia a conversare con lui. Liam arrossisce furiosamente quando Zayn gli rivolge le sue attenzioni, toccandogli la coscia e mordicchiandosi le labbra, le ciglia che danzano sempre più in basso sulle linee dei suoi zigomi. È una visione. Harry non riesce a incolpare Liam per sembrare da una parte come se questa sia la miglior cosa che gli sia mai capitata, e dall’altra come se stesse per vomitare.

“H, io vado a fare una passeggiata,” annuncia Niall all’improvviso, schiaffando le mani sulle cosce e alzandosi con una luce determinata negli occhi.

Harry capisce immediatamente le sue intenzioni. Lasciarlo solo con Louis mentre Zayn è troppo impegnato a parlare con Liam per interromperli. Stronzo. Harry socchiude gli occhi ma mantiene il tono di voce noncurante.

“Una passeggiata, Niall? Adesso? Fa un po’ freddo fuori. Potresti ammalarti.”

E morire, dicono gli occhi verdi di Harry. Morire per mano mia. Niall si limita a ridacchiare e dargli una pacca sulla testa.

“Aww Harry, sei proprio un buon amico. Ti preoccupi sempre per me. Ma starò benone.”

Sparisce fuori dalla porta troppo velocemente per ribattere e Harry viene lasciato con Louis, i loro corpi più vicini del dovuto ora che Niall se n’è andato. Nessuno dei due si allontana. Almeno finché i nervi di Harry hanno la meglio su di lui.

“Devo prendere Hugh Grant,” annuncia.

L’espressione di Louis si gela e gli occhi si spalancano.

“Hugh Grant?”

“Il mio gattino,” lo informa Harry con un sorrisetto, “sai… lo scarafaggio peloso.”

Louis lancia la testa indietro in una risata che gli sgorga dal petto, gli occhi che si chiudono lentamente con ilarità. Bellissimo. Harry scosta lo sguardo da pesce lesso e si mette a carponi, allungando una mano sotto il tavolo per prendere il gattino grigio con i grandi occhi marroni e portarselo al petto, spostandolo poi sul divano. Tiene il micio sollevato per mostrarlo a Louis.

“Louis, ti presento Hugh Grant. Hugh, ti presento Louis.”

Louis osserva Hugh Grant con tutto il calore di un freezer e appare chiaramente a disagio. Il che diverte Harry. Posa il gatto sul proprio grembo, accarezzandogli il pelo mentre alza lo sguardo su Louis con un sorriso che gli fa comparire la fossetta.

“Non pensi che sia carino?”

Gli occhi di Louis seguono la mano di Harry sul pelo di Hugh, per poi spostarsi sul collarino rosa con il campanellino. Harry si è rifiutato di comprargliene uno blu solo perché è un maschio. Quelle ridicole aspettative della società non limiteranno il suo gatto e Harry è piuttosto sicuro che Hugh preferisca raggomitolarsi sulla sua camicia rosa che su quella blu.

“Penso che tu sia carino,” dice Louis, un sorriso dolce nei suoi occhi, ma non appena l’espressione di Harry si congela, quella di Louis fa lo stesso. Continua a parlare, le parole che si confondono insieme dalla fretta mentre i suoi occhi formano delle rughette infelici, “Cioè… ti prego non pensare che volessi… Volevo solo dire che è carino il modo in cui tu ovviamente–”

Harry stringe la sua caviglia e gli occhi di Louis si socchiudono appena, il discorso troncato a metà quando Harry lo interrompe.

“Tranquillo, Lou,” lo conforta, il nomignolo che scivola dalla sua lingua senza pensarci troppo, “Lo so che non volevi insinuare nulla.”

Louis espira e la sua espressione aggrottata ritorna al suo stato di pace precedente.

“Quindi hai chiamato il tuo gatto Hugh Grant?” chiede con un sopracciglio inarcato, “Come mai? Il Diario di Bridget Jones? Quattro matrimoni e un funerale? Notting Hill? Tutti e tre?”

Harry stringe la caviglia di Louis, la sua bocca a formare una ‘o’ nel fissare Louis con orrore. Louis ridacchia nel notarlo e la sua mano scivola sulla sua bocca per contenere il suono. È carino, quasi adorabile, ma Harry è comunque inorridito.

“Hai. Dimenticato. Il. Più. Importante.”

La bocca di Louis si piega nel tentativo di ricordare quell’importantissimo film, ma fa spallucce, chiaramente carente di quell’importantissima conoscenza. Harry sospira, disperato.

“Love Actually.”

Non l’ho visto,” confessa Louis, scostandosi la frangia, indisturbato, come se non avesse appena ammesso il peggior crimine possibile.

“Oh santi numi,” Harry si porta entrambe le mani al viso, “non hai vissuto. Quanti anni hai… ventiquattro?” Louis annuisce, un po’ sorpreso dalla precisione, “e non hai vissuto. È inammissibile.”

Louis ridacchia ancora, e questa volta Harry si assicura di apprezzarne il suono, le fossette che compaiono in risposta.

“Be’, hipster, illuminami,” Louis solleva una mano per aria, come per pesare qualcosa, “Sono vergine di Love Actually.”

La tentazione è troppo forte. Troppo, troppo forte. Harry piega un sopracciglio, un sorriso da finto tonto sulle labbra mentre i suoi occhi verdi si accendono giocosi.

“Mi stai chiedendo di prendere la tua verginità?”

Nonostante tutto l’incidente del ‘carino’, Louis appare imperturbato. Forse perché ha cominciato Harry. In ogni caso, il suo ghigno si allarga in maniera oscena.

“Ti sto chiedendo di sconvolgere la mia esistenza… con Love Actually.”

Si fissano entrambi per un secondo, Harry con i crampi allo stomaco, per poi scoppiare a ridere.

“Louis Tomlinson, sei piuttosto divertente per essere un tatuatore,” dice Harry, ancora raggiante.

Louis mostra un altro sorriso che manda una scarica di euforia attraverso il sistema di Harry, e risponde alla frecciatina.

“Harry Styles, sei piuttosto scontato per essere un hipster. Non sapevo che voi ragazzi poteste farvi piacere i film sdolcinati,” lo prende in giro Louis.

Harry gli strappa il beanie dalla testa e lo fa cadere sul divano, allungando una mano per arruffargli (e incasinargli) i capelli. Sono morbidi sotto la sua mano e le punte scivolano attraverso le sue dita come seta. Louis lo scaccia via e si rimette il beanie con un’occhiataccia.

“Non è come un club,” spiega Harry, “non è che ci siano delle regole. Se mi metto qualcosa di meno eccentrico, non c’è nessuno pronto a dirmi, ‘Non puoi sederti con noi!’”

“Mean Girls?” dice Louis con una risata, “Harold, sei patetico.”

“L’hai chiaramente visto, però.”

“Quattro sorelle,” spiega Louis con un ghigno.

“Ah,” Harry annuisce, “peccato che tu non sia etero. Devi saperci proprio fare con le donne.”

“Non importa,” Louis fa spallucce, prendendo un lungo sorso del suo drink prima di posare i suoi occhi da qualche parte in profondità in quelli di Harry, “Ci so fare anche con gli uomini.”

Harry non riesce a evitare le palpitazioni nel suo petto, ma resiste all’impulso di dire, “Lo vedo.” Louis, comunque, sembra pentirsi del suo commento. Gli occhi si rabbuiano e si allontana leggermente da Harry, appoggiandosi sullo schienale del divano.

“Voglio dire… tengo vivo l’interesse di Duncan,” dice a disagio, il tono completamente spento.

Harry abbassa lo sguardo sul suo gattino e poi scrolla le spalle, sollevando Hugh dal suo grembo e posandolo su quello di Louis. Louis si raddrizza con gli occhi sbarrati.

“Che cosa credi di fare?”

“Devo andare a cercare il film, no?”

Louis sbuffa, la fronte corrucciata, ma quando Harry ritorna con il DVD in mano, trova Louis e Hugh a studiarsi a vicenda con la stessa curiosità nei loro occhi estremamente luminosi. È un inizio. Infila il disco nel lettore DVD proprio quando Niall rientra nell’appartamento, e si avvia nuovamente verso il divano. Il film parte e Louis si china per sussurrargli all’orecchio non appena si siede.

“Grazie.”

L’espressione di Harry è confusa. Gli occhi di Louis guizzano di proposito verso l’altro divano, dove Zayn e Liam sono seduti vicini, gli occhi di Liam che si posano sul viso di Zayn per poi spostarsi ogni volta che il moro ricambia lo sguardo, indisturbato, un placido sorriso ad aleggiare sulle sue labbra. Poi gli occhi di Louis guizzano su Niall, che si sta infilando popcorn in bocca e appare totalmente incantato dalla televisione. Gli piacciono da morire i film strappalacrime. Alla fine Louis gli stringe il bicipite. Louis è felice di essere stato invitato. Sembra felice di passare del tempo con loro. Non fa niente se Harry sente come se ci sia un panno caldo premuto sulla sua pelle anche quando Louis ritrae la mano… giusto? Louis è… magnetico. Per usare un eufemismo. Harry passa la maggior parte del tempo a guardare lui invece che il film. Tuttavia, ha ancora impressa nella mente l’espressione infastidita del ragazzo di Louis, e non ha intenzione di immischiarsi in qualsiasi cosa stia succedendo tra loro. Louis Tomlinson non sarà la sua rovina.

Notes:

Grazie per aver letto fino a qui!
Fatemi sapere cosa ne pensate, perché ho mille dubbi e vorrei estirparli uno dopo l'altro con il vostro aiuto!

All the love,

Giulia