Chapter 1: Estate 1971: Il St Edmund
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Sabato 7 agosto 1971
Si svegliò al buio. Era l’inizio d’agosto e nella stanzetta in cui l’avevano messo faceva troppo caldo. Forse però era per via della febbre. Aveva sempre la febbre il mattino dopo. In passato lo mettevano in una camera con una finestra, ma un paio di mesi prima era riuscito a romperne una e se non ci fossero state le sbarre sarebbe fuggito. Li aveva sentiti parlare della necessità di legarlo quando sarebbe stato più grande. Provò a non pensarci.
Ricordava la fame, così intensa da trasformarsi in ira. Ricordava di aver ululato e guaito per ore, girando incessantemente per la stanza. Forse gli avrebbero risparmiato le lezioni quel giorno e avrebbe potuto dormire. Dopotutto erano le vacanze estive e non era giusto che lui dovesse seguire delle lezioni mentre a tutti gli altri ragazzi era permesso passare il giorno a oziare, giocare a calcio o guardare la tele. Mettendosi a sedere, si stiracchiò cautamente, prestando attenzione alle sue articolazioni doloranti. C’erano un nuovo graffio dietro il suo orecchio sinistro e un morso profondo sulla sua coscia della sua gamba destra.
Si passò una mano sul capo. I suoi capelli rasati si rizzavano sotto le sue dita. Li odiava, ma ogni ragazzo all’istituto dell’infanzia aveva lo stesso taglio rigoroso. Voleva dire che quando gli era permesso andare in città al fine settimana tutti sapevano che erano ragazzini del St Edmund’s. Forse era quello l’obiettivo. I negozianti sapevano chi tenere d’occhio. Non che i ragazzi si impegnassero a sovvertire le aspettative. Gli era stato detto così spesso di essere la feccia della società, abbandonati e indesiderati…perché non creare un po' di scompiglio?
Remus sentì dei passi in fondo al corridoio. Era la direttrice; sentiva il suo odore, il battito del suo cuore. I suoi sensi erano sempre amplificati dopo uno dei suoi episodi. Si alzò e, nonostante facesse caldo, si coprì con una coperta, avvicinandosi silenziosamente alla porta per ascoltare meglio. La direttrice non era sola, era accompagnata da un uomo che sapeva di vecchio e in un certo senso di… diverso. Un forte odore di ferro che ricordava vagamente a Remus suo padre. Era magia.
“Siete sicuri che non sia una perdita di tempo?” Stava chiedendo la direttrice allo sconosciuto. “È veramente uno dei nostri casi peggiori.”
“Oh, sì.” Rispose l’anziano. La sua voce era ricca e calda come il cioccolato. “Siamo molto sicuri. È qui che lo tenete durante…?”
“I suoi episodi.” Concluse la direttrice con la sua tagliente voce nasale. “Per la sua incolumità. Ha iniziato a mordere dal suo ultimo compleanno.”
“Capisco.” Rispose l’uomo, sembrando pensieroso piuttosto che preoccupato. “Posso chiederle cosa sa di ciò che affligge il giovanotto?”
“Tutto il necessario.” Rispose freddamente la direttrice. “È qui da quando ha cinque anni. Ha sempre causato problemi e non solo perché è uno di voi.”
“Uno di noi?” Domandò l’uomo, calmo e impassibile. La direttrice abbassò la voce, arrivando quasi a sussurrare, ma Remus riuscì lo stesso a sentirla.
“Mio fratello era così. Naturalmente non lo vedo da anni, ma di tanto in tanto mi chiede favori. Il St Edmund’s è un istituto veramente speciale. Siamo attrezzati per occuparci di casi problematici.” Remus udì delle chiavi tintinnare. “Bene, deve lasciare che lo veda prima io. Spesso a bisogno di essere medicato. Non capisco perché abbia voluto vederlo dopo la luna piena se era già al corrente della situazione.”
L’anziano non rispose e la direttrice si avviò verso la stanza di Remus, i suoi tacchi di pelle verniciata che battevano sul pavimento di pietra. Bussò alla porte tre volte.
“Lupin? Sei sveglio?”
“Sì.” Rispose, stringendo a sé la coperta. Gli toglievano i vestiti affinché non li strappasse.
“Sì, direttrice.” Lo corresse la direttrice attraverso la porta.
“Sì, direttrice.” Borbottò Remus, mentre la chiave girava nella serratura e la porta si aprì cigolando. Era di semplice legno e sapeva che avrebbe potuto distruggerla facilmente durante un episodio, ma dopo l’incidente della finestra l’avevano rivestita d’argento. Il solo odore gli faceva venire la nausea e il mal di testa. La porta si aprì. La stanza fu inondata di luce e Remus cominciò a sbattere le palpebre all’impazzata. Quando la direttrice superò la soglia, fece automaticamente un passo indietro.
Era una donna dai lineamenti spigolosi, simile a un uccello con un naso lungo e stretto e due piccoli occhi penetranti. Lo osservò cautamente.
“Hai bisogno di qualche benda questa volta?”
Remus le mostrò le sue ferite. Avevano smesso di sanguinare e si era accorto che le ferite che si infliggeva da solo, per quanto profonde, guarivano più velocemente di qualsiasi altro taglio o graffio; non aveva nemmeno mai avuto bisogno di punti di sutura. Tuttavia, le cicatrici non sbiadivano mai e lasciavano lunghi squarci argentei sul suo corpo. La direttrice si inginocchiò davanti a lui, tamponando le ferite con dell’antisettico e avvolgendole con garze che gli facevano prurito. Una volta terminato, gli passò i suoi vestiti e Remus lì indossò velocemente davanti a lei.
“Hai una visita.” Disse, infine, mentre Remus faceva passare la testa nel collo della maglietta. Era grigia, come tutti i loro vestiti.
“Chi è?” Chiese, guardandola negli occhi perché sapeva che non le piaceva.
“Un insegnante. È qui a parlarti di scuola.”
“Non voglio.” Rispose. Odiava la scuola. “Gli dica di levarsi di torno.”
La direttrice lo colpì sull’orecchio. Se lo aspettava, quindi non sussultò.
“Bada a come parli.” Sbottò. “Farai quello che ti dico o ti lascerò qui per il resto della giornata. Vieni, forza.” L’afferrò per le braccia e lo tirò in avanti.
Remus si accigliò, pensò di scrollarsela di dosso, ma non avrebbe ottenuto nulla. Avrebbe davvero potuto rinchiuderlo di nuovo e poi ora era curioso di incontrare lo sconosciuto. In particolar modo perché l’odore di magia diventava sempre più forte mentre avanzavano nel corridoio ombroso.
L’uomo che li stava aspettando era piuttosto alto e indossava uno dei completi più strani che Remus avesse mai visto. Era di velluto rosso granata con un elaborato ricamo dorato sui polsini e sul bavero della giacca. La cravatta era blu notte. Doveva essere molto vecchio: i suoi capelli erano bianchi come la neve e aveva una barba incredibilmente lunga che gli arrivava all’ombelico. Nonostante il suo aspetto bizzarro, Remus non si sentiva intimidito dall’uomo, come era invece da molti adulti. Aveva uno sguardo dolce e sorrise a Remus da dietro degli occhiali a mezzaluna quando li vide arrivare. Gli porse la mano.
“Signor Lupin.” Disse l’anziano calorosamente. “É un piacere conoscerti.”
Remus lo fissò, estasiato. Nessuno si era mai rivolto a lui con un tale rispetto. Si sentì quasi in imbarazzo. Quando strinse la mano dell’uomo fu come essere attraversato da una scarica elettrica o toccare l’acido di una batteria.
“Salve.” Rispose fissandolo.
“Sono il professor Silente. Mi chiedevo se volessi accompagnarmi a fare un giro dei terreni. È una giornata così bella fuori.
Remus lanciò un’occhiata alla direttrice, che annuì. Già solo per questo valeva la pena di parlare con uno sconosciuto vestito in modo strambo: la direttrice non lo faceva mai uscire durante la luna piena, nemmeno se sorvegliato.
Proseguirono da soli per un altro paio di corridoi. Remus era sicuro di non aver mai visto Silente al St Edmund’s prima d’allora, ma sembrava proprio che l’anziano sapesse dove doveva andare. Una volta che furono finalmente usciti, Remus prese un respiro profondo, rivestito dalla calda luce del sole estivo. I “terreni”, come li aveva chiamati Silente, non erano molto estesi: una chiazza di erba gialla che i ragazzi usavano per giocare a calcio e un piccolo patio dove delle erbacce crescevano nelle crepe del cemento.
“Come ti senti, signor Lupin?” Chiese l’anziano. Remus alzò le spalle. Si sentiva come dopo ogni luna piena. Indolenzito e irrequieto. Silente non lo sgridò per la sua insolenza, anzi, continuò semplicemente a sorridergli mentre camminavano lentamente lungo la recinzione perimetrale.
“Che vuole?” Chiese infine Remus, calciando via un sassolino.
“Sospetto che tu sappia già qualcosa.” Rispose Silente, infilandosi una mano in tasca e tirandone fori un sacchetto di carta marrone. Remus sentiva odore di caramelle al limone e, come volevasi dimostrare, Silente gli offrì una Frizlemon. La prese e cominciò a succhiarla.
“Lei è magico.” Rispose semplicemente. “Come mio papà.”
“Ti ricordi tuo padre, Remus?”
Alzò di nuovo le spalle. Non ricordava molto. Riusciva a richiamare alla memoria soltanto la sagoma di un uomo alto e magro, con indosso un lungo mantello, che era piegato su di lui, in lacrime. Remus supponeva che fosse stata la notte in cui era stato morso. Quella se la ricordava abbastanza bene.
“Era magico.” Spiegò Remus. “Faceva succedere delle cose. Mamma era normale.”
Silente gli sorrise dolcemente.
“È questo che ti ha detto la direttrice?”
“In parte. Alcune cose le sapevo. Ad ogni modo, è morto, si è ammazzato.”
Silente sembrò rimanere leggermente spiazzato da quelle parole e Remus ne fu compiaciuto. Era una questione di orgoglio, avere un passato tragico. Non pensava spesso a suo padre, se non per chiedersi se si sarebbe suicidato se Remus non fosse stato morso. Proseguì.
“Però la mamma non è morta. È solo che non mi voleva. Quindi sono qui.” Si guardò intorno. Silente aveva spesso di camminare. Erano arrivati alla fine dei terreni, vicino all’alta staccionata nera. C’era un’asse allentata di cui nessuno era a conoscenza. Remus poteva passare da lì, se voleva, e raggiungere la strada principale che portava in città. Non andava mai in nessun luogo in particolare; si limitava a girovagare aspettando che la polizia lo trovasse e lo riportasse indietro. Era meglio che non fare nulla.
“Ti piace vivere qui?” Gli chiese Silente. Remus rise.
“Dannazione, certo che no.” Guardò Silente con la coda dell’occhio, ma non finì nei guai per aver imprecato.
“Come pensavo.” Commentò l’anziano. “Sento che sei un piantagrane, è vero?”
“Non sono peggio degli altri.” Spiegò Remus. “Siamo tutti ‘ragazzi problematici’.”
“Capisco.” Silente si passò una mano sulla barba come se Remus avesse detto qualcosa di estremamente importante.
“Ha un’altra caramella.” Remus tese la mano in attesa. Silente gli passò tutto il sacchetto. Non riuscì a credere alla sua fortuna. Quel vecchio rimbambito era proprio arrendevole. Questa volta masticò il dolciume e lo sentì infrangersi come vetro sotto i suoi denti, il gusto di limone che esplodeva sulla sua lingua come dei fuochi d’artificio.
“Sono il preside di una scuola. La stessa scuola che ha frequentato tuo padre.”
Remus rimase di stucco. Ingoiò la caramella e si grattò il capo. Silente continuò.
“È una scuola molto speciale. Per maghi, come me. E come te. Ti piacerebbe imparare a fare magie, Remus?”
Remus scosse con forza la testa.
“Sono troppo stupido.” Rispose risolutamente. “Non sarò ammesso.”
“Sono sicura che non sia affatto vero.”
“Lo chieda a lei.” Remus indicò col capo l’alto palazzo grigio dove la direttrice li aspettava. “So a malapena leggere. Sono stupido.”
Silente lo guardò a lungo.
“Non hai avuto una vita molto facile finora, signor Lupin, e mi dispiace. Conoscevo tuo padre, non molto bene, ma lo conoscevo e sono sicuro che non avrebbe voluto…comunque, sono qui per offrirti qualcosa di diverso. Un posto trai tuoi simili. Forse anche un modo per incanalare tutta questa rabbia che provi.”
Remus lo fissò. Che differenza avrebbe fatto, vivere in un istituto o in un altro? La direttrice non gli dava mai delle caramelle e non odorava di magia. I ragazzi alla scuola di Silente non potevano essere peggio di quelli del St Edmund’s e anche se lo fossero stati almeno ora sapeva cavarsela in una rissa. Ma. C’era sempre un ma.
“E i miei episodi?” Chiese, incrociando le braccia. “Sa, sono pericoloso.”
“Sì, Remus, lo so.” Rispose Silente con tristezza. Mise una mano sulla spalla di Remus, molto delicatamente. “Troveremo una soluzione. Lascia che me ne occupi io.”
Remus si scrollò l’uomo di dosso e iniziò a masticare un’altra Frizlemon. Ritornarono in silenzio verso l’edificio, entrambi contenti di essere compresi dall’altro.
Chapter 2: Primo Anno: L’Hogwarts Express
Summary:
Remus incontra i Malandrini.
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Remus si passò di nuovo una mano sul capo, poi sul naso che continuava a colare. Gli dava fastidio dalla sera prima a cena, quando un altro ragazzo gli aveva tirato un pugno. Ad essere onesti, Remus gli aveva appena tirato un calcio. Però il ragazzo, Malcolm White, aveva quattordici anni ed era il doppio di Remus, che ne aveva undici. Malcolm aveva fatto una battutina riguardo alla scuola speciale per ragazzi ritardati che avrebbe frequentato, e aveva dovuto reagire. Ora aveva un occhio nero, di cui si pentiva. Tutti nella nuova scuola l’avrebbero ritenuto un teppista. Anche se, a dire il vero, lo era.
La direttrice gli allontanò la mano dalla testa con uno schiaffetto e lui la guardò di traverso. Erano nell’enorme atrio della stazione di King’s Cross, intenti a fissare i numeri di due binari. C’era il numero nove, poi il numero dieci. La direttrice guardò di nuovo la lettera che aveva in mano.
“Per l’amore del cielo.” Mormorò.
“Dobbiamo correre contro le barriere.” Le disse Remus. “Come le ho spiegato.”
“Non essere ridicolo.” Replicò la direttrice. “Non ho intenzione di correre contro nulla.”
“Allora vado da solo. Mi lasci qui.”
Remus non aveva completamente creduto alla spiegazione di Silente su come raggiungere il binario 9 ¾. Poi però avevano iniziato ad arrivare dei pacchi per lui, consegnati da dei gufi, che contenevano libri strani e vestiti bizzarri e un assortimento di calami e pergamene. Silente era stato immancabilmente generose nel corso dell’ultimo mese. Aveva fornito a Remus una lista di ciò che gli sarebbe servito alla nuova scuola e promise di mandargli tutto il possibile dalle scorte di seconda mano di Hogwarts. Adesso Remus era disposto a credere a qualunche cosa dicesse l’anziano.
Non aveva mai posseduto così tante cose prima d’allora, e fu felice quando la direttrice chiuse tutto a chiave nel suo ufficio affinché non venisse rubato dagli altri ragazzi. Ora era tutto stipato in una vecchia valigia malandata, comprata in un negozio di beneficenza, che Remus doveva reggere in un determinato modo per evitare che cadesse a pezzi.
“Non ti lascio da nessuna parte, Lupin. Aspetta qui mentre cerco un addetto.” La direttrice si diresse velocemente verso la biglietteria, il suo grande didietro che traballava a ogni passo. Remus si guardò intorno furtivamente, poi si leccò le labbra. Sarebbe potuta essere la sua unica possibilità.
Corse a tutta velocità verso la barriera, chiudendo gli occhi con forza quando giunse ai tornelli di metallo. Non colpì nulla. L’atmosfera cambiò e quando aprì gli occhi si trovò su un binario completamente diverso, circondato da persone. No, non persone. Maghi.
Il treno era enorme, bellissimo e vecchio stile. L’Hogwarts Express. Strinse la valigia con entrambe le mani, mordendosi un labbro. C’erano tantissimi altri bambini, della sua età e più grandi, ma erano tutti con le loro famiglie. Alcuni piangevano mentre venivano abbracciati o baciati da madri protettive. Remus si sentì molto piccolo e molto solo e pensò che fosse meglio affrettarsi a salire sul treno.
Una volta dentro, non riuscì a raggiungere il portapacchi per riporre le sue cose, così scelse una carrozza vuota e mise la sua valigia sul sedile accanto a lui. Osservò le persone sulla banchina attraverso il finestrino, premendo la sua fronte contro il vetro freddo. Si chiese se anche loro provenissero tutti da famiglie di maghi. Si domandò se qualcuno di loro avesse i suoi stessi episodi. Probabilmente no. Non sembrava che nessun altro avesse delle cicatrici. Molti di loro portavano vestiti normali come lui (anche se con meno buchi e toppe), ma altri indossavano lunghe vesti nere e alti cappelli a punta. Molti ragazzini avevano dei gufi o dei gatti, trasportati con dei cesti. Vide una ragazza con una lucertolina appollaiata sulla sua spalla.
Remus iniziò a sentirsi ancora più nervoso e con lo stomaco in subbuglio quando si rese conto che, nonostante tutto quello che Silente aveva detto sul fatto di essere tra i suoi ‘simili’, a Hogwarts sarebbe stato fuori luogo come in qualsiasi altro posto al mondo.
Proprio in quel momento, si rese conto che qualcuno lo stava fissando dalla banchina. Era un altro ragazzo. Aveva la sua età, era alto e magro, ma non smilzo come Remus. Aveva i capelli scuri, molto più lunghi di qualsiasi altro ragazzo avesse mai visto, che si arricciavano elegantemente all’altezza delle sue spalle. Aveva dei belli zigomi alti, delle labbra carnose e dei sorprendenti occhi blu. Quando notò che Remus lo stava fissando, il ragazzo inarcò un sopracciglio perfetto in un’espressione che voleva chiaramente dire: ‘e tu che hai da guardare?’
Remus spinse la lingua contro il suo labbro inferiore in modo che il suo mento sporgesse, e fece una smorfia. L’altro ragazzo sorrise lievemente, poi gli fece un gestaccio. Remus scoppiò quasi a ridere.
“Sirius, cosa stai facendo?! Vieni qui immediatamente.” Una strega dall’aspetto piuttosto severo e con le stesse sopracciglia arcuate del ragazzo entrò nel suo campo visivo e tirò via il figlio dal finestrino. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, ma ubbidì, e i due si allontanarono lungo la banchina.
Remus si rimise a sedere sul logoro sedile di pelle e sospirò. Stava iniziando ad avere fame, sperava che il viaggio non fosse troppo lungo. La direttrice gli aveva dato due panini asciutti con formaggio e cetriolini e una mela, ma non aveva molta voglia di mangiarli.
Dopo un altro paio di minuti, la porta del suo scompartimento si spalancò e una ragazza entrò di corsa. Ignorò Remus, correndo al finestrino. Premette le mani contro il vetro e salutò freneticamente la sua famiglia sulla banchina. Era piccola e pallida, con una stretta treccia di capelli rosso acceso. Il suo volto era chiazzato dalle lacrime.
Continuò a salutare con la mano mentre il treno si allontanava e i suoi genitori la salutavano a loro volta, mandandole dei baci. Accanto a loro c’era una bambina con espressione corrucciata e le braccia conserte. Una volta che il treno ebbe lasciato completamente la stazione, la ragazza dai capelli rossi si sedette davanti a Remus, sospirando profondamente. Lo guardò con degli enormi occhi verdi, lucidi per via delle lacrime.
“I saluti sono orribili, non è vero?” Aveva un accento della classe media.
“Uhm, sì…” Remus annuì, a disagio. Non gli piacevano molto le ragazze. Il St Eddy’s era solo per ragazzi e le uniche donne con cui aveva contatto erano la direttrice e l’infermiera della scuola ed entrambe erano delle vecchie stronze. La ragazzina lo stava guardando con curiosità.
“Anche tu sei di una famiglia babbana? Io mi chiamo Lily.”
“Remus.” Rispose imbarazzato. “Mio papà era un mago, ma non lo conoscevo… be’, sono cresciuto con dei babbani.”
“Non riuscivo a crederci quando ho ricevuto la mia lettera.” Sorrise lei caldamente, rallegrandosi. “Ma non vedo l’ora di vedere come sia, tu?”
Remus non riuscì a trovare una buona risposta da darle, ma alla fine non ne ebbe bisogno. La porta si aprì di nuovo e un ragazzo fece capolino. Aveva dei lunghi capelli neri, come quelli del ragazzo a cui Remus aveva fatto delle smorfie, ma erano lisci come spaghetti. Aveva un naso lungo e un’espressione profondamente accigliata.
“Eccoti, Lily, ti sto cercando da un’eternità.” Disse, fulminandolo con lo sguardo, un trattamento a cui Remus era abbastanza abituato.
“Sev!” Lily saltò in piedi e gli gettò le braccia al collo. “Sono così contenta di vederti!”
Lui le diede una timida pacca sulla schiena, le guance leggermente rosse.
“Vieni a sederti nella mia carrozza, c’è un sacco di spazio.”
“Oh…” Lily si guardò alle spalle. “Può venire anche Remus? È qui da solo.”
“Non saprei.” L’altro ragazzo, Sev, squadrò Remus da capo a piedi. Il taglio da teppista, i jeans sfilacciati, la maglietta logora, la valigia di seconda mano. “Forse non c’è così tanto spazio.”
Remus si accasciò sul sedile, mettendo i piedi su quello davanti.
“Levatevi di torno allora. Non voglio andare nella vostra stupida carrozza.” Guardò risolutamente fuori dal finestrino.
Lily e l’altro ragazzo se ne andarono. Remus fece ricadere i piedi per terra. Sospirò. C’era molto rumore fuori dal suo scompartimento. Riusciva a sentire urla, risate, il bubbolio di gufi e i pianti di un paio degli studenti più giovani. Ancora una volta, si ritrovò da solo, lontano da chiunque altro. Stava iniziando a chiedersi se fosse quello il suo destino. Forse al suo arrivo a questa Hogwarts l’avrebbero costretto a dormire da solo in una cella.
Improvvisamente qualcuno bussò alla porta, un rumore breve e allegro, e questa si aprì nuovamente. Remus sprofondò ancora di più nel suo sedile. Entrò un ragazzo dal volto amichevole con una chioma di capelli scuri e grandi occhiali tondi.
“Ehi.” Tese una mano a Remus. “Primo anno? Anch’io. Mi chiamo James.” Indicò con un cenno del capo un ragazzo basso, che lo aveva seguito. “Lui è Peter.”
Remus strinse la mano di James. Fu facile e confortevole. Per la prima volta, lo stretto nodo che gli stava attanagliando lo stomaco cominciò a sciogliersi.
“Remus.”
“Possiamo sederci qui? Tutti gli altri scompartimenti sono pieni e a Peter sta venendo il mal di treno.”
“Non è vero.” Bofonchiò Peter, sedendosi davanti a Remus e osservandolo con sospetto. Effettivamente era un po’ verdognolo. Si sfregò le mani, appoggiandosele in grembo, e fissò il pavimento.
“Sai in che casa finirai?” Chiese James a Remus. Lui scosse la testa. Non sapeva nulla di queste case. Era lì che avrebbero dormito? “I tuoi genitori in quale erano?” Insistette James. “Sono andati a Hogwarts?”
Remus annuì, lentamente.
“Mio papà sì. Però non so in che casa. Mia mamma no. Lei era norm-una babbana.”
Peter alzò improvvisamente lo sguardo. “Sei un mezzosangue?”
Remus scrollò le spalle senza sapere come rispondere.
“Taci, Minus.” James sgridò il ragazzo al suo fianco. “Come se avesse alcuna importanza.”
Remus stava per chiedere cosa fosse un mezzosangue quando la porta si aprì di nuovo. Era il ragazzo bello che gli aveva fatto un gestaccio alla stazione. Si guardò intorno, furtivamente.
“Non sono imparentato con nessuno di voi, vero?” Chiese lentamente. Aveva lo stesso accento altolocato di Peter e James. Remus li detestò tutti immediatamente. Sapeva che l’avrebbero ritenuto un poveraccio…e un mezzosangue, qualunque cosa fosse.
“Non credo.” Rispose James, sorridendo. “James Potter.” Tese nuovamente la mano. Il ragazzo la strinse con scioltezza.
“Oh, bene. Un Potter. Papà mi ha detto di non parlare con voi.” Si sedette accanto a Remus, sorridendo. “Io sono Sirius Black.”
Chapter 3: Primo Anno: Lo Smistamento
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Remus era abbastanza sicuro di stare sognando. O forse era annegato attraversando quel dannato lago e il suo cervello gli stava facendo vedere cose non reali prima che morisse. Si trovava in un’enorme sala di pietra delle dimensioni di una cattedrale. Era piena di studenti, tutti che indossavano la stessa uniforme nera -fatta eccezione per le loro cravatte- e di candele accese. Non delle candele normali - quelle candele stavano fluttuando a mezz’aria. Poteva trattarsi di un gioco di luce o forse c’erano dei cavi. Ma quando alzò lo sguardo dovette trattenersi dall’urlare. Non c’era il soffitto -sopra le loro teste c’era solo il vasto cielo notturno adornato da oscillanti nuvole grigie e stelle scintillanti.
Nessun altro sembrava esservi interessato tranne la ragazza dai capelli rossi -Lily- e un altro paio di ragazzi che Remus immaginò essere provenienti a loro volta da famiglie babbane. Adesso Remus indossava la sua divisa e si sentiva un po’ meglio ora che era vestito come gli altri. Gli altri studenti erano seduti intorno a lunghi tavoli da banchetto sotto lo stendardo delle loro case. James aveva spiegato con entusiasmo la differenza tra le varie case, con molto disappunto da parte di Sirius e Peter, entrambi convinti che sarebbero finiti nella casa sbagliata. Remus non riusciva a capire se fosse nervoso o meno. Non ne vedeva l’importanza; probabilmente l’avrebbero cacciato dopo la prima lezione. Più tempo Remus passava con altri maghi più si convinceva di non poter esserne davvero uno.
La professoressa McGranitt, una magra strega dalla faccia severa, che aveva condotto quelli del primo anno nella sala, ora si trovava di fianco a uno sgabello e stava reggendo un vecchio e logoro cappello marrone. Era il test di cui gli aveva parlato James. Dovevano mettersi il cappello e poi in qualche modo sarebbero stati smistati nelle varie case. Remus alzò lo sguardo verso gli stendardi. Sapeva già che non sarebbe finito in Corvonero; non se bisognava essere intelligenti. Non aveva molte opinioni sui tassi - non erano un granchè come animali, non in confronto ai serpenti. Gli piaceva il verde, se doveva scegliere in base alla cravatta. Ma poi James e Peter avevano detto di voler essere smistati in Grifondoro e, dato che erano le uniche persone che erano state amichevoli con lui finora, non gli sarebbe dispiaciuto finire con loro.
Un ragazzo, Simon Arnold, fu il primo ad essere chiamato. Il cappello fu posto sul suo capo, comprendo la parte superiore della sua faccia. Remus si chiese se l’odore fosse terribile quanto l’aspetto. La direttrice aveva una mania per i pidocchi e Remus sperava che nessuno dei ragazzi prima di lui li avesse. Simon fu prontamente smistato in Tassorosso, la casa del tasso, accolto da un fragoroso applauso.
Sirius Black fu il primo del loro gruppo a essere chiamato e sembrava che stesse per vomitare nel suo tragitto verso lo sgabello. Ci furono dei fischi dal tavolo dei Serpeverde -alcune studentesse più grandi stavano chiamando il suo nome. Due ragazze con folte chiome di ricci scuri con gli stessi zigomi alti e le stesse labbra carnose di Sirius che ora stava tremando seduto sullo sgabello. La sala rimase in silenzio per qualche momento, il capello ora posto sul capo di Black. Poi il cappello strillò,
“Grifondoro!”
Questa volta prima dell’applauso ci furono dei momenti di silenzio attonito. La McGranitt sollevò delicatamente il cappello dalla testa di Sirius e gli mandò uno dei suoi piccoli e rari sorrisi. Sembrava completamente inorridito, gettò uno sguardo disperato al tavolo dei serpeverde dove le due ragazze che lo stavano infastidendo prima ora stavano sibilando qualcosa, gli occhi ridotti a fessure. Si alzò e camminò lentamente verso i Grifondoro, diventando il primo nuovo studente a sedersi sotto lo stendardo rosso e oro.
Lo smistamento continuò. Lily fu messa in Grifondoro e si sedette sorridente di fianco a un Sirius alquanto miserabile. Quando finalmente fu il suo turno, Remus non riusciva ancora a capire cosa ci fosse di così emozionante. Non gli piaceva particolarmente il fatto che tutti lo stessero guardando mentre si faceva strada per arrivare allo sgabello, ma fece del suo meglio per ignorarlo. Normalmente si sarebbe infilato le mani nelle tasche dei jeans e avrebbe incurvato le spalle, ma con la nuova uniforme non avrebbe avuto lo stesso effetto.
Si sedette sullo sgabello, la McGranitt che lo guardava dall’alto. Gli ricordava un po’ la direttrice e sentì un conato di vomito salirgli in gola. Gli calò il cappello sugli occhi. Tutto era buio. Non puzzava per niente, anzi la pace e il silenzio furono un sollievo.
“Hmmm.” Una voce bassa gli parlò nell’orecchio. Remus cercò di non fare una smorfia quando questo sussurró “Sei un ragazzo particolare, vero? Cosa dovrei fare con te…forse Corvonero? Hai un cervello mica male.”
Remus sussultò, aveva la sensazione che qualcuno gli stesse facendo uno scherzo. Non era dannatamente vero.
“Tuttavia,” ragionò il cappello “potresti ottenere di più…molto di più, se ti mettessi in… GRIFONDORO!”
Remus si strappò il cappello dal capo non appena lo ebbe smistato non volendo attendere che lo rimuovesse la McGranitt. Si affrettò verso il tavolo dei Grifondoro, senza nemmeno recepire gli applausi e i fischi intorno a lui. Si sedette davanti a Lily e Sirius. Lily gli mandò uno sguardo compiaciuto, ma lui si limitò a fissare il suo piatto vuoto.
Quando fu il turno delle ‘M’, Remus si era un po’ ripreso e fu in grado di guardare con interesse Peter, un basso ragazzo cicciottello, che si affrettava a raggiungere lo sgabello. Peter era il genere di ragazzo che non sarebbe durato cinque minuti a St Eddy. Aveva uno sguardo perennemente nervoso e agitato che gli altri ragazzi prendevano sempre di mira. Remus era sorpreso dal fatto che James -che era il completo opposto di Peter; rilassato e sicuro di sè- fosse così gentile con qualcuno così palesemente inferiore.
Il cappello ci mise molto a decidere dove smistare Peter. Anche i professori iniziavano a sembrare nervosi al passare dei minuti. Finalmente fu smistato in Grifondoro e dopo un po’, ma molto più velocemente, lo fu anche James, che marciò verso il tavolo con un enorme sorriso dipinto sul volto.
“Fantastico!” Disse agli altri tre ragazzi. “Ce l’abbiamo fatta tutti!”
Sirius gemette, la sua testa e le sue braccia sul tavolo.
“Parla per te.” Rispose, la sua voce leggermente attutita. “Mio padre mi ucciderà.”
“Non ci credo.” Continuava a dire Peter con gli occhi spalancati. Anche se era chiaro che fosse finito nella casa che desiderava, continuava a rigirarsi le mani e mandare occhiate alle sue spalle come se da un momento all’altro potesse arrivare qualcuno a dirgli di provare di nuovo.
Effettivamente la McGranitt arrivò al tavolo, ma mise la sua mano ossuta sulla spalla di Remus.
“Signor Lupin.” Disse a bassa voce, ma non abbastanza da non farsi sentire dagli altri ragazzi. “Potresti venire nel mio ufficio dopo cena? È vicino alla sala comune dei Grifondoro, uno dei prefetti può accompagnarti.”
Remus annuì, senza dire una parola, e la professoressa se ne andò.
“Di cosa stava parlando?” Chiese James. “La McGranitt vuole già vederti nel suo ufficio?”
Anche Sirius alzò lo sguardo, curioso. Remus alzò le spalle, non gli importava. Sapeva cosa stavano pensando - il ragazzo violento è già nei guai. Sirius stava guardando di nuovo il suo occhio nero. Per fortuna, il cibo apparve, distraendo tutti. Ed era letteralmente ‘apparso’- i piatti vuoti furono improvvisamente colmati da un vero e proprio banchetto. Dorato pollo arrosto, pile di croccanti patate arrosto, piatti di fumanti carote, piselli che nuotavano nel burro ed enormi brocche di salsa scura. Se il cibo era sempre così, forse era meglio provare ad ignorare i cappelli parlanti e i presuntuosi compagni di casa.
Prestò molta attenzione quando uno dei prefetti di Grifondoro, che si presentò come Frank Paciock, condusse quelli del primo anno verso la sala comune in una delle torri. Remus odiava perdersi e cercò di imprimere il percorso nella sua mente. Prese nota delle dimensioni e della forma di ogni porta in cui entravano, tutti i ritratti da cui passavano e quali scale si muovevano. Era così stanco e pieno di cibo delizioso che i ritratti e le scale non sembravano più così strani.
Una volta che raggiunsero il corridoio giusto, Remus vide l’ufficio della McGranitt, contrassegnato da una targa in ottone e decise di togliersi il pensiero. Si fermò davanti alla porta e stava per bussare quando James apparve al suo fianco.
“Vuoi che ti aspettiamo, amico?”
“Perchè?” Chiese Remus, guardando con diffidenza il ragazzo dai capelli scuri. James alzò le spalle.
“Così non rimani da solo.”
Remus lo fissò per un momento prima di scuotere leggermente la testa.
“No, me la posso cavare.” Bussò.
“Avanti.” Disse una voce dall’interno. Remus spalancò la porta. L’ufficio era piccolo, con un umile caminetto e file di libri posizionate contro una delle pareti. La McGranitt era seduta dietro una scrivania scrupolosamente ordinata. Le sue labbra si incurvarono in un debole sorriso e con un gesto della mano indicò a Remus di sedersi nella sedia davanti a lei. Lui ubbidì, tirando su col naso.
“É un piacere conoscerti, signor Lupin.” Disse la professoressa in un forte accento scozzese. I suoi capelli grigi erano raccolti in una stretta crocchia e indossava degli abiti verde scuro fermati da una spilla d’oro a forma di testa di leone. “É un piacere ancora più grande averti in Grifondoro - la casa che io dirigo.”
Remus non disse nulla.
“Sai, tuo padre era in Corvonero.”
Remus alzò le spalle. La McGranitt strinse le labbra.
“Pensavo che fosse meglio parlarti il prima possibile della tua…malattia.” Disse calmamente. “Silente mi ha spiegato che finora non hai avuto molti contatti con il mondo magico e ritengo che sia il mio dovere metterti a conoscenza del fatto che le persone con il tuo particolare problema debbano fronteggiare un grande stigma. Sai cosa significa ‘stigma’?”
Remus annuì. Non sapeva scriverlo, ma conosceva bene il significato della parola.
“Voglio che tu sappia che finché sarai nella mia casa, non tollererò che nessuno ti tratti in modo diverso o ostile. Vale per tutti i miei studenti. Tuttavia,” si schiarì la gola “penso che sia saggio da parte tua avere prudenza.”
“Non l’avrei detto a nessuno.” Rispose Remus. “Non voglio che qualcuno lo sappia.”
“Bene.” Annuì la McGranitt, guardandolo con curiosità. “Ciò mi porta al punto successivo. Sono stati presi dei provvedimenti per la luna piena -che sarà questa domenica se non erro. Vieni da me dopo cena e ti indicherò dove andare. Forse puoi dire ai tuoi amici che stai visitando qualcuno a casa?”
Remus fece una risata nasale. Si strofinò la nuca.
“Ora posso andare?”
La professoressa annuì, facendo una leggera smorfia.
In corridoio, Remus trovò James ad aspettarlo, da solo.
“Ti ho detto che me la potevo cavare.” Disse Remus irritato. James si limitò a sorridere.
“Sì, ma ti sei perso Paciock che ci dava la parola d’ordine. Non volevo che rimanessi chiuso fuori per tutta la notte. Forza.”
James lo condusse verso la fine del corridoio dove era appeso il grande ritratto di una donna voluttuosa che indossava un vestito rosa.
“Levogiro.” Disse James e il ritratto si fece di lato, aprendosi come se fosse una porta. Entrarono nella sala comune.
C’era una sala ricreativa al Riformatorio per Ragazzi di St Edmund, ma non era nulla in confronto alla sala comune dei Grifondoro. Quella stanza era a malapena decorata, c’era solo una piccola TV in bianco e nero e qualche gioco da tavola. Mancavano sempre delle carte ai mazzi e la maggior parte delle sedie era rotta o danneggiata.
La sala comune era calda, confortevole e accogliente. C’erano grandi divani e poltrone che sembravano essere molto morbidi, uno spesso tappeto granata davanti al fuoco ardente e altri ritratti che adornavano le pareti.
“La nostra stanza è di sopra.” Disse James, guidando Remus verso la scala a chiocciola in uno degli angoli. In cima c’era un’altra porta che si aprì rivelando una camera da letto. Anch’essa non era per niente come le camere del St Edmund. C’erano quattro letti, enormi, circondati da quattro pesanti tende di velluto rosso con delle nappe dorate. C’era un altro camino e ognuno dei ragazzi aveva un pesante baule di mogano e una mensola vicino al loro letto. Remus vide la sua triste valigetta appoggiata sopra uno dei bauli. Vi si avvicinò, immaginando che quello fosse il suo letto.
Peter stava frugando tra le sue cose, tirando fuori tutti i suoi vestiti, le sue riviste e i suoi libri, mettendo tutto a soqquadro.
“Non riesco a trovare la mia bacchetta.” Gridò come un ossesso. “La mamma mi ha detto di metterla nel baule in modo da non perderla in treno, ma non c’è!”
“Pete,” James sorrise “non ti ricordi che tua madre mi ha chiesto di tenerla al sicuro per te?”
James e Peter, come Remus aveva scoperto sul treno, erano vicini di casa sin da quando erano piccoli e si conoscevano molto bene. Tuttavia, i ragazzi non sarebbero potuti essere più diversi e Remus non capiva perché James non pestasse Peter a sangue.
Sirius era seduto sul letto, il suo baule ancora intatto.
“Su col morale, amico.” Disse James, andando a sedersi al suo fianco. “Non volevi nemmeno finire in Serpeverde, o no?”
“Cinquecento anni.” Rispose Sirius duramente. “Tutti i Black che hanno frequentato Hogwarts negli ultimi cinquecento anni erano Serpeverde.”
“Beh, era l’ora che qualcuno fosse un po’ originale, non credi?” Gli diede una pacca sulla spalla allegramente.
Remus aprì il suo baule. Dentro c’era un calderone in peltro -un altro oggetto che Silente doveva aver recuperato tra le scorte di seconda mano. Sul fondo c’era anche una lunga e stretta scatola con un biglietto.
Aprì il biglietto e fissò a lungo l’elaborata scrittura turbinosa, cercando di decifrarla. Riuscì solo a distinguere la parola ‘padre’ e immaginò che anche il contenuto della scatola provenisse da Silente, ma che fosse appartenuta a suo padre. Aprendola con entusiasmo, vi trovò un lungo bastone verniciato. Era una bacchetta. Non aveva nemmeno pensato alla sua bacchetta, ma la prese in mano e strinse il legno con forza. Era calda al tocco, come la sua stessa carne, e sembrava flessibile mentre la rigirava tra le sue mani. Era una bella sensazione.
Sirius aveva finalmente iniziato a disfare il baule, tirando fuori libro dopo libro. Impilò tutti quelli che non ci stavano sulla sua mensola di fianco al suo letto. James lo stava fissando, aveva appena affisso un poster sopra il suo letto. Esso mostrava delle piccole persone che volavano a mezz’aria su delle scope, passandosi delle palle. Remus lo trovò vagamente più interessante del calcio, che lui odiava.
“Sai,” disse James a Sirius, che stava ancora impilando dei libri “c’è una biblioteca nel castello.”
Sirius fece un sorrisetto.
“Lo so, ma sono in gran parte dei libri babbani. Me li ha lasciati mio zio Alphard e se li avessi lasciati a casa mia mamma li avrebbe bruciati.”
Quelle parole catturarono l’attenzione di Remus. Cosa avevano di sbagliato i libri babbani? Non che lui ne possedesse alcuno. Leggere era la cosa che più odiava in assoluto. I suoi pensieri vennero interrotti quando Sirius tirò fuori dal suo baule un giradischi, seguito da una scatola di vinili nuovi di zecca con le copertine scintillanti. Si avvicinò immediatamente a guardarli.
“É Abbey Road?!” Chiese sbirciando nella scatola di vinili.
“Sì.” Sorrise Sirius, passandoglielo. Remus si pulì con attenzione le mani sull’uniforme prima di prenderlo, maneggiandolo con cura. “I tuoi genitori devono essere babbani.” Disse Sirius. “Non ho mai incontrato un mago che conoscesse i Beatles -tranne mia zia Andromeda, è lei che mi ha comprato i dischi.”
Remus annuì, perdendosi un attimo nei suoi pensieri.
“Amo i Beatles, uno dei ragazzi con cui condivido la camera a casa ha almeno dieci singoli, ma non me li lascia mai toccare.”
“Ragazzi con cui condividi la camera?” Sirius inarcò un sopracciglio. Sembrava così adulto, pensò Remus. “Vuoi dire tuo fratello?”
“No.” Remus scosse la testa, ridandogli l’album e facendosi piccolo. “Vivo in un istituto per bambini.”
“Un orfanotrofio?” Chiese Peter, gli occhi spalancati. Remus sentì la rabbia montare e le sue orecchie che iniziavano a bruciare.
“No.” Sbottò. Sentì lo sguardo di tutti i ragazzi scivolare di nuovo verso il suo livido e si girò per disfare la sua valigia in silenzio.
Alla fine Potter e Black iniziarono a parlare di qualcosa chiamato quidditch e presto la conversazione si trasformò in una discussione concitata. Remus si infilò a letto e chiuse le tende, godendosi un po’ di privacy. C’era buio, ma Remus era abituato al buio.
“Dovrebbe impegnarsi di più a farsi degli amici.” Sussurrò Peter agli altri due ragazzi abbastanza forte da farsi sentire. “Soprattutto se è figlio di babbani.”
“Sei sicuro che il cappello non ti avrebbe dovuto mettere in Serpeverde?” Chiese Sirius in modo strascicato. Peter non parlò più.
Chapter 4: Primo Anno: La Luna Piena
Summary:
CW insulto omofobo verso la fine del capitolo
Chapter Text
Domenica 5 settembre 1971
Remus passò il resto della settimana ad ignorare gl altri ragazzi il più possibile. Era una tecnica che aveva perfezionato al St Edmund -era meglio passare inosservato, era meglio che nessuno sapesse nulla al tuo riguardo. (Riceveva comunque qualche gomitata ‘accidentale’ e a volte gli infilavano la testa nel cesso, ma in generale nessuno lo prendeva particolarmente di mira.) Ovviamente James, Sirius e Peter non erano per niente come i ragazzi di St Eddy. Erano quello che la direttrice avrebbe chiamato ‘di buona famiglia’.
Sirius e James, in particolare, venivano da famiglie ricche, lo capiva dal modo in cui parlavano delle loro case e dal loro accento -pronunciavano chiaramente ogni vocale e ogni consonante. Remus li ascoltava attentamente e aveva deciso di iniziare a pronunciare sempre le ‘H’.
Non era solo il modo in cui parlavano, ma cosa dicevano. Remus era cresciuto circondato da adulti che gli ripetevano costantemente ‘taci!” e da dei ragazzi che ti prendevano di mira per essere un secchione se parlavi più del necessario. James e Sirius parlavano come i personaggi di un libro; il loro linguaggio era pieno di metafore descrittive e un pungente sarcasmo. Il loro vivace umorismo incuteva molto più timore di un pugno in faccia secondo Remus -almeno quello durava poco.
Finora aveva evitato i ragazzi andando a fare passeggiate per il castello. Al St Edmund la sua libertà personale era alquanto limitata e passava la maggior parte del suo tempo chiuso a chiave in una stanza. Ad Hogwarts potevi andare dove volevi e Remus era determinato a studiare ogni angolo di quel luogo bizzarro.
Agli studenti erano state consegnate delle mappe per orientarsi nel castello, ma Remus l’aveva trovata assai carente e semplificata. Non indicava, ad esempio, il passaggio segreto che aveva scoperto e che portava dai sotterranei al bagno delle ragazze al secondo piano. Non aveva la benché minima idea del perché qualcuno avesse bisogno di un passaggio diretto tra i due posti e la prima volta che l’aveva percorso era stato accolto da un fantasma particolarmente irritato che gli aveva schizzato addosso del sapone. Sarebbe stato utile, secondo Remus, che la mappa fosse animata come i ritratti -almeno in quel modo sarebbero riusciti a tener traccia dei movimenti delle scale. Era sicuro che anche una delle stanze si spostasse, non sembrava mai essere nello stesso posto.
La domenica pomeriggio, Remus iniziò a temere l’arrivo del lunedì che sarebbe stato, oltre al giorno dopo la luna piena, anche il primo giorno di lezione. Dopo cena -che Remus fece da solo, a qualche posto di distanza da Sirius, James e Peter- andò velocemente nell’ufficio della McGranitt. Lo stava aspettando insieme all’infermiera, che gli era già stata presentata. Era una donna gentile, ma un po’ pignola.
“Buona sera, signor Lupin.” La McGranitt sorrise. “Grazie per essere così puntuale. Seguici.”
Remus rimase sorpreso quando le due donne non lo portarono nei sotterranei, come si era immaginato, ma fuori dal castello, verso un grande albero nodoso. Il platano picchiatore era un’aggiunta recente ai terreni - Silente aveva spiegato durante il discorso di inizio anno che l’albero era stato donato da un ex studente. Remus pensò che chiunque l’avesse donato doveva odiare la scuola perché l’albero non solo aveva un aspetto terrificante, ma era anche assurdamente violento.
Quando si avvicinarono, la professoressa McGranitt fece qualcosa di così incredibile da far quasi urlare Remus dallo shock. Sembrò scomparire -improvvisamente iniziò a rimpicciolirsi fino a quando lui non la vide più. Al suo posto c’era un’agile gatta tigrata dagli occhi gialli. Madama Chips non sembrò affatto stupita dal vedere la gatta correre verso il tronco dell’albero, senza essere colpita, e premere una zampa contro uno dei nodi della corteccia. L’albero si immobilizzò immediatamente. Remus e Madama Chips proseguirono, infilandosi in una cavità sotto l’albero che Remus non aveva notato in precedenza. All’interno, trovarono la McGranitt, ritornata strega, ad aspettarli.
Il passaggio era scarsamente illuminato da delle torce che emettevano un bagliore verdastro e terminava con una porta. Questa si aprì per rivelare una piccola villetta che sembrava essere abbandonata da tempo. Le finestre erano state chiuse con assi di legno e le porte erano state sprangate.
“Eccoci qui.” La McGranitt cercò di smorzare l’atmosfera tetra del luogo. “Spero che tu capisca che non possiamo rimanere con te, ma se vuoi Madama Chips può aspettare fuori finchè la… trasformazione non sarà completata?”
Remus alzò le spalle.
“Me la caverò da solo. Come faccio a tornare domani mattina?”
“Verrò a prenderti non appena sarà sorto il sole.” Gli assicurò Madama Chips. “Ti incerotterò e ti spedirò a lezione prima che qualcuno si accorga della tua assenza.” Sorrise, ma i suoi occhi erano tristi. Mise Remus a disagio. In realtà era arrivato quel momento della sera in cui tutto lo metteva a disagio, i suoi capelli gli prudevano, la sua stessa pelle gli sembrava troppo stretta per il suo corpo e la sua temperatura corporea aumentava.
“Vi conviene andare.” Disse, velocemente, avventurandosi nella stanza spoglia. C’era una piccola branda con delle lenzuola pulite spinta contro una delle pareti. Sembrava che l’avessero messa lì per lui.
Le due donne se ne andarono, chiudendo con un catenaccio la porta alle loro spalle. Sentì la McGranitt mormorare di nuovo e si chiese quali incantesimi stesse lanciando sulla casa. In ogni caso, erano sicuramente meglio della placcatura in argento.
Rimase seduto sul letto per un momento, poi si rialzò, irrequieto. Camminò avanti e indietro per la stanza. A volte era come se il lupo si intrufolasse di soppiatto nella sua mente prima di assumere il controllo del suo corpo e mentre l’oscurità incombeva i suoi sensi si acuivano, la fame iniziava a bruciare nel suo stomaco. Remus si rimosse velocemente i vestiti, non voleva strapparli. Una debole palpitazione iniziò nelle sue articolazioni e si sdraiò sulla branda. Questa era la parte peggiore. Il battito del suo cuore gli rimbombava nelle orecchie e poteva giurare di riuscire a sentire i suoi tendini stridere mentre venivano tirati, le sue ossa e i suoi denti battere l’uno contro l’altro mentre si allungavano, il suo cranio spaccarsi e riformarsi.
Gemette e stridette finché il dolore non divenne troppo insopportabile e fu costretto ad urlare. Sperava di essere abbastanza lontano dalla scuola affinché nessuno lo sentisse. Tutto sommato, ci volevano circa venti minuti -anche se non li aveva mai cronometrati. Successivamente le cose diventavano confuse, non riusciva sempre a ricordarsi quello che succedeva una volta che si era trasformato nel lupo. I ricordi di quella prima notte ad Hogwarts erano molto confusi, si svegliò con meno ferite del solito. Probabilmente era rimasto a fiutare il territorio ignoto, a testare i suoi limiti. Doveva aver provato a gettarsi contro le porte e le finestre a un certo punto, perché nei giorni a seguire aveva un mosaico di lividi lungo il lato sinistro del suo corpo.
Ritrasformarsi era altrettanto sgradevole -una schiacciante e opprimente sensazione gli pervadeva tutto il corpo, lasciandolo senza fiato e indolenzito. Si asciugò le lacrime e si infilò lentamente nella branda, grato di poter avere una tranquilla ora di sonno prima che il sole sorgesse completamente.
Madama Chips ritornò, come promesso. Parlando con un tono rassicurante appoggiò le sue mani fresche sul suo sopracciglio febbrile.
“Non mi piace il tuo aspetto.” Disse quando lui aprì i suoi occhi assonnati. “É assurdo, pensare che tu possa seguire un intero giorno di lezioni in queste condizioni. Sei esausto!”
Nessuno era mai sembrato così preoccupato per lui, lo metteva a disagio. La allontanò, infilandosi i vestiti.
“Sto bene. Voglio andare.”
Gli fece bere qualcosa prima di permettergli di alzarsi -era freddo e aveva un sapore metallico, ma si sentì meglio dopo averlo bevuto. Si affrettò a raggiungere la torre di Grifondoro per cambiarsi e mettersi l’uniforme il più velocemente possibile -non voleva saltare la colazione, stava morendo di fame.
“Dove sei stato?!” James gli si avvicinò quando Remus entrò improvvisamente nella stanza. Gli altri ragazzi erano già vestiti, erano immacolati -fatta eccezione per i capelli di James che nella parte posteriore sparavano sempre in aria.
“Da nessuna parte.” Remus lo superò per recuperare le sue cose.
“Stai bene?” Chiese Sirius. “Sei strano.”
Remus ringhiò in risposta.
“Levatevi dal cazzo!”
“Stiamo solo cercando di essere gentili.” Disse Peter con le mani sui fianchi. Stavano tutti fissando Remus, che si stava per togliere la maglietta quando si ricordò delle sue ferite.
“Cosa?” Ringhiò. “Mi volete guardare mentre mi vesto? Voi ragazzi ricchi siete sempre dei cazzo di froci.” Marciò nel bagno con i vestiti e sbatté la porta alle sue spalle. Dopo qualche momento sentì Peter lamentarsi di quanto avesse fame e i tre ragazzi se ne andarono.
Chapter 5: Primo Anno: Pozioni
Summary:
Remus ha una discussione con Piton.
Chapter Text
Venerdì 10 settembre 1971
Alla fine della sua prima settimana di lezioni, Remus aveva perso dieci punti, imparato un incantesimo e ottenuto un altro livido; questa volta sul suo mento.
Le prime lezioni erano andate bene -erano state lezioni introduttive e mentre Lily Evans aveva passato ogni ora a prendere furiosamente pagine e pagine di appunti, nessun altro si era preso la briga. Gli avevano assegnato qualche semplice compito, ma Remus aveva già deciso di far finta di essersi dimenticato di prenderne nota se qualcuno glieli avesse chiesti.
Incantesimi era stata la lezione più emozionante -il piccolo professore aveva incantato una pila di pigne, facendole volteggiare a mezz’aria tra gli studenti meravigliati. Dopo qualche tentativo di fare l’incantesimo, Lily aveva fatto levitare la sua pigna ad almeno un metro da terra e Sirius aveva fatto girare la sua come una trottola -finchè non ne aveva perso il controllo rompendo una finestra. James, Peter e Remus erano stati meno fortunati, ma Remus era sicuro che la sua fosse saltata una volta o due.
Trasfigurazione era stata altrettanto interessante, ma molto più seria, dato che era tenuta dalla professoressa McGranitt. Aveva spiegato che durante la prima settimana avrebbero fatto solo teoria e che gli avrebbe assegnato molti compiti per capire il loro livello nella materia.
Storia della Magia era stata assolutamente catastrofica, meno diceva al riguardo, meglio era. Remus aveva faticato a non addormentarsi mentre il fantasma del professor Rüf fluttuava tra i corridoi elencando date e nomi di battaglia. Anche lui aveva assegnato dei compiti -leggere due capitoli del libro di testo. Sirius aveva alzato gli occhi al cielo e sussurrato a James,
“Sicuramente tutti hanno già finito ‘Storia della Magia’? É un libro per bambini.” James aveva annuito, sbadigliando. Remus si era sentito mancare. Non aveva nemmeno aperto i libri nel suo baule, fatta eccezione per quando aveva strappato la prima pagina di ‘Pozioni - Primo Livello’ per sputarci dentro la sua gomma da masticare.
In realtà aveva aspettato con ansia Pozioni, sperando che qualcosa sarebbe esploso, come durante una lezione di chimica. Ma alla fine anche lì veniva richiesto agli studenti di leggere moltissimo e, peggio ancora, dovevano condividere l’ora con i Serpeverde del primo anno. Il professore che teneva le lezioni di Pozioni era fastidiosamente brioso e aveva impiegato mezz’ora solo per leggere l’appello.
“Black, Sirius -aha, eccoti qui! Che sorpresa allo smistamento ragazzo mio, che sorpresa! Tutti i Black venuti ad Hogwarts da quando insegno qui erano nella mia casa! Non la prenderò sul personale, giovane Sirius, ma mi aspetto grandi cose da te!”
Sembrava che Sirius volesse essere inghiottito dal suolo. Lumacorno continuò a leggere la lista di nomi.
“Un Minus e un Potter, eh? Bene, bene, insieme a Black questa classe ha delle grandi famiglie, eh? Vediamo… Lupin! Conoscevo tuo padre; non era uno dei miei studenti, ma era anche un duellante dannatamente bravo. Che brutto affare…”
Remus sbatté le palpebre. Si chiese se Lumacorno sapesse che era un lupo mannaro. Tutta la classe lo stava guardando -ormai sapevano che era cresciuto in un istituto e che suo padre era un mago (Remus suppose che fosse stato Peter a diffondere la cosa), ma nessuno aveva osato chiedergli altro. Sembrava che ci fossero altre voci che dicevano che era violento e che forse era in una gang. Non sapeva se James e Sirius le stessero incoraggiando, ma scoprì che non gli sarebbe importato molto.
Fortunatamente, Lumacorno voleva che iniziassero a fare pratica il prima possibile.
“La cosa migliore da fare è mettere le mani in pasta!” Sorrise. “Allora, se vi dividete in gruppi di quattro potete fare a turno nel seguire i passaggi…”
Tutti iniziarono a fare baccano per dividersi in gruppi -James, Sirius e Peter si impossessarono subito del calderone in fondo alla stanza insieme a Nathaniel Quince, un Serpeverde che Potter e Minus conoscevano da prima di venire ad Hogwarts. Remus decise di aspettare che si formassero i gruppi per vedere se sarebbe riuscito a gironzolare in fondo alla classe per il resto della lezione.
Non fu così fortunato.
“Remus! Puoi venire con noi!” Lily afferrò il suo polso e lo tirò verso un calderone che stava condividendo con Severus Piton -il suo amico dal naso lungo che Remus aveva incontrato sul treno - e Garrick Mulciber un rozzo ragazzo dal naso camuso di cui Remus era un po’ spaventato.
Lily si era già messa a chiacchierare, preparando tutti gli ingredienti e riscaldando cautamente il calderone. Stava guardando il libro di Severus sui cui margini il ragazzo aveva già scarabocchiato degli appunti.
“Ecco i tentacoli oculari di lumaca essiccati.” Lily aveva agitato un piccolo barattolo. “Penso che ne occorrano sette grammi…”
“Non c’è bisogno che tu sia molto precisa con quelli, Lily, non servono a molto.” Aveva biascicato Severus, sembrava annoiato.
Lily li aveva misurati lo stesso e li aveva rovesciati nell’intruglio ribollente. Poi Mulciber aveva preso il libro e aveva mescolato per cinque minuti, seguendo le istruzioni di Severus sulla velocità e la direzione con cui doveva farlo. Poi era arrivato il turno di Remus. Lily gli aveva passato il libro. Lui aveva fissato la pagina. Aveva capito che c’erano scritte delle istruzioni, ma non era riuscito a decifrare la metà delle parole. Ogni volta che pensava di averle comprese, le lettere iniziavano a muoversi sulla pagina e si ritrovava al punto di partenza. Le sue guance scottavano e aveva iniziato a sentirsi male. Aveva scrollato le spalle, distogliendo lo sguardo.
“Sbrigati.” Aveva sbottato Severus. “Non è così difficile.”
“Lascialo stare, Sev.” L’aveva rimproverato Lily. “Il libro è ricoperto dei tuoi appunti, è ovvio che non sappia dove leggere. Ecco, Remus.” Aveva aperto il suo immacolato libro di pozioni. Ma non era servito a nulla. Remus aveva scrollato le spalle.
“Perchè non lo fai tu, se sei così intelligente?” Aveva detto irritato a Severus.
“Oh Merlino.” Le labbra di Severus si erano incurvate in un sorriso. “Sai leggere, vero? Voglio dire, anche nelle scuola babbane lo insegnano o no?”
“Severus!” Aveva esclamato Lily, ma il compiaciuto ragazzo dai capelli scuri non aveva avuto l’occasione di aggiungere altro - Remus si era lanciato oltre il tavolo e addosso a Severus, facendo volare un pugno. Poteva contare solo sull’elemento della sorpresa - infatti nel giro di tre secondi Mulciber l'aveva afferrato per il colletto e l’aveva tirato indietro, dandogli un pugno in faccia.
“Basta!” Aveva tuonato Lumacorno. Tutti si erano bloccati. Il corpulento insegnante di Pozioni si era affrettato a raggiungerli. “Tiratevi su, entrambi!” Aveva urlato ai due ragazzi sul pavimento. Severus e Remus si erano rimessi in piedi, avevano entrambi il fiatone. Piton era quello messo peggio, i suoi capelli erano scompigliati e stava sanguinando dal naso. Remus aveva il mento indolenzito, dove Mulciber l’aveva colpito, ma, a parte la sua divisa stropicciata, stava bene.
“Esigo una spiegazione da voi due!” Aveva urlato Lumacorno. Entrambi avevano guardato in basso. Mulciber stava sorridendo. Lily stava piangendo. “Molto bene,” aveva detto il professore con rabbia “due settimane di punizione per entrambi. Dieci punti in meno a Grifondoro e Serpeverde.
“Non è giusto!” Aveva detto James improvvisamente dal fondo dell’aula. “Dovrebbe toglierne il doppio a Serpeverde, erano due contro uno!”
“Stando a quello che ho visto io, ha iniziato il signor Lupin.” Aveva risposto Lumacorno scuotendo il capo. “Tuttavia, hai ragione - Mulciber, cinque punti in meno per aver tirato un pugno a Remus. Non si risponde alla violenza con altra violenza, l’ho detto anche a tuo fratello maggiore in diverse occasioni. Signorina Evans, per favore accompagna il signor Piton in infermeria. Lupin, tu puoi pulire il casino che avete fatto.”
Remus non conosceva nessun incantesimo per pulire, quindi dovette usare uno straccio. Lumacorno gli aveva anche fatto pulire il sangue di Piton dalle lastre di pietra del pavimento. Sfortunatamente, dato che era passato così poco dalla luna piena, il forte odore di ferro gli fece brontolare lo stomaco. James, Sirius e Peter stavano aspettando Remus fuori dall’aula a lezione terminata.
“È stato dannatamente fantastico!” James aveva scherzosamente colpito Remus sulla spalla. “Il modo in cui ti sei lanciato contro di lui!”
“Mulciber si stava vantando prima, ha raccontato a tutti quello che ha detto Piton.” Aggiunse Sirius. “Hai fatto bene -che cretino.”
“Raccontato a… tutti?” Si lamentò Remus.
“Non preoccuparti, sono tutti dalla tua parte.” Disse James. “Tranne i Serpeverde.”
“Sì e a chi importa qualcosa dei Serpeverde?” Sirius sorrise. “Forza, fra poco è l’ora di cena -hai fame?”
“Da morire.” Remus ricambiò il sorriso.
Chapter 6: Primo Anno: Vendetta
Chapter Text
“Allora,” disse James quella domenica sera “come faremo a vendicarci?”
“Vendicarci?” Chiese Peter senza nemmeno alzare lo sguardo, stava cercando qualcosa tra i suoi appunti.
Erano nella sala comune dei Grifondoro a cercare di finire i compiti della McGranitt. Trentacinque centimetri di tema sulle leggi alla base della trasfigurazione. Sirius e James avevano già finito i loro, Peter aveva scritto quindici centimetri e Remus non aveva ancora iniziato.
“I Serpeverde.” Sibilò James. “Rimani al passo, Pete.”
“Non tutti i Serpeverde,” chiese Peter sembrando preoccupato “solo Piton e Mulciber, giusto?”
“Tutti.” Confermò Sirius. Era appena spuntato da sotto il tavolo a cui erano seduti tenendo in mano un pezzo di pergamena. “Stavi cercando questo?”
“Grazie!” Peter lo afferrò, sollevato. “Ho quasi finito…”
“Hai fatto il tema, Lupin?” Sirius lo guardò. Remus aveva aperto il libro, ma non l’aveva nemmeno guardato. Aveva preso in considerazione la possibilità di rintanarsi nella biblioteca una sera e sforzarsi di leggere - sapeva leggere se si concentrava molto. Ma non ne aveva avuto l’opportunità e, ad essere sinceri, nemmeno la voglia. Dalla lezione di Pozioni, i quattro erano diventati amici e Remus non voleva isolarsi.
“Nah.” Alzò le spalle in risposta a Sirius. “Non ne avevo voglia.”
“Facci sapere se hai bisogno di aiuto.”
“Puoi copiare il mio se vuoi.” James fece scivolare il suo tema sul tavolo. Remus lo spinse indietro, stringendo i denti.
“Non c’è bisogno. Non sono stupido.”
“Nessuno ha detto che sei stupido.” Rispose James con naturalezza. Tuttavia, Sirius lo stava guardando. Remus voleva colpirlo, ma stava cercando di controllare la sua rabbia - a volte James e Sirius giocavano lottando, ma non provavano mai a farsi male davvero come aveva fatto lui con Piton. Si costrinse a reprimere la rabbia e preferì cambiare argomento.
“Potremmo mettere della polvere urticante nei loro letti.” Suggerì. Una volta qualcuno l’aveva fatto a lui. Aveva avuto un’eruzione cutanea per un’intera settimana e durante la notte di luna piena si era lacerato la pelle più del solito. “O sui loro vestiti…se riuscissimo a scoprire chi fa il bucato.”
Era qualcosa che Remus si era chiesto più volte - i loro panni sporchi svanivano solo per ricomparire, puliti e piegati, nei loro bauli. Non aveva mai beccato nessuno in camera loro e non riusciva a darsi una risposta.
“Mi piace.” Rispose James, masticando il retro della sua penna. “Però, qualcuno ha della polvere urticante?
I tre ragazzi scossero la testa.
“Potrei ordinarla da Zonko.” Suggerì Sirius. “Però ho bisogno che mi presti il tuo gufo, James, mamma ha confiscato il mio dopo lo smistamento.”
“Va bene.” Rispose James. “Però mi piacerebbe farlo prima. Sai, battere il ferro finché è caldo.”
“Non c’è bisogno di comprare della polvere urticante.” Disse Remus, improvvisamente, avendo un’illuminazione. “Dite che ci sono dei cinorrodi nella serra?”
“Sì.” Rispose Peter, il capo ancora piegato sui compiti. “Per le pozioni curative -per l’artrite, penso.”
“I peletti al loro interno pizzicano, davvero tanto.” Spiegò Remus, emozionato, “La direttrice -dell’istituto dove vivo- le coltiva e se ti metti nei guai ti fa togliere i semi senza guanti” Le punte delle sue dita pizzicavano al solo pensiero.
"É terribile." Disse James.
“Però è una buona idea!” Sirius sorrise. “Non appena avremo del tempo libero, andremo a prenderne un bel po’. Potremo togliere i semi - indossando dei guanti - e metterli tra le lenzuola dei Serpeverde. Fantastico!”
“Come faremo ad entrare nel dormitorio dei Serpeverde?” Chiese Peter, finendo finalmente il tema.
“Ci penso io.” Disse James con un sorriso folle.
* * *
Recuperare i cinorrodi fu facile. Mandarono Peter a farlo, era l’unico di loro che non era ancora finito in punizione e quindi era quello tenuto meno sotto controllo. Peter era piccolo e bravo a passare inosservato; si era intrufolato nella serra durante la pausa mattutina, senza essere visto, ed era ritornato con la faccia rossa e gioiosa, un piccolo barattolo di cinorrodi nascosto sotto il mantello.
Si erano chiusi nel loro bagno condiviso per togliere i semi a tutti i boccioli. Seguendo le precise indicazioni di Remus, indossarono tutti dei pesanti guanti di pelle di drago, facendo particolare attenzione a non toccare i semi e i piccoli peletti.
“Non vedo l’ora di vedere l’espressione sui loro volti.” Sirius stava sorridendo, seduto a gambe incrociate sul pavimento di fianco a James.
Remus rimase a guardare, seduto sul bordo della vasca, le teste dai capelli scuri di James e Sirius piegate a lavorare. Era un po’ geloso della loro amicizia. Avevano così tanto in comune -essere cresciuti in una famiglia magica e ricca, entrambi follemente innamorati del quidditch. Oltretutto, era chiaro che dopo solo tre settimane James e Sirius erano riusciti ad assicurarsi la reputazione di re degli studenti del primo anno. Tutti li ascoltavano quando parlavano. Tutti ridevano quando facevano battute. Nessuno si arrabbiava se perdevano punti.
“Non ho ancora capito come faremo ad entrare nel dormitorio dei Serpeverde -nemmeno Peter è così furtivo.” Sirius guardò James. Cercava di fare rivelare il piano al ragazzo occhialuto da quando ne avevano parlato.
“Me ne occupo io.” Si limitò a dire James.
Travasarono i semi e i peli in un altro barattolo, mangiarono la parte restante dei cinorrodi nel corso della settimana.
L’occasione che stavano aspettando si presentò un martedì sera. James aveva deciso che l’avrebbero dovuto fare prima che tutti andassero a letto. Aveva anche deciso che sarebbero dovuti entrare nel dormitorio dei Serpeverde separatamente per evitare che venissero visti insieme e beccati. Remus pensava che fosse un po’ esagerato, ma non disse nulla, non volendo rovinare il divertimento agli altri ragazzi.
Quella sera cenarono molto più in fretta del solito prima di alzarsi uno alla volta e uscire dalla sala. Peter sembrava così nervoso che Remus temeva che sarebbe potuto finire nel panico da un momento all’altro facendoli scoprire. Fece in modo da rimanere al fianco del piccolo ragazzo per potergli tappare la bocca o per tirarlo indietro se necessario.
Ovviamente, Sirius e James andarono per primi, dirigendosi verso il bagno delle ragazze del secondo piano; Remus aveva detto loro che da lì potevano raggiungere i sotterranei. Aveva pensato di non dire nulla sul passaggio, ma dato che aveva trovato altri bei nascondigli, era arrivato alla conclusione che non avrebbe fatto male a nessuno parlarne con i ragazzi. Dopotutto, quanto spesso sarebbe voluto andare nei sotterranei?
Fortunatamente, il fantasma che viveva nel bagno non si fece vedere, anche se Remus la sentì singhiozzare silenziosamente nell’ultima cabina.
“Facci strada, Lupin.” James fece un grandioso gesto della mano, una volta che Remus e Peter furono arrivati. Sirius lo afferrò per il polso.
“Aspetta, prima dicci il tuo piano.”
James fece quell’irritante sorrisetto che sfoggiava da domenica.
“Oh…ok, allora tieni questo un attimo.” Mise il barattolo di semi di cinorrodi nelle mani di Sirius, tirando indietro le sue vesti.
Ne tirò fuori un lunghissimo mantello voluminoso, tessuto con la stoffa più strana che Remus avesse mai visto -argentea e scintillante.
“No.” Sirius lo guardó a bocca aperta. “Non è vero, dannazione Potter, non ce l’hai davvero…”
James stava sorridendo così tanto che Remus temette che il suo volto si potesse aprire in due. Il ragazzo allampanato fece un occhiolino, poi, con un gesto plateale, si avvolse nel mantello, assicurandosi di essere coperto da capo a piedi. Scomparve.
“Bastardo!” Urlò Sirius. “Perché non me l’hai mai detto?!”
“Non l’hai mai detto nemmeno a me!” Squittì Peter. “E ci conosciamo da un’eternità. Dove l’hai preso?”
James abbassò il cappuccio del mantello, la sua testa ora fluttuava a mezz’aria. La cosa diede a Remus il voltastomaco.
“Appartiene alla mia famiglia da anni.” Disse con un tono trionfante. “Papà ha lasciato che lo portassi con me, a patto che non dicessi nulla a mamma.”
“Che cazzo di fortunato.” Disse Sirius, afferrando il materiale invisibile e strofinandolo tra le sue dita. “I miei genitori farebbero di tutto per avere un mantello dell’invisibilità.”
“Secondo me ci stiamo tutti.” Dimostrò James, aprendo il mantello e sollevando le braccia come un pipistrello. “Dai, mettiamoci belli e comodi…”
Si ammassarono tutti sotto il mantello, poi provarono a barcollare avanti e indietro per la stanza finché non impararono come camminare bene insieme. Finalmente, cercando di non ridacchiare o sussurrare troppo, i quattro ragazzi invisibili si diressero verso i sotterranei. Remus gli mostrò quali piastrelle colpire in modo che il pavimento si aprisse nella terza cabina sulla sinistra.
“Come l’hai trovato, Remus?” Sussurrò James. “É geniale.”
“Ti porta dietro a uno di quei tappeti che hanno appeso sulle pareti nei sotterranei.” Rispose Remus. “Ci ho solo guardato dietro.”
“Vuoi dire un arazzo?” Chiese Peter.
“Um…sì?” Remus era felice che nessuno potesse vedere la sua faccia.
“Taci, Minus.” Sbottò Sirius. Remus sentì qualcuno tirargli un calcio sul tallone.
“Ehi,” sibilò, rispondendo al calcio con il doppio della forza “vai al diavolo.”
“Scusa!” Gridò Sirius. “Volevo colpire Pete, non te.”
“State zitti.” Sbottò James. “Siamo quasi arrivati.”
Aspettarono silenziosamente dietro l’arazzo, cercando di sentire eventuali passi nel corridoio. Una volta che James si fu convinto che non c’era nessuno, uscirono tutti dal passaggio. I sotterranei erano freddi, scarsamente illuminati e cavernosi. Da qualche parte, proveniva un rumore, uno strano gocciolio -forse dalle tubature.
“Dov’è l’ingresso?” Mormorò Sirius.
“Dietro quel muro.” Remus lo indicò, sperando che riuscissero a vederlo. Era un semplice muro di mattoni.
“Come fai a saperlo?”
“Li ho visti entrare una volta.” Disse Remus in modo sbrigativo. Non avrebbe detto loro che sapeva che c’erano duecento Serpeverde dietro quella parete perché riusciva a sentire l’odore del loro sangue e della loro magia, un odore così forte che quasi riusciva ad assaporarlo.
“Sai la parola d’ordine?”
“No.”
“Dannazione.”
“È prima del coprifuoco, possiamo aspettare.”
E così fecero, anche se non molto comodi. Anche se il corridoio era umido, faceva un caldo eccessivo sotto il mantello, soprattutto dato che i quattro erano così vicini. Fortunatamente, qualche minuto dopo due Serpeverde del settimo anno si affrettarono verso la loro sala comune. Sfortunatamente, Sirius le conosceva.
“Fammi vedere di nuovo l’anello, Bella!” Narcisista Black supplicò sua sorella maggiore. Remus sentì Sirius irrigidirsi, premendosi contro il muro alle loro spalle.
Bellatrix si pavoneggiò, tendendo il suo lungo braccio eburneo. Su una delle sue dita scheletriche c’era un enorme, ma brutto, anello di fidanzamento di argento e smeraldo che metteva in mostra dall’inizio dell’anno. Tutti a scuola sapevano che avrebbe sposato Rodolphus Lestrange, un qualche mago impegnato in politica, non appena avesse passato i suoi MAGO. Sirius sarebbe dovuto andare al matrimonio.
Narcisista squittì quando lo vide, anche se probabilmente l’aveva già visto più di chiunque altro.
“Stupendo!” Disse enfaticamente. “Non vedo l’ora di sposarmi…”
“Aspetta che sia il tuo turno.” Rispose Bellatrix, la sua voce stridente era paragonabile al suolo di unghie contro una lavagna. “Una volta che Lucius avrà ottenuto una posizione migliore all’interno del ministero, sono sicura che mammina e papino saranno d’accordo con il vostro fidanzamento.”
Ora le due giovani donne si trovavano davanti alla parete di mattoni. Bellatrix era più alta, ma nel complesso erano molto simili. Avevano lunghi capelli ricci - come Sirius, e gli stessi lineamenti della famiglia Black.
“Mundus sanguine.” Proclamò Bellatrix. Il muro si aprì, scorrendo, facendole passare e i quattro ragazzi si sbrigarono a seguirle, prima che si chiudesse.
Per la prima volta da quando era arrivato ad Hogwarts, Remus fu sinceramente felice di essere stato messo in Grifondoro. Le differenze tra la loro calda e accogliente sala comune e quella dei Serpeverde erano estreme. Sembrava una grande sala da banchetto più che un salotto. Le pareti erano riccamente decorate con altri arazzi eleganti, il camino era enorme ed elaboratamente scolpito e tutto era avvolto da un macabro pallore verde. Per di più, si percepiva la malvagità del posto. Remus cercò di non rabbrividire.
Gli altri ragazzi sembravano altrettanto a disagio e non si mossero finchè James non si incamminò verso una rampa di scale che speravano portasse al dormitorio dei ragazzi. Salendo, incontrarono Severus, seduto da solo in un angolo e piegato sul suo libro di pozioni. In cima alle scale, entrarono nella prima porta che trovarono che, fortunatamente, conduceva a una stanza.
James tirò via il mantello.
“Fai da guardia, okay, Petey?” Disse, entrando velocemente nella camera. “Dite che uno di questi è il letto di Piton?”
“Potrebbe essere questo,” Sirius indicò un letto “le lenzuola sembrano abbastanza unte.” I quattro ragazzi ridacchiarono.
“Veloci allora ragazzi, mettetevi i guanti.” Sussurrò James, aprendo il barattolo. Remus e Sirius si infilarono un guanto di pelle di drago a testa, presero una manciata di semi e iniziarono a spargerli sulle lenzuola.
“Li vedranno!” Disse James deluso. Era vero, i piccoli semi, di un rosso acceso, erano chiaramente visibili sulle lenzuola bianche, anche al buio.
“Beh…li dovranno comunque toccare per toglierli.” Disse Sirius cercando di vedere il lato positivo.
“Aspettate…” Improvvisamente Remus ebbe un’idea. Non sapeva come gli fosse venuto in mente, o perché, ma era certo che avrebbe funzionato. Tirò fuori la sua bacchetta, si morse il labbro e agitò con cautela la sua bacchetta sopra il letto coperto di semi. “Obfuscate.” Sussurrò.
All’improvviso i semi scomparvero. Beh, lui sapeva che erano ancora lì; ma ora nessuno sarebbe stato in grado di vederli.
“Diamine!” James lo fissò. “Come hai fatto? Vitious non ci ha ancora insegnato quell’incantesimo, o sbaglio? Era nelle cose da leggere?”
“Nah.” Remus alzò le spalle. “Ieri l’ho visto fare da dei ragazzi del quinto anno su dei dolci che hanno comprato nel villaggio. Non è difficile copiare.”
Sirius e James provarono subito a fare l’incantesimo sui semi che avevano appena sparso. Non funzionò la prima volta -o la seconda, ma al terzo tentativo James li aveva fatti sparire quasi tutti.
“Conviene che lo faccia tu, Lupin, o staremo qui tutta notte.” Decise.
“Sì, per favore, sbrigati!” Sussurrò Peter dall’uscio della porta, bianco in colto dalla paura.
Sirius ci provò ancora un paio di volte prima di arrendersi e lasciare che se ne occupasse Remus.
“Non appena torniamo in un territorio neutrale, mi farai vedere esattamente come si fa.” Disse. Remus annuì, anche se non era sicuro che sarebbe riuscito a spiegarlo. L’aveva fatto solo perché pensava che probabilmente ce l’avrebbe fatta.
“Prossima stanza.” Annunciò James, trascinandoli di nuovo in corridoio.
“Dobbiamo per forza?” Chiese Peter, spostando il peso da un piede all’altro. “Non abbiamo già fatto abbastanza?”
“Per niente!” Rispose Sirius con una risata, buttando la testa all’indietro. “E se non siamo ancora arrivati al letto di Piton? Dobbiamo farli tutti, Pete. Sei con noi o no?”
“Almeno tutti quelli dei ragazzi,” disse James mentre entravano nella stanza successiva “non penso che riusciremo ad entrare nel dormitorio delle ragazze - vi ricordate cos’è successo settimana scorsa a Dirk Creswell?”
Lavorarono in fretta e riuscirono a passare in tutte le camere dei ragazzi. Anche l’ultima, dove stavano dormendo tre studenti del sesto anno. Persino Sirius si era rifiutato di entrare in quella stanza, ma Remus, stordito dall’adrenalina, si era messo il mantello dell’invisibilità per entrare da solo. Aveva anche sparso i semi sui cuscini dei ragazzi addormentati.
Quando finirono, si stava facendo tardi e sempre più Serpeverde stavano andando al piano di sopra a dormire. A malapena in grado di contenere la loro gioia, i quattro Grifondoro si nascosero sotto il mantello e sgattaiolarono lentamente giù dalle scale, appiattendosi contro il muro quando passava qualcuno, poi attraverso l’enorme e maestosa sala comune e la parete da cui erano arrivati.
Facendo come aveva detto James, rimasero il più in silenzio possibile finché non furono nelle vicinanze della torre dei Grifondoro dove era sicuro togliersi il mantello.
“Levogiro!” Gridarono in coro alla signora grassa, che si fece di lato per farli passare.
Fu bellissimo tornare nella calda e luminosa sala comune dei Grifondoro. Si gettarono sul divano libero più vicino, sorridendo a trentadue denti. Frank Paciock li chiamò dal suo tavolo, dove stava sistemando i suoi appunti.
“Per un soffio, ragazzi. Siete andati in qualche posto interessante?”
Peter lo guardò incerto, ma James fece un semplice gesto della mano.
“Eravamo nella biblioteca, ovviamente.”
Frank scosse la testa, ma stava sorridendo.
“Sono sicuro che lo verrò a sapere presto.”
“Come vorrei essere lì quando succede!” Sussurrò Sirius, i suoi occhi brillavano dalla gioia. “Vorrei ancora di più che l’avessimo fatto anche alle mie cugine.”
“È solo l’inizio, Sirius.” Rispose James, dando un colpetto sul ginocchio dell’altro. “Se ci impegniamo tutti e quattro sono sicuro che la prossima volta potremmo fare qualcosa di più grande. Una prima missione eccellente, ragazzi!”
Peter piagnucolò,
“Prima missione?!”
Chapter 7: Primo Anno: Malandrini
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Mercoledì 15 settembre 1971
Il mattino seguente James e Sirius riuscivano a malapena a contenere il loro entusiasmo e trascinarono i loro compagni di stanza a fare colazione prima di tutti gli altri Grifondoro. Furono i primi studenti ad arrivare nella sala grande fatta eccezione per un paio di Corvonero chini sui loro libri di preparazione ai MAGO che stringevano enormi tazze di caffè nero.
“Perfetto.” Sirius si illuminò guardando le panche vuote. “Posti in prima fila!”
“Scommetto che non verrà nessuno per ore.” Si lamentò Peter, mezzo addormentato, con i gomiti appoggiati sul tavolo.
“Oh, su con la vita.” James versò a tutti una grande tazza di tè. “Non vuoi vedere il frutto del nostro duro lavoro?”
“Non alle sei del mattino.” Rispose Peter, sorseggiando il suo tè. Sirius fece una smorfia a causa del rumore e spinse un piatto nella sua direzione.
“Mangiati un toast e piantala di frignare.”
Anche Remus prese un toast e lo tagliò in quattro pezzi. Su un quarto mise della marmellata di agrumi, confettura su un altro, burro sul terzo e crema al limone sull’ultimo. Ignorò lo sguardo divertito di Sirius. Remus non aveva mai avuto una scelta così tanta scelta prima d’ora e aveva deciso di approfittarne a ogni pasto.
Fortunatamente, non dovettero aspettare a lungo perché iniziassero ad arrivare, piano piano, altri studenti a fare colazione. I primi Serpeverde arrivarono quando Remus aveva quasi finito il suo toast. Tre ragazzi e due ragazze del terzo anno. Si diressero al loro tavolo, ignari dei quattro impazienti Grifondoro che li stavano osservando attentamente. Per qualche momento non successe nulla. Sirius sospirò deluso. Ma poi. Il ragazzo più alto si mosse leggermente sulla panca, grattandosi il braccio. Sembrava che un altro stesse cercando qualcosa nella tasca dei suoi pantaloni, ma da dove era seduto Remus, era chiaro che si stesse grattando la gamba ferocemente. Il terzo continuava ad usare la sua bacchetta per grattarsi dietro all’orecchio.
“Ha funzionato!” Sussurrò James, senza fiato dall’emozione. Anche Peter sembrava felice ora.
A mano a mano che arrivavano i Serpeverde, il loro problema divenne sempre più evidente - ed esilarante. Alle sette il tavolo dei Serpeverde era pieno di agitati ragazzi che si contorcevano e grattavano e di ragazze inorridite. A un certo punto, Amycus Carrow, un massiccio studente del sesto anno, arrivò a strapparsi di dosso il suo mantello, il maglione della scuola e persino la sua cravatta per grattarsi violentemente il petto che, come poteva vedere Remus, era già rosso. Quasi provò pena per loro.
Ma poi arrivò Piton. Che fosse stato il karma o pura fortuna, Severus sembrava aver avuto una reazione particolarmente brutta ai semi di cinorrodo. Entrò nella sala a testa bassa, i capelli che gli celavano il volto, ma non il naso che era visibilmente di un rosso acceso.
“Oh Merlino!” Ansimò Sirius, ridendo così tanto che si stava tenendo lo stomaco. “Ditemi che gli sono finiti in faccia!”
“Ehi, Mocciosus!” Urlò improvvisamente James per attirare l’attenzione dell’altro ragazzo.
Piton si girò, alzando lo sguardo; i capelli si scostarono dal suo volto. Il lato sinistro della sua faccia era coperto da un’orribile eruzione cutanea che partiva dalle sue tempie ed arrivava fino al suo collo, sparendo sotto la sua uniforme. Anche il suo occhio sinistro era rosso, la palpebra gonfia e irritata.
“Come stai bene oggi!” Canticchiò Sirius. I quattro ragazzi scoppiarono a ridere quando Piton corse fuori dalla sala.
Quando la colazione fu terminata, il castello era in subbuglio, tutti si chiedevano come fosse successo ai ragazzi di Serpeverde. Sirius e James parevano due bambini la mattina di Natale e anche Peter si era notevolmente tirato su di morale -aveva ricordato ai ragazzi che l’intera avventura era stata possibile perchè lui aveva fatto da guardia.
“Però è stata un’idea di Lupin.” Disse Sirius, dando a Remus una pacca calorosa sulla schiena. “Come volete celebrare, eh? Spara Schiocco? Depredare le cucine?”
Remus si scrollò Sirius di dosso, sorridendo educatamente.
“Beh, qualunque cosa vogliate fare, dovete farlo senza di me.” Rispose. “Ho due punizioni.”
“Con Lumacorno?”
“Sì e la McGranitt. E Vitious, ma quella è domani. Poi nel weekend ho la punizione di Erbologia.”
“Diamine, amico.” James fece una smorfia. “Stai cercando di stabilire un qualche record?”
Remus alzò le spalle. Era sempre in punizione al St Edmund - tutti i ragazzi lo erano. Le ore di punizione non gli davano fastidio. Però Spara Schiocco sembrava divertente.
“Forse dovresti iniziare a fare i compiti?” Disse Sirius, gentilmente. Remus alzò gli occhi al cielo, mettendosi in piedi.
“Forza,” disse “abbiamo Difesa Contro le Arti Oscure, pensavo che fosse la vostra preferita.”
* * *
Più tardi, quello stesso giorno, Remus stava andando a scontare la sua punizione con Lumacorno quando si imbattè in Lily Evans. Era perfettamente felice di continuare a camminare, ma lei sorrise e si mise a camminare al suo fianco.
“Ehi Remus.”
“Ciao.”
“Stai andando nei sotterranei?”
Annuì.
“Anche io. Devo dire a Lumacorno che Severus non può venire a scontare la sua punizione.”
“Oh giusto.”
“Hai sentito cos’è successo ai Serpeverde?”
“Sì.” Tutti l’avevano sentito -si era parlato solo di quello per tutto il giorno, anche durante le lezioni. Per fortuna nessuno aveva idea di chi fosse stato. Era stata una buona idea attaccare tutta la casa allo stesso tempo. Chi avrebbe indovinato chi era il vero obiettivo?
“Una roba da matti, eh?” Continuò Lily. “Il povero Sev era allergico a quello che hanno usato. Madama Chips gli ha dato del distillato soporifero mentre aspetta che il gonfiore passi.”
Remus ridacchiò, senza pensare. Diede un’occhiata a Lily che stava ricambiando lo guardò con i suoi fulminanti occhi verdi. Scosse la testa.
“Ascolta, so che non è stato molto gentile nei tuoi confronti. L’altro giorno a Pozioni o sul treno. É un po’…beh è un po’ altezzoso, okay?”
Remus fece una risata nasale.
“Ma volevo scusarmi.” Perseverò Lily. “Devo imparare a tenergli testa di più. Non dovrei fargliela passare liscia. In realtà una volta che lo conosci è una brava persona.”
“Se lo dici tu.” Remus smise di camminare. Si trovavano fuori dall’ufficio di Lumacorno ora. La porta era chiusa, ma si riuscivano a sentire delle voci dall’altra lato.
“Horace, chiunque sia stato doveva essere un Serpeverde!” Era la McGranitt. “Chi altro conosce la parola d’ordine?”
“Perchè un Serpeverde dovrebbe attaccare la sua stessa casa, Minerva?!” L’insegnante di pozioni sembrava molto frustrato.
“Hai detto che hanno attaccato solo i ragazzi. Magari è stata una delle ragazze.”
“Oh, per favore!”
“Chi altro? Pix? Non entra mai in nessuna sala comune - non viene nemmeno nei sotterranei - ha troppa paura del Barone Sanguinario.”
“Dovremmo bandire tutti i prodotti di Zonko.”
“A detta di Poppy non era un prodotto di Zonko. Cinorrodi, dalle serre.”
La schiena di Lupin fu percorsa da dei brividi. Se sapevano tutte quelle cose, non sarebbero stati in grado di trovare il colpevole?”
“Cinorrodi, eh? Molto astuto.” Lumacorno sembrava davvero colpito. La McGranitt sospirò.
“Immagino che ora vorrai incolpare i Corvonero?”
“Vorrei solo sapere chi è stato!” Sospirò pesantemente. “Forse non scopriremo mai la verità. Suppongo che sia più probabile che sia stata una delle ragazze di Serpeverde rispetto a…”
“A un banda di malandrini che si è intrufolata nei sotterranei sotto il mantello della notte con intenti malvagi?”
Remus sentì Lumacorno ridacchiare a quelle parole.
“Sì, diciamo così.”
“Ora devo andare.” Disse la McGranitt, i suoi passi si avvicinarono alla porta. “Fammi sapere se scopri chi è stato.” La porta si spalancò. Remus e Lily fecero un passo indietro con aria colpevole. La McGranitt li guardò dall’alto attraverso i suoi occhiali. “Come mai due Grifondoro sono così lontani dalla loro torre?”
“La prego, professoressa, Remus ed io stavamo solo-"
“Ah!” Lumacorno interruppe il balbettio nervoso di Lily. “Lupin, ragazzo mio - e signorina Evans! Immagino che sia venuta a porgere le scuse di Piton, eh? Non c’è bisogno, cara ragazza, non c’è bisogno. Con tutto quello che è successo oggi credo che possiamo cancellare la punizione del ragazzo per ora.” Giunse alla porta e guardò Remus severamente. “Se è chiaro che non ci dovranno più essere risse durante una delle mie lezioni? O durante qualsiasi lezione, a dirla tutta, hm?”
“Sì, professore.” Annuì Remus, solennemente, cercando di non sembrare troppo contento.
“Eccellente.” Sorrise Lumacorno, chiudendo la porta del suo ufficio. “Allora, se volete scusarmi, devo andare a indagare.”
Remus e Lily erano quasi arrivati in fondo al corridoio quando la McGranitt chiamò il ragazzo improvvisamente.
“Signor Lupin?”
Lo stomaco di Remus sprofondò.
“Sì, professoressa McGranitt?”
“Non vuol dire che la tua punizione con me sia cancellata. Seguimi, inizieremo prima.”
* * *
La McGranitt gli aveva fatto scrivere delle frasi per un’ora -non era stato nulla in confronto alle bastonate a cui era abituato al St Edmund. Non gli pesava copiare sempre la stessa cosa; era rilassante. Svolgerò i compiti assegnati. Forse la prossima volta avrebbe messo da parte l’orgoglio e avrebbe copiato i compiti di James. O quelli di Peter, per non destare sospetto. Ma sapeva che eventualmente James avrebbe iniziato a chiedersi perché Remus non svolgesse mai le letture assegnate. E se gliel’avesse detto, era sicuro che James e Sirius avrebbero cercato di convincerlo a spiegare la situazione alla McGranitt - entrambi avevano una fiducia cieca nei confronti dei professori di Hogwarts. Tuttavia, Remus non aveva mai incontrato un adulto di cui si fidava. L’avrebbe rimandato immediatamente al St Edmund. Che utilità poteva avere un mago analfabeta?
Una volta che la punizione fu terminata, si infilò nel buco del ritratto e raggiunse la sala comune dove i suoi tre compagni lo stavano aspettando. Peter e James erano impegnati in una vera intensa partita di scacchi (ovviamente le pedine si stanno muovendo, pensò Remus, tutto si deve muovere in questo dannato castello.) mentre Sirius stava ascoltando uno dei suoi album attraverso un nuovo paio di cuffie che sembravano alquanto costose. Remus moriva dalla voglia di ascoltare qualcosa, ma non aveva ancora trovato il coraggio di chiederglielo.
Si sedette di fianco a Sirius senza dire nulla. Il ragazzo dai capelli lunghi si sfilò subito le cuffie.
“Ci hai messo poco!”
“Alla fine ho scontato solo una punizione,” spiegò Remus “Lumacorno mi ha lasciato andare, era troppo occupato a cercare il colpevole dell’incidente con la polvere urticante.”
Sirius fece un ampio sorriso, appoggiandosi contro lo schienale del divano, le sue braccia incrociate a sostenere il suo capo.
“Questo scherzo continua a migliorare.”
“Piton era allergico ai semi.” Disse Remus, sorridendo. “Quella ragazza dai capelli rossi mi ha detto che è stato tutto il giorno in infermeria.”
Sirius rise ancora di più. I suoi occhi si illuminavano quando rideva, Remus non aveva mai visto nessuno mostrare così tanta gioia. Ti faceva venire voglia di tirargli un pugno ed essere suo amico contemporaneamente.
“Quale ragazza dai capelli rossi?” James alzò lo sguardo improvvisamente.
“Scacco matto!” Esclamò Peter.
“Quella seccante. Evans.”
“Non penso che sia seccante.”
“Okay.” Remus scrollò le spalle.
“Non parliamo di ragazze, per favore.” Sirius alzò gli occhi al cielo. “Potrebbe essere il giorno più importante della nostra vita! É il giorno in cui diventiamo delle leggende; il giorno in cui la nostra amicizia viene forgiata nel fuoco della polvere urticante!”
“Non sanno che siamo stati noi, vero?” Chiese Peter, nervosamente, mettendo a posto la scacchiera. Remus scosse la testa.
“Lumacorno pensa che sia stata una ragazza di Serpeverde. O una banda di malandrini.”
“Malandrini!” Sirius si mise a sedere improvvisamente. “Ecco! Su i bicchieri, ragazzi!”
“Non abbiamo bicchieri.” Rispose James, divertito.
“Beh, fate finta.” Sirius scosse la testa con fare irritato. “D’ora in poi saremo I Malandrini!”
Lo disse con un tono così drammatico che le sue parole furono seguite da un silenzio sbalordito. James stava sorridendo, Peter lo stava guardando, in attesa di una spiegazione, non capendo cosa stesse succedendo. Remus scoppiò a ridere.
“Che razza di nome presuntuoso è per una banda?!”
Chapter 8: Primo Anno: Segreti
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Martedì 5 ottobre 1971
La luna piena successiva passò più o meno come la prima. Questa volta il lupo era chiaramente più irrequieto perché Remus si era svegliato con diversi graffi profondi.
“Guariscono più in fretta con un po’ di antisettico.” Suggerì a Madama Chips che era chino su di lui, preoccupata, nelle prime luci del freddo mattino.
“E ancora più in fretta con la magia.” Sorrise con uno sventolio della sua bacchetta. I tagli si chiusero quasi istantaneamente. Remus li fissò, meravigliato.
“Riesce a togliere anche le cicatrici?” Chiese ansiosamente, madama Chips scosse la testa tristemente
“No, Remus, quelle no, mi dispiace.”
“Va bene.” Sospirò, vestendosi per andare a lezione. Questa volta aveva portato l’uniforme con sé e l’aveva lasciata nel tunnel fuori dalla stamberga per evitare di dover tornare alla torre. Avrebbe visto i ragazzi durante la prima lezione, lasciandoli a domandarsi dove fosse stato.
“Non devi andare a lezione oggi.” Disse Madama Chips. “Non se sei troppo stanco. Posso scriverti una giustifica.”
“Voglio andare.” Rispose. “Non sono così stanco, davvero.”
La Chips lo guardò con uno sguardo alquanto serio.
“Per ora. Temo che le trasformazioni potrebbero peggiorare con l’età.”
“Quindi si è occupata di altri ragazzi come me?” Voleva chiederglielo da molto, ma non sapeva come.
“No, caro, per quanto ne so sei il primo studente di Hogwarts che è stato…”
“Morso?”
“Che è stato morso.” Continuò con gratitudine. “Ma prometto che so cosa sto facendo. Ho letto tutto sull’argomento.”
“Vuole dire che ci sono dei libri? Sulle persone come me?”
“Beh, sì.” Sembrava sorpresa. Si sedette sul letto mentre Remus finiva di vestirsi. “Te ne posso prestare uno, sei vuoi?”
Lui ci pensò, ma alla fine scosse la testa.
* * *
Avevano Trasfigurazione alla prima ora, ma la McGranitt non gli diede una punizione per non aver svolto i compiti - ovviamente aveva deciso di essere più permissiva nei giorni di luna piena. Gli aveva fatto promettere di portarli la volta dopo e lui disse di sì, sperando di sembrare sincero. James, Sirius e Peter avevano passato metà della lezione a cercare di attirare la sua attenzione, ma lui li ignorò fermamente finché la McGranitt non minacciò di separare i quattro ragazzi.
In corridoio, mentre andavano ad Incantesimi, Remus sapeva di non avere una via di fuga. Ci avrebbero impiegato cinque minuti a raggiungere l’aula.
“Allora? Dove sei stato?” Sbottò Sirius, affiancandolo sulla sinistra.
“Da nessuna parte.” Rispose, cercando di accelerare il passo.
“Oh, insomma.” Lo pregò James, giungendo alla sua destra. “Diccelo! È lo stesso posto dove sei andato il mese scorso?”
“Forse.”
“Eri in punizione di nuovo?” Chiese Peter, faticando a mantenere il passo. Remus si maledì per non averci pensato -una punizione sarebbe stata la scusa perfetta.
“No.”
“Allora dove-“
“Guarda dove vai, mezzosangue!”
Remus era stato troppo impegnato ad evitare le domande da guardare dove stava andando ed era andato dritto contro Piton che stava girando l’angolo. Già innervosito, Remus drizzò le spalle, cercando di superarlo spingendolo duramente.
“Attento a quello che dici, Mocciosus.”
Piton non si mosse, anzi, lo spinse. Mulciber apparve alla sua sinistra, incombendo minacciosamente sui ragazzi più piccoli.
“So che siete stati voi ad entrare nel nostro dormitorio ieri sera.” Sibilò. “Tutti voi.”
“Ah sì? Dimostralo.”
“Non posso, non ancora. Ma lo farò. Mi vendicherò, lo prometto.”
“Ci tremano le ginocchia.” Rispose Sirius, appoggiandosi al muro come se fosse annoiato. “Ora, sareste così gentili da levarvi?”
“É stata una tua idea, Black, vero?” Biascicò Piton. “O tua, Potter? Deve essere per forza uno di voi due. Minus non ne ha le palle e il nostro caro Lupin ovviamente non ha abbastanza cervello…”
Remus strinse i pugni. Vedeva che la mano di Piton era sulla sua bacchetta - Severus probabilmente conosceva ogni tipo di maledizione e sortilegio. James ne aveva insegnato un paio a Remus, ma il ragazzo ora era troppo accecato dalla rabbia per ricordarseli.
“Continuate a camminare, signori.” Una voce aspra risuonò improvvisamente nel corridoio. Era il professor Vitious, era uscito dalla sua classe per vedere quale fosse il problema. “Severus, stai ostruendo il corridoio e voi quattro dovreste già essere nella mia aula. Venite.”
Remus si sentì sovreccitato e agitato per il resto di Incantesimi, che era la sua lezione preferita. Si concentravano di più sul fare pratica con le loro bacchette che leggere o scrivere e spesso era migliore di James e Sirius. Trovando difficile calmarsi, continuava a scagliare i suoi cuscini dall’altro lato della classe come se fossero dei missili invece che farli passare cautamente tra gli anelli che Vitious aveva appeso al soffitto.
Lavoravano sull’incantesimo di levitazione da un paio di settimane ormai e Peter era l’unico ad avere ancora dei problemi. Secondo Remus il problema di Peter era che gli mancava l’immaginazione necessaria. James e Sirius erano entrambi infallibilmente sicuri di sé e questa sicurezza era alla base della maggior parte degli incantesimi più basilari. Generalmente Remus si sentiva in grado di completare qualsiasi compito, a patto che sembrasse abbastanza facile. D’altro canto, Peter si preoccupava per tutto. Leggeva e rileggeva il libro di testo cercando di copiare i complicati grafici che vi trovava invece che cercare di copiare quello che Vitious mostrava alla classe.
“Mi aspetto che sappiate tutti levitare questo libro prima della fine della settimana.” Disse Vitious alla fine della lezione. Il libro era enorme, era quasi la metà del piccolo professore, e sembrava che anche un uomo adulto, di normale statura, avrebbe avuto problemi a trasportarlo per molto. “Quindi venite preparati per un test veloce sulle vostre abilità.”
Peter fece un verso di lamento mentre raccoglievano le loro cose per andarsene.
Remus era riuscito a calmarsi prima dell’ora di pranzo, ma quel pomeriggio continuò ad aver problemi nel controllare la sua magia e fu felice di avere solo Erbologia e Storia della Magia. Si chiese se fosse a causa del suo temperamento - che non era mai stato uno dei migliori - o se fosse a causa della luna piena. Aveva sempre avuto molta energia dopo la trasformazione, anche prima che sapesse di poter fare magia. Ora la sua bacchetta gli ronzava in mano come l’elettricità statica di un’antenna televisiva. Aveva provato a fare un veloce ‘Lumos’ nascosto in un bagno tra una lezione e l’altra e si era quasi bruciato le retine.
Forse il libro che aveva menzionato Madama Chips spiegava il perché di questa energia, ma non l’avrebbe mai saputo. Magari c’erano altri libri al riguardo nella biblioteca, ma non aveva controllato. Conosceva la parola, abbastanza bene, e poteva scriverla se si concentrava molto. Ma non osava farlo. Remus viveva nel terrore che se l’avesse scritto, o detto ad alta voce, qualcuno avrebbe scoperto il suo segreto. Questo genere di cose era meglio non dirle a nessuno.
* * *
Martedì 7 ottobre 1971
Ora era di particolare mancanza custodire il suo segreto, perché Remus era tenuto d’occhio. Dalla McGranitt che si accigliava ancora quando vedeva che non prendeva appunti, da Madama Chips che cercava sempre di farlo fermare in infermeria per un veloce controllo e da Piton che era ancora furioso perchè non riusciva a capire come fosse avvenuto l’incidente della polvere urticante. Remus avrebbe anche potuto sopportare tutte quelle interferenze se non fosse stato osservato da una quarta persona.
Il suo stalker era più discreto, la sua sorveglianza era molto meno diretta, ma era comunque evidente. Sirius. Inizialmente Remus aveva pensato che il ragazzo fosse semplicemente un ficcanaso - parte della supponenza che condivideva con James. Dovevano sapere tutto di tutti. Dicevano costantemente affari altrui a Remus e Peter - al padre di tal dei tali non hanno concesso una promozione nel ministero anni fa e se l’era legata al dito; la prozia di Miranda Thrup era stata sottoposta a un’investigazione per aver usato illegalmente un filtro d’amore e ora nessuno beveva mai il tè dai Thrup; il professor Lumacorno sapeva di più sulle arti oscure di quello che lasciava intendere e il Lumaclub era famoso per aver sfornato influenti maghi oscuri.
Ovviamente nessuno di loro sapeva nulla su Remus e inizialmente aveva supposto che fosse per quello che Sirius lo teneva d’occhio. Ma non gli chiedeva mai domande dirette e, se era curioso sulla famiglia o l’infanzia di Lupin, era un interesse privato che James non condivideva. Remus aveva notato che James osservava di rado le altre persone - preferiva che le altre persone osservassero lui.
Per fortuna nessun altro sembrò notarlo. Sirius era astuto sotto quel punto di vista. Solo di tanto in tanto Remus riusciva a beccarlo alla sprovvista mentre lo osservava con quei profondi occhi blu. Non si vergognava nemmeno abbastanza da distogliere lo sguardo se veniva scoperto - si limitava ad addolcire il suo sguardo tramutandolo in un sorriso amichevole che Remus era obbligato a ricambiare.
Quel giovedì stavano finendo i loro compiti nella sala comune dei Grifondoro - beh, James stava finendo i compiti di Remus, dato che aveva già finito i suoi. Si era offerto di farli a patto che gli insegnasse l’incantesimo ‘obfuscate’ e, nonostante il suo orgoglio, Remus aveva acconsentito. Non voleva un’altra punizione dalla McGranitt e James era bravo ad imitare la grafia delle altre persone.
Sirius stava finendo il suo tema, aveva già scritto sette centimetri in più sull’uso delle mosche crisopa nelle pozioni di trasformazione - con tanto di grafici. C’erano libri sparpagliati su tutto il tavolo di cui si erano appropriati, insieme a boccette d’inchiostro e rotoli di pergamena accartocciati. Peter stava cercando di levitare una mela e farla finire nel cestino della carta a un metro di distanza. Per il momento era riuscito a farla fluttuare a mezz’aria ma poi iniziava a tremare solo per ricadere sul tavolo.
Esausto, Peter si passò di nuovo una mano nei capelli e consultò il libro.
“Ce la farai, Pete, non preoccuparti.” Mormorò James, non alzando lo sguardo dal tema di Remus. “Continua a provarci.”
“Ci sto provando.” Frignò Peter. “Sono sicuro che sto sbagliando il movimento… il libro dice di usare un ‘fluido gesto serpeggiante’ ma non sono sicuro…” agitò la sua bacchetta in aria. Remus fece un suono di disapprovazione.
“Non è così.” Disse schiettamente. “E come se fosse un movimento a S vista di lato. Guarda.” Eseguì l'incantesimo, sollevando senza sforzo la mela in aria e facendola cadere precisamente nel cestino.
"Una movimento a S, sei sicuro?” Peter si accigliò. Puntò la sua bacchetta su una palla di carta accartocciata sul tavolo, "Wingardium Leviosa!” Enunciò, agitando la bacchetta allo stesso modo di Lupin. Come previsto, la carta volò tremante verso l'alto, poi volò con un po' meno grazia nel cestino, rimbalzando sui lati mentre cadeva sul fondo e atterrava accanto alla mela. Peter fissò il cestino con gli occhi spalancati: "Ce l'ho fatta!” Esclamò incredulo. "Un movimento a 'S', perché non c'era scritto così nel libro?!”
"Ben fatto, Pete". Disse James, alzando lo sguardo e sorridendo. Si tolse gli occhiali e si strofinò gli occhi, "Dovresti fare l'insegnante, Remus".
Lupin rise, distogliendo lo sguardo basito. James continuò,
"Ho quasi finito, devo solo controllare una cosa - puoi passarmi Teoria della Magia? Il libro di Waffling?"
Remus sentì un brivido freddo corrergli lungo la schiena. Cercando di non farsi prendere dal panico, guardò la pila di libri che James stava indicando. Uno di essi era sicuramente quello di Pozioni - aveva un calderone in copertina. Per quanto riguarda gli altri poteva solo ipotizzare quale fosse quello giusto. Le scritte in oro e argento su ogni copertina sembravano cambiare e turbinare davanti ai suoi occhi. Era meglio prenderne uno, anche se era quello sbagliato? Si voltò a guardare James, disperato, il ragazzo stava leggendo quello che aveva scritto. Peter era troppo impegnato a far levitare altre palline di carta per notare l'agitazione di Remus. Abbassò di nuovo lo sguardo, mordendosi il labbro.
Sirius si schiarì la gola in silenzio e si allungò verso l'altra parte della scrivania. Picchiettò silenziosamente uno dei libri con l'indice, senza guardare Remus. Era un grosso tomo nero rilegato in pelle che Remus riconobbe vagamente. Con gratitudine, lo prese e lo porse a James.
"Grazie, amico.” Disse James, distrattamente, tornando al suo lavoro. Sirius continuò come se nulla fosse successo. Remus si sentì le guance in fiamme.
Chapter 9: Primo Anno: Cicatrici
Notes:
Accenno al maltrattamento dei minori verso la fine del capitolo
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Venerdì 15 ottobre 1971
Remus aveva passato i giorni seguenti ad evitare Sirius - o almeno ad evitare di rimanere da solo con lui. Non era una cosa facile, i ragazzi erano sempre insieme, soprattutto durante il fine settimana. Superarono tutti la lezione di Incantesimi del venerdì senza alcun problema; persino Peter. Vitious era così elettrizzato dall’idea che tutta la classe avesse perfezionato l’incantesimo di levitazione così presto che li aveva lasciati andare prima a pranzare.
La settimana seguente, durante la lezione di volo, Sirius aveva fatto in modo che Remus non potesse evitarlo. Se Remus non avesse odiato Storia della Magia così tanto, Volo sarebbe stata la materia che detestava di più. Dopo venti minuti dall’inizio della primissima lezione con Madama Bumb, aveva scoperto che soffriva di vertigini e da lì tutte le lezioni erano state una sofferenza.
James era il migliore della classe, ovviamente, e anche gli altri Malandrini lo trovavano insopportabile quando guizzava lungo il campo da quidditch, facendo giravolte e finte come se fosse nato su una scopa. Anche Sirius era eccellente e la maggior parte degli altri studenti era cresciuto giocando sulla loro scopa; anche Peter se la cavava.
Aveva piovuto la sera prima e il terreno era morbido e fangoso.
Si erano sfilati le loro solite scarpe con le stringhe e si erano infilati degli stivali pesanti e delle divise scarlatte prima di entrare nel campo sguazzando. Presero le loro scope in attesa di ricevere istruzioni. Le scope erano fornite dalla scuola. A quelli del primo anno non era permesso portare i propri manici di scopa, ma James raccontava a tutti quelli che erano disposti ad ascoltarlo che a casa aveva una delle scope migliori sul mercato.
“Allora, montate sulle vostre scope per favore, ragazzi e ragazze.” Urlò la Bumb al gruppo. “C’è molto vento oggi, quindi voglio che stiate molto attenti. Potter, niente esibizionismi!”
Remus montò sul suo manico di scopa, deglutendo rumorosamente. Avrebbe cantato vittoria se non gli fosse venuta la nausea.
“Voglio che facciate quattro giri completi del campo, poi voglio un bell'atterraggio, da parte di tutti. Attenti alle pozzanghere e ricordatevi di piegarvi a favore del vento se possibile. Sfruttatelo. Cinque punti al primo che arriva.” E senza particolari avvertimenti, la strega dai capelli argentei soffiò con forza nel suo fischietto.
Remus e Lily, gli unici due nati babbani della classe, furono gli ultimi a sollevarsi dal suolo. Tuttavia, una volta che la rossa si trovò in aria, guizzò in avanti senza alcun problema.
“Un po’ più in alto, Lupin! Forza!” Tuonò la Bumb dal basso, urlando dentro ad un enorme megafono. Voleva ignorarla, ma non c’era alcuna via di fuga - almeno al St Edmund quando lo costringevano a correre poteva nascondersi dietro un angolo e gironzolare in città per tutto il pomeriggio.
Si spinse più in alto, cercando di guardare in avanti e non in basso; evitando di pensare al vuoto tra di lui e il suolo. Riusciva a vedere la treccia rosso acceso di Lily svolazzare davanti a lui come se fosse la coda di una volpe, gli scintillanti capelli biondi di Peter in mezzo al gruppo. Anche se non riusciva a vedere oltre, sapeva che James e Sirius erano praticamente testa a testa. Remus procedette tristemente, non nutriva alcun desiderio di andare più veloce. Era meglio arrivare ultimo che rompersi il collo. Quando girò l’angolo alla fine del campo, il vento lo colpì in pieno; cercò di non rallentare troppo, piegandosi in avanti. Faceva freddissimo ed era come se la grigia aria mattutina lo stesse schiaffeggiando.
Il secondo giro fu meglio del primo. Durante il terzo vide che James aveva iniziato a girare intorno a ognuna delle torri delle tribune vuote nonostante vari ammonimenti da parte di Madama Bumb. Durante il quarto giro, Remus ebbe compagnia.
“Ti stai divertendo?” Sirius fece un sorrisetto, volando al suo fianco. Sembrava così a suo agio, come se avesse potuto portare entrambe le mani sopra la sua testa, fare una giravolta e volare all’indietro senza il benchè minimo problema.
“Cosa stai facendo?” Remus fece una smorfia, tentando di ignorarlo. “Stai cercando di perdere?”
“Tanto vincerà James.” Sirius alzò le spalle. “Posso lasciargli pure il riflettore. Ho pensato di raggiungerti.”
“Perchè?!” Rispose Remus digrignando i denti.
“Pensavo che avessi bisogno di un po’ di compagnia.” Remus non ebbe bisogno di guardarlo per sapere che stava facendo quel solito, irritante, sorrisetto alla Sirius Black. “Inoltre, stiamo per atterrare e so che odi farlo.”
“Levati di torno.”
“No.”
“Non farmelo ripetere, Black…”
“Non puoi colpirmi qui, Lupin, a meno che tu non voglia togliere una mano dalla tua scopa.”
“Dio, sei irritante.”
“Lo so.” Sirius volò davanti a lui, poi intorno, descrivendo una perfetta ellissi.
“Levati.” Remus cercò di schivarlo, oscillando pericolosamente.
“Dobbiamo atterrare…ricordati di stendere le gambe in avanti e piegarti indietro…poi piega le ginocchia quando tocchi per -ehi!”
Remus aveva afferrato la coda della scopa di Sirius e l’aveva tirata indietro violentemente. Ridendo, Sirius si sistemò e volò di nuovo al fianco di Remus, colpendolo a sua volta. Remus oscillò, ma si tenne stretto, mentre iniziava la sua discesa. Andò meglio del solito, si piegò all’indietro e poi si girò velocemente per spingere Sirius di nuovo.
“Levati!” Gridò andando più veloce. “Per una volta puoi essere l’ultimo ad atterrare!”
“Eh no!” Sirius afferrò la coda della scopa di Remus, ridendo, e lo tirò indietro. Forse aveva esagerato, ormai erano molto vicini al suolo. Ancora litigando, i due ragazzi ruzzolarono verso il suolo, le scope volarono via da sotto di loro e atterrarono entrambi in un’enorme pozzanghera fangosa, sbandando e rotolando in avanti, inzuppando i loro vestiti nel mentre.
“Black! Lupin!” Madama Bumb marciò verso i due ragazzi distesi nel fango.
Gli altri Grifondoro accorsero, ridacchiando e indicandoli. Sirius saltò in piedi con tutta l’eleganza con cui la sua nobiltà l’aveva graziato e aiutò Lupin tirandolo su bruscamente per la mano. Guardarono entrambi l’insegnante, sbattendo via le gocce di acqua sulle loro ciglia.
“Non vi avevo detto di stare attenti alle pozzanghere?” Madama Bumb inarcò un sopracciglio, divertita. Era solita cercare l’aspetto spassoso delle cose. “Un punto in meno al Grifondoro, a testa. È meglio che vi facciate una doccia. Andate.”
Barcollarono entrambi verso gli spogliatoi del campo da quidditch sollevando i loro pesanti vestiti zuppi.
“Dannate divise.” Borbottò Remus quando entrarono nel piccolo edificio di pietra. “Come faremo ad asciugarle?”
“Ci penseranno gli elfi domestici.” Rispose Sirius, sfilandosi la sua e gettandola in un angolo.
Remus non aveva voglia di chiedere cosa diamine fossero gli elfi domestici. Si tolse la sua divisa e calciò via i suoi stivali, poi entrò in una delle docce per continuare a svestirsi. Degli asciugamani erano già stati preparati e l’acqua era piacevolmente calda. Si mise sotto il getto dell’acqua, lasciando che questa lo scaldasse mentre guardava il fango e qualche filo d’erba scivolare turbinando nello scarico. Almeno si era risparmiato quaranta minuti di Volo.
Sfregò con forza le mani tra i capelli. Senza la direttrice che glieli tagliava ogni mese, i suoi capelli stavano diventando più lunghi e morbidi. La maggior parte delle volte sparavano in tutte le direzioni come quelli di James. Finalmente riusciva a vedere di che colore erano, ma rimase deluso -sembravano di un banale castano chiaro.
Remus finì la doccia prima di Sirius e uscì in cerca della sua divisa. Non aveva finito di vestirsi quando Sirius emerse, i suoi capelli pettinati all’indietro; erano bagnati e brillavano come l’olio. Si era già vestito e sembrava così adulto. Remus si era appena accorto di aver saltato uno dei bottoni della camicia e dovette ricominciare da capo.
“Quella cos’è?!” Disse Sirius improvvisamente. Remus alzò lo sguardo, poi lo abbassò velocemente. Sirius stava indicando un lungo segno argenteo che gli andava dalla sua clavicola sinistra fino al suo capezzolo destro, attraversandogli in diagonale il petto. Si affrettò, goffamente, a chiudere i bottoni della camicia.
“Una cicatrice.” Mormorò. Non aveva senso mentire. Ormai non le notava quasi più. Erano lì, erano parte di lui come una qualsiasi lentiggine o la peluria sulle sue braccia.
“È…successo quando eri a casa? Dove sei cresciuto?”
C’era qualcosa di strano nella voce di Sirius. Remus scoprì di non riuscire a parlare, quindi si limitò ad annuire. Anche Sirius lo fece. “Anche io ho delle cicatrici.” Disse, così piano che Remus pensò di aver sentito male.
Sirius si piegò e tirò su una gamba dei pantaloni, girando la caviglia affinché Remus potesse vedere i segni che la marchiavano. Le sue cicatrici non erano come quelle di Remus - grandi, irregolari e frastagliate. Le strisce argentee sul retro della gamba di Sirius erano sottili e dritte, uniformi nella loro crudeltà. Remus le fissò per un secondo prima che Sirius lasciasse ricadere il tessuto e si raddrizzasse.
Si fissarono per un intero minuto. Remus era accaldato, ma gli occhi di Sirius rimasero freddi e calmi. Poi la tensione si infranse.
“Ti va di andare a vedere James che fa lo scemo?” Chiese Sirius.
Remus annuì di nuovo e i due ragazzi uscirono nella fredda aria autunnale. Si sedettero sulle dure panche degli spalti dei tifosi e guardarono il resto della classe guizzare avanti e indietro lungo il campo, i loro abiti rossi che svolazzavano dietro di loro. Anche se a Lily mancava la tecnica che James padroneggiava, dava del filo da torcere al ragazzo quando si trattava di velocità, battendolo in due gare su tre tra gli anelli della porta dai lati opposti del campo.
“Remus?” Disse Sirius, improvvisamente, quando i loro compagni atterrarono al termine della lezione.
“Sì?”
“Non sai leggere, vero?”
Remus sospirò. Doveva già custodire troppi segreti. E Sirius gliene aveva rivelato uno.
“No.”
“Non lo dirò a nessuno.”
“Grazie.”
Quel dannato sorrisetto.
Chapter 10: Primo Anno: Storia
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Sabato 23 ottobre 1971
“Non te l’hanno mai insegnato?”
Remus scrollò le spalle, stanco e frustrato. Era passata una settimana dalla lezione di volo e Sirius l’aveva beccato di nuovo da solo. Era seduto, abbastanza contento, sul suo letto, a sfogliare una delle riviste di quidditch di James - gli piacevano le foto che si muovevano, anche se non capiva ancora le regole dello sport, era la cosa che più si avvicinava ad una televisione ad Hogwarts.
“Me l’hanno insegnato.” Rispose, girando la pagina, sperando che Sirius capisse che non ne voleva parlare e se ne andasse. Non lo fece. Remus chiuse la rivista. “Me l’hanno insegnato.” Ripeté. “È solo che non l’ho mai imparato, non bene. Non ha alcun senso; le lettere continuano a spostarsi e cambiare. I miei vecchi insegnanti mi hanno detto che sono stupido.”
Nessuno al St Edmund gli aveva fatto molte storie sul suo problema nello svolgere i compiti. Glieli assegnavano raramente dato che nessuno li faceva. Molti dei ragazzi avevano dei problemi; o non volevano o non riuscivano a imparare. Non che si aspettassero molto da loro.
“Ma allora come fai?” Sirius non voleva mollare l’osso.
“A fare cosa?”
“Beh…tutto! I tuoi compiti, qui, ad Hogwarts.”
Remus lo guardò come se fosse lui quello stupido.
“Sirius, non li faccio. Se non te ne sei accorto, sono in punizione ogni sera.”
“Beh, sì, ovviamente.” Sirius agitò la mano in aria. “Ma l’altro giorno, a Pozioni, ti ho visto - non hai preso appunti, non hai nemmeno guardato il libro o la lavagna e sei comunque riuscito a preparare perfettamente gli ingredienti per la Pozione Scacciabrufoli - Lumacorno ti ha attribuito cinque punti!”
Remus arrossì al ricordo. Non era abituato ad essere elogiato da un professore.
“Oh, è stato facile.” Scosse la testa. “Luma ci aveva detto cosa fare la volta scorsa, me lo sono solo ricordato.”
“Dannazione, devi avere una memoria pazzesca allora.”
Remus alzò le spalle. Suppose che fosse vero. I suoi insegnanti al St Edmund avevano commentato più volte che sapeva molte parole per essere un ragazzo così stupido.
Sirius stava fissando nel vuoto ora, chiaramente perso nei suoi pensieri - Remus poteva quasi vedere gli ingranaggi a lavoro nella sua mente. A volte Sirius era un libro chiuso. Altre volte era quasi divertente quanto fosse facile leggerlo.
“Se sapessi leggere saresti bravo quanto me e James. Anche di più, probabilmente.”
Remus fece una risata nasale.
“Quanto sei modesto, Black.”
“Beh, è vero!” Sirius non colse il sarcasmo, era ancora pensieroso. “I movimenti della bacchetta ti vengono in modo naturale e se hai una memoria così ferrea…” Si morse il labbro. "Scommetto che ci sia un incantesimo.”
Remus rise.
“Vuoi curarmi con un incantesimo?”
“Perché no?”
Remus ci aveva già pensato; certo che ci aveva pensato. Ma sapeva meglio di tutti che anche la magia aveva dei limiti. Dopo tutto, aveva cicatrici che non sarebbero mai andate via e un incubo mensile che nessuno poteva impedire.
“La magia non può sistemare quel genere di cose.” Rispose bruscamente. “Se no perché James ha bisogno degli occhiali?”
“In realtà credo che ci siano degli incantesimi per migliorare la vista.” Disse Sirius. “Magari non ne vale la pena, o sono troppo pericolosi, o complicati o qualcosa del genere.”
“Non si tratta solo di leggere.” Ribatté Remus. “Non sono bravo nemmeno a scrivere; sono troppo lento e disordinato.”
“Sono sicuro che ci siano degli incantesimi per quello.” Disse Sirius con certezza. “Puoi incantare la penna, ho visto mio padre farlo per alcuni documenti ufficiali. Di solito la sua grafia è molto approssimativa.”
Remus non sapeva cosa fare. Chiaramente Sirius non si sarebbe arreso. Si morse il labbro.
“In ogni caso, perchè ti interessa così tanto?”
“Sei un Malandrino! Non puoi essere in punizione ogni giorno. E se i Serpeverde decidono di vendicarsi? Abbiamo bisogno della tua mente malvagia per gli scherzi.” I suoi occhi luccicavano. “A proposito, immagino che tu non abbia fatto i tuoi compiti di storia.”
“No.”
“Okay, allora bisogna iniziare.” Sirius saltò giù dal suo letto e iniziò a frugare nel suo baule.
“No. Non farai i compiti al mio posto.” Protestò Remus, alzandosi a sua volta e incrociando le braccia.
“Certo che no.” Rispose Sirius tirando fuori un libro pesante. Era Storia della Magia; Remus riconobbe la forma e la dimensione. “Avevo solo voglia di rinfrescarmi la memoria, tutto qui. Quindi rimarrò seduto qui a leggere ad alta voce - perché mi aiuta a studiare - e non posso farci niente se finirai per immagazzinare qualche informazione in quell’enorme cervello che ti ritrovi.”
Remus sbuffò.
“Non hai niente di meglio da fare? Dov’è James?”
“Guarda gli allenamenti della squadra di quidditch di Grifondoro.” Sirius si sedette sul suo letto e aprì il libro. “È convinto di riuscire a entrare nella squadra l’anno prossimo, quindi vuole imparare dei trucchetti. Peter l’ha seguito, ovviamente. Ora fa silenzio per favore, sto provando a studiare.” Si schiarì la gola. “Storia della Magia di Bathilda Bagshot. Capitolo uno, L’Antico Egitto; le opere e i rituali di Imhotep…”
Continuò a leggere, senza interrompersi. Remus rimase in piedi per un po’, stava cercando di capire se uscire dalla stanza sbattendo la porta o meno. Ma in realtà non era veramente arrabbiato - era difficile rimanere arrabbiato con Sirius, per quanto fosse irritante. Quindi Remus si sedette e ascoltò. Scopri che la storia non era così noiosa, non quando ne capivi i fondamenti. Inoltre Sirius era notevolmente più vivace del professor Rüf.
La sua voce era chiara e sicura, non si bloccava mai su parole o frasi complicate, come se avesse già letto il libro un centinaio di volte. Una volta Remus l’aveva sentito dire a James che parlava fluentemente in latino e greco - a quanto pare la famiglia Black nutriva orgoglio per certe cose.
Continuò a leggere, capitolo dopo capitolo, dai raccapriccianti incantesimi egizi di risurrezione, ai criptici oracoli greci fino persino alle sacerdotesse magiche della Mesopotamia. Il mondo antico si aprì nella mente di Remus che, presto, si ritrovò sdraiato sul suo letto, le braccia incrociate dietro il capo e gli occhi chiusi, lasciando che Sirius lo conducesse nel tempo.
Alla fine, la voce dell’altro ragazzo arrivò a farsi roca e si ritrovò a sussurrare. Intorno a loro si era fatto sera e la sala comune era ormai sommersa nella dorata luce arancione del tramonto. A metà del ‘capitolo cinque; Tiberio e il progresso nella magia bellica di Roma’, Sirius chiuse il libro con un leggero colpo di tosse.
“Non credo di poter andare avanti a studiare oggi.” Gracchiò.
Remus aprì gli occhi di scatto. Si mise a sedere, sbattendo le palpebre.
“Va bene.” Disse piano. “Andiamo a cenare, sto morendo di fame.”
Si alzarono entrambi, stiracchiandosi, e andarono al piano di sotto.
James e Peter li stavano aspettando al tavolo dei Grifondoro al loro solito posto.
“Com’erano gli allenamenti?” Chiese Sirius dopo aver trangugiato un calice di succo di zucca. La sua voce era quasi tornata normale, sembrava solo un po’ stanca.
“Fantastici.” Rispose James allegramente, infilzando una salsiccia con la sua forchetta e usandola per tirare su del purè. “Perchè non sei venuto?”
“Compiti.” Rispose Sirius, versando della salsa sul suo purè.
Mentre cenavano, James lì deliziò con un racconto dettagliato di tutto quello che era successo duranti gli allenamenti di quidditch, elencando tutti i giocatori nella squadra, le loro forze e i loro punti deboli, le loro tecniche e dicendo cosa avrebbe fatto per migliorarle. Di tanto in tanto Peter interveniva con le sue opinioni che raramente differivano da quelle di James.
Quella sera come dolce c’erano delle frolle al caramello che non piacevano né a Sirius né a James. Remus pensava che fossero folli e che la loro avversione fosse prova del loro snobismo. Avrebbe mangiato anche le loro porzioni se non ci fosse arrivato prima Peter che divorò tutto.
“Ho dei dolci.” Offrì il ragazzo più piccolo, frugando nelle tasche della sua uniforme e tirando fuori uno straripante sacchetto di carta marrone. “Me li ha mandati la mamma, prendete pure.”
“Grazie Pete!” Si avventarono sopra i dolci, mangiucchiando allegramente api frizzole, cioccorane e spaccadenti di diversi gusti. Mangiarono fino a sentirsi male, persino Remus ne mangiò un paio.
“Che compiti stavi facendo?” Chiese James, grattandosi distrattamente il mento. “Pensavo che avessimo finito tutti quelli per la settimana.”
“Sì, um, ero indietro con storia. Dovevo controllare una cosa.” Anche Sirius si stava grattando, vicino alla clavicola.
Solo a guardarli, Remus iniziò ad avere il prurito. Il dorso della sua mano gli pizzicava come se un piccolo insetto ci stesse camminando sopra. Pensò improvvisamente alla polvere urticante e abbassò lo sguardo.
Quasi urlò. Sul dorso della sua mano stavano crescendo folti peli scuri ad un ritmo allarmante. Si stava trasformando! Non erano nemmeno vicini alla luna piena - com’era possibile? Si alzò così velocemente che quasi cadde all’indietro. Doveva uscire da lì - in fretta!
“Che succede, Lupin?” James lo fissò, sbalordito.
Remus ricambiò lo sguardo, poi guardò Sirius. Anche a loro stavano crescendo i peli - riccioli scuri spuntavano dai loro volti, dalle loro mani e dalle loro braccia - su ogni centimetro di pelle scoperta. Rimase a bocca aperta, senza parole. Si passò la lingua sui denti: non si stavano allungando.
“Oh, maledizione…” Disse James, guardando se stesso, poi gli altri due ragazzi. “Cosa sta succedendo?!”
“Peter,” ringhiò Sirius, il viso ormai quasi completamente coperto di peli, “sei sicuro che sia stata tua madre a mandare quei dolci?”
Peter, che non aveva ancora mangiato i dolci, li fissò entrambi e arrossì, balbettando.
“Beh, voglio dire…pensavo che fossero da parte sua…sono arrivati stamattina…”
“Pete!” Tuonò James. La gente li stava guardando ora, voltandosi e dandosi gomitate a vicenda. Ben presto, l’intera sala da pranzo stava sussurrando e indicando i tre ragazzi incredibilmente pelosi al tavolo dei Grifondoro.
Molte persone stavano ridendo, ma naturalmente nessuno stava ridendo quanto Severus Piton, al tavolo dei Serpeverde.
“Andiamo.” Sirius si alzò in piedi, alzando il suo naso peloso con un’aria di dignità aristocratica che era a dir poco esilarante. “Andiamo in infermeria. Possiamo tramare la nostra vendetta più tardi.”
Mentre se ne andavano tra le risate del resto della sala grande, Remus si vergognò, coprendosi il volto con le mani. Ogni centimetro di lui era coperto dalla stessa lucida peluria nera. Al contrario di James e Sirius, non lo trovava per niente divertente.
“Ve l’avevo detto che si sarebbero vendicati.” Mormorò Sirius.
Chapter 11: Primo Anno: Compleanni, Libri e Beatles
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Fortunatamente, Madama Chips era riuscita a invertire l’incantesimo con qualche sventolio di bacchetta. I quattro si erano comunque sorbiti una ramanzina riguardo l’uso improprio di magie pericolose.
“Come se ci piacesse assomigliare allo Yeti!” Si lamentò James quando uscirono dall’infermeria, la pelle che bruciava ancora a causa della crescita dei peli.
“Dev’essere stato per forza Severus. Ha immerso i dolci in una delle sue pozioni, ne sono sicuro.” Sirius ribolliva dalla rabbia.
“Sì, lo sappiamo, amico.” Rispose James. “Non preoccuparti, ci vendicheremo.”
“Mi dispiace!” Frignò Peter per la centesima volta. “Pensavo davvero che fossero da parte di mia mamma!”
“Non preoccuparti, Peter.” James gli diede una pacca sulla spalla. “Avrei preferito che ce li avessi dati lunedì mattina - così avremmo potuto saltare Trasfigurazione.”
“Esigo una punizione!” Urlò Sirius, alzando la sua bacchetta drammaticamente. Remus e James risero.
“E l’avrai!” Rispose James, sistemandosi gli occhiali. “La pazienza è la virtù dei forti, Black. La vendetta richiede tempo. Immagino che tu non abbia altre idee brillanti, eh, Remus?”
“No, mi dispiace.” Remus scosse la testa. Il suo cuore stava ancora battendo all’impazzata a causa dello spavento. Se avesse visto Piton in quel momento, non gli avrebbe fatto uno scherzo -l’avrebbe strangolato.
“Ti aiuto io, James.” Disse Peter. “Farò di tutto, non avrò paura questa volta, io…”
Stavano girando l’angolo che portava alla torre di Grifondoro quando qualcuno alle loro spalle tuonò,
“Sirius.”
I quattro ragazzi si girarono. Sirius fece un versetto sbalordito. Era Bellatrix Black.
“Cosa vuoi?” Chiese, abbassando lo sguardo e sfregando le sue scarpe contro il pavimento di pietra. Era la postura meno da Sirius a cui Remus avesse mai assistito. Notò James fare un passo in avanti, mettendosi spalla a spalla con il suo amico.
“Vieni qui e rivolgiti a me come si deve.” Sbottò la ragazza del settimo anno in risposta.
Sirius non si mosse. Bellatrix sfoderò la sua bacchetta - Remus era scioccato e, per la prima volta da quando era arrivato ad Hogwarts, ebbe paura.
“Vieni qui.” Disse a bassa voce. “O ti costringo. E non lo farò con un infantile incantesimo che fa crescere i peli. Lo prometto.”
Sirius avanzò, scuotendo la testa in direzione di James, che aveva provato a seguirlo. Guardarono i due cugini parlare a bassa voce alla fine del corridoio per lunghi minuti segnati da una forte tensione. Sirius sollevò a malapena lo sguardo dal suolo durante l’intera conversazione. Alla fine, Bellatrix gli diede un colpetto sul capo, girò i tacchi e se ne andò. Sollevati, i ragazzi smisero di trattenere il respiro. Sirius tornò da loro, tremando.
Rimanendo in silenzio, attraversarono il buco del ritratto e si sedettero sul loro solito divano.
“Stai bene, Sirius?” James fu il primo ad aprire bocca.
“Sì.” Annuì lui, più pallido del solito. “Lei um…voleva invitarmi a bere del tè. Il giorno del mio compleanno. Penso che mia madre l’abbia costretta, probabilmente hanno fatto una riunione di famiglia. Per cercare di ricordarmi il mio posto.”
“Solo perché sei in una casa diversa?”
“E a causa degli amici che mi sono scelto.” Sorrise ai ragazzi.
“Allora, quand’è il tuo compleanno?”
“Tra due settimane. Il tre. Devo andare per forza a bere il tè con loro. Bella non stava scherzando quando ha detto di conoscere delle maledizioni veramente meschine.”
“Faremo qualcosa dopo, allora. Qualcosa di divertente, va bene?”
Peter e Remus annuirono con entusiasmo, ma una vocina nella testa di Remus gli ricordò che il tre ci sarebbe stata la luna piena.
* * *
Quando Sirius compì dodici anni, Remus non era lì per festeggiare con lui, ma non pensava che fosse importato molto a qualcuno. Dopotutto, James era il miglior amico di Sirius e a Peter piaceva ancora pensare che James gli appartenesse ancora, sebbene solo in parte. Quindi Remus sarebbe stato l’ultima ruota del carro anche se non fosse stato rinchiuso nella stamberga mentre cercava di dilaniarsi. Madama Chips aveva provato a dargli del distillato soporifero prima che sorgesse la luna, ma a quanto pare non aveva sortito alcun effetto. E quel che era peggio era che era riuscito a infliggersi la cicatrice più grande che si fosse mai procurato fino a quel momento - gli attraversava tutta la schiena.
Madama Chips l’aveva costretto a rimanere in infermeria tutto il giorno seguente, il che fu una manna dal cielo -avrebbe potuto dire ai suoi amici che si era sentito male improvvisamente. Erano confusi sul perché Remus non li avesse avvertiti che non si sentiva bene, ma non gli avevano fatto ulteriori domande. Probabilmente lo trovavano già alquanto strano e avevano imparato ad accettare la maggior parte delle sue spiegazioni.
In ogni caso, non si sarebbe divertito al compleanno. James aveva parlato con Madama Bumb e aveva organizzato una sessione di volo durante l’ora di pranzo. Dopo cena, prima che Sirius dovesse andare a cambiarsi per il tè con le sue cugine, James e Peter avevano fatto in modo che tutto il tavolo dei Grifondoro intonasse ‘Buon Compleanno’, seguito da ‘Perché è un bravo ragazzo’. A detta degli studenti con cui Remus aveva parlato in seguito, avevano cantato ‘nessuno lo può negar!’ più e più volte, urlando sempre di più, finché la professoressa McGranitt non li aveva minacciati di metterli tutti in punizione se non si fossero fermati all’istante.
Con l’inoltrarsi di novembre, i giorni avevano iniziato ad accorciarsi, il castello a diventare sempre più buio. Passavano sempre meno tempo all’aperto, preferendo rimanere raggomitolati davanti al camino nella sala comune a giocare a carte e a discutere su come vendicarsi di Piton. Il primo quadrimestre stava finendo e gli insegnati gli stavano sommergendo in pile e pile di compiti.
Quando Sirius e Remus erano lontani da Peter e James (generalmente quando gli altri due erano in biblioteca), Sirius leggeva per lui. Nel giro di due settimane avevano finito Storia della Magia e per il resto del quadrimestre avevano alternato Guida pratica alla Trasfigurazione per principianti e Infusi e pozioni magiche. Aveva iniziato a leggere ad alta voce anche quando i malandrini studiavano insieme sostenendo che lo aiutasse a pensare. Ciò era stato accolto con sommo dispiacere da James che preferiva studiare in silenzio.
Sebbene non potessero coprire l'intero programma in così poco tempo, contro ogni previsione (compresa la sua) i voti di Remus stavano migliorando a un ritmo sorprendente. Sirius aveva chiaramente avuto l'idea giusta; la capacità di Remus di immagazzinare e ricordare le informazioni era notevole e il ragazzo si era ritrovato ad alzare la mano durante le lezioni per la prima volta in vita sua.
I voti di Sirius, d'altro canto, avevano cominciato a calare. Passava così tanto tempo a cercare di aiutare Remus in segreto che apparentemente non faceva più nessuna delle letture extra di cui si era vantato per tutto l'anno. Così, i suoi compiti erano diventati mediocri e per la prima volta James aveva iniziato ad andare meglio di lui. Naturalmente James non si era accorto di nulla, anzi supponeva semplicemente che lui stesse migliorando.
"Ma tu passi così tanto tempo in biblioteca!" Gli aveva sussurrato Remus un giorno, dopo che Sirius aveva ottenuto un 'Accettabile' nel suo tema di Incantesimi. "Pensavo che stessi studiando." Remus non aveva ancora trovato il coraggio di visitare la biblioteca. Il pensiero di tutti quei libri lo faceva inorridire.
"Sto studiando," aveva risposto Sirius, allegramente, "è solo che non sto studiando questa roba.” Aveva ripiegato il tema, "Mi sto documentando sugli Incantesimi di interpretazione cognitiva - sai, così puoi leggere da solo. È molto difficile, di livello GUFO, ma credo di avercela quasi fatta. Non preoccuparti, Lupin, non verrò mica bocciato. In ogni caso, è molto più interessante come argomento."
Remus si sentiva terribilmente in colpa, naturalmente, oltre a provare un po’ di vergogna al pensiero che Sirius stesse dedicando così tanto tempo ad aiutarlo. Onestamente non riusciva a ricordare una volta nella sua vita in cui qualcuno si fosse scomodato così tanto per lui. Avrebbe voluto fare qualcosa - qualsiasi cosa per ripagarlo. Ma, a parte avere una famiglia difficile, Sirius Black sembrava non volere proprio nulla.
In effetti, c'era una cosa che Remus poteva dare a Sirius e che nemmeno James poteva dargli - ma non sembrava degna di essere menzionata. Qualcosa che Sirius chiamava ‘punto di vista babbano'. Era iniziato tutto quando Remus aveva finalmente trovato il coraggio di chiedere a Sirius di ascoltare la sua collezione di vinili. Sirius era stato fin troppo felice di condividere i suoi dischi; a parte il suo manico di scopa, che era rimasto a casa sua, i suoi album erano i suoi beni più cari.
Remus poteva facilmente capire perché: aveva Introducing The Beatles, A Hard Day's Night e Help!, oltre che a Abbey Road; Beggars Banquet e Sticky Fingers ("Mick Jagger deve essere il babbano più figo che abbia mai visto" aveva detto Sirius), due album dei Led Zeppelin - Remus non li aveva mai ascoltati prima, ma i ragazzi più grandi del St. Edmund's ne erano tutti ossessionati - e un LP di Simon and Garfunkle, nascosto in fondo alla scatola.
Ai maghi, scoprì Remus, in genere non interessava molto della musica dei babbani. Tutti i dischi di Sirius gli erano stati regalati da sua cugina, Andromeda, che apparentemente era la prima 'pecora nera' della famiglia Black; aveva lasciato la scuola qualche anno prima e aveva sposato un babbano.
"Non la vedo quasi mai.” Aveva spiegato Sirius. "Non la vedo dal matrimonio, ma ogni tanto mi manda questi per posta. Li manda per posta babbana, così la mamma non lo scopre - non capisce come funziona l'ufficio postale.”
Così, anche se aveva una collezione di vinili impressionante per gli standard di qualsiasi undicenne, le passioni musicali di Sirius erano alquanto ridotte. Non era a conoscenza di altre canzoni dei Beatles oltre a quelle che aveva già, impresse sui suoi dischi. Non aveva mai ascoltato la radio, o guardato Top of the Pops, o persino aperto una copia di NME, una rivista musicale, prima d’ora. Pertanto, era enormemente affascinato dalla cultura musicale babbana di Remus.
"Ma tu li hai visti davvero!" Aveva detto, impressionato, "Li hai visti esibirsi."
"Non nella vita reale, o altro." Aveva risposto Remus, a disagio.
"No, lo so, al telefono." Aveva annuito Sirius con saggezza. Remus aveva soffocato una risata,
"Alla televisione.” L’aveva corretto, "È tipo i vostri quadri che si muovono. Ma in bianco e nero. E solo i Beatles - una volta c’erano gli Stones e la direttrice ci ha fatto spegnere tutto, per via dei loro capelli".
"I loro capelli?"
"Li avevano troppo lunghi.” Remus aveva scrollato le spalle, "Diceva che sembravano sporchi.”
"I miei capelli sono molto più lunghi." Aveva detto Sirius, accigliandosi.
"Sì, è vero. Ma i ragazzi babbani non hanno i capelli lunghi normalmente".
"Non dirglielo!" L’aveva preso in giro Peter. "Si raderà la testa.”
Aveva lanciato una sferetta da una parte all'altra del tabellone sul pavimento - stavano pigramente giocando la stessa partita di Gobbiglie da giorni cercando di insegnare a Remus le regole. Essa era rotolata contro una delle biglie di Sirius facendola cadere fuori dal tabellone e facendo immediatamente schizzare fuori un liquido dall'odore disgustoso che Sirius aveva schivato appena in tempo. Peter aveva sorriso. "Ah, beccati questa, amante dei babbani!
Sirius aveva imprecato, a voce alta, ed era andato a cambiarsi i vestiti.
Chapter 12: Primo Anno: Natale 1971
Chapter Text
“Lupin, per caso sai dirmi - quali sono le proprietà di trasfigurazione del lapis philosophorum?” Gli chiese la McGranitt, verso la fine della lezione, un giorno. Gli rivolse uno sguardo alquanto penetrante - l’ultima volta che gli aveva chiesto una domanda in classe, aveva alzato le spalle e si era voltato.
“Um…” Remus si scervellò. “Beh, credo che sia quella pietra che trasforma la roba in oro? Se la usi bene…e Cleopatra l’Alchimista la usava per trasformare il piombo in argento, penso.”
“Corretto.” La McGranitt cercò di celare la sua sorpresa. “Cinque punti a Grifondoro. E altri cinque per il collegamento con Cleopatra l’Alchimista - non è menzionata in Guida pratica alla Trasfigurazione per principianti, l’hai letto nel tuo libro di storia?”
Remus annuì, consapevole del fatto che tutti lo stessero guardando.
“Beh, fantastico. Alcuni dei miei studenti del terzo anno non riescono a fare simili collegamenti interdisciplinari, sono felice che ti interessi la materia.” Si rivolse al resto della classe. “Inizieremo a trattare l’alchimia dopo Natale. Il che mi ricorda - con le feste che si avvicinano, chiedo a tutti i ragazzi che pensano di restare ad Hogwarts durante le vacanze di riferirmelo prima della fine di settimana prossima. Grazie, potete andare.”
La classe si alzò per andarsene. Un paio di persone diedero a Remus una pacca sulla schiena quando gli passarono di fianco.
“Signor Lupin, mi concedi un momento?” Disse la McGranitt quando il ragazzo passò davanti alla cattedra. Il suo stomaco sprofondò. Erano due settimane che non finiva in punizione con lei, doveva immaginarselo. Rimase immobile, infilò le mani in tasca e fissò i suoi piedi mentre il resto della classe se ne andava.
Finalmente, l’aula si svuotò e la professoressa andò a chiudere la porta (dritto in faccia a James) e si rigirò a guardarlo.
“Ben fatto oggi, Remus.” Disse la McGranitt gentilmente. “Stai migliorando molto ultimamente.”
Il ragazzo alzò lo sguardo, colto alla sprovvista. La strega rise.
“Non sembrare così sorpreso! Sono molto colpita. Lo hanno detto anche il professor Lumacorno e il professor Vitious. Volevo discutere un attimo di Natale. Ho parlato con la signora Orwell-“
“Chi?!”
“La signora a capo del St Edmund.”
“Oh, giusto, la direttrice.”
“Esattamente. Come sai, la luna piena ci sarà due volte a dicembre - il due” (la settimana seguente) “e il trentuno. A capodanno. Per questo motivo, la signora Orwell ritiene che sia meglio per te rimanere ad Hogwarts a Natale. Spero che tu non sia troppo deluso.”
Remus scrollò le spalle.
“Non mi cambia molto.”
La professoressa McGranitt annuì, seria.
“Allora aggiungerò il tuo nome alla lista. A settimana prossima, Remus.”
* * *
James aveva invitato Sirius e Remus ad andare a casa sua durante le vacanze, sapendo che in caso contrario entrambi non avrebbero passato un Natale particolarmente bello. Remus fu costretto a declinare l’invito - anche se non fosse stato incredibilmente imbarazzato al pensiero di visitare la casa di James e incontrare i suoi genitori, era ancora sotto la tutela legale del St Edmund e gli sarebbe servito un permesso firmato dalla direttrice per andarsene da Hogwarts.
Anche Sirius, che avrebbe amato la possibilità di passare due settimane a perdere tempo con James, facendo gare sulle loro scope e mangiando cioccolata, fu costretto a rifiutare. La sua famiglia gli aveva fatto capire chiaro e tondo che non avrebbero approvato una sua visita alla famiglia Potter in nessuna circostanza.
“Quella stronza di Bellatrix passa informazioni ai miei genitori.” Aveva spiegato cupamente. “A quanto pare, ho già disonorato abbastanza la mia famiglia. Se vengo da te, peggiorerà solo le cose. Scusami, amico.”
L’ultimo giorno, Remus accompagnò i malandrini fino ai confini della scuola per poterli salutare.
“Ti scriveremo!” Promise James. “Cerca di pensare a un altro piano per attaccare Piton!”
Remus sorrise e promise che ci avrebbe provato. Sperava che le lettere che avrebbe mandato James non sarebbero state troppo lunghe. Era l’unico Grifondoro del primo anno a rimanere a scuola durante le feste. Rimasto solo, camminò lentamente per tornare al castello.
Il giorno dopo, rimase a letto fino a tardi - una cosa che non gli era permesso fare al St Edmund. Dormì fino alle dieci finchè Frank Paciock non fece capolino nella stanza.
“Forza Lupin, ti perderai la colazione di questo passo!”
A Remus piaceva Frank - aveva un faccione amichevole ed era un ragazzo alla mano. Era affidabile e attendibile, come un fratello maggiore. Capiva che Remus era solito isolarsi e cercava di includerlo quando poteva senza forzare troppo la mano.
Dopo colazione, Frank andò verso la guferia e Remus andò a sedersi, tristemente, nella sala comune. Gli si prospettavano due vuote settimane passate in solitudine. Prese in considerazione l’idea di fare una passeggiata, ma aveva iniziato a diluviare. Ascoltò alcuni dei vinili di Sirius e sfogliò una pila di riviste che degli studenti del quarto anno avevano lasciato a scuola, guardando solo le foto. Erano perlopiù foto di carine streghe alla moda e di affascinanti maghi - doveva essere una rivista di moda.
I giorni seguenti furono abbastanza simili. Frank veniva a svegliarlo di mattina, mangiava ogni pasto in compagnia dei Grifondoro rimasti nella Sala Grande, ma il resto del tempo era solo.
Si annoiava così tanto che aveva anche pensato di svolgere alcuni dei compiti che gli avevano assegnato. Stava cercando di migliorare la sua grafia, ma era quasi impossibile farlo con quelle ridicole penne che dovevano usare. Nessuno era stato in grado di spiegargli perché non potessero semplicemente usare delle biro. Anche una matita sarebbe stata meglio. Aveva provato a leggere per un po’, ma si era arreso dopo aver tentato di decifrare un solo paragrafo del suo libro di Erbologia. Aveva deciso di copiare qualche grafico - gli piaceva disegnare; era liberatorio.
Ogni giorno andava in giro per il castello per qualche ora, con la sua mappa. Una volta imparato dove si trovassero tutte le classi, dopo una settimana o due di lezione, gli altri ragazzi avevano buttato via le loro mappe. Ma Remus si era tenuto stretto la sua, ancora infastidito dalla sua incompletezza. Aveva iniziato a scriverci sopra, aggiungendo qualche luogo di interesse, nascondiglio e passaggio segreto che aveva nascosto.
Passò il resto del tempo ad evitare gli insegnanti che erano preoccupati dal fatto che fosse sempre da solo. Non era l’unico studente rimasto a scuola, ma la maggior parte era del sesto o del settimo anno e generalmente andavano in biblioteca a ripassare per gli esami o a fare i compiti. Lumacorno teneva delle speciali lezioni aggiuntive di Pozioni nei sotterranei, ma Remus non era stato invitato e, in ogni caso, non ci sarebbe andato.
Si era esercitato su alcuni incantesimi e si era divertito per un paio di ora cercando di capire quanti oggetti nel dormitorio potesse far levitare allo stesso tempo. L’aveva reso un gioco, lanciare vari oggetti - libri, biglie, carte da gioco - in aria e cercare di fermarli prima che cadessero per terra. A un certo punto si era dovuto interrompere perchè Frank aveva bussato alla porta per chiedergli, irritato, di non fare così tanto rumore.
* * *
Sabato 24 dicembre 1971
La vigilia di Natale, Remus si svegliò prima del solito - era ancora abbastanza buio. L’abbondante pioggia batteva ripetutamente contro gli spessi pannelli di vetro delle finestre, il rumore era abbastanza forte da rimbombare nel dormitorio vuoto. Ma non era stato quello a disturbarlo. La porta si era aperta cigolando e qualcuno era entrato.
Mettendosi a sedere e scrutando nel buio, Remus si aspettava di vedere Paciock che gli diceva di alzarsi per andare a fare colazione. Ma non era Frank. Era un fradicio ragazzo arruffato, con lunghi capelli e un viso altezzoso.
“Sirius!” Remus saltò giù dal letto, felicissimo di vedere il suo amico.
Sirius si scostò i capelli bagnati da davanti agli occhi - chiaramente era stato sotto la pioggia. Si sfilò il suo pesante mantello da viaggio, gettandolo sul pavimento.
“Tutto bene, Lupin?” Fece un sorrisetto. “Fa freddissimo, non credi?” Puntò la bacchetta verso il camino. “Incendio.”
“Cosa ci fai qui?!”
“Ero stufo.” Si limitò a dire, sfilandosi gli stivali che erano coperti da uno spesso strato di fango. “Stavo litigando con mio padre e come al solito si è intromessa tutta la famiglia. Niente di che. Mi ha chiamato un traditore del mio sangue, la vergogna della famiglia, eccetera, eccetera…” Si buttò sul suo letto. “Quindi me ne sono andato.”
“Wow.” Remus si sfregò gli occhi, sbalordito. “Come sei arrivato qui?”
“Polvere Volante.” Sirius scrollò le spalle. “Sono arrivato al pub nel villaggio. Poi ho camminato.”
“Wow.” Ripeté Remus.
“Sto morendo di fame, ieri mi hanno mandato a letto senza cena. Forza, vestiti! Colazione!”
La McGranitt non fu altrettanto contenta di vedere Sirius. I due ragazzi stavano cercando di sedersi al tavolo come se non fosse successo nulla, ma lei apparve immediatamente al loro fianco.
“Signor Black.” Disse, una punta di avvertimento nella sua voce che Remus riconosceva dalle sue punizioni. “Mi vuoi spiegare cosa sta succedendo?”
“Mi è mancata anche lei, professoressa.” Le sorrise Sirius.
L’angolo della bocca della strega anziana tremò, ma riuscì a mantenere la sua compostezza.
“Ti hanno visto raggiungere la scuola da Hogsmeade stamane alle sei. Hai qualcosa da aggiungere?”
Sirius scosse la testa.
“No, professoressa. Non c’è molto altro da dire.”
La McGranitt sospirò, scuotendo la testa leggermente. Aveva lo stesso sguardo pieno di pietà che solitamente riservava a Remus.
“Molto bene, Signor Black. Ovviamente dovrò contattare i tuoi genitori, per informarli che sei qui.”
“Non c’è bisogno.” Rispose Sirius, indicando lo stormo di gufi che era appena piombato nella stanza. Il più grande degli uccelli, un enorme e maestoso gufo reale, fece cadere una spessa busta rossa nel piatto di Sirius. Il ragazzo la fissò, poi guardò la McGranitt con un sorriso ironico. “Penso che sappiano esattamente dove sono.”
Raccolse la nefasta busta e, senza interrompere il contatto visivo con la McGranitt, la aprì. Quasi immediatamente, la lettera iniziò a urlare. La voce era così forte da riempire tutta la sala, facendo girare molte teste. La McGranitt sussultò a causa del suo tono che sfondava i timpani. Era la voce della madre di Sirius.
“SIRIUS ORION BLACK,” strillò “COME OSI CONTRAPPORTI A TUO PADRE IN TALE MODO!” Remus si coprì le orecchie. Sirius rimase perfettamente immobile a fissare la McGranitt. “FREQUENTARE MEZZOSANGUE E TRADITORI DI SANGUE! VOLTARE LE SPALLE ALLA TUA FAMIGLIA! SE TUO NONNO FOSSE ANCORA VIVO TI AVREBBE DISCONOSCIUTO SUBITO DOPO LO SMISTAMENTO! RIMARRAI A SCUOLA FINO ALLA FINE DELL’ANNO E PENSERAI ALLA VERGOGNA E AL DISONORE CHE HAI PORTATO AL TUO TITOLO NOBILIARE! NON CREDERE CHE NON SAREMMO CAPACI DI DISEREDARTI! NON SEI IL NOSTRO UNICO FIGLIO!”
Detto ciò, la lettera prese fuoco, accartocciandosi e avvizzendo in una pila di cenere bianca. Il silenzio che seguì fu assordante. Lo stavano fissando tutti.
Come se non fosse successo nulla, Sirius si allungò per prendere un toast, lo mise sul suo piatto e iniziò a metterci sopra delle uova strapazzate. Alzò di nuovo lo sguardo verso la McGranitt.
“Può inviare una lettera a mia madre se vuole, professoressa, ma dubito fortemente che la leggerà.”
“Molto bene, Sirius.” La McGranitt annuì. “Solo…prova a non cacciarti nei guai, va bene?” Detto ciò, si incamminò rigidamente verso il tavolo dei professori in fondo alla sala.
Sirius mangiò la sua colazione in silenzio. Negli anni a seguire, Remus si ricordò sempre di aver pensato in quel momento che Sirius Black dovesse essere il ragazzo più coraggioso nel mondo.
* * *
Il Natale al St Edmund era solitamente estremamente chiassoso. Alcuni ragazzi ricevevano dei regali per posta - quelli con lontani parenti a cui importava abbastanza da inviare un nuovo maglione, ma non abbastanza da fare visita - mentre gli altri si dovevano accontentare della solita selezione di donazioni da parte delle persone del posto che la direttrice incartava per loro. Il momento in cui ricevevano i regali era subito seguito dal momento in cui li scambiavano, spesso passavano la mattina a barattare i miseri oggetti che avevano ricevuto. Poi dovevano mettersi in ghingheri e, in una lunga fila, venivano condotti in chiesa, dove, annoiati e scomposti, dovevano sorbirsi la messa di Natale.
La mattina di Natale ad Hogwarts fu molto più piacevole. Remus fu quasi toccato dal fatto che la direttrice non si fosse dimenticata di lui - la posta era arrivata durante la notte e alla fine del suo letto trovò un biglietto da parte sua insieme a un pacchetto deforme che conteneva un sacchetto di noccioline, un’arancia e una latta di biscotti. Con suo grande stupore, anche James gli aveva mandato un regalo - ora aveva il suo set personale di gobbiglie. Peter gli aveva comprato delle cioccorane.
“Buon Natale.” Sirius sbadigliò, aprendo i suoi regali. Remus non vide alcun regalo dai suoi genitori, ma decise di non dire nulla. James gli aveva inviato un annuale della sua squadra di Quidditch preferita, i South End Scorchers, e anche lui aveva ricevuto una scatola di cioccorane da Peter.
“Buon Natale.” Rispose Remus. “Non ho comprato regali per nessuno.” Ammise colpevolmente. “Non sapevo che me li avrebbero fatti.”
“Non ti preoccupare.” Rispose Sirius, andando in bagno. “Nessuno se lo aspettava.
La cosa turbava Remus, ma cercò di non pensarci. Mentre Sirius era in bagno, un altro gufo entrò volando dalla finestra facendo cadere un grosso e piatto pacchetto rettangolare sul suo letto. Quando Sirius tornò nella stanza e lo vide, i suoi occhi si illuminarono e lo scartò con entusiasmo.
“È da parte di Andromeda!” Spiegò tirando fuori il vinile e mostrandolo a Remus che si avvicinò con altrettanto entusiasmo.
Era un altro disco babbano. Sulla copertina nera si stagliava la silhouette di un uomo davanti a un grande amplificatore intento a suonare la chitarra. Aveva lunghi e selvaggi capelli ricci, stava in piedi a gambe divaricate, delineato d’oro. Electric Warrior, leggeva il titolo, T-Rex.
“Ohh, T-Rex, penso di averne sentito parlare.” Disse Remus mentre Sirius leggeva la lista delle canzoni sul retro.
“Forza, mettilo!” Lo incoraggiò Remus impazientemente. Che importa quello che c'è scritto sulla copertina?
Sirius lo fece, sfilando il liscio vinile nero e sistemandolo sul giradischi. Il disco iniziò a girare e la stanza si riempì di musica - un dolce ritmo scorrevole.
‘Beneath the bebop moon/I wanna croon/With you-ooo…’
Rimasero seduti ad ascoltare la musica estasiati, si fermarono solo per mettere il lato B. Una volta finito, Sirius lo girò senza parole e lo rimise dall'inizio. Alternarono lo stare seduti sul letto, ondeggiando leggermente a ritmo, e il tenere il tempo con la testa quando esso accelerava. Si scambiavano sorrisi durante i riff più orecchiabili e si sdraiavano a fissare il soffitto per i brani più lenti e da sogno.
Alla fine, a metà del secondo ascolto, arrivò Frank,
"Buon Natale ragazzi - forza, la colazione!"
Si vestirono in fretta e scesero nella sala da pranzo. La Sala Grande era stata decorata in modo troppo sgargiante dagli insegnanti - scintillanti festoni rossi, verdi e oro scintillavano da ogni trave, pendendo come festose liane della giungla. Dodici enormi alberi scintillavano con luci di ogni colore immaginabile e palline grandi come palloni da calcio pendevano da ogni ramo.
Dopo la colazione, i ragazzi corsero al piano di sopra per ascoltare di nuovo l'album.
"È la cosa più bella che abbia mai sentito.” Dichiarò Remus. Sirius annuì, solennemente.
La canzone preferita di Sirius era Jeepster -amava gli accordi vibranti e il suo tono aggressivo. A Remus piaceva di più Monolith; era calma e rilassata, le parole erano insensate e significative allo stesso tempo. Lo faceva sentire come se stesse fluttuando.
Per il resto della giornata ascoltarono musica nella sala comune, mangiarono rane di cioccolato, noccioline e biscotti e giocarono a chiassose partite di Spara Schiocco. I pasti a Hogwarts erano sempre spettacolari e la cena di Natale non fu da meno. Quando calò la notte, Remus aveva mangiato così tanto che pensava che non avrebbe mai più avuto fame.
Anche se non lo disse a Sirius (che, dopo tutto, era stato costretto a scappare di casa per la prima - se non ultima - volta), quello fu il miglior Natale di sempre per Remus.
Chapter 13: Primo Anno: Lectiuncula Magna
Notes:
Sirius ha un’idea e Remus riceve un regalo.
Chapter Text
Martedì 27 dicembre 1971
Una volta che fu passato anche Santo Stefano, Remus e Sirius si ritrovarono in quegli strani giorni di vuoto tra Natale e Capodanno, ad aspettare il ritorno dei loro amici. Sirius non vedeva l’ora di mettere a punto la loro vendetta contro Piton - infatti, non gli interessava più attaccare tutti i Serpeverde, voleva concentrare le sue energie solamente sulla loro nemesi.
Remus era d’accordo con lui. Era stato troppo furioso con Piton che nelle ultime settimane non era riuscito a pensarci lucidamente. Non poteva fare a meno di pensare che in qualche modo Severus avesse compreso esattamente la fattura giusta per turbarlo. Non sapeva come il Serpeverde ci fosse riuscito - molto probabilmente si trattava solo di una supposizione ragionata - ma non gli importava.
“Potremmo semplicemente rubare il mantello di James, seguirlo finchè non rimane da solo e poi spaccargli la faccia.” Ringhiò Remus quando si sedettero nella sala comune, ormai vuota, una sera. Mentre parlava, afferrò il bracciolo del divano, sentendo la pelle scricchiolare sotto la sua presa salda. Si stavano avvicinando alla luna piena ed era più suscettibile del solito.
“Insomma, Lupin.” Sirius lo rimproverò scherzosamente, portandosi appresso una pila di libri che aveva preso in biblioteca. “Stai pensando come un babbano. Se vogliamo vendicarci, dobbiamo farlo con la magia.”
“Basta libri.” Si lamentò Remus quando Sirius si sedette di fianco a lui, un enorme tomo nelle sue mani. Lo aprì, era così grande che la copertina si appoggiava sulle gambe magre di entrambi.
“Sì, altri libri.” Rispose Sirius senza alcuna preoccupazione. ”Li amerai una volta che li conoscerai, lo giuro.”
Remus non ne era così sicuro. Era vero, le loro sessioni di studio segrete erano iniziate a piacergli ed era sorpreso dalla quantità di cose che aveva imparato. Ma ascoltare Sirius era una cosa - sedersi da solo a fissare un blocco di testo un’altra. Nonostante ciò, Sirius gli continuava a promettere che si stava avvicinando sempre di più a trovare una soluzione.
“Questo di cosa parla?” Chiese Remus, rassegnato al suo destino. Quando Sirius si metteva in testa qualcosa, era praticamente impossibile fargli cambiare idea. Potevi solo tenere duro fino alla fine.
“Fatture e maledizioni. Però molte sono alquanto complesse. Voglio dire, siamo bravi - almeno, io, te e James lo siamo - ma secondo me dovremmo comunque attenerci agli incantesimi di base. La semplicità è cruciale.”
“Okay.” Rispose Remus, annoiato. Preferiva ancora l’idea di un pestaggio a sorpresa.
“Quindi pensavo che potessimo raccogliere idee su tutto quello che possiamo fare e vedere se arriviamo a qualche fattura utile.” Continuò Sirius, imperterrito dalla riluttanza di Remus. “Allora, io sono molto bravo in Trasfigurazione - prendo i voti più alti di tutti nonostante tu abbia iniziato a recuperare.”
“Giusto.” Concordò Remus.
“E tu e James siete leggermente più bravi di me in Difesa Contro le Arti Oscure - il che sarebbe utile nella vendetta contro quel untuoso serpente che è Mocciosus, se non fosse che non abbiamo ancora imparato un granchè, tranne l’incantesimo per disarmare, ma quello non ci servirà a nulla.”
Cominciò a mordere la punta della sua penna, pensieroso. Non era una penna nuova, quindi lasciò una macchia scura sul labbro inferiore di Sirius. Remus non disse nulla. Sirius continuò “James è bravo a volare, ovviamente, ma non so come possa venirci utile. Poi c’è Pete…che è bravo a passare inosservato e a fare il lavoro sporco, suppongo…”
Remus lo trovò alquanto ingiusto. Peter non era mai il migliore della classe, come James e Sirius, ma generalmente era perfettamente capace e di solito era soddisfatto dei voti che prendeva. Gli mancava la competitività che invece James e Sirius avevano, il loro desiderio di mettersi alla prova. Remus si riconosceva in ciò - a volte bastava essere amici di persone intelligenti e più sicure. Godevi dei riflettori che venivano puntati contro loro, ma non subivi alcuna pressione.
“Pete è bravo in Erbologia” gli fece notare Remus, “e Pozioni.”
“Entrambe inutili.” Sirius alzò le spalle. “Sei stato tu a pensare ai cinorrodi e non batteremo mai Piton a Pozioni - odio ammetterlo, ma quel bastardo è sin troppo bravo. Comunque, poi ci sei tu; probabilmente sei il migliore a Incantesimi.”
“Non direi il migliore.” Si affrettò a dire Remus. “Sono bravo con la levitazione, immagino, tutto qui.”
“Oh, piantala, non è questo il momento di essere modesti, Lupin.” Sirius agitò la mano, impazientemente. “Padroneggi gli incantesimi più in fretta di chiunque altro. Se troviamo una fattura sufficientemente crudele qui dentro, conto sul fatto che tu riesca a capire come gettarla.”
Remus si sentì a disagio. Odiava quando Sirius diceva quelle cose - come se Remus potesse essere tanto intelligente o talentuoso quanto lo erano lui e James. Sapeva che non era vero e lo imbarazzava. Represse il desiderio improvviso di spingere via quell’enorme libro pesante dalle loro gambe e andarsene.
Era solo per via della luna piena, si disse. Era irrequieto e faceva troppo caldo vicino al fuoco, vicino a Sirius. Riusciva ancora a sentire l’odore del suo sangue mischiato a quello inconfondibile della magia. Sperava vagamente che ci sarebbe stata della carne rossa a cena - voleva sentire il sapore del ferro.
“Deve essere qualcosa di grande.” Mormorò Sirius sfogliando il libro da inizio a fine - Remus strillò quando il suo intero peso gli ricadde con un tonfo sulle cosce. Sirius lo ignorò, scorrendo con il suo dito l’indice. “Qualcosa peggiore dei peli.”
Remus rabbrividì al pensiero dello scherzo di Piton. Sentì di nuovo la rabbia crescere. O era la fame? Scosse la testa, spingendo via il libro e alzandosi, facendo finta di doversi sgranchire. Le sue articolazioni erano già doloranti, il suo corpo si stava preparando all’imminente trasformazione.
“Non so perché pensi che io possa esserti d’aiuto.” Sospirò Remus, sbadigliando.
“Punto di vista babbano.” Sirius fece un sorrisetto. “Come la polvere urticante. Puoi pensare a cose che Piton non sospetterebbe mai.”
Remus si grattò la testa, scervellandosi.
“Non riesco a pensare a nulla di abbastanza cattivo.” Disse. “Una volta abbiamo appoggiato un secchio d’acqua sopra alla porta - che devi lasciare leggermente aperta, poi la direttrice sarebbe dovuta entrare e inzupparsi tutta. Solo che non è entrata la direttrice, ma il cuoco e ci ha preparato cibo di merda per un mese.” Il suo stomaco brontolò al pensiero del cibo. “Però, a dirla tutto, è uno scherzo abbastanza noioso. Tu hai fame? È già ora di andare a cena?”
“Direi di sì.” Sirius chiuse il libro. “Non dovrebbe essere molto difficile recuperare un secchio, ma c’è un margine di errore troppo alto. E non penso che gli incuterebbe la paura che vogliamo. Siamo i Malandrini, dovremmo mantenere certi standard.”
Remus ridacchiò mentre attraversavano il buco del ritratto.
“Sì, te l’ho detto che non era un granchè. È un peccato, a Mocciosus servirebbe una bella lavata.”
Sirius rise in risposta. Poi si bloccò e afferrò la spalla di Remus.
“Oh, sei un genio! Sei un dannato genio!”
“Cosa?!” Rispose Remus, sbigottito, ma anche un po’ irritato dall’essere scosso in tal modo.
“Una bella lavata! Ci siamo! Scommetto che sia facile…sarà in uno di quei libri…aspetta qui!” Sparì di nuovo nella sala comune. Remus sospirò, affamato, e si mise ad aspettarlo.
* * *
“Aspetta, spiegamelo di nuovo.” Sussurrò Remus mentre finivano di mangiare. Usò quello che rimaneva delle sue patate al forno per tirare su quello che rimaneva della salsa. Forse avrebbe fatto il bis - mangiava come un maiale prima della luna piena. “Sembra complicato.”
“Non lo è.” Sirius scosse la testa. “Penso che sia abbastanza facile. Gli incantesimi meteorologici sono difficili su larga scala, ma a noi serve solo una nuvola grande quanto questo piatto.” Picchiettò la porcellana di fronte a lui
“Sarebbe come il soffitto?” Chiese Remus alzando lo sguardo verso le travi incantate. Stava piovendo, aveva piovuto tutto Natale, ma l’acqua evaporava prima di raggiungerli.
“Più o meno.” Rispose Sirius. “Ma più piccolo. E senza l’incantesimo che impedisce all’acqua di bagnarci, qualunque esso sia.”
“Ma…non potrebbe semplicemente spostarsi?”
“Non se lo combiniamo con un incantesimo vincolante!”
“Ma… non abbiamo ancora imparato a mischiare più incantesimi. Beh, io no. Tu si?” Guardò Sirius che stava annuendo vigorosamente.
“Sì, mi sto esercitando per il tuo problema di lettura. Non è molto difficile, in realtà; devi solo concentrarti.”
“Dicono lo stesso sul leggere.” Remus sospirò.
“Faremo pratica.” Disse Sirius risolutamente. “Ci eserciteremo tantissimo. James e Pete saranno completamente colpiti al loro ritorno.”
Pertanto, Remus non ebbe il tempo di fare un bis e dovette accontentarsi dei rimanenti biscotti di Natale mentre Sirius cercava gli incantesimi meteorologici. Una volta che ebbe trovato l’incantesimo che cercava, fecero a turno a provare a lanciarlo; Sirius aveva dovuto leggere ad alta voce le istruzioni più e più volte perché le capissero.
Era la prima volta che Remus provava a gettare un incantesimo senza che qualcuno gli facesse vedere come fare. Nonostante fosse intimorente all’inizio, capì presto come il movimento della bacchetta dovesse fluire e girare, mentre a Sirius venne più facile capire la pronuncia. Ci volle molta concentrazione e si fece quasi mezzanotte prima che uno dei due riuscisse a produrre qualcosa. Alla fine Remus riuscì a creare una piccola nuvola grigia. Si riversò dalla sua bacchetta come fumo, poi fluttuò sopra di loro per un momento prima di scoppiare come una bolla, lasciando solo una debole traccia di condensa.
Sirius fece un ampio sorriso.
“Funzionerà!”
* * *
Sabato 31 dicembre 1971
Fu difficile togliersi Sirius di torno la sera della luna piena. Remus gli aveva persino detto che stava male, ma all’altro ragazzo era venuta l’idea di accompagnarlo in infermeria. Alla fine era riuscito a convincerlo a rimanere indietro per continuare a esercitarsi con l’incantesimo.
“Ma ormai abbiamo capito come fare.” Si lamentò Sirius. Era vero, erano riusciti entrambi a produrre soddisfacenti tempeste in miniatura - quasi allagando il bagno nel mentre. Stava tutto nel mantenere la concentrazione. Ora avrebbero dovuto perfezionare l’incantesimo vincolante.
“Allora trovati qualcosa da fare.” Sbottò Remus, già con un piede fuori dalla porta, la pelle che già gli prudeva e lo stomaco che brontolava. “A domani.”
“Come fa a sapere che ti terrà lì stan-“
Remus era scappato prima di essere costretto a rispondere ad altre domande. Era troppo noncurante, pensò tra sé e sé mentre bussava alla porta dell’ufficio della McGranitt. Prima o poi avrebbe dovuto pensare a una scusa decente per tutte queste assenze. A un certo punto i ragazzi avrebbero certamente collegato le notti in cui spariva alla luna piena - studiavano astronomia insieme.
La stamberga era fredda, le pareti umide per via della pioggia incessante. Remus avrebbe voluto avere la sua bacchetta; aveva imparato a lanciare un discreto incantesimo Incendio. Ma forse non era ottimale avere un fuoco scoppiettante acceso durante la sua trasformazione. Avrebbe rischiato di bruciare completamente la costruzione.
La trasformazione fu più improvvisa del solito. Da quando Madama Chips gli aveva detto che sarebbero peggiorate, soffriva molto di più. Si costrinse a non urlare, preoccupato che la McGranitt e Madama Chips avrebbero potuto sentirlo uscendo dal tunnel. Non aveva bisogno di altra pietà.
* * *
Domenica 1 gennaio 1972
Il giorno dopo, Remus riuscì a malapena ad alzarsi dopo essere tornato nella sua forma umana. Si strinse una coperta attorno e si sdraiò sul pavimento ad aspettare che Madama Chips arrivasse. Ogni centimetro del suo corpo gli faceva male, più del solito. La sua testa gli martellava come se un troll si fosse messo a saltarci sopra. Ogni dente gli doleva, era come se i tendini nelle sue spalle fossero stati tesi così tanto da spezzarsi. Si era rotto praticamente tutte le unghie. C’erano enormi squarci sulla carta da parati.
“Remus?” Disse la voce gentile di Madama Chips attraverso la porta. “Sto per entrare, caro.”
Chiuse gli occhi, non riusciva nemmeno a gemere.
“Oh.” Disse la strega quando entrò nella stanza e lo vide sul pavimento. “È stata particolarmente brutta, eh? Forse è a causa del solstizio, devo consultare i miei libri. Riesci ad alzarti, Remus?” Toccò la fronte del ragazzo col dorso della sua mano.
Aprì gli occhi e annuì debolmente, prendendo il suo braccio e tirandosi in piedi. Fu un errore. Non appena si fu alzato la sua testa iniziò a girare e il suo stomaco a contorcersi. Si piegò in avanti e vomitò sul pavimento.
“Non preoccuparti.” Disse Madama Chips, gentilmente, mettendo un braccio intorno alla sua spalla tremante. Indicò la pozza per terra con la sua bacchetta, facendola sparire istantaneamente. “Non è successo nulla. Andiamo in un posto caldo, va bene?”
Voleva evocare una barella per riportarlo al castello, ma lui non avrebbe sopportato la vergogna nonostante fossero solo le prime ore del mattino. Camminarono, molto lentamente, verso l’infermeria dove collassò, finalmente, su un morbido letto pulito. L’infermiera continuò a colmarlo di attenzioni, ma lui si stava già addormentando.
Quando si svegliò si sentiva lievemente meglio. Almeno non aveva più il mal di testa. Sbatté le palpebre, aveva gli occhi appannati, allungandosi verso il bicchiere d’acqua al suo fianco. Qualcuno lo prese e glielo passò. Lo bevve avidamente, poi lo appoggiò. Alzò lo sguardo, aspettandosi di vedere Madama Chips. Sussultò.
“Sirius!” Gracchiò, la sua gola ancora infiammata. Dio, aveva ululato? Che imbarazzo.
“Felice anno nuovo.” Disse Sirius allegramente. Era seduto su un piccolo sgabello di legno riservato ai visitatori, stringendo un libro contro il suo petto. “Ho pensato di venire qui quando non ti ho visto a colazione. Come stai?”
“Bene.” Disse Remus, mettendosi a sedere, velocemente, e sfregandosi le tempie. “Io um… a volte mi vengono le emicranie. Ora mi sento meglio.”
“Bene.” Sirius annuì. “Perchè ho finito il tuo regalo di Natale.”
“Il mio…cosa?” Remus fissò Sirius cautamente. I suoi occhi blu brillavano, pieni di malizia.
“Scusami se è già passato Natale.” Stava dicendo. “Dovevo perfezionarlo. Ecco.” Gli passò il libro. Era la copia di Storia della Magia di Remus.
“Cosa..?” Remus iniziò a sospettare che si trattasse solo di un sogno alquanto bizzarro. Perché Sirius gli stava il suo libro di storia?
“Aprilo!”
Remus lo fece. Praticamente non aveva mai aperto il libro, le pagine erano ancora rigide e immacolate, fatta eccezione per la primissima pagina. Sotto il titolo, Sirius aveva scritto qualcosa in corsivo con la sua solita grafia ordinata. Remus strizzò gli occhi, la sua bocca si contorse per lo sforzo. Era già esausto, non aveva l’energia necessaria per risolvere degli indovinelli.
“Sirius,” sospirò, “sai che non so-“
“Mettici la mano sopra!” Disse Sirius, impazientemente, facendo un passo in avanti. “Appoggia il palmo sulla pagina - sì, così. Ora, dammi un secondo…”
Sfoderò la sua bacchetta e appoggiò, delicatamente, la sua punta contro la tempia di Remus.
“Sirius, cosa stai facendo?!” Chiese Remus, allarmato - nessuno gli aveva mai puntato contro una bacchetta e aveva visto Sirius far saltare in aria cose ben più grandi della sua testa.
“Fidati di me!” Sirius lo zittì. Sul suo volto si dipinse un’espressione concentrata. Prese un respiro profondo. Remus serrò gli occhi, preparandosi al peggio. Almeno era già in infermeria. “Lectiuncula Magna!” Disse Sirius enfaticamente.
Remus percepì uno strano sussulto, come quando manchi l’ultimo gradino di una scalinata. Non gli aveva fatto male, non esattamente, e la sua testa era ancora attaccata al suo corpo. Aprì gli occhi e guardò Sirius.
“Cos’era?”
“Guarda il libro!” Sirius lo indicò, stava praticamente ballando sul posto dall’eccitazione. “Dimmi cosa c’è scritto!”
Remus sospirò e abbassò lo sguardo verso il libro sul suo grembo. Era identico a prima; una pagina bianca con la scrittura, in spesso inchiostro nero, leggermente incurvata di Sirius. La fissò, non capendo cosa dovesse fare.
“Leggi!” Lo sollecitò Sirius.
“Io…” Remus abbassò lo sguardo e guardò la prima parola.
‘Buon’
Disse una voce nella sua mente. Remus sbatté le palpebre, scioccato - non aveva mai sentito quella voce prima d’ora, però assomigliava alla sua. Era come quella del cappello parlante, ma più familiare e meno invasiva. Guardò di nuovo la scritta.
‘Buon Natale,’
-così c’era scritto.
‘ora puoi fare da solo i tuoi dannati compiti. Dal tuo amico malandrino, Sirius Black.’
Remus rise. Guardò Sirius, poi di nuovo la pagina. Aprì il libro a metà, guardando le parole stampate sulla pagina:
‘nel tardo sedicesimo secolo, Cornelius Agrippa fece i suoi maggiori progressi nel campo della magica naturale…’
"Oh mio Dio!" Esclamò Remus. Sfogliò di nuovo il libro e lesse ancora. La voce continuò, con sicurezza. Riusciva a leggere. "Oh mio DIO!"
"Ha funzionato, allora?!" Chiese Sirius, raggiante.
"Sirius! Questo...tu!...Non posso...Come?!"
"Oh no.” Sirius ridacchiò, "Non dirmi che ti ho incasinato così tanto il cervello che non riesci nemmeno a formare una frase coerente?"
"Grazie." Fu tutto quello che Remus riuscì a dire. Sentiva gli occhi pungere per le lacrime e subito li strofinò forte con i suoi pugni. Sirius distolse lo sguardo, educatamente.
"Figurati.” Rispose, "Ora puoi aiutarmi a fare ricerche per il nostro prossimo grande scherzo.”
"Non abbiamo ancora fatto portato a termine il primo." Rispose Remus, tirando rumorosamente su col naso per poi ricomporsi. "Devi farmi vedere come hai fatto questo... è... cioè, deve essere magia davvero avanzata.”
"Più o meno." Sirius scrollò le spalle. "Ho avuto l'idea dopo la strilettera di mia madre, in realtà. Ho pensato che se si può fare in modo che una lettera urli contro qualcuno, allora si può fare in modo che un libro legga a qualcuno. Fare sì che la voce rimanesse nella tua testa era la parte più difficile - non riuscivo a capire se stesse funzionando su di me o se stessi leggendo normalmente. Funziona su qualsiasi libro, però. Credo. Non sono ancora sicuro di altre cose, come le etichette delle pozioni o i cartelli, ma possiamo continuare a lavorarci..."
Remus non riusciva a smettere di fissare il libro, leggendo righe a caso e sorridendo tra sé. Non credeva di essere mai stato così felice in vita sua.
Chapter 14: Primo Anno: Lo Scherzo
Notes:
Severus ha quello che si merita…
Chapter Text
Domenica 2 gennaio 1972
“Geniale!” Esclamò James, battendo la mano contro il ripiano del bagno. “Assolutamente geniale!”
“Siete così intelligenti!” Disse enfaticamente Peter.
I quattro erano stipati nel piccolo bagno che condividevano. Sirius era in piedi nella vasca, completamente vestito, reggendo un ombrello sopra la sua testa mentre Remus puntava la sua bacchetta alla grigia nuvola tempestosa che lo sovrastava. Da essa partiva una scrosciata d’acqua. Sirius camminò avanti e indietro nella vasca, ma la nuvola rimase fissa sulla sua testa, seguendo ogni suo movimento.
James e Peter erano ritornati dalle vacanze di Natale solo due ore prima e, non appena era finita la cena, erano stati trascinati di sopra da Remus e Sirius per una dimostrazione.
“È stato Lupin a darmi l’idea, ma sono stato io a cercare gli incantesimi necessari.” Sirius era raggiante dall’orgoglio. “Non ha la benché minima idea di cosa lo aspetti!”
“Quando possiamo farlo?!” James stava saltando sul posto ora, pronto a esplodere dall’eccitazione. “Domani mattina? A colazione? A Pozioni?”
“A cena.” Sirius scosse la testa. “Ci sarà un pubblico più grande.”
“Sì, a cena.” James annuì, saggiamente, come se fosse stata una sua idea. “Seriamente, ragazzi, sono così orgoglioso di voi due.”
“Grazie.” Sirius inarcò un sopracciglio ironicamente. Poi guardò Remus. “Um…Lupin? Ora puoi fermarti. Ho i piedi bagnati.”
“Oh!” Remus interruppe l’incantesimo, vedendo che aveva prodotto più acqua di quella che il vecchio scarico poteva far defluire; l’acqua, fredda, ora arrivava alle caviglie di Sirius, la parte bassa della sua uniforme ormai zuppa. “Scusami.”
“Non preoccuparti.” Sirius rise, uscendo dalla vasca e strizzando i suoi vestiti. “Ma assicurati di fare lo stesso con Piton.”
“Quindi sarà Lupin a farlo?” Chiese James. Sirius alzò le spalle.
“A lui viene meglio. Ma anch’io posso farlo se serve.”
* * *
Lunedì 3 gennaio 1972
Il primo giorno di lezione dopo Natale fu alquanto bizzarro. James, Sirius e Peter era sempre più nervosi in attesa dello scherzo. Anche Remus non ne vedeva l'ora - anche se era un po' nervoso perché sarebbe stato lui a doverlo fare. Ma aveva un altro motivo per essere eccitato. Sarebbe stato il primo giorno di scuola in tutta la sua carriera scolastica in cui sarebbe stato in grado di leggere.
Sirius gli aveva mostrato come eseguire l'incantesimo ed era molto difficile - alla fine Remus lo faceva eseguire all’altro ragazzo la maggior parte delle volte, decidendo di dedicare del tempo ad imparare a farlo da solo più avanti. La sua magia era ancora un po' instabile dopo la luna piena, era facile che esagerasse e andasse troppo oltre se si concentrava troppo. Non gli sembrava una buona idea puntarsi contro una bacchetta fino a quando la luna non fosse calata abbastanza e lui non avesse avuto più controllo.
La prima metà della giornata andò esattamente come sperava. Non riusciva a leggere la lavagna, ma Incantesimi era per lo più basata sulla pratica. Remus era stupito da quanto tutto fosse più facile quando poteva semplicemente consultare il suo testo senza dover ricordare tutto quello che Vitious aveva detto sugli incantesimi di ammorbidimento. Fu il primo della classe a far rimbalzare il suo mattone - con grande costernazione di Lily Evans, che di solito era la prima nella classe a Incantesimi.
Fu nel pomeriggio, durante Pozioni, che le cose cominciarono ad andare male. Cominciò con Lumacorno che restituì i loro temi sui dodici usi del sangue di drago. Remus aveva completato il suo prima di Natale con l'aiuto di Sirius e nell’insieme i Malandrini erano andati abbastanza bene. Come al solito, Piton aveva ottenuto il voto più alto e guadagnato cinque punti per Serpeverde. Lily era arrivata seconda e aveva ottenuto un punto per Grifondoro. Aveva battuto Sirius solo per pochi punti.
Niente di tutto ciò era fuori dall'ordinario - ma apparentemente la tensione dovuta all’attesa era cresciuta troppo tanto che Sirius non riuscì a resistere alla tentazione di fare una battutina.
"Mi chiedo se valga la pena di ingraziarsi Mocciosus per un solo misero punto." Brontolò, abbastanza forte da farsi sentire da Lily e Piton. Lily si girò, con due chiazze rosso brillante sulle guance.
"Sta' zitto, Black," sibilò, "a nessuno piace chi non sa perdere."
"Non lo chiamerei proprio perdere quando il tuo ragazzo ti lascia copiare il suo lavoro." Sussurrò Sirius di rimando, malignamente.
"Io non lo copio e Severus non è il mio ragazzo!" La faccia di Lily stava diventando più rossa.
"Stai arrossendo, Evans." Sorrise Sirius, compiaciuto. Dette una gomitata a James. "Non è dolce?" James ridacchiò, annuendo.
"Ignorali, Lily." Sussurrò Piton, senza voltarsi. "Sono solo gelosi."
"Gelosi di che cosa, Mocciosus?" Si intromise James, cercando di mantenere un tono di voce basso. "Gelosi di un untuoso imbecille come te? Continua a sognare."
Sirius rise, contento di aver coinvolto James. Anche Peter rise come se non volesse essere escluso. Lumacorno era ancora ignaro della situazione, stava dando le spalle alla classe mentre scarabocchiava delle istruzioni sulla lavagna.
Alla fine, Severus si girò. Rivolse i suoi occhi neri e lucidi verso Sirius.
"Ho sentito che hai passato un Natale molto tranquillo, Black." Disse, la sua voce bassa e minacciosa. "La tua famiglia non poteva sopportare di averti intorno per più di qualche giorno prima di rimandarti a scuola, eh?" Corrugò le labbra, crudelmente. "Tutte le famiglie purosangue ne parlano - la pecora nera dei Black."
Sirius strinse i pugni, Remus vide le sue nocche diventare bianche.
"Chiudi. Quella. Bocca." Ringhiò Sirius a denti stretti.
"Sì, stai attento, Piton." James era accigliato. "Faresti meglio a fare attenzione a quello che dici. Non sai mai cosa potrebbe succedere.”
"È una minaccia, Potter?" Rispose Piton, sembrando annoiato. "Perdonami se non sto tremando dalla paura. Mi sguinzaglierai di nuovo contro Lunatico Lupin?"
Remus, che aveva ascoltato per metà la discussione e per metà le istruzioni di Lumacorno, trasalì involontariamente. Non era la prima volta che qualcuno lo chiamava così. In realtà era impressionante che nessuno a Hogwarts l'avesse ancora detto, specialmente quando sapeva di avere la reputazione di essere un po' strano. Lo chiamavano tutti così, alle sue spalle?
Di riflesso, prese la bacchetta. Piton lo vide e il suo sorriso divenne ancora più cattivo.
"Oddio, hai davvero imparato un po' di magia, Lupin? Sono colpito. Anche se in realtà ho sentito che possono addestrare alcune scimmie a eseguire qualche trucchetto, quindi suppongo che non sia una vera conquista."
Remus alzò la bacchetta, ma Sirius gli afferrò il polso e gli bloccò il braccio contro il tavolo.
"Non ancora" mormorò.
Remus serrò la mascella e tornò a guardare la lavagna, ribollendo dalla rabbia. Piton ridacchiò e si voltò anche lui. Remus sentì Lily sussurrare con rabbia.
"Non c'è bisogno di essere così orribile con lui!"
Remus riuscì a malapena a rimanere concentrato durante il resto della lezione. Sapeva che non avrebbe dovuto dare troppo peso a quello che Piton, o chiunque altro, pensava di lui. Ma le frecciatine del Serpeverde avevano colpito il bersaglio e gli fu impossibile non pensarci. Sirius non era stato d’aiuto; aveva continuato a mormorare ‘gliela faremo pagare!’, mandando occhiatacce a Piton.
Quando arrivò l’ora di cena, Remus era nero dalla rabbia e spinto dal desiderio di dimostrare di che pasta fosse fatto. Non mangiò quasi nulla sebbene quella sera ci fosse lo sformato del pastore, il suo piatto preferito. Lanciò un’occhiataccia a Piton, dall’altro lato della stanza. Tuttavia, la cosa non passò inosservata e Severus diede una gomitata ai ragazzi intorno a lui, indicando i Malandrini e scoppiando a ridere. A Remus parve di sentire le parole ‘Lunatico Lupin’. James e Sirius li guardarono di traverso. Lo notò anche Lily.
“Dovete lasciare in pace Sev, ok?” Squittì. “Questa stupida faida va avanti da troppo e nessuno di voi è abbastanza maturo da-“
“Piantala, Evans.” James alzò gli occhi al cielo. “È brutto abbastanza che tu sia amica con quel coglione, ma ora lo difendi anche? Dov’è il senso di lealtà verso la tua casa, eh?”
“Non c’entra nulla con le case.” Sbottò. “È una ridicola discussione insensata.”
“Ha insultato Remus!”
“Lo prendete sempre di mira!”
“Ha iniziato lui!”
“Ah giusto, quindi voi dovete portarla a termine, eh, Potter?!” Si alzò di scatto, prendendo la sua borsa. “Dio, siete dei palloni gonfiati!” Se ne andò con rabbia, le sue scarpe di vernice che facevano rumore contro il pavimento di pietra.
“Ha proprio un bel caratterino quella ragazza.” James fece un sorrisetto.
Delle risate si alzarono dal tavolo dei Serpeverde e Remus decise di averne avuto abbastanza. Si alzò anche lui, sfoderò la sua bacchetta e la puntò contro Severus.
“Ligare Pluviam!”
Accadde in un glorioso istante. La nuvola schizzò fuori dalla bacchetta di Remus con la stessa velocità di un proiettile - così nessuno sarebbe riuscito a capirne la provenienza. Si fermò sopra la testa di Piton, spessa, grigia e pesante. Si sentì il rumore, basso, di un tuono, poi fu il turno della pioggia.
Inizialmente Piton non capì cosa stesse succedendo; si coprì la testa con le mani e alzò lo sguardo. Gli studenti seduti di fianco a lui si alzarono e indietreggiarono, non volendo bagnarsi . Anche Piton si alzò, cercando di schivare la nuvola, ma questa continuò a seguirlo, sovrastandolo con insistenza, la pioggia che cadeva a scroscioni.
La gente aveva iniziato a ridere e additarlo. Tutti si stavano guardando intorno cercando di capire chi fosse stato, ma nessuno, oltre ai suoi amici, aveva visto Remus gettare l’incantesimo. Si mise a sedere continuando a puntare la bacchetta contro Severus, sorridendo nel vedere il ragazzo cercare di scappare dalla piccola tempesta.
“Sì!” Gli sibilò Sirius nell’orecchio. “Sì, cazzo, Lupin, sei fantastico!”
L’immensa soddisfazione di Remus fu rinforzata dalle risate che rimbombavano intorno a lui. Piton era un ragazzo così odioso e perfido che persino alcuni dei Serpeverde furono felici di vedere che aveva avuto ciò che si meritava. Più Remus ci pensava, più voleva punirlo e più la pioggia si intensificava. In effetti la nuvola divenne più scura e grande.
Ormai Piton era fradicio, i capelli erano appiccicati alla sua fronte, finendogli davanti agli occhi. La sua pelle era pallida e le sue vesti brillavano per via dell’acqua, una pozzanghera si stava formando ai suoi piedi. Remus sorrise vedendo Severus cercando disperatamente di fuggire, assomigliando sempre di più a un ratto bagnato.
“Piantala!” Strillò Lily a James. “So che sei tu! Piantala immediatamente!”
James continuò a ridere e alzò le mani per dimostrare che non stava facendo nulla. Sembrava che Lily stesse per scoppiare a piangere.
Severus provò a correre via, con le braccia sopra la testa per fermare la pioggia che lo tempestava, ma le sue vesti erano così pesanti e così impregnate d'acqua che inciampò, scivolò e crollò a terra. Remus avrebbe voluto ridere, ma dovette aumentare la sua concentrazione. La pioggia cadeva sempre più forte, finché divenne difficile vedere Severus in tutto quel grigiume. Anche la nuvola era più grande e crepitava avvolta da tuoni e fulmini - non era mai successo quando si era esercitato su Sirius. Tuttavia non era mai stato così arrabbiato con Sirius.
"Smettila! Per favore!" Lily stava singhiozzando ora. James aveva smesso di ridere. Toccò il braccio di Remus,
"Ehm... Remus? Basta così, amico..."
Piton non si era rialzato. Remus si rese conto che nessuno stava più ridendo, anzi, alcune persone stavano perfino urlando.
"FINITE." Tuonò una voce nella sala da pranzo.
La pioggia cessò immediatamente. Tutti erano in silenzio. Silente era in piedi all'ingresso - Remus non lo vedeva da Halloween. Sembrava perfettamente calmo, nonostante il caos a cui aveva appena posto fine. Il preside entrò nella sala, facendo sparire tutta l'acqua con un gesto della bacchetta e si chinò su Severus.
Remus mise via la bacchetta e si fece piccolo, guardando Silente sussurrare qualcosa sul corpo prono di Piton. Lily stava ancora singhiozzando e corse accanto a Silente, tremante e spaventata.
"Andate tutti nei vostri dormitori, per favore.” Silente parlò a bassa voce, ma in qualche modo fu sentito da tutti nell'enorme sala. "Signorina Evans, per favore, vai a chiamare Madama Chips."
Lily uscì di corsa dalla stanza e gli altri studenti cominciarono ad uscire in fila, obbedienti. James, Sirius e Remus si lanciarono sguardi nervosi l'un l'altro prima di affrettarsi a raggiungere il resto della loro casa.
Chapter 15: Primo Anno: Conseguenze
Notes:
Remus ha pensieri alquanto angoscianti
Chapter Text
La maggior parte dei Grifondoro rimase nella sala comune a chiacchierare e a chiedersi chi potesse essere stato. I Malandrini, che di solito amavano essere al centro di qualsiasi discussione, sgattaiolarono in camera, pallidi e pervasi dal senso di colpa.
Remus si sedette sul suo letto, fissando il pavimento. Aveva esagerato, lo sapeva. Gli era piaciuto, per un po’, e nulla gli avrebbe fatto credere che Severus non se lo meritava. Ma ora James lo stava guardando in modo strano e sapeva che prima o poi Silente l’avrebbe scoperto - sempre che Lily non lo avesse detto a tutti una volta tornata nella sala comune.
“Cos’è successo?” Chiese James, cautamente. “Hai perso il controllo? Era magia davvero potente.”
“È stato fantastico!” Disse Sirius improvvisamente. “Ci penserà due volte prima di venirci contro ora!”
“Ma…voglio dire, noi non volevamo fargli del male, vero?” James fece una smorfia.
“Sta bene, stava solo fingendo per metterci nei guai.”
“Finiremo nei guai?” Chiese Peter, torcendosi le mani. “Non siamo stati tutti, no? È stato solo-“
Sirius gli diede uno scappellotto.
“Che verme che sei!” Disse. “Siamo Malandrini. Tutti per uno e uno per tutti.”
“Qualunque cosa significhi…” Borbottò Peter, strofinandosi il capo e andandosi a sedere sul suo letto scontrosamente.
“Sono stato io, non dovreste finire nei guai anche voi.” Disse Remus, a bassa voce, senza alzare lo sguardo.
“È stata anche una mia idea!” Disse Sirius. “Sono stato io a cercare gli incantesimi! Non preoccuparti Lupin, scommetto quello che vuoi che sta bene.”
“Se sta bene,” disse Remus, gravemente, “non è sicuramente grazie a me.” Finalmente incontrò lo sguardo di James. I suoi occhi, marrone scuro, erano molto più seri del solito. “Volevo fargli del male.”
James non distolse lo sguardo e annuì lievemente.
Qualcuno bussò alla porta, spezzando la tensione. Era Frank Paciock.
“La McGranitt vuole vedervi nel suo ufficio immediatamente. Tutti e quattro.” Disse gravemente.
Seguirono Frank giù per le scale e attraverso la sala comune, dove tutti li stavano fissando. Remus non alzò mai gli occhi dal suolo, ma si accorse che le chiacchiere si fermarono per un momento al loro passaggio. Qualunque cosa fosse successa - tutti avrebbero saputo che erano loro i responsabili.
La McGranitt non era da sola. Silente era in piedi di fianco alla sua scrivania, le mani giunte. Sorrise amabilmente ai quattro ragazzi messi in riga davanti a lui.
“Buonasera, signori.” Disse.
“Buonasera, signor preside.” Risposero loro in coro.
“Vi interesserà sapere che il giovane signor Piton sta bene - anche se è assai ferito nell’orgoglio.”
Non dissero nulla. Remus non alzò lo sguardo.
“Sembra dell’idea che voi quattro abbiate qualcosa a che fare con l’incidente.” Continuò Silente, amabilmente, come se stessero facendo due chiacchiere. “Soprattutto tu, signor Potter.”
James alzò lo sguardo, aprì la bocca, richiudendola immediatamente e abbassando lo sguardo. Remus non riuscì a sopportarlo. Aveva solo tre amici e non gli avrebbe persi in quel momento. Fece un passo avanti.
“Sono stato io, signore, è colpa mia. Prima Piton mi ha detto delle cose che mi hanno fatto arrabbiare. Volevo fargliela pagare.” Si sforzò di spostare gli occhi verso quelli azzurro chiaro di Silente. L’anziano annuì, soddisfatto.
“Capisco. Hai agito da solo?”
“Sì.” Remus sfoderò la bacchetta. “Ascolti, posso dimostrarlo-“
“Non c’è bisogno!” Si affrettò a dire Silente. “Ti credo, signor Lupin.”
“Non è stato solo lui, signore!” Sbottò Sirius. “Sono stato io a cercare l’incantesimo, io che ho imparato a farlo, è anche colpa mia.”
“Vuoi dire che l’avete pianificato, Black?” Disse la McGranitt bruscamente. “Avete progettato di attaccare un altro studente? Dieci punti in meno a Grifondoro. A testa.”
Sirius abbassò di nuovo lo sguardo.
“E punizione per tutti, per un mese.” Continuò. “Mi viene difficile credere che il signor Lupin. Abbia agito da solo.”
Rimasero tutti e quattro col capo chino.
“Ora potete andare, signori.” Disse Silente, calmamente. “Sono sicuro che entrambi troverete il tempo necessario per scusarvi con il signor Piton, ovviamente.”
Sirius fece un verso indignato e James gli diede una dura gomitata. Si girarono per andarsene.
“Signor Lupin, solo un momento.”
Remus si bloccò. Avrebbe dovuto sapere che non se la sarebbe cavata così facilmente. Rimase fermo mentre gli altri uscivano dalla stanza seguiti dalla McGranitt che voleva controllare che non si mettessero a bighellonare.
Una volta che si fu chiusa la porta, calò il silenzio. Silente non parlò immediatamente. Alla fine Remus si decise ad alzare lo sguardo per incontrare quello del preside. Non sembrava arrabbiato o deluso. Aveva in volto la sua solita espressione gradevole - forse con una punta di curiosità.
“Come ti stai trovando a Hogwarts, Remus?”
Non si era aspettato quella domanda.
“Ehm…bene, direi?”
“Sembra che tu non abbia avuto molti problemi a farti degli amici.”
Non era una domanda, quindi non rispose. Guardò il suolo e poi rialzò lo sguardo.
“Mi espellerà?” Chiese. Silente sorrise.
“No, Remus, nessuno sarà espulso. Vedo che sei dispiaciuto per quello che hai fatto. Quello che mi preoccupa è come l’hai fatto. Era un incantesimo molto potente, non me lo sarei mai aspettato da uno studente del primo anno…dovevi essere molto arrabbiato.”
Remus annuì. Non voleva dire a Silente il perchè - non voleva dirgli come l’aveva chiamato Piton o come l’avesse fatto sentire stupido, inutile e insignificante.
“La passione è un’importante qualità per un mago, Remus.” Disse Silente. “Guida la nostra magia, la rende più forte. Ma, come hai imparato oggi, se non capiamo come controllarla mettiamo in pericolo tutti quelli che abbiamo intorno.” Sembrava molto serio, i suoi occhi non brillavano più. “Non voglio spaventarti, Remus. Quando ci siamo conosciuti, ti ho detto che ti capivo - che hai avuto una vita molto difficile, una vita che non augurerei a nessuno. Ma devi essere più cauto. Hai del talento, non sprecarlo.”
Remus annuì, volendo più di ogni altra cosa che la conversazione terminasse. Avrebbe preferito delle bastonate a una paternale. E il peggio era che Silente aveva ragione. Aveva lasciato che la rabbia nei confronti di Piton influenzasse l’incantesimo che aveva usato -non era abituato ad una tale forza.
“Mi dispiace, professore.” Disse. “Moc- voglio dire, Severus, sta bene?”
“Sì, sta benissimo. Penso che sperasse che se avesse smesso di agitarsi chiunque stesse scagliando l’incantesimo si sarebbe fermato. È stato asciugato e non avrà conseguenze a lungo termine.”
“Oh…” Remus annuì. “Bene.”
“Ora…” Silente sorrise. “Vai pure. Ti ho già trattenuto troppo e ho la sensazione che il signor Potter ti stia aspettando fuori per farsi raccontare tutto.”
* * *
Silente gli aveva dato molto a cui pensare. E di tempo per pensare ne aveva tanto - la McGranitt era terribilmente seria quando si trattava di punizioni, aveva persino deciso di separarli. Sirius doveva pulire i calderoni nei sotterranei, Peter doveva lucidare i premi nella sala dei trofei mentre James doveva riconfigurare tutti i telescopi nella torre di astronomia. A Remus toccò la mansione peggiore; spalare via le feci dalla guferia. Ovviamente a nessuno era permesso usare le loro bacchette e ogni sera dovevano ricominciare da capo il lavoro.
“È crudele e disumano.” Si lamentò Peter alla fine della prima settimana quando si buttarono sui letti, sudici ed esausti.
“Non hai niente di cui lamentarti.” Borbottò Sirius. “Mi piacerebbe lucidare i trofei. Chissà cosa ho contratto raschiando crostose pozioni dal fondo di quei dannati calderoni.”
James si limitò a gemere, togliendosi gli occhiali e strofinandosi gli occhi.
Remus non sì lamentò, non pensava di meritarselo. Si sentiva malissimo per aver messo tutti i suoi amici nei guai, ma stava ancora peggio per quello che aveva fatto. Ciò fu solo aggravato dal vasto numero di letture a cui si era dedicato. L’incantesimo di Sirius era difficile, meno intuitivo della magia a cui era abituato. Sirius stesso era stato il primo ad ammettere che non fosse perfetto - i suoi effetti terminavano dopo un’ora e andava ripetuto. Remus l’aveva padroneggiato abbastanza da farlo da solo, ma spesso gli serviva qualche tentativo fallito prima di riuscirci.
La prima cosa che aveva fatto era stata andare in libreria e prendere in prestito un libro dalla sezione riguardante le creature magiche.
Ogni sera, dopo che avevano finito i compiti e scontato le punizioni, Remus tirava le tende intorno al suo letto, faceva luce con la sua bacchetta e leggeva lo stesso capitolo ancora e ancora. C’erano interi libri dedicati al suo problema, ma aveva paura che qualcuno avrebbe iniziato a nutrire dei sospetti se li avesse presi in prestito tutti dalla biblioteca. Inoltre, non era sicuro di voler sapere altro. Le cose che aveva letto fino a quel momento erano già abbastanza brutte.
Pensava al libro costantemente - a lezione, durante i pasti, mentre era in punizione. Parole come ‘mostruosi’, ‘letali’ e ‘una delle creature più malvagie’ gli apparivano nella mente come delle insegne al neon. Ovviamente sapeva di essere pericoloso. Sapeva di essere diverso. Sapeva di essere odiato. Cacciato. A quanto pare i suoi canini valevano migliaia di galeoni nell’Est dell’Europa. La sua pelle valeva ancora di più.
C’erano anche dettagli legislativi - cose che non capiva del tutto, ma che sembravano terribili. Leggi sul lavoro, registri e restrizioni di viaggio. Sembrava che anche se fosse stato in grado di leggere, le sue prospettive di lavoro non sarebbero state migliori nel mondo dei maghi rispetto a quelle nel mondo babbano. Capì anche perché Silente gli aveva detto di stare attento. Era chiaro ora che se qualcuno a Hogwarts avesse scoperto cos’era Remus, allora avrebbe potuto trovarsi in guai seri - e l'espulsione sarebbe stata l'ultima delle sue preoccupazioni.
Era frustrante, niente di quello che aveva letto era veramente rilevante per le sue esperienze. Non c'era nessun resoconto di un mago che aveva vissuto effettivamente nella sua stessa situazione; come se l'era cavata; cosa aspettarsi; se era stato in grado di mantenere un lavoro, o anche solo di evitare di fare del male agli altri. Supponeva che fosse normale che potesse sentire l'odore del sangue e i battiti del cuore degli altri - ma come poteva saperlo con certezza? Era normale che la sua magia fosse più forte con la luna crescente? A volte pensava di poterne sentire il puro potere, che gli frizzava nelle vene come una pozione; lo riempiva e si riversava, esplodendo dalla punta delle sue dita. E poi c'era il suo temperamento. Quanto di questo era lui, e quanto era il mostro?
Passava sveglio la maggior parte delle notti dopo che l'incantesimo di lettura era svanito e lui era troppo stanco per lanciarlo di nuovo, ma allo stesso tempo troppo irrequieto per dormire. La sua mente turbinava dalla preoccupazione e dalla paura. Tutto era sembrato così semplice alla St Edmund's. Niente magia, niente compiti, niente dilemmi morali strazianti. E, naturalmente, niente amici. Se c'era qualcosa che impediva a Remus di arrendersi, era proprio questo.
Era James, che aveva un ego grande come il lago nero, ma allo stesso tempo un cuore della medesima dimensione. Peter - che, sì, va ammesso, era strano e un po' sprovveduto - in realtà aveva uno spiccato senso dell'umorismo e sapeva essere immancabilmente generoso. E naturalmente Sirius. Sirius sapeva mantenere i segreti, aveva una vena di cattiveria ma non la indirizzava mai ai suoi amici, era lo studente più dotato dell'anno ma passava tutto il suo tempo a progettare scherzi.
Remus non aveva intenzione di rinunciare a niente di tutto questo, non se poteva evitarlo. Anche se fosse dovuto diventare lo studente che più studiava in tutta la scuola; se avesse dovuto costringersi a leggere ogni libro, svolgere ogni compito, seguire ogni regola. Sarebbe stato così bravo che avrebbero fatto fatica a credere ai loro occhi. Così bravo che avrebbero dovuto nominarlo prefetto - avrebbe fatto di tutto, se significava rimanere a Hogwarts e tenersi i suoi amici.
Non c'era nessuno con cui parlare di nessuna di queste cose. Nessuno che avrebbe capito, comunque. Per quello che sapeva Remus, solo Silente, la McGranitt e Madama Chips sapevano della
sua malattia. Non poteva chiedere certe cose alla McGranitt, era troppo severa. Remus non era ancora sicuro che Silente fosse del tutto sano di mente e in ogni caso non sapeva come prendere un appuntamento con il preside. Quindi, alla fine, rimase solo Madama Chips.
Aspettò la luna piena, alla fine di gennaio. Era una domenica, quindi dopo cena si separò dal resto dei Malandrini e si diresse verso l’infermeria prima del solito.
“Remus!” L’infermiera sorrise, sorpresa. “Non mi aspettavo di vederti prima del crepuscolo.”
“Volevo chiederle un paio di cose.” Disse timidamente, spostando gli occhi da una parte all’altra della stanza. C’erano un paio di studenti distesi nei letti, la maggior parte di loro stava dormendo. Fortunatamente Madama Chips era sempre molto discreta.
“Certo, perché non andiamo nel mio ufficio?”
Era di gran lunga più bello degli uffici degli altri professori in cui Remus era stato. Le pareti erano tappezzate da centinaia di bottiglie ordinate di pozioni e tonici, era luminoso e arioso, non aveva una scrivania e al posto delle sedie di legno c’erano comode poltrone poste di fianco al camino.
“Come posso aiutarti, caro?” Chiese, mettendosi comoda e facendogli segno di sedersi.
“Beh,” deglutì, non sapendo da dove iniziare “io avevo…avevo un paio di domande riguardo il mio…il mio problema.”
Gli sorrise, gentilmente.
“Ma certo, Remus, è del tutto normale. C’è qualcosa in particolare che vorresti sapere?”
“Sì. Ho fatto delle ricerche, so che non c’è una cura o qualcosa di simile.”
“Non ancora.” Disse lei velocemente. “Si fanno passi avanti in continuazione.”
“Oh, ok. Ma, per ora, penso di voler sapere…vorrei saperne di più. Non mi ricordo nulla quando mi sveglio, so solo che sono molto affamato.”
“Vorresti sapere di più sulla trasformazione?”
“No, non solo. Voglio sapere…questa cosa, cambia chi sono da umano? Mi rende…” Abbassò lo sguardo verso le sue mani, non sapendo cosa dire. Non era sicuro di volerlo dire e si sentiva un enorme nodo in gola.
“Remus.” Disse Madama Chips. “È solo una malattia, non definisce chi sei.”
“A volte mi arrabbio.” Disse, preferendo tenere lo sguardo sul fuoco piuttosto che guardarla in faccia. “Mi arrabbio, davvero, davvero tanto.”
“Ognuno ha delle emozioni, è perfettamente normale. Bisogna solo imparare a controllarle col tempo.”
Annuì, riflettendo su quello che aveva detto. Non poteva dirle il resto - “Le mie trasformazioni stanno peggiorando. Sono più dolorose.”
“Sì.” Rispose, solennemente. “Ho letto che può peggiorare con la pubertà.”
“Oh okay.” Remus annuì. Ci fu una lunga pausa. “Quanto può peggiorare?”
“Non…non lo so. Sei il primo della tua specie che ho in cura.”
Un’altra pausa. Remus non si sentiva molto meglio di prima; era ancora confuso.
“Ti piacerebbe leggere il libro di cui ti ho parlato?”
Annuì, trovando finalmente il coraggio di guardarla.
* * *
Il libro di Madama Chips, Dal Pelo ai Canini: Prendersi Cura dei Metà Umani, fu moderatamente più utile di alcuni degli altri che Remus aveva letto sinora. C’era ancora molto che non capiva - avanzata magia curativa e complicate ricette per pozioni, ulteriori dettagli sulla legislazione - e, ancora più spaventosamente, processi e persecuzioni. Peraltro, c’erano anche molte cose che sapeva già; era stato morso e non dovevano assolutamente permettergli di mordere qualcuno a sua volta durante la luna piena; l’argento gli faceva male; non c’era nessuna cura.
Effettivamente il libro diceva che con l’inizio della pubertà le sue trasformazioni sarebbero diventati più intense e che sarebbe divenuto più pericoloso. Non menzionava cambiamenti nelle sue abilità, magiche e non, e non c’era nulla di concreto riguardo ai suoi sbalzi di umore e alla sua suscettibilità.
Non trovò particolarmente interessante o importante sapere che aveva un muso più corto dei lupi veri e che la sua coda fosse a ciuffi (in realtà preferiva non pensare al fatto di avere una coda), ma fu curioso di scoprire di essere una minaccia solo per gli umani - in modo particolare, i maghi. A quanto pare non era un pericolo per gli altri animali - lo divertì pensare che, quantomeno, Mrs Purr fosse al sicuro.
Il fatto che Remus si fosse allontanato dagli altri Malandrini dopo l’attacco a Piton non passò inosservato.
“Dove sei stato?” Gli chiedevano ogni sera mentre si preparavano per andare a letto.
“Compiti.” Rispondeva alzando le spalle, oppure “Punizione” - anche se, in realtà, non era finito più in punizione dopo lo scherzo.
A dire il vero, stava sempre il più lontano possibile dalle altre persone. Cercava deliberatamente di non tornare in camera fino all’ora di andare a letto e, se possibile, evitava persino la sala comune. Pensava che sarebbe stato meglio non farsi coinvolgere nei piani di James e Sirius finché non avesse imparato a controllare la sua magia. E loro stavano pianificando qualcosa, ne era sicuro. A volte, di notte, Remus sentiva uno di loro sgattaiolare nel letto dell’altro per poi bisbigliare furtivamente prima di lanciare un incantesimo silenziatore. A volte uscivano di nascosto con Peter, coperti dal mantello. Cercavano sempre di svegliare Remus, ma lui li ignorava.
Durante il giorno si nascondeva in fondo alla biblioteca o in uno dei suoi posti segreti. Aveva trovato diversi nascondigli, sparsi per tutto il castello, che erano abbastanza piccoli da permettergli di arrampicarsi dentro e rimanere nascosto per più ore. Finestre che erano state murate da tempo, ma che conservavano alti e larghi davanzali; piccole cavità vuote dietro arazzi; il bagno delle ragazze del quinto piano. Lì poteva rannicchiarsi e leggere per ore - a volte faceva davvero i compiti, altre volte si costringeva a fare ricerche sulla sua malattia.
Aveva un altro motivo per nascondersi. Dopo l'incidente, l'odio di Piton verso i Malandrini si era intensificato e il ragazzo andava ovunque con Mulciber, usandolo come protezione personale. Se si incrociavano nei corridoi Remus doveva sempre essere pronto con un incantesimo di protezione - Mulciber conosceva più fatture di Sirius e James messi insieme.
Un pomeriggio, Remus era immerso in un libro sull’antica magia bellica- c'era un capitolo sugli Úlfhéðnar, guerrieri-lupo germanici che combattevano i Romani. Era appollaiato sul suo davanzale preferito, non poteva essere visto dal pavimento a meno che qualcuno non stesse davvero guardando. Si era arrampicato usando un incantesimo, che avevano imparato qualche settimana fa, che creava una corda. Stava per scendere e andare a cena, quando fece una mossa sbagliata e il pesante libro cadde dal davanzale. Sussultò quando lo vide precipitare sul duro pavimento di pietra con un tonfo assordante.
"Chi va là?” Arrivò una voce, più avanti nel corridoio. Sentì dei passi, e, sentendo il suo cuore saltare un battito, Remus si rese conto di sapere chi avesse parlato.
"È solo un libro." Disse Mulciber, sembrando scontroso.
"Sì, ma da dove è arrivato?" Rispose Piton, sospettoso. Mulciber sbuffò.
"La biblioteca?"
Piton mormorò sottovoce, sembrando esasperato. Remus si appiattì il più possibile contro il muro di pietra.
"Chi c'è lassù?" Chiamò Piton con la sua perfida voce nasale. Silenzio. "Homenum Revelio."
Remus sentì uno strano strattone allo stomaco e, prima che se ne rendesse conto, fu trascinato giù dalla sporgenza da una forza invisibile. Gridò, cercando qualcosa a cui aggrapparsi e finì per penzolare dalla sporgenza per la punta delle dita.
Piton e Mulciber stavano ridendo sotto di lui.
"Bene, bene.” Sussurrò Piton. "Guarda chi c’è, Lunatico Lupin... dove sono i tuoi amichetti, eh? Ti hanno messo lassù e si sono dimenticati di te?"
"Levati dalle palle, Piton." Sibilò Remus, perse la presa sulla pietra e cadde sperando di non rompersi le caviglie.
"Igniscopum!" Piton ghignò, puntando la bacchetta contro Remus. Una sottile lingua di fuoco venne sparata verso il Malandrino, costringendolo a scalciare via dal muro, atterrando di schiena sul pavimento, duramente.
Sbatté le palpebre, senza fiato, ma si rialzò rapidamente in piedi, sfoderando la propria bacchetta.
"Okay." Disse, con la schiena dolorante per la caduta. "Ti sei vendicato. Ora andatevene."
"Perché mai dovremmo farlo?" Rispose Severus, fronteggiandolo. Alzò la bacchetta.
"Expelli-"
"EXPELLIARMUS" Ruggì Piton, agendo più in fretta. Strinse la bacchetta di Remus, allegramente, poi aggiunse "Gelesco."
Remus sentì i suoi piedi fondersi con il terreno, ancorandolo sul posto. Gemette - ora era bloccato. Forse valeva la pena di chiamare aiuto, ma il corridoio era deserto e non voleva sembrare un codardo. Li fissò entrambi, con aria di sfida, serrando la mascella.
"Mulciber." Piton si rivolse al suo compagno, che assomigliava a un troll. "Non stavamo dicendo l'altro giorno che devi esercitarti di più con qualche fattura? Penso che questa potrebbe essere l'occasione perfetta.”
Mulciber ghignò, leccandosi le labbra. Alzò la propria bacchetta, non con la stessa eleganza di Severus, ma con lo stesso intento malizioso.
"Lapidosus!"
Per un momento non accadde nulla, e Remus sentì un'ondata di sollievo - prima che, dal nulla, apparisse una nuvola di piccole pietre - come della ghiaia - che fluttuava a mezz'aria. Rimase sospesa tra Remus e Mulciber per qualche istante, prima di iniziare a volare verso il viso di Remus, come uno sciame di api arrabbiate. Lui alzò immediatamente le braccia per proteggersi, ma Severus fu troppo veloce.
"Incarcerous" Disse, sbadigliando come se fosse annoiato. Immediatamente Remus si ritrovò legato strettamente da una corda, riusciva a malapena a muoversi. Le pietre continuavano a scagliarsi contro di lui e tutto quello che poteva fare era chiudere gli occhi. Si dibatté, sapendo che non sarebbe servito, ma aveva bisogno di fare qualcosa. Non voleva piangere, nemmeno quando sentì un caldo rivolo di sangue scorrergli sulla tempia.
"Che succede - Severus?" Chiamò la voce di una ragazza dalla fine del corridoio.
"Finite Incantatem" Sussurrò Piton, frettolosamente. Le pietre si fermarono subito, la corda svanì e le gambe di Remus si scollarono. Barcollò e indietreggiò, appoggiandosi al muro.
Alzò lo sguardo in tempo per vedere Lily, la sua salvatrice, che si affrettava verso di loro. Si fermò quando vide Remus, che stava rapidamente cercando di pulirsi il sangue dalla faccia. Guardò Piton e si accigliò.
"Cosa stai facendo, Sev?"
"Niente." Guardò per terra, sfregando la punta della scarpa sulle lastre di pietra. "Stavamo solo chiacchierando con Lupin, vero Mulciber?"
Mulciber scrollò le spalle, senza convinzione. Lily guardò Remus, che distolse lo sguardo, imbarazzato. Era già abbastanza brutto essersi fatto beccare da Severus, non aveva bisogno che anche lei provasse pena per lui. Strappò velocemente la sua bacchetta dalle mani di Severus, si voltò e cominciò ad allontanarsi il più in fretta possibile.
"Aspetta! Remus!" Lily gli corse dietro. Non rallentò, ma lei fu abbastanza veloce da raggiungerlo. Stava stringendo il suo libro sulla magia bellica con una mano e usò l’altra per afferrarlo. “Per favore!” Ansimò. Remus si fermò, sospirando rumorosamente - voleva riavere il suo libro.
“Cosa vuoi?” Disse con tono arrabbiato.
“Cosa ti hanno fatto? Sev non me lo vuole dire e so che ti hanno fatto male.”
“Sto bene.” Remus scrollò le spalle, prendendo il suo libro.
“Stai sanguinando!”
“”Lasciami stare, Evans!” Remus la spinse via, provando nuovamente ad andarsene. La ragazza si affrettò a seguirlo.
“Gli ho detto di lasciarti in pace, non so perchè lo faccia - voglio dire, non vai nemmeno più in giro con Potter e Black, gliel’ho detto-“
“Perché, cambierebbe qualcosa?”
“Sono loro quelli che lui vuole infastidire - se sapesse che anche tu ti sei stufato di loro, allora-“
“Aspetta un secondo.” Remus si fermò di colpo e Lily per poco non gli finì addosso. “Stai dicendo che se Mulciber e Piton maledissero James e Sirius non ti faresti alcun problema?!”
“Beh,” Lily arrossì. “Voglio dire, almeno sarebbe una lotta alla pari. E sai benissimo che se la vanno a cercare comportandosi in quel modo.”
Remus si sentì ancora più a disagio. Lily pensava che fossero stati James e Sirius ad attaccare Severus entrambe le volte - non aveva la benché minima idea che fosse stato lui. Ciò confermò una delle sue paure più grandi - Lily pensava che Remus uscisse con James e Sirius solo perché era strano e perché glielo permettevano. Lo ritenevano tutti patetico come Peter nel castello?
“Ti sbagli.” Remus fece una smorfia. “Ora lasciami in pace."
Chapter 16: Primo Anno: Astronomia
Chapter Text
“È bello riaverti, Lupin.” Sirius sorrise, sfilandosi il mantello quando entrarono nell’aula (precedentemente chiusa a chiave) di Difesa Contro le Arti Oscure.
“Cosa vuoi dire?” Rispose Remus guardando James che si arrampicava sulla scala a pioli nell’angolo per raggiungere lo scaffale più alto, dov’era posizionata una gabbia di folletti addormentati. “Non sono andato da nessuna parte.”
“Dai, amico.” Disse Peter, tenendo ferma la scala per James. “Ci siamo accorti che ci stavi evitando come la peste.”
“Non vi stavo evitando.” Remus fece una smorfia. “Ero solo occupato. Stavo…studiando.”
“Beh, spero che ora ti sia passata.” James rise, scendendo lentamente dalla scala mentre stringeva la grande gabbia con entrambe le mani. “Preferirei che tu la smettessi di studiare così tanto - mi costringe a studiare di più, non sono abituato ad avere della competizione.”
“Oh, vai al diavolo, Potter.” Ringhiò Sirius, frugando nei cassetti dei tavoli.
Remus decise che questo scherzo non sarebbe stato esagerato - ad ogni modo, non richiedeva l’uso di magia. Ad essere sinceri, gli era mancato creare guai. Essere un secchione andava benissimo, ma era così noioso. Non c’era da stupirsi che la Evans fosse perennemente accigliata.
“Come facciamo a portarli nella sala da pranzo?” Chiese, piegandosi per osservare le creaturine blu, ancora addormentate, che erano raggomitolate sul fondo della gabbia. Dovevano essercene almeno cinquanta, cosa che Remus trovò alquanto crudele. Era molto meglio liberarle.
“Venite sotto il mantello.” Rispose James, distendendolo perchè ci si potessero infilare sotto. “Forza, Sirius.” Alzò gli occhi al cielo, il ragazzo dai capelli lunghi era a carponi sotto la scrivania del professore.
“Si può sapere cosa stai cercando?” Chiese Peter, la sua voce attutita dal mantello.
“Uno dei Corvonero mi ha detto che c’è una botola qui sotto.” Sirius sospirò, alzandosi e spolverandosi le ginocchia. “Bugiardo.”
“È la nuova ossessione di Black.” Spiegò James a Remus, sistemando il mantello sopra di loro mentre si dirigevano all’uscita. “Trovare porte segrete.”
“In Storia di Hogwarts c’è scritto che ci sono un sacco di passaggi nascosti!” Disse Sirius sulla difensiva. “Come quello che hai trovato tu, Lupin. Sicuramente ce ne sono tantissimi altri, voglio trovarne almeno uno prima che ce ne andiamo.”
“Dicono anche che ci sia un mostro nascosto da qualche parte nel castello.” Rispose James sussurrando mentre tornavano verso la torre dei Grifondoro. Peter rabbrividì.
“È un rischio che sono disposto a correre.” Rispose Sirius, Remus riusciva a sentire un sorriso nella sua voce. “Il mio lascito è molto più importante.”
“Certamente.” James rise.
* * *
La sera dopo a cena, James stava sorridendo come un folle, cercando di non far capire che stesse nascondendo cinquanta folletti addormentati sotto il tavolo e fallendo miseramente. Peter, che era bravo in Astronomia, era occupato a controllare i compiti degli altri Malandrini - dovevano contrassegnare tutte le stelle sulla loro mappa.
“Ma insomma…” Si lamentò Peter, scarabocchiando qualcosa su quella di Sirius. “…almeno potevi azzeccare la tua dannata stella…”
Sirius rise.
“Cosa ci vuoi fare, sono senza speranza.”
"Hai una stella?" Remus aggrottò la fronte, trovandosi ancora una volta un passo indietro rispetto agli altri. Non aveva mai prestato attenzione in Astronomia - conosceva le fasi della luna ed era già abbastanza.
"Sirio." Rispose Peter. "Dai, Lupin, l'abbiamo già fatto. È la stella più luminosa del cielo? La stella del cane?" Sospirò, ora stava guardando il lavoro di Remus. "Sì, l'hai sbagliato anche tu." Si lamentò.
Remus fece spallucce,
"Pensavo che fosse solo il suo nome".
"La nobile e antichissima casata dei Black è sempre stata un po' snobistica con la tradizione dei nomi." Rifletté Sirius. "La metà di noi ha nomi astronomici - c'è Bellatrix, naturalmente; mio padre è Orion, mio fratello Regulus...mamma non è una stella, credo sia un asteroide - piuttosto azzeccato, se l'hai mai vista di cattivo umore. Poi c'è il buon vecchio zio Alphard, lo zio Cygnus... Andromeda si chiama come un'intera galassia.”
"I maghi sono così strani." Sospirò Remus.
"Remus." Sogghignò James. "Lo sai che anche Lupis è una costellazione, vero? Il lupo.”
"Il cosa?!" Remus sentì il suo cuore saltare un battito e quasi mandò di traverso la sua cena. Sirius gli diede una forte pacca sulla schiena, cambiando abilmente argomento;
"Se hai finito di dirci quanto siamo stupidi, Pete, possiamo iniziare a liberare i tu-sai-cosa? Le mie adorabili cugine hanno appena iniziato a mangiare, lo definirei un tempismo perfetto..."
Era davvero perfetto. James diede alla gabbia un calcio secco per svegliare i folletti prima di spazzare via il mantello e sussurrare un rapido incantesimo di sblocco sulla gabbia. Ci fu un'esplosione di rumore, colore e caos.
Remus non sapeva bene cosa aspettarsi dai folletti - erano sembrati perfettamente innocui tutta la notte e tutto il giorno mentre erano rinchiusi a dormire sotto il letto di James.
Ma ora capì esattamente perché Sirius e James erano così eccitati. Quando uscirono da sotto il tavolo, le piccole creature si sparsero in tutte le direzioni, chiacchierando in un acuto linguaggio incomprensibile e sfrecciando avanti e indietro per la sala grande. Saltavano nei piatti di purè di patate, strillando di gioia, afferravano piatti e posate dalle mani degli studenti e li lanciavano per la stanza; tiravano code di cavallo e strappavano pergamene.
“Svelti!” James si chinò sotto il tavolo dove tutti si erano rannicchiati sotto il mantello dell’invisibilità per osservare l’anarchia sbrogliarsi davanti ai loro occhi.
“Fantastico!” Continuava a dire Sirius. “Fantastico, fantastico, fantastico!”
“Forza.” Disse Remus, spingendo i ragazzi in avanti. Il loro piano era quello di rimanere a guardare per un po’, per poi svignarsela dalla sala il più in fretta possibile senza essere beccati.
I quattro cercarono goffamente un modo per uscire - il che fu reso particolarmente difficile da diversi altri studenti che tentavano di rifugiarsi sotto il tavolo. Fortunatamente, i folletti non potevano vedere attraverso i mantelli dell'invisibilità e furono lasciati in pace.
Nel trambusto, nessun altro li notò. Le ragazze urlavano, i ragazzi gridavano, tutti cercavano di coprirsi la testa per proteggersi dai folletti in picchiata, oppure lottavano per recuperare gli oggetti rubati.
"OH SI!" Sussultò Sirius all'improvviso, scoppiando in una fragorosa risata.
Remus si voltò e vide Bellatrix che urlava a squarciagola, i suoi capelli selvaggi venivano strattonati da una parte all'altra dai piccoli parassiti blu, un altro che svolazzava sopra di lei aveva preso la sua bacchetta e la stava agitando contro di lei, producendo fasci di luce blu.
"Lasciami! Schifoso - disgustoso - br... Aaah!” Gridò. Narcissa si rannicchiò sotto il tavolo, stringendo forte la propria bacchetta.
Le cose peggiorarono ulteriormente quando Pix, il poltergeist, entrò nella stanza, sfrecciando allegramente a destra e a manca e causando altrettanta confusione. Sembrava dirigere i folletti, sollevando tovaglie e strillando.
"Qua sotto, folletti! Ci sono un sacco di pivellini del primo anno quaggiù!"
Soffocando le risate, i Malandrini fuggirono dalla stanza quando sentirono risuonare la voce stridula della McGranitt.
"Petrificus Totalus!"
"Saprà sicuramente che siamo stati noi." Ansimò Peter, mentre tornavano verso la torre, ancora sotto il mantello.
"No." Rispose James, con disinvoltura. "Scommetto che darà la colpa ai Prewett, fanno sempre cose grosse come questa. Qualcosa a cui aspirare."
* * *
“Per favore.” Disse Sirius.
“No.” Rispose Remus.
“Per favooooore!”
“No!”
“Perché no?”
“Sarebbe…strano! Non voglio farlo.”
“Ma sarà divertente! Ti prometto che ti piacerà.”
“Sì, certo.”
La conversazione stava andando avanti così da ormai tre corridoi. Remus finì per cercare di accelerare il passo e sentì James riprendere Sirius alle sue spalle.
“Lascia Lupin in pace, okay?”
“Assolutamente no! È troppo importante!” Sirius era irrequieto, il che tendeva a renderlo alquanto fastidioso - solitamente toccava a James sopportarlo.
Avevano passato un lungo pomeriggio in biblioteca a completare le carte zodiacali per il ripasso di Astronomia. Mancavano ancora mesi agli esami, ma James aveva insistito a portarsi avanti. Ovviamente, Sirius dovette fare altrettanto e Peter doveva andare ovunque James andasse. Remus non voleva essere escluso. Stavano riflettendo sui loro segni zodiacali, quando era venuto fuori che Remus era dei Pesci. Sirius aveva subito dedotto che il suo compleanno si stesse avvicinando. E così erano iniziate le suppliche.
“Ovviamente non è così importante per Remus.” Sibilò James a Sirius. “Fai qualcosa per il mio compleanno, se proprio devi, non è molto dopo.”
“Aspetta il tuo turno.” Sirius lo zittì. “Prima tocca a Lupin.”
“Davvero, Sirius, non mi importa.” Sospirò Remus quando raggiunsero il ritratto della signora grassa. “Non essere troppo eccitato.”
“Ma è il tuo compleanno!” Rispose Sirius, con entusiasmo. “Dobbiamo essere eccitati.”
Remus non ne vedeva il motivo. A nessuno era mai importato così tanto del suo compleanno. C'era la torta, naturalmente, ma condividere una torta con altri cinquanta ragazzi non ti lasciava una fetta molto grande. Inoltre tutti i bambini piccoli insistevano per avere un turno per spegnere le candeline e così ci voleva un'eternità. La direttrice incartava alcuni regali, ma di solito erano pratici - vestiti nuovi, calzini, biancheria, penne e quaderni. A parte questo, non c'era niente di speciale in quel giorno. In realtà non vedeva l'ora di essere lontano dal St. Edmund, perché pensava che Sirius, James e Peter fossero probabilmente troppo ben educati per sapere dei 'colpi per il compleanno' - un pugno sul braccio per ogni anno di età (e uno come porta fortuna - di solito il più forte).
"Perché è così importante?!" Sbuffò Remus, arrampicandosi nel buco del ritratto. Non sopportava quando Sirius era così - testardo e ostinato.
Ma quando si voltò, fu sorpreso di vedere che Sirius si stava sfregando il braccio con un'aria insolitamente ferita.
"Voi tutti avete fatto delle cose per il mio compleanno e... beh, è stato davvero bello. Non mi era mai importato più di tanto prima, ma... beh, è stato fantastico, no?"
Remus si sentì improvvisamente in colpa. Si rese conto che Sirius non voleva essere di nuovo al centro dell'attenzione - stava cercando di rendere felice Remus. Come se questo potesse rendere felice anche lui. Remus non aveva mai avuto molte opportunità di dare a qualcuno ciò che voleva veramente. Cedette
"Oh... ok, va bene. Ma non una grande festa o altro, solo noi Malandrini, okay?"
"Okay." Sirius sorrise, subito il suo viso si trasformò, gli occhi scintillanti come stelle.
Chapter 17: Primo Anno: Dodici
Notes:
Buon compleanno Remus! Torta e cartografia…
Chapter Text
Il dodicesimo compleanno di Remus fu un venerdì quell’anno. Solitamente il venerdì dopo le lezioni James gli obbligava ad andare ad assistere agli allenamenti della squadra di Quidditch di Grifondoro mentre Remus leggeva in silenzio in un angolino. Tuttavia, Sirius era riuscito a convincere James che non sarebbe successo nulla se avesse saltato un allenamento - soprattutto dato che non faceva ancora parte della squadra - e che probabilmente a Remus sarebbe piaciuto fare altro il giorno del suo compleanno.
Fu svegliato presto dai suoi tre compagni di stanza che si ammassarono sul suo letto urlando “Buon compleanno, Lupin!” Non provarono a tirargli un pugno, quindi si prospettava già il miglior compleanno di sempre.
Una volta arrivata l’ora di colazione, James e Sirius marciarono davanti a lui, aprendo un varco tra gli altri studenti per arrivare ai loro soliti posti e annunciando ad alta voce,
“Fate largo, per favore!”
“Sta arrivando il festeggiato!”
“Forza, non c’è niente da vedere!”
Quando finalmente raggiunsero il tavolo, Remus voleva solo nascondercisi sotto. I suoi tre amici gli servirono la colazione con gesti teatrali, impedendogli di prendere qualsiasi cosa da solo. Peter gli versò il tè, James riempì il suo piatto di cibo e Sirius gli imburrò il toast.
“Dovete proprio?” Si lamentò Remus, terribilmente imbarazzato.
“Assolutamente.” Disse James.
“Certamente.” Annuì Peter.
“Indubbiamente.” Concluse Sirius.
Remus scosse la testa, rosso in volto, e abbassò lo sguardo verso il suo cibo. Quando finì di mangiare - e ci volle un po’ dato che gli avevano servito una doppia porzione di quasi tutto - si alzarono, i ragazzi continuarono a sfoggiare sorrisi a trentadue denti.
“Cosa c’è?!” Chiese, nervoso. Se gli avessero davvero dato i ‘colpi per il compleanno’, sperava almeno che l’avrebbero fatto in fretta. Forse esisteva una versione magica? Dopotutto si era perso il compleanno di Sirius, non sapeva cosa aspettarsi. Peter e James misero entrambi una mano sulla sua spalla, costringendolo a tornare a sedersi. Sirius tirò fuori un diapason a fiato dalla sua tasca e suonò una lunga nota. Remus serrò gli occhi. Oh no…
“Taaaaaanti auguri a te!” Urlarono i tre ragazzi con tutto il fiato che avevano in corpo. “Taaaanti auguri a teeee! Taaanti auguri a Reeeeemus!”
Il resto della sala si unì a loro e Remus si coprì il viso con le mani.
“Taaaanti auguriiii aaaaa teeeee!”
“Hip hip!” Urlò James, mettendosi in piedi sulla panca.
“Urrà!” Risposero in coro i Grifondoro.
“Almeno ora è tutto finito.” Borbottò Remus, il volto che gli scottava, una volta che furono terminati gli applausi. Peter lo guardò con compassione.
“Mi dispiace, amico, ma vogliono farlo anche a pranzo e a cena.”
* * *
Dovettero comunque seguire l’ultima lezione della settimana, Pozioni - Remus aveva scoperto che anche se faceva i compiti e capiva quello che c’era scritto sul libro, non aveva alcun talento naturale nel preparare pozioni. Inoltre era una materia assai noiosa e Lumacorno aveva iniziato a menarla sulle cinque componenti chiave del distillato soporifero - cosa che fece venire voglia a Remus di appisolarsi.
Piton non lo disturbò - anzi, non aveva nemmeno guardato nella sua direzione dall’incidente nel corridoio. Lily gli sorrise e gli augurò un buon compleanno, prima di alzare i suoi grandi occhi smeraldo al cielo quando James e Sirius cercarono di convincere Lumacorno a non assegnare nessun compito vista la speciale ‘occasione’.
A cena Remus dovette patire quella che sperava essere l’ultima intonazione di ‘tanti auguri’ e che fu anche la più rumorosa - soprattutto perché Silente era presente e si era messo a dirigere l'intera scuola, cantando a squarciagola. Ricevette anche un paio di biglietti di auguri - uno da parte di tutta la casa di Grifondoro e un altro dalla direttrice insieme a un nuovo paio di calze.
Dopo cena si accomodarono nella sala comune e Sirius trascinò giù il suo pesante giradischi per mettere Electric Warrior per la centesima volta da Natale.
“I was dancing when I was twelve…”
A un certo punto, qualcuno tirò fuori una torta decorata con glassa dei colori di Grifondoro - rosso e oro - e dodici candeline rosa. Quando Remus tagliò la prima fetta (tutti l’avevano incoraggiato a esprimere un desiderio, ma non era riuscito a pensare a nulla) rimase stupito da vedere che era di quattro gusti diversi - un quarto al cioccolato, un quarto al limone, un quarto con il pan di spagna e un quarto al caffè e noce.
“Come il tuo toast.” Sorrise Sirius, elettrizzato dall’espressione di sorpresa sul volto di Remus. “Pensavamo che ti saresti stufato subito se fosse stata tutta di un unico gusto.”
“Wow…grazie!”
“Allora, cosa vuoi fare per il resto della serata?” Chiese James. “C’è ancora abbastanza luce fuori se vuoi andare a vedere gli-“
“Non vuole, James! Dannazione, devi trovarti un altro hobby, amico, stai diventando noioso.”
“Non mi dispiace se vuoi andare a vedere gli allenamenti di quidditch.” Si affrettò a dire Remus. “Avete già fatto tanto, davvero. Tre canzoni in un giorno, che altro potrebbe chiedere un dodicenne?”
“No.” James scosse la testa eroicamente. “Sirius ha ragione, è il tuo compleanno, faremo qualcosa che piace a te.”
Rimasero in silenzio per un momento prima che James si schiarisse la voce. “Ehm, Lupin? Cos’è che ti piace fare?”
Remus ci pensò. Poteva facilmente elencare le cose che non gli piacevano; il calcio, i compiti, volare, Pozioni. Ma nessuno gli aveva mai chiesto cosa gli piacesse fare. Gli piaceva guardare la tele, ma non ne aveva vista nemmeno una ad Hogwarts. Gli piaceva scegliere cosa mangiare a colazione e cena. Gli piaceva ascoltare la musica di Marc Bolan col giradischi di Sirius. Ma nessuno di questi era davvero un hobby.
“Leggere?” Disse Peter, cercando di aiutare. “Leggi molto.”
“Davvero?!” Remus inarcò le sopracciglia. Non ci aveva pensato, ma era vero. Da Natale aveva finito di leggere tutti i libri di testo di quell’anno e anche qualche volume preso in prestito in biblioteca.
“Oh, sì, fantastico.” James alzò gli occhi al cielo. “Buon compleanno, Lupin, fondiamo un club del libro.”
Sirius ridacchiò. Peter sembrò irritato.
“Beh, io cosa ne so? A parte leggere, sembra che ti piaccia solo finire in punizione, Remus.”
Remus rise a quelle parole, alzando le mani in segno di scusa.
“Scusate ragazzi, devo essere davvero noioso.”
“Che ci dici delle volte in cui scompari?” Chiese Sirius, improvvisamente. Remus esitò.
“Cosa vuoi dire?! Te l’ho detto, soffro di emicrania, vado in infermeria.” Si affrettò a rispondere.
Sirius agitò una mano.
“No, non mi riferisco a quello - a volte sparisci dopo le lezioni o mentre noi guardiamo il quidditch. Cosa fai?”
Remus si sentì arrossire. Aveva iniziato a vagare di meno da solo, ma chiaramente i suoi amici se ne erano comunque accorti. Lo fissarono tutti, aspettando una risposta. Si morse il labbro.
“Io…vado in giro.” Disse con fatica.
“Sì, ma dove?” Chiese Peter. “Fuori dal castello?”
“Ovunque.” Remus alzò le spalle. “Mi piace esplorare. Così so dove si trovano le cose.” Tirò fuori la mappa dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni. “È una sciocchezza. Quando vedo qualcosa di interessante lo appunto sulla mappa che ci hanno dato all’inizio dell’anno.”
James prese la mappa e la aprì. I ragazzi vi si chinarono sopra per osservarla. Rimasero in silenzio per un momento. Sirius sembrava sbalordito.
“Hai aggiunto tutti i ritratti…persino con il loro nome.”
“La mia ortografia è pessima.” Remus arrossì ancora di più, voleva strappargli la mappa di mano.
James fece una smorfia.
“Quello cos’è?” Chiese indicando un segno che Remus aveva fatto su una scalinata.
“Uno di quei gradini a cui bisogna fare attenzione.” Rispose Remus. “Questo è quello in cui affondi. Quello” indicò un altro segno, “è quello che scompare. Le scale con le frecce sono quelle che si muovono. Ho usato diversi colori per indicare dove si spostano.”
“Merlino!” Esalò Peter. “Sai quanto tempo mi farebbe risparmiare?! Finisco intrappolato nel corridoio sbagliato due volte a settimana a causa di quelle dannate scale.”
“Anch’io.” Disse James.
“Fanculo arrivare a lezione in orario!” Esclamò Sirius. “Cercate di riconoscere le implicazioni estremamente importanti di questa mappa. Tutte le nuove possibilità che abbiamo per fare degli scherzi!”
Un sorriso si allargò sul volto di James, poi su quello di Peter. Remus si appropriò velocemente della mappa, piegandola.
“Non è ancora completa. Mancano molte cose. Vorrei fare anche qualche incantesimo, una volta che avrò capito come.”
“Che tipo di incantesimo?” Chiese Sirius con entusiasmo.
Remus esitò. Apprezzava l’interesse, e l’eccitazione, di Sirius - ma voleva davvero lavorare sulla mappa da solo, per quanto sciocco potesse sembrare. Dopo tutto, Sirius aveva inventato l’incantesimo di lettura e aveva trovato quello della nube portatrice di pioggia.
Per ragioni che non riusciva a spiegare, Remus aveva un forte desiderio di dimostrare che era altrettanto intelligente - o altrettanto capace - di fare il lavoro sporco questa volta.
"Solo alcuni miglioramenti." Disse, cautamente. "Penserete che è una sciocchezza."
"No, non è vero." Rispose Peter, seriamente. "Possiamo aiutarti!"
"Okay... però resta la mia mappa."
"Certo che è tua." Sorrise James, in modo rassicurante. "Ad esempio, il mantello è mio, no? Ma messo al servizio del misfatto...".
"È di ogni malandrino." Concluse Sirius, con gli occhi che scintillavano.
"La mappa del malandrino." Ripeté Remus, ancora non a suo agio al cento per cento nel condividere il suo progetto privato.
"È ancora tua, Lupin." Continuò Black. "Metteremo il tuo nome per primo e tutto il resto!"
"Non sono sicuro che sia una buona idea scriverci sopra i nostri nome..." Disse Peter, nervosamente.
"I nostri soprannomi, allora." Sirius alzò le spalle.
"Non abbiamo soprannomi." Rispose Remus. "Beh, in realtà io ne ho uno, ma non voglio che ci sia scritto 'Lunatico Lupin' sopra."
Gli altri tre scoppiarono a ridere. Dopodiché Remus decise che non era poi così male, rendere i ragazzi partecipi del suo segreto. In realtà era sollevato; aveva cominciato a chiedersi se non fosse solo una sua follia privata - tracciare e registrare ogni cosa nel castello, appuntarla, ordinarla. James, Sirius e Peter sembravano meno interessati alla soddisfazione che avrebbe portato terminare la mappa e più desiderosi di pianificare il loro prossimo scherzo con essa.
Trascorsero il resto della serata sotto il mantello, vagando per i corridoi. Il mantello, secondo Remus, non era strettamente necessario, dato che avevano tutti intenzione di tornare prima del coprifuoco. Tuttavia, James e Sirius non perdevano mai l'occasione di trasformare anche la più piccola gita in una missione su larga scala e Peter si divertiva semplicemente a girovagare senza essere visto. Divenne tutto chiaro, in ogni caso, quando Sirius tirò fuori cinque caccabombe, con le quali si divertirono durante il tragitto; strisciando dietro ignare coppie che si sbaciucchiavano o facendole cadere nelle tasche degli studenti più grandi che si affrettavano verso la biblioteca.
Remus mostrò loro ciò che aveva elaborato finora, i passaggi e le scorciatoie che aveva scoperto e anche alcuni dei suoi posti nascosti (non tutti, naturalmente, non si sa mai). Raccontò loro anche il suo piano di mettere una specie di incantesimo di localizzazione su Mrs Purr, la gatta di Gazza, in modo da poterla veder arrivare. Amarono l’idea.
"Perché fermarsi lì?" Sussurrò Sirius, mentre giravano l'angolo per tornare alla sala comune alla fine della serata. "Perché non tracciare tutti?"
"Tutti?"
"Sì, così sapremmo sempre quando arriva qualcuno, potremmo farla franca con qualsiasi cosa."
"Non so." Rispose Remus, a disagio con l'idea. Che cosa sarebbe successo se i suoi amici l’avessero visto dirigersi verso il Platano Picchiatore ogni mese? Quanto tempo sarebbe passato prima che avessero deciso di seguirlo finendo per essere ammazzati? Per la prima volta, Remus si rese conto che la mappa non era così innocua come aveva pensato inizialmente.
Ma James e Peter erano impegnati a concordare con Sirius, dicendo che era un'idea eccellente; già immaginando di poter vedere cosa stava combinando Silente o dove si annidava Piton. Remus credeva fermamente che, con abbastanza tempo a disposizione, Sirius Black e James Potter avrebbero potuto davvero fare tutto ciò che volevano - erano semplicemente fatti così. Sperava solo che avrebbero avuto bisogno ancora di molto tempo.
Chapter 18: Primo Anno: Ripasso
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l tempo sembrò passare velocemente dopo il compleanno di Remus. I giorni si allungarono e la primavera era arrivata alle porte del castello, invadendolo con la sua luce e la sua aria fresca dopo un lungo inverno. Gli esami erano incombenti e Remus aveva finalmente superato l’ansia di leggere in pubblico, passando sempre più tempo in biblioteca. Al posto di escogitare nuovi piani e scherzi, i Malandrini passavano le loro sere ad esercitarsi con vari incantesimi e ad interrogarsi a vicenda sugli ingredienti di diverse pozioni.
Sirius e James avevano preso gli esami molto seriamente; per loro, era una vera e propria competizione. Anche se entrambi lo negavano con veemenza, Remus sospettava che i due ragazzi nutrissero il desiderio di difendere il loro onore da purosangue - era un atteggiamento inveterato in tutta la scuola, perfino tra i professori. La cosa non infastidiva Remus - anche se non prendeva ottimi voti in tutte le materie, era sicuramente migliorato. In realtà, era grato di non avere una famiglia che gli facesse pressione.
La pressione subita da Peter era più che evidente. Non era affatto un cattivo studente - anzi, eccelleva in Erbologia e Astronomia, spesso prendendo voti più alti di James. Ma era nervoso, e questo tendeva a influenzare il modo in cui utilizzava la bacchetta, rendendo i suoi incantesimi approssimativi. Peter non parlava spesso della sua famiglia, anche se riceveva molte lettere da loro, e Remus aveva notato che James cercava di evitare l’argomento.
“Quanto ci serve per essere promossi?” Il ragazzo dal viso tondo lo chiedeva almeno almeno quattro volte al giorno.
“Peter, calmati.” Lo tranquillizzò James. “Andrà tutto bene; sai la teoria a memoria ormai, devi solo metterla in pratica.”
“Anche io sarei un po’ agitato al posto suo.” Sussurrò Sirius a Remus quando gli altri due ragazzi furono fuori portata d’orecchio. “Ci sono stati almeno dodici magonò nella famiglia Minus - e ti parlo solo di questo secolo.”
“Magonò?”
“Maghi senza magia.” Spiegò Sirius pazientemente. “Sai come a volte nascono dei maghi nelle famiglie babbane? Succede anche il contrario - a nessuno piace parlarne molto. A dire il vero, il mio pro prozio aveva questa folle teoria secondo la quale i babbani scambiano i loro figli con i nostri per potersi infiltrare nel mondo magico. Era completamente fuori di testa, ovviamente.”
“Okay…” Rispose Remus, sperando che sembrasse che avesse capito tutto quello che aveva detto Sirius. “È per questo che la magia di Peter è un po’…inaffidabile?”
“Non so.” Sirius alzò le spalle. “Forse. Non so se si può effettivamente provare che il fatto di essere magonò sia una cosa di famiglia. Ma è il motivo per cui i Minus non sono nelle sacre ventotto.”
Remus sospirò rumorosamente, fulminando Sirius con lo sguardo.
“Sai benissimo che non so cosa significhi.”
Sirius ghignò.
“Beh, io come faccio a esserne sicuro, Lupin, con tutto quel tempo che passi a leggere ultimamente? È bello sapere che so ancora più cose di te.”
Remus rispose facendo una risata nasale, riabbassando lo sguardo sui suoi appunti. Sirius si affrettò a continuare, come se non volesse perdere l’attenzione del ragazzo.
“Le Sacre Ventotto sono le famiglie purosangue più pure in assoluto. Le ultime famiglie ‘incontaminate’.”
Remus mandò a Sirius un’altra occhiataccia. Il ragazzo dai capelli lunghi sollevò le mani, affrettandosi a spiegare,
“Parole loro, non mie! Sai che non credo in quelle stronzate sul sangue puro.”
“Giusto.” Remus inarcò un sopracciglio. “Ma scommetto che i Black siano i primi nella lista.”
“Veramente,” rispose Sirius, gli occhi che gli brillavano, divertiti, “i primi sono gli Abbott. È in ordine alfabetico.”
Remus brontolò e tornò a ripassare Pozioni.
* * *
Gli esami non erano la prima delle preoccupazioni di Remus. Era abbastanza sicuro che sarebbero andati bene - aveva persino consultato le regole (una pergamena lunga quasi quattro metri e mezzo) e aveva confermato che l’uso dell’incantesimo Scriboclara per migliorare la grafia era accettabile se lo studente era in grado di gettarlo da solo. Remus usava l’incantesimo da novembre, non aveva problemi su quel fronte.
Due cose preoccupavano Remus più che passare gli esami. In primo luogo, c’era la triste consapevolezza che sarebbe dovuto tornare al St Edmund a giugno. Anche se era partito solo un paio di mesi prima, la differenza tra il St Edmund e Hogwarts sembrava abissale, come quella tra vedere in bianco e nero o a colori. Mentre gli altri studenti attendevano con gioia la lunga, calda estate di vacanze all’estero, svago e riposo, a Remus sembrava di stare per affrontare l’esilio.
Non era permesso praticare magia al di fuori di Hogwarts fino ai diciassette anni, il che significava che oltre a non poter rimanere in contatto con i suoi amici, Remus non sarebbe più stato in grado di leggere. Per lui, l'estate si allungava davanti ai suoi occhi, vuota e desolata, punteggiata da lunghe notti arrabbiate rinchiuse nella sua cella.
E poi c'era il secondo problema di Remus, pronto come sempre a mostrare il suo brutto muso peloso. Come Madama Chips aveva previsto, da quando Remus aveva compiuto dodici anni le sue trasformazioni erano diventate molto, molto peggiori. Non c'era alcuna spiegazione in nessuno dei libri che aveva letto, a parte qualche vaga parola sull'adolescenza e la pubertà. Mentre prima se la cavava con qualche morso e qualche segno di artigli - del tipo che ci si procura con un cucciolo giocherellone che non intende fare del male davvero - ora si svegliava con profondi e furiosi squarci che sanguinavano copiosamente finché la Chips non arrivava a tamponarli. L'agonia della trasformazione stessa raggiungeva livelli quasi intollerabili e spesso aveva la nausea per ore prima del sorgere della luna.
A peggiorare le cose, Remus passava periodi più lunghi nell'infermeria e stava diventando sempre più difficile da spiegare. I suoi amici avevano cominciato a chiedersi ad alta voce che cosa mai potesse essere il suo malessere - a volte suggerendo che si stava dando da fare per evitare le lezioni, altre volte prendendolo in giro perché era contagioso.
Almeno al St Edmund non aveva amici che si preoccupassero di dove andava ogni mese.
Era chiaro che nemmeno Sirius aspettasse l’estate con felicità. Diventava insolitamente silenzioso ogni volta che si menzionava l'imminente vacanza, i suoi occhi si rabbuiavano e ogni traccia di colore lasciava il suo viso. James li aveva invitati a stare da lui per tutto il tempo che volevano - ma Sirius rimase pessimista.
“Sai che non me lo permetteranno mai.” Sospirò.
“Su con il morale, amico.” James circondò il suo amico con un braccio. Erano seduti insieme sul grande divano nella sala comune, Peter era su una sedia, concentrato a transfigurare una banana in una ciabatta. Non stava funzionando. Remus era sdraiato prono sul tappeto davanti al camino. Aveva un taglio sulla schiena con non si stava rimarginando a dovere, anche dopo le cure di Madama Chips, e quella era l’unica posizione comoda.
Ma il morale di Sirius non volle migliorare.
“È vero, non lo faranno. A giugno c’è il dannato matrimonio di Bellatrix e puoi scommetterci che dovrò sorbirmi tutto.”
“Siamo stati invitati anche noi.” Disse Peter improvvisamente, alzando lo sguardo dalla sua pantofola che era ancora di un giallo acceso e che sembrava spiacevolmente attaccaticcia. “Probabilmente ci vedremo.”
“Sì, fantastico.” Sbuffò Sirius, esalando così tanto da spostare i suoi lunghi capelli dalla sua fronte. “Se prima non mi trasformano in un tritone. O se non mi intrappolano in un ritratto per tutta l’estate - una volta l’hanno fatto ad Andromeda. Non è più stata la stessa, ora odia i quadri magici.”
“Allora ci vedremo dopo il matrimonio.” Disse James, cercando con tatto di deviare la discussione il più lontano possibile dalla famiglia Black. “Ci inventeremo qualcosa. Ti farò evadere, se devo, lo giuro.”
Sirius sorrise a James, che ricambiò il gesto. Il loro linguaggio del corpo era identico e Remus provò una fitta di solitudine. Sapeva che l’essere la pecora nera non era l’unico dei problemi familiari di Sirius - c’erano quelle cicatrici che gli aveva fatto vedere a settembre, ovviamente, ma, per quanto ne sapeva Remus, erano perfettamente normali. La direttrice lo picchiava quando non si comportava bene e i suoi insegnanti babbani spesso lo bacchettavano - non c’era alcun motivo per sospettare che la vita a casa di Sirius fosse fuori dall’ordinario.
Era chiaro che James sapesse di più al riguardo. Remus ne era sicuro, era l’unica cosa su cui Potter non stuzzicava mai Sirius - la sua famiglia. Parlavano spesso di notte, quei due - Remus aveva sentito Sirius piangere più di una volta. Gli faceva venire voglia di lanciare un incantesimo silenziatore; odiava sentire la gente piangere, lui stesso piangeva raramente.
“Anche tu, Lupin.” Stava dicendo James.
“Uhm?” Remus ritornò alla realtà. Inarcò cautamente la sua schiena e cercò di non fare una smorfia quando una fitta di dolore gli attraversò la schiena come una saetta.
“Perchè non vieni da me quest’estate? Abbiamo un sacco di stanze per gli ospiti e a mamma non dà fastidio.”
“Non posso.” Remus scosse la testa, tornando a guardare il suo libro. La schiena gli bruciava. “La direttrice non me lo permetterà. È la mia tutrice legale, è la legge babbana.”
“Ci sarà un modo per aggirarla.” Rispose James con sicurezza. “Verrete entrambi, vero? Me ne occupo io.”
Remus sorrise, ma sapeva che non c’era nulla che James potesse fare. La luna piena era alla fine di ogni mese, come sempre, e dopodiché non avrebbe avuto nemmeno una settimana libera prima della fine dell’estate. Inoltre, la direttrice non l’avrebbe davvero lasciato andare.
“Penso di esserci riuscito!” Sussultò Peter improvvisamente, sollevando la sua ciabatta giallo brillante.
“Ben fatto, Pete.” Disse Sirius con monotonia. “Prova a vedere se ti sta.”
Remus si mise a sedere, la schiena stava iniziando a fargli davvero male. Quando si raddrizzò sentì un caldo rivolo di sangue percorrergli la spina dorsale e bagnare l’elastico dei suoi pantaloni. Allarmato, si alzò in piedi, velocemente.
“Bleah!” Squittì Peter, togliendo il suo piede scalzo dalla pantofola, era coperto di appiccicosi pezzetti di banana. James si mise a ridere così tanto che gli occhiali gli scivolarono lungo il naso.
“Pete, stava scherzando! Devi smetterla di fare tutto quello che ti diciamo.”
“Tutto bene, Lupin?” Sirius alzò lo sguardo all’improvviso. Remus era ancora sul tappeto, indeciso sul da farsi. Doveva andare immediatamente in infermeria, ma non aveva idea di cosa dire ai ragazzi.
“Sì, uhm… pensavo di andare a fare un giro.”
“Dove? È quasi il coprifuoco.” Il volto di Sirius si illuminò. “Cos’hai in mente?”
“No, no, nulla… volevo solo…”
“Veniamo anche noi!” James si alzò. “Vado a prendere il mantello.”
“No!” Urlò Remus.
Si bloccarono tutti, compreso Peter che era impegnato a togliere i pezzi di banana tra le dita del suo piede.
“Io…” Remus balbettò. “Non mi sento molto bene. Volevo solo andare da Madama Chips, tutto qui.”
“Va bene, amico.” Disse James, alzando le mani con gentilezza. “Calmati. Vuoi che ti accompagniamo?”
“Ti accompagno io.” Disse Sirius velocemente. Si alzò e afferrò il gomito di Remus, tirandolo verso il buco del ritratto prima che gli altri due potessero aggiungere qualcosa.
“Sirius…” Iniziò a dire Remus una volta che furono entrati nel corridoio vuoto.
“Tranquillo, Lupin, ti accompagno e basta. Non entrerò mica con te.”
Remus lo guardò, confuso, poi annuì e iniziò a camminare con la massima velocità che la sua schiena dolorante gli concedeva. Conosceva Sirius abbastanza bene da sapere che era impossibile fargli cambiare idea. Se fosse stato Peter, probabilmente avrebbe lasciato che i nervi avessero la meglio su di lui e sarebbe corso indietro. James probabilmente avrebbe rispettato la sua volontà. Ma Sirius, Sirius doveva sempre insistere.
"Stai bene?" Chiese Sirius, guardandolo. "Stai camminando rigidamente."
"Non mi sento bene." Ripeté Remus, a denti stretti. Sperava che Sirius pensasse solo che fosse arrabbiato con lui e non si rendesse conto che in realtà stava cercando di non guaire dal dolore.
“Ok.” Rispose Sirius, senza scomporsi. Continuarono a camminare in silenzio. Quando finalmente raggiunsero l’infermeria, rimasero fuori, a disagio, per qualche momento. I caldi occhi ambrati di Remus fissavano quelli azzurri e freddi di Sirius come per sfidarlo a fargli una domanda.
“Spero che tu ti senta meglio.” Si limitò a dire Sirius. “Possiamo venire a trovarti domani, se sei ancora qui?”
“Mh, va bene.” Disse Remus, cautamente. Cercò di scrollare le spalle, poi trasalì. L’espressione di Sirius non vacillò.
“Riprenditi, Lupin.” Disse a bassa voce, prima di girarsi e affrettarsi a tornare da dove erano venuti.
Remus lo guardò allontanarsi finché non ebbe girato l’angolo. Aveva la stranissima sensazione che Sirius si sarebbe voltato a guardarlo prima di andarsene. Quando non lo fece, Remus non poté fare a meno di sentirsi stranamente deluso, anche se ormai l’avrebbe dovuto capire - Sirius Black non era mai prevedibile.
Rabbrividì lievemente - in parte per il dolore crescente, in parte per qualcos’altro - e aprì la porta dell’infermeria.
Chapter 19: Primo Anno: La Fine della Scuola
Summary:
Il primo anno si conclude…
Notes:
Insulto omofobo verso la fine del capitolo.
Chapter Text
Remus non l’avrebbe mai ammesso a nessuno, ma gli piacque molto il periodo di esami ad Hogwarts. Non ci furono lezioni per due settimane e, mentre tutti cercavano di capire quello che dovevano fare, presi dal panico, Remus era alquanto rilassato.
Non si poteva dire lo stesso del resto dei suoi compagni. Lily Evans aveva iniziato a tendere un’imboscata ad altri studenti in biblioteca e nella sala comune, pretendendo che la interrogassero sulle rivolte dei goblin del diciottesimo secolo. Peter mormorava costantemente tra sé e sé, torcendosi le mani. Marlene McKinnon e Mary McDonald, due Grifondoro del primo anno che Remus tendeva ad evitare, continuavano a scoppiare in risate isteriche. James e Sirius si comportavano in malo modo con più spavalderia del solito; facendo esplodere petardi nei corridoio e gettando incantesimi di sparizione sulle cartelle di ignari studenti in biblioteca. Remus non riusciva a capire se stessero semplicemente reagendo alla generale atmosfera d’ansia o se stessero sfogando i loro nervi.
Gli studenti più grandi non nutrivano alcuna pietà per i loro compagni più piccoli. Durante quell’ultima settima, Frank Paciock assegnò più punizioni di tutte quelle che aveva dato durante il resto dell’anno e aveva persino minacciato James e Sirius di togliere cinquanta punti a Grifondoro se non avessero smesso di far levitare delle boccette di inchiostro nella sala comune. Secondo Remus, se l’erano cavata con poco - una sera Bellatrix Black aveva affatturato metà dei Serpeverde perché stavano parlando a un volume troppo alto mentre stava studiando per i MAGO. Non erano stati in grado di parlare per tre giorni - Madama Chips aveva dovuto far ricrescere le loro lingue.
Il primo esame fu quello di Incantesimi, quindi Remus partì col piede giusto. Dovevano solo incantare una noce di cocco perché ballasse una danza irlandese, cosa che, personalmente, trovò alquanto facile. Lui, James e Sirius erano riusciti a farlo senza alcun problema, ma inizialmente la noce di cocco di Peter si era rifiutata di muoversi di un millimetro, poi, quando il ragazzo era riuscito a farla danzare, ne aveva perso il controllo, facendola rotolare giù dalla scrivania, infrangendosi sul pavimento di pietra.
Anche Trasfigurazione andò bene, nonostante fosse una materia più complessa. Il loro compito era trasformare un cervo volante, in un portapepe - Sirius ci riuscì in pochi minuti, nascose a malapena il piccolo sorrisetto orgoglioso che si incurvò sulle sue labbra quando la McGranitt gli disse che era stato il migliore esempio di trasfigurazione su piccola scala che aveva mai visto fare da uno studente del primo anno. La pepiera di Remus non era niente male, ma era ancora lucida e nera, mentre Sirius era riuscito a crearne una di vetro. James tentò di ottenere della porcellana e sembrava che ci fosse riuscito finché la McGranitt non provò a macinare dei grani di pepe - il portapepe spiegò le ali e volò fuori dalla finestra, facendo urlare Marlene e Mary. Anche dopo un’ora, il macinapepe di Peter aveva zampe e antenne.
Erbologia e Storia della Magia erano entrambi esami scritti. Remus sorprese perfino se stesso scrivendo il tema di storia più lungo della classe - aveva dovuto chiedere a Peter, che era seduto di fianco a lui, un’altra pergamena. A quanto pare, dopo tutto, c’era molto da dire sulle rivolte dei goblin. Pozioni fu più semplice di quello che si immaginava - dovevano preparare una cura per le verruche senza alcuna istruzione. Avendo una memoria di ferro, dovuta ad anni di allenamento, Remus sapeva di avere le quantità giuste di tutti gli ingredienti che gli servivano, nonostante le sue abilità di preparazione mancassero di precisione.
Tra un esame e l’altro, Remus si godeva le ultime settimane di libertà vagando per i corridoi e facendo nuove annotazioni sulla sua mappa (quando era da solo) o mangiando gelato vicino al lago (quando era con gli altri). Aveva scoperto da poco un corridoio che profumava vagamente di cioccolato, ma non riusciva a capirne il motivo - non era affatto vicino alle cucine.
Le giornate iniziavano ad essere calde e con l’arrivo di giugno e della fine degli esami, i Malandrini concentrarono la loro attenzione sul creare guai.
“Deve essere qualcosa di grande.” Disse James in modo deciso. Affermava spesso cose simili, aspettando che a qualcun altro venisse un’idea - che lui poi avrebbe dovuto approvare. “Un ultimo urrà.”
“Non sarà l’ultimo.” Rispose Sirius, strappando dei fili d’erba. “Tra due mesi torneremo qui.”
“Forse voi sì.” Disse Peter preoccupato. “Sono sicuro di non aver passato nemmeno un esame.”
James sventolò in aria una mano, liquidando la paura di Peter. Era una giornata troppo calda e rilassata per passare troppo tempo a rassicurarlo. Stavano poltrendo nel loro nuovo posto preferito, vicino a un albero in riva al lago. Peter era seduto nell’ombra offerta dai rami perché la sua pelle era chiara e si scottava facilmente. James e Sirius si erano tolti i mantelli e avevano arrotolato le maniche della loro brillante uniforme bianca per combattere il caldo. Remus era disteso al sole a godersi il calore che penetrava nelle sue articolazioni doloranti; indossava ancora il mantello per coprire le sue ferite più recenti. Gli piaceva quel posto perché poteva dare le spalle al Platano Picchiatore senza essere costretto a guardarlo.
“Ci sono rimaste delle caccabombe?” Chiese Remus, strizzando gli occhi verso il cielo azzurro, poi chiudendoli per vedere gli strani motivi rimasti impressi sulle sue retine.
“Sì, un paio. Ma non sono abbastanza per un ultimo grande commiato.”
“Quanto ‘grande’?”
“Più grande delle caccabombe.” Rispose James, pulendo i suoi occhiali come faceva spesso quando pensava. “Abbastanza grande da far capire a tutti che siamo stati noi.”
“Sapranno che siamo stati noi. La McGranitt lo sa sempre.” Si intromise Sirius, alzandosi e lanciando un sasso nel lago. Rimbalzò cinque volte - era bravissimo, gli riusciva sempre. Possedeva questa sorta di fluida eleganza che era più animale che umana. Faceva impazzire Remus - dopo tutto, era lui a non essere completamente umano, eppure aveva la grazia di un bruco.
“Potrebbero incolpare i Prewett.” Replicò James. “È tutto l’anno che ci superano.”
“Niente ha mai superato i folletti.” Disse Sirius, sulla difensiva. Lanciò un'altra pietra. Questa volta, al quarto rimbalzo, un lungo tentacolo argenteo spuntò dall’acqua e la rimandò pigramente verso di lui. Sirius ghignò.
“Anche la polvere urticante non era niente male, dovete ammetterlo." Mormorò Remus coprendosi il volto con un braccio.
“Esattamente.” Continuò Sirius, entusiasticamente. “Ci meritiamo dei punti per l’ingegno.”
“E la tempesta!” Disse Peter, ansioso di essere incluso nella conversazione. Smisero tutti di parlare. Remus si mise a sedere. Non parlavano dell’incidente da gennaio. Peter si morse il labbro, rendendosi conto del suo errore.
Sirius scosse la testa, cambiando argomento.
“Comunque, il punto è che noi quattro abbiamo scontato più punizioni del resto dei Grifondoro messi insieme quest’anno. Che altro possiamo fare, James? Firmare il nostro lavoro?”
Tirò indietro il braccio per gettare nuovamente la pietra nel lago, ma James scattò in piedi e gli afferrò la spalla, facendogliela cadere.
“Ehi!” Sirius fece una smorfia, irritato. “Cosa stai facendo?”
“Ci siamo!” James saltellò, eccitato. “Dobbiamo firmare il nostro lavoro!”
“Noi cosa?” Remus strizzò gli occhi in direzione dei due ragazzi. Desiderò non aver fissato il sole così a lungo, gli si era appannata la vista e gli stava venendo il mal di testa.
“FIRMARE IL NOSTRO LAVORO.” Ripeté James, come se la cosa fosse perfettamente sensata e loro fossero troppo stupidi per capirla. Sospirò, impazientemente. “Lasciamo il nostro segno ad Hogwarts, letteralmente.”
“Hai in mente di deturpare le proprietà della scuola, Potter?” Sirius inarcò un sopracciglio scuro, un’espressione gioiosa dipinta sul suo volto.
“Forse, Black.” James cominciò a muovere le sopracciglia su e giù - non era in grado di alzarne uno alla volta come Sirius.
“Beh, sa cosa le dico, vecchio mio?” Sirius sorrise, usando un accento ancora più sofisticato e aristocratico del solito.
“Cosa mi dice, mio caro?”
“Ritengo che sia un’idea semplicemente favolosa.”
“Oh, fantastico!”
“Ottimo lavoro!”
“Altrochè!”
Scoppiarono entrambi a ridere, cadendo a terra e giocando a fare la lotta. Remus e Peter si scambiarono un’occhiata. Questo genere di cose accadeva sempre più spesso; James e Sirius si perdevano in uno dei loro giochi e lasciavano gli altri indietro. Remus si alzò e andò a sedersi con Peter.
“Hai capito di cosa stanno parlando?” Chiese al ragazzo più basso. Peter era rosso in viso, la fronte aggrottata. Stava chiaramente pensando profondamente.
“Vogliono che scriviamo i nostri nomi da qualche parte. Sui muri, forse?” Disse, lentamente.
“Come?” Chiese Remus. “Vogliono… inciderli nella pietra o qualcosa del genere? Sarebbe un po’ permanente, no?”
Sirius e James continuarono a lottare. James era più grosso e di solito aveva il sopravvento, ma Sirius giocava sporco.
“È l’unica cosa che mi viene in mente.” Disse Peter scrollando le spalle. “James dice che vuole fare qualcosa di grande… le pareti sono le più grandi… oh… OH!” Saltò in piedi. “Ragazzi!” Squittì. “Ho avuto un’idea!”
“Accidenti!” James e Sirius si fermarono subito. James stava bloccando la testa di Sirius in una salda presa e la caviglia di Sirius era pericolosamente vicina a quella di James, pronto a strattonarla, facendoli cadere entrambi. “Ti senti bene, Minus?”
“Il prato!” Continuò Peter, camminando avanti e indietro mentre pensava ad alta voce. “È la tela più grande che abbiamo, non sarebbe nemmeno permanente, potremmo… se usassimo una pozione di crescita rapida…”
Remus sospirò rumorosamente. Perché continuava a non capire quello di cui stavano parlando i suoi amici?
* * *
E fu così che, spinti dal desiderio di notorietà di James e il disperato bisogno di Peter di mettersi alla prova, i quattro ragazzi si ritrovarono fuori dal castello la sera dell’ultimo giorno dell’anno scolastico. Avevano avuto due settimane per mettere a punto il piano - recuperare il necessario dalle serre e imparare diversi incantesimi cambiacolore. Nel frattempo, avevano appreso di essere stati promossi tutti, perfino Peter. Remus aveva ottenuto il voto più alto in Storia della Magia ed era arrivato secondo in Incantesimi (dopo Lily Evans - aveva cercato di non lasciarsi infastidire troppo dalla cosa).
“Ahia! Quello era il mio piede!”
“Scusa!”
“Non riesco a vedere nulla.”
“C’è buio, idiota.”
“Ahia! Quello era il mio piede!”
“Ora possiamo toglierci il mantello?”
“Sì, credo di sì…”
Avevano trascinato un pesante sacchetto di semi di ortensia dalla torre. Beh, Remus e Peter l’avevano trascinato. Sirius e James avevano deciso che avrebbero fatto strada.
“Allora.” Disse James, serio, le mani sui fianchi. “Abbiamo deciso se vogliamo scrivere ‘con affetto’ o ‘dai’?”
“Dai.” Disse Peter.
“Io preferisco ‘con affetto’.” Disse Sirius.
“Aww…certo che lo preferisci, Black.” James gli scompigliò i capelli scherzosamente, facendolo scansare, accigliato. “È deciso, ‘con affetto’. Forza signori, al lavoro!”
Un’ora dopo, il sacco di semi era vuoto e Remus stava seguendo il percorso tracciato dagli altri ragazzi, spargendo la pozione di crescita rapida.
“Siamo sicuri di avere scritto tutto giusto?” James si grattò la testa, scompigliando ancora di più i suoi capelli.
“Ormai è troppo tardi.” Rispose Sirius, asciugandosi il sudore dalla fronte. “Guardate, ci conviene andare, il sole sta sorgendo.” Indicò il cielo che stava cominciando a tingersi di rosa.
“L’incantesimo cambiacolore, svelti!”
“L’ho già fatto.” Disse Remus, versando l’ultimo goccio della pozione. “Quando erano ancora nel sacco.”
“Ottima idea, Lupin!” Sirius gli diede una pacca sulla spalla. “Sapevo che eri la mente del gruppo.”
Da quando?! Pensò Remus tra sé e sé.
“Aspettiamo a rientrare.” Disse James. “Possiamo vedere il sole sorgere.”
“Merlino,” rispose Sirius “che checca che sei!”
Rimasero davvero a guardare, incantati, il luminoso sole arancione arrampicarsi lentamente sull’orizzonte, invadendo con raggi dorati il grande lago, poi impallidendo nella sua scalata verso il cielo color pergamena.
“Il prossimo anno sarà ancora meglio, ragazzi.” James sorrise, il sole riflesso nei suoi occhiali, e circondò con le sue braccia Peter e Sirius. Remus rimase leggermente in disparte, contento anche solo di trovarsi con loro.
Si diressero verso il castello, in uno strano stato d’animo, dimenticandosi quasi di indossare il mantello. Tornarono nella torre di Grifondoro; James e Peter provarono a dormire, ma Remus non ci riuscì. Per cominciare, Sirius aveva finalmente cominciato a fare le valigie - cosa che rimandava da una settimana - iniziò a buttare rumorosamente le sue cose con noncuranza nel suo baule di mogano. Era decorato da un serpente goffrato, come molte delle cose di Sirius.
In secondo luogo, Remus non voleva dormire. Le sue ultime ore a Hogwarts stavano passando così rapidamente e non voleva perdersi nessun momento. Si sedette sul davanzale e guardò il loro scherzo svilupparsi nell'erba sottostante. I semi stavano già attecchendo e crescendo molto rapidamente, attorcigliandosi e contorcendosi in basso come qualcosa uscito da un film di fantascienza.
"Sembra che stia venendo bene!" Disse Sirius, avvicinandosi per dare un'occhiata. A quanto pare aveva finito di fare i bagagli, anche se il suo baule non sembrava chiudersi bene.
"Continuo a pensare che avremmo dovuto scrivere ‘furono’ e non ‘erano’.'" Disse Remus.
"Non suona bene, Lupin." Sirius Sbadigliò. "Non avrei potuto vivere con me stesso." Si stiracchiò assonnato e si sdraiò sul letto di Remus, che era il più vicino, raggomitolandosi per dormire.
Remus lo guardò per un po' dal davanzale della finestra. Con gli occhi chiusi, nella delicata luce dell'alba, Sirius sembrava più dolce, più giovane. Remus aveva passato tutto l'anno ad ammirare sia lui che James; quanto fossero invincibili, quanto fossero audaci. Ma erano solo ragazzi, in fin dei conti. E per quanto grande fosse stato il loro scherzo finale, non avrebbe impedito al treno di venirli a prendere l’indomani, per riportare Remus al St.Edmund e Sirius ovunque vivesse - una casa dove i ritratti gli gridavano contro e alla sua famiglia non importava che fosse arrivato primo in Trasfigurazione.
Guardò di nuovo fuori dalla finestra, premendo la fronte sul vetro freddo e sospirando profondamente. Era davvero un bello scherzo; dovevano esserne orgogliosi. La McGranitt si sarebbe arrabbiata. A Silente probabilmente sarebbe piaciuto. Non c'era bisogno di sentirsi così tristi, sarebbero stati solo due mesi.
Cinquanta metri più in basso, le ortensie finalmente fiorirono e il cuore di Remus saltò un battito. I fiori sgargianti lampeggiavano in basso con i colori di Grifondoro, cremisi brillante e oro scintillante, e diffondevano il loro messaggio con lettere sconnesse.
I MALANDRINI ERANO QUI!
Chapter 20: Estate, 1972
Chapter Text
Caro Remus,
come sta andando la tua estate? La mia è uno schifo.
Settimana scorsa c’è stato il matrimonio di Bellatrix - almeno non verrà ad Hogwarts l’anno prossimo. Io e Regulus eravamo i testimoni e abbiamo dovuto indossare delle vesti verdi. Non è affatto il mio colore. C’era tutta la mia famiglia, è stato orribile. Avresti dovuto vedere come Bella ha acconciato i suoi capelli, sembrava una folle. Anche Cissy gli ha tinti - ora è bionda come il suo fidanzato pieno di sé, Malfoy. Non riesco a credere che mia zia gliel'abbia permesso, scommetto che mia madre non mi lascerebbe mai tingere i capelli.
Vorrei poter fare magia fuori da scuola, ho ricercato fatture nella libreria di mio papà - potrei trovare qualcosina da riservare a Mocciosus l’anno prossimo.
James ha detto che i suoi genitori mi vogliono ospitare per le vacanze. I miei non mi lasceranno andare dai Potter, ma forse mi permetteranno di stare con i Minus, quindi chiederò a Pete di invitarmi. James ha detto che inviterá anche te, spero che tu possa venire. Sarà uno spasso, come a scuola.
A presto,
Sirius O. Black
* * *
Caro Remus,
spero che tu stia passando una bella estate e che i babbani non ti stiano buttando troppo giù di morale.
Mamma e papà hanno detto che sei il benvenuto a casa nostra. Sirius sta cercando un modo per passare qui tutta l’estate, sarebbe fantastico. Se puoi venire, rispondi a questo gufo il prima possibile. Mamma ha detto che può anche scrivere una lettera alla direttrice, se serve.
Saluti,
James
* * *
Caro Remus,
James e Sirius mi hanno detto che hanno provato a contattarti ma che non hanno ricevuto una risposta. Gli ho spiegato che forse non sapevi come funziona la posta via gufo. Devi solo legare la lettera alla sua zampa, come abbiamo fatto noi, e poi lasciarlo andare. Di solito finiscono nel posto giusto.
Spero che tu riesca a venire,
Peter
* * *
Caro Remus,
stai bene? Non abbiamo più avuto tuo notizie, spero che tu non abbia provato ad usare la posta babbana. Ora sono dai Potter, è fantastico. I suoi genitori sono molto gentili - al contrario dei miei.
James sta diventando un po’ fastidioso. Pensa che entreremo entrambi nella squadra di quidditch quest’anno e continua a svegliarmi alle sei per allenarci. È completamente fuori di testa. Però è abbastanza divertente e se a Grifondoro serve un battitore, potrei fare il provino. Non vedo l’ora di farti vedere la mia scopa - con dell’attrezzatura decente, volare ti potrebbe piacere.
James ritiene che la direttrice non ti farà venire - credi che se scrivessimo a Silente o alla McGranitt ti potrebbero aiutare a ottenere il permesso? Sei un mago, dopo tutto, non puoi rimanere bloccato con dei babbani per tutta l’estate.
Se non ti lasciano venire, andrai a Diagon Alley a prendere il materiale per scuola? Magari possiamo incontrarci lì ad agosto?
Spero che tu stia bene,
Sirius O. Black
* * *
Caro Remus,
non siamo i Malandrini senza di te, per favore, vieni! C’è un sacco di spazio e alla mamma non importa. Sto facendo allenare Sirius e Pete a quidditch per l’anno prossimo - sono convinto che se superi il tuo problema con le vertigini saresti un discreto battitore.
Ti piace colpire le cose, no? E probabilmente sei il più forte tra noi quattro, quindi avrebbe senso. Anche Sirius vuole essere un battitore, può farti vedere come si fa. Se ho ancora la mia vecchia scopa nel capanno, puoi averla!
James
* * *
Caro Remus,
per favore, vieni a salvarci dal regime di terrore di James. Io non voglio nemmeno far parte della squadra di quidditch.
Peter
* * *
Caro Remus,
spero che ti stiano arrivando queste lettere. Ci stiamo iniziando a preoccupare.
Siamo andati a Diagon Alley, è stato uno spasso. La mamma di James ci ha comprato il gelato e ci ha lasciati andare dove volevamo. Abbiamo passato almeno tre ore da Accessori di Prima Qualità per il Quidditch. Avrei tanto voluto andare nella Londra babbana per cercare un negozio di vinili, ma non potevamo allontanarci da Diagon Alley.
Andromeda mi ha spedito un nuovo album - Merlino, devi proprio ascoltarlo, Lupin! È meglio di Electric Warrior. Meglio di QUALSIASI album. Sono sicuro che il cantante in realtà sia un mago - hai mai sentito parlare di David Bowie?
Stai passando una buona estate? Com’è essere tornato a casa?
Scrivimi presto!
Sirius O. Black
* * *
Caro Sirius,
perfavore non mandare altre letere. Non riesco a legerle e la diretrice si sta inervosendo per via dei gufi.
Ci vedremo sul treno.
Remus.
Chapter 21: Secondo Anno: Regulus Black
Chapter Text
Metal Guru, could it be?
You’re gonna bring my baby to me
She’ll be wild, y’know a rock n roll child…
Remus strinse i manici della sua vecchia e logora valigia così tanto che le sue nocche erano bianche, il suo stomaco faceva capriole mentre osservava la folla movimentata. Questa volta, la direttrice gli aveva permesso di correre contro la barriera, ma aveva guardato via all’ultimo, terrorizzata. Ora Remus se l’era lasciata alle spalle, nel lato babbano della stazione e non avrebbe dovuto vederla per dieci mesi.
La notte precedente aveva avuto un incubo terribile, aveva sognato di arrivare a King’s Cross e non riuscire a raggiungere il binario 9¾ - che niente era reale; la magia, le bacchette, i maghi, i suoi amici. Ma Remus cercò di scacciare quei pensieri dalla sua mente, guardandosi intorno in cerca di una faccia nota.
“Ti hanno lasciato tornare?” Una voce fredda interruppe la sua ricerca. “Gli standard devono essersi abbassati.”
Remus si irrigidì. Perché doveva essere proprio Piton la prima persona con cui interagiva?!
“Sparisci, Mocciosus.” Sbraitò. Raddrizzò le spalle e si voltò verso il Serpeverde con il suo sguardo più cattivo.
“Ugh, che diavolo è questo odore?” Biascicò Piton, arricciando il suo naso fin troppo grande. Remus arrossì - puzzava di antisettico, ne era consapevole; la direttrice ne aveva usato un po’ troppo quella mattina.
“Ti ho detto di sparire!” Mormorò Remus, stringendo denti e pugni.
Vide Severus indietreggiare leggermente. Remus era consapevole del suo aspetto - aveva passato due mesi, senza magia, circondato da ragazzi più grandi e forti di Piton. Aveva i nervi a fior di pelle ed era pronto a tirare un pugno alla minima provocazione.
“Ehi, pelato!” Un’altra voce risuonò tra la folla. Un ragazzo con gli occhiali e i capelli nero corvino che sparavano in ogni direzione si stava sporgendo dal finestrino di una delle carrozze, salutando entusiasticamente Remus con una mano.
Remus sorrise, dimenticando che stava cercando di intimorire Severus e ricambiò il saluto. Si strofinò la testa con imbarazzo. I suoi capelli erano cresciuti mentre era a Hogwarts, ma la direttrice glieli aveva rasati tutti appena era tornato al St. Edmund, facendolo sembrare di nuovo un teppista.
Mandando un'occhiata schifata a Piton, Remus strinse la sua valigia e si affrettò a salire sul treno, facendosi strada tra gli altri studenti per raggiungere la carrozza dove i suoi amici lo stavano aspettando.
"Lupin!" Peter saltò in piedi, eccitato. Non sapeva bene cosa fare una volta in piedi - di certo non si sarebbero abbracciati come ragazze e, a quanto pare, le strette di mano non erano contemplate. Minus gli diede una goffa pacca sul braccio e Remus afferrò il suo in risposta.
"Ciao ragazzi." Remus sorrise, le guance doloranti dalla felicità mentre si sedeva. "Come state?"
"Dovremmo essere noi a chiedertelo!" James rise, dandogli un pugno sul braccio. "Neanche un gufo per tutta l'estate!"
Remus lanciò un'occhiata a Sirius, furtivamente. Allora non aveva detto ai ragazzi della lettera che Remus gli aveva mandato.
"Sapete che durante le vacanze sono praticamente un babbano." Rispose, "Non potevo nemmeno accedere al mio baule per fare i compiti; me l’hanno sequestrato.”
Non era esattamente vero - Remus aveva chiesto alla direttrice di mettere sotto chiave il suo materiale scolastico, terrorizzato che gli altri ragazzi se ne potessero appropriare. I compiti non li aveva fatti perché non ne era stato capace. Dall’angolo si alzò un sommesso verso di disgusto. Remus alzò lo sguardo, accigliandosi.
Seduto sul sedile accanto a Sirius c'era un altro ragazzo, più giovane, con gli stessi profondi occhi blu e lunghi capelli scuri; gli stessi inconfondibili lineamenti dei Black - labbra carnose e zigomi affilati.
"Questo è Reg." Sirius lo indicò con un cenno del capo, con fare disinvolto. "Saluta, Reggie."
“Mi chiamo Regulus.” Replicò il ragazzo, irritato, con un’indignata voce alta e aristocratica.
“Il mio caro fratello.” Sirius inarcò un sopracciglio in direzione degli altri tre.
“Ciao Regulus.” James sorrise, tendendogli amichevolmente una mano. “Sono James.”
“Potter.” Regulus osservò la sua mano come se fosse sudicia.
Sirius gli diede uno scappellotto.
“Smettila di fare il coglione.” Sbottò. “Questi sono i miei amici.”
“Io non volevo nemmeno sedermi qui.” Rispose Regulus. “Mi hai costretto tu.”
“Eh, allora levati dalle palle. Non so nemmeno perchè mi sono scomodato.”
Regulus si alzò, uno sguardo di marmo, e uscì dallo scompartimento, sbattendo la porta alle sue spalle.
“Wow, ha proprio il fascino dei Black.” James ghignò. Sirius scosse la testa, esasperato. Appoggiò un piede sul sedile di fronte a lui e appoggiò il gomito contro il vetro del finestrino. Si udì un fischio e il treno iniziò ad allontanarsi dalla stazione.
“Dovevo immaginarlo.” Mormorò Sirius. “Gli hanno fatto il lavaggio del cervello. È arrabbiato con me. Non me ne sarei dovuto andare via per tutta l’estate.”
“Allora credi che finirà in Serpeverde?” Chiese James, comprensivo.
“Probabilmente.” Rispose Sirius, lo sguardo torvo. “Sa che smetterò di parlargli se lo è. Preferirei che finisse in Tassorosso.”
Remus trovava Sirius un po’ troppo duro. Ovvio, a lui non piacevano Piton e Mulciber - e sì, avevano fatto degli scherzi alla casa dei Serpeverde, ma non li odiava quanto Sirius. Certamente non avrebbe disconosciuto suo fratello solo perchè indossavano divise leggermente diverse, vero? L’unica cosa che non sopportava dei Serpeverde era che la maggior parte di loro era snob - ma lo stesso si poteva dire di Sirius, James e Peter, anche se non se ne rendevano conto.
Questo treno di pensieri lo abbandonò quando cominciarono a prendere velocità una volta usciti da Londra e Remus poté finalmente rilassarsi sapendo che stava davvero tornando a Hogwarts - e che ora fare magie era ufficialmente permesso. Aprì la valigia e afferrò la sua bacchetta per la prima volta dopo mesi. Remus non aveva osato toccare nulla di magico dalla fine della scuola, ma ora tirò fuori uno dei suoi libri di seconda mano (erano arrivati la settimana prima da parte di Silente), lo aprì e rapidamente eseguì Letiuncula Magna.
Finse di grattarsi dietro l'orecchio con la bacchetta e mormorò le parole sottovoce. Sirius doveva aver visto cosa stava facendo, perché era saltato in piedi per tirare giù la sua scopa dal portapacchi, distraendo James e Peter. Remus guardò il libro con il cuore che batteva all'impazzata. Le parole gli riempirono la mente come una canzone e finalmente riuscì a leggere di nuovo.
La sua estate era stata incredibilmente noiosa. Aveva provato a leggere dei libri che aveva trovato in giro al St. Edmund, ma, senza usare la magia, era stato frustrante. Aveva decifrato con estrema lentezza tutte le lettere dei suoi amici, ma si era vergognato troppo per cercare di rispondere a James e Peter. Inoltre, aveva dovuto iniziare a mantenere un profilo basso. Remus aveva passato giornate intere a non parlare con nessuno; agli altri ragazzi era stato detto che era andato a studiare in un collegio privato, pagato con l’eredità di suo padre. Naturalmente, ciò l’aveva reso un bersaglio ancora più grande e, insieme alle trasformazioni che stavano diventando sempre più dolorose, aveva fatto sì che Remus passasse la maggior parte dell’estate ricoperto da lividi.
La luna piena era un altro dei motivi per cui era sollevato del suo ritorno a Hogwarts, dove Madama Chips, l’infermiera della scuola, era, non solo molto più compassionevole della direttrice, ma anche più qualificata a trattare le particolarità della sua malattia. La direttrice era rimasta sconvolta dalle nuove ferite che Remus si infliggeva ogni mese e l’aveva trattato come se l’avesse fatto di sua volontà, per infastidirla. Era stato molto peggio dell’estate precedente, quando ancora se la cavava con un paio di graffi e lividi ogni notte. Ora, sotto i suoi vestiti babbani, Remus era quasi interamente ricoperto di bende e cerotti che tiravano e irritavano la sua pelle a ogni movimento. Sperava di riuscire a sgattaiolare in infermeria non appena fossero arrivati.
Sirius e James erano impegnati a raccontare a Remus della loro estate, con Peter che si intrometteva di tanto in tanto, desideroso di chiarire che era stato con i due per la maggior parte del tempo. Sembrava che si fossero divertiti tantissimo, nonostante la quantità esagerata di allenamenti di quidditch. I genitori di James avevano una villetta al mare oltre quella che James chiamava la loro ‘solita casa’ vicino a Londra. I tre ragazzi avevano campeggiato sulla spiaggia, pescato, fatto volare degli aquiloni e progettato degli scherzi per il nuovo anno. Ne parlarono con così tanto entusiasmo e così a lungo che a Remus venne voglia di dirgli di tacere.
Si sentì un po’ meglio quando arrivò il carrello - James e Sirius misero insieme le loro paghette e comprarono abbastanza cibo da sfamare metà dei Grifondoro. Remus non si lamentò - come al solito, aveva una fame da lupi.
* * *
Remus fu immensamente grato di essersi abbuffato sul treno perché si era dimenticato di quanto fosse lunga e noiosa la cerimonia di smistamento - soprattutto quando non ne eri partecipe. Alla fine, Regulus fu smistato in Serpeverde, il che sorprese solo Sirius, che Remus sentì sussultare, incredulo. Il più giovane dei fratelli Black si affrettò a raggiungere i suoi compagni e Narcissa che ora sfoggiava la spilla d’argento da prefetto e la sua liscia capigliatura biondo platino.
Severus diede una pacca sulla schiena a Regulus, sogghignando in direzione del tavolo dei Grifondoro.
“E lui che problema ha?!” Sospirò Peter quando, finalmente, il cibo apparve. “Se è a causa di quegli stupidi scherzi, dovrebbe farsela passare.”
“Più che altro dovrebbe farsi passare la cotta per Evans.” Disse James, stranamente pensieroso. I ragazzi lo guardarono confusi. “Oh, ma dai! È ovvio!” Sorrise. “Il caro vecchio Mocciosus è palesemente innamorato perso di una certa Grifondoro pel di carota.” Fece l’occhiolino a Lily che lo guardò, disgustata, assicurandosi che James la vedesse dargli le spalle per continuare la sua conversazione con Marlene.
“Quindi dato che abbiamo la pollastrella che gli piace, sarà una seccatura per i prossimi sei anni?” Rispose Sirius, scettico.
Remus sbatté le palpebre. Pollastrella?! Sirius non era il tipo di ragazzo che chiamava le ragazze ‘pollastrelle’, era fin troppo altolocato. Dove diamine l’aveva sentito dire?
“Esattamente.” Confermò James, sembrando abbastanza orgoglioso del suo ragionamento.
“Nah.” Sirius scosse la testa. “A nessuno potrebbe importare così tanto di una ragazza.”
Remus si trovò ad acconsentire in silenzio. Ciononostante, a James non sembrò importare che la sua teoria fosse stata messa in discussione. Scrollò le spalle, avventandosi sulle sue patate arrosto.
“Se lo dici tu. Sarà ancora seccato per quella volta che Remus gli ha tirato un pugno, allora.”
Sirius rise al pensiero, rallegrandosi finalmente.
Chapter 22: Secondo Anno: The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders From Mars
Chapter Text
Madama Chips rimase sconvolta nel vedere lo stato dell’esile figura malmenata di Remus quando il ragazzo andò finalmente in infermeria.
“Cosa ti ha fatto quella donna?!” Sussultò, arrabbiata.
“Oh no, ho fatto tutto da solo.” Remus indicò beffardamente il suo petto nudo. L’infermiera fece un verso di disapprovazione e rimosse un’altra benda.
“Sì, ma lei non ha fatto praticamente nulla per curarti… non pensavo che la medicina dei babbani fosse così primitiva! Queste sono ferite magiche, hanno bisogno di cure magiche!”
Remus annuí stancamente. Ormai si era abituato alla carneficina, il dolore si era posato come un fardello sulle spalle - un fardello che pensava che sarebbe stato costretto a sopportare. La vita era piena di limiti, lui ne aveva solo di più degli altri. Forse era per questo per cui gravitava così tanto verso James e Sirius.
Madama Chips voleva tenerlo sotto osservazione quella notte, ma si rifiutò bruscamente. Mancavano due settimane alla luna piena e voleva dormire nel suo letto il più possibile.
Si diresse lentamente verso la sala comune, si sentiva meglio di quanto non si fosse sentito da almeno un mese - Madama Chips gli aveva dato una pozione che lo aveva fatto rilassare e lasciato piacevolmente confuso. Tuttavia, la possibilità di passare un pomeriggio tranquillo era pressoché inesistente, infatti, quando Remus raggiunse il dormitorio, trovò Sirius seduto sul suo letto con il giradischi e dei nuovi album sparpagliati intorno a lui.
“Lupin!” Esclamò Sirius raggiante. “Devi ascoltare questo disco!”
“Grazie a Merlino sei qui.” Si lamentò James dal suo letto, dove stava sfogliando una rivista di quidditch. “Ha continuato a parlare di questo cantante babbano per tutta l’estate.”
“Non è un babbano!” Sbottò Sirius, le mani sui fianchi. “Deve essere per forza un mago. Per forza! Dovresti vedere come si veste…”
Remus attraversò la stanza e prese la custodia del disco. Sorrise, leggermente sorpreso.
“Oh, Bowie! Sì, mi piace la sua musica. Però non penso che sia un mago.”
Sirius sembrò vagamente deluso dal fatto che ne avesse già sentito parlare pertanto Remus si affrettò a spiegare. “Ho sentito Starman molte volte alla radio, ma nessuno al St. Eddy ha l’album!”
Tranquillizzato, Sirius posò il disco nero che aveva in mano sul piatto e sistemò la puntina. James sospirò rumorosamente e si alzò per lasciare la stanza, la rivista sotto il braccio. Sirius lo ignorò, guardando ansiosamente il viso di Lupin non appena iniziò il lento suono della batteria. Remus si mise a sedere sul bordo del letto e chiuse gli occhi per ascoltare meglio.
Pushing through the market square
So many mothers sighing
News had just come over
We had five years left of crying…
Non era come Electric Warrior; era più cupa, più malinconica. A Remus piaceva molto. Raccontava una storia, anche se non era sicuro di averla compresa del tutto. Quando rieccheggiarono le ultime battute di Rock n Roll Suicide, Sirius sollevò la puntina e rimise il braccio a posto.
“Ascolta Suffragette City di nuovo, è la mia preferita!”
Remus sorrise - era prevedibile. Era rumorosa e volgare, perfetta per ballare. This mellow thigh'd chick's just put my spine outta place...
Invece, la canzone preferita di Remus era Moonage Daydream perchè era strana e stralunata. O Lady Stardust perché gli ricordava Sirius - his long black hair, his animal grace; the boy in the bright blue jeans… Remus scacciò subito via dalla mente quel pensiero, sicuro che Sirius l’avrebbe trovato dannatamente divertente.
Una volta che ebbero ascoltato di nuovo l’intero album con qualche ripetizione delle loro canzoni preferite, era quasi ora di cena. Erano seduti a gambe incrociate sul letto a discutere del disco.
“Magari è veramente un mago.” Concesse Remus, con aria sognante. “Non è come un babbano normale.”
“Te l’avevo detto!” Disse Sirius, trionfante. “Ne prenderò altri, voglio tutti i suoi album.”
“I T.Rex ne hanno fatto uscire uno nuovo.” Disse Remus. “Slider.”
“Grande! Vorrei che la signora Potter ci avesse lasciati uscire da Diagon Alley, avevo persino preso dei soldi babbani alla Gringott.”
“Cos’è Diagon Alley?” Chiese Remus, anche se se n’era fatto un’idea dalle lettere ricevute durante l’estate.
Sirius spalancò gli occhi come faceva sempre ogni volta che Remus dimostrava una sua scioccante lacuna sul mondo magico.
“Diamine, Lupin!” Fece un verso di disapprovazione. “È una strada magica a Londra. I babbani non ci possono entrare - come Hogsmeade.”
“Oh, okay.” A Remus non sembrava così emozionante, fare shopping era così noioso.
“Dove prendi tutte le tue cose?!”
“Quali cose?”
“Quelle per la scuola - i libri, la divisa…” Gli occhi di Sirius scivolarono sui polsini sfilacciati della divisa nera di Remus. Le sue erano nuove di zecca, rifinite immacolatamente e tagliate leggermente meglio di quelle di tutti gli altri.
"Sono di seconda mano, credo." Rispose Remus. “Li manda Silente. Non so come farei a raggiungere una strada dei maghi; non mi è permesso girare a Londra da solo."
"La prossima estate." Disse Sirius, con fermezza. "Devi venire a stare a casa di James, possiamo portarti a Diagon Alley, ti piacerà.”
"Sai che non posso." Disse Remus a bassa voce, senza incrociare il suo sguardo.
"Troveremo un modo.” Disse Sirius, con sicurezza. "Parleremo con Silente, la McGranitt - il Ministro della Magia in persona, se serve!"
Remus si sforzò di sorridere, fingendo di credere a Sirius.
"Sì, fantastico. Grazie, Black."
* * *
The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders From Mars divenne la colonna sonora del dormitorio dei ragazzi di Grifondoro quella settimana, fino a quando perfino James - che era privo d’orecchio - si ritrovò a canticchiarlo.
Remus non si era mai sentito così soddisfatto e a suo agio in vita sua. Era lontano dal St. Edmund, lontano dalle magliette grigie, dalla direttrice, dalle stanze chiuse a chiave e dai ragazzi problematici che lo prendevano di mira. Non era ricoperto da bende (per il momento, almeno) e fino all’inizio delle lezioni, quel lunedì, aveva tutto il tempo che voleva per leggere, ascoltare la musica e perdere tempo con i Malandrini.
Aveva passato la maggior parte del tempo a riportarsi in pari con le letture e i compiti che gli erano stati assegnati per le vacanze. Come un morto di fame, aveva divorato ogni informazione che gli era stata presentata e era andato persino a prendere altri libri in biblioteca per fare ulteriori ricerche.
Dovette anche avere una serie di conversazioni con James prima di riuscire a convincerlo che non aveva alcun desiderio di far parte della squadra di quidditch dei Grifondoro. Remus si accontentava di stare seduto sugli spalti con un libro, alzando di tanto in tanto lo sguardo per guardare gli altri tre ragazzi che svolazzavano avanti e indietro sulle loro scope. Erano tutti molto bravi, ma era ovvio anche per Remus che James era il migliore di tutti e tre. Non sembrava nemmeno che avesse bisogno della scopa; il ragazzo dai capelli neri si librava come un gheppio, le sue virate fluide, i suoi tuffi bruschi in modo nauseante. Remus non aveva assistito a molte partite di quidditch durante il primo anno, ma era sicuro che James si sarebbe guadagnato un posto in squadra.
Sirius era molto più appariscente nella sua tecnica di volo - non gli mancava tanto l'abilità di James quanto la sua disciplina. Black sembrava annoiarsi facilmente, poteva andare abbastanza veloce quando voleva, ma era più interessato a fare giri e a sbandare pericolosamente che a prendere la pluffa o a respingere i bolidi. Aveva bisogno che James gli gridasse di tanto in tanto per rimanere concentrato sul gioco. Peter era migliorato molto dopo un'estate di esercizi, ma era piuttosto lento sulle lunghe distanze - James aveva deciso che sarebbe stato meglio come portiere.
"Ti comporti come se potessi scegliere l'intera squadra." Sbuffò Sirius mentre tornavano al castello dopo un allenamento.
"Dovrebbero lasciarmelo fare." James scrollò le spalle, come se fosse ovvio. "Sono meglio di almeno metà della squadra attuale e tu sei meglio di entrambi i battitori. E conosco le tattiche."
"Cerca solo di non essere troppo scioccato quando non diventerai capitano." Sirius alzò gli occhi al cielo. "Sei ancora al secondo anno. L'anno scorso non c'era nessuno studente del secondo anno in squadra."
"Abbi un po' di fiducia, Black." James ammiccò, gettando un braccio intorno alla spalla dell'amico. Andarono avanti insieme, scope alla mano. Il sole stava tramontando dietro di loro e metteva tutto in netto rilievo, delineando i due ragazzi dai capelli scuri in un’eroica aurea dorata. Remus li guardò, rimanendo indietro e appesantito dai suoi libri, pensando che probabilmente sarebbero stati tutti un po' sorpresi se James non avesse ottenuto esattamente quello che voleva.
Chapter 23: Secondo Anno: Fratelli
Notes:
CW in questo capitolo Remus ha dei pensieri alquanto negativi
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Remus non aveva un fratello - o perlomeno uno di cui fosse a conoscenza. Era possibile che sua mamma si fosse risposata e avesse prodotto un paio di bei figli non magici e non mostruosi. Non pensava fossero affari suoi; aveva accettato da tempo quello che la vita aveva avuto in serbo per lui.
Anche James era un figlio unico e questo spiegava, almeno in parte, il suo essere presuntuoso ed esigente. Sirius parlava dei genitori di Potter come se fossero dei perfetti santi, ma chiaramente avevano viziato oltremodo loro figlio. Peter aveva una sorella molto più grande di lui e che aveva già lasciato Hogwarts. Sapevano che era in Tassorosso, ma Peter non parlava spesso di lei. Studiava in un’università babbana, cosa che apparentemente era l’apice del cattivo gusto.
Quindi probabilmente nessuno di loro poteva davvero capire quello che stava succedendo tra i fratelli Black e forse era per questo che non l’avevano preso seriamente. Era iniziato la mattina dopo lo smistamento. A colazione Regulus aveva ricevuto un regalo dai suoi genitori; un gufo reale nuovo di zecca. Era il suo premio per essere finito nella casa giusta - l’avevano scoperto perché Severus aveva gioiosamente letto la lettera ad alta voce mentre si trovava a portata d’orecchio dal tavolo dei Grifondoro. Sirius fissò il suo porridge, senza rispondere alla provocazione, ma quando Remus alzò lo sguardo vide che Regulus stava arrossendo profondamente, cercando di strappare via la lettera dalle mani di Piton.
“I tuoi genitori non ti avevano confiscato il gufo?” Chiese Peter senza tanti giri di parole. Sirius annuì rigidamente.
“Hanno detto che lo potrò riavere quando mi ricorderò i miei doveri verso la famiglia e quando inizierò a comportarmi come un ‘vero Black’. Non mi importa, non mi serve un gufo.”
“Esattamente, quali sono i tuoi doveri?” Rifletté James ad alta voce così da farsi sentire dai Serpeverde che stavano ridacchiando. “Andare in giro con dei vermi come Mocciosus e Mulciber? Sposare tua cugina?”
Finalmente, Sirius alzò lo sguardo verso James, la sua espressione era un misto di gratitudine e malizia.
“Oh, sì.” Rispose con naturalezza, usando lo stesso tono di voce di James. Piton, Regulus e la maggior parte dei Serpeverde che prima stavano ridendo ora fissavano i due Grifondoro in silenzio. Peter si allontanò leggermente. “L’incesto e essere viscidi sono elementi chiave del mio nobile retaggio. E prendere di mira i ragazzini più piccoli di me, ovviamente; imbrogliare, mentire, affatturare chiunque ostacoli la mia scalata al potere…”
“Beh, amico, mi dispiace dovertelo dire,” rispose James giovialmente “ma sembra proprio che tu non sia un Black.”
“Accidenti!” Sirius si portò una mano al volto, facendo finta di essere sorpreso. “E allora cosa diavolo sono?”
“È ovvio.” James scrollò le spalle. “Sei un Malandrino.”
Sirius rise come la maggior parte dei Grifondoro seduti accanto a loro.
Remus vide la mano di Severus allungarsi verso la sua bacchetta quindi si affrettò a prendere la sua, tenendosi pronto, e ripassò una lista di incantesimi nella sua mente, cercando di capire quello che avrebbe fermato il ragazzo il più celermente possibile. Ma Regulus diede una gomitata a Piton, mormorando Va tutto bene. Remus era sicuro di essere stato l’unico Grifondoro a sentirlo.
“Forza.” Sogghignò Piton. “Ci conviene allontanarci da questo sudiciume se non vogliamo rigettare la colazione.”
Questo fece solo ridere di più Sirius e James e Piton uscì dalla stanza, seguito da Mulciber e da un nuovo studente del primo anno, Barty Crouch. Regulus si trattenne, lanciando uno sguardo nervoso ai suoi nuovi amici e suo fratello. Il nuovo gufo era appollaiato sul suo gomito storto, sorvegliando la scena con uno sguardo imperioso e condiscendente. Si diresse verso Sirius.
"Puoi prenderlo in prestito, se vuoi." Disse Regulus, a bassa voce, "Non le ho mai chiesto di mandarmi niente, ma sai com'è fatta."
"Sì," Sirius fece una risata nasale, "lo so."
Entrambi si guardarono per un po'; Remus non riusciva a capire se si stessero facendo gli occhiacci o se stessero cercando di trovare le parole per dire qualcosa di molto difficile.
"Senti, mi dispiace, ok - sapevi che sarei finito in Serp-" iniziò Regulus, ma fu subito interrotto da Sirius che si alzò rapidamente in piedi.
"Non voglio il tuo gufo." Disse, rigidamente, guardando attraverso il fratello, "Se ho bisogno di spedire una lettera, prenderò in prestito quello di James."
Con questo, passò oltre Regulus e fece per andarsene. James, Remus e Peter si alzarono in fretta e lo seguirono. Remus diede un'occhiata a Regulus, che sembrava molto pallido e molto freddo.
Remus non pensò molto a Regulus dopo quello che era successo - la divisione era stata stabilita ed era loro dovere, in quanto Malandrini, sostenere Sirius. Inoltre, furono tutti troppo occupati una volta iniziate le lezioni.
Questa volta, Remus si gettò a capofitto nello studio, contrariamente a quanto aveva fatto all’inizio dell’anno precedente. Leggeva avidamente, rispondeva alle domande in classe e completava i compiti non appena venivano assegnati. In tutto tranne che in Pozioni, era uno studente modello. Non aveva dimenticato quello che aveva letto l'anno prima, sulle persone con il suo problema. Non avevano una vita facile, una volta finita la scuola. Quelli abbastanza stupidi da firmare il registro erano esclusi da quasi tutti i lavori da maghi qualificati. Avrebbe dovuto essere il migliore tra i migliori e forse anche quello non sarebbe stato abbastanza, ma aveva altri sei anni per provarci.
C’era un altro motivo dietro le sue aspirazioni accademiche - Sirius. Beh, Sirius e James, in realtà, ma soprattutto Sirius. Remus non dubitava dell’amicizia di Sirius, non esattamente- ma dubitava del fatto che il ragazzo lo considerasse davvero un suo pari. Andava contro agli ideali sulla purità di sangue della famiglia Black, ma allo stesso tempo faceva commenti maligni riguardanti i magonò nell’albero genealogico di Peter. Lo faceva sempre alle spalle del ragazzo quindi Remus temeva quello che Sirius diceva alle sue spalle.
Remus aveva imparato durante il suo primo anno ad Hogwarts che essere un ‘mezzosangue’ significava essere ritenuto un mago meno affidabile. I Serpeverde, in particolare, prendevano di mira ogni tipo di retaggio babbano - Marlene McKinnon, il cui padre era babbano, aveva perfezionato la Fattura Orcovolante prima di qualsiasi altro studente del primo anno come metodo difesa. Lily Evans era protetta dal tormento quando era con Piton, ma era chiaro che molti studenti la trovavano un po’ piena di sé, considerate le circostanze della sua nascita.
Sirius non aveva mai espresso qualcosa di così forte, ma Remus aveva la sensazione che il suo essere più bravo di tutti gli altri nei lavori scolastici fosse preso come prova che la sua magia fosse in qualche modo migliore. Remus aveva un fortissimo desiderio di dimostrargli che si sbagliava. Fu una leggera sorpresa; non era mai stato molto competitivo prima, ma era anche vero che non gli erano mai stati dati gli strumenti per competere.
Naturalmente, ci sarebbe sempre stato un ostacolo insormontabile per Remus e nel settembre del 1972 arrivò verso la fine del mese. Remus lo aveva temuto come sempre e nei giorni precedenti si era ricordato di dire che non si sentiva bene per preparare i suoi compagni di stanza alla sua imminente assenza. In verità, non si era mai sentito meglio. Sebbene le trasformazioni fossero peggiorate e i giorni necessari per recuperare fossero aumentati, Remus scoprì anche che, man mano che la luna iniziava a crescere e a prendere forza, lo faceva anche lui.
Era famelicamente affamato, i suoi sensi più acuti, la sua magia diventava densa e pesante sulla sua lingua come dello sciroppo e non dormiva quasi per niente, quindi passava metà della notte a leggere voracemente, cercando di ignorare il bisbiglio furtivo di Sirius e James nel letto accanto.
Arrivò prontamente in infermeria e Madama Chips e la McGranitt lo scortarono ancora una volta fino al platano picchiatore. Furono molto silenziose mentre attraversavano il castello, ma una volta che Remus fu chiuso nella baracca per la notte, sentì le due donne fermarsi e iniziare a parlare mentre percorrevano il lungo corridoio. Non dovevano rendersi conto che lui poteva sentirle - che il suo udito era migliore di quello della maggior parte delle persone, specialmente in una notte di luna piena.
Madama Chips si stava lamentando di come avevano curato Remus quell’estate.
"Coperto di ferite! Non posso, in tutta coscienza, permettergli di tornare lì, Minerva! Va contro tutto quello in cui credo in quanto guaritrice."
"Capisco, Poppy." Rispose in modo nitido la McGranitt mentre attraversavano il tunnel. "È una questione difficile - quando la madre di Remus lo ha consegnato alle autorità babbane ha reso le cose molto difficili... dobbiamo procedere con cautela, molto cautela. Parlerò con Silente."
"È un ragazzino così silenzioso, non si lamenta mai, anche se deve soffrire così tanto..."
Remus non sentì più nulla, si erano spinte troppo in là nel passaggio e le sue stesse urla le soffocarono.
* * *
Quella mattina, Remus ritornò nel suo corpo in cerca d’aria, come un neonato appena venuto al mondo. Non c'era un centimetro di lui che non facesse male - la sua testa pulsava in modo nauseante, sembrava che ci fossero degli aghi a premere dietro i suoi occhi; il collo e le spalle sembravano elastici spezzati; persino respirare era doloroso. Ogni movimento del torace gli causava dolore e stava sudando molto anche se l'aria era fresca.
C'era un profondo squarcio sul suo ventre che gli faceva venire voglia di vomitare. Aveva già perso molto sangue, ma stava ancora riversandosi al suolo come denso vino rosso.. Per metà strisciò, per metà si trascinò attraverso la stanza fino a una scatola di forniture mediche di emergenza tenuta sotto le assi del pavimento. Tirò fuori una garza, usando tutta l'energia che gli era rimasta, e premette il più forte possibile sulla ferita scura. Gridò per il dolore, ma continuò a premere. Il suo respiro si fece più debole, ma anche quello gli fece male. Si sentiva stordito, voleva raggomitolarsi e dormire. Resta sveglio, si incitò, furiosamente, resta sveglio o morirai, idiota.
Muori, allora. Una piccola voce gli apparve dal nulla nel retro della mente. Di certo renderebbe le cose più facili. Per te. Per tutti. Remus scosse la testa, stordito. La voce era molto gentile e morbida - come una madre.
Premette più forte, grugnendo per lo sforzo. Nella sua miseria, si chiese se la voce avesse ragione. Si stava forse aggrappando a una vita che non lo aveva mai voluto veramente; che magari non sarebbe mai valsa la pena di vivere? E se fosse morto? E se avesse semplicemente chiuso gli occhi? Forse era meglio morire subito che dover aspettare.
Chiuse gli occhi, esalando lentamente.
"Remus?" Il cortese bussare di Madama Chips arrivò puntuale come sempre. Lui la ignorò; era troppo stanco ora. Appoggiò la testa sulle assi del pavimento scuro e lasciò andare la garza. Così stanco. "Remus!" La porta si aprì di colpo e lei era lì, inginocchiata accanto a lui, a tirargli la testa in grembo.
"Vada via," mormorò lui, senza aprire gli occhi, "mi lasci andare."
"Assolutamente no, giovanotto." Disse Madama Chips - con così tanto fervore che che, nonostante il suo stato confusionale, Remus si mise a ridere. Poi trasalì, stringendosi istintivamente il petto. La strega guaritrice puntò la bacchetta sulla ferita aperta e la richiuse in pochi secondi, poi gli tastò il petto, dove lui l'aveva toccato. "Costola rotta," mormorò, "Povero caro." Diede un altro colpetto con la bacchetta e Remus sentì uno strano 'pop' nel busto - improvvisamente non gli faceva più male respirare.
Aprì gli occhi e la guardò. Lei era impegnata a tirargli una coperta sulle spalle per tenerlo al caldo. "Allora," sussurrò dolcemente, anche se erano abbastanza soli, "cosa ti viene in mente a spaventarmi così, eh?” La sua voce era così calda, e le sue dita così delicate. Con molta attenzione, lo strinse in un abbraccio, "Non possiamo perderti, Remus, non mentre io sarò ancora a Hogwarts."
"Fa male." Sussurrò Remus.
Lei lo strinse più forte. Per la prima volta dopo molto tempo, Remus cominciò a piangere. E non solo qualche lacrima; mentre la dolce e gentile infermiera lo stringeva, lui avvolse le sue braccia attorno al suo corpo morbido e pianse come un bambino.
* * *
Dovette passare due giorni in infermeria. Lo squarcio sullo stomaco non era stata l’unica ferita che si era inflitto quella notte, anche se era la peggiore. L’incantesimo di Madama Chips era stato sufficiente a fermare la perdita di sangue abbastanza a lungo da condurlo fuori dalla stamberga, ma aveva bisogno di riposo e silenzio. Gli aveva somministrato regolarmente del distillato soporifero e lui l’aveva bevuto senza lamentarsi, preferendo non essere sveglio. I Malandrini erano venuti a vederlo, ma, su richiesta di Remus, Madama Chips li aveva mandati via.
Gli permise finalmente di andarsene venerdì mattina sul tardi.
“Informerò i tuoi professori dicendo loro che non andrai a lezione. Vai dritto nel tuo dormitorio e stenditi, va bene?”
Camminò lentamente, facendo un percorso diverso dal solito e pensando alla mappa - doveva tornare a lavorarci, aveva letto qualcosa di emozionante riguardo all’incantesimo Homunculus. Una volta che ebbe raggiunto il dormitorio, Remus strisciò sul letto, chiuse le tende e si sdraiò supino. Dei raggi di luce filtravano attraverso le cuciture della stoffa, illuminando una galassia di granelli di polvere.
Faceva ancora caldo per essere settembre e qualcuno aveva lasciato le finestre aperte, riempiendo la stanza d’aria fresca. La brezza rinsaccava le tende verso il letto di Remus, poi le gonfiava nella direzione opposta. Le fissò incantate per un po’ - dentro e fuori, era come stare dentro un polmone.
“Lupin!” Una voce tagliente infranse la sua quiete. Sirius scostò violentemente le tende, invadendo di luce il piccolo spazio, bruciando le retine di Remus.
“Ugh, che vuoi?” Si lamentò, comprendo si gli occhi.
“Scusa.” Sirius si sfregò il braccio nervosamente.
“Che c’è?”
“Remus, devo dirti qualcosa.”
Rimasero in silenzio per qualche lungo momento. Remus rimase sdraiato, troppo stanco per mettersi a sedere. Sospirò.
“Quindi?”
“Si tratta di James!” Disse Sirius disperatamente. “Vuole…vuole parlare con te.”
“…Come?”
“È…dannazione, non so come dirtelo, Lupin…”
“Di cosa stai parlando?”
“Lo sa! James lo sa! E vuole che te ne parliamo tutti.”
Remus si mise a sedere di scatto, sentendo il suo cuore smettere di battere.
“Lui…lui cosa? Sa cosa?”
“Sa del tuo…cioè, sa dove vai. Ogni luna piena.”
Remus fissò Sirius. Non sapeva cosa fare.
“…tu lo sapevi.”
“Sì, lo sapevo.” Confermò Sirius.
“Da quando?”
“Da Natale. Non…non volevo dire nulla. Non volevo peggiorare le cose per te.”
Remus era senza parole. Sirius scosse la testa, impaziente. “Ma anche James l’ha capito, quell’idiota allampanato, e ora ha deciso che dobbiamo parlartene. Mi dispiace tanto, ho provato a fargli cambiare idea, ma sai quanto è testardo.”
“Già.” Gracchiò Remus, piegandosi in avanti alquanto improvvisamente. Si afferrò la testa con entrambe le mani. Era finita. Stava per perdere tutto, tutto quello che gli importava.
“Va tutto bene…penso che andrà tutto bene.” Disse Sirius.
“Come?” Remus sollevò il capo, scottava dal terrore. “Tanto vale iniziare a fare le valigie.”
“No! Non farlo. Ascolta, vuole solo parlare con te, non andrà a parlarne con Silente o robe del genere, significherà pure qualcosa.”
Ma Remus si era già alzato, aveva aperto il suo baule e aveva iniziato a buttarci dentro le sue cose. Forse se ne sarebbe dovuto andare subito; forse non gli avrebbero nemmeno lasciato il tempo di fare i bagagli. Gli avrebbero permesso di tenere la sua bacchetta? Vi si era affezionato ed era di suo padre, quindi era sua di diritto. E se avesse promesso di usarla solo per leggere?
“Remus!” Sirius afferrò le sue spalle. Sussultò, ma solo perché pensava che gli avrebbe fatto male. Gli occhi blu scuro di Sirius lo stavano fissando in profondità e lui cercò di distogliere lo sguardo. "Ascoltami." Disse Black, molto delicatamente. "Aspetta, ok? Aspetta e ascolta quello che James ti deve dire - è un tuo amico. Siamo i Malandrini, tutti noi!"
"Sono balle." Remus lo spinse via. "Sono tutte balle. Siete voi due i Malandrini, tu e lui. Io e Peter siamo solo i vostri casi di carità." Prese il pigiama dall'estremità del letto e lo gettò nel suo baule. "Non sono così idiota, Black. Probabilmente è meglio che torni da dove sono venuto, è lì che appartengo."
Era la prima volta che Sirius rimaneva senza parole. Ma era anche la prima volta che Remus gli aveva detto così tanto. La sua bocca si contrasse una o due volte, come se volesse parlare, ma non ne fosse in grado. Remus continuò a fare i bagagli.
"Aspetta." Disse Sirius, rauco, lasciando la stanza, "Aspetta e ascolta cosa ha da dire."
Chapter 24: Secondo Anno: Pozioni, Di Nuovo
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Nonostante tutto, Remus decise di aspettare. Non pensava di avere molte altre opzioni; tranne che andare dritto da Silente e chiedergli di essere rimandato al St Edmund - e non sapeva esattamente dove era il suo ufficio. Non era ancora arrivato a quel punto con la mappa. La mappa - avrebbe fatto meglio a lasciarla indietro. Sirius e James potevano completarla.
Almeno non era più stanco. Rimase seduto sul suo baule, irrequieto, per quelle che gli sembrarono essere ore. Pensò di andare a pranzo - ma se gli avessero voluto parlare davanti a tutti? Rimase dove si trovava. In ogni caso, non aveva fame. Provò a leggere, ma non riuscì a concentrarsi abbastanza a lungo.
Ogni tanto la sua mente ritornava alla sua conversazione - o meglio, litigio - con Sirius. Non sapeva come sentirsi. Da un lato, il terrore iniziale era passato, aveva capito che Sirius stava cercando di essere gentile. Se lo sapeva davvero da Natale, allora probabilmente non aveva alcuna intenzione di dirlo a nessuno. Anzi, aveva persino provato ad avvertirlo. Ma dall’altro lato, quello che aveva detto Remus era comunque vero. Solo perché James era il migliore amico di Sirius, non voleva dire che avrebbe avuto istinti protettivi nei confronti di Remus. Erano amici, certo, ma solo perché erano compagni di stanza. Remus non sapeva giocare a quidditch, non proveniva da una famiglia altolocata, non aveva soldi. E, come se questo non bastasse, la perfetta reputazione di Potter gli avrebbe permesso di socializzare con creature oscure?
E per quanto riguarda Sirius - non era nemmeno riuscito a perdonare suo fratello per essere finito in una casa diversa. Se non gli importava della sua famiglia, perché sarebbe dovuto essere diverso per la loro amicizia?
Non appena furono scoccate le quattro, Remus sentì tre serie di passi che salivano le scale. Si alzò in piedi, preparandosi al peggio. James entrò per primo, sembrando molto serio e in qualche modo più vecchio di tutti loro. Sirius entrò dietro di lui, la sua espressione imperscrutabile, nessuna traccia dell'emozione di prima. Peter fu l'ultimo, con l'aria - come al solito - molto a disagio e sembrava che non sapesse da dove iniziare.
“Ehi, Remus.” Disse subito James. Erano in piedi, uno di fronte all’altro. La stanza sembrava minuscola nonostante la finestra aperta.
“Ciao.” Rispose Remus, cercando di osservare tutti e tre contemporaneamente.
“Come ti senti?”
“Bene.”
“Ascolta, amico, vado dritto al sodo, okay?” James si passò una mano tra i capelli, deglutendo nervosamente - Remus riusciva a vedere il suo pomo d’Adamo al lavoro. “Abbiamo notato… beh, è impossibile non notare che sei spesso in infermeria. Praticamente ogni mese.”
Peter stava annuendo alle sue spalle come un cagnolino e Remus sentì un’ondata di odio montare dal nulla dentro di lui. La represse, concentrandosi sull’incrociare lo sguardo di James. Pensavano già che fosse un animale selvaggio. Era meglio non confermarlo.
“Già.” Disse scontrosamente.
“Già.” Annuì James, come se stessero avendo una conversazione perfettamente normale. “Ogni mese…intorno alla luna piena.”
Non aggiunse altro. Remus non vedeva l’ora di farla finita.
“Dillo e basta, James.”
“Seiunlupomannaro?” Gli uscì tutto d'un fiato e James abbassò finalmente lo sguardo, come se fosse imbarazzato di averlo chiesto.
Remus mandò un’occhiata a Sirius che lo stava ancora fissando con determinazione. Peter si stava mordicchiando il labbro inferiore, i suoi occhi facevano avanti e indietro tra Remus e James. Remus raddrizzò le spalle.
"Sì." Sporse il mento in avanti, come sfidando James a colpirlo. Era pronto all’eventualità.
James esalò.
"Okay."
"Tutto qui?"
"Sì-cioè no-voglio dire... dannazione..." James si passò di nuovo le mani tra i capelli, rivolgendosi agli altri per avere sostegno, con aria impotente.
"Va tutto bene." Disse Remus, con la voce dura. "Vado. Lasciatemi solo andare ad avvisare la McGranitt."
"Vado? Dove vai?"
"Di nuovo al St Edmund, immagino." Come se avesse un altro posto in cui andare!
"Non puoi lasciare Hogwarts!" James sembrava ancora più preoccupato ora, gli occhiali gli erano scivolati giù per il naso e lui non se n'era nemmeno accorto.
"Non posso restare se lo sanno tutti." Spiegò Remus, nel modo più calmo possibile.
"Non lo diremo a nessuno!" Squittì Peter all'improvviso. Remus lo guardò sorpreso, poi Sirius, poi James. James ora stava annuendo.
"Non lo faremo." Confermò.
Remus scosse la testa, non permettendosi di prendere in considerazione l'idea - nemmeno di sperarci. La speranza non portava mai da nessuna parte; se sapeva qualcosa per certo, era quello. Era una regola scritta sulla sua pelle in spesse linee argentee.
"Questo non è un gioco. Non si tratta di mantenere un semplice segreto. Se altre persone lo scoprono, dovrò andarmene. Potrebbe essere peggio di così, potrebbero..." Non lo disse. A cosa serviva dirlo?
"Non permetteremo che accada." Disse finalmente Sirius, facendo un passo avanti, esitando. "Giusto?" Si voltò verso Peter e James, ai suoi lati. Sembravano entrambi molto seri e molto spaventati, ma annuirono con fermezza.
"Fidati di noi." Disse James. "Per favore."
* * *
Accettò di concedere loro un mese. O forse erano loro che lo stavano concedendo a lui- non ne era sicuro. Non era chiaro chi fosse più spaventato di chi. Fu un’agonia, all’inizio; ogni momento era carico di imbarazzo e di una nuova timidezza che non c’era mai stata prima. Pensano che io sia un mostro, continuava a recitare una voce nella mente di Remus, pensano che li ucciderò nei loro letti, pensano che io sia malvagio.
E in realtà, a pensarci bene, non aveva ancora fatto nulla per provare il contrario. Era chiaro già da tempo ormai che la sua afflizione sarebbe cambiata nel corso della sua adolescenza. Remus non aveva idea di dove sarebbe arrivato. Forse un giorno avrebbe superato il limite; forse era così che dovevano andare le cose.
Per una settimana intera non ne parlarono. Non una parola, nemmeno un sussurro. Remus era sicuro che l’avrebbero tempestato di domande, soprattutto Sirius, ma evidentemente era stato così duro durante il loro diverbio che nessuno voleva tirare fuori l’argomento. Davanti agli altri studenti, si comportavano come se nulla fosse - James era rumoroso e troppo sicuro di sé, Sirius era arguto e arrogante, Peter adorante e insicuro. Ma quando erano da soli, rimanevano in silenzio, pensierosi e troppo educati. Gli incontri notturni di Sirius e James diventarono più frequenti.
Inaspettatamente, ma forse non sorprendentemente, fu Severus Piton a riappacificare i Malandrini.
Successe durante una lezione di Pozioni, ovviamente. Quest’anno, stavano affrontando una pozione che rendeva i sogni piacevoli e che avrebbe richiesto settimane per essere preparata.
“Dovrete tornare regolarmente di sera a controllare come procedono le vostre pozioni - vi valuterò sulla vostra perseveranza e attenzione. Pertanto, penso che sia meglio dividersi in coppie in modo che possiate fare a turno.” Annunciò Lumacorno.
Ci fu un fermento e chiacchiericcio generale mentre gli studenti sceglievano i loro compagni. Remus si rassegnò all’idea di lavorare con Peter, come al solito. Ma la voce di Lumacorno sovrastò il subbuglio.
“No, no, ho imparato la lezione.” Osservò i Malandrini con uno sguardo severo. “Non potete scegliere gli stessi compagni dell’anno scorso.”
Sirius e James si guardarono, per poi spostare lo sguardo su Peter e Remus, squadrandoli. Remus fece una smorfia.
“Infatti,” continuò Lumacorno “penso che vi assegnerò io un compagno…”
Fortunatamente Lumacorno ebbe abbastanza tatto da non mettere nessuno di loro con Piton, ma Peter finì con Mulciber che, essendo il doppio di lui, lo sovrastava. Il professore divise Mary e Marlene, che erano inseparabili come James e Sirius, e le mise con i ragazzi.
“Io voglio Sirius!” Squittì Mary. Marlene le diede una gomitata e scoppiarono a ridere. Sirius sembrava inorridito, James sembrava irritato - si passò una mano nei capelli e raddrizzò lievemente la sua schiena.
A Remus fu chiesto di lavorare con Lily Evans, con suo grande disappunto. Non gli piaceva particolarmente nessuna delle ragazze, ma Lily era l’ultima con cui avrebbe voluto lavorare. Era una ficcanaso e si sforzava troppo ad essere gentile. Inoltre, era la migliore amica di Piton che ora lo stava guardando in cagnesco dall’altro lato della stanza.
Remus non riusciva a dimenticare l’incidente al primo anno in cui Lily aveva fermato Piton e Mulciber dall’aggredirlo - e il suo disprezzo generale nei confronti dei suoi amici. In realtà, ogni incontro che aveva avuto con Lily fino a quel momento non era finito nel migliore dei modi per Remus.
Lily sembrava aver percepito la sua avversione quindi gli sorrise nervosamente.
“Ciao, Remus, ti senti meglio?” Squittì. Il ragazzo grugnì in risposta, il capo abbassato.
“Ti conviene mantenere le distanze, Lily.” Sibilò Piton dal tavolo che stava condividendo con una Serpeverde. “Lunatico Lupin potrebbe essere contagioso.”
“Taci, Mocciosus.” Mormorò Remus, cercando di non farsi sentire da Lumacorno.
“Sì, per favore, stai zitto, Sev.” Disse Lily, aggraziatamente, mandandogli un’occhiataccia.
“Sto solo cercando di aiutarti.” Rispose il ragazzo dai capelli unti, incurvando le labbra. “Non vogliamo che nessun altro venga contagiato dalla misteriosa malattia di Lupin, dico bene? Dimmi se hai bisogno di qualcosa, Lily.”
“Io e Remus siamo perfettamente in grado di completare il compito da soli, grazie.” Sbottò, spostando la sua chioma di ricci rossi e aprendo il libro con un elaborato gesto plateale. Guardò Remus. “Ci servono otto code di ratto, accuratamente tagliate a dadini. Lo vuoi fare tu o me ne occupo io?”
“Uhm, lo faccio io.” Rispose Remus, spiazzato.
“Bene. Allora inizierò a pesare le foglie di rosmarino.”
Lavorarono in silenzio per un po' e sarebbe andato tutto bene se fossero stati ad un'altra scrivania, ma Piton era alle loro spalle e, per tutto il tempo, lanciò sguardi perfidi a Remus mormorando qualcosa.
“Ovviamente ‘Lunatico Lupin’ è alquanto appropriato.” Disse alla ragazza con cui stava lavorando. “Perchè è assolutamente folle - l’ho visto, vaga per il castello da solo, appostato in angoli bui. Non so se ti ricordi, ma mi ha aggredito l’anno scorso. Chiaramente è pericoloso, non so perché Silente non faccia nulla.”
Remus sentì le sue orecchie tingersi di rosso.
“Di’ un’altra parola…” Ringhiò. Piton lo squadrò da capo a piedi con un ghigno. Lily afferrò il braccio di Remus e lo tirò indietro.
“Ignoralo.” Sussurrò.
Remus riportò l'attenzione sulle code di ratto. Il sangue gli stava macchiando le dita.
Una volta che ebbero preparato gli ingredienti, arrivò il momento di aggiungerli alla pozione. Remus stava iniziando ad andare d’accordo con Lily. Era paziente e non si comportava come se sapesse tutto, come James e Sirius. Era un po’ una perfettina, ma si ricordò che anche lui stava cercando di esserlo, quindi avrebbe fatto meglio a farselo piacere.
“Mescolo io.” Disse, eroicamente - non si era mai offerto di fare qualcosa per una ragazza prima d’ora; non aveva nemmeno mai tenuto aperta una porta per una ragazza visto che il suo contatto con il gentil sesso era stato così limitato. Si sentiva molto adulto e come James. Si rimboccò le maniche e afferrò il grande mestolo di legno.
"Eww! Guardatelo!" La voce cattiva e stucchevole di Piton risuonò abbastanza forte da essere udita da metà della classe. Remus alzò lo sguardo e scoprì che tutti lo stavano guardando. Che stavano guardando le sue braccia scoperte. Si affrettò a tirarsi giù le maniche per coprire i segni, ma tutti li avevano visti. "Che razza di malattia provoca quelli?!"
"Zitto, Severus!" Abbaiò Lily. "Perché devi essere così orribile?!"
"Lily, guarda!"
"Fatti gli affari tuoi!"
La mente di Remus stava lavorando freneticamente. Desiderava che la terra lo inghiottisse. Desiderava poter strisciare sotto la scrivania. Avrebbe voluto sapere come materializzarsi. Avrebbe dato qualsiasi cosa per tirare un altro pugno a Piton. Anche i Malandrini avevano sentito, Sirius e James avevano alzato la testa dai loro calderoni.
"Ehi, Mocciosus, cosa stai dicendo del nostro amico?"
"Oh, stanne fuori, Potter!" Sbuffò Lily. "Peggiorerai solo le cose!"
"Silenzio, per favore!" Tuonò Lumacorno. "Non siete più del primo anno, dovreste essere in grado di concentrarvi sul compito da svolgere."
Tutti si zittirono. Remus stava afferrando il mestolo con tutte le sue forze.
"Mi dispiace, Remus." Sussurrò Lily, sembrando sinceramente turbata. "È un tale... oh, non lo so! Guarda, ho queste." Allungò la mano, attenta a non farsi vedere. Remus abbassò lo sguardo. Teneva in mano due cose tonde e grigiastre che sembravano proiettili, o compresse.
"Cosa?" Chiese lui, stupidamente.
“Settimana scorsa si stava vantando di quanto è bravo a Pozioni, era irritante…lo so che è meschino da parte mia, ma voglio dargli una lezione, quindi ho fatto queste. Poi è successa una cosa con sua mamma e mi dispiaceva per lui, quindi non le ho usate. Ma ora…”
“Evans,” disse Remus, esasperato “cosa sono?!”
“È solo qualcosa che ho progettato durante il Lumaclub." Lily sorrise in modo enigmatico. Remus notò che, in realtà, era notevolmente carina. “Reagiranno con la sua pozione. Sarà davvero divertente.”
La fissò, sbalordito.
“Ma sei…”
“La cocca dei professori? Una secchiona? Una perfettina?” Il suo sorriso crebbe, mettendo in mostra i suoi dritti denti bianchi. “Alcuni di noi sanno come non farsi beccare, mio caro Malandrino.”
Scosse la testa, confuso.
“Ecco.” Gli spinse le compresse in mano. “Fallo tu. Buttale dentro mentre è distratto. Ehi, Potter!” Urlò. James, dall’altro lato della stanza, alzò la testa di scatto, i suoi occhiali appannati a causa vapore che si sollevava dal suo calderone.
“Uh?”
Anche Piton alzò lo sguardo, mandando un’occhiataccia a James. Remus si mosse in fretta, facendo finta di sbadigliare e allungò le faccia, raggiungendo il calderone di Piton con la sua mano destra. Fece cadere le compresse proprio mentre Lily diceva “Oh, niente.” molto dolcemente prima di tornare a lavorare.
Sia James che Piton la fissarono confusi. Remus era colpito.
La sua ammirazione crebbe ancora di più quando Lily afferrò il braccio di Remus, tirandolo indietro nel momento esatto in cui il calderone di Piton esplose alle loro spalle, una magnifica massa di bolle viola schiumose che straripava dall'orlo, riversandosi sui vestiti di Severus e della sua compagna.
Tutta la classe cominciò a ridere e Piton divenne rosso dalla rabbia, le narici dilatate.
"Oh, cielo!" Lumacorno si precipitò al loro tavolo. "Un po' troppo zelante con i gusci di scarafaggio, eh Severus?"
"Non sono stato io!" Disse Piton fumando dalla rabbia con le bolle viola che gli si posavano sui capelli. "È stato lui!" Indicò Remus che trasalì. "Deve essere stato lui, per forza!!"
"Hai visto il signor Lupin manomettere la tua pozione?"
"No, ma..."
"Suvvia, ragazzo." Disse Lumacorno ridendo, lanciandogli uno strofinaccio verde. "Tutti facciamo degli errori, anche tu!”
Severus balbettò incoerentemente e Lily si stava chiaramente sforzando di mantenere un’espressione seria, tanto che alla fine dovette girarsi, con le spalle che le tremavano a causa di una silenziosa risata.
Dopo la lezione, i Malandrini si fiondarono su Remus nel corridoio, fischiando e applaudendo.
“Sei stato tu, vero?"
"Geniale!"
"Come hai fatto? Fai schifo a Pozioni!"
Remus sorrise di rimando, senza confermare né negare quello che stavano chiedendo. Sopra la spalla di James, vide Lily fargli un rapido sorriso, prima di affrettarsi su per le scale.
"Cosa vi avevo detto?" Proclamò Sirius allegramente, gettando un braccio attorno a James e l’altro attorno a Remus. "È ancora un Malandrino!"
Chapter 25: Secondo Anno: Di Sera
Chapter Text
Venerdì 6 settembre 1972
Una volta rotto il ghiaccio, Remus fu inondato di domande. Quella sera, dopo cena, i quattro ragazzi si erano seduti sul suo letto.
“Quando è successo?”
“Silente lo sa?!”
“Hai mai, beh, aggredito qualcuno?”
“Cosa si prova?”
“Dove vai quando succede?!”
Remus si mordicchiò il labbro inferiore. Non aveva mai parlato della sua malattia con nessuno - fatta eccezione per la sua conversazione con Madama Chips l’anno scorso. Nessuno dei babbani con cui era cresciuto gli avrebbero creduto e ed era stato portato a pensare che i maghi l’avrebbero ripudiato.
“Ehm…” Cercò di capire da dove iniziare. “Avevo cinque anni, quando è successo. Non mi ricordo molto prima di quel momento. Sì, Silente lo sa. Non penso di aver mai fatto male a qualcuno. Penso che lo saprei, se l’avessi fatto.”
“Quindi, quando ti trasformi, ti ricordi come ci si sente?” Chiese Sirius impazientemente. “Ad essere un lupo?”
“Um…non proprio?” Remus rifletté. “Mi ricordo alcune sensazioni, ma non penso di avere un cervello umano quando sono così. È un po’ come un incubo.”
“Ho sempre pensato che i lupi mannari fossero più…” Peter lo guardò pensosamente. “Non so, spaventosi?”
Remus scrollò le spalle.
“Allora è questo che è successo a tuo papà?” Chiese Sirius bruscamente. “È stato ucciso dal licantropo che ti ha morso?”
Remus sussultò. Non per via di suo padre, ma perché non era abituato a sentire la parola con la ‘L’ così spesso. Lui stesso non l’aveva mai detta.
“No,” rispose “mio papà, si…uhm…beh, si è suicidato. Dopo che sono stato morso, quindi penso che sia colpa mia. Mia madre - beh, è babbana, penso che probabilmente fosse tutto un po’ troppo per lei, quindi mi ha spedito al St Edmund.”
Ci fu un silenzio teso.
“Hai mai incontrato-“ iniziò a dire Sirius, ma James gli mandò un’occhiataccia.
“Basta così, Black, lascialo in pace.”
Alla fine, si divisero per mettersi a fare i compiti - tranne James che era andato fuori a correre prima che facesse buio. Le selezioni di quidditch si stavano avvicinando e lui stava diventando sempre più ossessionato dalla forma fisica e dalla resistenza. Aveva cercato di convincere Peter e Sirius ad andare con lui, ma si erano rifiutati.
“Dannato schiavista.” Mormorò Peter, quando se ne fu andato. “Gli ho già detto che non farò le selezioni.”
“Io probabilmente le farò.” Disse Sirius con noncuranza. “Dopotutto, hanno bisogno di un battitore.”
Alla fine i tre misero da parte i compiti per dedicarsi a una partita particolarmente violenta di Spara Schiocco, un album sul giradischi - dei Beatles dato che Peter li aveva implorati di fare una pausa da Bowie.
Più tardi, dopo che ebbero spento le luci, Remus si sedette a leggere un libro che Sirius gli aveva prestato. Era un tascabile babbano - fantascienza. Aveva visto qualche film di quel genere al cinema vicino al St Edmund, ma non sapeva che esistessero anche dei libri così. Il libro stava iniziando a prenderlo, quando sentì lo scricchiolio delle assi del pavimento, Sirius stava facendo visita a James. Sentì il fruscio delle tende e un basso sussurro, prima di un’improvvisa e innaturale mancanza di suono che significava che qualcuno aveva lanciato un incantesimo silenziatore.
Remus lo ignorò, rannicchiandosi nel piumone e concentrandosi sul suo libro. Fu forse venti minuti dopo che sollevarono l'incantesimo silenziatore - era come se fosse stato sordo da un orecchio e potesse improvvisamente sentire di nuovo. Ascoltò ancora una volta il fruscio delle tende, mentre Sirius si allontanava dal letto di James, attraversando con passo leggero la stanza.
Questa volta, però, i suoi passi si fecero vicini e, con grande sorpresa di Remus, le tende del suo letto si aprirono. Il viso lungo e pallido di Sirius lo scrutò.
"Ciao." Sussurrò.
"Ciao..." Rispose Remus. "Che c’è?"
"Ho visto la luce della tua bacchetta." La indicò con un cenno del capo. "Posso entrare?"
"Ehm... ok?"
Sirius sorrise e si infilò dentro facilmente, inginocchiandosi sul letto di fronte a Remus, che si tirò le gambe vicino al petto, mettendo da parte il libro.
"Sonoro Quiescis." Sussurrò Sirius, lanciando l'incantesimo di insonorizzazione per non disturbare gli altri. "Com'è il libro?" Guardò il tascabile appoggiato sul cuscino accanto a Remus.
"Bello." Rispose Remus, con noncuranza. "Che c’è?" Ripeté.
"Stavo parlando con James." Disse sedendosi a gambe incrociate. "Crede che tu sia triste per via delle domande su tuo padre."
"Oh," Remus scosse la testa, sorpreso, "no, sto bene. Non sono triste; ci sono abituato."
"È quello che ho detto a James."
"Okay."
Sirius non se ne andò, continuò a guardare Remus. Lo stava mettendo a disagio; per dormire indossava solo una sottile canottiera che mostrava una serie di segni rossi e argento che attraversava le sue braccia e spalle scoperte. Sirius li fissò, senza provare a nasconderlo.
"Come ti sei procurato quelle cicatrici?" Chiese, a bassa voce. Remus si accigliò, coprendosi con le lenzuola fino al collo.
"Come ti sei procurato le tue?" Sbottò. Se ne pentì all'istante; Sirius smise di guardare la sua pelle e indietreggiò, gli occhi pieni di dolore e sorpresa.
"Io... sono stati miei genitori. Usano la maledizione Lacero per disciplinarci." Disse, la sua voce un po' robotica.
"Scusa." Remus lasciò ricadere il piumone. Sospirò, allargando le braccia in modo che Sirius potesse vedere meglio. "Me le faccio da solo, quando sono... quando mi trasformo. Ecco." Tirò giù una spallina della sua canottiera e si girò leggermente per mostrargli quattro lunghi segni di artigli bianchi.
"Wow." Sospirò Sirius, di nuovo in ginocchio, sporgendosi in avanti con la bacchetta accesa per vedere meglio. "Perché lo fai?"
"Non lo so, non sono esattamente in me quando succede. Madama Chips ritiene che sia dovuto alla frustrazione - perché aggredire le persone è nella mia natura e io non ho nessuno da aggredire."
"Dove ti mandano?"
"C'è questa vecchia casa... la McGranitt e la Chips mi portano lì ogni mese, c'è un passaggio per arrivarci sotto il Platano Picchiatore."
"La McGranitt ti guarda?"
"No! È troppo pericoloso. Credo che usino degli incantesimi per tenermi chiuso dentro."
"Sembra orribile."
Remus scrollò le spalle.
"Nah, non è così male. Al St Eddy mi tengono in una cella con una porta d'argento. Quando ero appena arrivato - la Direttrice pensa che fossi troppo piccolo per ricordare - mi mettevano in una gabbia."
Sirius alzò lo sguardo verso di lui in modo brusco.
"È disgustoso!"
“Non saprei.” Remus fu sorpreso dalla sua reazione. “Era per tenere tutti al sicuro. E sarò stato grande quanto un cucciolo.”
“Lupacchiotto.” Disse Sirius prontamente.
“Come?”
“Il piccolo di un lupo si chiama lupacchiotto.”
“Oh.”
“Dove ti hanno morso?” Sirius era passato ancora una volta dalla preoccupazione alla curiosità.
“Oh, um, qui.” Remus si diede dei colpetti proprio sopra il suo fianco sinistro. Sirius lo guardò in attesa. “Vuoi vedere?”
Sirius annuì, impazientemente, piegandosi in avanti mentre Remus sollevava l’orlo della sua maglietta. Non notava quasi più il segno del morso, anche se spiccava come non mai sulla sua pelle. Era una cicatrice enorme, lascito di una mascella incredibilmente grande. Era possibile contare tutti i denti, se qualcuno fosse stato incline a farlo. Delle profonde fossette deturpavano la pelle morbida di Remus. Sirius si era avvicinato molto ora, tanto che Remus dovette allontanarsi per evitare che le loro teste si scontrassero.
"Oh wow..." Sospirò, perso nell’osservare i segni come qualcuno che aveva portato alla luce un grande tesoro archeologico.
Remus sentì i lunghi capelli di Sirius sfiorargli la pelle e il calore del suo respiro e lo spinse via velocemente.
"Dio, Black, sei così strano."
Sirius si limitò a fare quel sorriso alla Sirius Black.
* * *
Venerdì 13 ottobre 1972
"Perché siamo qui?” Sussurrò James, sembrando divertito.
“E perchè abbiamo dovuto portare quello stupido mantello?” Disse Sirius, la sua voce leggermente attutita dalla stoffa. “Mancano ore al coprifuoco.”
“Fa caldo.” Si lamentò Peter.
“State zitti, tutti e tre.” Ordinò Remus. “Sto cercando di concentrarmi.”
“Concentrarti su co- ahia!”
Remus aveva dato un calcio nello stinco a Sirius.
“Ti ho detto di stare zitto.”
“Che modi…” Mormorò Sirius - ma rimase in silenzio.
Remus annusò l’aria. C’era un chiaro odore di cioccolato in tutto il corridoio. Appena girato l’angolo era solo un debole sentore, ma più ci si incamminava verso la statua a metà del corridoio più esso diventava ricco e dolce. L’odore stava facendo impazzire Remus da settimane - da quando l’aveva notato verso la fine dell’anno prima. Doveva avere a che fare con la statua - una strega gobba e con una benda sull'occhio. Era una raffigurazione orribile, Remus sperava che l’artista fosse semplicemente stato particolarmente scortese e che la povera donna non fosse davvero così.
“Ci hai portato qui per farci conoscere la tua nuova ragazza, Lupin?” Chiese James, sorridendo, mentre Remus continuava a fissare la strega con un solo occhio.
“Perchè continui a tirare su col naso in quel modo?” Si lamentò Sirius. “Non voglio starti vicino se sei raffreddato.”
“Non lo sentite anche voi?”
“Sentire cosa?”
“…cioccolato. Sicuramente cioccolato.”
“Non sento nulla.” Disse Sirius.
“Nemmeno io.” Disse James.
“Viene dalla statua.” Continuò Remus, non disturbato dalle canzonature dei suoi amici. Allungò la mano e toccò cautamente la pietra attraverso il mantello.
“Cosa? Pensi che la gobba della vecchia baldracca sia piena di dolci o cose del genere?” Sirius stava iniziando a sembrare annoiato e irascibile. A volte irritava un po’ Remus. Lui e Peter venivano trascinati in tutti i tipi di ‘missioni’ dagli altri due, ma, quando lui e James non ne erano a capo, Sirius si lamentava per tutto il tempo.
“No.” Disse Remus. “Penso che si tratti di uno dei passaggi segreti di cui parla il tuo libro.”
“Davvero?!” Ora Sirius stava veramente prestando attenzione. “Senti davvero odore di cioccolato? È una cosa…speciale che puoi fare?”
“Sì.”
“Non porta alle cucine.” Disse Peter, in modo ferrato. “Sono al piano terra, me l’ha detto un Tassorosso.”
“Come ci entriamo?”
“Parola d’ordine?” Suggerì James. “Come la sala comune.”
“Mascalzone!” Urlò Peter alla strega con entusiasmo. Non successe nulla.
“Non intendevo che sarebbe stata la stessa identica parola d’ordine Peter.” Disse James. Fu gentile, ma Sirius e Remus si stavano già sbellicando dalle risate.
“Forse è Alohomora?” Suggerì Sirius, riprendendosi. Remus provò a dirlo, ma non successe nulla.
“Quello è per le serrature.” Disse James. “Non c’è qualcosa per svelare ingressi nascosti?”
“Oh, sì!” Annuì Sirius, emozionandosi. “Sì, c’è…umm…Dissendium!” Toccò la gobba della strega con la sua bacchetta.
Immediatamente, la gobba si aprì, scorrendo di lato e lasciando un’apertura abbastanza grande da permettere loro di passare, uno alla volta. L’odore del cioccolato si fece sempre più forte e ora Remus riusciva anche a sentire l’odore di terra, aria fresca e altre persone.
Si affrettarono a infilarsi dentro e la gobba si chiuse alle loro spalle.
“Lumos!” Dissero all’unisono, togliendosi il mantello. James lo ripiegò, tenendolo sotto il braccio, e si mise immediatamente a capo del gruppo.
“Forza.” Disse, allungando la sua bacchetta davanti a loro e illuminando lo scuro passaggio. “Andiamo!”
Lo seguirono tutti. A Remus non importava - aveva fatto la sua parte.
Fu una lunga camminata, giù per una rampa di fredde scale di pietra, attraverso un tunnel che era terroso e umido. Ma l'odore diventava sempre più forte e, quando finalmente arrivarono alla fine, trovarono un'altra scala che portava ad una botola di legno. Si guardarono e concordarono in silenzio che James dovesse andare per primo. Lo guardarono salire, spingere la botola e infilare la testa dentro. Remus si accorse che stavano tutti trattenendo il respiro, guardando il busto di James scomparire nell'ignoto.
"Non ci credo!" Lo sentirono ridere sopra di loro. "Venite a vedere!" Si trascinò verso l'alto, attraverso l’apertura, scomparendo del tutto. Sirius si affrettò a seguirlo, non volendo perdersi nulla. Remus andò dopo di loro, ma Peter esitò a seguirli.
"Dove siamo?" Chiese Sirius, fissando la piccola stanza buia. Erano circondati da scatole e casse ordinatamente impilate. L'odore di dolciumi era ormai inebriante.
"Credo che siamo a Hogsmeade!" Disse James, eccitato. "Questo è il deposito di Mielandia!"
"Il negozio di dolci?" Chiese Remus, pensando che fosse abbastanza ridondante a questo punto. Sirius aveva aperto una scatola che sembrava contenere almeno cinquecento confezioni di cioccorane.
Remus aveva sentito parlare di Hogsmeade dagli altri ragazzi - l'avevano visitata tutti durante le vacanze con le loro famiglie; era uno degli unici villaggi interamente magici della Gran Bretagna. Gli studenti più grandi avevano il permesso di andarci nei fine settimana e spesso portavano indietro sacchetti di carta pieni di dolci di Mielandia. In piedi in quella cantina, Remus pensò che non sarebbe potuto essere più felice dell'esito della missione.
Alla fine riuscirono a convincere Peter a entrare e passarono almeno un'ora a esplorare il negozio, meravigliandosi della loro stessa genialità. Scelsero un po' di tutto, con Remus che li dirigeva, essendo l'unico con un po' di esperienza di taccheggio. James pensava che Remus non l'avesse visto sfilare un borsellino di falci e galeoni dalla sua divisa e lasciarlo sul bancone mentre stavano uscendo.
I Malandrini tornarono nella sala comune dei Grifondoro con le tasche pesanti e enormi sorrisi sui loro volti. Un prefetto tolse dei punti a tutti loro per aver violato il coprifuoco, ma a loro non poteva importare di meno. Quando furono tutti a letto, ore dopo, fingendo di non avere mal di stomaco, Sirius disse,
"Questo finisce sicuramente sulla mappa."
Chapter 26: Secondo Anno: Quidditch
Summary:
Remus necessita un certo impegno emotivo
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“Ne ho abbastanza.” Disse Peter tristemente. Remus sospirò, al suo fianco. Conosceva la sensazione, ma non aveva molto senso frignare in quel momento. “Ne ho davvero abbastanza!” Ripeté Peter, la sua voce leggermente acuta, alzando lo sguardo in cerca di una conferma da parte di Remus.
“Lo so.” Rispose Remus, sperando di placarlo.
“Ci hanno trascinato in ogni genere di cosa, ci hanno fatto finire in punizione - e non mi sono mai lamentato.”
“Be’, un po’ sì.” Remus inarcò un sopracciglio. Peter annuì.
“Okay, qualche volta mi sono lamentato, ma ho sempre fatto quello che mi diceva James. E Sirius, anche se è orribile con me.”
“Sirius è orribile con tutti.” Disse Remus, iniziando a stufarsi.
“Be’, questa volta ne ho senz’altro abbastanza.” Continuò Peter. “Hanno esagerato.”
“Siamo qui solo di sostegno.” Remus sbadigliò, appoggiandosi in avanti contro le tribune di legno. “Pensavo che ti piacesse essere di sostegno.”
“Non-“ Peter fece una smorfia, “alle cinque del mattino.”
Remus era tentato di concordare anche se lui non se ne sarebbe lamentato. Almeno a Peter piaceva il quidditch. Guardarono il campo silenzioso, la spessa erba verde era nascosta da un velo di nebbia mattutina. Presumibilmente James e Sirius erano ancora negli spogliatoi insieme agli altri Grifondoro che speravano di entrare nella squadra di quidditch. Remus e Peter erano entrambi rannicchiati sulle tribune, avvolti nelle loro sciarpe e cappelli, aspettando che le selezioni avessero inizio.
Si trovavano lì almeno da un’ora - era troppo presto persino per la colazione - perché James si era voluto allenare prima delle selezioni. Avrebbero potuto rifiutarsi e rimanere a dormire, lasciando che i due uscissero presto, se lo desideravano. Ma Peter aveva ragione; facevano sempre quello che voleva James, era così bravo a convincerli. Remus sbadigliò di nuovo.
“Oh, ciao Remus.” Lily Evans salì le scale, sorridendo tristemente. “Ciao Peter.”
“‘Giorno.” Remus rispose con un cenno della testa.
“Si congela, non trovate? Siete venuti a vedere i provini di quidditch?”
“Sì.”
“Avrei dovuto immaginare che James avrebbe provato a entrare nella squadra.” Disse Lily stancamente. Il fanatismo di James per il quidditch non era limitato al dormitorio dei Malandrini; tutti quelli che lo incontravano sapevano quanto ne fosse appassionato.
“Anche Sirius.” Disse Remus.
“Be’, fanno sempre tutto insieme quei due.” Rispose Lily aggraziatamente.
“Tu chi sei venuta a vedere?” Chiese Peter.
“Marlene.” Lily indicò l’altra estremità del campo dove la squadra di Grifondoro e i nuovi candidati si stavano radunando intorno alle porte. Remus riuscì vagamente a distinguere la coda bionda di Marlene McKinnon. “Vuole diventare battitore.”
“Quello è il ruolo che Siri-“ Iniziò a dire Peter prima che Remus lo interrompesse con un veloce calcio nella gamba.
Lily li guardò, confusa, e decise di cambiare argomento.
“Remus, puoi controllare tu la pozione per i sogni piacevoli stasera? Sono davvero indietro con astrologia e voglio andare a parlare con il professor Aster.”
“Non posso.” Rispose Remus, appoggiandosi sui gomiti. “Abbiamo una punizione.”
“Oh. Perché?”
“Per aver fatto levitare tutti i tavoli e le sedie nell’aula di Difesa Contro le Arti Oscure.” Rispose Peter.
“Davvero?” Lily sembrava sorpresa. “Non ne ho sentito parlare.”
“Non l’abbiamo ancora fatto.” Disse Remus. “Lo faremo dopo, quando tutti saranno a pranzo. Ma immagino che ci scopriranno e che finiremo in punizione.”
Lily fece un verso di disapprovazione.
“Cosa ho detto sul farsi beccare, Lupin?” Ghignò in modo malizioso.
Remus scosse la testa, facendo a sua volta un piccolo sorriso. Dopotutto, Lily non era per niente male. Aveva quel dono che avevano tutte le ragazze di farti sembrare stupido, ma almeno lo faceva con un certo senso dell’umore. Era particolarmente piacevole vederla senza Piton che solitamente incombeva nelle sue vicinanze come un pipistrello vampiro che puzzava di oscurità e disapprovazione.
Ci fu finalmente movimento sul campo da quidditch mentre tutti gli aspiranti venivano messi alla prova. James non poté fare a meno di fare colpo, era al massimo della forma quel giorno. Scese in picchiata, si tuffò e si contorse a mezz'aria come se niente fosse - come se stesse nuotando, non volando. Remus sentì il brusco sospiro di Lily mentre James tentava una virata particolarmente stretta.
"Deve proprio mettersi in mostra così?" Disse lei, nervosamente. “Finirà per ammazzarsi.”
“No.” Disse Peter. “Lo conosco da quando abbiamo cinque anni e non è mai caduto dalla sua scopa. Nemmeno una volta.”
“Per forza che si crede intoccabile.” Mormorò Lily.
Il resto degli aspiranti cacciatori fecero il provino, ma era ovvio che James fosse la scelta migliore. Dopo toccò ai battitori - Sirius, Marlene e un massiccio ragazzo del quinto anno si alzarono in volo insieme a sei bolidi stringendo le loro mazze. Era orribile da guardare; Remus aveva i nervi a fior di pelle mentre le brutali palle di cannone rosse sparavano verso la testa e il corpo del suo amico. Sirius evitò abilmente i bolidi e ne fece fuori alcuni, ma Marlene era inarrestabile. Volava in cerchio intorno alla sua concorrenza, agitando la sua mazza con precisione meccanica e facendo volare ogni volta i bolidi da un lato all’altro del campo.
"Porca miseria." Esclamò Peter. Peter esclamò: "Non pensavo che la McKinnon fosse così brava."
"Suo fratello gioca per i Cannons." Spiegò Lily, con l'aria compiaciuta per Marlene. "Si è allenata con lui tutta l'estate."
"Anche Sirius l’ha fatto." Disse Peter, difendendo il suo amico e dimenticando tutte gli insulti precedenti. "Lui e James ci davano dentro continuamente, vero, Remus?"
Remus non rispose, nemmeno per ricordare a Peter che non aveva passato l'estate con loro. Era troppo impegnato a sentirsi in imbarazzo per Sirius e a desiderare che Marlene McKinnon non fosse così dannatamente brava a colpire i bolidi - o almeno a desiderare che ci fossero due posti vacanti da battitore. Non era sicuro del perché gli importasse così tanto - odiava il quidditch, e se Sirius e James fossero entrati entrambi in squadra avrebbe dovuto passare molto più tempo a tremare dal freddo sugli spalti. E stava segretamente aspettando da una vita che Sirius fallisse in qualcosa, aspettando la prova che Sirius Black non era sempre perfetto in tutto.
Ma ora che era arrivato quel momento, Remus si sentì in colpa per averlo pensato. Sirius sarebbe sicuramente rimasto deluso.
“Eccoli che arrivano!” Lily scattò in piedi e scesi gli scalini di corsa per andare verso la sua amica. Remus e Peter la seguirono lentamente.
“Ce l’ho fatta!” Marlene stava sorridendo. Il suo volto rosso dalla soddisfazione. Lei e Lily si abbracciarono.
Anche James sembrava alquanto compiaciuto, i capelli che si erano drizzati in ogni direzione a causa del vento e gli occhiali leggermente storti. Tuttavia, non stava sorridendo tanto quanto Marlene, sicuramente cercando di reprimere le sue emozioni per il bene di Sirius. Sirius sembrava furioso - Peter fece un passo indietro quando lo vide.
“Sì, ben fatto, McKinnon.” Disse Sirius con tono basso, non alzando lo sguardo dal suolo.
“Grazie…uhm…anche tu sei stato molto bravo, Sirius.” Disse, nervosamente. Sirius grugnì, continuando a non alzare lo sguardo.
James lo osservò con la coda dell’occhio e mandò uno sguardo dispiaciuto alle ragazze. Tese una mano verso Marlene.
“Ci vediamo settimana prossima per il primo allenamento?”
“Sì, fantastico!” Gli sorrise allegramente. “Ci vediamo, Potter!”
Le due ragazze si diressero verso il castello, a braccetto, chiacchierando entusiasticamente.
“Sirius, amico, non è la fine del mondo.” James si girò verso il ragazzo con uno sguardo preoccupato.
“Lo so.” Sirius diede un calcio a un ciuffo d’erba.
“Ti avrebbero messo nella squadra di riserva se avessi voluto - Singh te l’ha proposto.”
“Lo so. Non voglio rimanere in panchina.”
“Andiamo a fare colazione?” Sospirò James infine, guardando gli altri due in cerca di sostegno. Peter annuì entusiasticamente.
Remus non poté fare a meno di sentirsi lievemente irritato. Potter parlava di questo momento da quando erano arrivati ad Hogwarts e Sirius non aveva nemmeno avuto la decenza di essere felice per il suo miglior amico.
“Ben fatto, James.” Disse Remus in modo alquanto tagliente guardando Sirius nel mentre. “Sei stato fantastico, congratulazioni.”
“Grazie Lupin.” James sorrise a trentadue denti. I suoi occhi si piegarono leggermente agli angoli quando sorrise e il suo volto si illuminò - come se quello fosse il suo stato naturale.
“Sì,” disse Peter, colpendolo sul braccio “bel colpo, Potter.”
“Grazie!”
Si diressero verso il castello in silenzio. Sirius non parlò e rimase qualche passo avanti rispetto al resto di loro. James corse in avanti per raggiungerlo.
“Puoi riprovarci l’anno prossimo, Adral se ne sarà andato per allora, mi ha detto che lascerà la squadra per concentrarsi sui suoi MAGO.”
“Non mi importa, tranquillo.” Rispose Sirius, scrollandoselo di dosso. Aumentò ulteriormente il passo, allontanandosi velocemente da loro, il manico da scopa ancora sotto il braccio. James fece per raggiungerlo, ma Remus gli afferrò il braccio.
“Lascialo.” Disse, arrabbiato. “Lascialo andare se vuole comportarsi da cretino lunatico.”
Sirius non fece colazione con loro, né li raggiunse nella sala comune in seguito. James fu intercettato dalla maggior parte dei Grifondoro che avevano scoperto dalla squadra che era il nuovo cacciatore. Un gruppo di studenti del quarto anno lo prese in disparte per discutere diverse strategie e Peter andò con lui, crogiolandosi nella gloria del suo amico. Ciò non aveva mai importanza con James; aveva sempre abbastanza gloria da condividere.
Remus non era un fan dei riflettori pertanto colse l'occasione per cercare Sirius. Non era nel loro dormitorio, ma era prevedibile - chiaramente Black voleva deprimersi da qualche parte in privato. Ma Remus era un esperto di nascondigli e non ci volle molto tempo prima che lo trovasse, raggomitolato in un'enclave nascosta dietro un arazzo che raffigurava una caccia all'unicorno.
“Vattene, Lupin.” Ringhiò Sirius, voltandosi dall’altro lato, le braccia intorno alle ginocchia. La sua voce era roca come se avesse pianto, ma il suo volto era asciutto. “Non puoi tirarmi su di morale, okay?”
Remus alzò gli occhi al cielo, arrampicandosi nell’enclave con lui, costringendolo a spostarsi.
“Fammi spazio.” Disse fermamente. “Non sono qui per tirarti su di morale, idiota.”
“Come?”
“Cosa ci fai qui a tenere il broncio? Il tuo migliore amico ha appena realizzato il suo sogno, vai e sii sportivo.”
Sirius fece un verso indignato, continuando a provare ad allontanarsi da Remus, nonostante non fosse rimasto molto spazio.
“Non capiresti.” Tirò su col naso.
“Forse no.” Confermò Remus, calmamente. “Ma capisco che James voleva davvero tanto essere un cercatore, ci ha lavorato molto duramente e l'ha ottenuto. E Marlene voleva davvero tanto essere un battitore e anche lei ci ha lavorato molto duramente - ce l’ha detto Evans. Così l'ha ottenuto. È stata più brava di te."
“Fottiti!” Sirius lo spintonò, ma Remus era abituato a essere vessato, e, che a Sirius piacesse o meno, Remus era più forte di lui.
“Non ti importava nemmeno così tanto!” Continuò, spintonandolo a sua volta. “Non quanto importava a Potter. Hai fatto le selezioni solo perchè lui le voleva fare, ma non dovete sempre fare la stessa cosa. Sei comunque più bravo di lui in Trasfigurazione. Hai comunque i voti più alti nel nostro anno. Piaci a tutti. Be’, fatta eccezione per i Serpeverde e um…magari la tua famiglia, ma chissenefrega. Nemmeno Peter piace alla sua famiglia.”
Nonostante tutto, Sirius rise debolmente.
“Quindi piantala di comportarti come un bambino e vai a congratularti.”
“Okay.”
“Bene.”
Entrambi saltarono giù dalla sporgenza, spostando di lato l'arazzo. I piccoli cavalieri ricamati agitarono i loro pugni in direzione dei ragazzi per aver interrotto il loro inseguimento dell'unicorno argenteo che nitrì e galoppò in un fitto boschetto di alberi intrecciati.
Tornarono verso la sala comune. Sirius si infilò le mani in tasca.
"Avete fatto tutti colazione?" Chiese, imbronciato.
"Sì." Rispose Remus. "Però James ti ha tenuto da parte un po' di pane tostato."
"È un buon amico." Sirius sorrise.
"Sì," sbottò Remus, "lo è."
Rimasero in silenzio per un po’. Poco prima di raggiungere il ritratto della signora grassa, Sirius guardò Remus. I suoi occhi erano ancora leggermente rossi, ma a parte questo sembrava di nuovo se stesso.
"Non cerco di copiare James."
"Non ho detto che lo fai." Disse Remus. "Però siete in competizione."
Sirius sembrò riconoscerlo. Alzò di nuovo lo sguardo.
"E non mi interessa cosa pensa la mia famiglia." Lo disse così ferocemente che i suoi occhi brillarono, luccicarono leggermente, e Remus temette che avrebbe ricominciato a piangere. Allungò la mano e toccò la spalla di Sirius, con cautela, come se stesse cercando di calmare un cane che ringhia.
"Lo so, amico." Disse, dolcemente. "Lo so."
Chapter 27: Secondo Anno: Una Promessa di Compleanno
Summary:
Sirius compie tredici anni :)
Chapter Text
Venerdì 3 novembre 1972
Il tredicesimo compleanno di Sirius non cadde in una notte di luna piena come il dodicesimo. Non aveva detto a nessuno del discorsetto che gli aveva fatto Remus - almeno, non che Remus sapesse - però si comportava in modo lievemente differente con i suoi amici. Se prima Sirius trattava Remus come una specie di progetto personale; stupito ogni volta che Remus aveva un pensiero indipendente; ora sembrava aver sviluppato una certa sensibilità nei confronti dei malandrini secondari.
Il quidditch era ancora un tasto dolente quindi la mattina del suo secondo compleanno ad Hogwarts, James aveva avuto abbastanza tatto da non proporre una sessione di volo a pranzo.
La colazione iniziò con un coro di “Tanti auguri” cantati a squarciagola - ormai era diventata una tradizione per i malandrini. I Potter avevano mandato a Sirius un enorme cesto di cioccolatini e James gli aveva ordinato metà del catalogo di Zonko come regalo. Remus si sentì imbarazzato quando gli diede il suo regalo - delle vecchie copie di Melody Maker e NME che aveva rubato durante l’estate - ma Sirius ne fu entusiasta; una delle copie aveva un’intervista con Marc Bolan. Passarono quasi tutta la colazione a sfogliare le pagine; i tre maghi purosangue che ridevano per via delle fotografie statiche dei babbani.
Remus continuò a mandare occhiatine a Sirius domandandosi se si sentisse diverso ora che era un adolescente. Era da una vita che Remus voleva avere tredici anni; gli sembrava un’età alquanto matura e grandiosa. Sapeva che era sciocco pensare di poter essere permeati da una specie di nuova saggezza da un giorno all’altro, ma era sicuramente un traguardo importante, da ogni punto di vista. Sirius aveva senz’altro un portamento leggermente diverso; Remus ne era sicuro.
Sfortunatamente, la mattina spensierata finì lì. Quando finirono di mangiare e si prepararono ad andare alla loro prima lezione (Storia della Magia) la loro via di uscita dalla sala venne bloccata.
"Sirius." Disse una voce severa.
Narcissa Black si trovava in piedi davanti a loro. A quindici anni era più alta di tutti e quattro i malandrini. Remus la trovava una ragazza abbastanza attraente anche se aveva il volto un po’ scarno. Non aveva lo sguardo folle della sorella maggiore e aveva tinto e lisciato i suoi lunghi capelli in modo che fluissero in uno splendido lenzuolo color platino, che brillava per via della luce.
Stava in piedi davanti a loro con le braccia incrociate, con Regulus appostato al suo fianco.
"Cissy." Sirius fece un cenno col capo in segno di saluto. Lei trasalì, ma non lo rimproverò.
"È il tuo compleanno." Disse lei.
"Beh, ne ero consapevole."
Lei sgranò gli occhi. Sembrava che non avesse nemmeno il carattere di sua sorella, cosa di cui Remus era contento.
"Devi mangiare con noi questa sera."
"Venite a sedervi al tavolo dei Grifondoro se proprio dovete."
"No." Strinse gli occhi grigi. "Tua madre ha dato istruzioni severe. Mangeremo in privato, nella sala comune dei Serpeverde, come l'anno scorso."
"No!" Sirius perse la sua ritrovata maturità e improvvisamente sembrò molto infantile, praticamente battendo i piedi per terra. "Voglio mangiare con i miei amici."
"Puoi mangiare con loro quando vuoi." Sbottò Narcissa, le mani sui fianchi ora. "I compleanni vanno trascorsi con la famiglia."
Regulus stava guardando il suolo, ancora in piedi appena dietro la cugina. Sirius era ancora seccato, ma alla fine fece un cenno di assenso. James gli mise una mano sulla spalla; un gesto innocuo, ma Regulus alzò lo sguardo e lo fissò intensamente, come se stessero facendo qualcosa di ripugnante.
Una volta stabilita l'ora della cena, i due Black Serpeverde se ne andarono mentre i malandrini li seguivano con lo sguardo. James guardò Sirius.
"Che sfortuna." Lo commiserò. "Ti va di saltare le lezioni?"
"Nah." Sirius scosse la testa. "Dovrò solo portare qualche caccabomba con me a cena."
"Possiamo vedere se quell'incantesimo della bomba a tempo funziona!
"Perfetto."
* * *
Sirius stette via molto dopo cena. James stava camminando avanti e indietro nel dormitorio, controllando il suo orologio ogni paio di minuti chiedendosi se avrebbe dovuto andare nei sotterranei e mettersi a urlare.
“Dobbiamo rimetterci a lavorare sulla mappa, Lupin.” Disse, passandosi una mano nei suoi (già catastrofici) capelli. “Dobbiamo etichettare tutti, così sappiamo dove sono in ogni momento.”
“Ci vorrà molto prima che succeda.” Rispose Remus dal suo letto, dove stava leggendo un libro. “Non abbiamo ancora mappato l’ala orientale. Posso lavorarci durante le vacanze di Natale.”
“No.” James si fermò in mezzo alla stanza. “Tu e Black verrete a casa mia per Natale.”
Remus lo fissò e deglutì, a disagio.
“James, non posso, sai che non posso.”
James agitò la mano, riprendendo a camminare.
“Organizzeremo tutto con mio papà, non preoccuparti. La luna piena è il 20, ho controllato. Possiamo rimanere qui fino a quel momento e poi andarcene il 21.”
Remus era senza parole, ma non importava. James decise poco dopo di infilare il suo mantello e andare a cercare Sirius. Peter, alquanto prevedibilmente, lo seguì, ma Remus stava leggendo un buon libro e li lasciò andare. Si sdraiò sul letto e pensò di mettere della musica. James e Peter avevano chiesto di bandire Bowie fino alla fine dell’anno, ma se non erano nella stanza…
All’inizio dell’anno Remus era stato così preso dall’entusiasmo di Sirius che non gli aveva detto che sapeva già tutto di Ziggy Stardust - in effetti, tutti nel mondo babbano, o quasi, ne avevano parlato per tutta l’estate.
Verso metà luglio, Remus si era seduto nella sala dei giochi dopo l’ora del tè con alcuni dei ragazzi più grandi per guardare Top of the Pops. La loro TV era ancora in bianco e nero, ma era come se Remus avesse visto la performance a colori. David Bowie era diverso da chiunque avesse visto prima d’ora. Erano rimasti tutti seduti con la bocca spalancata a osservare lo snello uomo dall’aspetto alieno che saltava su e giù sul palco in un body di patchwork. Era pallido come la neve, i suoi capelli erano lunghi sul retro e si drizzavano selvaggiamente in cima, i suoi occhi attiravano l’attenzione; una pupilla era più grande dell’altra - era truccato. Immediatamente Remus aveva desiderato conoscerlo e essere lui. Quando David mise un braccio intorno all’alto chitarrista biondo, Remus aveva sentito una strana sensazione nello stomaco nel vedere i due uomini che cantavano nello stesso microfono, le loro guance premute insieme - uno degli operatori assistenziali si era affrettato a spegnere il televisore. Schifosi froci, aveva detto, è disgustoso fare quel genere di cose in tele dove i bambini potrebbero vederlo.
Remus ci pensava molto più di quanto volesse.
Quando i due ragazzi tornarono con Sirius, quest'ultimo era bianco in volto. Aveva un aspetto peggiore di quello che aveva solitamente dopo un incontro con la sua famiglia; era chiuso in sè e del tutto privo di gioia. Anche i suoi occhi sembravano un po’ meno vivaci, virando verso il grigio.
“Che c’è?” Remus si alzò, preoccupato.
“È terribile.” Disse Sirius. “Veramente, veramente terribile. Vile. La cosa peggiore, più impensabile…orribile.” Si buttò sul letto a faccia in giù.
“Era così quando l’ho trovato nei sotterranei.” Spiegò James. “Nient’altro che aggettivi.”
“Aggettivi superlativi.” Lo corresse Sirius, la sua voce leggermente attutita dal suo cuscino.
“Sì, sì, ti stai comportando in modo drammatico.” Sospirò James. Si passò di nuovo le dita tra i capelli. Remus pensò che sarebbe stato calvo prima dei trent’anni se avesse continuato così. “Ci vuoi dire perché?!”
Sirius si girò, osservando le tende del letto sopra di lui.
“Mi devo sposare.”
“Come?!” James e Peter sembravano scioccati tanto quanto Remus, quindi almeno sapeva che non era una cosa normale tra i maghi.
“Me l’ha detto Narcissa.” Annuì, fissando sopra di lui con uno sguardo vuoto. “Normalmente non mi avrebbero scelto una sposa fino alla maggior età, come Bellatrix, ma Cissy ha detto che hanno deciso di irrigidire le regole nel mio caso.”
“Scegliere una sposa?!” James sembrava esterrefatto. “I Black non fanno ancora matrimoni combinati, vero?”
“Certo che li facciamo.” Disse Sirius emettendo un forte respiro. “Nobile e antichissima, eccetera, eccetera… Vogliono fare la cerimonia di fidanzamento quest’estate. Devo ‘mettere a posto le mie idee’ prima d’allora. Poi il matrimonio avverrà non appena avrò finito Hogwarts. Dubito che verrete invitati.”
“È una follia! È una barbarie! È…”
“Mia madre.” Concluse Sirius.
“Um,” Remus si sentì scortese a interrompere, ma la sua curiosità stava avendo la meglio di lui, “chi dovresti sposare?”
Sirius si mise a sedere. “È questo il colpo di scena,” Disse arrabbiato, “la pièce de résistance di mia madre.” Pronunciò il francese magnificamente, con un accento perfetto. Anche colto dall’ira più profonda, Sirius Black sapeva enunciare.
“Chi?!”
“Cissy.”
“Cosa?!”
“Narcissa?!”
“Tua cugina?!”
“Narcissa Black?!”
Sirius annuì. Abbassò le spalle. Sembrò chiudersi di nuovo leggermente in sé e tornò a sdraiarsi.
“A quanto pare vogliono irrigidire le regole anche con lei. Andromeda - sua sorella, quella normale - è incinta, a detta di Cissy. Stanno chiudendo i ranghi, cercando di impedire che entri altro sangue sporco.”
“Ma ci devono pure essere altre ragazze purosangue” Riflettè James, “e non stava uscendo con quel verme di Malfoy?”
“Sì.” Sirius annuì. “È arrabbiata tanto quando me, credetemi. Che beatitudine nuziale.”
“E Regulus?” Chiese James. Sembrava che la sua mente stesse correndo.
“Cosa?” Disse Sirius aspramente. “Pensi che lei gli piaccia?”
“È piuttosto carina.” Disse Peter docilmente. L’occhiataccia che gli mandò Sirius avrebbe potuto frantumare il vetro.
“È mia cugina, idiota.”
“Va bene,” James alzò una mano in modo autorevole, “non c’è bisogno di insulti, stiamo solo cercando di aiutare.” Remus non riusciva a capire come Peter si stesse rendendo utile, ma si morse la lingua e lasciò che James continuasse. “Volevo dire, Regulus ha detto qualcosa? Era lì, no?”
“Non.Una.Parola.” Disse, torvo, Sirius e nessuno menzionò più suo fratello.
“Okay, bene,” James si tirò su gli occhiali sul naso. “Abbiamo tempo fino a quest’estate. E abbiamo Narcissa dal nostro lato, che ci crediate o meno. Quindi direi che non bisogna disperarsi subito.”
“Non sai cosa sia la disperazione finchè non incontri mia madre.” Disse Sirius.
“E lei non sa cosa sia un malandrino.” Disse James con fermezza. “Signori,” li guardò, uno ad uno. Remus sapeva cosa stava per succedere. “Abbiamo una nuova missione.”
Notes:
La performance di Top of the Pops di cui si ricorda Remus è questa:
https://www.youtube.com/watch?v=4MrP83SqT9E
Spero che vada - se no, cercate 'Star Man, Top of the Pops' su YouTube
Chapter 28: Secondo Anno: Supposizioni
Chapter Text
Come diavolo si fa scampare a una promessa di matrimonio? Si domandò Remus mentre si dirigeva nei sotterranei una domenica sera. Era da solo; Lily gli aveva chiesto di andare a controllare la pozione a cui stavano lavorando un’ultima volta prima di consegnarla il giorno dopo. Personalmente pensava che fosse un’esagerazione, ma era anche colpevolmente consapevole che fino a quel momento Evans aveva fatto la fetta più grossa del lavoro.
Aveva passato tutto il giorno a pensare al problema di Sirius. James aveva dato loro il compito di trovare una soluzione entro Natale, ma Remus non riusciva a pensare a nulla. Non aveva mai pensato a fidanzamenti, matrimoni e onore di famiglia prima d’ora. Erano tutte cose da adulti. Dei ragazzi di tredici anni non dovrebbero preoccuparsi di queste cose. Però, a dirla tutta, era anche vero che dei ragazzi di dodici anni non dovrebbero preoccuparsi di trasformarsi in un mostro una volta al mese.
Prese un sospiro profondo, aprendo la porta della classe di Pozioni con una spinta. Con suo disgusto, Severus Piton era già lì a rimestare la sua pozione. I loro sguardi si incontrarono e, per un momento, Remus si bloccò. Poi raddrizzò le spalle, alzò il mento e camminò dritto verso il suo calderone, scegliendo di ignorare l’altro ragazzo.
Tuttavia, non fece a meno di notare che la sua pozione era di un colore leggermente diverso da quella di Piton e il che non poteva essere un buon segno. La loro era di un vivido blu reale, molto più scuro di come doveva essere. Evidentemente se ne era accorto anche Piton.
“Devi aggiungere più lavanda.” Disse, nasalmente, senza alzare lo sguardo da quello che stava facendo. “Almeno un altro cucchiaino.”
“Sì, certo.” Remus fece una smorfia. “Come se potessi seguire un tuo consiglio.”
“Pensi che rovinerei la pozione di Lily?!” Ribatté Piton.
Remus ci pensò su. Era vero che, nonostante il comportamento generalmente sgradevole di Piton, l‘unica cosa che i malandrini sapevano di lui era che avrebbe fatto quasi di tutto per Lily Evans. Era strano, ma Remus non era il tipo da giudicare qualcuno per essere strano.
Aggiunse della lavanda e mescolò. Improvvisamente, la pozione assunse una tonalità più pallida, celeste, e si sollevò un delizioso e magnifico aroma. Piton fece schioccare la lingua, compiaciuto, e rimise il coperchio sul suo calderone, preparandosi ad andarsene.
“Ehi, Sev!” Disse una voce dalla porta d’ingresso. “Oh, Remus…”
Era Lily. Sembrava un po’ imbarazzata. Remus fece una smorfia.
“Pensavo che avessimo concordato che sarei venuto io a controllare stasera?”
“Um, sì…volevo solo…controllare una seconda volta.” Le sue guance, solitamente pallide, erano di un rosso acceso.
“Pensavi che non sarei venuto?”
Mentre si dirigeva all’uscita, Piton fece una risata nasale in modo beffardo. Remus resistette alla tentazione di tirare un cucchiaio contro il retro della sua testa unta. Lily non lo notò, aveva già attraversato la stanza, e guardò nel calderone.
“Beh, sei spesso in punizione.” Disse, diplomaticamente. Severus uscì rapidamente dalla stanza. “Oh, wow, sembra molto meglio di stamattina. Hai fatto qualcosa?”
“Ho aggiunto della lavanda.”
“Davvero? Ben fatto, ora sembra giusta ora.”
“Beh…” Si strofinò il retro del collo, lanciando un’occhiata verso la porta. Piton era fuori portata d’orecchio. “Sì, pensavo solo che ne servisse un po’.”
“Non manca niente da fare, allora. Torni nella sala comune?”
“Sì.”
Camminarono insieme. Lily era di buon umore.
“Lavoriamo molto bene insieme, vero?” Gli sorrise. “É un bel cambiamento da Sev, in ogni caso, sei molto più alla mano.”
Remus non si era mai considerato un ragazzo alla mano prima d’allora. Era stata carina a dirlo, ma in confronto a Piton tutti sembravano rilassati.
“Che mi dici di voi due?” Chiese.
“É il mio migliore amico.” Rispose Lily prontamente, come se dovesse sempre spiegarlo. “Ci conosciamo da secoli.”
“Oh, okay.”
“Non è così male come pensi.” Disse, guardandolo di traverso. “Sa essere molto gentile. E divertente.”
“E allora perché esce con Mulciber e quei purosangue?”
“Beh, se stiamo a fare supposizioni su qualcuno solo in base ai suoi amici…” Lily lo guardó severamente.
"Cosa c’è che non va con i miei amici?” Remus era scioccato. Tutti amavano James e Sirius. Lily alzò gli occhi al cielo.
“Sono tutti eredi di famiglie purosangue, no?” Scosse i capelli ramati. “Inoltre, se la tirano troppo. Potter pensa di essere un dono del cielo e Black…beh, é un Black, no? Anche io so di loro e sono nata babbana. Immagino che Peter sia a posto, ma è triste come li segua ovunque.”
“Anche io li seguo.”
“Sì, è vero." Lo guardò di nuovo, sfacciatamente.
“Ti sbagli su di loro.” Disse Remus. “Voglio dire…okay, hai ragione sul fatto che se la tirano, ma non sono solo…sono più di quello che pensi.”
“Beh, allora devi solo accettare che anche Severus sia più di quello che pensi tu, giusto?”
Era più difficile discutere con lei che con Sirius. Remus scrollò le spalle, in modo evasivo. Realizzò che forse Lily avrebbe potuto aiutarlo col suo corrente dilemma. Dopotutto i matrimoni e i fidanzamenti erano cose da ragazze, no? Magari avrebbe potuto offrirgli una prospettiva diversa.
“Evans?” Disse pensieroso. “Sei abbastanza sveglia…”
“Oh, grazie mille.”
“Scusami, volevo dire - sei più sveglia di me.”
“Così va meglio.”
Remus sorrise, strofinandosi il retro del collo.
“Cosa faresti se la tua famiglia ti costringesse a sposarti con qualcuno che non vuoi?”
Lei fece una smorfia, come se non si fosse aspetta una domanda simile.
“Intendi un matrimonio combinato? Pensavo che vivessi in una casa affidataria.”
“Un istituto per ragazzi.” La corresse. “Sono due cose diverse. In ogni caso, non riguarda me, ma…qualcun altro.”
“Um…” Sembrava perplessa il che non diede a Remus molta speranza. “Accidenti, voglio dire, i miei genitori non lo farebbero mai. Ma se lo facessero…mi sentirei molto arrabbiata, ovviamente. E ferita.”
“Ferita?” Chiese, confuso.
“Beh, ovviamente. I tuoi genitori dovrebbero amarti e volere il meglio per te…fare una decisione del genere al posto tuo è l’esatto contrario.”
“Giusto…” Annuí, anche se in realtà non capiva. “Beh, ad ogni modo questa persona…non va molto d’accordo con i suoi genitori.”
“Anche se è così,” Lily alzò le spalle, “non vuol dire che questa persona non ne sia ferita. Dovresti poterti fidare delle persone che ti hanno cresciuto.”
“Oh, okay.” Remus non sapeva cosa dire. Ebbe un'orribile sensazione di agitazione allo stomaco - la stessa che provava quando era chiamato a leggere ad alta voce. Lily non se n’era accorta. Erano quasi arrivati alla sala comune ora.
“Non so ancora cosa farei.” Sospiró. “Sembra che l'unica soluzione sia opporsi a loro - i genitori. Ma provocherebbe così tanti problemi…Di chi si tratta? Dai, dimmelo!”
Remus scosse la testa.
“Non posso. Mi dispiace.”
Lily annuí, comprensiva. Remus le sorrise. Aveva una presenza immensamente rassicurante.
“Farfallone.” Disse Lily al ritratto che si spalancó permettendo loro di infilarsi dentro.
James non era tornato da molto dagli allenamenti di Quidditch e indossava ancora la sua uniforme rossa. Era seduto su uno dei divani a lanciare i fagioli scoppiettanti di Zonko nel caminetto, dove questi esplodevano in un tumulto di colori, come fuochi d’artificio in miniatura. Sirius era steso sul tappeto sotto di lui a leggere un libro che aveva portato da casa sulle maledizioni.
“Tutto bene, Lupin?” James fece un largo sorriso. Remus fece un cenno del capo a Lily e si unì ai suoi amici. La rossa andó dritta verso le scale per raggiungere il dormitorio delle ragazze. “Ci hai abbandonati per Evans, eh?” Chiese James con un sorrisetto.
“Pozioni.” Rispose Remus.
“Giusto. Siete amici ora?”
“Piú o meno.” Remus alzó le spalle. “È a posto. Odia voi due.”
“Come?!” Si misero a sedere entrambi, affrontati.
“Ma piacciamo a tutti!” Disse Sirius. “Siamo degli adorabili furfanti!”
“Pensa che siate degli esibizionisti.”
James sussultó, drammaticamente.
“Come osa! Dovremo conquistarla.”
“Perché scomodarsi?” Sirius si rigiró, tornando a leggere il suo libro. “É amica di Mocciosus, ovviamente ha dei pessimi gusti.”
“L’ha detto davvero?” Chiese James a Remus. Lui annuì.
“Ha detto che pensi di essere un dono del cielo.”
“Cosa vuol dir-”
“É un’espressione babbana.” Spiegó Remus. “Significa che pensa che tu sia un pallone gonfiato.”
“Lo pensa davvero?”
“Beh,” Remus lo guardó, “un po’ lo sei, ad essere sinceri.”
James rise. Remus si sedette al suo fianco, prendendo a sua volta una manciata dei fagioli di Zonko e lanciandoli nel fuoco, uno ad uno. Lui e James ne fecero presto un gioco, vedendo chi di loro riuscisse a creare le esplosioni piú grandi colpendo nel modo giusto le braci.
“Mi sono dimenticato di dirti una cosa.” Disse James una volta che il sacchetto di fagioli si svuotò. “Ho ricevuto il gufo di mio padre oggi - ha parlato con la McGranitt e ha ottenuto il suo permesso di ospitarti per Natale.”
“Come? Veramente?!” Remus era incantato. Perché mai un adulto che non aveva mai incontrato prima si sarebbe dovuto scomodare per lui? Fece un appunto mentale di non sottovalutare mai più il potere della volontà di James.
“Sì, però non pensa di riuscire ad averti anche per l’estate. Mi dispiace.”
Remus scosse la testa, senza parole. Avrebbe dovuto ringraziarlo, ma non aveva la benché minima idea di come fare.
“Stiamo solo aspettando te ora, amico.” James diede a Sirius un colpetto con il suo piede. “Hai sistemato le cose con tua madre? Dille che andrai dai Minus di nuovo.”
“Non me ne preoccupo nemmeno,” rispose Sirius, ancora intento a leggere “verrò da te senza dire nulla.”
Sirius parlava raramente con i suoi genitori, ma dalla questione di Narcissa ignorava del tutto i loro gufi. Remus non era sicuro che il silenzio fosse il modo migliore per Sirius di esprimere il suo scontento, ma, come gli aveva appena ricordato Lily, Remus sapeva molto poco sulle famiglie.
“A mamma non piacerà.” James si morse il labbro.
“Allora non dirglielo.” Sirius voltò pagina.
James e Remus si scambiarono uno sguardo. Presto avrebbero dovuto fare qualcosa riguardo al fidanzamento; il pensiero che Sirius rimanesse di quell’umore per altri cinque anni era alquanto cupo.
Chapter 29: Secondo Anno: Luna di Dicembre
Chapter Text
Quell’anno, l’Hogwarts Express lasció la stazione di Hogsmeade per le vacanze di Natale sabato 16 dicembre, il che voleva dire che una volta passata la luna piena, James, Sirius e Remus dovevano trovare un altro modo per raggiungere la casa dei Potter.
La McGranitt, dopo aver fatto la predica a Remus riguardo a dire ad altri studenti il suo segreto, si dimostrò comprensiva dei desideri del malandrino e permise loro di usare il camino nel suo ufficio "in via eccezionale" perché viaggiassero nella Metropolvere. A Remus non importò particolarmente della predica, ma era terrorizzato all'idea di usare la polvere volante per la prima volta. Aveva sentito ogni sorta di storie dell'orrore da parte degli altri studenti e il fatto che di solito avesse la nausea per qualche giorno dopo la luna piena non avrebbe aiutato.
Ogni mattino dopo il 16, Sirius ricevette una strilettera che gli ordinava di tornare a casa immediatamente, ma lui si era limitato a buttare le buste rosse nel camino, le urla di Walpurga Black echeggiavano nei comignoli. James era chiaramente innervosito dal suo comportamento, ma non diceva nulla. Ultimamente Sirius era sempre pronto a litigare ed era meglio stargli alla larga. Sfortunatamente con la luna piena che si stava avvicinando, anche Remus era particolarmente suscettibile. I due ragazzi litigavano su qualsiasi cosa e il povero James si era dovuto intromettere diverse volte.
“Santo cielo, rispondile e basta.” Sbuffò Remus la mattina del 20, lanciando un cuscino contro Sirius dal suo letto. Era stato svegliato presto da una strilettera per il terzo mattino di seguito.
“SE PENSI DI POTER SFUGGIRE AL TUO DIRITTO DI NASCITA IN QUESTO MODO VIGLIACCO, TI SBAGLI DI GROSSO!” Urlò, echeggiando nella torre dei Grifondoro come una banshee.
“Stanne fuori, Lupin.” Sirius gli rilanciò il cuscino.
“Come faccio a starne fuori se è nella nostra stanza ogni dannata mattina?!” Ringhiò Remus, alzandosi.
“Mi dispiace tanto se è un problema per te!” Ribatté Sirius, la sua voce pregna di sarcasmo. Non aveva un bell’aspetto, era come se non avesse dormito affatto bene, ma Remus era troppo di cattivo umore perché gli importasse e mancavano poche ore alla sua trasformazione.
“Che ne dici di non comportati come un moccioso viziato per cinque minuti?!” Sbottò. “Sei così dannatamente egoista.”
“Non le sto chiedendo io di mandarle! Almeno io ricevo della posta, almeno ho persone a cui interessa abbastanza di me da-”
Remus si buttò sopra Sirius e iniziò a colpirlo più forte che poteva, fumante di rabbia.
“STAI.ZITTO.” Grugnì colpendo Sirius in pieno sulla sua guancia sinistra. Sirius, sebbene estremamente esperto di insulti caustici, non era un granchè nelle risse. Sussultò e provò a spingere via Remus, afferrando infine la sua bacchetta.
“Mordeo!” Sibilò, puntandola contro il volto di Remus. Improvvisamente, Remus lasciò la presa, barcollando all’indietro verso il letto mentre si stringeva la fronte. Dal punto in cui Sirius gli aveva fatto la fattura si stava irradiando un tremendo formicolio.
“Coglione!” Urlò sentendo il suo volto irrigidirsi e gonfiarsi.
"Te lo sei meritato!"
"Sirius!" James si era alzato dal letto troppo tardi. "L'hai maledetto?! L'hai dannatamente maledetto?!"
Sirius sembrò meno sicuro di sé.
"Ha cominciato lui!"
"Non aveva nemmeno la bacchetta con sé!"
Remus era sceso dal letto e si stava fissando nello specchio dell'armadio. Sembrava che fosse rotolato all'indietro attraverso un cespuglio di ortiche. La sua pelle era rossa, lucida e tesa e il suo volto si stava gonfiando a un ritmo preoccupante.
"Ti fa male?" Chiese James, titubante.
Remus scosse la testa, anche se gli faceva male - molto male.
"Vado in infermeria." Disse. "Non venite con me." Sbottò, vedendo James intento a infilarsi la vestaglia. Mentre usciva dalla stanza ancora in pigiama, sentì James borbottare,
"Attaccare qualcuno che è disarmato è un colpo fottutamente basso Black.”
* * *
Madama Chips lo guarì in fretta usando un contro incantesimo, ma era molto infastidita dalla cosa.
“Chi è stato?” Gli chiese. “Voglio che tu mi dica se sono stati Potter o Black - ho detto a Minerva che era una cattiva idea farti andare via per Natale.”
“Perché non dovrei andare?” Chiese Remus, scandalizzato. “Anche Sirius se ne va!”
“Il signor Black non ha delle restrizioni.”
“Ma partiremo domani, dopo la luna piena, è il momento più sicur-“
“Mi preoccupo della tua salute, Remus! Sei molto fragile-”
“Non sono fragile!” Remus stava fremendo dalla rabbia.
“Certo che no, caro.” Disse lei, ma non lo stava ascoltando davvero. “Ora, rimani seduto lì in silenzio per un po’, okay? Hai fatto colazione?”
Madama Chips lo fece restare in pigiama in infermeria tutto il giorno. La strega aveva lavorato ad una nuova pozione che sperava avrebbe reso le sue trasformazioni più tranquille. Gli prestò alcuni dei suoi libri, quindi non fu poi così male, ma si sentiva comunque un invalido. Il volto gli pruriva ancora per via della fattura di Sirius, sebbene il gonfiore si fosse ridotto in modo sostanziale. Avrebbero potuto usarla contro Piton; si appuntò mentalmente di chiedere a Sirius esattamente cosa avesse fatto.
Verso l’una, subito dopo pranzo, James e Sirius vennero a trovarlo. Madama Chips diede subito una buona strigliata ai due.
“Maledire compagni di casa! Maledire compagni di dormitorio, per l’amore del cielo! Ai miei tempi, sareste stati frustrati! E la professoressa McGranitt mi ha informata che siete a conoscenza delle sue speciali circostanze! Si potrebbe pensare che abbiate più buon senso!”
James si scusò copiosamente e Sirius, che ormai trasaliva a malapena di fronte ai mostruosi rimproveri di sua madre, tenne il capo piegato, sembrando completamente mortificato. Alla fine, Remus suppose che ciò doveva essere stato sufficiente per soddisfare l’infermiera della scuola che permise loro di vederlo. Rimasero in piedi in fondo al letto come delle persone in lutto, incrociando a fatica il suo sguardo.
“Ci dispiace molto, Remus.” James fu il primo a parlare. Remus schioccò la lingua.
“Tu non hai fatto nulla.”
James diede un colpo a Sirius che alzò lo sguardo a sua volta.
“A me dispiace molto, Remus.” Aveva un livido scuro sulla parte alta della sua guancia sinistra e i suoi occhi sembravano troppo luminosi. Remus si domandò se Sirius avesse pianto. Il pensiero lo fece sentire strano. Scosse la testa, non era più arrabbiato.
“Ho cominciato io. Mi dispiace di averti colpito.”
“Mi dispiace per la strilettera.”
“Mi dispiace che tua madre sia un incubo.”
“Mi dispiace che tu sia un lupo mannaro.”
Risero entrambi e si risolse tutto.
“Madama Chips ti farà uscire ora?” Chiese James. “Mancano poche ore alla luna piena.”
Remus scosse la testa.
“Nah, vuole che io provi una nuova pozione.”
“Non sapevo che ci fosse una cura!”
“Non ce n’è una.” Disse Remus, velocemente. “È solo una…credo che sia per rendere la mia trasformazione più…facile.”
Lo guardarono entrambi, confusi. Si spostò, a disagio.
“Come un antidolorifico, credo. Quelli babbani non funzionano.”
“Allora fa male?” Chiese Sirius, piegando la testa. Ora che avevano sistemato le cose, Sirius era tornato a vedere Remus come un interessante esemplare.
“Beh, sì.” Remus fece una smorfia. Aveva dato per scontato che i due sapessero molto più di lui, dato che erano cresciuti nel mondo magico, pertanto fu sorpreso che non sapessero del dolore. Il dolore era stato a lungo la sola cosa che conosceva.
Con sua sorpresa e piacere, James e Sirius decisero di rimanere in infermeria con Remus per il resto del pomeriggio. Giocarono qualche sfrenata partita di Spara Schiocco, prima che Madama Chips dicesse loro in modo severo di abbassare la voce, facendoli passare alle gobbiglie. Quando arrivò la sera, non scesero per cenare, ma mangiarono il cibo da ospedale con lui.
Non era una gran cosa per loro - James e Sirius l’avevano trattato come un pomeriggio qualsiasi; il letto dell'ospedale era solo un'estensione del loro dormitorio. Per Remus aveva voluto dire tutto - era tempo che altrimenti avrebbe trascorso in ansia e da solo. Era la cosa più vicina a una famiglia che potesse immaginare.
Alla fine la McGranitt arrivò e li scacciò, pronta a condurre Remus alla stamberga. Lui se ne andò sereno, con un dolce sorriso sulle sue labbra e le risate che ancora gli rimbombavano nelle orecchie. La pozione antidolorifica di Madama Chips non ebbe effetto, ma Remus trovò la trasformazione leggermente più tollerabile.
* * *
Il giorno dopo, James e Sirius arrivarono di prima mattina. Remus stava sonnecchiando nel suo letto, era stato riportato al castello all’alba. Il volto gli faceva male e sapeva che non era più per via della fattura. Madama Chips gli aveva lasciato sul comodino uno specchio portatile, girato verso il basso, ma era troppo stanco per guardare. Fu svegliato dal respiro affannoso di James o di Sirius, non sapeva esattamente chi. Quando aprì gli occhi, entrambi avevano riorganizzato le loro espressioni in un'allegria stoica.
"Tutto bene, amico?" Disse James, con un mezzo sorriso, come si fa quando ci si rivolge a un bambino.
"Sì.” Gracchiò Remus, mettendosi a sedere. Doveva essere brutto. Sollevò il pesante specchio e lo girò verso il suo viso. Ah.
Il taglio sembrava già mezzo guarito, grazie alle cure di Madama Chips, ma fu comunque uno shock. La crosta era dura e nera, orlata da una sensibile pelle rossa. Si estendeva dall'angolo interno di un occhio, su per il ponte del naso in diagonale verso il centro della guancia opposta. Non riusciva a ricordare molto, ma sembrava che si fosse quasi spaccato il volto a metà.
"Il mio bel viso.” Disse debolmente cercando di usare un tono sarcastico nonostante si sentisse terribilmente. Ora lo avrebbero saputo tutti. Finora era riuscito a nascondere le cicatrici peggiori sotto la divisa, ma era solo questione di tempo prima che la sua fortuna si esaurisse.
“Non è così terribile,” disse James prontamente, “guarirà molto velocemente, scommetto che…”
“Come hai-” Iniziò a dire Sirius prima di essere interrotto da Madama Chips, che arrivò come una furia.
“Ancora voi due!” Fecero un brusco passo indietro, spaventati dalla strega, mostrandole più rispetto di quanto avessero mai mostrato alla McGranitt. L’infermiera tirò la tenda intorno al letto di Remus, chiudendola sulla loro faccia. “Ah, hai dato un’occhiata, eh?” Ora si stava rivolgendo a Remus, il suo tono molto più dolce. “So che non ha un bell’aspetto, ma sbiadirà come le altre. Dovrebbe essere a malapena visibile entro capodanno.”
Per qualche motivo, Remus non le credeva - anche le sue cicatrici più sbiadite erano ancora alquanto visibili. Lei lo guardò più da vicino, poi applicò un unguento trasparente sul taglio.
“Portalo con te.” Lo istruì, passandogli il barattolo. “Mettilo ogni mattina e sera. Ti fa ancora male?”
Remus scosse la testa. Lei schioccò la lingua, scettica. “Beh, lo stesso. Potrebbe prudere un po’ mentre guarisce. Forse potremmo provare ad accorciarti le unghie il mese prossimo? Anche se in realtà gli artigli spunterebbero comunque.” Sospirò, sembrando frustrata. “Il tuo volto doveva essere ancora irritato nonostante il gonfiore fosse passato.”
“È tutto a posto.” Remus scrollò le spalle. Era ben consapevole che i suoi amici erano dall’altro lato della tenda e voleva che lei se ne andasse. “Ora posso andare? Mi sento bene.”
“Non preferiresti dormire ancora un po’?”
“No.” Scosse la testa con veemenza. “Ho fame - voglio scendere a fare colazione.” Sapeva che avrebbe funzionato, gli diceva sempre di mangiare di più.”
“Beh…va bene. Vestiti e vai.”
Sirius non disse molto a colazione, lasciando che James e Remus continuassero la conversazione - qualcosa che nessuno dei due aveva molta pratica nel fare da soli. Dopo aver mangiato, andarono al piano di sopra a fare le valigie perché Sirius e Remus avevano aspettato fino all’ultimo per farle. James, frustrato dalla loro mancanza di preparazione, marciò verso l’ufficio della McGranitt per vedere se tutto fosse pronto per il loro viaggio.
Remus prese poche cose - non aveva preso dei regali agli altri e al contempo li aveva fatto promettere di non prendergli nulla. Non sarebbe stato giusto. La Direttrice gli aveva mandato un piccolo pacchetto. Gettò nel baule alcuni vestiti - probabilmente gli altri indossavano delle vesti a casa, ma le uniche vesti che Remus possedeva era la divisa scolastica (e non era sicuro di possederla davvero, o se fosse solo in prestito), quindi ci mise dentro i suoi vestiti babbani.
Una volta finito, Remus si girò e vide Sirius direttamente dietro di lui, con un aspetto persino peggiore di quello del giorno prima.
“Che c’è?” Chiese Remus, colto di sorpresa.
“È colpa mia.” Rispose Sirius, la sua voce stranamente piatta. “L’ha detto la Chips.”
“Come?”
“La tua faccia…ho fatto la fattura, poi quando ti sei trasformato e l’hai graffiata…”
“Oh.” Remus si portò la mano al volto con imbarazzo. Sirius distolse lo sguardo. “Non è veramente colpa tua.” Disse Remus, a disagio. “Voglio dire, mi sono già graffiato ovunque. Sarebbe successo prima o poi.”
“Perchè lo fai?”
Sirius gliel’aveva già chiesto prima d’allora, guardando le sue vecchie cicatrici. Ma Remus vide che questa volta capiva davvero quello che gli stava chiedendo. Tuttavia, non aveva ancora una risposta.
“Non lo so. Non mi ricordo.”
“Non ti ricordi proprio nulla?”
“Non molto. So che sono sempre affamato - come se stessi morendo di fame da tutta la mia vita. E arrabbiato.”
“Perchè arrabbiato?”
Remus scosse la testa.
“Sono solo arrabbiato.”
“Mi dispiace, Remus.” Sirius sembrava di nuovo triste. Remus non riusciva a sopportarlo.
“Oh, piantala.” Disse, ironizzando. “Non ti porresti dei problemi a fare una fattura a James o Peter.”
“Sì, ma tu sei…”
“Non dirlo.” Temeva che questo sarebbe potuto succedere. “Per favore, non trattarmi come se fossi malato, o diverso, o che ne so io. È solo una notte al mese. Se ti tiro un pugno, puoi farmi una fattura, okay?”
Sembrava che Sirius volesse ridere.
“Stai dicendo che hai in conto di tirarmi di nuovo un pugno?”
Remus gli lanciò una calza.
“Forse sì, se non sistemi quelle dannate strilettere.”
* * *
Viaggiare con la polvere volante non era nulla in confronto a sentire la tua spina dorsale allungarsi ogni mese e Remus non era sicuro del motivo di tutto quel trambusto. Fu il secondo a uscire dal camino per entrare nel salotto dei Potter, dopo James. Spazzolandosi via la fuliggine dalle spalle, si spostò rapidamente dal tappeto disteso davanti del focolare per fare spazio a Sirius e guardò James venir tirato in un caloroso abbraccio da entrambi i suoi genitori.
I signori Potter erano un po' più anziani di quanto Remus avesse immaginato, ma entrambi avevano un viso gentile e allegro che condivideva con il figlio alcuni lineamenti. I capelli del signor Potter erano bianchi come la neve, ma si rizzavano in ogni direzione esattamente come quelli di James. La signora Potter aveva il suo sorriso accattivante e i suoi caldi occhi nocciola. Entrambi abbracciarono anche Sirius, mentre Remus si ritrasse, sentendosi terribilmente fuori posto.
Infine, la signora Potter gli rivolse il suo sorriso solare. Per fortuna non cercò di abbracciare anche lui, forse percependo che era a disagio. Si limitò ad annuire dolcemente,
"Ciao, Remus, abbiamo sentito parlare molto di te, sono felice che passerai il Natale con noi."
Remus sorrise timidamente, ma non riuscì a parlare. Non importava; James e Sirius stavano parlando entusiasticamente con il signor Potter, che sembrava un ragazzino anche lui, con gli occhi che scintillavano di divertimento e malizia.
Il salotto - Remus supponeva che fosse un salotto, visto che c'erano tre divani - era il più grande in cui fosse mai stato, con ampie e alte finestre che lasciavano entrare la dolce luce del sole invernale che si riversava sui pavimenti in legno lucidato. Un gigantesco albero di Natale si trovava in un angolo, scintillante di polvere d'argento e circondato da una montagna di regali impacchettati con carta colorata.
Catene di carta e festoni erano drappeggiati sul soffitto e lungo i binari per appendere le foto. I ritratti magici avevano persino decorato le loro cornici con luci fatate. Mentre venivano condotti attraverso la casa ("Per l'amor del cielo, Fleamont, lascia che i ragazzi mettano via le loro cose prima di iniziare a pianificare quello che so che stai pianificando"), scoprì che ogni stanza, persino i corridoi, era decorata con luci, festoni e centinaia e centinaia di biglietti festivi. I Potter dovevano essere maghi molto popolari. Erano certamente ricchi - l'ampia scala di mogano proseguiva per altre tre rampe.
La camera da letto di James era abbastanza grande per tutti e tre, più grande del loro dormitorio a Hogwarts, con un letto matrimoniale a baldacchino, ma Remus fu sorpreso di scoprire che c'erano altre quattro camere da letto altrettanto grandi che non erano occupate. Sirius aveva già preso quella accanto a James, così Remus mise la sua borsa nella terza stanza, chiedendosi come sarebbe stato dormire da solo per la prima volta.
"Forza, ragazzi!" Urlò il signor Potter su per le scale con voce tonante. "Ha nevicato tutto il pomeriggio e ho preparato gli slittini!"
Chapter 30: Secondo Anno: Natale dai Potter
Notes:
CW - ci sono alcune spiacevoli cose familiari che potrebbero essere interpretate come abuso su minori (Sirius e Walburga, ovviamente).
Chapter Text
Remus pensava che nulla potesse essere meglio di passare Natale a Hogwarts, era, letteralmente, magico. Natale dai Potter, invece, fu un’esperienza completamente diversa che sembrava solo migliorare sempre di più.
Prima andarono in toboga lungo i pendii innevati del giardino sul retro - in realtà nessuno lo chiamerebbe un giardino, erano più di cinquecento acri. Peter, che abitava poco più lontano, nel villaggio principale, li raggiunse non appena ricevette notizia che erano arrivati e i quattro passarono una mattina estremamente rumorosa e violenta, sfrecciando lungo i versanti delle colline e inscenando complessi giochi di guerra con palle di neve come munizione. Anche il signor Potter si unì a loro; alquanto vivace per la sua età e con un considerabile vantaggio dato che poteva usare la magia.
La signora Potter li chiamò tutti dentro per pranzo e li fece togliere i vestiti fradici e congelati. Si sedettero intorno al camino, caldi e asciutti, a mangiare calde tortine con la frutta secca tostate e ricoperte da uno strato di ricco burro giallo. Nel pomeriggio, volevano uscire di nuovo, ma il signor Potter era andato a riposarsi e la signora Potter non volevano che uscissero così vicino al crepuscolo. Invece, la aiutarono a decorare l’enorme torta di natale con della glassa reale bianca e con delle piccole statuette magiche e a incartare i regali per i vicini e per i loro elfi domestici.
“Noi non prendiamo mai nulla per il nostro elfo domestico.” Disse Sirius in modo pratico, le sue dita irrimediabilmente fasciate da del nastro adesivo magico. “È anche vero che Kreacher è un idiota lunatico; dubito che desideri qualcosa.”
“Accettano i regali purché siano qualcosa di edibile.” Rispose la signora Potter, sorridendo. “Niente vestiti, ovviamente, li turberebbe e basta.”
“Di’ a mamma cosa fate ai vostri elfi domestici, Sirius.” James fece un largo sorriso, fasciando ancora di più le dita del suo amico. Sirius ridacchiò.
“Appendiamo le loro teste.” Disse. “Una volta che sono morti. O almeno, penso che aspettiamo che siano morti…Kreacher è l’unico elfo domestico che mi ricordo.”
“Cielo,” disse la signora Potter, “pensavo che quella tradizione fosse scomparsa.”
“Non per i Black.” Sospirò Sirius. Remus capì che stava pensando alla promessa di matrimonio.
“Stai facendo un ottimo lavoro, Remus.” Commentò la signora Potter, dando un’occhiata al libro che stava incartando per la signora Minus. “A differenza di certi birbanti che potrei menzionare…” Rivolse uno sguardo severo a suo figlio e il suo migliore amico, che ora stavano cercando di attaccare sul tavolo le loro mani con lo scotch.
Remus le sorrise, educatamente, sentendo tirare la pelle intorno al taglio fresco. Non aveva ancora detto molto ai genitori di James. Gli era sempre stato detto di farsi vedere, non sentire - e non era mai stato a casa di un suo amico prima di quel momento. Al contrario, Sirius era completamente a suo agio, Remus non l’aveva mai visto così felice. Adorava la signora Potter come se fosse sua madre - se gli fosse piaciuta sua madre ovviamente.
Remus sbadigliò, più ampiamente di quanto volesse. Cercò di nascondersi dietro le sue mani, abbassando la testa imbarazzato. Aveva dormito solo un paio di ore la mattina dopo la luna piena e un pomeriggio a giocare con le palle di neve lo aveva sfinito.
“Faresti meglio ad andare a letto, caro.” Disse la signora Potter, ignorando il fatto che fossero solo le tre del pomeriggio. Remus si domandò se James avesse detto di lui ai suoi genitori - dovevano saperlo, la McGranitt non l’avrebbe lasciato andare in caso contrario.
“Oh, stai bene, non è vero Lupin?” Cercò di persuaderlo Sirius. “Peter tornerà fra poco, possiamo uscire di nuovo.
Remus sbattè le palpebre, poi guardò James in cerca d’aiuto.
“Lascialo in pace, Sirius.” Lo riprese la signora Potter. “Il poverino fatica a tenere gli occhi aperti. Forza, caro, va pure.”
Grato, Remus si alzò dal tavolo della cucina e si diresse verso il suo letto. Mentre si infilava il pigiama, non potè fare a meno di dare un’occhiata al suo riflesso nello specchio, ora che si trovava da solo. Forse era dovuto al fatto che era stato fuori, al freddo, ma la cicatrice aveva un aspetto peggiore rispetto a quella mattina, il contrasto più evidente con la sua pelle pallida. Il suo volto lo avrebbe sempre sorpreso, ora? Avrebbe sempre intravisto se stesso in qualche specchio o superficie lucente e sarebbe sobbalzato? Gli altri avrebbero avuto paura di lui?
Remus stava per mettere l’unguento che Madama Chips gli aveva dato quando si udì un leggero colpetto alla porta. Era Sirius, Remus ne aveva colto l’odore prima ancora che bussasse.
“Tutto a posto?” Il ragazzo coi capelli scuri si insinuò nella stanza parlando a bassa voce. Reggeva in mano un calice di peltro. “È dalla mamma di James. È una pozione curativa, penso.”
“Oh, grazie.” Remus annuì stancamente. Sirius lo appoggiò sul comodino.
“Stai bene?”
“Sì. Sono solo stanco amico.”
“Siamo stati troppo…sai, bruschi o qualcosa del genere?”
“No!” Disse Remus, molto saldamente, probabilmente suonando più arrabbiato di quanto volesse. “Non ha niente a che vedere con voi due, è solo che sono stato sveglio tutta la notte a ululare alla dannata luna e a cercare di squarciarmi il volto. Sono stanco.”
Remus si era seduto, lo sforzo dello sfogo l’aveva stordito.
“Mi dispiace.” Disse Sirius, con un tono di voce ancora più basso. Era la seconda volta quel giorno che si scusava e Remus odiava la cosa. “Ti lascio solo.” Chiuse la porta.
Remus non riuscì ad iniziare a preoccuparsi di ferire i sentimenti di Sirius. Spalmò dell’unguento poi annusò il calice che aveva mandato la signora Potter. Lo riconobbe, era qualcosa che aveva già assunto a Hogwarts e che lo avrebbe fatto addormentare istantaneamente. Infilandosi nel letto, lo ingurgitò velocemente e chiuse gli occhi.
* * *
I giorni restanti prima di Natale passarono in fretta e Remus poté sperimentare per la prima volta una vera vita familiare. I signori Potter dovevano essere i genitori perfetti - erano gentili e sicuri, sempre sorridenti e ricchi di divertimento. Remus non sapeva che gli adulti potessero essere così. Non sapeva che le persone potessero crescere così. Era più chiaro che mai perché James fosse così - pieno di amore e di fiducia cieca tanto quanto Remus era pieno di rabbia. Era anche ovvio perché Sirius fosse così attratto dalla famiglia. Aveva una sete inestinguibile d’amore e i Potter ne avevano una scorta infinita.
I quattro ragazzi erano soliti vagare per tutta la campagna circostante sotto la neve, avvolti nei loro caldi cappelli, sciarpe e guanti di Grifondoro. La sera giocavano a carte, aiutavano la signora Potter a preparare la cena e ascoltavano il signor Potter raccontare storie di fantasmi intorno al camino. Facevano tortine natalizie e ghirlande, costruivano maghi di neve e igloo e dormivano così profondamente nei loro letti la notte che nemmeno una strilettera avrebbe potuto svegliarli.
Sfortunatamente, non durò a lungo. Nonostante i Black avessero smesso di spedire strilettere, non si erano dimenticati del loro figlio ribelle e la vigilia di Natale provarono una nuova tattica con conseguenze devastanti per i malandrini.
Erano seduti sul tappeto davanti al caminetto a bere della calda burrobirra. James e Sirius stavano giocando a gobbiglie, molto rumorosamente, e il signor Potter stava insegnando a Remus a giocare a scacchi. L’uomo era inorridito dal fatto che non sapesse giocare. Remus fu sorpreso di scoprire che il gioco gli piaceva molto. L’atmosfera nella stanza era calda e sicura, con pesanti tende chiuse per tenere fuori il freddo e il buio, le luci dell’albero che scintillavano delicatamente e il fuoco che scoppiettava al loro lato. Erano le nove, la signora Potter stava per mandarli a letto quando si sentì un forte *CRACK* fuori dalla finestra.
Il signore e la signora Potter si scambiarono una rapida occhiata e le orecchie di Remus si drizzarono come quelle di un cane. L’odore di magia esaurita permeava l’aria, come pane bruciato. Un odore oscuro e sgradevole. Ci fu un colpo saldo e cupo alla porta.
“Non stavamo aspettando nessuno, vero Effie?” Il signor Potter fece una lieve smorfia guardando sua moglie. Lei scosse la testa e entrambi si misero in ascolto.
L’elfo domestico dei Potter, Gully, si affrettò a rispondere alla porta. Si sentirono voci ampollose nell’ingresso poi Gully entrò di corsa nella stanza.
“Oh, signor Potter, signor Potter, è venuta a prendere il giovane padrone Black, mi ha detto che è sua madre! Le ho detto di aspettarvi lì.” L’elfo si rigirava le mani ansiosamente, visibilmente molto confuso da quel colpo di scena.
Sirius e James si scambiarono un’occhiata. Il volto di Sirius era bianco - come se non si sentisse bene.
“Non oserebbe…” Sussurrò.
Il signor Potter si era alzato ed era già uscito dalla stanza. Si sentivano voci alterate nel corridoio - Remus riconobbe il tono tagliente della signora Black dalle sue orribili lettere.
“Sirius,” disse la signora Potter, dolcemente, “i tuoi genitori ti hanno dato il permesso di farci visita, caro?” Lui guardò il pavimento. Lei schioccò la lingua. “Oh, tesoro.” Disse, sembrando molto triste.
“Non farlo andare via, mamma!” James si alzò in piedi. “Li odia!”
“Sono i suoi genitori, James.”
“Sirius!” Lo chiamò il signor Potter dall’ingresso.
Sirius si alzò, James dietro di lui. Remus non voleva, voleva rimanere intorno al camino dove erano stati così felici solo qualche momento prima. Ma anche la signora Potter si era alzata e quello era uno di quei momenti in cui i malandrini dovevano presentare un fronte unito, per quanto potesse essere spaventosa la madre di Sirius.
Andarono tutti nell’atrio. Remus aveva visto la signora Black in una sola altra occasione, la prima volta che era salito a bordo dell’Hogwarts Express. Allora aveva semplicemente pensato che avesse un aspetto molto severo e che assomigliasse a Sirius. Aveva ancora un aspetto severo - i suoi capelli erano pettinati all’indietro e raccolti in uno chignon che si avvolgeva come un serpente sulla sommità del suo capo, fissato da una spilla smeraldo. I suoi occhi erano scuri, non azzurri come quelli di Sirius, ma aveva i lineamenti e lo sguardo di superiorità tipico della famiglia Black. Era più bassa del signor Potter, ma riuscì comunque a guardarlo come se fosse sudiciume sul suo stivale. Il suo sguardo si indurì quando vide arrivare James e Remus.
“Sirius.” Disse freddamente, assottigliando gli occhi in direzione del suo figlio maggiore. “Verrai immediatamente con me. Kreacher!” Schioccò le dita e un vecchio elfo domestico dall’aspetto avvizzito emerse da dietro le sue vesti. “Va’ di sopra e prendi le cose del padrone Black.” L’elfo domestico si inchinò profondamente, baciando le punte argentate degli stivali della signora Black, e corse al piano di sopra.
“Buonasera, Walburga.” Disse la signora Potter piacevolmente, come se non ci fosse alcuna tensione. “Posso offrirti qualcosa da bere? Stavamo per mangiare le tortine natalizie, non è vero ragazzi?”
Walburga la ignorò, fissando Sirius.
“Infilati il mantello. Ce ne andiamo.”
“Ma madre, io-”
“Non osare parlarmi.” Sibilò, gli occhi iracondi.
Remus voleva scappare; era cento volte peggio della direttrice. era peggio di Bellatrix e Piton e qualsiasi altra malevola persona avesse mai incontrato. Il pensiero di lasciare che Sirius se ne andasse con lei gli fece rivoltare lo stomaco. Il signore e la signora Potter sembravano afflitti dalla stessa crisi.
“Walburga, perché non lo lasci rimanere?” Cercò di persuaderla la signora Potter. “So che non si è comportato bene, ma non è successo nulla. Può restare con noi a pranzo e ritornare per cena domani. Si sono divertiti così tanto insieme.”
La signora Black si lasciò sfuggire una corta risata, come se il divertimento di suo figlio fosse l’ultimo dei suoi pensieri. Osservò James, il suo sguardo scrutò i suoi capelli scompigliati, poi Remus, fissando visibilmente la sua nuova cicatrice. Remus abbassò lo sguardo, terrorizzato. Lo sapeva. L’aveva capito subito.
Kreacher corse precipitosamente giù dalle scale, seguito da un Gully dall’aria alquanto offesa. Il baule di Sirius fluttuava alle loro spalle, apparentemente pronto per la partenza. Walburga si girò.
“Vieni Sirius.”
“No.” Disse lui a bassa voce, ma con fermezza. Remus voleva dirgli di stare zitto, non vedeva in che guai si trovava di già?! Ma Sirius aveva serrato i pugni, guardando sua madre. “Voglio rimanere qui, con i Potter. Non puoi costring-”
“SILENCIO!” Walburga si voltò, puntando la sua bacchetta contro Sirius. Lui si ammutolì all’istante - ma non di sua volontà. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte, ma non uscì nulla. Gli aveva rubato la voce.
“Walburga, veramente?!” Sussultò il signor Potter mentre la signora Potter lanciava un piccolo urlo, inginocchiandosi accanto a Sirius e cingendolo con le sue braccia in modo protettivo. “É solo un ragazzo!”
“É mio figlio.” Sussurrò Walburga, fulminando la signora Potter con lo sguardo. “Ed è l’erede della casata più pura della Gran Bretagna. Imparerà che posto gli spetta. Vieni, Sirius.”
Sirius sembrava completamente abbattuto, la sua bocca una linea retta di rassegnazione. Ricambiò l’abbraccio della signora Potter, poi si allontanò da lei. Salutò James e Remus con un cenno della mano e seguì sua madre fuori dalla porta.
I quattro rimasero in silenzio dopo che la porta d’ingresso venne sbattuta. Remus si chiese se James si vergognasse tanto quanto lui - avrebbero dovuto difendere il loro amico in qualche maniera? cosa gli sarebbe successo ora? il signor Potter sembrava furioso.
“Usare un incantesimo di silenziamento su suo figlio! Su un mago minorenne! È moralmente riprovevole!”
“Fa di peggio.” Disse James, a bassa voce. Remus annuì, d’accordo, sentendosi come se qualcuno lo avesse privato a sua volta dell’uso della parola.
“Dovremo rendere la casa non individuabile, Fleamont.” Disse la signora Potter improvvisamente. “In modo che non ci trovino - hai detto che lo stavi considerando, dopo le ultime elezioni. Non voglio mai più quell’orribile donna in casa mia.
Il signor Potter annuì cupamente.
“Mi informerò con l’anno nuovo. Alastor Moody mi deve un favore.”
“È ora di andare a letto, ragazzi.” Disse la signora Potter, la voce che le tremava. “Cercate di non preoccuparvi molto.” Abbracciò James con fervore, baciandolo su ogni guancia. Remus cercò di schivarla, ma lei lo afferrò stringendolo in un caldo abbraccio. Profumava di arance e chiodi di garofano.
* * *
“Psst. Remus.”
Remus aveva appena finito di lavarsi i denti e stava tornando nella sua stanza quando la testa di James fece capolino in corridoio, facendolo entrare nella sua camera. Si inginocchiarono insieme sul letto. James sfilò un biglietto dalla tasca del suo pigiama. “L’ha mandato Regulus.”
“Cosa dice?” Chiese Remus velocemente prima che James glielo passasse per farglielo leggere.
“Oh, um, dice ‘Sirius è a casa, non provate a contattarlo’.”
“Tutto qui?”
“Tutto qui.”
“Bello da parte di Regulus.” Commentò Remus, abbassando lo sguardo sul biglietto che doveva essere stato scarabocchiato molto velocemente. “Pensavo che si odiassero.”
“Sì, beh, ma sono comunque fratelli, no?” Rispose James, alzando le spalle. “Legami familiari.”
“Pensi che starà bene?”
“Non lo so.” James si morse il labbro. “Non sono riuscito a dargli il suo regalo. Ha detto che non riceve nulla di natalizio dai suoi, solo cimeli di famiglia e robe simili.”
“Me la sono presa con lui l’altro giorno.” Sospirò Remus tristemente. “Riguardo a…sai, il mio piccolo problema peloso.”
James ridacchiò.
“Non preoccuparti. Litigate sempre per qualcosa. È solo la vostra personalità.”
“Oh. Lo pensi davvero?” Remus era un po’ seccato da quell’osservazione - certamente Sirius se la prendeva con Peter molto più frequentemente. James sorrise.
“Te l’ho detto, non devi preoccuparti. Black ama discutere.”
La mattina di Natale fu silenziosa, anche se i Potter volevano renderla allegra, se non altro per Remus. Al suo risveglio fu imbarazzato di trovare una calza stracolma ai piedi del letto e decise che in qualche modo l'anno dopo avrebbe rimediato.
C'erano i consueti calzini e mutande da parte della direttrice, oltre a un barattolo di frollini. Alcune cioccorane da Peter e un grosso libro di incantesimi avanzati da Sirius. Anche James gli aveva comprato un libro - Cartografia Magica: Una guida alla creazione di mappe incantate. I signori Potter, tuttavia, erano andati ben oltre. Sotto l'albero trovò altri dolci, scherzi, un bellissimo set di penne - che cercò di restituire ("Ne abbiamo presi altrettanti per James e Sirius, caro, non essere sciocco"), e un pigiama nuovo di zecca.
I parenti dei Potter iniziarono ad arrivare per il pranzo di Natale intorno a mezzogiorno insieme ai Minus, che portarono la sorella maggiore di Peter, Philomena, e il suo ragazzo babbano che aveva portato a casa dall’università. Remus fu presentato a tutti come un amico di James e venne per lo più ignorato, fatta eccezione per un piccolo mago vecchissimo che era già allegro e con il naso rosso per via di tutte le bevande che Gully stava offrendo agli ospiti.
“Hai detto Lupin? Il figlio di Lyall Lupin?”
Remus spalancò la bocca, non essendo in grado di rispondere. Aveva sentito pronunciare il nome di suo padre solo in una o due occasioni.
“Um…sì.” Disse, alla fine, arrossendo profondamente.
“È qui?!” Il mago sorrise, guardandosi intorno. “Uomo magnifico, non lo vedo da anni.”
“Uhm…è morto.” Rispose Remus, alzando le spalle in segno di scusa.
“Un vero peccato!” Urlò il mago, rovesciando parte della sua bevanda. “Fantastico duellante; mi ha insegnato tutto quello che so sui mollicci. Tuttavia era solito mettersi nei guai per via del suo carattere - gli avevo detto di non immischiarsi negli affari di quel Greyback - dannati lupi mannari, dovremmo sterminarli tutti!”
Remus sbatté le palpebre. James lo guardò stranamente. Per fortuna la signora Potter intervenne.
“Darius? Prendi altro da bere, vecchio mio, lascia i ragazzi ai loro giochi, eh?”
Remus deglutì a fatica e tornò al torneo di gobbiglie come se non fosse successo nulla.
Chapter 31: Secondo Anno: Il ritorno di Sirius
Notes:
Questo capitolo è un po' deprimente - non leggetelo se vi sentite già un po' giù di morale!
Chapter Text
Sabato 6 gennaio 1973
Il sabato prima che iniziasse il semestre, Peter, James e Remus arrivarono con prontezza a King’s Cross per tornare a Hogwarts. Si erano tutti guardati intorno alla ricerca del loro quarto, ma Sirius non era lì - e nemmeno Regulus. Mentre il treno arrivava al binario, James andò in cerca di qualcuno a cui chiedere. Tornò con le mani sopra il naso dove si stava iniziando a formare un grande foruncolo.
"Narcissa ha detto che non sono affari miei.” Spiegò, sedendosi pesantemente.
“Magari useranno la metropolvere.” Suppose Peter. “Magari sua mamma non si fida a fargli prendere il treno con noi.”
“Magari.” James fissò fuori dalla finestra, strofinandosi il naso dolorante. Remus non l’aveva mai visto così triste. A James era mancato Sirius molto più che agli altri e era stato così estasiato dalla prospettiva di vederlo una volta arrivati a Londra. Remus e Peter fecero del loro meglio per rallegrarlo, ma era come se gli mancasse il suo braccio destro.
Prima che partissero, il signore e la signora Potter avevano detto che avrebbero provato a fare andare Remus a casa loro anche per l’estate e lui li aveva ringraziati copiosamente. Tuttavia, non era probabile, quindi non si fece troppe illusioni. Cercò invece di essere grato di poter tornare a scuola per qualche altro mese con i suoi amici. O almeno, quasi tutti i suoi amici.
Non videro Sirius quella sera a cena e non apparve nemmeno quando si prepararono per andare a letto. James e Remus gli avevano portato i regali di Natale e li avevano ammucchiati sopra il suo cuscino, ancora avvolti da carta lucida e nastri. Tre dei pacchetti erano da parte di Andromeda e Remus sapeva che erano dischi. Sirius aveva chiesto di tutto e di più di David Bowie.
Domenica 7 gennaio 1973
Domenica mattina il letto era ancora vuoto e i tre malandrini cercarono di distrarsi facendo dei compiti. Remus aveva finito i suoi e aveva colto l’occasione di iniziare a leggere i suoi libri di Natale ora che poteva evocare nuovamente il suo incantesimo di lettura. James iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza, andò a chiedere alla McGranitt dove fosse Sirius (non lo sapeva) e provò addirittura a chiederlo a Narcissa una seconda volta (lo affatturò di nuovo). Alla fine, uscì per fare qualche giro del campo da Quidditch con la sua scopa.
Anche Peter andò, con una scatola di biscotti da sgranocchiare mentre lo osservava. Remus rimase dentro al caldo a leggere, o almeno a fare finta di leggere. Ora che era finalmente da solo, iniziò a pensare alle cose che l’amico del signor Potter, Darius, aveva detto riguardo a suo padre, rigirandosi le informazioni nella mente come una moneta. Sua padre era bravo nei duelli - l’aveva già sentito dire prima. Chiaramente anche Lyall Lupin aveva anche un carattere suscettibile - questa era una nuova informazione, una cosa strana da sapere, dopo così tanto tempo passato a sapere praticamente nulla. Per la prima volta, Remus valutò la possibilità che i suoi scatti d’ira non avessero nulla a che vedere con la sua malattia. E chi era Greyback? Il solo nome lo faceva sentire accaldato e a disagio. Desiderava più di ogni altra cosa che James e Peter non fossero stati lì in ascolto.
Remus era seduto vicino alla finestra della torre dei Grifondoro, il suo libro trascurato sul suo grembo, a fissare nel vuoto, cercando di mettere insieme un puzzle di cui non aveva ancora tutti i pezzi. Ogni tanto guardava fuori dalla finestra per scorgere James che si comportava in modo ancora più spericolato del solito.
“A che diavolo di gioco sta giocando?!” Squittì una voce oltre la spalla di Remus. Era Lily Evans. Stava sorseggiando una tazza di tè e fissando James sulla sua scopa.
“È nervoso.” Remus alzò le spalle, non girandosi a guardarla. La luce proveniente dalla finestra avrebbe messo in risalto il suo volto e la sua cicatrice che - pur non essendo più rossa e irritata - era ancora alquanto evidente.
“James Potter nervoso?!” Lo schernì Lily. “Non pensavo che potesse provare emozioni così complesse.”
“Ehi!” Obiettò Remus, continuando a guardare fuori dalla finestra. “Non è stato un bel Natale per lui, okay?”
“Okay, okay, mi dispiace, so che è un tuo amico.” Lo diceva sempre dopo aver insultato uno dei malandrini. “Com’è andato il tuo Natale?”
“Bene, grazie. Il tuo?”
“Fantastico.” Riuscì a sentire il sorriso nella sua voce. “Finalmente mamma e papà mi hanno lasciato prendere un gufo.”
“Oh, magnifico.”
“E tu?”
“Dei libri.”
“Dai tuoi…uhm, dalle persone con cui vivi?”
Finalmente la guardò, ancora più irritato. Non poteva levarsi dai piedi?
“No, dai miei amici.”
"Oh…certo, sì.” Lily stava intenzionalmente guardando altrove, appena a sinistra della testa di Remus. Sospirò profondamente. Tutti l’avrebbero vista in ogni caso. Almeno Lily era abbastanza educata da non porre alcuna domanda scortese.
Alla fine Remus andò al piano di sopra, chiuse le tende intorno al suo letto e si mise a leggere Cartografia Magica. Infine arrivarono anche gli altri. Parlarono a bassa voce pensando che stesse dormendo. L’attività fisica non aveva aiutato James a calmarsi, Remus riusciva a sentire il suo cuore battere rapidamente e lo stucchevole odore dell’ansia.
Dopo forse un’ora dopo lo spegnimento delle luci, la porta si aprì nuovamente scricchiolando.
Sirius era tornato - il rumore dei suoi passi familiari era inconfondibile. Remus fu travolto da un'ondata di sollievo, un nodo allo stomaco che non aveva realizzato di avere stava cominciando a sciogliersi. James e Peter continuarono a dormire mentre Sirius cercava di non fare troppo rumore, entrando di soppiatto nella stanza e nel suo letto, chiudendo le tende. Remus giaceva immobile, ascoltando Sirius che a sua volta non si muoveva. C’era qualcosa di diverso nel suo respiro. Alla fine fu vinto dalla curiosità e uscì dal letto.
Non volendo intromettersi, Remus si avvicinò il più possibile alle tende di Sirius e sussurrò.
“Sirius?”
“James?” Rispose con entusiasmo.
“Remus.”
“Oh…” ci fu un momento di silenzio imbarazzante, “…voglio solo dormire, Lupin. Ne parliamo domani, okay?”
“Ok.” Remus tornò in punta piedi verso il suo letto e chiuse gli occhi, non sentendosi meno preoccupato.
* * *
Lunedì 8 gennaio 1973
La mattina dopo Sirius se n’era già andato quando gli altri si svegliarono. I suoi regali, non ancora aperti, erano stati spinti in fondo al letto. Il suo baule era arrivato a un certo punto e la sua scopa era di nuovo sulla sua mensola. James gli tenne un posto a colazione, ma lui non si presentò e non lo videro fino alla loro prima lezione.
“Non salterebbe mai la McGranitt.” Disse James con sicurezza mentre si dirigevano verso l’aula. “Ama trasfigurazione.”
Quando entrarono nella stanza, però, subirono uno shock. C'era un altro ragazzo seduto al posto di Sirius. Era piccolo e gobbo, con lineamenti pallidi e appuntiti e grandi occhi azzurri. I suoi capelli erano stati rasati vicino al cuoio capelluto nello stesso modo in cui la direttrice rasava la testa di Remus ogni estate. Tuttavia, sembravano più scuri di quelli di Remus.
“Chi è quello?!” Sussurrò Peter con un volume di voce un po’ troppo alto. Il ragazzo si girò a guardarli.
“Sirius!” Sussultò James.
Sirius arrossì lievemente e guardò dritto davanti a sé come se non gli avesse visti. James si sedette di fianco a lui.
“Cos’è successo? Dove sei stato? Cosa ti ha fatto?!”
Sirius scosse la testa.
“Dopo.” Mormorò.
Ormai l’aula si era riempita e sembrava che tutti stessero sussurrando alle loro spalle. Remus non potè biasimarli - anche lui non riusciva a smettere di fissarli. Non era solo la mancanza di capelli - anche se era incredibilmente sconcertante; Sirius non era Sirius senza i suoi capelli - aveva anche ombre scure sotto gli occhi e non c’era alcuna traccia di divertimento sulle sue labbra.
“Va bene, mettetevi a vostri posti, per favore!” La McGranitt entrò nella stanza. Diede un’occhiata a Sirius. I suoi occhi si spalancarono per un millisecondo quando lo riconobbe, ma non disse nulla e si rivolse alla classe. “I vostri esami di fine anno iniziano tra tre mesi, vediamo chi ha prestato attenzione…”
La McGranitt non chiese a Sirius nemmeno una volta di rispondere alle sue domande, anche se solitamente era l’unico modo per costringerlo a prestare attenzione. Non chiese nulla nemmeno ai malandrini che passarono l’intera lezione a mandare sguardi preoccupati verso il loro amico. Quando finì trasfigurazione, presero le loro cose e seguirono Sirius che si affrettò ad uscire dalla porta.
“Cos’è successo?!” Chiese James, cercando di tenere il passo svelto di Black.
“Ho detto dopo.” Rispose Sirius. “Aspettate fino alla pausa, okay?”
“Ma tu - che cosa ha..?”
“Sto bene.”
La lezione dopo, storia della magia, fu un’agonia. James era fuori di sè, arrivó persino a passare bigliettini a Sirius - che li ignoró fermamente. Sedeva rigidamente, la schiena dritta, gli occhi sulla lavagna. Per la prima volta in due anni, Remus lo vide leggere davvero il suo libro di storia in classe. C’era davvero qualcosa che non andava.
Uscirono da storia il più in fretta possibile - James afferrò il braccio di Sirius e praticamente lo trascinò fuori nel cortile più vicino dove scacciarono un gruppo di ragazze del primo anno che stavano facendo delle verticali contro il muro, le loro gonne infilate nelle mutande. C’era un freddo glaciale fuori, eppure non era ancora caduta della neve, il cielo era bianco come il latte e una tempesta si stava avvicinando. Una volta che la via fu libera, James fissò Sirius, con occhi pieni di sentimento e profonde pieghe sulla fronte.
“Cos’è successo?!”
Sirius sospirò profondamente.
“Secondo te?” Indicò la sua testa. Remus ebbe la strana sensazione che a nessuno dei due importasse della presenza di lui e Peter - era una questione tra loro due, come le loro chiacchierate notturne.
“È stata tua mamma?”
“Beh, sicuramente non me lo sono fatto da solo, no?!” Sbottó furiosamente. James non reagì, continuò a guardare il suo amico. Era quello il segreto di James, realizzò improvvisamente Remus, era sempre paziente e non prendeva mai niente sul personale. Se no come sarebbe potuto essere il migliore amico di qualcuno come Sirius Black? Ora Sirius stava frugando nel suo zaino. Tirò fuori il suo cappello rosso di Grifondoro che fino a quel momento non aveva mai messo. Lo infilò sul suo capo rasato. “Fa un freddo infernale.” Borbottò. “Non so come tu ce la faccia Lupin.”
Remus alzò le spalle e sorrise, contento di essere stato incluso. Sirius si appoggiò pesantemente contro il muro, lo sguardo abbassato.
“Mi hanno lasciato tornare.” Disse a bassa voce. “Quasi non l’hanno fatto - un passo sbagliato e hanno promesso di mandarmi a Durmstrang.”
James e Peter sussultarono, Remus prese un appunto mentale di chiedere al riguardo più tardi. Sirius continuò.
“Non ho riavuto la mia voce fino a dopo la cena di Natale. Ho dovuto fare la mia parte; c’erano tutti, tutte le sacre ventotto - tranne i Weasley ovviamente. Lucius Malfoy mi odia davvero ora, ma doveva essere molto educato con me e Reg - viscido lecchino. L’ho fatta franca indossando una cravatta di Grifondoro finché mia mamma l’ha notata e l’ha fatta svanire. Poi io…io uhm…potrei aver fatto esplodere delle caccabombe durante la quarta portata…”
Peter, Remus e James trasalirono insieme.
“È per questo…che i capelli..?” Chiese James con esitazione. Sirius alzò lo sguardo.
“Ha detto che dato che le solite punizioni non stavano avendo alcun effetto avrebbe provato qualcosa di diverso…ho provato a chiedere alla Chips di farli ricrescere, ma quella vecchia stronza ha detto che non è un'estetista. Pensava che l’avessi fatto da solo per sbaglio o qualcosa del genere.”
“Potresti provare a dirglielo-” Inizió a dire Remus, sentendo il bisogno di difendere l’infermiera. Sirius scosse la testa.
“Non ne vale la pena.”
“Regulus?” Chiese James improvvisamente. “È tornato anche lui? Ci ha mandato un messaggio dicendo che eri a casa, ma non abbiamo mai saputo altro.”
Sirius annuí.
“È tornato. Ha tenuto i suoi capelli ovviamente. Papà ha organizzato una passaporta per portaci a Hogsmeade. È ancora, ecco, un po’ un coglione, ma…nemmeno lui ha scelto di essere un Black. È solo più bravo di me a giocare a questo gioco.” Guardò oltre loro, gli occhi spalancati e disperati. Remus sentí una fitta terribile nel petto. “Vorrei solo…” Disse Sirius. Ma non aggiunse altro. La campanella suonò e dovettero tornare alle loro lezioni.
Chapter 32: Secondo Anno: Grifondoro contro Serpeverde
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Alla fine del primo giorno di scuola tutti sapevano del nuovo aspetto di Sirius. James e Peter si misero a camminare ai suoi lati lungo i corridoi, come guardie del corpo, lanciando occhiate a chiunque osasse sghignazzare o sussurrare al loro passaggio.
"Non è così male." Gli assicurò James, guardando Sirius che si fissava allo specchio. Durante il pranzo si erano nascosti nei bagni vuoti delle ragazze del secondo piano per evitare altri sguardi.
James stava mentendo, pensò Remus tra sé e sé, e probabilmente Sirius lo sapeva. Era davvero brutto - sembrava molto più piccolo. Senza i capelli scuri a contornargli il volto, gli occhi di Sirius sembravano più grandi che mai, facendolo sembrare giovane e ansioso. Gli zigomi alti e le sopracciglia affilate risaltavano ancora di più dandogli un’espressione cattiva e scarna. Non c’era da chiedersi perché tutti l’avessero fissato - infatti, quasi nessuno aveva guardato la cicatrice fresca sul volto di Remus per via della distrazione. In ogni caso, pensò Remus tristemente, i capelli ricrescono.
Sirius si strofinò il capo, continuando a guardare il suo riflesso. Peter rise nervosamente.
“Sembri Lupin.”
James annuì, gli occhi che facevano avanti e indietro tra i due.
“Sì, un pochino.”
Sirius guardò Remus e, per la prima volta dalla vigilia di Natale, Remus lo vide sorridere. Quel sorriso alla Sirius Black - niente avrebbe mai potuto rovinarlo.
“Oh, sì, credo di vederlo.” Disse Sirius, continuando a sfregarsi la testa. Allungò la mano e tirò Remus davanti allo specchio in modo che fossero fianco a fianco, a fissarsi. “Potremmo essere fratelli.”
Nonostante tutto, anche Remus rise.
Quella sera trovarono il vero fratello di Sirius fuori dalla sala comune dei Grifondoro. Era seduto sul pavimento con le ginocchia sollevate a fissare nel vuoto. I suoi capelli erano ancora abbastanza lunghi da toccargli le spalle. Il suo amico, Barry Crouch, si stava appoggiando contro il muro opposto, annoiato. Aveva fatto un aeroplano di carta e lo stava pigramente dirigendo su e giù per il corridoio con la sua bacchetta. Crouch e Regulus erano inseparabili come James e Sirius; Barty aveva i capelli scuri ed era allampanato, con un animo più crudele di quello di Piton - Remus era già in grado di riconoscerlo in base alla sua crudele risata tuonante.
Regulus si mise in piedi fluidamente quando i malandrini si avvicinarono. Remus cercò la bacchetta nella sua tasca, solo come precauzione.
“Eccoti.” Disse il ragazzo più giovane, con un tremito nervoso nel suo tono altrimenti arrogante. I suoi occhi continuavano a spostarsi verso James. L’aeroplano di Barry iniziò a girare intorno a loro.
“Che vuoi?” Chiese Sirius.
“Volevo solo vedere…come stessi.”
“Come ieri sera.” Sirius alzò le spalle.
“Non ti ho visto a cena.”
“Non c’ero.” Rispose Sirius inutilmente. Avevano mandato Peter nelle cucine a rubare qualche panino e si erano seduti in una delle nicchie segrete di Remus a mangiarli. A Remus stava piacendo quel gioco - ignorare il resto degli studenti, perfino i Grifondoro. Normalmente James e Sirius avrebbero fatto tutto il possibile per essere notati, ma Remus preferiva passare inosservato.
“Possiamo parlare?” Regulus si rivolse a suo fratello maggiore.
Sirius allargò le braccia, come se stesse concedendo a Regulus la parola. Regulus alzò gli occhi al cielo, irritato. Non aveva la stessa bocca di Sirius, notò Remus. Aveva una mascella più debole, labbra più piccole. “Intendevo da soli.” Disse mandando un’occhiataccia a James, Peter e Remus.
“No.” Si limitò a dire Sirius. Regulus sospirò. Chiaramente conosceva Sirius troppo bene per provare a discutere.
L’aeroplano di Barty Crouch iniziò a girare più velocemente sopra le loro teste. Peter stava guardando il suo progresso ansiosamente.
“Bene.” Disse Regulus incrociando le braccia. “Volevo solo dirti che madre e padre hanno chiesto a me e Narcissa di tenerti d’occhio. E di riferire tutto a loro.”
Sirius fece un verso di disgusto. Regulus continuò, non abbassando lo sguardo. “E noi non lo faremo. Ne staremo fuori entrambi, okay?”
“Nobile da parte vostra.” Rispose Sirius. James sorrise. Regulus alzò di nuovo gli occhi al cielo.
“Ti sto dicendo che non sono il tuo nemico, idiota. E nemmeno Narcissa. Puoi fare quello che vuoi, è tra te e i nostri genitori.”
“Bene.”
“Bene.”
I due fratelli continuarono a fissarsi. Se fosse stato James, avrebbe lasciato sfuggire un sorriso, dato una pacca sulla spalla a Sirius e tutto sarebbe stato dimenticato. Ma chiaramente Regulus era testardo tanto quanto Sirius e non sapeva quando porre fine a un litigio.
“Ahia!” Peter emise un guaito come un cucciolo frustato e si accucciò di colpo. Barty Crouch si era evidentemente stufato del dramma familiare e aveva deciso di bombardare il più piccolo dei malandrini con il suo appuntito aeroplano di carta. Crouch stava ridacchiando meschinamente mentre l’aeroplano indietreggiava e si preparava a un secondo attacco, quando James tirò fuori la propria bacchetta.
“Incendio.” Disse pigramente, muovendo il polso in direzione di Crouch. L’aeroplano, le sue ali ora infuocate, andò in picchiata verso il ragazzo del primo anno a una velocità spaventosa. Crouch urlò dalla paura, coprendosi il volto con le braccia mentre il proiettile di fuoco volava dritto verso di lui - per poi spegnersi a mezz’aria, sgretolandosi in una pila di cenere a pochi centimetri dal naso di Crouch.
“Andiamo.” Borbottò Regulus al suo amico che era impallidito e stava fissando James cautamente. Si diressero entrambi verso i sotterranei. “Narcissa mi ha detto di augurarti buona fortuna per sabato, Potter.” Disse Regulus oltre la sua spalla mentre giravano l’angolo.
James lo ignorò, seguendo Sirius nel buco del ritratto. Una volta che furono tutti nella sala comune Remus chiese.
“Cosa succede sabato?”
“Partita di quidditch. Grifondoro contro Serpeverde.”
Ah. Remus non era bravo a rimanere al passo con il programma di quidditch - andava solo alle partite dei Grifondoro e l’ultima era stata il giorno dopo la luna piena quindi se l’era persa. Quando gli altri iniziavano a parlare di tattiche e classifiche, era solito smettere di ascoltare affondando il naso nel suo libro.
“Spero che tu li stracci, amico.” Ringhiò Sirius, lasciandosi cadere nella poltrona più vicina.
“Questo è il piano.” Disse James allegramente sedendosi sui braccioli della poltrona. “Sempre che non prenda il boccino troppo presto - e Marlene è il miglior battitore che abbiamo da anni, quindi-”
James si interruppe, realizzando cos’aveva detto. Guardò Sirius. Sirius gemette e si alzò.
“Vado a letto.” Disse.
* * *
Sabato 13 gennaio 1973
Quella notte aveva nevicato. Se Hogwarts fosse stata una scuola normale, pensò Remus tra sé e sé di cattivo umore, avrebbero rimandato quella stupida partita. Invece no. La sala comune dei Grifondoro fremeva di entusiasmo, con discorsi su quanto queste fossero le ‘condizioni perfette di volo’. Peter e Remus passarono metà della mattina a provare a gettare incantesimi di riscaldamento duraturi sull’uniforme di James. Sirius aveva fatto una delle sue tante scomparse mattutine e non si vedeva da nessuna parte.
Adil Deshmakh, il capitano della squadra di Grifondoro, fece mangiare la squadra insieme a colazione, piuttosto che con i loro amici. Erano seduti tutti, pallidi e stanchi, a mangiare ciotole uniformi di porridge e frutta (su ordine di Desmakh). James era il solo di buon umore - anche se non erano ancora riusciti a fare l’incantesimo.
“Dov’è Sirius?” Lily sbadigliò sedendosi di fianco a Remus, mordendo una fetta di pane tostato con uno spesso strato di burro sopra.
“Non lo so.” Sbadigliò Remus in risposta, abbracciando la sua calda tazza di tè come se la sua vita vi dipendesse.
“A tenere il muso da qualche parte probabilmente.” Disse Peter amaramente. Remus gli mandò un’occhiataccia. “Cosa?!” Il ragazzo biondo fece una smorfia, indignato. “Mi dice sempre che sono piagnucoloso.”
“Ci sarà.” Disse Remus, ignorando Peter. “Vuole vederci distruggere i Serpeverde.”
Anche Lily sorrise a quelle parole - nonostante i suoi soliti appelli per l’unità tra le case, quel giorno era ricoperta di rosso e oro da capo a piedi come tutti gli altri. Dopo colazione si diressero insieme al campo da quidditch. Il settore Grifondoro del campo era addobbato con bandiere e festoni rossi e oro, oltre a quattro grandi striscioni con il leone dorato di Grifondoro. Per fortuna qualcuno aveva anche tolto la neve dalle panchine.
Lily e Peter avevano voluto occupare i posti migliori, in cima alle tribune e Remus stava già tremando nonostante stesse indossando due maglioni sotto il suo mantello.
“Hai freddo, Remus?” Lily gli mandò un’occhiata mentre lui cercava di soffiare aria calda sulle sue mani con i guanti.
“Un po’.” Rispose, sarcasticamente, troppo di cattivo umore per essere educato.
“Ecco.” Lily tirò fuori la sua bacchetta e afferrò i polsi del ragazzo, puntandola sui suoi palmi; “Calidum Vestimenta.”
Improvvisamente, un piacevole calore si diffuse attraverso le sue mani verso le punte delle sue dita congelate.
“Come hai fatto?!” Chiese. “Ci stiamo provando da tutta la mattina!”
“Penso che sia per via della pronuncia.” Lily alzò le spalle. Applicò velocemente lo stesso incantesimo al mantello di Remus e poi a quello di Peter.
Quando questo fu fatto, le due squadre di quidditch si radunarono sul campo, che era stato sgombrato abbastanza da permettere loro di fare almeno un percorso dai loro spogliatoi. Si disposero in due file ordinate - una scarlatta, l'altra smeraldo. Remus riusciva a distinguere chiaramente alcuni dei giocatori - l'inconfondibile zazzera di capelli neri di James, la vaporosa coda di cavallo biondo sabbia di Marlene. Riusciva anche a vedere Narcissa Black, della squadra avversaria; alta e slanciata, con i capelli di platino intrecciati in due trecce ordinate che le scendevano lungo la schiena.
Sirius non c'era ancora.
“Ovviamente,” Peter stava chiacchierando con Lily, “non abbiamo bisogno di vincere questa partita, abbiamo solo bisogno di mantenere alti i punti - a patto che finiamo con almeno sei gol rimaniamo in cima alla classifica. Black è una cercatrice fantastica, ma in generale i Serpeverde non sono molto bravi. Soprattutto se prendi in considerazione James, avere lui è come avere tre cacciatori in uno.”
Lily stava annuendo cortesemente - era così raro che qualcuno ascoltasse Peter quando parlava di sport. Remus certamente non lo faceva. Aveva provato a leggere la copia di Sirius - piena di pagine piegate in un angolo come segnalibro - di Il quidditch attraverso i secoli, ma niente di ciò che vi aveva letto l’aveva aiutato a comprendere il ridicolo sistema dei punti.
Madama Bumb soffiò nel suo fischio sotto di loro e i giocatori montarono sulle loro scope, piegandosi in attesa della partenza.
Sirius non c'era ancora.
Remus allungò il suo collo, scrutando le tribune - ma anche con la sua vista eccezionale, non riusciva a vedere il suo amico da nessuna parte. Di certo Peter non poteva aver ragione - non poteva essere da qualche parte a tenere il broncio? Pensavano che avesse superato il fatto di non essere entrato nella squadra di quidditch - era andato a ogni partita quell’anno per sostenere James. Solo perché quella partita in particolare era contro Serpeverde…
Madama Bumb soffió nuovamente nel suo fischietto e liberò il boccino. I giocatori si spararono in aria come palle di cannone rosse e verdi.
Sirius non c'era ancora.
Peter e Lily erano in piedi a fare il tifo con tutti gli altri, quindi anche Remus si alzò, cercando di sembrare coinvolto nel gioco. Pochi secondi dopo essere salito in aria, James era già in possesso della pluffa, facendola passare in un anello in meno di un minuto. La folla rossa esplose in un boato di trionfo, ma fu rapidamente eclissata da un rumore assordante, simile a un tuono.
“Rrrrrroooooaaaaar!”
“Che cos’è stato?!” Lily si guardò intorno, gli occhi spalancati, insieme al resto della folla. Anche i giocatori in campo sembravano sorpresi. Remus alzò lo sguardo e vide che i leoni sugli striscioni di Grifondoro sopra di loro sembravano aver preso vita e ora si stavano aggirando furtivamente da un lato all’altro del materiale rosso, ringhiando e agitando le loro teste ininterrottamente.
“È normale?” Chiese, indicandoli. Lily e Peter scossero la testa, senza parole, mentre gli enormi leoni ruggivano sopra di loro.
Improvvisamente Remus sorrise. Riconosceva la magia; scherzosa e un po’ spaventosa. “Guardate!” Indicò di nuovo.
Alla base delle tribune, nel punto più vicino al campo, un giovane Grifondoro con vesti rosso acceso stava marciando avanti e indietro, agitando la sua bacchetta come quella di un conduttore d’orchestra. Era senza alcun dubbio Sirius - chi altro avrebbe camminato con quel passo così pieno di sé? - ma non era più pelato, stava indossando un’enorme parrucca dorata, simile alla criniera di un leone. Remus pensò di scorgere anche una coda d’oro strisciare sotto le sue vesti.
Una volta che tutti lo videro, la folla rise - anche i Tassorosso e i Corvonero. Ma i Serpeverde non lo fecero - la porzione verde della fila si limitó a lanciare delle occhiatacce a quella sgargiante dimostrazione di orgoglio per la propria casa.
Chiaramente James non fu distratto dalle nuove mascotte, bensí le vide come un incoraggiamento - doveva essere quella l’intenzione di Sirius. Segnò almeno altri tre gol - risultati in altrettanti ruggiti assordanti - mentre i Serpeverde faticavano a riprendersi dalla sorpresa.
“Siamo i Grifondoro!” Stava cantando Sirius, la sua voce magicamente amplificata.
“Potentissimi Grifondoro!” Urló la folla in risposta.
Una volta che si fu abituato a tutto quel rumore, a Remus inizió per la prima volta a piacere guardare una partita di quidditch. James era come un turbinio rosso sul campo, schizzava da un lato all’altro, ma anche gli altri cacciatori erano molto bravi, riuscivano a tenere il passo con le sue formazioni e i suoi passaggi complicati. Marlene, mazza in mano, stava facendo un fantastico lavoro non solo a proteggere i cacciatori e il cercatore, ma anche a indirizzare i bolidi verso l’altra squadra, Narcissa in particolare.
Tuttavia Narcissa Black era una categoria a parte. Aveva uno stile di volo elegante e armonioso che Remus riconobbe dai tentativi di Sirius di insegnargli a volare in modo più formale. Era veloce e sempre in movimento, come l’acqua. Il cercatore dei Grifondoro stava seguendo i suoi movimenti, sperando che l’avrebbe indirizzato verso il boccino, ma lei continuava a schivare e fare finte svolte per confonderlo; lo mandò per due volte direttamente nel percorso di un bolide. Non era esibizionistica come James - era efficiente e senza pietà.
Grifondoro era in vantaggio di cento punti quando Narcissa vide finalmente il boccino - Remus notó l’esatto momento in cui lo fece. La sua postura cambiò; non spostò mai lo sguardo. Per un momento rimase ferma per controllare dove fosse il cercatore di Grifondoro. Si teneva a distanza, incerto di quello che lei stava pianificando.
In quel momento, Maisy Jackson, una dei cacciatori di Grifondoro, segnò un altro gol, portando il punteggio di Grifondoro a 130 contro i 20 punti di Serpeverde. I Grifondoro impazzirono e Sirius agitò la sua bacchetta con più entusiasmo. Questa volta i leoni non si limitarono a ruggire, ma balzarono fuori dagli striscioni nell’aria invernale dove divennero delle strane ombre dorate che attraversarono a grandi passi il campo. Il cercatore di Grifondoro si tuffò per scansarli, visibilmente terrorizzato, sebbene sparirono appena sopra il suo capo.
“No, idiota!” Risuonò la voce di Sirius sopra il tifo.
Era troppo tardi - Narcissa si approfittò della distrazione del suo avversario e sollevò il boccino. Volò sopra la folla stringendolo, trionfante. La folla di Serpeverde scoppiò finalmente in un applauso, lanciando in aria scintille verdi e argento.
"Black, Black, Black!" Urlarono.
Ovviamente, questo fu alquanto disorientante dato che anche i Grifondoro stavano urlando in coro "Black, Black, Black!"
Mentre Sirius si inchinava davanti alla folla, James atterrò velocemente al suo fianco e scompigliò la chioma ridicola del suo amico, il pubblico che ora urlava "Pot-ter! Pot-ter! Pot-ter!"
“Oh beh.” Peter sorrise a Remus. “Abbiamo perso, ma siamo ancora alla pari con Corvonero in classifica - andiamo comunque in finale!”
A Remus non poteva importare di meno.
Successivamente si riversarono tutti sul campo per congratularsi con la loro squadra - sia Remus che Peter colpirono Sirius scherzosamente.
“Non ce l’hai detto!”
"Ti avremmo potuto aiutare!”
Sirius si limitó a sorridere e a spostare i suoi gloriosi capelli dorati.
“Sirius!” Una sottile e fredda voce si fece strada tra la folla. Si girarono tutti. Narcissa stava camminando a grandi passi verso di loro, indossando ancora le sue ondulate vesti smeraldo, una scintillante medaglia di argento intorno al collo che fece indietreggiare Remus dietro Peter. Sirius si posizionò per affrontarla. Lei gli fece un sorrisetto inaspettato, “Levati quella parrucca oscena.” Disse bruscamente.
Lui obbedì, sfregandosi la testa rasata con imbarazzo. Narcissa tirò fuori la sua bacchetta con un movimento ampio e toccò la sua testa, “Crescere.”
I malandrini e la folla di Grifondoro che li circondava sussultarono. I capelli di Sirius iniziarono a crescere come acqua nera che sgorgava dal suo capo fino a fermarsi alla loro solita lunghezza.
“Ma che?!” Sirius si afferrò la testa. Narcissa sorrise, mostrando le sue fila di denti bianchissimi.
“Questo è per il tuo aiuto nell’assicurare la vittoria di Serpeverde.” Detto ciò si voltò, le trecce d’argento che sferzavano l’aria alle sue spalle, e si allontanò per raggiungere la sua squadra.
James tirò i capelli di Sirius, appena ripristinati.
"Non capirò mai la tua famiglia di matti, amico."
Chapter 33: Secondo Anno: Scoperte
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Dopo l’epocale partita Grifondoro contro Serpeverde, a Remus sembrava che il tempo stesse accelerando. In parte ciò era dovuto al ritrovato equilibrio nel loro dormitorio, James era ancora una volta un eroe, la vena ribelle di Sirius era tornata a pieno regime, Peter non camminava più in punta di piedi intorno a loro e Remus non aveva pace e tranquillità - anche se non poteva veramente lamentarsene.
Come se volessero recuperare il tempo perso, James e Sirius passarono le ultime settimane invernali con un rinnovato gusto per gli scherzi e i misfatti. Passarono metà del tempo sotto il mantello dell’invisibilità a gettare fatture su studenti ignari nei corridoi, saccheggiare le cucine e provocare turbamenti nella sala da pranzo. Almeno tre o quattro sere alla settimana uscivano di nascosto con la mappa di Remus per tracciare il castello - anche se la maggior parte delle volte finivano per tornare con le braccia cariche di dolci di Mielandia. Spesso Peter cercava di unirsi a loro, ma Remus aveva bisogno di tutto il sonno che poteva ottenere.
Le lune piene di gennaio e febbraio non furono belle. Nessuna delle due fu difficile come la luna di dicembre, che lo aveva lasciato così visibilmente sfregiato, ma non furono affatto piacevoli. Madama Chips lavorava senza sosta alla ricerca di una soluzione - a gennaio aveva provato a fargli svanire le unghie (‘solo temporaneamente, le riavrai domani mattina’), ma ciò non aveva impedito agli artigli di crescere durante la trasformazione. Remus fu in qualche modo sollevato da ciò, dato che aveva anche intenzione di provare a far sparire i suoi denti.
A febbraio aveva provato a legargli le braccia e le gambe con delle manette magiche per impedirgli di farsi male da solo. Era davvero dispiaciuta per quei provvedimenti - soprattutto quando tornò il mattino dopo e vide che si era slogato entrambe le spalle per liberarsi dalle catene. Era troppo stanco perché gli importasse molto.
Partecipando a meno scherzi rispetto all’anno prima, Remus decise di dedicarsi anima e corpo allo studio. Segretamente Remus sperava di approfittare della determinazione di Sirius e James a non concentrarsi sui loro compiti. Voleva tornare a essere il primo in storia della magia e sapeva di avere una buona possibilità - ma non solo; i suoi voti stavano migliorando sempre di più anche in trasfigurazione, erbologia e astrologia ed era possibile che arrivasse almeno a essere tra i primi tre.
Incantesimi e pozioni appartenevano ancora a Lily Evans, ma voleva ridurre il divario tra loro due il più possibile. Pertanto, superò finalmente la sua paura della biblioteca, passandoci quasi ogni ora libera che aveva a completare temi e ripassare. Era migliorato molto nella lettura - era ancora molto lento se non usava l’incantesimo, ma scoprì che grazie all’allenamento costante riconosceva le lettere molto più rapidamente ora.
Anche Lily era spesso in biblioteca e dopo un paio di giorni passati a scambiarsi educati cenni del capo da un lato all’altro del tavolo, Lily raccolse le sue cose e venne a sedersi vicino a lui. Andavano molto d’accordo, leggevano in silenzio o si interrogavano a vicenda su vari argomenti.
Inevitabilmente, Lily fu la seconda persona, dopo Sirius, a scoprire il segreto di Remus.
“Perchè lo fai?” Chiese guardandolo con curiosità.
“Cosa?”
“Ogni volta che apri un libro nuovo, ci posi sopra la mano e ti gratti la testa con la bacchetta.”
“Non è vero.” Remus abbassò la bacchetta con uno sguardo colpevole.
“Sì invece.” Disse Lily, calmamente, un piccolo sorriso sulle labbra. “Hai persino mormorato qualcosa. Era un incantesimo?”
“Um.”
“Oh, dai, dimmelo - ha a che vedere con i libri? É così che capisci tutto più in fretta di me?!”
Remus fu così contento del complimento che per una volta abbassò la guardia.
“Mi prometti che non lo dirai a nessuno?”
“Lo prometto.”
“Mi aiuta a leggere. Io...non so…um…beh, lo trovo più difficile degli altri. Leggere nella maniera normale.”
“Wow! Come funziona?!” I suoi occhi si spalancarono, come facevano sempre quando era emozionata per qualcosa. Remus rimase sorpreso - non sembrava per niente interessata al fatto che non sapesse leggere normalmente.
“Così.” Glielo mostrò. Lei lo copiò, ma sembrò delusa.
“Non ha funzionato.”
“É molto difficile da fare." Spiegò. “Mi ci sono voluti secoli per farlo correttamente.”
“Dove l’hai scoperto? È roba veramente molto avanzata!”
“Non sono stato io - è stato Sirius. Non credo che sia scritto da qualche parte, sembra che abbia messo insieme un paio di incantesimi differenti. Probabilmente è per questo che è ha qualche problema.”
“Davvero?!” Gli occhi di Lily correvano il rischio di caderle fuori dalla testa da quanto erano spalancati. “Sapevo che è più sveglio di quello che dimostra a lezione! Ooh, quell’idiota! Fammelo vedere di nuovo!”
Oltre che a Lily, Remus si trovò spesso in compagnia delle sue amiche, Mary e Marlene. Inizialmente non era convinto da quella disposizione - solitamente cercava di evitare le altre ragazze nel suo anno per puro istinto. Inoltre, generalmente le due M ridacchiavano in fondo alla classe o sbavavano dietro qualche mago famoso nella sala comune. Tuttavia, fu piacevolmente sorpreso da scoprire che le ragazze prendevano lo studio seriamente, tanto quanto lui - infatti il loro interesse per le popstar magiche non era molto diverso dall’ossessione di Sirius e James per la loro squadra preferita di quidditch.
Era particolarmente piacevole parlare con Mary - era una nata babbana del sud di Londra; il suo accento faceva sentire Remus stranamente a casa. Non era presuntuosa e aveva un largo sorriso e una rumorosa risata contagiosa. Marlene era leggermente più timida, ma faceva morire dal ridere ed era in grado di imitare quasi chiunque nella scuola - inclusi gli insegnanti. La sua imitazione della McGranitt era spettacolare; fece piangere Remus dal ridere.
Le tre ragazze erano estremamente gentili con Remus e lui sapeva che in gran parte era perché pensavano che fosse malato. Tuttavia non gli importava, perché stava imparando numerose cose interessanti da loro. Ad esempio, Mary conosceva un incantesimo per coprire le imperfezioni - non fece sparire completamente le sue cicatrici, ma ridusse notevolmente la loro visibilità. Non aveva mai pensato di cercare una soluzione in una rivista di bellezza.
Lo misero a conoscenza di diverse cose da ragazze - Mary aveva una cotta per Sirius e Marlene per James. Remus pensava che fossero entrambe totalmente pazze e si chiese se si sarebbero sentite ancora così se avessero dovuto condividere un bagno con Potter e Black.
In cambio, Remus le aiutò in storia della magia dato che a quanto pare era l’unico studente in tutta la scuola a trovare interessante il professor Rüf. Marlene era eccellente in astronomia e gli mostrò come tracciare le costellazioni usando qualche intelligente strumento mnemonico.
“Sei così gentile, Remus.” Disse Mary, nel suo solito modo schietto, una sera mentre tornavano insieme nella sala comune. “Marlene e Lily avevano paura di te al primo anno.”
“Cosa?!” Remus fece quasi cadere il suo libro dalla sorpresa.
“Mary, non essere così scortese!” Sibilò Marlene.
“Eri abbastanza aggressivo,” spiegò Lily, “e James ha iniziato a dire a tutti che eri davvero brusco e in una gang.”
Remus fece una risata nasale.
Quando entrarono nella sala comune, notò velocemente Sirius, James e Peter raggruppati in un angolo e piegati sopra un libro alquanto grande e spesso. Quando li videro, Marlene e Mary si misero a ridacchiare e corsero al piano di sopra. Lily scambiò uno sguardo consapevole con Remus prima di seguirle.
Quando il loro amico si avvicinò, i malandrini alzarono lo sguardo e Remus coprì molto palesemente il libro che stavano leggendo con dei fogli di pergamena.
“Tutto bene ragazzi?” Disse Remus allungando il collo. “Cosa state facendo?”
“Niente!” Disse James briosamente. “Tu dove sei stato?”
“In biblioteca,” disse Sirius prima che Remus potesse anche solo aprire la bocca, “con il suo fan club.”
Remus fece un sorrisetto.
“Fottiti Black, so che sei geloso.” Aveva scelto di non dire ai suoi amici che Marlene e Mary avevano una cotta per loro. Il loro ego non avrebbe retto. Ad ogni modo, non voleva cambiare argomento. “Sul serio, cosa state nascondendo?”
I tre si scambiarono uno sguardo colpevole e Remus sentì una fitta di dolore. Stavano tramando qualcosa senza di lui - avrebbe dovuto saperlo. Supponeva che fosse giusto - si era rifiutato di partecipare a qualsiasi scherzo per così tanto tempo che ora non volevano affatto includerlo.
“Il tuo compleanno!” Sbottò Peter all’improvviso. “Si sta avvicinando.”
“Sì.” Remus si grattò il capo, confuso. “È settimana prossima.”
“Stiamo organizzando una sorpresa!” Disse Peter sorridendo a trentadue denti, chiaramente molto compiaciuto. Remus notò lo sguardo irritato di James e capì subito che Peter stava mentendo. Va bene. Se non volevano dirglielo.
“Oh, giusto.” Deglutì, sforzandosi di sorridere. “Beh, spero che non abbiate intenzione di imbarazzarmi come l’anno scorso.”
“Oh no, mai!” Sirius sorrise e si alzò in piedi, stringendosi il libro al petto, il titolo ancora nascosto. “Siamo il genere di amici che ti vorrebbero imbarazzare, Lupin?”
“Sì, lo siete.” Remus annuì lentamente, stringendo gli occhi. “Niente canzoni. Niente grandi feste. Nulla che possa-”
“Metterti nei guai, lo sappiamo.” Concluse James, alzandosi a sua volta. “Ehi, perché non invitiamo le tue nuove amiche, eh? Ci fa bene mescolarci con il gentil sesso, non credi?”
“Giusto.” Sirius si spostò i capelli. “Più che altro vuoi la possibilità di beccare la Evans da sola.”
“Come osi.” Rispose James, le guance lievemente più rosa del solito.
* * *
“Quindi se non sei in una gang,” rifletté Mary qualche giorno dopo. Stavano controllando i loro temi per erbologia e Mary era la più veloce a leggere, pertanto aveva già finito. “dove ti sei procurato tutto quei tagli e quei lividi?”
“Coniglio domestico.” Rispose Remus continuando a leggere il tema di Marlene. “Carattere feroce.”
Lily gli sorrise.
“Oh, davvero? Pensavo che vivessi in una casa per bambini?”
“Infatti.” Disse calmamente. “Ci sono permessi animali domestici.” In parte era vero - avevano avuto un pesce rosso, per un po’, finché il suo acquario era stato rovesciato da uno dei ragazzi più grandi in preda alla rabbia.
“Oh, una casa per bambini?” Mary alzò lo sguardo. “Anche tu sei nato babbano?”
“No.” Disse Marlene con prontezza. “Lupin è un cognome da mago - tuo padre?” Lo guardò per avere conferma. Lui annuì, turbato.
“Sì, come fai a saperlo?”
“Ho visto il nome su un trofeo.”
“Un…trofeo?”
“Sì. Non mi ricordo per cosa, penso che fosse fuori dalla sala comune dei Corvonero.”
“Oh, okay.” Non aveva mai guardato nessuno dei trofei fatta eccezione per la coppa di quidditch, a cui James si fermava a rendere omaggio almeno una volta a settimana. All’improvviso fu pervaso da un irrefrenabile desiderio di correre fino al corridoio dei Corvonero e fece cadere il tema che stava leggendo.
Lily lo stava guardando.
“Vai, Remus.” Disse dolcemente, prendendo la pergamena davanti a lui. Anche le altre due ragazze lo stavano guardando con un po’ di pietà. Annuì. Praticamente balzò in piedi.
Non era sicuro di cosa si aspettasse. Per qualche istante riuscì a malapena a leggere; era senza fiato per aver salito di corsa tre rampe di scale. La teca era di mogano e vetro, regolarmente lucidata da Gazza - o dagli elfi domestici, suppose. Era piena zeppa di trofei e premi per un centinaio di risultati differenti. Campione di scacchi dei maghi, Vincitore del Torneo Tremaghi, Finalista miglior bolla di Gomme Bolle Bollenti.
Ed eccola lì. Un’enorme statuetta d’oro raffigurante un mago con la bacchetta alzata in una sciocca posizione, come se stesse servendo una pallina da tennis. Lyall Lupin, Campione di duelli di Hogwarts, 1946.
La fissò a lungo, leggendo e rileggendo. Cercò di pensare razionalmente. Confermava solo cose che già sapeva. Suo padre era in Corvonero - la McGranitt gliel’aveva detto al primo anno. Era bravo nei duelli - estremamente bravo, a quanto pare. Sia Lumacorno che il vecchio e ubriaco Darius gliel’avevano detto. Pertanto la sola cosa che confermava era il fatto che suo padre fosse andato a Hogwarts - che fosse appartenuto a Hogwarts. Probabilmente aveva toccato quel trofeo. Remus premette le dita contro il vetro come se potesse infrangerlo e afferrarlo.
Chapter 34: Secondo Anno: Tredici
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Sabato 10 marzo 1973
I malandrini non avrebbero potuto essere più felici di scoprire che quell’anno il compleanno di Remus era di sabato. Ciò, secondo loro apriva la giornata a ogni tipo di divertimento che semplicemente non sarebbe stato possibile durante la settimana.
Man mano che il giorno si avvicinava, Remus cercò di ignorare le loro prese in giro e le pesanti allusioni a ciò che lo aspettava. Non gli importava quello che facevano, si fidava abbastanza di loro - si poteva contare sul fatto che si rendessero ridicoli, ma finora non lo avevano mai reso il bersaglio di uno scherzo. Da una settimana James riceveva strani pacchi bitorzoluti avvolti in carta marrone e l'unica speranza di Remus era che non fossero regali per lui - non sarebbe mai stato in grado di ricambiare il favore.
Remus pensò molto al fatto di essere un tredicenne - in particolar modo al fatto di essere un mago tredicenne con un piccolo problema peloso. La scoperta della teca di trofei dei Corvonero aveva fatto delle cose molto strane al dialogo interiore di Remus. Aveva sempre pensato di avere un’idea abbastanza chiara di chi fosse - un ragazzino proveniente da una casa famiglia, povero, un po’ allampanato, arrabbiato, cattivo, sfregiato, stupido quando si trattava di scuola, ma sveglio quando contava. Andare ad Hogwarts aveva determinato alcuni cambiamenti, ovviamente - magari non era così stupido, anche se non era molto sicuro del resto.
Suo padre era davvero intelligente. Dopotutto era in Corvonero. Il cappello parlante aveva preso in considerazione l’idea di smistare anche Remus in Corvonero, ma aveva cambiato idea. Al tempo non aveva significato molto per lui, ma ora aveva la mente piena di domande E se fosse stato smistato in Corvonero? Saprebbe di più su suo padre? Su chi era?
E se suo padre non si fosse suicidato? E se non fosse mai stato morso? ‘E se’ era un gioco pericoloso.
Mentre si addormentava la notte prima del suo compleanno, Remus scivolò in un sogno che non faceva da molto tempo.
È sdraiato in un letto in una piccola stanza azzurra. È estate e la finestra a saliscendi è spalancata, le tende mosse dal vento. La finestra è enorme - abbastanza grande da permettere a un uomo adulto di entrare. Remus è molto piccolo e molto spaventato.
C’è qualcuno nella stanza con lui e gli farà del male. È un mostro - sua madre gli aveva promesso che non erano veri, ma oh! Oh, era una bugiarda, una terribile bugiarda perchè c’è un mostro e ora sta attraversando la stanza; sta andando verso di lui e lo mangerà!
“Chi ha paura del grande lupo cattivo?”
Chiude gli occhi e si infila sotto le coperte, tremando e singhiozzando.
Poi…poi non c’è nulla - nulla di solido, nulla di reale. Sta soffrendo, c’è così tanto sangue e così tante lacrime e così tanto rumore. Vuole solo dormire. Un altro uomo incombe su di lui, alto, snello e preoccupato.
“Papà.”
“LUMOS MAXIMA!”
Remus si svegliò di soprassalto, quasi gridando. La stanza del dormitorio si era riempita di una luce intensa e innaturale, che squarciava le tende del suo letto, facendogli strizzare gli occhi. Fece appena in tempo ad asciugarsi le lacrime dalle guance prima che Sirius e James strappassero via le pesanti tende, cantando.
“Buon compleanno, Lupin!”
“È ancora buio fuori, coglioni.” Strizzò gli occhi, strofinandoli, e si mise a sedere. Cercò di far sì che il suo cuore smettesse di battere così velocemente.
“È esattamente un minuto dopo mezzanotte” disse Sirius, “ e quindi è ufficialmente il tuo tredicesimo compleanno.”
“Dov’è Pete?” Remus scese dal letto, addentrandosi nella stanza. L’avevano decorata alla rinfusa con i festoni che solitamente adornavano il campo da quidditch durante le partite e con una fila di lucine rimaste da Natale.
“In missione.” Disse James, gli occhi che gli luccicavano. “Forza, vestiti.”
“Dove andiamo?”
“Da nessuna parte,” rispose Sirius con nonchalance, “ma vorrai essere vestito in modo consono quando arriveranno le tue ospiti.”
“Le mie ospiti?!”
“Certamente.” Sirius sorrise. “Abbiamo provato a fare una cosa solo tra i malandrini, ma, vedi, così tante persone volevano festeggiare con te.”
Remus non riusciva a capire se Sirius fosse sarcastico o meno, quindi decise di non rispondere, infilandosi un paio di jeans e una maglietta a maniche lunghe che sembrava abbastanza pulita. Una volta vestito, ci fu un duro colpo alla porta.
“Entrate!” Tuonò James allegramente. Sirius vide Remus trasalire e spiegò.
“Va tutto bene, abbiamo gettato un incantesimo di insonorizzazione sulla stanza.”
Remus fece una smorfia.
“Quindi…chiunque sia dall’altro lato della porta non può sentirci?”
James si sbattè una mano sulla fronte.
“Siamo dei totali idioti.” Si lamentò con Sirius, aprendo la porta.
Peter era lì fuori, molto compiaciuto e molto rosa, circondato da Lily, Marlene e Mary. Remus rimase a bocca aperta guardandoli entrare nella stanza, tutti sorridenti e chiaramente elettrizzati per averlo sorpreso. Stavano tutti stringendo dei bigliettini e dei piccoli pacchi.
“Non pensavo che alle ragazze fosse permesso entrare qui?”
“L’adorabile Mary l’ha testato per noi settimana scorsa - sembra che non succeda nulla di brutto.” Spiegò James.
“Un giorno leggerete Storia di Hogwarts e finalmente potrò riposare.” Sospirò Sirius, scuotendo il capo drammaticamente.
James iniziò a tirare fuori dei pacchetti da sotto il suo letto, aprendoli con entusiasmo. Sembrava che avessero nuovamente saccheggiato Mielandia - montagne di dolciumi erano state dissotterrate. Gelatine tuttigusti+1, cioccorane, api frizzole, gomme bolle bollenti, frizlemon, calderotti - per non parlare del bottino che Peter aveva portato su dalle cucine; panini al prosciutto, uova con maionese, pollo dell'incoronazione, formaggio e sottaceti, pacchetti di patatine al gusto preferito di Remus - sale e aceto - uova alla scozzese, panini con salsiccia, pasticci di maiale, bastoncini di formaggio e ananas, oltre a un po' di banale frutta.
Nel frattempo Sirius stava stendendo coperte sulle assi del pavimento e sparpagliando un paio di soffici cuscini di velluto.
“Lupin,” disse con un largo sorriso “benvenuto al tuo festino di mezzanotte!”
“Buon compleanno, Remus!” Gridarono le ragazze in coro.
Si sedettero tutti e Sirius posizionò un vinile sul suo giradischi - alla fine aveva aperto i regali di Andromeda - come aveva chiesto, aveva ricevuto due album di Bowie: Hunky Dory e The Man Who Sold the World.
“Siediti accanto a me, Sirius.” Disse Mary, velocemente, ottenendo uno sguardo di rimprovero da Marlene. Sirius alzò le spalle e obbedì, ma si piegò in avanti per passare a Remus un pacchetto.
“Aprì questo per primo!”
Era lungo e cilindrico, molto leggero e incartato male.
“Non dovevi.” Bofonchiò Remus, disfando le estremità.
“Un poster?” Lily aggrottò le sopracciglia, guardando Remus srotolare la spessa carta lucida. Era un'enorme stampa in A2 di David Bowie in bianco e nero, che indossava un costume argentato e dava un calcio in alto un po' a scatti.
“Ho fatto in modo che Andromeda me lo mandasse per Natale,” Sirius sorrise, non riuscendo a contenersi, “ma l’ho incantato io perché si muovesse!”
“Wow!” Remus ricambiò il sorriso in modo sincero. "Grazie! È fantastico.”
Le ragazze gli avevano preso pacchetti di dolci e torte - e Lily gli diede un libro di pozioni. La guardò scetticamente e lei sorrise.
“Non puoi continuare a dare a Severus un motivo per trattarti da inferiore.”
“Per favore, non menzionare il nome di Mocciosus in questa occasione sacra.” Disse James con finto orrore. Lily alzò gli occhi al cielo e tornò a mangiare la sua crostatina, ignorandolo cospicuamente. James sembrò a malapena accorgersene, si limitò a schiarirsi la gola e guardò Remus, i suoi occhi scuri pieni di scelleratezza. “Il mio regalo arriverà dopo…una volta che ci saremo riempiti fino a scoppiare.”
“Oh Merlino, Potter.” Ridacchiò Marlene. “Cos’hai pianificato?”
Non volle dirlo.
Remus dovette ammettere che si stava divertendo - aveva sperato che James e Sirius avrebbero rispettato la sua volontà mantenendo i festeggiamenti solo tra i malandrini, ma invitare le ragazze non era stato poi così male. Le conosceva tutte molto bene ora e gli piaceva passare tempo con loro. Mary era in grado di dare del filo da torcere a Sirius in quanto a sfacciataggine e, come Remus aveva previsto, le imitazioni di Marlene degli insegnanti avevano mandato in visibilio i malandrini... Peter dovette persino andare a cambiarsi la camicia dopo aver sputato del succo di zucca.
“Inizio a capire perché ultimamente Remus ci abbandona per stare con voi.” Disse James verso l’una e mezza, asciugandosi le lacrime dovute al troppo ridere.
“Sì, non siete male, per essere ragazze.” Sirius fece l’occhiolino a Mary che lo derise spintonandolo scherzosamente.
“Sì, non ha nulla a che vedere con il mio voler finire i compiti.” Rispose Remus sarcasticamente, domandandosi se fosse stato in grado di mangiare un’altra cioccorana.
“Oh, come sono cambiati i tempi.” Disse Sirius altezzosamente.
“Vedremo chi riderà quando Remus vi batterà in tutti gli esami.” Scherzò Lily.
“Puah!” James si alzò, stiracchiandosi accuratamente come se stesse per compiere una grande impresa. “Esami! Noi malandrini abbiamo maggiori preoccupazioni. Mio caro Black, mio caro Minus,” fece un ampio gesto verso la finestra del dormitorio, “cosa dite?”
“Perbacco!” Sirius si alzò bruscamente. “È già ora?!”
James chiuse gli occhi in modo solenne e annuì.
“A dirla tutta, sì.”
“Dunque occorre affrettarsi!” Urlò Peter alzandosi a sua volta.
Le ragazze si scambiarono delle occhiate nervose, poi guardarono Remus che potè solamente alzare le spalle per dimostrare che non ne aveva idea. Sirius, Peter e James andarono alla finestra, spalancandola. Stavano tremando dall’entusiasmo, dalla carenza di sonno e da un eccesso di zucchero e continuavano a ridacchiare come dei monelli.
“Forza!” Peter chiamò frettolosamente gli altri. “Questo volete vederlo!”
James aveva tirato fuori un insieme di oggetti rosso accesso che sembravano un misto tra razzi e candelotti di dinamite. Le sue braccia e quelle di Sirius ne erano piene.
“Quelli non saranno…” Marlene arricciò il naso, “dei Filibuster?!”
James fece un sorriso da maniaco.
“Oh no!” Disse Lily. “Non dovremmo! Sveglierete l’intero castello!”
“Vattene se non ti piace, Evans.” Sbottò Sirius passando un paio di razzi a Peter. “Hai promesso che non avresti rovinato nulla.”
“Remus,” Lily si girò verso di lui, “diglielo, ti ascolteranno!”
“No, non lo faranno.” Rispose Remus. “Ad ogni modo, voglio vedere! Non ho mai visto i fuochi d’artificio magici.”
“Ti piaceranno tantissimo!” Sirius gli fece l’occhiolino.
“Quanti ve ne servono?!” Mary li fissò, sembrando colpita.
“Tredici, naturalmente.”
“Finirete tutti in così tanti guai…”
“Oh, piantala di fare la santarellina, Lil!” Marlene circondò la rossa con un braccio.
“Faremo in modo che nessuna di voi ragazze finisca nei casini.” Disse James, sinceramente, gli occhiali che gli scivolavano lungo il naso mentre cercava di gestire il suo carico. “Non preoccupatevi.”
“Non sono preoccupata.” Lily incrociò le braccia in gesto di sfida. “Penso solo che siate tutti-”
“Ooops!”
*BANG*
“Peter!”
Si sporsero tutti dalla finestra per vedere il razzo che Peter aveva fatto cadere ruzzolare verso il suolo in un fiume di scintille verdi e oro.
“Scusate…” Peter sembrava imbarazzato. Sirius rise.
“No, buon lavoro - ora che abbiamo iniziato possiamo tranquillamente continuare, eh?” Iniziò a lanciare i suoi fuochi d'artificio fuori dalla finestra nell’aria notturna. James e Peter fecero velocemente altrettanto e nel giro di poco persino Lily si dimenticò di essere infastidita e tutti fissarono incantati il grandioso spettacolo di luci nel cielo stellato.
I fuochi d’artificio durarono molto di più di quelli babbani, alcuni scoppiarono dieci o dodici volte prima di spegnersi. Cambiarono colore, dal rosso al verde al viola all’arancione, attorcigliandosi in varie forme per poi scrivere “BUON TREDICESIMO COMPLEANNO REMU”.
Sirius sospirò, irritato.
“Sapevo che erano troppe lettere.”
Oltre all'abbagliante spettacolo di luci, i fuochi d'artificio erano soddisfacentemente rumorosi, tanto che Remus riuscì a sentire gli altri Grifondoro della torre che aprivano le finestre per vedere se il castello era sotto attacco. Era sicuro di aver sentito borbottare chiunque si trovasse nella stanza sopra la loro.
"Ancora quei maledetti malandrini."
Inevitabilmente, qualcuno cominciò a bussare alla loro porta e dall'altra parte si sentì la voce stridula della McGranitt.
"Potter! Black! Non credete che non sappia che ci siete voi dietro tutto questo, aprite questa porta!"
"Oh merda!" James fece una smorfia. "Fareste meglio a nascondervi sotto i letti, ragazze…”
Dopo averli rimproverati a fondo, aver promesso loro due mesi di punizione e lettere a casa a tutti i loro genitori, la McGranitt (che era uno spettacolo nella sua camicia da notte in tartan rosso) se ne andò e Marlene, Lily e Mary tornarono a malincuore nel loro dormitorio. Erano ormai le due del mattino e i ragazzi decisero che era finalmente ora di andare a letto.
"Buon compleanno, Remus." Esclamò Peter, seguito da un forte sbadiglio.
Remus sorrise tra sé e sé nel buio, le guance quasi doloranti.
"Sì," rispose Sirius sbadigliando, "buon compleanno, Remu."
Chapter 35: Secondo Anno: Cos’è un nome?
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
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Lunedì 19 marzo 1973
“Ho delle buone notizie.” Madama Chips sorrise calorosamente. “Non volevo parlartene in caso non avessimo fatto in tempo a sistemare tutto - ma mi vedrai quest’estate.”
Per un momento, Remus osò sperare che ciò volesse dire che non sarebbe tornato al St. Edmund, ma l’infermiera continuò, “La signora Orwell, la direttrice della tua casa per bambini, mi ha gentilmente permesso di materializzarmi nell’istituto all’alba dopo entrambe le lune piene di quest’estate.” Fece un largo sorriso.
Ah beh. Era meglio di niente. Sorrise debolmente.
“Fantastico!” Gracchiò. Le sue braccia e le sue gambe erano pesanti come il piombo, riuscì a malapena a sollevare la testa per bere la pozione che gli stava offrendo.
Erano circa le quattro del pomeriggio e Remus aveva saltato le lezioni - aveva dormito quasi tutto il giorno. Il sonno era ancora l’unico rimedio che sembrava funzionare veramente.
“Ho detto a Silente che l’avrei fatto con o senza il suo permesso - non mi sarei più potuta guardare allo specchio se a settembre fossi tornato nelle condizioni in cui sei arrivato l’anno scorso.”
“Potrei passare l’estate a casa di un mago, sarebbe ancora più sicuro.” Tentò Remus. “Il mio amico James-”
“Mi dispiace caro.” Madama Chips scosse la testa. “Non è abbastanza sicuro. I Potter ci hanno contattati, ma dobbiamo salvaguardare il tuo anonimato il più a lungo possibile - so che non è molto divertente per te, ma è meglio che tu stia con dei babbani.”
Remus chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. Sarebbero stati solo due mesi e mancava ancora molto all’estate. Sii positivo, sii positivo.
Un improvviso clangore alla fine del reparto distolse bruscamente Remus dalla sua cantilena meditativa. Madama Chips fece una smorfia e si voltò a guardare oltre la tenda del letto di Remus.
“Signor Minus!” Urlò. “Cosa stai facendo?!”
“S-s-scusi Madama Chips - stavamo solo…”
“Raccogli subito quelle padelle e rimettile nell’armadio! E puoi levarti quel sorrisetto dalla faccia, signor Black, dagli una mano.”
“Ehi, Remu.” James fece capolino dalla tenda. “Mi dispiace per il rumore.”
Remus sorrise, cercando di mettersi a sedere.
“Non preoccuparti.”
“Stenditi!” Lo rimproverò Madama Chips. “Ti sei rotto tre ossa, sciocco ragazzo.”
“Mi sento molto meglio!”
*CRASH*
“SIGNOR MINUS, COSA HO APPENA DETTO?!” Madama Chips scomparve, alquanto alterata.
James si stravaccò sulla sedia di fianco al letto di Remus.
“Pronto ad andartene?” Chiese con nonchalance. Remus poteva sempre contare sul fatto che James non lo trattasse come un invalido.
“Se me lo permette.” Remus indicò con un cenno del campo la tenda dietro cui era scomparsa Madama Chips. “Com’è andata la partita?”
“È stata un successo.” James annuì entusiasticamente, facendo cadere il boccino sul grembo di Remus. Si passò le mani tra i capelli come per recuperare quella sensazione di aver appena toccato terra. “Ho fatto piangere uno dei battitori di Corvonero.”
“Che carino.”
“Com’è andata…ecco, la tua notte?”
“Bene.” Rispose Remus seccamente, storcendo le labbra. Non parlavano spesso della luna piena - e Remus ne era molto contento. Non gli piaceva l’idea che sapessero troppo al riguardo. il dolore è una cosa personale.
“Ha detto tre ossa rotte?”
“Sì. Però sono già a posto, è fantastica, le basta un incantesimo. I babbani devono mettersi un gesso per diverse settimane.”
“Strano!”
“REMU!” Sirius aprì la tenda. “Sei VIVO!” Cadette drammaticamente ai piedi del letto. “Ero convinto che la vecchia megera stesse cercando di coprire qualcosa, non voleva che ci avvicinassimo.”
“Non chiamarla così,” disse Remus, irritato, “e non chiamare me così!”
“Ma volevi un soprannome.” Disse Sirius, sembrando offeso, mentre si rimetteva in piedi. Peter apparve, era imbronciato, con le mani in tasca.
“Non è vero.” Remus fece una smorfia. “Quando mai ho detto-”
“L’anno scorso.” Disse Sirius velocemente. “Quasi esattamente un anno fa, hai detto che non ti sarebbe dispiaciuto essere chiamato in qualsiasi modo, purché non fosse Lunatico Lupin.”
“Dio, hai la memoria di un elefante.” Remus alzò gli occhi al cielo. “Ad ogni modo,” abbassò la voce in caso Madama Chips fosse appostata nelle vicinanze, “l’idea di avere un soprannome è nata perché nessuno scoprisse chi ha scritto la mappa. Non credo che ‘Remu’ ingannerebbe qualcuno.”
“Ha ragione, sai.” Disse James, saggiamente. “Per quanto sia stato divertente.”
“Giusto.” Sirius sospirò. “Ma possiamo chiamarti Remu finché non pensiamo a qualcosa di meglio?”
“No.”
“Noioso.” Sirius si guardò intorno per trovare altro da dire, evitando palesemente di guardare le bende di Remus. “Allora, ce ne andiamo o devo accontentarmi di una partita stimolante di sparaschiocco?”
“Non andrà da nessuna parte.” Intervenne Madama Chips. “Terrò il signor Lupin in osservazione per la notte.”
“No!” Protestò Remus. “Mi sento molto meglio!” Lo diceva sempre - solitamente non era vero, ma sapeva che prima o poi avrebbe iniziato a sentirsi meglio e non importava molto che si trovasse o meno in infermeria.
“Non voglio essere cattiva volutamente, Remus.” Sospirò l’infermiera. “È per la tua salute.”
“Andrò dritto a letto!”
“Ci prenderemo cura di lui!” Disse James, con entusiasmo, alzandosi in piedi. Remus aspettò per vedere se avrebbe funzionato, James era bravo con gli adulti, specialmente le streghe. Un paio di volte era persino riuscito ad addolcir la McGranitt (anche se forse aveva più a che vedere con la sua abilità nel quidditch).
Madama Chips era irremovibile.
“Mi dispiace, signor Potter, ma no.”
“Va bene.” Disse Peter, in modo insolitamente risoluto. “Allora rimarremo qui.”
“Esatto.” Dissero in coro Sirius e James.
“Salterete la cena!” Disse Remus.
“Sono sicura che per questa volta riusciremo ad organizzare qualcosa.” Disse Madama Chips, cercando di non sorridere. “Va bene, ragazzi - ma mantenete un tono di voce basso. E andate avanti con i vostri compiti, non vi lascerò usare il signor Lupin come scusa per non aver consegnato qualcosa.”
Con un gesto della sua bacchetta, altre tre sedie comparvero dal nulla insieme a una lunga scrivania di legno di pino provvista di calamai per le loro penne. Remus aprì la bocca per parlare, ma a quanto pare Madama Chips sapeva leggere nella mente - “E no, Remus, niente compiti per te. Riposati.”
Remus chiuse la bocca e si sdraiò di nuovo. Come avrebbe fatto a rimanere al passo con Sirius e James se la donna non lo lasciava studiare?
“Posso leggere il mio libro?” Chiese docilmente.
“Purché non ti affatichi la vista.”
Se ne andò e i tre altri ragazzi tirarono fuori i loro compiti come concordato e iniziarono a scrivere. Remus allungò il collo per provare a vedere a cosa stessero lavorando - era in regola coi suoi, ma aveva fatto qualche lettura extra per provare a battere Lily Evans nell’esame di Incantesimi.
“Ah ah ah.” James coprì i compiti con la sua manica. “”Non guardare, Remu, riposa e basta.”
“Ugh, chiamami Lunatico!” Gemette Remus. “Tutto tranne Remu!”
“Ma ti si addice!” Disse Sirius da sopra la sua penna. “Reeeeemuuuuuu.”
“Piantala o ti mordo.”
“Reeeeemuuuu.”
“Reeeemuuu!” Si aggiunse Peter, i tre ragazzi che ridacchiavano istericamente cercando di non farsi sentire.
“Odio il mio nome.” Remus si coprì il volto con il libro che stava leggendo. Non era giusto - James Potter era ordinario in modo confortante; Peter Minus era perfettamente dignitoso e Sirius Maledetto Black era il nome più mitico di sempre, in tutti i sensi. “Potete pure chiamarmi come volete, non so cosa possa esserci di peggio.”
“Lunatico Remu?” Propose James utilmente. “Ti sei proprio svegliato con la luna storta, eh?”
Sirius ora riusciva a malapena a respirare tra le risate.
“LUNA STORTA!” Fece una risata nasale, collassando sulla scrivania, le spalle che gli tremavano.
“In realtà Lunastorta è davvero bello.” Disse improvvisamente Peter, alquanto seriamente.
“Come?”
“Lunastorta. Come soprannome.”
Remus lo fissò, non essendo abituato a prestare molta attenzione alle parole di Peter. Ci pensò su, ripetendo il nome nella sua testa. Assomigliava a Lunatico, ma non era neanche lontanamente così orribile.
"Non lo odio." Disse, infine.
"Lo adoro." Disse James. "Lunastorta. Ti si addice."
"La gente non... insomma, non se ne accorgerà?" Si preoccupò, mordendosi il labbro.
"No," disse Sirius agitando una mano, “diremo che è per via del tuo carattere irascibile.”
“Non ho un carattere irrascibile.”
“Ti piace colpire le cose.” Sirius alzò le spalle.
“Grazie.”
“Nessun problema, Lunastorta.”
* * *
Qualche ora dopo, dopo che Madama Chips aveva portato loro la cena, James era andato agli allenamenti di quidditch e Peter a scontare una punizione. Sirius si era arreso ormai da tempo con i suoi compiti e ora stava provando a perfezionare un incantesimo per trasformare il suo braccio in un tentacolo.
Remus era determinato a ignorare quel comportamento - sapeva che Sirius stava pronunciando l’incantesimo in un modo completamente sbagliato, con l’enfasi nel punto scorretto - ma non gliel’avrebbe detto dato che non era sicuro del perché Sirius volesse così tanto un braccio-tentacolo e non poteva essere per un buon motivo.
Alla fine, annoiato, Sirius si appoggiò allo schienale della sedia, i piedi sul letto di Remus.
“Ad ogni modo, cosa stai leggendo?”
“L’epopea di Gilgamesh.” Lo informò Remus, voltando pagina. L’aveva quasi finito e il suo incantesimo di lettura si stava affievolendo - se solo Sirius l’avesse lasciato in pace per altri cinque minuti…
“Di cosa parla?”
“É tuo!” Disse, sorpreso. “L’ho preso dal tuo scaffale!”
“Oh, uno di quelli babbani? A essere sinceri, non ne ho letti molti. erano di mio zio Alphard.”
“Okay.”
“Quindi?”
“Quindi cosa, Black?!”
“Di cosa parla?”
“Un uomo di nome Gilgamesh.”
“Okay, devi ammettere che è un nome peggiore di Remus Lupin.”
Remus ridacchiò.
“Sì, va bene. Potrebbe anche essere peggio.”
“Allora, parlami di questo Goulash.”
“Gilgamesh. Era un re. Molto tempo fa.”
“Vedi, ora sono interessato, è così che iniziano tutte le storie belle.” Sirius si prese il capo tra le mani, fissando Remus come se fosse un professore che insegnava la materia preferita di Sirius.
“No, stai solo rimandando il tuo tema di astrologia.”
“Pfft, copierò quello di James.” Sirius agitò una mano con noncuranza. “Dimmi di più, oh custode del sapere. Ho letto per te numerose volte.”
Remus sospirò, mettendo giù il libro. Non si poteva scampare a Sirius quando era di tale umore.
“Gilgamesh era un re.”
“Sì, molto tempo fa, l’abbiamo già stabilito.”
“Allora, o ascolti o vai al diavolo.”
“Okay, okay!” Sirius alzò le mani in segno di resa. “Continua.”
“Allora, era un re, ma non uno bravo. Non era del tutto umano - era per due terzi dio, quindi era più forte di chiunque altro e i suoi sudditi lo temevano. Era pericoloso. Quindi il suo popolo pregò - um… è quando chiedi aiuto agli dei - e gli dei mandarono un altro uomo perché controllasse Gilgamesh.”
“Era ancora più forte?”
“No, ma era in parte animale.”
“Quindi quest’uomo-bestia uccide Gilgamesh?”
“No. Lottano estremamente a lungo, ma alla fine Gilgamesh vince comunque. Però non uccide Enkidu - lo…lo riconosce come un suo pari. E diventano amici - migliori amici. Passano tutte queste avventure insieme, combattendo mostri e robe del genere. È forte.”
“Voglio sapere di più su questo uomo-bestia.”
“Enkidu. Era il padrone degli animali ed era felice di vivere allo stato brado, ma poi dopo essere stato mandato a controllare Gilgamesh non può più tornare nella natura. Quindi non appartiene mai veramente.”
“Ma ha ancora il suo amico, giusto?”
“Sì, ma…beh non voglio anticiparti il finale.”
“Non preoccuparti, leggo raramente roba babbana.”
“Non sai cosa ti perdi!” esclamò Remus. “Beh, okay allora. Enkidu muore.”
“Cosa?!”
“Sì, è un po’ triste, era pure il mio personaggio preferito.”
“Ma perché?”
“Per mettere Gilgamesh a confronto con la morte, credo. Prima di Enkidu era troppo arrogante per credere che qualcosa potesse ferirlo. Ma dopo averlo perso, si rende conto di non essere il padrone di tutto. Nessuno può controllare la morte.”
“È un pensiero davvero deprimente, Lunastorta.”
Remus alzò le spalle. A lui era sembrato abbastanza semplice.
Notes:
Naturalmente, visto che il soprannome “Moony” è stato tradotto con “Lunastorta” ho dovuto cambiare un po’ la scena rispetto all’originale.
L’autrice consiglia a tutti di leggere l’epopea di Gilgamesh!
Chapter 36: Secondo Anno: Amore & matrimonio
Notes:
CW per un insulto omofobico/tono omofobico verso la fine del capitolo.
Chapter Text
Venerdì 20 aprile 1973
Still don’t know what I was waiting for
And my time was running wild
A million dead end streets - and
Every time I thought I’d got it made
It seemed the taste was not so sweet
So I turned myself to face me
But I’ve never caught a glimpse
Of how the others must see the faker
I’m much too fast to take that test.
Remus adorava Hunky Dory più di qualsiasi altra cosa. Prima era brillante e felice - poi cupo e introspettivo. Era come se David Bowie avesse una comprensione sovrumana della sua anima. Anche se Remus non capiva sempre del tutto i testi, era come se in qualche modo avessero senso comunque.
Canticchiò la melodia di Changes a bassa voce mentre faceva avanti e indietro tra i bui scaffali della libreria, la sua bacchetta accesa per vedere meglio. Doveva davvero rimettersi al passo con pozioni - ma Lily si era offerta di aiutarlo durante il fine settimana e aveva già ripassato trasfigurazione tutto il giorno. Gli ci era voluto così tanto per trasformare un vecchio cappello a cilindro in un coniglio e viceversa.
Finalmente Remus trovò quello che stava cercando - La Guida dei Maghi Britannici alle Leggi Nuziali 1700-1950. Sperava che fosse abbastanza recente. Era enorme ed era dovuto salire su una scaletta per raggiungerlo. Allungandosi, Remus aveva quasi afferrato il vecchio e polveroso libro di pelle e lo stava per tirare verso di sé, quando un’altra mano sì allungò ad afferrare il suo polso.
Strillando, Remus ritrasse di scatto la mano e quasi cadde dalla scaletta, trovandosi faccia a faccia con Narcissa Black.
“Ugh, sei tu.” Disse con sdegno. Era una testa più alta di lui, quindi si trovavano alla stessa altezza, a patto che lui mantenesse l’equilibrio. Lei non lasciò andare la sua mano. “Dammelo.”
“No, sono arrivato prima io.” Rispose, provando di nuovo ad allontanarsi. Aveva una stretta d’acciaio.
“Vattene, ragazzino. Per quale motivo dovresti volerlo?” Lo spinse con forza e lui cadde all’indietro, cadendo dolorosamente di schiena.
Narcissa lo guardò dall’alto, sorridendo in modo vittorioso e stringendo il pesante tomo. Lui la guardò storto.
“E tu perché lo vuoi?”
“Non sono affari tuoi.” Sbottò lei, scostandosi i capelli chiari da davanti agli occhi in una maniera che somigliava in modo inquietante a Sirius. Si voltò e cominciò ad allontanarsi tra i tetri scaffali. Remus si mise frettolosamente in piedi.
“Aspetta.” Disse, cercando di mantenere un tono basso in modo che Madama Pince non lo sbattesse fuori di nuovo. “Ehi, Narcissa, aspetta!” Tirò le sue vesti.
Lei si girò, uno sguardo furioso negli occhi e la bacchetta alzata. Istintivamente, Remus afferrò la sua bacchetta. Rimasero fermi come statue per qualche istante. Sapeva che aveva maledetto James e Sirius in numerose occasioni e che l’intera famiglia Black conosceva ogni tipo di magia oscura. Ma allo stesso tempo, Remus non aveva mai maledetto una ragazza prima di quel momento e gli sembrava sbagliato.
“Volevo solo sapere,” disse, scegliendo cautamente le sue parole, “se avesse a che vedere con te e Sirius…la storia del fidanzamento.”
Lei abbassò la bacchetta, lentamente, scrutandolo con un sospetto interesse.
“Quindi ve ne ha parlato, eh?” Inarcò un sopracciglio - che era ancora dello stesso nero pece dei suoi capelli naturali. “Sì, ragazzino, è precisamente per questo che mi serve. Non penserai che io voglia essere sposata con quel piccolo, piagnucoloso traditore del suo sangue, vero?”
Remus alzò le spalle. A dire la verità, non aveva mai pensato a cosa ne pensasse Narcissa. Si era concentrato così tanto sull’aiutare Sirius che non aveva considerato la possibilità che qualcun altro potesse star lavorando allo stesso identico problema. Narcissa sospirò impazientemente.
“Beh, non lo voglio. E non mi aspetto che quel moccioso di mio cugino trovi presto una soluzione, quindi eccomi qui.”
Non sembrava più arrabbiata, solo amareggiata. Ora che vi era più vicino, Remus poteva scorgere delle ombre scure sotto i suoi occhi.
“Io voglio trovare una soluzione.” Disse, alzando il mento per incrociare il suo sguardo, desiderando di non essere più basso di lei. “Ad ogni modo, ci sto provando.”
“Ah.” Narcissa rise freddamente. “Uno del secondo anno?! E cosa ti è venuto in mente, eh?” Batté il suo tacco di vernice nera sulle assi scure del pavimento.
“Beh…” Remus deglutì. “Non molto - niente di abbastanza buono per ora. A meno che…beh, a meno che tu non fossi già sposata.”
“Ci ho pensato anche io.” Sbottò Narcissa. “Non ho ancora raggiunto la maggiore età, non posso. Mi sarei sposata subito con Lucius nel momento in cui hanno proposto questo ridicolo fidanzamento, ma farò diciassette anni ad ottobre.”
“Okay.” Remus annuì, sorpreso. “E…non può aspettare per via della cerimonia di fidanzamento quest’estate, giusto?”
“Esatto.” Lo stava guardando con meno veleno negli occhi ora, come se trovasse la conversazione divertente più che irritante.
“Ma, stavo pensando - esattamente in cosa consiste la cerimonia?” Chiese, sentendosi più coraggioso. “Tu e Sirius cosa dovete fare?”
“Oh, le solite baggianate della famiglia Black.” Rispose. “Un banchetto, carte astrologiche, probabilmente un ritratto commemorativo di noi due. Mia madre ha ancora quello di Bella appeso in salotto.”
L’idea di un ritratto che rappresentava il Sirius di tredici anni con sua cugina di sedici era ripugnante per Remus. Sembrava che nemmeno a Narcissa apprezzasse particolarmente il pensiero. “È tutta colpa sua, sai.” Disse. “Si comporta come se fosse un caso speciale. Se avesse semplicemente seguito la tradizione come tutti noi, se avesse rigato dritto fino a quando non fosse stato abbastanza grande per andarsene…” Si interruppe, i suoi occhi lucidi per via di lacrime di rabbia che si asciugò rapidamente. “Comunque non importa. Sposerò Lucius e questo è tutto. Grazie al cielo mi è stato vicino in tutto questo, chiunque altro se ne sarebbe andato.”
A Remus non piaceva commentare. Cosa ne sapeva lui di relazioni? Non ne aveva mai vista una da vicino. Rimasero in silenzio per qualche momento mentre Narcissa si ricomponeva. Una volta fatto, tirò su col naso e guardò Remus di nuovo. “Non ti maledirò,” disse, magnanimamente, “ma ti avviso - ne ho abbastanza della gente che si immischia nel mio futuro. Quindi da ora in poi stanne fuori.”
Detto ciò, si girò per andarsene, lasciando Remus con molto a cui pensare.
* * *
Lunedì 30 aprile 1973
“Lunastorta, a cosa servono tutti questi libri?” Chiese James inciampando sulla pila che Remus aveva cautamente impilato vicino all’ingresso del dormitorio - erano inutili e aveva in programma di riportarli indietro quel pomeriggio.
“Solo una ricerca.” Rispose, non alzando lo sguardo dal suo libro attuale. “Dove siete stati?”
“A progettare.” Sirius seguì James, scavalcando i libri sparsi che il suo amico stava cercando di raccogliere. Remus inarcò un sopracciglio.
“Progettare? La mappa o degli scherzi?”
“Entrambi.” Sirius ghignò, buttandosi sul letto di Remus. Prese il libro.
“Rituali Nuziali dei Maghi?” Rise. “Chi devi sposare, Lunastorta? Non Evans, James dovrà sfidarti a duello.”
“NON mi piace Evans.” Sbottò James, accovacciato sul pavimento. “Matrimoni Magici.” Lesse raccogliendo l’ultimo libro e posandolo in cima alla pila. “Seriamente, Remus, di cosa si tratta?”
Remus sospirò, posando il libro e strofinandosi gli occhi.
“Sto cercando di aiutarti.” Diede un lieve colpetto a Sirius con il suo piede. “Qualcuno deve tirarti fuori da questo stupido fidanzamento.”
“Ehi!” Sirius si accigliò. “Sto facendo tutto il possibile.”
“Ad esempio?”
“Ho avuto o no più punizioni di chiunque altro quest’anno? Ricevo almeno una strilettera a settimana. E i miei leoni, non dimenticarti dei miei leoni alla partita di quidditch.”
Remus lo fissò, esterrefatto.
“Perché mai dovrebbe essere d’aiuto?”
“Sto dimostrando che non sono il tipo da matrimonio.”
“Senza offesa, amico,” intervenne James, venendo a sedersi sul letto con loro, “ma non credo che alla tua famiglia importi molto che non sei il tipo da matrimonio”
“Esattamente.” Remus annuì. “Sei l’erede. Devi sposare un altro purosangue. E i Black hanno una lunga storia di matrimoni all’interno della famiglia, persino i tuoi genitori sono cugini.”
“Ehm…come fai a saperlo?” Sirius sembrava a disagio.
“Ho fatto delle letture.” Remus indicò tutti i libri. “C’è un sacco di roba in biblioteca sulla tua famiglia. Una delle famiglie magiche più antiche della Gran Bretagna, risalente al Medioevo, quando la sede della famiglia era a Inverness in Scozia-”
“Lo so.” Sirius agitò la mano in aria.
“Sì, ma sapevi che non sei il primo Black a volersi tirare indietro da un matrimonio?”
“Beh, ovviamente c’è Andromeda - anche se nel suo caso aveva più a che vedere con chi si voleva sposare, solo che Ted era del genere sbagliato…”
“Non solo lei - Lyra Black si è opposta alla volontà della sua famiglia nel 1901 per sposare un Tiger e Delphinus Black doveva sposare sua nipote nel 1750 ma l’ha lasciata all’altare e ha sposato Fidelia Bulstrode. E tuo zio Alphard non si è mai sposato, anche se non c’era una spiegazione-”
“Sì, non dovremmo parlare di lui.” Rispose Sirius, nervosamente. "Ho sentito la mamma farneticare su di lui e sono abbastanza sicuro che fosse un frocio."
Ci fu un silenzio imbarazzante.
"Mio padre conosceva Alphard." Disse James, "Ha detto che era un tipo a posto."
"È sempre stato gentile con me," Sirius alzò le spalle, "mi ha lasciato i suoi soldi e tutto il resto, assicurandosi che nessun altro possa toccarli finché non sarò maggiorenne. I miei genitori sono furiosi che non abbia restituito tutti i suoi soldi alla camera blindata di famiglia, quindi devo dargliene atto, anche se era... beh, lo sapete."
Remus aveva la gola molto secca e se la schiarì, volendo andare avanti.
"Ad ogni modo, questo dimostra che è possibile tirarsi fuori da questo genere di cose. L'unico problema è che non riesco a trovare dettagli validi su come siano riusciti a farlo."
"Non preoccuparti," disse Sirius, cupo, "anche se lo scoprissi, nessuno di loro aveva a che fare con mia madre. Sai com'è fatta. Probabilmente ci farà fare un voto infrangibile.”
“Non oserebbe!” Disse James, inorridito.
Sirius annuì. “Farebbe di tutto.”
Remus si morse il labbro, pensieroso. Non sapeva cosa fosse un voto infrangibile - sembrava magia oscura. In base a quello che aveva già letto sulla casa dei Black, sapeva che la sezione proibita della biblioteca sarebbe dovuta essere la sua prossima tappa. Avrebbe dovuto prendere in prestito il mantello di James e andare di notte. Non importava. Rifiutava di farsi scoraggiare. Lo doveva a Sirius.
Una volta Remus non aveva forse detto a Sirius che il suo problema era senza speranza, inevitabile? E Sirius non aveva forse lavorato instancabilmente, imparando a fare della magia complessa, di livello MAGO, solo per aiutarlo? Questo non era diverso. Doveva solo lavorare più a sodo. Sapendo che anche Narcissa stava tentando di risolvere quel problema era stranamente confortante. Remus sapeva dalle sue fatture che doveva essere una strega molto abile e sveglia e non c’era alcun dubbio nella sua mente che solitamente otteneva quello che voleva.
Sposerò Lucius e questo è tutto. Doveva esserci qualcosa in questo. Ricordava che Vitious aveva detto loro che l'amore - quello naturale, quotidiano, umano - era uno dei tipi di magia più potenti. Anche se Remus personalmente non riteneva che l'accoppiamento tra Lucius e Narcissa fosse esattamente naturale, sapeva che era molto più potente dell'onore della famiglia. Doveva esserlo.
Chapter 37: Secondo Anno: Esami
Chapter Text
Maggio 1973
Il periodo degli esami iniziò nel momento peggiore per Remus - intorno a metà maggio quando ci sarebbe stata la luna piena. La luna piena cadde un venerdì, pertanto fu in grado di presenziare al suo esame di pozioni quella mattina - ma perse tutto il fine settimana a dormire quando avrebbe preferito ripassare. Inoltre, la luna aveva destabilizzato completamente la sua magia.
Pensava che stesse accadendo meno durante il suo secondo anno, ma con l’avvicinarsi degli esami - che fosse per i nervi o il prolungamento dei giorni - la magia di Remus divenne più forte, selvaggia e difficile da controllare. Il minimo movimento della bacchetta causava i risultati più fantastici e a volte aveva a malapena finito di pronunciare l’incantesimo quando della luce balzava fuori dalla sua punta facendo formicolare le sue dita per lo shock.
James aveva cominciato a dire ‘calmati, Lunastorta!’ Almeno tre o quattro volte al giorno mentre Remus cercava di esercitarsi con trasfigurazioni basilari e vari incantesimi che inevitabilmente andavano troppo oltre. Aveva pensato che fare semplici incantesimi l’avrebbe aiutato ad acquisire un po’ di controllo, ma a quanto pare non era così, visto che mandò in frantumi la finestra del dormitorio per la terza volta nel tentativo di far levitare il suo set di gobbiglie.
“Reparo.” Mormorò Sirius, alzando lo sguardo dai suoi appunti di Astronomia. La finestra si riparò immediatamente. Remus sospirò.
“Hai davvero bisogno di rilassarti, amico.” James sorrise. “Non abbiamo esami pratici fino alla settimana prossima.”
“Sì, ma sono così indietro!” Si lamentò Remus, raccogliendo le sue gobbiglie e rimettendole nella loro scatola.
“Se tu sei indietro io cosa devo dire?!” Si lagnò Peter dal pavimento dove aveva cinque libri aperti davanti a lui, tutti su materie diverse. “So che non passerò Trasfigurazione, il mio coniglio non si è trasformato per niente quest’anno e so che ci farà fare qualcosa di veramente difficile.”
“Almeno tu sei bravo a pozioni.” Ribatté Remus. “Ed erbologia, io non mi ricordo nemmeno quali foglie significano cosa…”
“Hai preso più di me nell’ultimo compito in classe di erbologia” gli ricordò James “e ci batti tutti in storia della magia, copio i tuoi compiti dall’inizio dell’anno.”
“Ma tu sei il migliore in trasfigur-” iniziò a dire Remus prima di essere interrotto da un forte tonfo quando Sirius lanciò il suo libro di Astronomia sul pavimento.
“Potete tacere?! Sto cercando di ripassare!” Urlò, mettendosi in piedi. “Siete come un gruppo di vecchie che parlano del più e del meno. Vado in biblioteca.” Si mise in spalla la borsa a tracolla e uscì come una furia dalla stanza.
Rimasero in silenzio per un po’. Peter, che si mordeva un labbro, sembrava sull’orlo delle lacrime. James sospirò.
“Ignoralo, è solo di cattivo umore perché tra poco dovrà tornare a casa. Non che lo biasimi,” aggiunse velocemente, “con i genitori che si ritrova.”
“Suppongo di sì.” Remus alzò le spalle, anche se non pensava veramente che fosse una buona scusa. Neanche Remus aspettava con ansia le vacanze estive. Okay, va bene, lui non doveva sposare sua cugina o partecipare a strani e noiosi banchetti - ma Sirius non doveva essere rinchiuso in una cella una volta al mese o nascondersi dai ragazzi più grandi e rozzi di lui il cui passatempo preferito era infilargli la testa nel gabinetto.
“Quindi non starà di nuovo da te, James?” Chiese Peter, nervosamente - probabilmente non vedeva l’ora di un’estate senza Sirius perché significava che avrebbe avuto James tutto per sé.
“Nah.” Rispose James, sembrando molto meno allegro alla prospettiva. “L’invito è ancora valido, ovviamente - per tutti voi,” guardò Remus, “ma non pensiamo che verrà dopo il fiasco a Natale. Pensa che verrà rinchiuso fino alla cerimonia di fidanzamento.”
Remus sentì una fitta di rimorso nel petto. Non aveva ancora trovato una soluzione attuabile al problema e tra il ripassare e la luna piena non ci pensava adeguatamente da due settimane. A giudicare dall’atteggiamento di Narcissa nei corridoi - malediva chiunque la guardava anche solo con la coda dell’occhio - lei non se la stava cavando molto meglio.
“Be’, se continua a comportarsi così la prossima volta perderà più dei suoi capelli.” Disse Peter con un tono di disapprovazione, passando in rassegna i suoi appunti.
“Cosa vuoi dire?” James fece una smorfia, mettendosi a sedere. “Stai dicendo che è tutta colpa sua?”
“No!” Peter sembrava allarmato dal tono di James. “No, voglio solo dire…be’, l’hai visto mettere tutti gli striscioni di Grifondoro nel suo baule l’altro giorno. Vuole appenderli in camera sua per irritare i suoi genitori. Sono cose come queste a farlo finire nei guai.”
“Non c’è nulla di sbagliato nel dimostrare un po’ di orgoglio per la propria casa.” James storse il naso, sulla difensiva, anche se mandò uno sguardo nervoso al baule di Sirius.
Remus non intervenne. Personalmente, era d’accordo con Peter e Narcissa - la maggior parte delle volte Sirius era il suo peggior nemico. Per qualcuno di così intelligente e dotato nella magia, mancava completamente di delicatezza o anche solo di lungimiranza. Se non avesse dovuto aprire bocca in ogni occasione, forse non si sarebbe ritrovato fidanzato all’età di tredici anni. Remus conosceva meglio di chiunque altro l’importanza di mantenere un profilo basso, soprattutto quando si è diversi da tutti quelli che ci circondano.
James, che era più simile a Sirius che a Peter o Remus era in totale disaccordo. Nella sua mente, la cosa più importante da fare era reagire sempre. Ma se tutto è una battaglia, inevitabilmente qualcuno deve perdere. E finché non fosse diventato maggiorenne, sarebbe stato Sirius ogni volta.
* * *
“Eccellente, signor Potter!” Disse in modo insolitamente enfatico la McGranitt quando James trasformò i suoi conigli in un perfetto paio di eleganti pantofole di velluto rosso con un bordo di pelliccia.
Remus fece un respiro profondo, cercando di comporsi per il suo tentativo. Era passata una settimana e mezza dalla luna piena e finalmente aveva ripreso il controllo, anche se a volte i nervi avevano ancora la meglio su di lui. Guardò Sirius agitare pigramente la bacchetta sopra i suoi conigli che si trasformarono in un adorabile paio di babbucce di lana nera.
Le pantofole di Peter avevano ancora delle orecchie e una coda anche dopo tre tentativi e lasciarono escrementi sulla scrivania. Quando fu il turno di Remus, per prima cosa chiuse gli occhi, sentendosi stordito, poi, finalmente, pronunciò l’incantesimo.
Le pantofole non erano belle tanto quanto quelle di James e Sirius, ma si potevano indossare e almeno non avevano più tratti leporini, anche se rimasero di un marrone spento. Almeno sapeva che aveva fatto del suo meglio nell’esame teorico - anzi, in ogni suo esame teorico. Era soddisfatto di essersi ricordato tutto quello che doveva ricordarsi nelle sue materie migliori e non era andato troppo male nemmeno a Pozioni, Erbologia e Astronomia.
Alla fine dell’esame di Trasfigurazione, la McGranitt riportò tutti i conigli al loro stato originale e li fece tornare saltellando nel loro recinto in fondo alla classe, pronti per il prossimo esame. Iniziò a distribuire fogli di pergamena che sembravano orari vuoti.
“Come saprete,” disse molto formalmente, “al terzo anno potete scegliere un minimo di due materie aggiuntive da portare avanti fino al giudizio unico per fattucchieri ordinari. Ecco i vostri fogli di domanda. Vi prego di riflettere attentamente sui meriti di ciascuna materia, poi di compilare il modulo e di restituirlo nel mio ufficio entro l’ultimo giorno del semestre.”
La classe iniziò a mormorare entusiasticamente e Remus abbassò lo sguardo sul suo modulo e sulle materie che vi erano scritte con grande trepidazione.
Mentre uscivano ordinatamente dalla stanza, Peter iniziò subito ad assalire James per scoprire quali materie avrebbe intrapreso - in modo da poter scegliere le stesse.
“Babbanologia.” Disse Sirius, mentre si dirigevano fuori, nel sole estivo. “Sicuramente farò Babbanologia.”
Remus alzò gli occhi al cielo. Non era una sorpresa - se una materia poteva ottenere la generale disapprovazione della famiglia Black, era proprio quella.
“Pensate che Evans la farà?” James si grattò il mento. Sirius sorrise.
“Lo dubito, amico, è nata babbana. Però potresti stupirla con le tue conoscenze.”
“Sì…sì, magari…” James abbassò lo sguardo, pensieroso.
“Allora la farai, James?” Chiese Peter, ansiosamente. “Pensi che sarà difficile? Immagino che potremmo chiedere aiuto a Remus…tu la farai, Lunastorta?”
“Nah.” Remus scosse la testa. “Che senso avrebbe? Però voi fatela, così magari smetterete di chiedermi cose.”
Segretamente desiderava che ci fosse un corso di “Magologia” che potesse seguire per non sentirsi sempre come un pesce fuor d’acqua. Ma supponeva che fosse dovuto all’arroganza dei maghi.
“Divinazione…è tipo la chiaroveggenza, no?” James si mise a sedere sull’erba, sfilandosi il mantello. Sirius lo copiò, rimboccandosi le maniche della camicia.
“Penso di sì. Sfere di cristallo e foglie di te.”
“Sembra una fesseria. Facciamolo.”
Tutti e tre scribacchiarono sui loro fogli. Remus non lo fece. Non gli piaceva l’idea di conoscere il futuro - qualcuno cosa ci fosse in serbo per lui, non poteva essere niente di bello. Si toccò velocemente la tempia con la bacchetta e sussurrò “Lectiuncula Magna.”
Inizia a leggere le sue opzioni. “Aritmanzia,” mormorò, “è come l’aritmetica?”
“Ci sono comunque dei numeri.” Rispose Sirius. “Dicono che sia molto difficile.”
“Cura delle Creature Magiche…non so.” James fece una risata nasale. “Avete visto l’insegnante? Ha più cicatrici di Lunastorta.”
“Ehi.” Remus gli diede un calcio sulla caviglia. A dire il vero, Cura delle Creature Magiche gli era sembrato piuttosto interessante. Dopo tutto, era una creatura magica.
“Penso che faro Aritmanzia se la fai anche tu.” Disse Sirius, continuando a leggere il suo foglio.
“Sarà difficile?” Chiese Peter, preoccupato.
“Ti aiuteremo noi, Pete, non preoccuparti.” Lo calmò James. “Ad ogni modo, ci sono cose migliori al terzo anno dei compiti aggiuntivi - Hogsmeade!”
“Vai a Mielandia tre volte a settimana.” Rispose Remus, prendendo in considerazione Rune Antiche.
“Sì, ma…Zonko!”
Remus gli sorrise. In realtà era piuttosto emozionato per le uscite a Hogsmeade - non era mai stato in nessuna delle aree magiche protette oltre Hogwarts ed era stufo di sentire dire quanto fosse bella Diagon Alley. Sospirò e si sdraiò, guardando le nuvole. Avrebbe pensato dopo alle sue materie del terzo anno, non c’era alcuna fretta. Per il momento, voleva godersi la fine degli esami e il pensiero che mancava ancora quasi un mese intero prima della fine della scuola.
“Ehi Evans!” James si mise a sedere di scatto.
Remus sospirò interiormente. James si comportava sempre più come un’idiota per quanto riguardava Lily sin dal banchetto di mezzanotte.
“Non sono un cane, Potter.” La sua voce riecheggiò nel cortile. “Non urlarmi dietro come se lo fossi.”
“Ciao Sirius.” Ora stava parlando Mary. Remus si mise a sedere, sbattendo le palpebre.
Marlene fece un timido saluto della mano che lui ricambiò.
“Ehi, MacDonald.” Sirius fece un cenno col capo, spostandosi con disinvoltura i capelli dietro un orecchio. Aveva iniziato a farlo ogni volta che c’erano delle ragazze in giro. Remus lo odiava.
Tutte e tre le ragazze avevano un gelato, il che sembrava un’ottima idea visto il caldo clima fuori stagione. Lily aveva persino incantato un ventaglio perché la seguisse, creando una brezza fresca ovunque le tre ragazze andassero.
“Facci dare una leccata, allora.” James le fece l’occhiolino in modo lascivo. Marlene divenne rossa come un pomodoro e si mise a ridacchiare, ma Lily rimase calma, inarcando un sopracciglio rosso.
“Sembra che tu abbia bisogno di una rinfrescata. Aguamente!”
Detto ciò, puntò la sua bacchetta contro i malandrini e li spruzzò con dell’acqua gelida. Remus si scansò, ma in ogni caso lei non stava cercando di beccarlo. James e Sirius ebbero la peggio e gridarono, costernati, mentre i loro capelli e le loro camicie venivano inzuppate. Mary, Marlene e Lily ridacchiarono allegramente.
“Perché l’hai fatto?” Ringhiò Sirius, scostando i capelli fradici per guardarle di traverso, con l’aspetto di un cane bagnato.
“Pensavo che vi piacessero gli scherzi?” Lily gli fece l’occhiolino prima di voltarsi e incamminarsi verso il lago.
“È un incubo quella ragazza.” Si lamentò Sirius, provando un incantesimo per evocare aria calda sui suoi capelli.
“È della mia futura moglie che stai parlando.” Rispose James, sognante, guardandola allontanarsi. I suoi occhiali si erano appannati comicamente. “Oh, smettila di essere così drammatico, ti asciugherai in mezz’ora con questo caldo.”
“Dove credete che abbiano preso il gelato?” Chiese Peter, assorto nei suoi pensieri.
Remus sorrise, sdraiandosi di nuovo. Non importavano il ritorno a casa, i fidanzamenti o le nuove materie. Per il momento, tutto era come doveva essere.
Chapter 38: Secondo Anno: Il lungo ultimo giorno (parte 1)
Chapter Text
Venerdì 29 Giugno 1973
Remus era in ritardo e c’erano ancora così tante cose da fare. come sempre, aveva dormito più a lungo degli altri malandrini e quando si era svegliato, Peter era l’unico rimasto. Anche lui si era affrettato fuori dalla porta con un rapido “‘Giorno Lupin! Buona fortuna!”
Controllando l’orologio, Remus era saltato giù dal letto e corso a farsi una doccia, preso dal panico. Mentre si pettinava i capelli allo specchio - pensando cupamente che quella sarebbe potuta essere l’ultima volta dato che la direttrice gli avrebbe sicuramente rasato i capelli una volta tornato al St Edmund l’indomani - ripassò la lista nella sua mente.
Prima di tutto, la colazione, ovviamente - non poteva saltarla. Se si fosse sbrigato magari avrebbe fatto in tempo a beccare James e Peter prima che partissero per le loro missioni. Probabilmente sarebbe stata la sua ultima possibilità di vederli perché quel giorno, l’ultimissimo giorno del semestre, i solitamente uniti malandrini sarebbero stati visibilmente separati fino al banchetto.
Dopo colazione sarebbe dovuto tornare su di corsa a fare i bagagli - Remus era abbastanza sicuro che sarebbero stati in punizione quella sera e avrebbe potuto non aver abbastanza tempo la mattina dopo prima di prendere il treno. Una volta fatti i bagagli, doveva riportare i suoi libri in biblioteca. Ciò lo riempì di un senso di colpa - non aveva ancora trovato nulla per aiutare Sirius, nonostante settimane di ricerca. La loro unica speranza ora era che la cugina di Black sarebbe riuscita a sfuggire al fidanzamento dopo che la cerimonia avesse avuto luogo.
Mentre si recava in biblioteca, avrebbe potuto consegnare il suo modulo per le materie nell’ufficio della McGranitt - l’aveva già rimandato troppo a lungo. Poi, una volta restituiti i libri e consegnato il modulo, Remus pensava di aver un margine di tempo abbastanza largo per incontrare Peter fuori dalle serre alle undici, dove avrebbe ricevuto il mantello dell’invisibilità.
A patto che tutto andasse regolarmente, Remus sarebbe dovuto essere in grado di prendere gli ombrelli che gli servivano dal capanno del guardacaccia nel cortile e portarli di nascosto nel loro dormitorio. Poi sarebbe stata più o meno l’ora di pranzo - Remus sperava di usare quell’ora per finire di leggere il suo libro in pace - l’aveva preso in prestito da Sirius e gli mancava solo un capitolo, quindi voleva leggerlo prima di tornare a casa. Soprattutto perché dubitava seriamente che la McGranitt gli avrebbe permesso di leggere durante la sua inevitabile punizione quella sera.
Poco dopo pranzo, la prima fase del piano dei malandrini per la fine del semestre sarebbe stata messa in atto. Avrebbe evitato il caos e ricontrollato di aver messo via tutto nel suo baule - forse avrebbe fatto anche un po’ dei bagagli di Sirius, perché l’altro ragazzo non l’aveva ancora fatto e Remus sospettava che se lo fosse lasciato per l’ultimo minuto. Poi sarebbero iniziati i preparativi per il banchetto - doveva solo presentarsi abbastanza presto da aiutare James e Sirius con gli ultimi incantesimi. Sempre ammesso che nessuno di loro fosse stato beccato prima di quel momento.
Improvvisamente, mentre Remus si stava infilando i jeans, qualcuno bussò alla porta del bagno.
“Ti ho portato dei toast, Lunastorta.” Disse la voce di Sirius. “Ho pensato di farti risparmiare del tempo.”
“Oh, fantastico, grazie!” Rispose Remus, infilandosi velocemente la maglietta come se Sirius potesse vederlo attraverso il legno.
“Buona fortuna! Ci vediamo oggi pomeriggio!”
“Sì - anche a te!”
Remus sentì i passi di Sirius allontanarsi e scomparire giù dalle scale. Bene. Era una cosa in meno di cui preoccuparsi. Emerse dal bagno pieno di vapore e vide il piatto coi toast appoggiato sul suo baule. Quattro fette - Sirius non si era risparmiato - e ciascuna era stata abbondantemente ricoperta da una confettura differente. Remus sorrise e rinnovò la sua promessa di aiutare Sirius a fare i bagagli più tardi.
Trascorse un’ora rilassata a sgranocchiare i toast e a raccogliere i suoi averi sparsi da tutte le parti, dal suo letto, alle mensole dei suoi amici fino persino alla sala comune. Colse l’occasione di ascoltare Hunky Dory un’ultima volta, dicendo un affettuoso addio al giradischi per un paio di mesi.
Il poster di David. Bowie che Sirius gli aveva dato per il suo compleanno non si muoveva più - cosa per cui Remus era abbastanza felice dato che almeno voleva dire che avrebbe potuto portarlo al St Edmund senza destare sospetti. Il suo baule non sembrava chiudersi così facilmente come alla fine dell’estate scorsa, quando era andato a Hogwarts, e dovette sistemare più volte gli oggetti prima che tutti si schiacciasse all’interno.
Remus si lavò i denti e andò a prendere i suoi libri della biblioteca, infilandosi nella sua logora borsa a tracolla. Si domandò se la direttrice gli avrebbe lasciato prendere una nuova cartella per la scuola - badate, l’ultima volta che ne aveva chiesta una lei aveva colto l’occasione per insegnargli a cucire. ‘Una competenza utile nella vita’, così l’aveva chiamata. Non si era preso la briga di dirle che un incantesimo di riparazione avrebbe funzionato molto meglio - ma anche quello non serviva più a molto ormai.
Con la sua lista di materie scelte in mano, scese nella sala comune dove anche ogni altro Grifondoro sembrava intento a fare i propri bagagli dell’ultimo minuto. L’ambiente solitamente confortevole era in subbuglio, con grida che imploravano di riavere libri e giochi mancanti, studenti che gattonavano sotto i tavoli e sollevavano i divani alla ricerca di oggetti perduti da tempo, gruppi di ragazze del settimo anno in lacrime che si scambiavano abbracci di addio e gufi che piombavano qua e là.
“Remus!” Mary lo fermò mentre usciva. “Sei tutto solo?”
“Sì.” Annuì con un sorriso malizioso. Lei ricambiò il sorriso.
“Oooh, cos’avete intenzione di fare? Io e Marlene stavamo giusto dicendo che siete stati tranquilli in queste ultime settimane…”
“Non farmi domande e non ti dirò bugie.” Rispose. “Scusami, ma devo restituire i miei libri-”
“Lily ti sta cercando.” Disse velocemente.
“Oh, um…sarò nella sala grande a pranzo. Prima sono un po’ impegnato, dille che mi dispiace!”
Detto ciò, si affrettò a passare attraverso il ritratto e uscì nel corridoio che era gremito di studenti che si affrettavano da una parte all’altra dicendo i loro saluti dell’ultimo minuto. Pix, preso dall’emozione generale, aveva chiaramente trovato dove Gazza conservava i rotoli di carta igienica e stava scagliando rotoli di carta bagnata a chiunque si avvicinasse abbastanza.
Coprendosi la testa con le braccia, Remus si precipitò verso l’ufficio della McGranitt, proprio nel momento in cui Pix lanciava della carta contro la porta. Remus si abbassò giusto in tempo e Pix volò via, ridendo istericamente mentre la McGranitt - che aveva sentito un rumorosissimo ‘SPLAT’ - apriva la porta del suo ufficio. Abbassò lo sguardo su Remus che era ancora accovacciato coprendosi il capo.
“Signor Lupin.”
“È stato Pix.” Si mise in piedi rapidamente. “Lo giuro professoressa!”
“Ti credo.” Fece un piccolo sorriso. “Il morale è sempre alto l’ultimo giorno dell’anno. Hai qualcosa per me?” La vecchia insegnante diede uno sguardo alla pergamena che stava stringendo.
“Oh, sì!” Tese la mano in avanti.
“Magnifico, entra pure, Lupin.”
“Ehm…”
Ma non potevi dire di ‘no’ alla McGranitt o chiederle se poteva aspettare. Si chiese cosa diamine volesse - Sirius e James non potevano già essere stati beccati, no? Sarebbe stato abbastanza ovvio non appena fosse stata avviata la prima fase del piano e lui non avesse sentito nulla…
“Siediti, signor Lupin. Tè?”
“Um…sì, okay.” Si sedette, a disagio. La McGranitt sventolò la bacchetta e la piccola teiera tartan sulla sua scrivania iniziò a versare il suo contenuto in due tazze abbinate.
“Prendi pure il latte.” Disse la professoressa distrattamente mentre esaminava il pezzo di pergamena che le aveva dato. “Divinazione,” disse, “Babbanologia e Aritmanzia.”
Lui non disse nulla. Finalmente, la McGranitt alzò lo sguardo, osservandolo al di sopra dei suoi occhiali quadrati. “Queste sono le stesse materie che hanno scelto il signor Potter e il signor Black, se non erro? Anche il signor Minus, hm?”
Remus si limitò ad annuire. In realtà Peter aveva scelto solo Divinazione e Babbanologia - aveva scoperto che bastava scegliere un minimo di due nuove materie e aveva deciso di non spingersi oltre il necessario. Remus avrebbe preferito morire piuttosto che seguire meno corsi di James e Sirius.
“Mi interessa sapere cosa ti abbia spinto a scegliere Babbanologia, in particolare? Stai forse considerando un futuro nell’Ufficio per le Relazioni coi Babbani?”
“Ehm…” Remus balbettò. Non aveva la benché minima idea di cosa fosse l'Ufficio per l’Intermediazione con i Babbani, ma non sembrava molto interessante.
“Avrei detto che possiedi già una conoscenza sufficiente del mondo babbano avendoci trascorso la maggior parte della tua vita.”
“Sì, ma…be’…”
“Non devi seguire delle materie semplicemente perché lo fanno i tuoi amici, signor Lupin.” Disse la professoressa McGranitt più gentilmente di quanto si aspettasse. “Seguirete comunque le stesse materie fondamentali, dopotutto.”
Remus alzò le spalle. Non aveva saputo cos’altro fare. In realtà, tutte le materie lo interessavano - okay, forse non Babbanologia, aveva ragione su quel punto - ma alla fine non gli piaceva l’idea di perdersi delle lezioni con gli altri malandrini.
“Una delle cose più belle della scuola, signor Lupin,” iniziò a dire la McGranitt, con tatto, “sono gli amici che facciamo - connessioni e relazioni che durano una vita intera. So che hai trovato dei carissimi amici qui ad Hogwarts.”
Remus cercò di non fare una smorfia. Doveva per forza farlo sembrare così da femmine?! Lei si schiarì la gola, chiaramente divertita dalla sua reazione. “Degli amici carissimi. Ma la scuola è anche un posto per porsi delle sfide, per mettersi alla prova. Capisci?”
Annuì con perplessità. Lei sospirò, sorseggiando il suo té.
“I risultati dei tuoi esami di quest’anno sono eccellenti, Remus.”
A quelle parole, Remus raddrizzò la schiena. Anche lui era molto felice dei suoi risultati. Non aveva battuto James in Trasfigurazione o Piton e Lily in Pozioni, ma in tutto il resto aveva avuto alcuni dei voti più alti della classe.
“Pertanto,” continuò la McGranitt, “non ho problemi a permetterti di studiare Aritmanzia - che è, devo dirti, uno dei corsi più impegnativi che offriamo a Hogwarts. Ma mi chiedo se Babbanologia sia un uso appropriato del tuo tempo d’ora in avanti. Temo che la troverai alquanto noiosa. Hai considerato, per esempio, Rune Antiche?”
Remus si rigirò le mani in grembo. Gli era sembrato molto interessante. Ma aveva passato così tanto tempo a faticare nel leggere l’inglese e a rimettersi al passo con il resto degli studenti, che si era tirato indietro di fronte all’idea di imparare una nuova lingua. La McGranitt sembrò comprendere le sue preoccupazioni - almeno in parte.
“Non lo troveresti così difficile come pensi, sai. Sei uno studente immensamente dotato e un gran lavoratore. Inoltre le tue compagne di Grifondoro, la signorina MacDonald e la signorina McKinnon saranno nella stessa classe.
A dirla tutta, non sembrava così male. Ormai era molto affezionato alle due M e sarebbe stato divertente passare più tempo con loro. Sarebbe stato bello seguire una lezione in cui non c’era Sirius a mettersi in mostra, Peter a copiare i suoi appunti - e James a comportarsi come un coglione per attirare l’attenzione di Lily.
“Okay.” Disse. “Ci proverò.”
“Eccellente.” La McGranitt fece un sorriso a trentadue denti, sinceramente compiaciuta. Sventolò la bacchetta sopra il suo modulo per sistemarlo.
“Um…professoressa?” Chiese improvvisamente, nuovamente lievemente nervoso.
“Sì, Lupin?”
“Io…be’, stavo pensando anche ad un'altra materia. Magari… magari al posto di Divinazione?”
Il sorriso della McGranitt divenne sardonico.
“Be’, non posso fingere di aver mai visto una grande utilità nella Divinazione…a meno che la strega o il mago in questione non siano veramente dotati della vista.”
Remus annuì, supponendo che ciò volesse dire che non possedeva quel dono.
“Pensavo, magari…voglio dire, probabilmente è sciocco…” James aveva detto che era sciocco. Una materia da ragazze. “Um…Cura delle Creature Magiche.” Disse, tutto d’un fiato.
La McGranitt sembrava veramente sorpresa.
“È qualcosa che ti interessa?”
“Um…sì, credo. Non solo perché sono…lo sa. Ma. Sì, immagino soprattutto per quello.”
“Be’, è una materia molto interessante.” La McGranitt sorseggiò di nuovo il suo té. “Direi che se ti interessa di più di Divinazione, allora dovresti sceglierla.”
“Fantastico, okay, la cambi.” Annuì, sentendosi un po’ imbarazzato, ma anche piuttosto compiaciuto. La McGranitt sventolò nuovamente la sua bacchetta.
“Sai, tuo padre era alquanto dotato quando si trattava di creature magiche.” Disse. Remus inarcò le sopracciglia.
“Non lo sapevo.”
“Oh, sì.” Annuì, come se stesse scambiando dei convenevoli. “Un esperto nel suo campo.”
“Il suo…campo?”
“Non-esseri. Mollicci e poltergeist - anche dissennatori. Tutti alquanto oscuri, temo. Cura delle Creatura Magiche si concentra principalmente sui corporei - ossia, su creature mortali, ma potresti anche condividere il suo talento.”
“Oh, okay. Grazie professoressa.” Remus si alzò velocemente. Non aveva il tempo di pensare a suo padre in quel momento. Aveva troppo da fare. “Devo andare in biblioteca.” Indicò la pesante borsa consunta.
“Sì, sì, certamente.” La McGranitt annuì. “Grazie, Remus. Ci vedremo al banchetto stasera.”
“Sì, arrivederci!”
Quando finalmente uscì dall’ufficio della McGranitt, Remus guardò l’orologio. Erano le undici meno dieci. Dannazione. Non c’era tempo di andare in biblioteca, doveva incontrare Peter in cortile e solitamente ci volevano quindici minuti per uscire dal castello, sempre che nessuna delle scale ti costringesse a cambiare strada. Sollevando la sua irragionevolmente pesante cartella, Remus sospirò e si incamminò.
Quando raggiunse le serre, sudando e sentendo troppo caldo sotto al sole splendente, Peter lo stava visibilmente aspettando da un po’, rigirandosi le mani.
“Eccoti!” Sussultò. “Pensavo che fosse successo qualcosa.”
“Scusami,” ansimò Remus, asciugandosi la fronte con la sua manica, “la McGranitt voleva parlarmi. È andato tutto bene?”
“Sì.” Peter annuì, guardandosi intorno. “Proprio come mi ha detto James. Li hai visti?”
“No.”
“Allora dovrebbe essere tutto a posto. Tieni.” Peter passò a Remus il mantello dell’invisibilità.
“Grazie. Ehi, stai tornando nel dormitorio?”
“Sì, devo ancora fare i bagagli…”
“Fantastico, ti dispiace portare indietro i miei libri? Volevo restituirli in biblioteca, ma la McGranitt…”
“Okay.” Peter prese la sua borsa. “Cacchio, Lunastorta!” Gemette, cedendo sotto il suo peso.
“Ci vediamo a pranzo?”
“Probabilmente. Buona fortuna!” Peter si precipitò verso il castello, lasciando Remus nuovamente da solo.
Guardandosi intorno per assicurarsi che la via fosse libera, Remus non perse tempo ad avvicinarsi al capanno degli attrezzi. Ci era entrato una volta, al primo anno, per una punizione - era molto più grande dentro di quello che sembrava ed era pieno di vari strumenti per mantenere i vasti terreni di Hogwarts. La serratura non rispose al solito Alohomora, ma rispose eccome a qualche rapido movimento di una delle forcine di Lily Evans. Gliel’aveva data la sera prima, con uno sguardo interrogativo, ma non gli aveva chiesto perché ne avesse bisogno.
Una volta dentro, Remus agì velocemente, trovando il grande baule nero degli ombrelli. Non era del tutto sicuro del perché i maghi usassero ancora gli ombrelli - certamente c’erano degli incantesimi per proteggersi dalla pioggia, no? Ma, ciononostante, non volevano che nessuno potesse evocarli rovinando loro il divertimento. Remus coprì il baule con il mantello dell’invisibilità e vi gettò sopra un incantesimo di assenza di peso, prima di farlo levitare fuori dal capanno.
Passeggiò tranquillamente verso la scuola e cercò di non dare l’impressione di star tramando qualcosa, nascondendo la bacchetta sotto il mantello in modo che nessuno potesse vederla guidare il baule invisibile. Gli ci volle una buona mezz'oretta per navigare se stesso e il baule attraverso il castello, inosservato e senza andare a sbattere contro altri studenti. Diverse volte lo aveva dovuto sollevare sopra la sua testa, il che richiese molta fatica e concentrazione.
Ad ogni modo, ce la fece, raggiungendo la sua destinazione con un enorme senso di realizzazione. Lasciò il baule nel dormitorio ed eseguì l’incantesimo di adesione sul suo lucchetto. Se qualcuno avesse provato ad evocarlo, con un po’ di fortuna non sarebbe riuscito ad aprirlo in tempo per salvarsi. Piegò il mantello con cura e lo lasciò sul cuscino di James.
Peter aveva lasciato la cartella di Remus ai piedi del suo letto e Remus sospirò, realizzando che avrebbe dovuto restituire i libri prima di poter andare a pranzo. Issandosela sulla schiena, scese ancora una volta le scale verso la sala comune dei Grifondoro.
Fu nuovamente abbordato, questa volta da Lily che sembrava estremamente agitata ed estremamente felice di vederlo.
“Eccoti!” Strilló, afferrandogli le spalle. “Ti ho cercato ovunque!”
“Ehi Lily.” Sorrise cortesemente. “Scusami, può aspettare? Devo andare in-”
“Assolutamente no!” Scosse la testa con veemenza. “Possiamo andare nella tua stanza? Non ci sono gli altri, vero?”
“No.” Sospirò. Sarebbe potuto andare dopo in biblioteca se non avesse provato a finire di leggere il libro o se la sua vista a Madama Chips non fosse durata a lungo. Seguí Lily su per le scale.
“Voglio sapere cosa sia?” Chiese, lanciando un’occhiata al grande baule nero.
“È un baule pieno di ombrelli.” Disse con prontezza. Lei inarcò un sopracciglio, ma non gli chiese altro.
“Ho qualcosa per te.” Appoggiò la sua borsa sopra al baule, frugandoci dentro. Tirò fuori un oggetto molto strano. Sembrava un foglio di plastica trasparente. Remus aggrottò le sopracciglia quando glielo passò. Lo girò.
“Ehm…Lily..?”
“Mi dispiace che mi ci sia voluto così tanto - ho dovuto aspettare per un’eternitá l’acetato. Mia mamma l’ha preso da una sua amica che è un’insegnante. Lo usano per i proiettori nelle scuole babbane. Be’, ovviamente lo sai.”
Remus annuí senza comprendere. C’era una lavagna luminosa al St Edmund, ma aveva bisogno di una nuova lampadina da tre anni e, per quanto ne sapeva lui, nessuno l’aveva mai fatto.
“Hai un libro?” Lily fece un cenno del capo verso la sua cartella. “Tirane fuori uno, ti faccio vedere.”
Obbedì, curioso di vedere dove sarebbe andata a parare. Lei aprí il libro su una pagina a caso, lo appoggiò sul baule, poi vi posò sopra il foglio d’acetato. “Guarda.” Disse.
Remus guardó, pronto a sfoderare la bacchetta in caso gli avesse chiesto di leggere qualcosa. Lei scosse la testa, spostandogli la mano. “Guarda e basta.”
Guardò di nuovo, sfregandosi il collo.
‘Ci sono tre elementi chiave per eseguire un voto infrangibile con successo…’
“Cosa?!” Esclamó Remus, afferrando il libro e fissandolo.
“Ha funzionato?!” Lily lo guardò impazientemente. “Riesci a leggere?”
“Io…sì…io…cacchio, Evans!” Girò nuovamente pagina, spostando il lucido. Funzionó. Era molto meno complicato dell’incantesimo di Sirius.
“Dovrebbe funzionare anche fuori da Hogwarts.” Disse, i suoi occhi verdi che scintillavano. “Ho giocherellato un po’ con l’incantesimo e c’è anche un po’ di lavoro di pozioni dietro, ma dovrebbe durare un bel po’ di tempo.”
“Sei fantastica!” Disse Remus, continuando a leggere. “Grazie mille!”
Di punto in bianco, Lily si slanció verso Remus, gettandogli le braccia intorno al collo e abbracciandolo. Preso alla sprovvista, Remus si sentì arrossire. Non era mai stato abbracciato molto prima d’allora - tanto meno da una ragazza. Era morbida e i suoi capelli profumavano di mele.
“Volevo fartelo in tempo per il tuo compleanno.” Disse facendo un passo indietro, continuando a sorridere. “Ma continuavo a sbagliare. Grazie al cielo ha funzionato! Mi avresti ritenuta folle se no!”
“Sì.” Rise, nervosamente, cercando ancora di riprendersi dall’abbraccio a sorpresa. “Grazie Lily, è…è una cosa semplicemente incredibile.”
“Te lo meriti, Remus,” disse calorosamente, “davvero, lavori così sodo e stai dietro a Potter e Black.”
Remus alzò le spalle. Ci fu un silenzio lievemente imbarazzante.
“Ascolta, ti lascio tornare a quello che dovevi fare.” Disse Lily finalmente. “Scusa se ti ho intercettato così. Ci vediamo al banchetto?”
“Sì…sì, assolutamente.” Remus abbassò di nuovo lo sguardo sul libro. “Oh merda, aspetta - Evans, hai un ombrello?”
“Ehm…penso di sì? Credo di averlo già messo nel baule.”
“Tiralo fuori” disse risolutamente, “e portalo al banchetto, okay?”
“…Okay?”
Una volta che se ne fu andata, Remus si concesse un momento per sedersi. Non riusciva a credere che l’avesse fatto. Non riusciva a credere di non averci pensato! Era così semplice, così elegante. Sarebbe stato in grado di leggere tutta l’estate! Voltò nuovamente pagina.
‘É importante evidenziare che un voto infrangibile, una volta eseguito, non può essere sostituito da nessun altro tipo di voto, giuramento o promessa fatta in seguito, a prescindere da qualsiasi preoccupazione legale o morale per tale voto. È pertanto cruciale c-”
“Oh!” Sussultò Remus improvvisamente. Era come se si fosse accesa una lampadina nel suo cervello e tutto fosse diventato chiaro. “OH!” Balzò in piedi.
La biblioteca avrebbe dovuto essere rimandata un po’ più a lungo.
* * *
Era in momenti come quello, pensò Remus, mentre camminava avanti e indietro lungo il buio corridoio, che gli sarebbe davvero servita la mappa dei malandrini completata. Sfortunatamente, per il momento erano solo riusciti a disegnare la mappa di tre quarti del castello ed erano molto lontani dal tracciare ogni studente.
Remus stava aspettando fuori dalla sala comune dei Serpeverde da ormai venti minuti, senza alcuna fortuna. Gli studenti con le vesti verdi che gli erano passati di fianco avevano ignorato le sue richieste d’aiuto e persino il Barone Sanguinario aveva proseguito per la sua strada storcendo il naso in modo sdegnoso. Stava perdendo ogni speranza. Di questo passo, avrebbe saltato il pranzo. Guardò l’orologio più vicino. Erano le dodici e mezza. La fase uno del piano era imminente.
Quando il muro della sala comune si aprì nuovamente, il suo cuore sprofondò ulteriormente.
“Bene, bene, bene.” Piton fece un sorrisetto. “Hanno detto che c’era un folle Grifondoro a piede libero, ma non pensavo che saresti stato tu, Lunatico Lupin.”
Remus sospirò.
“Vai al diavolo, Mocciosus.”
“Non essere così scortese.” Piton sollevò la sua bacchetta. “Dovrei lavarti la bocca col sapone.”
“Non pensavo che sapessi come lavare qualcosa.” Rispose, Remus sarcasticamente.
“Razza di-”
“Possiamo evitare?” Rispose Remus, irritato. “È l’ultimo giorno del semestre e ci sono numerose cose che preferirei fare. Puoi solo…non so, farmi entrare?”
“Farti entrare?!” Gli occhi di Piton luccicarono, divertiti. “Perché diamine dovrei farti entrare?!”
“Devo parlare con-”
“Levati, Piton, viscido idiota.” Disse una voce dal muro alle spalle di Severus. Ne uscì Barty Crouch Jr., seguito da Regulus. Remus si sentì lievemente sollevato.
“Regulus! Puoi chiamare Narcissa per m-”
“Mordeo!” Senza preavviso, Crouch scagliò una maledizione contro Remus, che la schivò appena in tempo, sfoderando la sua bacchetta.
“Expelli-” Iniziò a dire, ma era troppo tardi, Crouch l’aveva maledetto una seconda volta e una fitta di dolore schizzò nel cervello di Remus, la testa che gli pulsava. Gli fece male solo per poco e lui conosceva il dolore come un vecchio amico. Se pensavano che una cosa così banale l’avrebbe fermato, si sbagliavano di grosso.
“Cosa vuoi, mezzosangue?” Chiese Crouch, sorridendo follemente. “O sei solo stupido, a girare qui da solo?”
“È stupido,” disse Piton, “come l’acqua tiepida.”
“Taci, Piton.” Disse Crouch, puntando la bacchetta contro Severus. Remus strinse gli occhi, prestando attenzione. A quanto pare, Piton non era bravo a farsi gli amici ovunque andasse.
“Tacete entrambi.” Disse infine Regulus, sembrando annoiato. Aveva fissato il volto di Remus per tutto il tempo. “Cosa vuoi, Lupin? Ti conviene dirmelo prima che a Barty venga voglia di provare le maledizioni senza perdono su di te.”
“Devo parlare con Narcissa.” Disse Remus il più chiaramente e calmamente possibile. “È urgente. Riguarda…sai, cose della famiglia Black.”
Regulus continuò a guardarlo per qualche istante, senza parlare. Era così simile a Sirius - solo senza la sua gioia e il suo senso dell’umore. Se Remus non gli avesse conosciuti, avrebbe pensato che Regulus fosse il fratello maggiore.
“Piton, fammi il piacere di andare a chiamare mia cugina.” Disse, bruscamente, senza nemmeno muovere il capo.
Piton sembrava furioso, ma obbedì. Facevano tutti quello che dicevano i Black? James spesso prendeva in giro Sirius perché si comportava come se fosse un nobile, ma forse stava solo interpretando il ruolo per cui era stato cresciuto.
Presto, Crouch si annoiò e se ne andò lasciando Regulus e Remus a fronteggiarsi in un silenzio tombale. Remus fu davvero felice di vedere il volto amareggiato di Narcissa quando finalmente attraversò il muro.
“Oh, Merlino.” Sospirò, facendo gli occhiacci a Remus. “Cosa vuoi?”
“Ci sono arrivato!” Disse velocemente. “Il…il problema. Ho una soluzione.”
“Oh davvero?” Incrociò le braccia, sembrando poco convinta.
“Il voto infrangibile,” si affrettò a dire, desideroso di spiegarle tutto per potersene andare, “non può mai essere infranto.”
Lei fece una risata nasale.
“Be’, questo è sicuramente sottinteso."
Remus alzò gli occhi al cielo impazientemente.
“Voglio dire,” disse più lentamente con crescente coraggio, “che se hai pronunciato un voto infrangibile non puoi fare altri voti che vi vanno contro. Non puoi nemmeno essere costretta a fare altri voti. O promesse.” Evidenziò significativamente l’ultima parola.
La lampadina si accese quasi immediatamente negli occhi di Narcissa. Per un secondo, le sue belle labbra rosa formarono la stessa ‘oh’ che che Remus aveva fatto solo un’ora prima quando lo aveva realizzato. Tuttavia, Narcissa non ebbe il tempo di parlare, perché nello stesso momento ci fu uno strillo da qualche parte in fondo al corridoio, che li fece voltare. Una ragazza di Serpeverde uscì di corsa dal bagno delle ragazze in fondo al corridoio, piagnucolando.
“Sono... esplosi!” Disse, con un’aria scossa. Di fatto, attraverso la porta a vento del bagno alle sue spalle, videro delle ondate di schiuma rosa che fuoriuscivano dai lavandini e dai gabinetti. Era davvero magnifico - splendidi ed eccezionali ammassi di soffici bolle di sapone si riversavano da ogni rubinetto e scarico.
“Io, uhm…devo andare!” Remus sorrise, facendo l'occhiolino a Narcissa prima di mettersi a correre.
Chapter 39: Secondo Anno: Il lungo ultimo giorno (parte 2)
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Il resto del pomeriggio fu semplicemente caotico - e Remus sapeva che Sirius e James, ovunque si trovassero, si stavano divertendo come dei matti. Ogni singolo bagno del castello era stato misteriosamente colpito dall’inondazione di schiuma e sembrava che nessuno riuscisse a fermarla per molto a lungo. Grandi ammassi di bolle intasavano il corridoio come della neve rosa e apparentemente agli studenti che non vi volevano giocare non era dispiaciuto molto essere costretti a uscire in cortile a stendersi sull’erba e passare l’ultimo giorno al sole.
Remus, che aveva già dovuto sacrificare il pranzo, doveva ancora andare in biblioteca a restituire i libri, aiutare Sirius a fare i bagagli (anche se in realtà, pensò mentre saliva di corsa le scale che portavano alla torre dei Grifondoro, aveva già fatto abbastanza per aiutare Sirius quel giorno) e andare da Madama Chips per una visita di controllo di fine anno. Doveva anche raggiungere la sala grande in tempo per aiutare James e Sirius con la fase finale del loro piano. Non era magia complessa, ma era potente e, idealmente, aveva bisogno di quante più bacchette possibile.
Prima la biblioteca, pensò risolutamente mentre entrava nell’ormai deserta sala comune. Almeno ora non ci sarebbe stato nessuno a fermarlo. Uno degli altri era chiaramente stato nel dormitorio dall’ultima volta in cui Remus ci era stato perché era ancora più disordinato di prima e non c’era più il mantello dell’invisibilità.
James, che probabilmente era il più ordinato dei quattro, aveva fatto i bagagli la sera prima e aveva rifatto con cura il suo letto. Lo spazio di Remus era ordinato solo perché ora era completamente vuoto, fatta eccezione per il suo pigiama e il suo libro sul comodino. Evidentemente a un certo punto Peter aveva provato a fare le valigie, ma era stato interrotto nel mentre - il suo baule era spalancato con diversi vestiti che ne pendevano fuori, sul suo letto c’era una pila di libri di testo e la sua cravatta rossa era appesa alla sua struttura. Il letto di Sirius era di gran lunga il peggiore. Doveva aver cercato qualcosa a un certo momento perché ogni cassetto della sua cassettiera era aperto, le lenzuola erano state tirate indietro e il suo baule era completamente vuoto.
Remus afferrò la sua borsa e se ne andò subito - ci avrebbe pensato dopo. Quando schivò Pix un’altra volta, desiderò avere ancora il mantello dell’invisibilità. Il poltergeist era nel suo habitat, si tuffava nei mucchi di schiuma e poi sbucava fuori contro studenti e insegnanti ignari. Remus pensò brevemente a ciò che la McGranitt gli aveva detto quella mattina riguardo a suo padre - ‘mollicci e poltergeist’. Si domandò cosa suo padre - suo padre Corvonero, campione di duelli, che aveva un carattere irascibile - aveva pensato di Pix.
“Buon pomeriggio, Madama Pince.” Disse Remus a bassa voce rispettosamente quando entrò in biblioteca. Era quasi vuota e la vecchia bibliotecaria dal volto emaciato stava catalogando una torreggiante pila di libri restituiti di recente con la sua bacchetta, mandandoli nei loro rispettivi scaffali con grande soddisfazione.
“Lupin.” Disse, non girando il capo per salutarlo.
Posò cautamente i libri sul tavolo più lontano da lei.
Anche se la biblioteca non lo spaventava più, non proprio, Remus era ancora abbastanza nervoso nelle vicinanze di Madama Pince, che chiaramente avrebbe preferito che a nessuno studente fosse permesso di toccare i suoi preziosi libri. “Sono tutti?” Disse bruscamente. “Lo scoprirò, se no.”
“Sono senz’altro tutti.” Disse, indietreggiando lentamente.
“Il signor Minus non ha restituito Piante velenose delle isole britanniche e il signor Black, quello più grande, deve restituire da tempo tre libri sulla trasfigurazione.”
“Oh, okay…uhm… glielo dirò quando li vedo.”
“Scriverò ai loro genitori se non li restituiscono entro le cinque in punto.”
“Glielo dirò.” Ripeté, quasi fuori dalla porta. Sospirando dal sollievo, si diresse verso l’infermeria a un passo tranquillo, resistendo alla tentazione di buttarsi a capofitto nella battaglie di palle di neve che i Tassorosso stavano facendo contro i Serpeverde con la schiuma.
Sembrava che l’incantesimo stesse andando ancora alla grande - sempre più bolle scaturirono dai bagni al suo passaggio e, se non si sbagliava, stavano diventando più grandi. Non sapeva dove si trovassero Sirius, James e Peter in quel momento, ma era sicuro che si stessero divertendo come dei matti.
“Remus, caro!” Madama Chips sorrise quando entrò in infermeria. “Grazie per essere passato - sono sicura che preferiresti di gran lunga divertirti con i tuoi amici oggi.”
Alzò le spalle, con un sorrisetto.
“Non mi dispiace.”
“Solo un paio di cose prima che inizi l’estate, andiamo nel mio ufficio?”
La seguì e accettò con gratitudine il piatto di biscotti che gli offrì - il suo stomaco stava brontolando per aver saltato il pranzo.
“Allora,” Madama Chips si mise a sedere, facendo apparire dal nulla le sue note sui pazienti, “ho provato a contattare un paio di volte la tua direttrice al St Edmund… sembra che non abbia chiaro come funzioni la posta. Continua a cercare di parlare con un qualche marchingegno babbano. Gliel’ho detto, non abbiamo un feletono a Hogwarts, ma non penso che mi creda…”
“No,” Remus trattenne una risata, “non penso.”
“Ad ogni modo, siamo riuscite a concordare che sarò presente prima e dopo il tuo isolamento per entrambe le lune piene. Le ho spiegato che la tua malattia è diventata…più difficile nel corso dell’ultimo anno, ma che non ci dovrebbe essere alcun pericolo per nessuno a scuola.”
“Okay.” Remus annuì. Ora che era abituato all’idea, era piuttosto contento che ci sarebbe stata la Chips, anche se brevemente, durante le vacanze. Avrebbe reso le lune piene leggermente meno cupe.
“Voglio assicurarmi che nel frattempo tu ti prenda cura di te stesso. Mangia pasti completi e mantieni un giusto equilibrio tra riposo ed esercizio.”
Remus non se la sentì di dire a Madama Chips che aveva ben poca voce in capitolo su quando gli era permesso di riposare o su quanto spesso facesse esercizio fisico mentre viveva al St Edmund. Nessuno ad Hogwarts sembrava capire che tipo di istituto fosse.
Successivamente, controllò le ferite dovute alla luna precedente per assicurarsi che si stessero chiudendo correttamente, poi eseguì degli incantesimi diagnostici. Erano quasi le quattro quando si incamminò verso la torre dei Grifondoro per quella che gli sembrava essere la centesima volta quel giorno.
Gazza non era ancora riuscito a contenere la schiuma, ma almeno questa aveva smesso di sgorgare fuori da ogni rubinetto e scarico del castello. Gli altri dovevano essersi annoiati, passando a fare altro. Mentre Remus scalava la torre, vide un paio di studenti volare davanti alle finestre sulle loro scope. Era una bellissima giornata fuori, probabilmente gli altri malandrini erano usciti a sfruttarla al meglio.
Ebbe uno shock quando raggiunse il dormitorio.
“Ehi, Lunastorta.” James gli sorrise. Era da solo, dal lato della stanza di Sirius. Stava facendo i bagagli. “Buon lavoro a recuperare gli ombrelli.”
“Sì, ben fatto con la schiuma. Gazza sta fumando dalla rabbia.” Si strofinò il capo, a disagio. “Dov’è Sirius?”
“Sta facendo qualcosa di folle sulla sua scopa, credo. Ho pensato di sistemare le sue cose.”
“Vuoi una mano?”
“Nah, non preoccuparti. Non volevi leggere un libro o qualcosa del genere?”
Remus alzò le spalle. Si sentiva un po’ imbarazzato ora. Era giusto che lo facesse James - dopotutto James era il miglior miglior amico di Sirius.
“Non importa, ti aiuterò.” Disse con noncuranza, come se non gli cambiasse molto. “Sai che odio volare.”
“Carino da parte tua.” James sorrise con facilità, raccogliendo un po’ del caos di Sirius e riordinandolo velocemente. Remus iniziò a mettere in ordine i suoi album, impilandoli in ordine alfabetico perché sapeva che a Sirius piaceva così. “Mettili nel mio baule.” Disse James indicando con un cenno del capo la scatola di vinili. “Anche i libri babbani. Gli ho detto che gli avrei tenuti per lui. Sai, per come stanno le cose con sua mamma e suo papà.”
Remus annuì, spostandoli sul letto di James.
“Sarà un’estate da schifo, senza voi due.” Commentò James, sembrando genuinamente dispiaciuto.
“Sì.” Rispose Remus, non sapendo bene che altro dire.
“Sirius pensa…pensa che forse non tornerà a settembre.”
“Cosa?!” Remus alzò di scatto lo sguardo, allarmato. James fece una smorfia.
“Sì, suppone che per via di questo fidanzamento…potrebbero mandarlo a Durmstrang. Per tenerlo fuori dai guai finché non potranno farlo sposare. Abbastanza drastico, credo, ma ne sarebbero capaci.”
“Però la cerimonia di fidanzamento potrebbe non avvenire.” Disse Remus velocemente. “Ho la sensazione che…che Narcissa non lo lascerà succedere.” Non voleva ancora dire nulla a James - perché James l’avrebbe detto a Sirius e Sirius avrebbe potuto essere infastidito dal fatto che Remus avesse agito a sua insaputa parlando con la sua famiglia. E se non avesse nemmeno funzionato? Non voleva dare a nessuno false speranze.
“Narcissa?” James lo guardò con curiosità. “Di cosa stai parlando?”
“So solo che non vuole sposare Sirius più di quanto lui voglia sposare lei, tutto qui.” Remus scosse la testa. “Metto anche le sue riviste babbane nel tuo baule?”
* * *
“Che anno meraviglioso abbiamo passato.” Disse Silente, raggiante, nella sala grande, mentre gli ultimi avanzi del banchetto di fine anno sparivano dai loro piatti. Remus avrebbe sentito la mancanza del cibo più di ogni altra cosa e aveva mangiato tre porzioni di budino. Quell’anno erano stati i Corvonero a vincere la coppa delle case e la sala era addobbata con stendardi di seta blu reale e bronzo. Ogni volta che il tavolo dei Corvonero aveva esultato durante il pasto, Remus aveva sentito uno strattone dietro l’ombelico e aveva pensato a suo padre.
Il discorso di Silente continuò. “Sono immensamente orgoglioso di tutti voi, naturalmente. Ora che ci siamo tutti ben sostentati, vorrei dire qualche parola…”
“Pronti, ragazzi.” Sussurrò Sirius sottovoce, in modo che solo i malandrini potessero sentirlo. Silente continuò.
“…ancora una volta, congratulazioni a Corvonero…”
“Ora!”
“…per aver vinto la coppa delle case quest’an-”
Si sentì uno strillo in fondo alla sala e tutti si girarono per guardare bolle rosse e oro sgorgare improvvisamente da ogni calice al tavolo dei Corvonero. Spararono verso l’altro come grandi geyser, colpendo il soffitto ed esplodendo in una pioggia di brillanti goccioline che caddero come pioggia sugli studenti sottostanti, tingendo le loro vesti di strisce di cremisi Grifondoro.
“Continuate!” Sussurrò Sirius, la sua voce alta per via dell’entusiasmo, mentre i malandrini sventolavano le loro bacchette usando ogni grammo di concentrazione. Contemporaneamente eruttarono anche i calici di tutti gli altri tavoli, causando lo stesso effetto. Gli studenti strillarono e iniziarono a mettersi al riparo, i loro capelli, la loro pelle e i loro vestiti che si tingevano di rosso e oro vibranti.
Nemmeno il tavolo dei Grifondoro si salvò - non volendo perdersi il divertimento, James aveva insistito. Lily Evans aveva portato il suo ombrello e sorrise scaltramente a Remus mentre Mary e Marlene bisticciavano per rimpararvisi sotto con lei. Nell’angolo più lontano della sala, Remus intravide una furiosa Narcissa nascondersi sotto il suo tavolo, i suoi lunghi capelli bianchi striati di rosso e oro che cozzavano terribilmente con il suo incarnato di porcellana.
Stava fissando il suo cugino ribelle così duramente che Remus si chiese come Sirius non fosse morto sul posto. Ma si consolò al pensiero che quell’incidente non poteva che aver consolidato nella mente di Narcissa l’idea che doveva sfuggire al matrimonio con Sirius a tutti i costi.
“Omnistratum!” Disse Silente, calmamente, puntando la sua bacchetta verso il soffitto.
Immediatamente, le bolle scoppiarono ed evaporarono nel nulla, come se un enorme campo di forza fosse improvvisamente apparso sopra le loro teste. “Gratta e Netta!” Il preside sorrise amabilmente, sventolando la bacchetta sopra l’intera sala. Istantaneamente, la pittura rossa e oro svanì dai tavoli, dai pavimenti e dagli studenti. L’ordine venne ristabilito.
“Aw.” James sospirò, deluso.
“Un eccellente modo per celebrare la vittoria dei Grifondoro sul campo da quidditch quest’anno.” Silente si schiarì la voce mentre gli studenti ritornavano ai loro posti, osservando nervosamente i loro calici. “E nonostante io accolga con entusiasmo e incoraggi dimostrazioni di orgoglio per la propria casa, vorrei che tutti si ricordassero che il vero spirito sportivo si trova nella capacità di cedere con dignità la vittoria. Per favore, alzate con me i bicchieri in onore di Corvonero, vincitori della coppa della case di Hogwarts del 1973.”
Remus ebbe la sgradevole sensazione che sebbene Silente non avesse guardato nella direzione dei Malandrini, erano assolutamente i destinatari di quell’ammonimento. Si vergognava un po’ - ma solo un po’. Era difficile dispiacersi troppo quando non si era fatto male nessuno ed era così pieno di cibo eccellente.
James e Sirius stavano già pianificando il finale del prossimo anno, Peter sorrideva e annuiva come un fesso. Lily fece l’occhiolino a Remus mentre sollevavano i loro calici e lui sperò che nulla sarebbe mai cambiato.
Chapter 40: Estate 1973
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
Sabato 30 giugno 1973
Caro Remus,
sono a casa dei miei genitori da solo mezz’ora e mi hanno già detto cinque volte che sto portando disonore sulla nostra famiglia. Cinque. Tre di quelle volte non era nemmeno da persone vive - i ritratti dei nostri antenati hanno deciso di aggredirmi verbalmente.
Penso che ora inizierò ad appendere le mie cose di Grifondoro.
Spero che tu sia arrivato a casa sano e salvo.
Sirius O. Black
* * *
Caro Sirius,
il tuo gufo è arrivato ancora prima che fossi tornato - abbiamo dovuto prendere due metropolitane e un pullman, c’è voluta un’eternità.
Mi dispiace per la tua famiglia. Sii prudente. Vorrei che fossimo tutti a scuola.
Remus.
* * *
Venerdì 13 luglio 1973
Caro Lunastorta,
vieni a trovarci presto, io e Peter moriremo dalla noia!
Non mandare gufi a Sirius - sua mandare ha intercettato il mio e l’ha rimandato indietro ricoperto di maledizioni! Per fortuna papà se n’è accorto prima che succedesse qualcosa, ma dannazione! Potrei provare a contattare sua cugina Andromeda per vedere se sa come fargli arrivare la posta. Penso che sia il modo babbano, ma, per Godric, chissà come dovremmo fare a capire come funziona - non ho nemmeno ancora aperto il mio libro di Babbanologia.
Fammi sapere se puoi venire a trovarci. Ricordati che la mamma ha detto che puoi venire quando vuoi. Possiamo parlare con la tua direttrice e Madama Chips - anche con il ministro della magia se dobbiamo!
James.
* * *
Caro James,
io so come funziona la posta babbana, ma devo sgraffignare dei francobolli. E non so quale sia l’indirizzo di Sirius.
Ieri l’ho chiesto a Madama Chips dopo la luna piena - ha detto di no. Ha detto che il mondo magico è troppo pericoloso per me. Non so se intende che sono io quello pericoloso.
Scusami amico.
Lunastorta
* * *
Domenica 5 agosto 1973
Caro Lunastorta,
allora. Non crederai mai a quello che è successo. Seriamente. La cerimonia era pronta a iniziare - indossavo il mio orrendo abito verde (con polsini di pizzo nero - PIZZO, Lunastorta. Prova a immaginarlo. Avresti pensato che sembravo un vero idiota). C’erano Regulus, mia madre, padre, metà della famiglia.
Poi arriva Narcissa indossando qualcosa che sembrava appartenere a mia nonna. E non sembra felice, quindi penso - be’, mi pare giusto, nemmeno io sono particolarmente elettrizzato. Ma poi si alza, davanti a tutti e dice “Dobbiamo fermarci immediatamente.”
Quindi tutti si fermano e sembra che mia mamma stia per iniziare a sputare maledizioni e mio zio sta chiedendo a Narcissa “a che gioco stai giocando” e Regulus mi sta sorridendo e anche Bellatrix sta sorridendo, solo che lei sembra un po’ più folle di Reg. Poi Narcissa sussurra qualcosa ai suoi genitori e mia zia è LETTERALMENTE SVENUTA. Non ti sto prendendo per il culo. E tutti stanno mormorando e sussurrando e mia mamma non ce la fa più ed esige di sapere cosa sta succedendo, quindi Narcissa si alza e GUARDA MIA MADRE DRITTO NEGLI OCCHI e glielo dice.
Ha fatto un voto infrangibile, ha giurato di sposare Lucius Malfoy non appena avrà terminato i suoi MAGO.
Non mi ricordo se ti ho detto cosa sia un voto infrangibile, ma in pratica non può non sposare Malfoy ora - o ci rimangono secchi entrambi. Non so se dovrei essere un po’ offeso per questo punto, ad essere sinceri. Insomma, cosa vuol dire quando una ragazza preferirebbe morire piuttosto che sposarti, anche se è tua cugina?
Ad ogni modo, come puoi probabilmente immaginare, la famiglia Black è in guerra, nessuno si parla perché sono state lanciate delle maledizioni tra mio papà e mio zio. Non riesco a credere a ciò che ha fatto Narcissa. Seriamente, mi è iniziata quasi a stare simpatica per un momento prima che mi ricordassi che è comunque una Black e una Serpeverde e che vuole sposare quel viscido idiota di Lucius Malfoy, tra tutti.
Ma sembra che ora io sia fuori pericolo. Non ci sono più cugine con cui farmi sposare ora. Sono tutti furiosi, naturalmente, ma per una volta nessuno è arrabbiato con me. Penso che probabilmente tornerò a Hogwarts a settembre - ho sentito mamma discutere di rendere Reg l’erede al mio posto. La cosa non mi tocca, non me ne potrebbe fregare di meno di ereditare questa ripugnante casa e la loro ripugnante fortuna. Preferirei che mi lasciassero in pace e continuassero ad ignorarmi per sempre.
Spero che le tue vacanze stiano andando bene quanto le mie (anche se non vedo come sia possibile, perché sinceramente, che bel risultato, eh, Lunastorta??)
Ci vediamo tra qualche settimana,
Sirius O. Black
* * *
Lunedì 6 agosto 1973
Caro Lunastorta,
scommetto che Sirius ti abbia già detto la novità, ma in caso non l’abbia fatto - IL FIDANZAMENTO NON AVVERRÁ! Avevi ragione, alla fine è dipeso tutto Narcissa. Che capacità sorprendenti che ti ritrovi, Remu, vecchio amico, non ti va di darmi delle quote sulla coppa del mondo di quidditch dell’anno prossimo, eh?
Sto passando un’estate davvero noiosa qui da solo. La famiglia di Pete è andata a trovare dei parenti in Francia quindi non ho nemmeno qualcuno con cui allenarmi. Spero che la tua non sia così male. Ho pensato che magari potresti chiedere a Madama Chips di portarti a Diagon Alley ad agosto? O forse potremmo incontrarci e riportato indietro dopo? Mia mamma continua a chiedere di te, le piacerebbe molto rivederti.
Mettiti in contatto se riesci.
Tuo nell’eterna noia,
James.
* * *
Lunedì 13 agosto 1973
[Cartolina raffigurante la Tour Eiffel in primavera]
Caro Remus,
bonjour e tutto quanto da Parigi!
Spero che le tue vacanze stiamo andando bene. Vorrei che foste qui.
Peter.
* * *
Remus rispose a ciascuna di queste comunicazioni con vigore, molto di più rispetto all’anno prima. I malandrini avevano visto abbastanza della sua grafia per sapere quanto fosse sbilenca e non pensava che a loro importasse di qualche errore di ortografia. Aveva detto a James che gli dispiaceva molto ma che non poteva andare a Diagon Alley (Madama Chips aveva detto che anche lì non era sicuro e non gli aveva voluto dire perché) e si era congratulato con Sirius per il suo sudato celibato, ma non gli disse che lui, Remus, aveva qualcosa a che fare con la faccenda. Sarebbe sembrato troppo un vantarsi e non voleva che Sirius si sentisse indebitato con lui.
Forse l’estate di Remus fu noiosa quanto quella di James e Sirius, ma con più obiettivi di qualsiasi estate precedente. Madama Chips mantenne la sua parola e arrivò la sera prima e la mattina dopo ogni luna piena. Pertanto, passò meno tempo ricoperto da bende e ebbe più tempo per leggere e fare piani per l’anno a venire.
Quando i suoi libri arrivarono, per gentile concessione di Silente e del bidone di seconda mano di Hogwarts, Remus fu elettrizzato di poter portarsi avanti con le sue letture. Aritmanzia era molto difficile, ma la sfida era emozionate - e Cura delle Creature Magiche era totalmente avvincente, se solo per via delle fantastiche illustrazioni colorate.
Anche la direttrice commentò - con un po’ di diffidenza - che Remus era cambiato parecchio dopo due anni a scuola.
“È bello vedere che ti stai tenendo fuori dai guai.” Disse una mattina quando lo vide seduto in fondo al giardino a leggere un pesante testo di libro usando il suo foglio d’acetato. Remus si era limitato a guardarla strizzando gli occhi e sorridere in modo innocuo. Naturalmente la direttrice non aveva idea che prima della fine dell’estate Remus avrebbe commesso il suo primo serio reato.
Da quando aveva passato Natale con i Potter, Remus era stato afflitto da un particolare problema e non era sicuro del modo migliore in cui superarlo. Soldi. Non ne aveva - babbani o magici, Remus era assolutamente povero. Non gli era mai importato molto - dopotutto il St Edmund gli forniva le necessità di base e Hogwarts gli dava tutto il resto.
Ma. Ma. Gli sarebbe piaciuto, perlomeno, essere in grado di ricambiare la generosità che i suoi amici gli avevano dimostrato. Gli avevano comprato innumerevoli dolciumi e regali; Sirius gli aveva regalato la capacità di leggere, per l’amore del cielo, e Lily aveva salvato da sola la sua estate. Da un po' di tempo Remus aveva deciso di cercare la prima occasione che potesse portare a un pagamento.
Fortunatamente per Remus, questa opportunità si presentò un caldo pomeriggio di giugno. Stava leggendo ancora, ovviamente, seduto su una panchina all’ombra di un vecchio ombrellone che doveva essere stato donato a un certo punto dopo l’inizio del suo primo anno. Ora che aveva tredici anni, anche se non era tra i ragazzi più grandi al St Edmund, Remus non occupava più il gradino più basso e in genere poteva evitare di essere preso di mira troppo gravemente.
Un’ombra cadde sul suo libro e alzò lo sguardo. Craig Newman, uno skinhead di sedici anni, lo stava fissando dall’alto. La gang di Craig era in cima alla scala sociale del St Eddy. Ascoltavano tutti il reggae, indossavano anfibi e skinny jeans sorretti da delle bretelle. alcuni avevano dei tatuaggi e tutti avevano dei lividi.
“Ehi, Lupin.” Grugnì Craig. Remus sbatté le palpebre, chiudendo lentamente il suo libro, e si chiese se potesse essere utile come arma. Almeno era pesante.
“Ehi Newman.” Fece un cenno col capo, cercando di non sembrare piccolo e spaventato. Durante l’estate era tornato naturalmente a usare il suo vecchio accento, biascicando le parole e non pronunciando tutte le consonanti. Era più sicuro così.
“Che leggi?” Craig strizzò gli occhi e guardò il libro, diffidente. Remus si domandò se Craig sapesse leggere. Alzò le spalle con nonchalance.
“Qualcosa per scuola.”
“Già.” Craig annuì. Remus non mosse un muscolo. Non capiva cosa stesse succedendo - Craig voleva davvero solo chiacchierare? “Sei sveglio, eh?” Disse improvvisamente il ragazzo più grande.
Remus non sapeva quale risposta l’avrebbe fatto pestare con più probabilità, quindi non rispose. Ciononostante, a Craig non parve importare. Si limitò a grattarsi il mento, poi tirò fuori un pacchetto di sigarette dalla sua manica. “Sì, sei sveglio. Sempre a leggere.” Accese una sigaretta con un fiammifero, poi porse il pacchetto a Remus.
Remus allungò la mano e ne prese una. Non aveva mai fumato prima d’allora, ma la maggior parte dei ragazzi al St Edmund lo faceva. Craig l’accese per lui e Remus inalò. I suoi occhi si riempirono immediatamente di lacrime e cercò disperatamente di non tossire e sputare. Era disgustoso.
Craig lo guardò lievemente divertito e continuò. “Piccolo, anche. E magro.”
“Immagino di sì.” Rispose Remus, tossendo e guardando Craig inspirare per poi cercare di copiarlo.
“Che ne dici di un lavoro?”
“Lavoro?”
Craig annuì, i suoi piccoli occhi fissi su Remus.
“Sì, saresti bravo. Derubiamo il negozio di liquori in città. Domani sera. Non ha sicurezza. Non ha nulla, solo un cane. Puntiamo alla cassa e all’alcol. Puoi averne una parte. Devi solo infilarti nella finestra sul retro.
“Okay.” Annuì Remus, come se la prospettiva non lo terrorizzasse completamente. Aspirò di nuovo la sigaretta, questa volta per abitudine. In un certo senso poteva capire l’attrattiva, una volta superato il sapore. Prese in considerazione la proposta di Craig.
Da un lato, era dannatamente pericoloso. La banda di Newman non era conosciuta per la sua sottigliezza e un paio di loro erano già in libertà vigilata. Dall’altro lato, non sembrava che avesse molta scelta. Quando Craig Newman voleva che facessi qualcosa, dovevi farlo e basta. Inoltre, avrebbe potuto sicuramente trarne beneficio. Ovviamente i soldi babbani erano del tutto inutili per lui, ma forse c’era un altro modo…
Remus guardò Craig Newman nei suoi piccoli occhi da maiale.
“Voglio solo delle sigarette.”
Craig fece un sorrisetto e annuì. E così, Remus cominciò la sua breve carriera da ladro.
Notes:
Skinhead: Sottocultura britannica formata da giovani della classe operaia di Londra e dintorni durante gli anni '60, '70 e '80. Ascoltavano ska e reggae ed erano appassionati della cultura giamaicana dei Rude Boy. Erano noti per essere violenti e per le risse. Più tardi (tra la fine degli anni '70 e gli anni '80) il movimento divenne nazionalista bianco e il termine "skinhead" divenne sinonimo di razzista.
Chapter 41: Terzo Anno: Di nuovo a casa
Chapter Text
In the corner of the morning in the past
I would sit and blame the master first and last
All the roads were straight and narrow
And the prayers were small and yellow
And the rumour spread that I was aging fast
Then I ran across a monster who was sleeping
By a tree
And I looked and frowned and the monster was me
Sabato 1 settembre 1973
Dopo il primo lavoro, Craig e la sua gang erano stati così contenti di Remus che lo avevano portato con sé altre quattro volte, in case e piccole imprese nelle città circostanti. Anche senza il mantello dell’invisibilità, Remus scoprì di aver un talento naturale per infilarsi in posti in cui non avrebbe dovuto essere. Ad ogni modo, era quello che aveva detto Craig, “Questo ragazzo ha un maledetto talento naturale.”
La natura era una cosa divertente, si ritrovò a pensare Remus, durante il tragitto per King’s Cross. Ricordava che James lasciava sempre un borsellino di monete quando saccheggiavano Mielandia. Rubare non era nella natura di James, a quanto pare. Ma Remus pensò che non fosse un giudizio particolarmente e giusto dato che James non aveva mai avuto bisogno di rubare. Era l’erede di un’enorme fortuna, proprio come Sirius. E, in verità, non sai mai di cosa sei capace finché non lo provi. Deve essere molto facile essere bravi quando non hai un motivo per non esserlo.
In ogni caso, Remus aveva deciso di non dire mai agli altri malandrini cosa aveva fatto quell’estate e passò il resto del viaggio a sognare ad occhi aperti tutti i regali di Natale e compleanno che finalmente avrebbe potuto comprare ai suoi amici.
Quest’anno il baule di Remus era colmo di cartoni di sigarette e portatabacco. Abbastanza per mettere in piedi un piccolo commercio - se fosse stato abbastanza scaltro, forse sarebbe riuscito a venderne la maggior parte prima di Natale. Quell’anno era loro permesso andare a Hogwarts e la direttrice aveva firmato la sua autorizzazione senza fare storie - anche Madama Chips pensava che probabilmente fosse abbastanza sicuro per lui andare.
A quanto pare la direttrice aveva imparato la lezione. Accompagnò Remus fino a King’s Cross poi lo lasciò lì con un brusco saluto. Con il cuore che gli batteva come due anni prima, Remus corse verso la barriera ed espirò solo quando arrivò sano e salvo dall’altro lato. Era di nuovo a casa.
Non gli ci volle molto per individuare Sirius che era accasciato contro uno dei piloni della stazione, accanto alla sua famiglia. La signora Black aveva molte attenzioni per Regulus, che sembrava più pallido del solito e con la schiena molto diritta mentre Walburga gli pettinava i capelli e gli sibilava nell’ orecchio. Stava palesemente cercando di ignorare suo figlio maggiore i cui capelli sembravano deliberatamente scompigliati e le cui vesti erano ingegnosamente sgualcite e fuori posto. Remus pensò che fosse meglio non avvicinarsi.
“Ehi Lunastorta.” Ricevette una pacca sulla schiena e si girò, trovando James e Peter che gli sorridevano. James era cresciuto di qualche centimetro e il suo volto era leggermente più magro, ma aveva gli stessi brillanti occhi marroni e la stessa zazzera di capelli neri. Peter era sempre uguale, anche se sembrava che si stesse riprendendo da una scottatura piuttosto dolorosa.
“Ciao.” Remus sorrise, il suo cuore sobbalzò dall’emozione. Tutto era come doveva essere.
Si udì un fischio e salirono sul treno per cercare uno scompartimento vuoto, aspettando Sirius. Finalmente gli fu permesso di unirsi a loro, a quello che parve essere l’ultimo minuto, e entrò nel vagone mormorando cupamente tra sé e sé.
“Mantenere le apparenze, un cazzo.”
“Nessun cambiamento in quel settore allora.” James fece l’occhiolino a Remus. Sirius li guardò e sul suo volto si allargò un sorriso. Quel sorriso alla Sirius Black.
“Pensavo che non vi avrei più rivisti!”
“Godric, devi essere sempre così drammatico.” James gli diede un pugno sulla spalla e tutti si alzarono per salutarlo.
“Non sapete com’è.” Si lamentò Sirius, stringendo la mano di James in una calda, fraterna stretta di mano. Poi vide Remus e sorrise maliziosamente. “Sei tu, Lunastorta?!” Allungò deliberatamente il collo, alzando una mano come per proteggersi gli occhi dal sole e sollevò lo sguardo. “Riesci a sentirmi da lassù??”
“Ah ah.” Rispose Remus, muovendosi a disagio. “Sono alto come James.”
“No, non più.” Ribatté James, avvicinandosi a Remus in modo che vedesse che era davvero un centimetro più alto del ragazzo dai capelli scuri.
“Sì, com’è che sono finito ad avere due pertiche per amici?” Sirius sorrise, dando una scherzosa pacca sulla schiena a Remus. “Per fortuna che ci sei tu, eh Petey mio?”
“Hm?” Peter sollevò lo sguardo dal suo pasticcio, confuso. Peter Minus non sembrava più alto di quando aveva undici anni, ma era considerevolmente più largo.
Sirius sembrava crescere con grazia e in perfette proporzioni, il che era tipico. Era un po’ più alto, ma non allampanato come James, snello, ma non magro come Remus. Inoltre la sua mascella si era allargata durante l’estate e l’ombra dell’età virile si stagliava sui suoi lineamenti.
“Okay.” James si sfregò le mani mentre si sedevano. “Quindi, ora che ci siamo detti tutto - direi di passare a nuovi affari. Piani per quest’anno?”
“Dobbiamo finire la mappa.” Disse Remus, velocemente. Ci stava pensando da un po’. “Non manca molto e scommetto che possiamo capire come funziona l’incantesimo homunculus se ci impegniamo seriamente.”
“Assolutamente.” Disse James. “La mappa è il nostro retaggio, giusto? Ci lavoreremo, lo prometto.”
“E quell’altra cosa.” Disse Sirius improvvisamente e alquanto bruscamente. James e Peter si scambiarono uno sguardo e Remus sentì un nodo allo stomaco.
“Quale ‘altra’ cosa?” Chiese accigliato.
James lo guardò negli occhi, uno sguardo molto serio.
“Solo qualcosa di cui stavamo parlando l’anno scorso. Te um…te lo faremo sapere se decidiamo di farlo.”
“Non vogliamo metterti nei guai, Lunastorta.” Peter rise nervosamente. “Meno sai meglio è, no?”
Remus si offese. Non se l’era cavata dopo aver partecipato nella maggior parte degli scherzi dell’anno prima con il minor numero di punizioni? E non era stato l’unico a provare a parlare con Narcissa dei problemi familiari di Sirius? Naturalmente, gli altri non lo sapevano - se avevano un segreto, anche lui ne avrebbe avuto uno. Risentito, guardò fuori dal finestrino ignorando il resto della conversazione.
Finalmente, Peter sospirò pesantemente.
“Dov’è la strega del carrello? Ho fame.”
“Ti ho appena guardato finire un pasticcio.” Rispose James, vagamente irritato dato che era nel mentre di spiegare il suo piano di fare un incantesimo sui manici di scopa della squadra di Serpeverde durante i successivi allenamenti.
“Sì, ma ho voglia di qualcosa di dolce.” Peter si immusonì, svuotando le sue tasche e trovando solamente incarti vuoti.
Remus vide la sua opportunità e finalmente si rallegrò.
“Ci penso io, Pete.” Disse frugando nella sua valigia e tirando fuori una manciata di barrette di cioccolato, riversandole sul sedile vuoto accanto a lui. Gli altri ragazzi fissarono la pila.
“Cosa sono?” Sirius prese un Mars con diffidenza.
“Cioccolato babbano.” Disse Remus. “È buono. Forza, non mordono.”
Peter aveva già scartato e morso una Milky Way e stava facendo un sorriso di incoraggiamento agli altri. Remus scelse un pacchetto di Maltesers rimettendosi a sedere, soddisfatto che per una volta aveva portato lui gli spuntini sul treno.
* * *
Quando presero posto al banchetto, Remus notò che erano seduti a una distanza maggiore dal tavolo degli insegnanti. Con quelli del primo e del secondo anno sotto a loro, i malandrini non si trovavano più tra gli studenti più giovani, il che diede loro un inutile senso d’orgoglio e realizzazione.
“Farai Rune, vero Remus?” Chiese Lily buttandosi a sedere al suo lato. Aveva tagliato i capelli durante l’estate e ora aveva una delicata frangia che la faceva assomigliare un po’ a Jane Asher.
“Sì.” Annuì.
“Lunastorta ci abbandona!” Sirius pianse comicamente, facendo finta di cadere contro la spalla di James singhiozzando in modo inconsolabile.
“Via, via.” James gli diede dei colpetti sulla schiena in modo solenne. “Spero che tu sia felice, Remus.” Lo rimproverò. “Va bene che tu passi a cose più grandi e migliori, ma pensa a noi persone comuni che ti lasci alle spalle."
“Non mi sto lasciando nessuno alle spalle.” Bonfonchiò Remus, le orecchie che si coloravano di rosso. “È solo che non avevo voglia di fare Divinazione.”
“Ignorali.” Disse Lily delicatamente, mandando uno sguardo di disapprovazione a Sirius e James che ora si stavano stringendo, continuando a far finta di singhiozzare istericamente come se i loro cuori fossero irreparabilmente spezzati. Lily fece un verso di disapprovazione, vedendo che non aveva avuto alcun effetto, e si voltò nuovamente verso Remus. “Non dovete essere sempre insieme. Ad ogni modo, anch’io farò Rune, hai già letto qualcosa?”
Remus annuì entusiasticamente.
“Sì, sembra davvero interessante.”
“Aha!” Sirius alzò lo sguardo astutamente. “Ora ho capito.”
“Cosa?” Chiese Remus nervosamente. Sirius aveva quel malizioso e imprevedibile sguardo nei suoi occhi.
“Non credo che abbia nulla a che vedere col far avanzare la tua carriera accademica.” Si grattò il mento saggiamente. “Credo che il nostro caro Remu sia stato allontanato dalla stupida materia preferita di tutti dal gentil sesso!”
“Taci.” Remus arrossì ancora di più, cercando di non guardare Lily. Sirius sapeva sempre la cosa più imbarazzante da dire.
“Sì, taci, Black.” Lily sospirò. “Insomma, non riuscite nemmeno a essere gentili gli uni con gli altri. Solo perché nessuna ragazza si avvicinerebbe a voi manco morta-”
“Per tua informazione, di recente dovevo sposarmi.” Rispose Sirius con un fruscio dei suoi capelli scuri. James stava morendo dal ridere ora, le spalle che gli tremavano.
“Che altre materie hai scelto, Remus?” Chiese Lily, visibilmente ignorando gli altri malandrini.
“Cura delle Creature Magiche.” Remus sospirò. Aveva già sentito abbastanza battutine da James e Sirius.
“Oooh!” Marlene si girò di scatto. “Anche io e Mary la facciamo!”
“A-HA!” Disse di nuovo Sirius, con un tono di voce ancora più alto, e James perse del tutto il controllo.
Per fortuna, lo smistamento iniziò e la sala cadde nel silenzio. Remus scoprì che la cerimonia era estremamente noiosa quando non ne facevi parte e faticò a reprimere uno sbadiglio mentre la fila degli spaventati studenti del primo anno diventava sempre più corta e gli spazi in cima al tavolo dei Grifondoro si riempivano sempre di più di nuovi studenti. La sua attenzione vacillò e fissò lo sguardo sul tavolo dei Serpeverde in fondo al quale era seduta Narcissa, regale come una regina e con un aspetto molto più allegro rispetto all’ultima volta che l’aveva vista.
Regulus, ora al secondo anno, era all’estremità opposta del tavolo rispetto a sua cugina e sembrava annoiato tanto quanto Remus. Poi c’era Piton, tra i Serpeverde del terzo anno, che come sempre stava fissando Lily. Incrociò il suo sguardo una o due volte e Remus la vide sorridergli nel suo solito modo amichevole, ma ciò non sembrò migliorare per niente l’umore di Severus. Solo Lily poteva restare amica con qualcuno di così avvilente, pensò Remus tra sé e sé.
Il banchetto, quando apparve, fu delizioso e benvenuto come sempre. Remus prese le sue consuete due porzioni di tutto, incluso il budino, e, una volta che ebbero mangiato, Silente fece il suo usuale discorso. Negli ultimi due anni, Remus aveva disconnesso il cervello durante quella parte della serata - essendo troppo colmo di buon cibo e troppo assonnato per via della lunga giornata da prestare molta attenzione. Ma qualcosa nel tono serio dell’orazione solitamente scherzosa del preside gli fece prestare attenzione.
Vide che non era l’unico. Un basso mormorio nefasto proveniva dal tavolo dei Serpeverde, in particolare dagli studenti più grandi. Anche i Grifondoro intorno a Remus parvero raddrizzarsi un po’ di più.
“Di che parlava?” Chiese Remus mentre uscivano dalla sala per andare nei loro dormitori, i disorientanti avvertimenti di Silente che gli risuonavano nelle orecchie. “‘Unità di fronte all’oscurità’ e quant’altro?”
“Oh, giusto, non lo puoi sapere…” Disse James a bassa voce. Guardò Sirius che stava strascicando i piedi, le mani in tasca. “Te lo dico quando siamo da soli, okay?”
Aspettarono per scoprire la parola d’ordine di quell’anno (‘Quisquilia’) e si diressero su per le scale verso il loro familiare dormitorio. Tutti i loro letti erano fatti, i loro bauli al loro fianco, e Remus sentì un’ondata di felicità quando entrò. Sirius iniziò subito a disfare i bagagli, tirando fuori i suoi amati dischi e libri babbani dal baule di James. James tirò fuori solo il suo manico di scopa e iniziò a lucidarlo con cura, seduto a gambe incrociate sul suo letto.
“Quindi?” Chiese Remus impazientemente. “Il discorso strano?”
“Oh, giusto.” James deglutì. Guardò di nuovo Sirius che sembrava starli ignorando. James sospirò, passandosi le mani nei capelli. “In realtà è tutta una questione politica.”
“Politica?” Remus gemette interiormente. Non sapeva molto riguardo la politica babbana, tanto meno riguardo qualsiasi cosa avvenisse nel mondo magico - oltre lo statuto di segretezza di cui avevano parlato a Storia nel primo anno. Un referendum riguardo l’ingresso della Gran Bretagna nella Comunità Europea era imminente - ma non sarebbe avvenuto per un altro paio d’anni, se Remus aveva capito correttamente i discorsi del primo ministro, e non vedeva come avrebbe potuto influire più di tanto sui maghi.
“Be’, sai che ci sono..um..be’, dei maghi oscuri?”
“Sì…” Remus cercò di apparire informato. Si ricordava di aver letto brevemente qualcosa su Grindelwald, ma non l’avrebbero studiato fino ai loro GUFO.
“Ultimamente c’è stato un incremento di magia oscura, tutto qui. E mio padre mi ha detto…sta succedendo qualcosa al ministero. Capi di dipartimenti che spingono per riforme più severe contro i maghi nati babbani e…persone che sono diverse. Papà ha detto che non c’è nulla di cui preoccuparsi, solo i vecchi soliti pregiudizi. Ma immagino che Silente pensi che dobbiamo essere in guardia.”
“Mia madre e mio padre hanno convocato una riunione.” Disse Sirius improvvisamente. Si girarono entrambi a guardarlo. Sembrava turbato, come se si vergognasse, e si rifiutò di incrociare il loro sguardo. “Non hanno voluto che partecipassi, ovviamente, ma Reg è andato. Continuano a parlare di questo Signore Oscuro - non so, magari è un politico che vogliono sostenere nelle prossime elezioni. So solo che se i Black lo appoggiano non può essere buono.”
Anche James non trovò nulla di positivo da dire alla luce di questa notizia. Rimasero tutti in silenzio finché Peter non disse la sua.
“Siamo a Hogwarts.” Disse. “Mia mamma dice sempre che Hogwarts è il posto più sicuro in Gran Bretagna. E abbiamo Silente.” Disse fermamente, chiudendo la questione. “Dai Black, scommetto che hai un altro tremendo album babbano con cui non vedi l’ora di farci sanguinare le orecchie.”
Guardarono tutti Peter lievemente sorpresi. Sirius sorrise.
“A dire il vero,” disse spolverando il suo giradischi, “sì.”
Chapter 42: Terzo Anno: Animali fantastici
Chapter Text
Venerdì 7 settembre 1973
Alla fine della prima settimana del terzo anno, Remus pensava di aver bisogno di altri due mesi solo per riprendersi - e non c’era stata ancora una luna piena. Si sentì sciocco per non aver considerato che aggiungere tre materie extra al suo orario avrebbe anche aumentato il suo carico di studio. Ma ovviamente lo fece e quando arrivò venerdì la quantità di compiti che doveva completare nel fine settimana gravava su di lui.
“Non è giusto.” Si lamentò Peter. “Quest’anno doveva essere divertente, con Hogsmeade e tutto il resto.”
Andremo comunque a Hogsmeade, Peter.” Mormorò James non alzando lo sguardo da una carta celeste dall’aspetto complicato.
“Sono d’accordo con Pete.” Gemette Sirius, appallottolando il suo diario dei sogni per Divinazione. “Lasciamo perdere sta roba e andiamo a usare il campo da quidditch mentre c’è ancora luce.”
James alzò lo sguardo con entusiasmo.
“Sì, andiamo.”
Si alzarono tutti e tre.
“No grazie.” Rispose Remus distrattamente. In realtà gli piaceva molto il compito di Trasfigurazione - un tema sulle trasformazioni corporee. Ormai era abbastanza bravo nelle modifiche di base, per coprire le cicatrici, ed era in grado di rispondere a lungo alle domande.
“Non è che ti va di dare un’occhiata ai miei compiti di Babbanologia, eh, Lunastorta?” Chiese Sirius amichevolmente. Remus inarcò le sopracciglia.
“Se ho tempo. James, Pete, volete che controlli anche i vostri?”
“Grazie Remus!” Peter sorrise allacciandosi le scarpe.
“Nah.” James declinò l’offerta. “Pensavo di chiedere aiuto a Evans dopo.”
“È una battaglia persa, amico.” Gli consigliò Sirius. “Non so perché tu sia così fissato con lei.”
James si limitò ad alzare le spalle, non sembrando per niente scoraggiato.
Remus trascorse una soddisfacente oretta o due da solo a completare il resto dei suoi compiti per la settimana. Aveva iniziato Pozioni, ma pensò che avrebbe potuto aspettare un po’ più a lungo - Peter gli avrebbe potuto dare una mano in cambio dei compiti di comprensione di Babbanologia. Avevano due ore di Pozioni il lunedì ora, per prima cosa - ma fortunatamente non era più con i Serpeverde. Infatti, l’unica lezione che avevano in comune con i Serpeverde era Aritmanzia e non era una materia pratica, quindi c’era molto meno spazio per un conflitto aperto.
Aritmanzia fu una vera sorpresa per Remus - si era aspettato di rimanere indietro rispetto a Sirius e James, almeno all’inizio. Ma sembrava che quella materia si basasse sulla logica, più che sulle abilità magiche e Remus trovò la sua prima lezione sorprendentemente chiara. I compiti, che sapeva che Sirius e James non avevano ancora provato a fare, chiedevano di calcolare il proprio numero cardiaco e caratteriale usando il metodo di Agrippa. Lo trovò abbastanza rilassante, anche se non l’avrebbe mai ammesso a nessuno.
Erbologia procedette al suo solito ritmo - Remus non poteva far finta di esserci particolarmente interessato, ma almeno non era difficile. Anche Astronomia non era la sua materia preferita, ma per fortuna generalmente Peter era così elettrizzato di essere l’unico a sapere qualcosa che dava la maggior parte delle risposte a Remus in cambio di niente.
Poi c’era la sua nuova materia preferita: Cura delle Creature Magiche, il mercoledì e il giovedì. Non avrebbe parlato nemmeno di quello con i ragazzi - lo prendevano già in giro perché gli piaceva Storia così tanto e perché aveva scelto Rune. Tutto di buon animo, naturalmente - lui li prendeva in giro perché facevano Divinazione che a quanto pare era davvero penosa.
Aveva letto la sua copia di Animali Fantastici e Dove Trovarli due volte durante l’estate - era stata la sua lettura serale preferita. Le illustrazioni e le descrizioni erano così vivide da riempire i suoi sogni con le immagini più spettacolari. Non c’era nulla nel testo assegnato - Remus aveva controllato - riguardo i lupi mannari. Fortunatamente, non erano considerati nella stessa categoria delle ‘creature magiche’ e sembrava che non avrebbero studiato i ‘mezzi-umani’ fino a Difesa Contro le Arti Oscire l’anno seguente.
“Spero che faremo gli unicorni.” Sospirò Marlene, appoggiandosi contro il muro mentre erano in fila fuori dall’aula per la loro prima lezione. “O qualcosa di altrettanto carino.”
Mary inarcò un sopracciglio.
“Preferirei fare i draghi. Qualcosa di un po’ emozionante!”
“Sono solo felice che non abbiamo Kettleburn.” Rispose Marlene. Ciò richiamò l’attenzione di Remus.
“No? Allora chi abbiamo?”
“Non hai prestato attenzione a Silente durante il banchetto?” Marlene lo guardò con disapprovazione. “Kettleburn è in Romania o Bulgaria o qualcosa del genere a fare qualche lavoro per il ministero. Non so quanto sia utile però, non è esattamente tutto intero…”
“Allora chi abbiamo?”
“Chiunque sia, non era al banchetto.” Marlene alzò le spalle. “Ma il mio orario dice ‘Professore L. Ferox’.”
Quando lo disse, la porta dell'aula si aprì e degli studenti del quinto anno ne uscirono in modo ordinato, chiacchierando animatamente. I Grifondoro del terzo anno entrarono e Remus prese posto vicino alla finestra, accanto a Marlene. Quando il professore emerse dal suo ufficio, sia Mary che Marlene - e, in realtà, ogni altra ragazza nell’aula - si raddrizzarono un po’.
Era molto più giovane di Kettleburn che era brizzolato nonostante la mezza età. Secondo Remus questo professore doveva avere una trentina d'anni. Inoltre aveva ancora tutti i suoi arti il che era un vantaggio. I suoi capelli erano folti e biondo sabbia, lunghi abbastanza da coprirgli tutta la schiena. Non indossava delle vesti come la maggior parte degli insegnanti, bensì dei pratici vestiti da aria aperta e pesanti scarponi di pelle marrone. Aveva un viso leggermente segnato dalle intemperie che serviva a conferire ai suoi tratti forti una sorta di vigoroso fascino. I suoi occhi erano di un azzurro acceso e brillarono quando sorrise calorosamente alla classe.
“Buon pomeriggio!” Tuonò con un rauco accento di Liverpool. Batté le sue larghe mani piene di calli insieme. “Benvenuti al vostro primo anno di Cura delle Creature Magiche. Sono il professor Ferox. Avete tutti il libro di Scamander, spero?”
Gli studenti tirarono subito fuori le loro copie di Animali Fantastici, insieme a pergamene e penne, poi lo guardarono con attenzione. il professor Ferox continuò a sorridere a trentadue denti.
“Eccellente!” Continuò. “Una lettura meravigliosa, come immagino che alcuni di voi abbiano già scoperto. Offre una bella ed esauriente guida per identificare e incontrare la maggior parte delle più conosciute creature magiche - ma quello che non vi può dare - e quello di cui avrete bisogno per eccellere in questa materia - sono prontezza mentale, calma e nervi d’acciaio.”
Alcune delle ragazze ridacchiarono a quelle parole e Remus sentì un’ondata di entusiasmo. Vedi, James, pensò mestamente, non è una materia da ragazze. Tuttavia, non era sicuro di avere i requisiti. Forse aveva dei nervi abbastanza saldi - doveva per forza, dopo l’estate che aveva passato - ma la calma non era certo uno dei suoi tratti distintivi.
“Allora.” Ferox batté le mani, come se fosse impaziente di iniziare. Si piegò sotto la sua scrivania. “Guardate cosa vi ho portato…” Quando si sfregò le mani, la sua pelle ruvida emise un lieve ‘shh’ - evidentemente non passava molto tempo all’interno, pensò Remus tra sé e sé. Il professor Ferox era chiaramente un uomo d’azione.
L’insegnante sollevò un largo cesto di vimini appoggiandolo delicatamente sul suo tavolo. Lo aprì e una grande e pelosa creatura ne uscì a grandi passi. Era il gatto più grande che Remus avesse mai visto - con un folto pelo argenteo ricoperto da macchie scure, alte orecchie a punta e una strana coda simile a quella di un leone. Miagolò, alquanto bruscamente, poi fece un balzo per sedersi in cima al cesto in modo da essere quasi all’altezza degli occhi di Ferox. Scrutò la classe dall’alto in modo imperioso, scuotendo la coda avanti e indietro.
Il professor Ferox accarezzò con un lungo dito la schiena dell’animale che sembrò tollerarlo, sbattendo le palpebre lentamente.
“Qualcuno mi sa dire che tipo di creatura è Achille?"
“È un gatto.” Disse Mary schiettamente senza alzare la mano.
Ferox rise allegramente.
“Un errore comune, signorina..?”
“Macdonald. Mary Macdonald.”
“Signorina MacDonald. No, Achille non è un gatto - anche se spesso vengono incrociati.”
“Ooh!” Un ragazzo di Corvonero in fondo alla classe alzò la mano.
“Sì, signor..?”
“Stan Brooks, signore. È un kneazle, signore?”
“Cinque punti a Corvonero!” Ferox annuì entusiasticamente. “Achille è un kneazle.”
Remus sospirò interiormente. Lo sapeva - ad ogni modo, avrebbe dovuto saperlo, si ricordava di aver letto qualcosa riguardo la coda. Nella sua testa, tolse ‘prontezza mentale’ dalla lista di requisiti di Ferox. Sperando di dimostrare al professore che era ansioso d’imparare, Remus iniziò a prendere appunti mentre Ferox parlava, continuando ad accarezzare distrattamente Achille.
“Si può sempre riconoscere un kneazle dal suo aspetto simile a quello di un gatto, alto livello di intelligenza, pelo maculato e coda piumata.” Disse l’insegnante, indicando con cura i tratti. “Sono classificate XXX dal ministero della magia - qualcuno mi sa dire cosa significa?”
Questa volta, la mano di Remus scattò in alto, ma così fece anche quella di Marlene. Ferox scelse lei, chiedendole il suo nome.
“Marlene McKinnon.” Gli sorrise. “Signore. Le creature classificate XXX non sono consigliate per l’addomesticamento, ma non dovrebbero risultare difficili da gestire per un mago qualificato.”
“Eccellente. Cinque punti a Grifondoro.” Ferox fece un cenno del capo.
Remus fumò dalla rabbia, senza dire nulla. L’aveva letto direttamente dal libro. Ferox continuò. “Ci concentreremo sulle creature classificate XXX per il resto dell’anno. Ora, mentre è vero che non è raccomandato avere dei kneazle come animali domestici - non è perché sono pericolosi. Infatti, chiunque vi dica che sono pericolosi, probabilmente se n’è messo contro uno e non ci si dovrebbe fidare di loro. Qualcuno sa dirmi perché?”
La mano di Remus scattò nuovamente in aria - gli stava tornando tutto in mente ora. Ma Ferox scelse un altro Corvonero.
“Perché possono rivelare persone sospette.” Aprì bocca Davy Kirk, guadagnando altri cinque punti per Corvonero.
“Assolutamente.” Il professore sorrise. “I kneazle sono eccellenti a giudicare le persone e reagiscono violentemente a chiunque sia inaffidabile. Pertanto, il ministero richiede che i proprietari di kneazle siano in possesso del corretto permesso e che si siano sottoposti a determinati test di competenza. Ma come potete vedere,” accarezzò Achille ancora una volta. Il gatto argenteo mosse a malapena un muscolo, se non per osservare la classe. “sono dei meravigliosi animali domestici a patto che si mostri loro il giusto rispetto e la giusta cura.”
“Quindi è suo, professore?” Chiese Mary, sbattendo le ciglia in modo civettuolo. “È adorabile.”
“Sì.” Rispose Ferox. “Se state attenti e non vi ammassate intorno a lui, Achille probabilmente vi permetterà di accarezzarlo. Mettetevi in fila.”
Ci fu un mormorio generale e un raschiare di sedie mentre tutti si alzano in piedi a formare la coda. Remus si assicurò di essere l’ultimo così forse la lezione sarebbe finita prima che fosse arrivato davanti. Achille l’avrebbe odiato sicuramente - i lupi mannari erano la definizione di inaffidabile.
“Avvicinatevi lentamente, non evitate il contatto visivo. Se cerca di attaccarvi userà i suoi artigli, quindi state allerta…così, esatto, ora lascerà che lo accarezzi, delicatamente…”
Mentre la fila si accorciava, il professore continuò a parlare, incoraggiandoli e dicendogli fatti interessanti interconnessi dai suoi aneddoti personali. Remus non sapeva cosa avesse fatto Ferox prima di diventare un insegnante, ma certamente aveva vissuto diverse avventure - viaggiato ovunque, a quanto pareva.
Finalmente, Remus arrivò davanti alla fila. Si sentì pietrificato mentre fissava nervosamente gli occhi gialli dell’animale.
“Forza allora - come ti chiami?” Il professore Ferox gli fece cenno di avvicinarsi. Remus non si mosse.
“Remus Lupin. Io non…um…di solito non piaccio ai gatti.” Mormorò.
“Achille non è un gatto.” Disse l’insegnante continuando a sorridere. “Forza Lupin, vieni.”
Remus sospirò pesantemente e si avvicinò. Non voleva che qualcuno di così forte come Ferox pensasse che fosse un pappamolle. Achille lo guardò avvicinarsi. Sembrava veramente molto intelligente, c’era qualcosa nei suoi occhi, sebbene avesse un naso all’insù davvero brutto. Allungò una mano, permettendo al kneazle di annusarlo. Non aveva tirato fuori gli artigli, ma Remus era pronto a scommettere che erano molto lunghi e molto affilati. Era stato graffiato da dei gatti prima d’ allora e non gli erano mai piaciuti molto. “Molto bene.” Stava dicendo il professor Ferox, “Ora, avvicinati un po’ di più e accarezzalo, dai.”
Deglutendo rumorosamente, Remus ubbidì, pronto a saltare indietro se fosse servito. Ma ad Achille non sembrava importare che fosse un lupo mannaro. Anzi, iniziò a fare le fusa mentre Remus lo grattava con esitazione dietro l’orecchio e chiuse gli occhi, sembrando completamente docile. “Ecco!” Esultò il professor Ferox lietissimo. “Sono eccellenti a giudicare le persone, i kneazle. Ora, non abbiamo ancora molto tempo, quindi per favore segnatevi i compiti…”
Remus accarezzò Achille ancora per un po’. La creatura sembrava apprezzarlo così tanto che si sentì in colpa quando si fermò.
“È stato bello, vero?” Disse Marlene mentre lasciavano la loro prima lezione. “Spero che ci porti sempre qualcosa da guardare.”
“Non sarà molto pratico quando arriveremo alle creature XXXXX.” Disse Remus.
“Però magari porterà di nuovo Achille.” Rispose Marlene, speranzosa.
“Chissene frega del suo gatto!” Mary le diede una spintarella. “È dannatamente stupendo.”
“Sì.” Marlene ridacchiò. “Chissà se è single.”
Remus sospirò e iniziò a rimanere indietro rispetto alle ragazze. Erano un incubo quando si parlava di ragazzi ed era meglio stare lontano da loro prima che iniziassero a cantare le lodi di James e Sirius. Iniziò a sognare a occhi aperti mentre vagavano verso la sala grande per il pranzo.
Era stata una lezione migliore di quello che si era aspettato e, anche se Ferox non gli aveva assegnato dei punti, aveva essenzialmente detto che Remus aveva un carattere affidabile. Nessuno aveva mai detto una roba del genere prima d’allora e lo fece sentire stranamente compiaciuto, una calma sensazione che proseguì durante il pranzo e la loro lezione di Pozioni di quel pomeriggio e che andava ancora a gonfie vele quella sera mentre si addormentava. Sognò dei leoni.
Chapter 43: Terzo Anno: Il mercato nero di Hogwarts
Summary:
Remus comincia la sua carriera come magnate delle sigarette tredicenne.
Chapter Text
Mercoledì 12 settembre 1973
“Ugh, torna a letto, Lupin!” Sirius gli lanciò addosso una scarpa dal suo letto.
“Scusa.” Remus si fece piccolo, colpevolmente, mentre chiudeva velocemente le sue tende, rigettando la stanza nell’oscurità. Erano le cinque del mattino ed era sveglio. Più sveglio di quanto si fosse mai sentito in vita sua.
Scese in punta di piedi al piano di sotto, non volendo disturbare nessun altro e stringendo una scatola di scarpe sotto un braccio. Con un nuovo libro da leggere, Remus si accampò sulla poltrona più comoda della desolata sala comune. Scendeva spesso presto, in mattine come quella, quando il suo corpo semplicemente si rifiutava di addormentarsi e aveva così tanta energia che pensava che avrebbe potuto correre intorno al castello più volte senza sudare minimamente. Remus non ci aveva mai provato - semmai, aveva cercato di respingere lo strano impulso, rinchiuderlo e concentrarsi invece sulla sua mente.
Ad ogni modo, faticò a concentrarsi sul suo libro. Pensò di andare a fare una passeggiata, ma non era permesso loro di uscire dai dormitori fino alla colazione che iniziava alle sei. Ugh, doveva cercare di non pensare alla colazione o il suo stomaco avrebbe iniziato a brontolare, nonostante la sera prima avesse mangiato tre porzioni di purè con il suo stufato di manzo. Perfino Peter era sembrato colpito.
Anche se fosse stata ora di fare colazione, aveva detto che sarebbe stato nella sala comune per un’ora a partire dalle sei e mezza. Aveva deciso che fosse l’orario ideale - nessuno si aspettava che tu fossi in piedi a fare qualcosa di nefasto così presto al mattino e gli altri malandrini di solito non si alzavano prima delle sette e mezza, anche nei giorni feriali. Sirius sarebbe rimasto a letto più a lungo se avesse potuto. James a volte si alzava di prima mattina per allenarsi a quidditch, ma di solito non prima delle sette.
Remus abbassò lo sguardo sulla scatola da scarpe sul suo grembo. Avrebbe potuto gettare un incantesimo di distrazione se James fosse sceso prima del previsto, non sarebbe stato troppo difficile. Intendiamoci, con lo stato in cui era la sua magia in quel momento avrebbe fatto meglio a non farlo mentre la scatola era sul suo grembo - o avrebbe corso il rischio di far svanire qualcosa di molto più vitale. Era già stato da Madama Chips una volta quel semestre dopo che aveva provato a farsi crescere i capelli a Trasfigurazione. Aveva avuto bisogno dell’aiuto di Peter e James per portare la sua chioma in rapida crescita in infermeria - Sirius stava ridendo troppo per essere di alcun aiuto.
Remus provò a far levitare il suo libro, ma schizzò verso il soffitto, colpendolo con forza, prima di precipitare verso il pavimento. Sospirò. Non poteva fare altro se non rimanere seduto ad aspettare. Avrebbe voluto accendere il giradischi - Sirius l’aveva lasciato nella sala comune insieme ai suoi nuovi album ricevuti da Andromeda - Aladdin Sane e Led Zeppelin IV. Sirius ascoltava ‘Black Dog’ di continuo da settimane ormai.
Remus aprì la scatola delle scarpe e fece un veloce inventario, anche se non era necessario; sarebbe stata la sua prima vendita. Se qualcuno fosse venuto. Aveva parlato con un paio di studenti del quinto anno che aveva visto fumare l’anno prima e li aveva fatti interessare. Sembravano aver l’impressione che le sigarette babbane fossero in qualche modo più potenti, o magari semplicemente più esotiche, di quelle magiche. Non aveva fatto nulla per scoraggiare l’idea e aveva detto loro di spargere la voce.
Una volta Sirius aveva ottenuto una lista esaustiva di tutte le regole della scuola di Hogwarts, suggerendo ai malandrini di provare a infrangerle tutte prima che fossero arrivati al settimo anno. Remus l’aveva letta e non aveva trovato nulla che menzionasse il commercio illecito di tabacco. Almeno non se prendevi le parole davvero alla lettera. Inoltre, non sarebbe stata una cosa abituale - aveva solo la roba che si era portato dietro.
Aveva programmato di rifletterci un po’ di più, di aspettare dopo la luna piena, ma aveva scoperto che il loro primo fine settimana a Hogsmeade sarebbe stato il 15 e aveva deciso che doveva darsi una mossa.
Sirius e James avevano già pianificato la visita nei minimi dettagli, senza consultare Peter o Remus, che erano semplicemente contenti di seguirli come al solito. Mielandia, naturalmente, e Zonko per fare provvista di caccabombe. Poi la stamberga strillante perché il padre di James credeva che fosse infestata, il che voleva dire che anche James ci credeva, e Sirius voleva dimostrare che avevano entrambi torto. Poi ci tenevano molto che Remus provasse qualcosa chiamato burrobirra.
Anche Remus aveva un piano. Avrebbe detto loro che una zia con cui aveva da tempo perso i contatti era morta e gli aveva lasciato una piccola quantità di denaro. Con un po’ di fortuna sarebbe stata una spiegazione sufficiente a soddisfare James, che avrebbe sicuramente chiesto a Remus dove avesse ottenuto la sua nuova ricchezza. Remus era certo che un reato minore, anche nel mondo babbano, non era qualcosa che James prendeva alla leggere. Sirius forse l’avrebbe trascurato, avendo poca considerazione per le regole in qualsiasi contesto - ma probabilmente avrebbe anche provato a prestare a Remus alcuni dei suoi soldi, vanificando l’intero scopo.
“Lupin? Sei tu?”
Un ragazzo del sesto anno aveva appena sceso le scale del dormitorio dei ragazzi, ancora con gli occhi annebbiati, stringendo un libro per i MAGO.
“Sì.” Remus si raddrizzò nella poltrona, destato dal suo sogno a occhi aperti.
“Fantastico, um…hai detto cinque falci per un pacchetto da venti?”
“Esatto.” Remus aprì rapidamente la scatola, facendo cenno al ragazzo del sesto anno di avvicinarsi.
Fecero lo scambio e il ragazzo del sesto anno si precipitò fuori dal buco del ritratto, probabilmente per fumare una sigaretta mattutina prima di andare in biblioteca. Le piccole monete d’argento tintinnarono pesantemente nella mano di Remus e lui sorrise tra sé e sé. Vendeva tutto al doppio del prezzo di mercato, ma se le persone erano disposte a pagare…
Vendette altre cose a dei ragazzi del quinto anno e a una ragazza del settimo anno che comprò un pacchetto di tabacco sfuso e che gli chiese se vendesse qualcosa di ‘più divertente’. Era un po’ confuso riguardo cosa intendesse e si limitò a ripetere che aveva solo sigarette e tabacco sfuso. Lei alzò le spalle.
“Lo chiederò a Martha Ebhurst di Tassorosso, solitamente ha la roba buona.”
Remus annuì, non ancora veramente sicuro di cosa volesse dire. Comunque sia, sembrava che non fosse l’unico studente nella scuola con una mente imprenditoriale.
Tempo delle sette e un quarto, la scatola da scarpe di Remus era mezza vuota e le sue tasche tintinnanti. Profondamente soddisfatto, mise tutto via mentre la sala sala comune si riempiva di studenti che cominciavano la loro giornata.
“Ehilà, Remu.” James saltellò giù dalle scale, scopa in mano, proprio mentre Remus le stava salendo. “Ti sei svegliato presto.”
“Sì, non riuscivo a dormire.” Rispose Remus evasivamente. Fortunatamente, James era così impaziente di andare nel campo da quidditch che non prestò attenzione alla scatola da scarpe, né allo strano tintinnio che stavano facendo le vesti di Remus.
“Ci vediamo a pranzo?” Chiese, avendo già attraversato metà della stanza.
“Sì.” Remus annuì, affrettandosi a tornare di sopra.
Nel dormitorio, Peter era nella doccia e Sirius stava ancora dormendo, le lenzuola tirate sopra il capo, l’unica parte visibile erano i suoi capelli neri riversati sul cuscino bianco. Remus si avvicinò in punta di piedi al suo letto e depositò i suoi soldi e i suoi beni, prima di prendere i libri di quel giorno.
Evidentemente James aveva spalancato le tende prima di andarsene e - pensò Remus con un po’ di irritazione - non aveva ricevuto la stessa strigliata che aveva ricevuto lui. C’era abbastanza luce perché potesse sistemare ordinatamente i suoi compiti, infilandoli con cura nella sua borsa. Aveva già fatto quelli dei giorni successivi, non sapendo per quanto Madama Chips gli avrebbe fatto saltare le lezioni. Sperava non a lungo - aveva chiesto a James di segnare i compiti delle loro classi in comune, ma avrebbe saltato anche Cura delle Creature Magiche e Rune. Non poteva chiedere a una delle ragazze di prendergli gli appunti, non senza che chiedessero dove sarebbe stato.
Il suo stomaco brontolò di nuovo. Si chiese se James stesse facendo colazione in quel momento. Potter mangiava spesso in movimento, sempre di corsa verso una parte o l’altra. La porta del bagno si aprì scricchiolando e Peter ne fece capolino, i capelli ancora bagnati e le guance rosa per via della doccia. Lo salutò con un gesto della mano e mimò con le labbra ‘’giorno, Lunastorta’. Remus alzò una mano in risposta.
Peter guardò Sirius - che era ancora solo un ammasso sotto il piumone - ansiosamente, prima di andare attentamente in punta di piedi verso il suo letto per recuperare la sua cravatta. Remus guardò con divertimento Peter provare a radunare le sue cose senza fare il minimo rumore. C'era una sottile linea, pensò Remus, tra il dimostrare rispetto per le abitudini del sonno dei compagni di dormitorio e l’essere un completo pappamolle.
Era cattivo da parte sua, ma Remus si sentiva particolarmente cattivo quella mattina. Diede la colpa alla luna. Sfilò lentamente la bacchetta dalla sua tasca e la sventolò molto lievemente, sussurrando sottovoce.
In un istante, la cartella di Peter scivolò giù dal fondo del suo letto, atterrando con un pesante tonfo che si riverberò sulle pareti di pietra della camera, facendo tremare i vetri delle finestre. Peter si pietrificò, gli occhi spalancati, impallidendo. Mandò un’occhiata a Sirius, che si stava rigirando, e praticamente fuggì dalla stanza, lasciando indietro la sua cravatta.
Remus ansimò dalle risate; dovette sedersi sul suo letto, stringendosi lo stomaco. Quando aprì gli occhi, riprendendo fiato, Sirius era completamente sveglio, ancora sdraiato sul letto, appoggiato su un gomito e fissando Remus come se fosse pazzo.
“L’hai fatto apposta, vero?”
Remus alzò le spalle e annuì, alzandosi e tornando alla sua pila di compiti. Sirius gli lanciò addosso un cuscino.
“Coglione.”
“Cosa? Pete sembrava davvero un idiota ad aggirarsi intorno a te in punta di piedi, non ho resistito.”
“Non è molto galante da parte tua prendere di mira i deboli, Lunastorta.” Sirius sbadigliò e si stiracchiò.
“Sta bene.” Remus agitò la mano con noncuranza. “Gli porterò la cravatta. Ad ogni modo, qualcuno doveva svegliarti, forza, è ora di colazione.”
Sirius sbadigliò di nuovo.
“Portami qualcosa su.”
“No.”
“James lo farebbe.” Si lamentò Sirius.
“James non è qui.”
“Peter lo farebbe.”
“Come abbiamo già stabilito,” disse Remus, mettendosi in spalla la cartella, “Peter è un codardo.”
Sirius gemette e si sdraiò.
“Va bene, mi alzo. Mi aspetti?”
“Ho fame.” Si lamentò Remus.
“Non ci metterò molto! Vedila come una punizione per avermi svegliato.”
“Mi hai tirato addosso una scarpa stamattina.”
“Ti ho colpito?”
“No.”
“In tal caso…” Sirius scese dal letto, prendendo la sua divisa. “Ad ogni modo, ti sta bene, è da stupidi alzarsi così presto.”
“Non riuscivo a dormire.” Disse Remus. “Penso che sia per via della luna.”
Sirius si fermò fuori dalla porta del bagno. Guardò Remus con qualcosa di simile alla pietà - se Sirius fosse stato in grado di provare pena per qualcuno che non fosse lui stesso. Remus si pentì di averlo detto - non voleva pietà, parlava raramente della luna piena proprio per quel motivo.
“Scusami, Lupin.” Disse Sirius. “È…voglio dire, ti preoccupa?”
“No, non è quello.” Disse Remus frettolosamente. “È solo che divento irrequieto. E anche affamato, quindi sbrigati.” Rise lievemente, per dimostrare che andava tutto bene. Sirius sorrise e scomparve nel bagno.
“Dovresti essere grato, Lunastorta.” Urlò dall’interno, accendendo la doccia. “Non molti Grifondoro sarebbero capaci di dormire fino a tardi sapendo che condividono la stanza con un lupo mannaro irrequieto.
“Coglione.” Rispose Remus.
* * *
Giovedì 13 settembre 1973
Si svegliò al piano di sopra, come al solito. C’erano dei topi nella casa, lo sapeva perché li vedeva spesso prima di trasformarsi. Forse quando si trasformava li rincorreva, ma non pensava di averne mai catturato uno. Tre delle sue dita erano rotte, ma almeno le sue spalle non erano lussate - era già successo due volte quell’anno.
Prima di muoversi, Remus fece una serie di controlli mentali, da testa a piedi. Cosa faceva male? Quanto faceva male? Aveva perso la sensibilità da qualche parte? No, sembrava tutto a posto. Qualche graffio, nessuno troppo profondo. Se l’era cavata bene. Forse anche il lupo era contento di essere di nuovo a Hogwarts.
Si alzò dal pavimento e zoppicò verso la finestra. A volte le sue ginocchia erano un po’ fuori posto, ma quella mattina erano solo indolenzite. Cercò di strizzare gli occhi per vedere attraverso le fessure delle assi, ma non servì a nulla. La casa era sigillata.
“Remus, caro?” La voce di Madama Chips salì le scale.
“Arrivo.” Rispose con voce rauca. I suoi vestiti erano al piano di sotto, quindi strappò una vecchia coperta dal letto con la mano buona e se l’avvolse intorno. Odorava di muffa e cose morte.
* * *
“Cosa vi ho detto ragazzi? Non può ricevere visite il primo giorno!” La strigliata di Madama Chips interruppe i suoi sogni. Remus sbatté le palpebre, sbadigliando. L’infermeria era scarsamente illuminata, le tende chiuse. Doveva già essere sera. Il suo stomaco brontolò. Si chiese se aveva già mangiato qualcosa o se l’infermiera l’avesse lasciato dormire. Perdeva così tanto tempo dopo una trasformazione - come le sue ossa, niente sembrava combaciare correttamente.
“È passato quasi un giorno.” Ora era la voce di Peter. “Gli abbiamo portato del cioccolato.”
“Be’, è molto carino da parte vostra, caro.” La voce di Madama Chips si addolcì un po’. Non era severa di natura. “Ma il signor Lupin sta dormendo-”
“Mi andrebbe un po’ di cioccolato.” Urlò, sperando che lo sentissero. La sua gola era irritata.
La tenda si aprì di scatto rivelando Peter, James e Sirius, uno sguardo trionfante in volto.
“Ehi, Lunastorta!” Dissero all'unisono James e Sirius, buttandosi a sedere vicino alle sue caviglie, da entrambi i lati del letto.
“Tieni.” Peter fece cadere tre cioccorane sul suo grembo.
“Grazie!”
“Be’, se sei comunque sveglio…” Madama Chips sospirò. “Vado a prenderti del cibo vero. Mezz’ora, ragazzi, non di più.”
“Eccoti i tuoi compiti, razza di strambo.” James sfilò delle pergamene dalla sua borsa, passandogliele.
“Grazie, James, sei una salvezza.” Remus le appoggiò sul comodino per dopo.
“Ed ecco il resto.” Sirius gliene passò altre. “Ho dovuto aspettare fuori da Cura delle Creature Magiche per metà della pausa pranzo, quindi farai meglio a prendere il massimo dei voti.”
“Davvero?!” Remus fissò Sirius, stupefatto. Sirius annuì imperiosamente.
“Sì. Devo ammettere, sono un po’ geloso. Sembra una materia davvero interessante, vorrei non essere costretto a fare Divinazione.”
“Non pensi a me?” Disse James, sussultando drammaticamente.
“Ti vedo già abbastanza.” Ribatté Sirius, dandogli una spintarella.
“Che cuore volubile.” Sospirò James, facendo gli occhioni a Sirius, tanto che Peter iniziò a ridacchiare irrefrenabilmente. Sirius spintonò James di nuovo e James gli balzò addosso, stringendolo in una presa di sottomissione e arruffandogli i capelli.
“Ehi, Lunastorta.” Disse Peter, improvvisamente. “Arabella Fenchurch mi ha dato questi per te.” Posò una manicata di falci. “Ha detto che sapevi per cos’erano?”
“Ehm…sì, grazie Pete.” Remus si affrettò a raccogliere le monete e a nasconderle sotto il suo cuscino. “Io, um…avevo questa carta delle cioccorane che voleva tanto. Aganice di Tessaglia.”
“Oh, la volevo io!” Peter sembrava ferito. Remus alzò le spalle.
“Scusa amico. Il denaro parla.”
Chapter 44: Terzo Anno: Hogsmeade
Chapter Text
Sabato 15 settembre 1972
“Porta il tuo mantello, James.”
“Perché?”
“Non si sa mai, no?”
“Va bene, ma dubito che lo vorremo.”
“Non dimenticarti che mi devi un galeone per quella scommessa che abbiamo fatto.”
“Non mi sono dimenticato.” Rispose James, pazientemente. “Puoi rilassarti un attimo?”
“Mai.” Sirius sorrise in risposta. “Ti rendi conto che questa è la cosa più emozionante che mi succede da mesi? Quest’estate non mi hanno nemmeno permesso di andare a Diagon Alley.”
“Hai avuto più cose da fare di me.” Rispose James, risentito. “Almeno hai avuto tutto quel dramma del fidanzamento. La mia famiglia è così noiosa.”
“Taci, Potter, la tua famiglia è fantastica e lo sai. Ho passato sicuramente un’estate peggiore della tua.”
“Io mi sono divertito molto in Francia.” Disse Peter, ma nessuno gli prestò molta attenzione.
“E tu, Lunastorta?” Chiese James, mentre si incamminavano giù dalle scale e verso la sala comune. Un gruppo di entusiasti ragazzi del terzo anno era in attesa, pronti per la loro prima visita al villaggio. Gli studenti più grandi li osservavano con un affezionato senso di nostalgia.
“Io cosa?” Chiese Remus, respingendo i flashback all’estate come il ricordo di essersi dimenato attraverso una minuscola finestra del bagno e di essere atterrato duramente in ginocchio sul pavimento sottostante.
“Com’è stata la tua estate? Non ci hai detto nulla.”
“Non avevo nulla da dire.” disse Remus. “Più noiosa delle vostre - niente magia. Ho letto e basta.”
“Be’, verrete tutti da me per Natale.” Disse James allegramente. Iniziarono a uscire ordinatamente dalla sala comune e dirigersi verso l’entrata principale. “Come l’anno scorso, okay? La luna è il dieci di dicembre, quindi non dobbiamo nemmeno preoccuparcene.”
Remus lo guardò a bocca aperta.
“Come fai a sapere quando è?” Lui stesso non aveva ancora guardato così avanti.
“Te l’ho detto, ci siamo annoiati quest’estate.” Sirius gli diede una gomitata. “L’abbiamo cercato per i prossimi anni.”
“Ma…perché?!” Remus era combattuto tra l’essere commosso e il alquanto violato in qualche modo. Non era compito loro preoccuparsene. Era un suo problema privato e lo era sempre stato.
“È come il quidditch,” disse James - qualora si trattava di qualcosa di importante per lui lo paragonava al quidditch- “devi conoscere le debolezze della tua squadra per poter lavorare sui suoi punti di forza.”
“Se lo dici tu.” Rispose Remus, cupamente, non volendone parlare più a lungo. Sperava che, una volta che avessero saputo della sua malattia, non avrebbero più fatto ricerche alle sue spalle. Che potessero andare avanti come lui preferiva, ossia ignorando del tutto il problema.
Tuttavia, non c’era nulla di privato quando si trattava di James e Sirius - la tua vita intera era a disposizione di tutti. Remus non vi si era ancora abituato - per quanto stesse cercando di mantenere il passo, c’erano cose che non avrebbe mai voluto condividere. Era tutto molto bello se eri James che aveva genitori disponibili che ti parlavano e in cambio ti ascoltavano. O Sirius che era così estroverso e quasi del tutto spudorato.
“Guarda chi c’è.” Sirius diede una spintarella a James indicando una figura scura che attendeva vicino al voltone d’ingresso. Lily si fece strada oltre i malandrini e la raggiunse. Piton.
“Perché mai sono amici?!” James si passò distrattamente una mano tra i capelli.
“Sono cresciuti nella stessa città.” Disse Remus, mentre proseguivano guardando la coppia davanti a loro, che parlava animatamente; una con i capelli rossi, l’altro neri.
“Come fai a saperlo?” James si girò a guardarlo, oltraggiato.
“Me l’ha detto lei.”
“Allora ti piace?” Chiese James, chiaramente faticando a capire come doveva reagire. Remus alzò gli occhi al cielo.
“No. Parliamo e basta.” Disse fermamente. “E se ti piace, dovresti provarci anche tu.”
Ultimamente aveva notato quel genere di discorsi infilarsi nelle loro conversazioni. A volte doveva controllare di star parlando con i malandrini e non con Marlene e Mary - ‘a lui piace lei’, ‘a lei piace il tal dei tali’ - e così via. A peggiorare le cose, Avni Chaudry, una Grifondoro del terzo anno, stava uscendo con Matthew Studt, un Corvonero del quarto anno, e nessuno aveva parlato d’altro per giorni; tutti sembravano avere un’opinione al riguardo. Era roba incredibilmente noiosa per Remus, per cui (tranne qualche eccezione) le ragazze era ancora incomprensibili in genere.
“Si ma tu le piaci.” Disse James. “Avete ripassato tutto insieme il semestre scorso.”
“Solo perché voi non ne avevate nessuna voglia.” Rispose Remus in modo difensivo. Ora si stavano avvicinando alla città, un aggregato di carini edifici di pietra si trovava appena sotto di loro. “E non è che eravamo da soli, c’erano anche Mary e Marlene.”
“Dobbiamo tutti imparare da Lunastorta,” Sirius lo prese in giro, “le ragazze lo seguono ovunque. Come fai, Lupin? È per via di quei grandi occhi marroni che ti ritrovi?”
James e Peter ridacchiarono, ma Remus lo ignorò, camminando leggermente più avanti, le mani in tasca, zoppicando ancora un po’ dalla sua ultima trasformazione. Era un’insinuazione del tutto ridicola, soprattutto perché era evidente a tutti che Sirius fosse il ragazzo più bello del loro anno.
Era più chiaro che mai, ora che stavano diventando più alti, passando dall’infanzia all’adolescenza. James aveva una certa quantità di spavalderia; veniva dalla ricchezza e dalle abilità sul campo da quidditch, ma Sirius sarebbe sempre stato una categoria a parte. Remus non aveva deciso se esserne geloso o meno e cercò di non pensarci troppo.
Quando finalmente raggiunsero Hogsmeade, Remus non poteva sentirsi più sollevato. Il villaggio sembrava quel genere di posto che prima di quel momento Remus pensava esistere solo nei libri per bambini. Le strade acciottolate luccicavano nella gialla luce del sole di metà settembre e le file disordinate di villette Tudor con le travi nere avrebbero potuto benissimo essere fatte di pan di zenzero e zucchero filato.
“Mielandia?” Chiese James.
“Mielandia.” Risposero gli altri all'unisono.
Remus non era mai entrato nel negozio di dolciumi dalla porta d’ingresso, né era mai stato fuori dal magazzino. Era pieno zeppo di scatole, barattoli e sacchetti di ogni tipo di dolcetti immaginabili. Grandi alberi di lecca lecca dai colori accesi grandi quanto girandole, tavolette di cioccolato delle dimensioni di pietre da pavimento; pile e pile di scintillanti topi di zucchero.
Il negozio era anche pieno di studenti di Hogwarts e i malandrini dovettero spintonare per anche solo avvicinarsi alla merce. Riempirono il loro cesto con così tanti dolci da durare almeno fino a Natale, prima di mettersi in fila alla cassa, presidiata da un mago con i capelli bianchi che sembrava piuttosto esausto. Remus realizzò che probabilmente si trattava del proprietario e si domandò se il negoziante sapesse che c’era un tunnel segreto nella sua cantina.
Dopodiché, la loro tappa successiva fu Zonko, il negozio di scherzi, che era affollato tanto quanto Mielandia e uno dei posti più rumorosi in cui Remus fosse mai stato. Ogni paio di secondo qualcosa all’interno del negozio esplodeva, scoppiava o iniziava a fischiare, accompagnato da risate felici o strilli terrorizzati da parte degli studenti. James e Sirius erano chiaramente esperti nell’acquisto di scherzi e fecero un’efficiente perlustrazione del locale, valutando i vantaggi e gli svantaggi di ogni aggeggio come una coppia di banchieri alla borsa. Mezz’ora dopo uscirono dal negozio appesantiti da sacchetti pieni di caccabombe, bacchette trabocchetto, calamai esplosivi, dolci singhiozzini e saponi di uova di rana.
Remus pensò che forse erano stati un po’ poco lungimiranti a fare tutte le compere come prima cosa, dato che ora James e Sirius volevano visitare la stamberga strillante, il che voleva dire lasciare la via principale e affrontare una strada in salita, acquisti al traino.
“Allora, cos’era questo posto?” Ansimò Remus, faticando nell’arrampicata, il ginocchio e l’anca che gli facevano ancora male.
“Casa infestata.” Rispose James, prendendo due dei sacchetti più pesanti che stava portando Remus senza dire una parola. “Il luogo più infestato della Gran Bretagna, a detta di papà.”
“Non è infestato!” Urlò Sirius da davanti. “Voi Potter siete solo superstiziosi.”
“Ho sentito dire che i fantasmi lì sono davvero malevoli.” Disse Peter ansiosamente, faticando quasi quanto Remus per via della ripida pendenza. “Peggio di Pix.”
“Allora sono poltergeist?” Chiese Remus, curiosamente - aveva in programma di fare qualche lettura riguardo i non-esseri non appena ne avesse avuto l’opportunità dopo aver scoperto che era la principale area di studio di suo padre.
“Penso di sì.” Disse James. “La gente del posto sente delle urla provenire dalla casa certe notti.”
“Però solo da qualche anno.” Ribatté Sirius. “I poltergeist non si trasferiscono da un momento all’altro. Ci sarebbero dovuti essere decenni e decenni di disordine e accumulo di energia negativa perché-”
“Oh mio Dio.”
Lupin si bloccò e fece quasi cadere i sacchetti che stava stringendo. Aveva sollevato lo sguardo verso la casa per la prima volta e un freddo brivido gli era sceso lungo la schiena.
“Cosa c’è Lunastorta? Vuoi che prenda gli altri sacchetti?” Gli stava chiedendo James.
Remus scosse la testa, senza parole, non riusciva a distogliere lo sguardo. Non l’aveva mai vista da fuori prima di quel momento; erano sempre passati dal tunnel. Ma conosceva la sfumature del legno, sapeva che aspetto avevano le finestre sbarrate.
“Maledizione, se è infestata, credo che Lunastorta sia stato posseduto.” Disse Sirius, scherzando solo in parte. “Ehi, Lupin. Ti stai comportando in un modo strano, piantala.”
“Questa è…” Remus faticò a trovare le parole. Chiuse gli occhi e cerco di riprendere fiato. “Questa è la casa. Dove mi mettono.”
James sembrò capire immediatamente e mise una mano sulla spalla di Remus in modo fraterno.
“Okay, forza, è ora di andarsene.” Disse.
Nessuno disse nulla mentre iniziavano a scendere faticosamente la collina, verso il villaggio. Remus guardò il suolo per tutto il tempo, concentrandosi nel mettere un piede davanti all’altro e allontanarsi il più possibile dalla stamberga. La stamberga strillante. Strillante. Gli veniva da vomitare. James li indirizzò verso un pittoresco pub. All’interno c’erano tanti tavoli e comode sedie, non molto diverse dalla sala dei Grifondoro. Trovarono posto in un angolo tranquillo e Remus si sedette con gratitudine, le sue articolazioni molto indolenzite ora. James andò al bancone e Sirius e Peter si sedettero in silenzio ai lati di Remus.
“Quindi…durante la luna piena vai lì?” Chiese Peter. Remus annuì, giocherellando con un umido tappetino da birra che si trovava sul tavolo. “Allora non è infestata?” Continuò Peter.
“No. Sono solo io.”
“Quindi, aspetta, gli strilli sono…”
“Miei.”
“Ma perché-”
“Taci, Minus.” Sbraitò Sirius improvvisamente. Remus lo guardò, esterrefatto.
James tornò indietro con quattro bottiglie di un liquido ambrato e le appoggiò, sedendosi.
“Burrobirra!” Disse allegramente spingendone una verso Remus. “Provala, Lunastorta, ti piacerà tantissimo.”
Remus portò il bicchiere alle labbra. Si sentiva ancora piuttosto nauseato e la mistura nella bottiglia aveva un odore molto sciropposo - ma aveva scoperto che le cose dolci solitamente lo aiutavano se aveva subito uno shock. Ne bevve un sorso e si sentì subito riscaldato dal liquido delizioso. Sorrise a James, sperando che non gli avrebbero più fatto domande.
Non lo fecero. Passarono invece un pomeriggio alquanto piacevole a bere burrobirra e a pianificare il modo migliore per utilizzare il loro nuovo arsenale in scherzi futuri. Peter ebbe l’insolitamente brillante idea di gettare sulle caccabombe un incantesimo che agisse da timer a distanza in modo che potessero essere attivate in qualsiasi momento da qualsiasi punto del castello.
“Ottima tattica diversiva.” Esclamò James, emozionato. “Immaginate quello che potremmo fare con Gazza che rincorre caccabombe dal lato opposto dell’edificio!”
“Ci darebbe anche tempo per lavorare un po’ di più alla mappa.” Aggiunse Remus.
“Non state guardando il quadro generale.” Sirius incrociò le braccia, appoggiandosi allo schienale della sua sedia. “Potremo farle esplodere tutte insieme! Immaginate! Probabilmente ne abbiamo abbastanza per nasconderne una in ogni classe - caos totale!” Sirius sembrò così estasiato quando lo disse, che gli altri ne furono del tutto presi, annuendo ostinatamente.
“Oh, non sediamoci lì, Lily, non sembra molto pulito.” Una maligna e rancorosa voce li interruppe. “Evidentemente fanno entrare chiunque.”
Sirius si piegò di scatto in avanti, fulminando con lo sguardo Piton che girava intorno a un tavolo vicino.
“Non essere sciocco, Sev, va bene qui.” Lily scosse la testa, scostando una sedia.
“Tutto bene, Evans?” James la salutò con la mano incontrollabilmente, quella stupida espressione in faccia.
“Lasciaci in pace, Potter.” Lily si scosse i capelli. “Ciao, Remus.”
“Ciao.” La salutò con la mano, sorridendo. Non poteva fare a meno di godersi il modo in cui trattava i malandrini, era l’unica che non li riempiva di attenzioni.
“Bleah!” Disse Sirius, tappandosi il naso mentre guardava Piton. “Cos’è questa puzza? Potter, hai pestato qualcosa con le scarpe?”
James ridacchiò.
“Sembra che sia esplosa una caccabomba.”
“Disgustoso.” Sirius fece un sorrisetto. “Magari dovremmo aprire la finestra.”
Piton era pallido dalla rabbia. Lily gli mise una mano sul braccio.
“Ignorali, Sev, sono degli idioti.”
Ma Severus non volle lasciare a Sirius l’ultima parola.
“Come sta la tua famiglia, Black?” Chiese, la sua voce infida. La bocca di Sirius formò una linea dura. Piton continuò. “Regulus ha detto a tutti che hai passato un’estate alquanto emozionante. Così emozionante, infatti, che non sei più il benvenuto, eh?”
“Non sai di cosa stai parlando, Mocciosus.” Sbraitò Sirius. Remus sapeva che ormai era troppo tardi - Sirius aveva intrapreso il litigio e non ci sarebbe più stata una via di ritorno.
“Non lo so?” Piton inarcò un sopracciglio, chiaramente elettrizzato dalla reazione che aveva suscitato. “Hai ricevuto della posta dalla mammina quest’anno, Black? Hai parlato con qualcuno dei tuoi parenti?”
Sirius aveva un’espressione molto strana dipinta in volto. Remus ebbe l’impressione che stesse realizzando qualcosa per la prima volta e che stesse cercando di non farlo capire a Severus. James sembrava preoccupato, aveva smesso di ridere.
“Ignoralo, amico.” Disse a bassa voce. “È un coglione, ignoralo.”
“Allora ho ragione.” Le sottili labbra di Severus si incurvarono in un sorriso malevolo. “Per forza che segui Potter come un cagnolino spaesato, la tua famiglia non vuole avere niente a che fare con te. Quando si è disconosciuti in quel modo, immagino che tutto quello che resta sia frequentare le fecce della società…” I suoi occhi neri si spostarono brevemente su Peter e Remus.
Sirius si alzò, facendo cadere la sua sedia. Aveva la bacchetta in mano, doveva averla sfoderata mentre Piton parlava. Anche Remus si alzò, dimenticandosi delle sue ossa doloranti mentre stringeva i pugni, pronto a pestare a sangue Severus se Sirius gliel’avesse detto.
“Sirius, no!” James gli strappò la bacchetta di mano - non era loro permesso fare magia a Hogsmeade.
“Forza, Severus, andiamocene.” Anche Lily si era alzata e ora stava tirando la manica del suo amico. Sembrava furiosa con lui, il che fu una piccola consolazione per Remus.
“No.” Disse Sirius, la sua voce paurosamente salda e autoritaria. “Ce ne stiamo andando. Forza ragazzi. Non riesco più a sopportare questo tanfo.”
Fecero come aveva ordinato, persino James, che lanciò uno sguardo d’amore a Lily mentre uscivano.
“È stato…molto maturo.” Disse Potter, grattandosi il capo, mentre uscivano dal pub nella calda luce serale. Sirius fece una risata nasale, avviandosi verso Hogwarts.
“Non è finita qui.” Disse con fervore mentre gli altri correvano per mantenere il suo passo deciso. “Gliela farò vedere. Lo distruggerò, cazzo!”
I malandrini erano in guerra.
Chapter 45: Terzo Anno: Nobile e antichissima
Chapter Text
Cold fire, you've got everything but cold fire
You will be my rest and peace, child
I moved up to take a place
Near you
So tired, it's the sky that makes you feel tried
It's a trick to make you see wide
It can all but break your heart.
Sabato 15 settembre 1973
*Knock knock*
“Sirius.”
Niente.
*KNOCK KNOCK KNOCK*
“Sirius?”
Silenzio.
“Oh, per l’amor del… Sirius Orion Black Terzo, so che sei lì dentro!” James bussò duramente alla porta.
“Levati dalle palle, Potter.”
James si allontanò dalla porta del bagno e si sedette sul letto, scoraggiato. Sirius non si era unito a loro a cena e ormai era chiuso in bagno senza fare il minimo rumore da due ore.
“Lascialo in pace.” Disse Remus, girando la pagina del suo libro. Era sdraiato a pancia in giù, facendo finta di non essere preoccupato. “Uscirà quando sarà pronto.”
Era una cosa che spesso sentiva la direttrice dire. Almeno una volta a settimana, uno dei ragazzi del St Edmund - solitamente uno nuovo - faceva una scenata e si chiudeva a chiave in una stanza o si rintanava in un qualche piccolo spazio in modo che nessuno potesse raggiungerlo. La risposta del personale era sempre la stessa; ignorarlo finché non avesse realizzato che non importava a nessuno; finché non avesse realizzato che nulla di ciò che poteva fare avrebbe fatto una differenza. Funzionava sempre, Remus lo sapeva in prima persona.
“Non è da lui.” Disse James, ovviamente trascurando la drastica tattica di Remus. “Sai, potrei uccidere Piton. Per aver detto quelle cose.”
Remus alzò le spalle.
“Però Black odia la sua famiglia. Non capisco perché lascia che Mocciosus lo infastidisca al riguardo.”
James fissò Remus, esterrefatto, come se avesse appena detto qualcosa di inconcepibilmente crudele.
“Sono comunque la sua famiglia, Lunastorta.”
“Sono orribili con lui.”
“Non vuol dire che non gli interessi cosa pensano.” James sospirò. “Ascolta, Lupin, forse è meglio che tu te ne vada prima che esca. Vai a cercare Pete in biblioteca o qualcosa del genere.”
“Anche io sono amico di Sirius!” Remus si mise a sedere, indignato.
“Sì, sì, certo che lo sei.” James agitò una mano. “Ma, be’…se ha pianto, penso che preferirebbe che nessun altro lo vedesse.”
“Non mi interessa se sta piangendo. Voglio aiutarlo.”
In parte era una menzogna. Remus si sentiva sempre a disagio quando qualcuno piangeva - non sapeva mai cosa fare. Ma allo stesso tempo voleva davvero aiutare. Non aveva forse sempre cercato di aiutare?
Ora più che mai Remus voleva rivelare di aver suggerito a Narcissa il voto infrangibile, solo per vedere la reazione di James. Ma si calmò. Non era una gara e, anche se lo fosse stata, non una che avrebbe vinto.
“Okay,” disse James, “ma devi essere comprensivo. Non puoi iniziare un litigio.”
“Di cosa stai parlando?” Remus era incredibilmente offeso. Non iniziava mai i litigi.
“Voi due! Battibeccate sempre!”
“Non battibecchiamo.” Sbottò Remus. James si limitò ad inarcare un sopracciglio, il che era seccante.
Il ragazzo dai capelli scuri saltò di nuovo giù dal letto e tornò alla porta del bagno.
“Sirius?” Bussò. “Per favore, esci che ne parliamo?”
“Sparisci, Potter, lasciami in pace.”
James sospirò di nuovo. Remus, ora irritato con James tanto quanto lo era con Sirius, si alzò a sua volta e camminò a grandi passi verso la porta. Facendo cenno a James di spostarsi, si mise a bussare duramente sul legno.
“Ho detto levati da-”
“Sirius, sono io.” Disse Remus, la sua voce dura e fredda come quella della direttrice. “Ascolta, se hai intenzione di tenere il muso lungo come una grande femminuccia, almeno lasciaci entrare così possiamo iniziare a pianificare la nostra vendetta?”
Silenzio.
Remus fece un verso di disapprovazione. “Va bene, tieni il broncio. Ma ti stai comportando come un idiota egoista. Sai, non sei l’unico a essere odiato dalla sua famiglia.”
“Remus!” Esclamò James, scandalizzato. Remus alzò le spalle. Valeva la pena provarci.
Si sentì un rumore di passi all’interno del bagno. Remus premette l’orecchio contro la porta, poi barcollò all’indietro quando si aprì. La faccia cupa di Sirius ne fece capolino.
“Finalmente.” Disse James, sollevato. “Ascolta, esci e-”
“Lunastorta può entrare.” Disse Sirius, aprendo la porta abbastanza da permettere a Remus di infilarsi dentro, poi sbattendola di nuovo e chiudendola a chiave.
Era buio dentro.
“Lumos.” Mormorò Remus. La punta della sua bacchetta si accese, gettando un tenue bagliore sulla piccola stanza bianca e sul volto pallido di Sirius. Aveva pianto, i suoi occhi erano scuri e rossi. Remus distolse lo sguardo sollevandolo verso le plafoniere. Le lampade erano frantumate. Fece un verso di disapprovazione. “Tu e il tuo carattere irascibile, eh?” Disse. “Reparo.”
Le lampadine si aggiustarono e si accesero baluginando. Remus spense la luce della sua bacchetta.
“Non l’ho fatto apposta.” Sirius tirò su col naso, asciugandoselo con il dorso della sua mano. Era un imbronciato gesto infantile, in qualche modo non adatto a Sirius che, persino a tredici anni, era il simbolo della grazia e della compostezza. “A volte rompo ancora le cose, quando sono arrabbiato. Perdo il controllo della mia magia.”
“Oh, giusto.” Remus annuì, anche se non aveva mai sentito una cosa simile prima.
“Allora, vendetta?” Chiese Sirius, sedendosi sul coperchio del water e guardando Remus in attesa.
“Vendetta.” Concordò Remus. “Cosa vuoi fargli?”
“Non solo a lui.” Disse Sirius con un cipiglio. “Tutti loro. Ogni singolo Serpeverde nella scuola.”
Remus annuì entusiasticamente - sembrava un po’ folle, ma era un inizio. Avrebbero avuto tempo di fargli cambiare idea dopo, quando si fosse comportato in un modo meno strano e non avesse più corso il rischio di fare scoppiare altre lampadine.
“Sì, ci vendicheremo con tutti, Black. Ora, forza, andiamo e-”
“Non voglio ancora uscire.” Disse Sirius, imbronciato, incrociando le braccia. Remus sospirò. Si sedette sul pavimento, appoggiandosi contro la porta.
“Okay, va bene. Vuoi parlarne? Perché probabilmente James è la persona migliore p-”
“Pensi davvero quello che hai detto?” Lo interruppe Sirius. “Pensi che la mia famiglia mi odi?”
“Oddio, non lo so. Non sono esattamente un esperto di famiglie.” Remus si strofinò la nuca. “A dire il vero, stavo solo cercando di farti aprire la porta.”
L’aveva inteso come una battuta, ma Sirius non sorrise. Guardò Remus attraverso una coltre di capelli scuri.
“Hai detto che la tua famiglia ti odia.”
“Be’, immagino di sì.” Spiegò Remus. “Altrimenti non avrebbero…be’, non sarei stato mandato al St Edmund, non credi?”
“Non vuol dire che ti odiassero.”
“No.” Rifletté Remus. “Ma in ogni caso non credo che gli piacessi molto.”
“Non sei…voglio dire, non ti dà fastidio?”
Remus alzò le spalle.
“A volta, naturalmente. Ma sai, nessuno ha diritto a una vita felice.” la direttrice l’aveva detto diverse volte. Per la prima volta, dicendolo ad alta voce, Remus si domandò se avesse del tutto ragione.
“Caspita, Lupin, sai che sei davvero deprimente?”
“Sei tu che mi hai fatto entrare.” Remus tirò un lieve calcio sullo stinco di Sirius con la punta delle sue scarpe. “Se vuoi essere tirato su di morale, chiamo Potter.”
“Nah.” Sirius alzò le spalle, sorridendo debolmente. “Tu vai bene.”
Remus rise.
“James non voleva che entrassi. ha detto che battibecchiamo e basta.”
“Cosa?!” Sirius scosse la testa. “Non battibecchiamo.”
“È quello che ho detto anche io.” Gli garantì Remus.
“La mia famiglia…” disse Sirius, improvvisamente, “non penso che mi odino. Penso che vogliano apprezzarmi, davvero. Ma continuo a deludere tutti. Fa ridere la maggior parte delle volte, ma…be’, non oggi.”
Remus non sapeva cosa dire, quindi rimase in silenzio. Pensò a Narcissa, a come aveva giurato di affrontare la morte se non avesse potuto sposare Lucius. Pensò a Regulus, che spesso fissava suo fratello dall’altro lato della sala da pranzo, verde dalla gelosia. Le famiglie erano complicate. Forse doveva essere grato a Lyall Lupin per aver messo fine a tutto in un colpo solo, in modo che Remus non dovesse mai sapere se avrebbe reso orgoglioso suo padre o se invece sarebbe stato una delusione.
* * *
Venerdì 5 ottobre 1973
“Ci sono. Ci sono davvero questa volta.”
“Bene, Pete.” Rispose Remus distrattamente, leggendo il suo libro di Aritmanzia.
“Dovremmo tingergli la divisa di rosa.”
“È troppo semplice, la tingerebbe di nuovo. E poi dove prenderemmo la sua uniforme?” Remus voltò pagina e riprese a leggere.
“Ahia! Maledizione, c’è qualcosa che non va con quel bolide!” Urlò Sirius, mettendosi in piedi. “Dai, McKinnon, muovi quel dannato culo!”
“Ti dispiace lasciare stare il suo culo?” Sbottò Mary da qualche fila più in alto.
Stavano guardando gli allenamenti di quidditch di Grifondoro. Be’, Sirius, Peter e Mary li stavano guardando. Remus voleva solo continuare a leggere.
“Gelosa, MacDonald?” Rispose Sirius, sfacciatamente.
“Allora tingiamo i suoi capelli di rosa.” Insistette Peter, scuotendo il braccio di Remus per avere la sua attenzione. “Ho imparato l’incantesimo cambiacolore, so farlo.”
“Anche lui.” Disse Remus, liberando il suo braccio con uno strattone e cercando il suo punto sulla pagina.
“Sai, Lunastorta, potresti dimostrare un po’ più d’interesse.” Disse Sirius.
“Per il quidditch? O per la sconfitta della tua nemesi?”
“Tutt’e due.”
“Sono qui, no?” Remus votò nuovamente pagina.
“Qui è la tua nemesi?” Chiese Mary, alzandosi e scendendo per sedersi vicino a Sirius.
“Se te lo dico poi dovrò ucciderti.” Disse Sirius sarcasticamente. Mary alzò gli occhi al cielo.
“È Piton?”
Tutte e tre i ragazzi guardarono Mary, sorpresi. Lei rise. “Insomma, non è proprio un segreto - ce l’avete con lui dal primo anno e viceversa. Inoltre, Lily è una delle mie migliori amiche.”
“Non parlarmi di Evans.” Gemette Sirius. “Ne sento parlare già abbastanza così com’è.”
“Penso che sia un’idiota ad andare in giro con quel verme.” Disse Mary, sfregandosi le braccia come se il solo pensiero di Severus le avesse fatto accapponare la pelle. “Sapete che ha fatto piangere Marlene l’altro giorno? Ha chiamato suo padre qualcosa di davvero cattivo. Inoltre, il che non ha senso perché Lily dice che Severus è un mezzosangue…ad ogni modo, qualcuno deve insegnargli una lezione.”
“Ah!” Tuonò Sirius. “È un mezzosangue?! Splendido.”
“Sì.” Disse Mary freddamente. “Lo è anche Remus. E io sono nata babbana. Quindi?”
Finalmente Remus sollevò lo sguardo dal suo libro e fece un sorrisetto a Sirius, inarcando un sopracciglio. Sirius abbassò lo sguardo, poi si voltò verso il campo.
“Nulla.” Bofonchiò. “Non sono così.”
“Bene.” Disse Mary, delicatamente. “Sento già abbastanza di quelle stronzate dai Serpeverde.”
Remus era incline a dare ragione a Mary, che aveva più fegato di lui a rimettere Sirius al proprio posto. Gli insulti da parte dei Serpeverde erano decisamente aumentati quel semestre, anche se forse era evidente solo agli studenti non purosangue. Remus aveva iniziato a temere lo spostarsi da solo da una classe all’altra, anche se accadeva raramente. Ad ogni modo, aveva avuto qualche mancato incidente ed era stato chiamato un sanguemarcio due volte. Non l’aveva detto a James o Sirius, non voleva fare un piagnisteo. Inoltre, per quanto riguarda gli insulti, era stato chiamato nomi peggiori di ‘sanguemarcio’.
Però non gli piaceva l’idea che avessero fatto piangere Marlene. Un conto era che Remus fosse preso di mira da Piton e Mulciber, o persino dal mingherlino e sadico Barty Crouch, un altro era far piangere delle ragazze. Remus sentì un’ondata di istinto di protezione e galanteria verso la sua amica. Serrò i pugni, poi li aprì.
Il problema era che Piton non era il tipo da attaccare con fatture e grandi scherzi. Sapeva fare entrambe le cose, era abile tanto quanto i malandrini. Ma Piton faceva affidamento alle parole per ferire le persone - ed erano molto più difficili da contrastare.
A meno che tu non cambi le parole.
“Oh.” Remus posò improvvisamente il suo libro. Afferrò il braccio di Sirius. “Oh!”
“Cosa?” Sirius fece una smorfia. Era assorto a guardare gli allenamenti mentre la mente di Remus vagava. C’era stata un’altra opportunità perché Sirius si unisse alla squadra di quidditch quell’anno, ma aveva rifiutato. Forse perché aveva cambiato idea. Forse perché non voleva mettersi in imbarazzo di nuovo alle selezioni.
“Cambiamo le parole!” Farfugliò. “Cambiamo quello che dice.”
“Di cosa stai parlando?” Sirius schioccò la lingua. “Mocciosus?”
“Sì! Ci sono incantesimi che si possono fare per impedire a qualcuno di parlare, giusto?”
Sirius arrossì lievemente, guardando Remus.
“Sì…” Disse cautamente.
“Okay, allora quanto più difficile può essere…tipo stravolgere le loro parole? Potremmo stabilire una parola scatenante - o un paio - sanguemarcio, traditore del tuo sangue, o meticcio, babbanofilo, o…come ti pare. E al suo posto gli facciamo dire qualcosa di davvero carino. O qualcosa di stupido. Come ci va.”
“Lunastorta, dove hai sentito tutti quegli-”
James segnò un gol e Peter balzò in piedi, applaudendo all’impazzata. Potter fece un paio di giri sulla sua scopa, mettendosi in mostra. Sirius sorrise all’amico. Remus notò che il ginocchio di Mary stava toccando quello di Sirius. A dire il vero, erano seduti molto vicini.
“Quindi?” Remus afferrò di nuovo la spalla di Sirius, cercando di farlo concentrare. “Che ne pensi?”
“Lo adoro.” Si limitò a dire Sirius. “Dovremmo fargli dire qualcosa di davvero ridicolo, come…non so, ‘orsacchiotto’ o qualcosa del genere. Dopo andiamo in biblioteca, giusto?”
“Posso venire?” Chiese Mary. Sirius alzò le spalle.
“Se vuoi. Però si tratta di serie questioni dei malandrini.”
Mary ridacchiò. Remus si domandò se Sirius lo trovasse altrettanto irritante. Prese il suo libro e ritornò all’Aritmanzia.
Venti minuti dopo, l’allenamento era finito e i malandrini stavano camminando verso il castello, Mary e Marlene al seguito, mentre Sirius e Remus chiacchieravano entusiasticamente con James del loro piano brillante (in qualche modo nella mente di Sirius era diventato il ‘loro’ piano).
“Avreste dovuto essere fuori dal campo per le cinque.” Grugnì qualcuno davanti a loro.
Remus sollevò lo sguardo e vide la squadra di quidditch dei Serpeverde che camminava verso di loro, scope in mano, kit in spalla.
“Dannazione, Blustrode, ce ne stiamo andando.” Disse James, irritato.
Il capitano dei Serpeverde con la faccia da carlino si limitò a guardarlo in cagnesco e a superarlo, urtandolo deliberatamente con la sua spalla nel mentre.
“Ehi!” Sirius sfoderò la bacchetta. James lo trattenne.
“Tu cosa c’entri, Black?” Bulstrode sogghignò. “Se quello è ancora il tuo nome.” Tutti i Serpeverde risero. Compreso il membro più piccolo, l’ultimo arrivato, che era rimasto indietro rispetto agli altri.
Regulus Back.
Ci vollero sia James che Remus per allontanare Sirius mentre i Serpeverde sghignazzavano e sussurravano.
“Ricordati il piano.” Sussurrò Remus. Sirius si calmò, poi annuì.
“Promettimi che ci vendicheremo su tutti.” Grugnì.
Chapter 46: Terzo Anno: Il Lumaclub
Summary:
Lo scherzo progredisce, il primo raduno del Lumaclub e un diverbio.
Chapter Text
Lunedì 8 ottobre 1973
“Sirius, è meglio che sia tu a pensare alle parole sostitutive, sei il più…ehm…”
“Verboso?” Suggerì Sirius, sbadigliando. “Loquace? Prolisso?”
“Esattamente.” Remus sorrise. “Io penserò a capire quale incantesimo ci serve e, James, tu puoi pensare a come gettarlo su tutta la casa…sarà molto difficile, credo - Peter ti conviene aiutarlo.”
“Udite Lunastorta!” James rise, imburrando il suo toast. “È lui a dare gli ordini ora.”
“I malandrini sono un’utopia socialista.” Sirius sbadigliò di nuovo. “Non abbiamo leader.”
“Babbanologia ti sta piacendo, eh?” Remus inarcò un sopracciglio. Sirius appoggiò la testa sul tavolo da pranzo, chiudendo gli occhi e facendo un gestaccio a Remus.
Un gufo atterrò sul tavolo della colazione - era quello di James. Il gufo di Sirius era stato confiscato così tante volte dai suoi genitori che era come se non ne avesse uno, Peter tipicamente faceva affidamento ai gufi della scuola e Remus non riceveva mai della posta.
“Ma che diavolo?” James aprì la lettera offerta dall’uccello con una smorfia. “Il…Lumaclub?!”
“Oh, sì.” Sirius aprì un occhio assonnato. “Anche io ne ho ricevuto uno. A quanto pare al vecchio Luma piacciono gli studenti che hanno una certa qualità stellare. Quindi, io, ovviamente. E anche tu immagino.”
Né Peter né Remus avevano ricevuto un invito; ma non era stata una grande sorpresa. Peter era abbastanza bravo a Pozioni, ma mancava di attitudine per quasi tutti il resto. Per quanto riguarda Remus, cercava di passare inosservato quando si trattava del professor Lumacorno.
“Allora non andremo.” Disse James, piegando con fermezza la sua lettera. “O tutti o nessuno, noi malandrini.”
“Non mi interessa.” Remus alzò le spalle. “Andate se volete. scommetto che Lily ci andrà.”
“Dici?! Sì, è molto brava a Pozioni, vero?” Disse James, quell’espressione bizzarra di nuovo dipinta sul volto. “È molto brava in tutto, probabilmente è la persona più intelligente del nostro anno-”
“Ehi!” Dissero Remus e Sirius all’unisono. James inarcò un sopracciglio.
“Ragazza più intelligente, allora.”
Sirius chiuse di nuovo gli occhi, soddisfatto, e provò a sonnecchiare per il resto della colazione.
* * *
Giovedì 11 ottobre 1973
La festa si svolse più avanti quella settimana. James, ancora incerto riguardo l’esclusione dei due malandrini minori, cercò di convincere Peter e Remus ad indossare il mantello dell’invisibilità e venire comunque. Sirius pensava che sarebbe stato divertente, ma personalmente Remus pensò che fosse al di sotto dei suoi standard. Non aveva alcun desiderio di trovarsi tra i pochi eletti. Alla fine, anche Peter rifiutò, sebbene fosse stato chiaramente sul punto di accettare quel piano ridicolo.
Ad ogni modo, il giovedì era il giorno preferito della settimana scolastica di Remus. In particolare il giovedì dalle 14:00 alle 16:00 - la finestra temporale nel suo orario assegnata a Cura delle Creature Magiche. Le loro lezioni del mercoledì erano teoriche e anche quelle piacevano a Remus; non aveva mai sentito nessuno parlare di biologia come il professor Ferox. Ma i giovedì facevano delle lezioni pratiche e la classe usciva in cortile oppure arrivava in aula e si trovava una nuova creatura ad attenderli, con Ferox raggiante per l’entusiasmo di mostrargliela.
Dopo i kneazle, avevano visto doxy e crup. Quella settimana toccava ai murtlap. Mary e Marlene gridarono alla vista delle creature che Ferox presentò in una grande specie di conigliera in fondo all'aula. Remus non poteva biasimarle: i murtlap erano estremamente poco attraenti. Erano creature simili a topi, con masse di tentacoli contorti che spuntavano dalla schiena come vermi.
“Non possiamo trattare i crup e i kneazle ogni settimana.” Ferox sorrise, facendo loro cenno di riunirsi. “Non tutte le creature magiche che studieremo saranno carine. Ma la varietà è il sale della vita, no?”
“Spero che non dovremo toccarli.” Sussurrò Marlene, rabbrividendo.
A Remus non importava - erano disgustosi, ma non gli davano fastidio le cose disgustose. Aveva uno stomaco piuttosto forte; Il professor Ferox glielo aveva già detto, la settimana prima, mentre guardavano le uova di doxy schiudersi. Remus era stato raggiante d’orgoglio tutto il giorno.
Ferox stava guardando Remus.
“Signor Lupin, sono sicuro di poter contare sul fatto che tu sappia dirmi le proprietà benefiche dei tentacoli dei murtlap?”
Remus cercò di non fare un sorriso troppo ampio o di non sembrare troppo un saputello.
“Sono molto utili per lenire tagli e abrasioni superficiali” disse con prontezza, “e se li mangi ti rendono resistente alla maggior parte delle maledizioni più comuni.”
“Eccellente, cinque punti a Grifondoro.”
A Remus fuggì un piccolo sorriso. Chi se ne frega di quello stupido lumaclub. Lumacorno non era neanche lontanamente forte quanto Ferox; Ferox era intelligente, umile e divertente e faceva cose pericolose. Remus non aveva mai pensato molto alla sua carriera futura, ma era da un paio di settimane ormai che considerava l’idea che, qualsiasi cosa avesse fatto da grande, avrebbe voluto essere esattamente come il professor Ferox.
Certo, avrebbe dovuto iniziare a mangiare di più o a fare sollevamento pesi o qualcosa del genere, perché se Ferox era qualcosa, era robusto. E Remus, nonostante fosse diversi centimetri più alto degli altri malandrini, rimaneva eternamente allampanato.
“È il tuo metabolismo.” Gli disse Madama Chips, quando glielo chiese il mattino dopo la luna piena. “Potresti mangiare di più o riposarti di più, ma potrebbe semplicemente essere una di quelle cose che non si possono cambiare, temo. Non mi preoccuperei se fossi in te caro, sei in buona salute.”
Non era per niente rassicurante, ma lo accettò. Anche suo padre era magro, ne era sicuro. Almeno non era paffuto come Peter che sembrava ancora un bambino rispetto a loro.
Ciò fu reso ancora più evidente, più tardi quella sera, quando Sirius e James sembravano dei veri e propri giovani signori di un maniero, con addosso i loro abiti da cerimonia, mentre Peter li guardava con invidia dal suo letto, già in pigiama.
“Pensi che dovremo ballare?” Chiese Sirius, ansiosamente, raddrizzandosi la cravatta.
“Nah.” Rispose James, cercando disperatamente di appiattire i suoi capelli con il pettine. “Ci avrebbero detto di portare un partner o qualcosa del genere.”
Sirius si lasciò cadere sul letto.
“Odio queste cose. Lunastorta, vai al posto mio, scommetto che il vecchio Luma non se ne renderà nemmeno conto.”
“Campa cavallo.” Remus rise da dietro la sua copia di Aggressioni Verbali: Scioglilingua Difensivi. “Lumacorno non si ricorda nemmeno il mio nome la metà delle volte. E si sentirebbe fregato se al posto del Black purosangue che si aspettava, ottenesse un ragazzo mezzosangue che continua a chiamare Linchpin.”
“Ugh. È un vecchio, viscido idiota. Come una vera lumaca.” Sirius sorrise, compiaciuto, e diede una gomitata a Remus. “Heh, una vera lumaca, Lunastorta.”
Remus ricambiò il suo sorriso, sollevando lo sguardo dal libro.
“Allora, sei pronto?” James sospirò e gettò di lato il suo pettine, apparentemente accettando che il suo tentativo era futile.
“Immagino di sì.” Grugnì Sirius, alzandosi con fatica.
“Scendo con voi.” Disse Remus. “Tanto vale andare in biblioteca. Pete, vuoi venire?”
Peter lo guardò come se fosse folle e scosse la testa.
James, Sirius e Remus scesero nella sala comune, dove - con grande gioia di James - Lily li stava aspettando con indosso un vestito turchese piuttosto grazioso. Sfortunatamente per James, tuttavia, quando i tre malandrini si avvicinarono, divenne evidente che non stava aspettando lui.
“Remus!” Disse alzandosi.
“Stai proprio bene, Evans.” Disse James speranzoso. Sirius sospirò rumorosamente.
“Voglio parlare con Remus.” Disse Lily, ignorando James. “Facciamo la strada insieme per andare alla festa?”
“Non ci vado.” Remus alzò le spalle. “Non sono stato invitato.”
“Oh…” Lily arrossì lievemente, imbarazzata. “Scusami, ho dato per scontato…”
“Di cosa volevi parlare?” Chiese Remus, impazientemente. Il suo libro era pesante e la luna piena sarebbe stata quel venerdì, rendendolo più agitato del solito.
Lily guardò James e Sirius, visibilmente non volendo dire nulla davanti a loro. Remus sospirò. “Sto andando in biblioteca. Se vuoi puoi venire in quella direzione con me.” Avrebbe portato Lily fuori strada, ma Remus decise che non gli importava. Superò il buco del ritratto e la sentì affrettarsi alle sue spalle, le sue scarpe di vernice nera che risuonavano sulle pietre da lastricato.
“Che libro è?” Ansimò Lily, faticando a rimettersi in pari con i lunghi passi di Remus.
“Niente.” Disse, coprendo deliberatamente il titolo con il suo braccio. “Solo una ricerca.”
“Non è qualcosa di cattivo, vero?” Chiese Lily con disapprovazione. “É un’altra cosa orrenda da fare a Severus?”
“Sapevo che volevi parlare di quello.” Remus alzò gli occhi al cielo, continuando a camminare.
“Be’, devi ammetterlo, è stato Sirius a iniziare quella volta a Hogsmeade, voglio dire, ha chiamato Sev-”
“Non mi interessa, Lily.” Sbottò Remus, girando un angolo. “Non doveva essere così cattivo. Sirius e James stavano solo scherzando e Piton è dovuto andare sul personale.”
“Oh!” Lily pestò un piede. “Siete uno peggio dell’altro!”
“Sai che odia anche lui le persone come te, vero?” Ribatté Remus, fermandosi ora che erano fuori dalla biblioteca. Si voltò a guardarla. “Sai che quelli come lui odiano quelli come noi.”
“Quelli come noi.” Lily fece un verso di disapprovazione. “Francamente questa cosa della purezza del sangue sta diventando ridicola e non giustifica-”
“Ha fatto piangere Marlene.” Insistette Remus. “Ce l’ha detto Mary. Cosa pensi che dica alle tue spalle?”
Le guance di Lily erano nuovamente rosa.
“Sev non direbbe mai una cosa del genere su di me! È il mio migliore amico!”
“Buon per te allora, ma noi altri non siamo così fortunati.” Sbottò Remus. Lily lo fissò, sbattendo le palpebre per qualche istante, in silenzio per via dello sbigottimento. Sembrava che potesse scoppiare a piangere da un momento all’altro e Remus provò un lieve senso di colpa. Quando parlò di nuovo, la sua voce era sommessa e bassa.
“Cosa gli farete?”
Remus sospirò. Tanto valeva che lo sapesse.
“Non solo a lui. A tutti loro.” Disse abbassando la voce e chinandosi leggermente in caso qualcuno li sentisse. “E niente di cattivo. Se smette di rivolgere insulti, allora nulla.”
Lo guardò scettica. Lui si raddrizzò. “Non ti dirò altro. Arriverai in ritardo alla tua festa, vai.”
* * *
Più tardi quella sera, Remus pensò di esserci quasi arrivato. Era seduto nella sala comune e stava appuntando gli ultimi dettagli. Ora aveva solo bisogno della lista di parole sostitutive di Sirius e avrebbero potuto iniziare a lavorare allo scherzo. Erano quasi le undici di sera quando il buco del ritratto si spalancò e Lily Evans marciò dentro, sembrando fuori di sé. C’erano strane macchie argentee sul suo vestito che catturarono la luce mentre si fiondava dentro.
“Che c’è, Evans?” Chiese Remus, con esitazione, sentendosi ancora un po’ dispiaciuto per essere stato così sgarbato con lei fuori dalla biblioteca.
“Chiedilo a loro.” Sibilò, furiosa. “Io vado a farmi una doccia.”
Non si domandò a chi stesse facendo riferimento, ma se l’avesse fatto, avrebbe ottenuto una risposta dopo qualche istante, quando Sirius e James entrarono dal buco del ritratto ridendo istericamente. Remus non riuscì a fare a meno di sorridere a sua volta - la loro allegria era contagiosa.
“Cosa avete fatto?”
“Ha fatto tutto Sirius, amico.” James diede al suo amico una pacca sulla schiena, poi si inchinò davanti a lui elaboratamente, sventolando la sua mano. Sirius fece lo stesso.
“Non ci sarei riuscito senza di te, mio caro ragazzo.”
“Riuscito a fare cosa?” Chiese Remus, cercando di contenere la sua irritazione che era balzata fuori dal nulla.
“Lumache.” Disse James. “Lumache, maledizione, erano ovunque. È cominciato tutto con delle piccole gelatine a forma di lumaca che erano state servite.”
“Incantesimo di trasfigurazione abbastanza semplice.” Sirius alzò le spalle con falsa modestia, buttandosi a sedere su una poltrona e gettando una gamba sul bracciolo.
“Ma poi,” James si sedette di fianco a Remus, uno sguardo sognante, “poi hanno iniziato a moltiplicarsi..”
“Ed è per questo che Evans è incazzata con voi?”
“Be’…hai visto quella roba viscida sul suo vestito? E uhmm…anche un po’ nei suoi capelli credo. Quelle lumache si muovevano davvero rapidamente, sono finite ovunque…”
“Quella ragazza non ha un senso dell’umorismo.” Sirius sbadigliò. “Dovrebbe essere grata che abbiamo ravvivato un po’ le cose.”
“La faccia tosta di certe persone.” Disse Remus sarcasticamente.
“Vedi, tu capisci, Lunastorta.” Sirius sorrise. “Lasceresti che ti coprissimo di lumache, vero?”
Remus pensò che fosse meglio ignorarlo e si rivolse a James.
“Lumacorno sa che siete stati voi?”
“Sì, era piuttosto evidente. Eravamo gli unici che non stavano urlando.”
“Punizione?”
“Tre settimane. Pulire i calderoni. Va bene, aiuta a mettere su muscoli.” James flesse il braccio che, andava detto, non sembrava particolarmente muscolare.
“Buone notizie, però.” Disse Sirius. “Niente più feste per noi - siamo fuori dal Lumaclub.”
“Ma dentro i libri di storia!” Si vantò James, facendoli scoppiare tutti a ridere.
Chapter 47: Terzo Anno: James Potter e lo sterco grumoso d’elefante
Summary:
Parole, parole, parole!
Chapter Text
Martedì 30 ottobre 1973
Con Halloween e il tradizionale banchetto di Hogwarts incombenti, Remus voleva che l'incantesimo di scambio delle parole fosse perfezionato in tempo perché avesse la massima portata.
“Va tutto bene, Moony, sappiamo tutti cosa stai facendo.” Disse James, tornato dagli allenamenti di quidditch coperto di fango e fradicio. Le sere diventavano sempre più buie e Remus andava raramente a guardare la squadra allenarsi ormai, anche se Sirius e Peter solitamente lo facevano. Anche Mary andava sempre, per guardare Marlene. Ultimamente li seguiva ovunque.
“Penso solo che dovremmo testarlo.” Remus si morse il labbro, guardando Sirius asciugare James con un incantesimo.
“Oh no.” Disse Peter, incrociando le braccia. “Non sarò la vostra cavia questa volta. L’ultima volta non sono riuscito a sbarazzarmi di quella chiazza di capelli viola per settimane!”
“Me ne ero dimenticato.” Disse Sirius, sognante. “Ha funzionato molto bene, una volta risolti i problemi."
“Fallo su di lui.” Peter indicò Sirius. “È il suo turno.”
“Non piagnucolare, Peter.” Gemette Sirius. Si stravaccò sul suo letto. “Fallo su di me, Lunastorta, non sono un codardo.”
“Okay, va bene.” Remus sfoderò la sua bacchetta. Sirius sussultò.
“Aspetta, lo vuoi fare ora?!”
“Be’, prima è, meglio è…”
“E il controincantesimo?”
“Sono abbastanza sicuro di aver capito cosa fare.” Remus lasciò che un piccolo sorriso si facesse strada sul suo volto. Era sicuro che il controincantesimo funzionasse, ma era troppo divertente guardare Sirius agitarsi.
“Oh, per l'amor del cielo.” James sospirò, sfilandosi la sua tenuta da quidditch. “Fallo su di me, Lupin, non mi dispiace. Però non voglio dire nessuna parola della tua lista orribile. Puoi farlo con qualcos’altro?”
“Se preferisci.” Rispose Remus.
“Ecco, a proposito di questa lista, Lunastorta…” Disse Sirius, prendendola dal comodino.
“Cosa?”
“Be’…è davvero lunga.”
“Sì.” Remus inarcò un sopracciglio. “Allora? Sono tutti insulti per non purosangue, no?”
“Sì.” Disse Sirius, grattandosi il mento. “Sì, lo sono, ma, um… be’, è solo che non pensavo che ce ne fossero così tanti. Non li ho mai visti tutti scritti così. E ad ogni modo, dove li hai sentiti?!”
“Secondo te?” Remus incrociò deliberatamente lo sguardo di Sirius. Si aspettava una cosa simile. “Non fare la femminuccia, Black, non mi dà fastidio. Okay, James, che parola vuoi che sostituisca?”
“Evans.” Disse Sirius, improvvisamente. “Sono stufo di sentirlo uscire dalla sua bocca.”
“Okay.” Remus sorrise. “Con cosa lo cambio?”
“Non dirmelo!” Disse James. “Faremo un test alla cieca per essere sicuri che funzioni. Scegli qualcosa a cui Black non abbia ancora pensato.”
Remus annuì, scarabocchiò qualcosa su un pezzo di pergamene, poi sollevò la sua bacchetta, concentrandosi. Diede un brusco colpetto della bacchetta in direzione di James, poi pronunciò l’incantesimo.
Tutti e quattro rimasero in silenzio, a guardare.
“Ehm…” Disse Remus. “Hai sentito qualcosa?”
“No.” James si guardò come si aspettasse di vedere qualcosa di diverso.
“Be’, cosa aspetti, dillo!” Lo esortò Sirius.
“Il suo nome intero.” Aggiunse Remus.
James si schiarì la gola platealmente, raddrizzando le spalle. Allungò un braccio e si mise una mano sul suo petto, come se stesse per fare un importante annuncio.
“STERCO GRUMOSO D’ELEFANTE.” Proclamò.
Peter scoppiò in una risata così forte che quasi cadde dal letto. Sirius scoppiò a ridere e James diventò rosso acceso.
“Non pensavo che avresti scelto qualcosa del genere!” Disse. “È la mia futura moglie!”
“Chi è la tua futura moglie?” Chiese Sirius, velocemente.
“Sterco grumoso.” Rispose James, per poi portarsi le mani alla bocca. “Lupin!”
“Hai detto che non ti dispiaceva.” Rispose Remus in modo pragmatico. “Ora, prova a dire ‘Evans’ di nuovo, ma cerca con tutte le tue forze di spezzare il mio incantesimo, okay?”
“Sterco grumoso.” Disse James con prontezza. Poi con più forza, “Sterco grumoso.” Strinse gli occhi. “St-er-co…gru…moso. Sterco grumoso d’elefante.” Chinò il capo con tristezza.
Ormai Peter faticava a respirare dalle troppe risate e Sirius si era dovuto appoggiare al montante del letto come sostegno.
“Eccellente.” Remus sorrise. Posò la lista. “Ehi, sono lei sei. Andiamo a cena?”
“Sì, ma prima fa’ il controincantesimo.” Disse James.
“Oh, no.” Remus scosse la testa solennemente. “Mi dispiace, Potter, ma voglio testare l’incantesimo a fondo - dobbiamo assicurarci che non svanisca troppo in fretta. Farò il controincantesimo domani mattina.”
“Cosa?!” Gridò James.
“Oh sì!” Disse Sirius a fatica, asciugandosi le lacrime dagli occhi.
“Mi dispiace.” Disse Remus di nuovo, per niente dispiaciuto. “Sii felice che non abbiamo scelto una parola di uso comune.”
“M-ma, se mi imbatto in sterco grumoso?”
“Oh, non penso che succederà.” Remus fece un piccolo sorriso. “Ci sono pochissimi elefanti in Scozia.”
James fece una smorfia.
“Sai cosa intendo! Elefante! Sterco grumoso d’elefante?!”
Remus alzò le spalle.
“Non urlare il suo nome? Forza, sto morendo di fame!”
* * *
“James! Guarda chi c’è!”
“Stai. Zitto.” James serrò la mascella e guardò duramente il suo piatto. Sirius scosse la testa con disapprovazione, l’immagine della pietà.
“Non è questo il modo di salutare…come si chiama?”
“Non riuscirai a provocarmi. Sono più forte di così.” Disse James, tagliando ferocemente il suo pasticcio di carne e rognoni.
“È proprio lì, amico.” Disse Sirius, cercando di controllare il suo sorrisetto. “Come farà a notarti se non la chiami?”
“Ehi, Evans.” Disse Remus improvvisamente, salutando la rossa con un gesto della mano. “Vuoi sederti con noi?”
Lei si fermò e li guardò cautamente.
“Perché?”
“Tu sei una Grifondoro, noi siamo dei Grifondoro…” Disse Sirius alzandosi per lasciarle il posto accanto a James. “Dovremmo sederci insieme. Inoltre, darà veramente fastidio a Potter.”
“Be’, in questo caso.” Lily si sedette. Sirius spinse Remus per farsi spazio al suo fianco. Lily guardò con curiosità James, che era diventato paonazzo. “Perché ti do fastidio, Potter?”
“Non mi dai fastidio!” Disse velocemente. “Sono solo dei cretini.”
“Bada al linguaggio, Potter!” Disse Sirius severamente, versando della salsa sul suo purè e sui suoi piselli. “Non è questo il modo di parlare davanti a una signora.”
“Cosa sta succedendo?” Lily osservò Remus con diffidenza. “Mi state prendendo in giro?”
“Stiamo prendendo in giro James.” Squittì Peter, come se stesse facendo fatica a contenere la sua eccitazione. Per una volta non era lui il centro dello scherzo e si trattava chiaramente di un concetto da capogiro.
“Sto testando un incantesimo su di lui.” Disse Remus semplicemente. Gli occhi di Lily lampeggiarono mentre analizzavano la situazione.
“E qual era l’incantesimo?”
“Mutatio Verbi.”
Lei inarcò di scatto le sopracciglia.
“È…oddio, Remus, quale parola?!”
“Um…”
“Sterco grumoso d’elefante.” Disse James tristemente. Peter sputò il suo succo di zucca e fece volare la sua forchetta. Lily ridacchiò, nervosamente.
“Cos’hai detto, Potter?”
“Ste…sterco.” James si sforzò di combattere l’incantesimo. “Sterco grumoso d’elefante…sterco.”
“Sterco…?! Oh, per l’amor del cielo!” Lily fulminò Sirius con lo sguardo. “È il mio nome, non è vero?”
“Non guardare me!” Sirius sorrise, sollevando in aria le mani. “È stata un’idea di Lunastorta.”
Lily si voltò verso Remus, non più accigliata.
“Davvero, Remus?”
“Ehm…sì, ma non doveva essere offensivo o al-”
“Fantastico!” Disse. “Che magia davvero brillante!”
“Aspetta fino a domani!” Disse Peter, riprendendosi dalle sue risate isteriche. Sirius gli diede un calcio sotto il tavolo.
“Mi dispiace tanto, sterco grumoso.” Disse James, sembrando sinceramente desolato. Questa volta, rise persino Lily.
* * *
Mercoledì 31 ottobre 1973
“Non sta succedendo nulla.”
“Be’, non inizieranno mica a insultarsi a vicenda, no?”
“Dobbiamo spingerli a farlo. Pete va’ e-”
“Ehi, sono purosangue!”
“Oh, sì, giusto. Um…Lunastorta va’ a fare inciampare uno di loro o qualcosa del genere. Fa’ inciampare Mocciosus. O mia cugina, sì, fallo a Cissy!”
“No.” Disse Remus a bassa voce. Ignorando il fatto che non aveva nulla contro Narcissa, non voleva essere così ovvio. “Ci limiteremo ad aspettare. Pazienza, Black, pazienza.”
“Ma potrebbero volerci giorni.”
“No.” Disse Mary duramente. “Voi tre dovete essere ciechi se non vedete cosa sta succedendo.” Ciò li zittì.
Mary si era seduta di fianco a Sirius per la seconda volta quella settimana. A Remus non importava - gli piaceva Mary, era divertente, brusca e autoritaria, ma al contempo immancabilmente gentile e piena di compassione. Era una sua amica. Però. Be’, non era un malandrino, no?! La sua presenza sembrava in qualche modo invadente; non era ben compatibile con il loro solito botta e risposta. E si sedeva sempre vicino a Sirius quindi nessuno poteva parlargli senza che lei ascoltasse e sbattesse le ciglia. Ovviamente Remus sapeva che le piaceva Sirius e quant’altro, ma non era sicuro che lui lo sapesse già - o forse era così che dovevi comportarti quando piacevi a qualcuno.
“Cosa sta succedendo?” Chiese James, piuttosto seriamente. “Ti insultano, MacDonald?”
Lei alzò le spalle sorseggiando il suo succo di zucca.
“È peggiorato quest’anno. Vero, Remus?”
Remus annuì appena, distogliendo lo sguardo come se fosse più interessato a guardare i Serpeverde. Era il banchetto di Halloween e tutti erano di buon umore. Il professor Vitious aveva incantato scintillanti pipistrelli neri perché volassero sopra le loro teste, sottili ragnatele argentee luccicavano dalle travi e la sala grande era piena di odori autunnali; zucca arrostita, legna bruciata e mele cotte.
“Quindi…” Continuò James, lentamente. “Lo stanno facendo con tutti i nati babbani? Persino…persino sterco grumoso - oh ma che cazzo, Remus! Per favore, mettimi a posto!”
“Solo se mi fai i compiti di Pozioni.” Rispose Remus, veloce come un fulmine.
“Va bene! qualsiasi cosa! Ti darò persino la mia dannata scopa se mi-”
“Finite.” Remus puntò la bacchetta verso James. James lo fissò, attonito. Si schiarì la gola.
“Lily Evans.” Disse, molto chiaramente, poi sorrise.
“Cosa vuoi, Potter?!” Lily si girò, la sua conversazione con Marlene interrotta.
“Vuoi uscire con me?”
“No.” Si girò di nuovo.
“Grazie, Lunastorta.”
“Di nulla.”
“Aspetta.” Disse Sirius. “Aspetta un secondo. Il controincantesimo è Finite Incantatem?!”
“Sì.”
“Ma è il controincantesimo standard!”
Remus alzò le spalle.
“Non ho mai detto che era qualcosa di difficile. Voi purosangue non avete un briciolo di buon senso.”
Mary scoppiò a ridere, James si strozzò con le sue patate arrosto e Sirius diede a Remus una pacca sulla schiena.
“Mamma mia, Lunastorta. Quando si tratta di piani malvagi, nessuno di noi ti batte.”
Remus arrossì dall’orgoglio e se lo scrollò di dosso, ritornando alla sua cena.
“Guardate!” Urlò Peter improvvisamente, puntando un dito grassottello in direzione del tavolo dei Serpeverde. Un Tassorosso del secondo anno si era avvicinato troppo a Mulciber, che si era alzato e si profilava minacciosamente su di lui.
“Sì,” sussurrò Sirius, “forza, grande troll…”
Il Tassorosso stava tremando così tanto che rovesciò il suo bicchiere, versandone la maggior parte sulle sue vesti, ma anche cospargendo leggermente la punta delle grandi scarpe nere di Mulciber. Il Serpeverde dal naso camuso afferrò la cravatta del Tassorosso - il resto dei Serpeverde si voltò a guardare con entusiasmo.
“Puliscilo, angelico tesoruccio.”
Silenzio di tomba. Il Tassorosso parve confuso e rise nervosamente. Mulciber sembrava più stupido del solito.
“Cos’hai detto, Mulciber?” Chiese Piton, fissandolo.
“Angelico tesoruccio!” Ruggì Mulciber, paonazzo. “No! Voglio dire - cara dolcezza! No! Tatino!”
L’intera sala scoppiò a ridere.
“Maledizione,” disse Sirius sottovoce, “Mulciber ha proprio la bocca lunga, eh? Non pensavo che ne avrebbero usato la metà.”
“Siediti, idiota.” Piton riprese il bullo, che aveva lasciato andare la cravatta del Tassorosso e che stava disperatamente vomitando leziose sciocchezze.
“È stato meraviglioso, Sirius!” Mary lo abbracciò. Improvvisamente Remus perse l’appetito. Sirius scosse i suoi capelli elegantemente.
“Aspetta,” disse, “quello era solo l’inizio.”
Chapter 48: Terzo Anno: Sirius compie quattordici anni
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Venerdì 2 novembre 1973
Remus sbirciò silenziosamente dietro la porta del dormitorio e - trovando la via libera - entrò di soppiatto. Aprì cautamente il suo baule e ci infilò dentro il pacchetto, coprendolo con un paio di vecchi jeans.
“Ehi, Lunastorta.” Una voce alle sue spalle diede a Remus uno spaventò tale che fece cadere il coperchio del baule con un rumoroso tonfo e si voltò. James emerse dal bagno, i capelli scuri bagnati e gli occhiali appannati.
“Ciao.” Disse, sperando che non sembrasse che stesse tramando qualcosa.
“Stai tramando qualcosa?” James strizzò gli occhi.
“No.”
“Cosa stai facendo?”
“Nulla!”
“È il regalo di compleanno di Sirius?”
Remus abbassò le spalle, sospirando.
“Sì.”
“Non devi nasconderlo a me, Lunastorta.” James rise tranquillamente, buttando il suo asciugamano sul letto e iniziando a vestirsi. “Non glielo dirò.”
Remus si limitò ad alzare le spalle a disagio. Voleva solo nascondere il fatto che aveva passato due ore nel bagno delle ragazze del quarto piano a cercare di incartare quella stupida cosa, mentre Mirtilla Malcontenta rideva sopra la sua testa, senza dare alcun consiglio utile.
Stava anche cercando di evitare qualsiasi domanda scomoda su dove avesse preso i soldi. La sua scorta segreta di sigarette rubate ormai era quasi del tutto esaurita e gli restavano appena abbastanza soldi da comprare regali di Natale per i suoi amici e - se fosse stato prudente - qualcosa per sè stesso. Non desiderava nulla in particolare, ma a Remus piaceva molto l’idea di poter comprare qualcosa se la voleva.
“Fortunatamente è un sabato quest’anno.” Disse a James, rilassandosi un po’. “Sai già cosa faremo?”
“Be’, naturalmente canteremo ‘tanti auguri’ a colazione.” Disse James molto seriamente.
“Naturalmente.” Concordò Remus.
“E a pranzo e a colazione. Ho gli allenamenti di quidditch la mattina, ma ho chiesto alla Bumb di lasciarmi il campo per un’altra mezz’ora prima che arrivino i Corvonero, così possiamo volare un po’.”
“Oh, bene.” Disse Remus, con un po’ meno entusiasmo. Sedersi da solo nelle tribune del campo da quidditch in una fredda mattina di novembre non era la sua idea di divertimento - ma era il compleanno di Sirius, dopotutto. Forse avrebbe potuto portare un libro.
“Poi immagino che abbia quella roba del tè pomeridiano con Regulus e Narcissa. Pertanto, dobbiamo capire quando finisce così possiamo organizzare una festa come si deve. Pensi che agli altri darà fastidio se usiamo la sala comune?”
“Nah.” Remus scosse la testa con sicurezza. Nessuno poteva negare nulla a James e Sirius - specialmente non una festa di compleanno davvero rumorosa. Ciò era vero in qualsiasi momento dell’anno, ma in modo particolare quella settimana, quando la popolarità dei malandrini sembrava essere al suo apice.
Era da mercoledì che Remus riusciva a malapena a camminare lungo un corridoio senza sentire un’acclamazione o senza ricevere una pacca sulla schiena da altri Grifondoro, Corvonero e Tassorosso. I Serpeverde lo guardavano storto e gli mandavano ancora occhiatacce quando passava - ma non potevano dire nulla. Alcuni ci provavano, ovviamente. Durante i primi due giorni dopo Halloween, si era sentito l’occasionale ‘angelico tesoruccio’ o ‘dolce patatino’ - e le rumorose risate che ne risultavano. Venerdì Piton aveva persino perso del tutto le staffe durante la loro lezione di Incantesimi e aveva chiamato James un ‘adorabile piccolo cucciolotto’, il che quasi uccise Sirius dalle risate e mortificò Lily.
La parte migliore dello scherzo, che Remus non aveva nemmeno considerato mentre lo stava pianificando, era che nessuno dei Serpeverde poteva lamentarsi dell’incantesimo con il personale della scuola - perché avrebbe voluto dire spiegare quali parole erano state sostituite. Pertanto, osservare gli studenti Serpeverde cercare di capire quale fosse il controincantesimo da soli fu un processo lento e immensamente gradevole.
“Gli sta bene.” Ridacchiò Marlene, presto quella mattina. “Se fossero Tassorosso avrebbero già spezzato l’incantesimo.”
Da un giorno all’altro, i malandrini erano passati da essere i buffoni della classe - benvoluti e tollerati allegramente - a essere eroi della guerra tra le case che cresceva lentamente da tutto l’anno. Remus cercò di non pensare agli effetti a lungo termine che ciò avrebbe potuto avere e si concentrò invece sull’imminente quattordicesimo compleanno di Sirius. In qualche modo, quattordici sembrava ancora più maturo di tredici - eri definitivamente un adolescente a quattordici anni.
Quella sera a cena, Mary si sedette di nuovo con loro. Remus aveva pensato un paio di volte di chiedere a James cosa pensasse di questa nuova organizzazione, ma si era fermato. Dopotutto, James sembrava non preoccuparsene affatto e continuava come di consueto. E Mary non stava facendo nulla di male sedendosi al tavolo della sua casa.
A dire la verità, Remus non era riuscito a capire perché la sua presenza gli desse così tanto fastidio, tranne per il fatto che era sempre seduta vicino a Sirius, cosa che lui trovava un’ovvia ostentazione. L’insistente ritrosia di Sirius sull’argomento era altrettanto seccante. A Remus non piaceva quando le altre persone mantenevano dei segreti.
“A che ora ti libererai domani, Black?” Chiese James, mentre si avventavano su del croccante merluzzo in pastella dorata e su delle spesse patatine fritte.
“In che senso?” Chiese Sirius, spruzzando generosamente dell’aceto sul suo prima di passare la bottiglia a Remus. Mary, che si era allungata a prendere l’aceto, mandò a Remus uno sguardo strano.
“Voglio dire, a che ora pensi che sarà finito il tuo tè di famiglia Black? Per il tuo compleanno?”
“Ooh, è il tuo compleanno, Sirius?” Mary sorrise. “Non me l’hai detto! Ti avrei preso qualcosa!”
“Davvero?” Sirius la guardò, vagamente perplesso. Si voltò verso James, “Non penso che il té avvenga quest’anno. Non ho ricevuto nessun messaggio.”
“Oh, davvero?” James sollevò le sopracciglia, il che gli conferiva sempre un'espressione un po' da gufo. “Stai…voglio dire, ti va bene?"
Sirius fece una risata nasale, guardando il suo cibo.
“Perché non dovrebbe? Come se me ne fregasse qualcosa.”
“Be’…fantastico, allora.” James sorrise, mandando a Peter e Remus un’occhiata che solo loro avrebbero capito. "Possiamo continuare a organizzarti la festa più caotica che la torre di Grifondoro abbia mai visto.”
“Sì!” Aggiunse Peter, per sicurezza.
“Sono invitata?” Chiese Mary, raddrizzandosi.
“Ovviamente.” Disse Remus, la sua voce più sarcastica di come l’aveva intesa. “Tutti sono invitati.”
“Ascoltate, magari non fate un finimondo.” Disse Sirius, giocando con i suoi piselli. “Non sono molto in vena.”
“Oh, perché no?” Cinguettò Mary. “Sarà divertente! Lo renderemo bello quanto il compleanno di Remus l’anno scorso - anche migliore!”
Sirius non disse nulla e James mandò un altro sguardo a Peter e Remus. Mangiarono il resto del pasto in totale silenzio.
***
Sabato 3 novembre 1973
Remus si svegliò da solo il mattino del compleanno di Sirius; trovò un biglietto attaccato alla porta del bagno scritto in un bellissimo corsivo.
Siamo andati ad allenarci a quidditch - sapevamo che non saresti voluto venire quindi ti abbiamo lasciato dormire. A dopo. S.
Remus si fece la doccia e decise che tanto valeva andare in biblioteca. Aveva finito il suo tema sulle creature magiche classificate XXX e voleva portarsi avanti con le creature classificate XXXX. (Aveva di recente scoperto che lui, Remus Lupin, smilzo e tredicenne, era classificato XXXXX insieme alle manticore e ai draghi.)
Sarebbero andati avanti con la festa con o senza il consenso di Sirius - una decisione presa da James e sostenuta da Remus. Anche quando era di cattivo umore, Sirius non poteva resistere all’essere il centro dell’attenzione e a fare il maggior rumore possibile. Peter era stato incaricato di occuparsi delle decorazioni e - con un po’ d’aiuto da parte di Mary e Marlene - aveva fatto centro, nascondendo un baule pieno di festoni e palloncini nel dormitorio delle ragazze del terzo anno. James si era occupato degli inviti - ciò, per quello che aveva visto Remus, includeva urlare a vari studenti dicendo che sarebbero dovuti venire altrimenti sarebbe stato peggio per loro. Remus era responsabile del cibo - una cosa abbastanza facile quando avevi accesso alla mappa e al mantello dell’invisibilità.
Fece una tranquilla colazione da solo con il suo libro. Gli orari dei pasti erano una faccenda molto più pacifica da quando ai Serpeverde era stato temporaneamente messo il bavagliolo. Anche quelli che erano riusciti a infrangere l’incantesimo tenevano la loro bocca chiusa, almeno per il momento.
Il libro che Remus stava leggendo era così interessante che non riuscì a metterlo giù e continuò a leggerlo mentre girovagava lentamente verso la biblioteca, portando di quando in quando una mano in avanti per evitare di andare addosso a un pilastro o una porta d’ingresso. Pertanto, fu interamente colpa sua quando colpì avventatamente Regulus Black, facendo cadere il ragazzo più giovane al suolo.
“Oh, mi dispiace!” Disse Remus, facendo cadere il suo libre e tendendogli automaticamente una mano per aiutarlo. Regulus lo guardò torvo e strinse gli occhi alla vista delle cicatrici che si incrociavano sui polsi di Remus. Si mise in piedi senza aiuto, spolverandosi i vestiti, e storse il naso davanti a Remus con la sua ereditata dignità da Black.
“Attento a dove vai.” Disse gelidamente.
“Ho detto che mi dispiace.” Rispose Remus, leggermente irritato. Non voleva iniziare un litigio, voleva solo raggiungere la biblioteca senza alcun problema.
“Ad ogni modo, cosa stai facendo in giro da solo?” Chiese Regulus con diffidenza. “Stai pianificando un altro esilarante assalto alla nostra libertà di parola?”
Remus lo schernì.
“Potrei chiederti la stessa cosa. Dov’è quel ragazzino inquietante di Crouch? Comunque, non puoi provare che abbiamo fatto qualcosa.”
“No.” Regulus incurvò le labbra. “Ma so che mio fratello era coinvolto.”
“Oh davvero?”
“Davvero. Non ho ricevuto le stesse parole degli altri.”
“Hmm?” Remus cercò di sembrare indifferente - ma non aveva la minima idea che Sirius avesse fatto una fattura differente a suo fratello.
“Ogni volta che provo a dire il nome della mia casa, esce…” Regulus si guardò furtivamente intorno come se temesse che qualcuno lo sentisse, “Forza, Grifondoro, forza!”
Remus scoppiò a ridere sotto l’occhiataccia arrogante di Regulus.
“Mi dispiace.” Disse Remus per la terza volta. “È…be’, è piuttosto divertente.”
“Naturalmente tu lo trovi divertente.” Il ragazzo più giovane storse il naso. Era più basso di Remus, eppure in qualche modo riusciva ancora a guardarlo dall’alto in basso. “Voi…quelli come te non possono capire cosa sta mettendo in gioco mio fratello. Ho fatto del mio meglio per nascondere il peggio ai nostri genitori, ma lui deve continuare a insistere…”
“È per questo che non è invitato al vostro stupido té da femminucce?” Chiese Remus, arrabbiato per il suo amico.
“Narcissa ha pensato che non ne valesse la pena quest’anno.” Il fisso sguardo freddo di Regulus vacillò e lui distolse lo sguardo. Remus aveva l’impressione che a Regulus sarebbe piaciuta molto un’occasione per vedere suo fratello. “E l’ultimo scherzo non ha fatto altro che dimostrarlo. Lui non tornerà…mai.”
Regulus si riscosse e si voltò in direzione dei sotterranei. Remus sentì un’ondata di compassione e, contro il suo miglior giudizio, lo richiamò.
“Reg, aspetta!”
Regulus si girò, sconvolto dall’eccessiva familiarità di Remus. Ma Regulus era un nome così brutto e impronunciabile. Decisamente peggiore di Remus. “Ascolta,” si affrettò a dire, “stasera facciamo una festa per Sirius nella sala comune, puoi venire se-”
“Non farlo.” Disse Regulus, bruscamente, sembrando ansioso. “Non invitarmi, okay? Lascia…lascia stare. Fagli gli auguri da parte mia.” Si affrettò ad andarsene.
* * *
Con o senza Regulus, la festa fu un successo ruggente. Letteralmente. Ogni leone raffigurato nella sala comune (e ce n’erano parecchi) era stato incantato per ruggire ogni volta che qualcuno pronunciava le parole ‘compleanno’ o ‘Sirius’.
L’intera casa di Grifondoro partecipò e Remus era abbastanza sicuro che alcuni degli studenti più grandi stessero facendo girare delle fiaschette di qualcosa di un po’ più forte della burrobirra che tutti gli altri stavano bevendo. Il giradischi di Sirius stava girando all’impazzata e molte delle ragazze si erano alzate a ballare. Mary cercò di far alzare Sirius per John, I’m Only Dancing, ma lui scosse il capo con fervore e rimase sul divano con Remus e Peter.
“So solo il valtz.” Confidò loro sottovoce. “E col cazzo che lo ballerò di nuovo.”
Invece James si alzò e cercò di scuotere le anche il più vicino possibile a Lily, ma inciampò dopo poco sul tappeto, cadendo quasi nel caminetto. Sirius si sbellicò dalle risate e Remus fu contento di vedere che almeno oggi non si sarebbe lasciato infastidire dalla sua famiglia. Decise di non raccontare subito a Sirius del suo incontro con Regulus - non l’avrebbe reso più felice, quindi perché farlo?
“Sei Lupin, vero?” Una ragazza si sporse dallo schienale del divano, i suoi lunghi capelli neri che sfioravano la spalla di Remus. L’aveva già vista; era al sesto anno.
“Um, sì.” Annuì, scattando in piedi.
“La mia amica, Fariahah, ha detto che vendi-”
“Ehm, vieni qui!” La interruppe scuotendo la testa all’impazzata. Fino a quel momento era riuscito a condurre i suoi affari privatamente e senza che gli altri malandrini lo sapessero. “Cosa vuoi?” Chiese una volta che ebbero raggiunto l'angolo più lontano da Sirius e Peter.
“Due pacchetti di qualunque cosa tu abbia.” Disse.
“Un galeone.”
“Cosa?!” Esclamò. “Ma Fariahah ha detto che erano cinque falci a pacchetto!”
“Sto esaurendo le scorte.” Disse Remus disinteressato. “Domanda e offerta.”
“Ugh, va bene.” Incrociò le braccia e scosse la testa. “Un galeone.”
“Non posso prenderli ora. Incontriamoci qui domani alle sette. Del mattino.”
“Di domenica?!"
“Sai, ho un sacco di clienti.”
“Va bene, va bene…”
“Cosa succede, Lunastorta?” Sirius osservò Remus tornare verso il divano. Il suo sguardo diffidente era identico a quello di suo fratello. “Un’altra ragazza?”
“Taci.” Remus gli diede un calcio.
“Chi è la tua ragazza, Remus?” Mary si tirò su a sedere, interessata. Dio, pensò Remus, da dove è spuntata?!
“Non ho una ragazza, Black sta solo facendo lo stronzo.”
“Bene.” Mary si mise comoda, sorridendo con autocompiacimento. “Perché in caso contrario,” giocherellò con i suoi capelli ricci, “conosco qualcuno che sarebbe davvero dispiaciuto…”
“Oh. Okay.” Rispose, cercando di non dare a vedere quanto fosse seccato.
“A chi piace Lunastorta?” Chiese Sirius, dando una gomitata a Mary.
“Non posso proprio dirtelo.” Rispose Mary, facendo finta di cucirsi le labbra. Remus sperò che lo facesse veramente, una volta per tutte.
“Ragazze.” Disse Sirius, esasperato. “Siete un maledetto incubo.”
Mary fece finta di imbronciarsi, ma non disse altro. Sirius scosse la testa, ma stava sorridendo. Alla fine, si voltò verso Remus. “Allora, cosa stai vendendo? La ragazza ha detto che vendevi qualcosa.”
“No.” Disse Remus innocentemente. “Aveva sbagliato persona.”
“Sai, lo scoprirò.” Disse Sirius, uno sguardo di gioia nei suoi profondi occhi azzurri. “Non che io non sia grato per il regalo di compleanno veramente eccellente.” Indicò con un cenno del capo il pavimento dove si trovava il suo Kit deluxe per gli scherzi di Zonko recentemente scartato, che dichiarava orgogliosamente ‘Completerà di certo la collezione di ogni specialista di scherzi’. “Ma capirò come l’hai pagato, prima o poi. Non credo alla storia della zia morta che ti ha lasciato dei soldi.”
“Il tuo zio morto ti ha lasciato dei soldi.” Ribatté Remus.
“Sì, ma non posso toccarli finché non sono maggiorenne, no?” Disse Sirius scaltramente. “No, stai tramando qualcosa, Lupin, ti conosco - non sei Lunastorta se non hai un segreto.”
“Allora lascia che io abbia un segreto.” Remus voltò il capo, misteriosamente.
Chapter 49: Terzo Anno: Conosci te stesso
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Domenica 11 novembre 1973
Remus si svegliò di soprassalto, farfugliando e tremando. La stanza era buia e il suo fiato si sollevava in bianchi pennacchi sopra il suo capo. Gli faceva male tutto. Alzò le mani davanti al suo volto e vide che le punte delle sue dita erano blu e insanguinate. C’erano delle schegge sotto le sue unghie e dell’altro sangue da qualche parte - riusciva a sentirne l’odore, ma non riusciva a vedere molto bene al buio e non aveva l’energia di alzare la testa. Sembrava che le sue ossa fossero fatte di gesso. Era così stanco.
Ad ogni modo, se c’era tanto sangue quanto pensava, probabilmente non era una buona idea dormire. Sarebbe dovuto restare sveglio almeno fino all’arrivo di Madama Chips - a cui non doveva mancare molto. Remus rimase disteso, immobile, e si concentrò sul suo respiro. Quel giorno ci sarebbe stata anche una partita di Grifondoro, un’altra cosa che si sarebbe perso. Non solo, i suoi amici sarebbero pure stati troppo impegnati per venirlo a trovare.
Voltò la testa e gli venne un conato. Sperò di non vomitare, era così imbarazzante. Non aveva la bacchetta con sé, quindi non avrebbe potuto pulirlo.
“Buongiorno, Remus.” Madama Chips entrò finalmente nella stanza. “Oh cielo, è stato piuttosto difficile, eh?”
Lui alzò il capo e vomitò immediatamente.
* * *
“Non sono sicura che mi piaccia che tu legga così tanto.” Madama Chips fece un verso di disapprovazione mentre gli portava una pozione curativa. “So che lo studio è importante per te, ma hai bisogno di riposare.”
“Ho dormito tutta la mattina.” Rispose. “E mi annoio altrimenti. Sa come è andata la partita di quidditch?”
“Temo di no.” L’infermiera sorrise. “Però sono sicura che il signor Potter arriverà a dirtelo il prima possibile.”
“Non era molto probabile, se avevano vinto - ci sarebbe stata una festa per la vittoria e Remus aveva fatto promettere a James di non saltarla per lui. Accettò la pozione che gli stava dando e la ingoiò senza lamentarsi. Era amara, ma ormai vi era abituato.
Doveva leggere, perché se non l’avesse fatto, non avrebbe avuto assolutamente nulla da fare, tranne pensare alle sue nuove cicatrici. Quel mese il lupo aveva lacerato il suo torso, che era meglio delle sue braccia o del suo volto - almeno poteva nascondere i segni più facilmente.
Remus si spogliava raramente davanti a qualcuno; anche ora che i malandrini avevano scoperto il suo piccolo problema peloso. Nessuno eccetto Madama Chips aveva visto la reale portata del danno (be’, Sirius l’aveva vista, una volta, all’inizio del secondo anno, ma nessuno di loro due aveva parlato dello strano incontro in seguito). Ad ogni modo, Remus non era ingenuo e sapeva che un giorno, per quanto lontano potesse essere, qualcuno si sarebbe aspettato che togliesse la maglietta - come minimo. Non sopportava il pensiero. Forse avrebbe solo dovuto evitare per sempre le ragazze.
“Signor Lupin!” Tuonò un’allegra voce dall’altro lato dell’infermeria, facendo sussultare Remus. Era il professor Ferox che stringeva due grandi barattoli di un liquido trasparente tra le sue braccia.
“Oh, salve.” Remus lo salutò con la mano.
“Essenza di murtlap come promesso, Poppy.” Il professore posò i barattoli. Non avvicinarti, non avvicinarti, pensò Remus febbrilmente mentre il professor Ferox attraversava la stanza in direzione del suo letto. “Ti sei fatto male, figliolo?” Chiese gentilmente.
“Um…” Remus voleva rimpicciolirsi e nascondersi sotto le lenzuola. Detestava il pensiero che il forte, energetico Ferox lo vedesse in quello stato indebolito. “Sto bene.”
Ferox si sedette accanto al letto di Remus. Remus si rassegnò al suo destino.
“È la seconda volta quest’anno, eh?” Disse il professore, sembrando preoccupato. Remus annuì, sebbene fosse la terza volta quel semestre. Se Ferox non aveva notato un’assenza forse non avrebbe fatto due più due. “Sai, se hai bisogno di più tempo per i compiti, devi solo chiederlo.”
“Non ho mai consegnato nulla in ritardo!” Protestò Remus.
“No,” gli occhi di Ferox luccicarono, “indubbiamente non l’hai fatto.” I suoi occhi si spostarono sulle bende che spuntavano dalla canottiera del pigiama di Remus per coprire un nuovo taglio che serpeggiava lungo la sua clavicola. Una lampadina si accese negli occhi dell’uomo più grande e Remus capì istintivamente che Ferox lo sapeva.
“Posso fare tutto quello che possono fare gli altri.” Disse Remus, guardando il suo insegnante negli occhi.
“Si vede.” Ferox ora stava osservando la pila di libri sul suo comodino. “Sono tutti per scuola?”
“Alcuni.” Rispose Remus. “Alcuni sono per divertimento. Mi piace scoprire robe nuove. Mi piace conoscere le cose.”
“Sì, si vede dai tuoi temi.” Ferox stava sorridendo di nuovo, il che fece rilassare Remus lievemente “Ti piacerebbe avere una carriera nella cura delle creature magiche? O magari qualcosa di più simile a tuo padre?”
“Ehm…non ci ho pensato.” Mentii Remus.
Ferox rise. Indicò il libro in cima alla pila. L’aveva preso in prestito da Sirius - un libro babbano di filosofia.
“Conosci te stesso, Remus.” Disse Ferox.
“Platone.” Disse Remus rapidamente.
Ferox rise nuovamente, alzandosi.
“Esattamente.” Scompigliò i capelli di Remus prima di voltarsi per andarsene. “Spero che ti senta meglio presto, Lupin. Ci vediamo mercoledì.”
Era tutto piuttosto enigmatico, pensò Remus, realizzando che stava trattenendo il fiato da quasi un minuto dopo che Ferox era uscito dalla stanza. Non aveva ancora iniziato a leggere Platone, aveva solo sfogliato le pagine - ma si era impegnato a provare un po’ di tutto.
Segretamente, voleva poter vantarsi con Sirius di aver letto più libri di lui. Ormai Sirius leggeva raramente - la sua missione determinata ad adempiere al ruolo di pecora nera della famiglia Black voleva dire che aveva poco tempo per qualcosa che non fosse creare problemi. Secondo Remus, un giorno, se ne sarebbe pentito. Remus aveva visto numerosi ragazzi del St Edmund provare a superare i limiti in quel modo - il problema era che molti limiti non erano barriere. A volte erano confini oltre i quali non c’era nulla.
* * *
Guarì abbastanza bene, nonostante la brutale cicatrizzazione, e quella sera Madama Chips lo rimandò nella torre dei Grifondoro a patto che non facesse altro se non riposarsi. Camminò lentamente, come promesso. Quando finalmente raggiunse la sala comune, non trovò la festa per la vittoria che si aspettava, bensì un’atmosfera alquanto mogia e i malandrini non si vedevano da nessuna parte.
Remus aggrottò le sopracciglia e salì le scale, trovando anche la camera da letto vuota. Perplesso, tornò al piano di sotto. Marlene e Mary stavano giocando a Spara Schiocco vicino al camino.
“Ehi.” Le raggiunse.
“Tutto bene, Remus? Dove sei stato?” Chiese Mary, non alzando lo sguardo dalle sue carte.
“Non stavo bene. Influenza intestinale. Com’è andata la partita?”
“Abbiamo perso.” Marlene sospirò. “James è stato dannatamente fantastico, come al solito, e io ho bloccato tipo venti bolidi, ma Ramsay ha catturato il boccino nel momento sbagliato.”
“Ah, mi dispiace, McKinnon.” Remus si grattò il retro della nuca. Era strano - se avevano perso e non c’era stata nessuna festa, perché gli altri non erano venuti a trovarlo? Cercò di ignorare la sensazione lancinante che provava nello stomaco. “Dopo la partita avete visto James? O Sirius o uno di loro?”
“No.” Dissero le ragazza all'unisono. Marlene sbatté giù una carta, poi trasalì quando esplose. Alzò lo sguardo.
“Vuoi giocare?”
“Ehm...nah. Non mi sento ancora molto bene. Vado a sdraiarmi. Grazie lo stesso.”
Salì faticosamente le scale di nuovo, provando uno sgradevole mix di ansia e rabbia. Aveva detto che non dovevano saltare i festeggiamenti solo per lui, ma non intendeva dire che non li voleva affatto vedere. Non erano stati costretti a lasciarlo da solo in quel modo, senza nemmeno controllare che stesse bene. Per quanto ne sapevano loro, avrebbe potuto trovarsi ancora in infermeria, in fin di vita e con solo Madama Chips a fargli compagnia. Si erano annoiati della situazione? Era meno emozionante ora? Lui era meno emozionante?
Remus si sdraiò sul letto sopra le coperte. Gli sembrava di essere stato senza pigiama solo per un’ora e non voleva rimetterselo, per quanto fosse stanco. Prese in considerazione la possibilità di leggere, ma non ne aveva le forze. Avrebbe potuto ascoltare un album, ma si sarebbe dovuto alzare. Alla fine, rimase fermo, sdraiato al buio con le coperte chiuse.
Al St Edmund, prima che sapesse leggere, prima della magia o degli amici, Remus si era abituato alla noia. inventava storie nella sua testa, ripeteva testi di canzoni che aveva memorizzato e cercava di pensare alle parole più lunghe che avesse mai sentito. ora, mentre aspettava che il sonno lo raggiungesse, Remus rifletté su quello che Ferox gli aveva detto prima.
Conosci te stesso. Non sapeva in che contesto Platone l’avesse detto, ma era abbastanza chiaro.
Remus sapeva tutto riguardo i suoi amici. Sapeva che James era un leader naturale, un dio del quidditch che avrebbe fatto di tutto per chiunque. Remus sapeva che anche se prendevano tutti in giro James per essere cotto di Lily, James capiva più chiaramente di chiunque altro cosa fosse l’amore e se diceva che un giorno l’avrebbe sposata allora probabilmente l’avrebbe fatto. Remus sapeva che Peter si vergognava della sua famiglia, specialmente di sua sorella maggiore che una volta ammirava e che ambientarsi era più importante per lui di qualsiasi altra cosa al mondo. Remus sapeva che i genitori di Mary erano nati in Giamaica e che era l’unica strega in una famiglia di sette e che non piangeva mai, nemmeno quando era furiosa. Sapeva che Lily piangeva ogni volta che riceveva una lettera da casa e che scriveva a sua sorella ogni settimana, senza mai ricevere una risposta. Sapeva che Marlene non andava molto d’accordo con suo padre, che era un babbano e che a volte beveva troppo.
Poi c’era Sirius - ma non occorreva niente di speciale per conoscere Sirius. Pensava di essere distaccato e misterioso, ma in verità Black era un libro aperto e non nascondeva nulla. Provava tutto con così tanta forza e la sua felicità era caotica quanto la sua tristezza. A volte dovevi fare un passo indietro, per non esserne travolto.
Allora chi era Remus? Un orfano - ma non esattamente. Un mago, ma solo mezzosangue. Un mostro, ma non ogni giorno. Che altro? Non c’è bisogno di approfondire i personaggi secondari.
*CREAK*
“Lunastorta?” Il sussurro riempì la stanza con la forza di un clacson. Remus non rispose. Era troppo scontroso.
La porta si aprì ed entrarono tre serie di passi. Anche con le tende del letto chiuse, Remus seppe che fu James il primo ad avvicinarsi. “Psst, Lunastorta? Amico, stai dormendo?”
Sospirò, girandosi.
“No.”
Le tende furono spostate. Remus si mise a sedere perché James, poi Sirius e infine Peter potessero entrare a sedersi con lui.
“Siamo andati in infermeria, ma ci ha detto che te ne eri già andato.” Spiegò James.
“Sono salito dopo cena. Dove eravate?”
“Biblioteca.”
“Com’è andata?” Chiese Sirius. “La luna e quant’altro?”
“Okay.” Rispondeva allo stesso modo ogni mese.
“Non era…voglio dire, non ti sei fatto troppo male, vero?” Chiese Peter, stringendosi le mani.
“Un po’.” Annuì Remus. “Non troppo. cosa stavate facendo in biblioteca?”
“Volevamo parlarti proprio di questo!” Esclamò Sirius. Era evidente che stesse morendo dalla voglia di dire qualcosa e Remus sentì l’ultima punta della sua irritazione scomparire mentre la sua curiosità aumentava.
“Sirius.” Disse James con la voce che solitamente usava per mitigare i suoi amici. Guardò Remus, “Abbiamo fatto qualche ricerca e ti riguardano in parte.”
“In parte!” Sirius lo schernì. “Ti riguardano totalmente, Lunastorta, voglio dirtelo dall’ultimo semestre, ma James non-”
“Volevo solo assicurarmi che potessimo farlo.” James diede una gomitata a Sirius. “Smettila di interrompermi, maledizione. Remus. Da quando abbiamo scoperto del tuo…uhm…piccolo problema peloso, vogliamo fare qualcosa per aiutarti.”
“Non c’è una cura.” Rispose Remus velocemente. Non gli piaceva dove stavano andando a parare. Si sentiva terribilmente a disagio con tutti che lo fissavano con lo stesso sguardo folle nei loro occhi.
“No, no, lo sappiamo.” James agitò una mano. “Ma abbiamo pensato che ci deve essere qualcosa che possiamo fare - per farti smettere di ferirti da solo, sai.”
“Abbiamo scoperto che i lupi mannari normali non lo fanno.” Continuò Peter, impaziente di dire la sua. “Qui a-”
“Normali?!” Disse Remus allarmato.
“Non normali,” Sirius diede un calcio a Peter, “altri. Altri come te. Che non vengono rinchiusi durante la luna.”
“Okay…”
“Quindi probabilmente lo fai perché sei rinchiuso e frustrato.”
“Be’…sì, lo sapevo.” Remus si strinse le ginocchia al petto e indietreggiò leggermente. Avrebbe voluto che non fossero sul suo letto, erano tutti troppo vicini. Riusciva a sentire l’odore del loro sangue, riusciva a sentirlo scorrere nelle loro vene.
“Ma pensavamo che se avessi compagnia-”
“Naturalmente non compagnia umana.” Si affrettò a spiegare James. “Tutto quello che abbiamo letto diceva che se anche solo ti avvicini a un umano è spacciato.”
“Ma gli animali!” Esclamò Sirius. “Probabilmente gli altri animali non avrebbero problemi!” Il suo sguardo luccicava dall’entusiasmo e Remus avrebbe voluto ricambiarlo, ma era troppo distratto per seguire quello che stavano dicendo.
“Quindi cosa? Ho bisogno di un animale domestico?”
James rise.
“Più o meno. Ma pensavamo che…noi potremmo essere gli animali.”
Remus lo fissò. Guardò a turno ognuno dei suoi amici. Erano completamente folli.
“Diventerete animali.” Disse piattamente.
“Come la McGranitt!” Squittì’ Peter.
“Come…ma lei è un animagus! Bisogna studiare, allenarsi, iscriversi al registro e non si può nemmeno iniziare prima di avere diciassette-”
“Lunastorta, Lunastorta, Lunastorta.” Sirius scosse la testa in modo seccante. “Siamo malandrini. Non dobbiamo preoccuparci di quelle cose.”
“Anche se voleste infrangere la legge,” a quelle parole Remus incrociò lo sguardo di James per confermare che stavano seriamente parlando di quello, “non si tratta di uno scherzo a scuola. È magia seria - una delle cose più difficili da fare!”
“È per questo che te lo stiamo dicendo,” disse Sirius, “volevo che fosse una sorpresa, ma James ci ha ricordato che…be’ è dannatamente difficile, quindi più aiuto abbiamo meglio è.”
“Pensate sul serio di potercela fare, vero?” Remus fece una smorfia.
“Se ci aiuti.” James annuì. “Siamo gli studenti migliori del nostro anno, eccetto Evans. Non vedo perché non dovremmo provarci.”
“E se va tutto storto?” Remus si morse un labbro. “E se…e se dopo che mi trasformo capisco che non siete veramente animali? Se vi attacco comunque?”
“Lo testeremo. Lo testeremo più e più volte finché non sapremo che è sicuro.” Disse Sirius.
“È così rischioso…”
“Lo so!” Gli occhi di Black stavano praticamente fiammeggiando nella sua testa ormai e Remus sapeva che non aveva senso provare ad essere ragionevole. Prese un respiro profondo.
“Lasciate che ci pensi, per favore?” Fece appello a James. “Non fate nulla per ora. Datemi…un paio di giorni.”
“Okay.” James annuì. “Mi sembra giusto.”
“Pensaci, Lunastorta!” Sirius sorrise, come se non li avesse sentiti. “Una volta fatto questo non ci sarà nulla che non possiamo fare. Saremo inarrestabili!”
Chapter 50: Terzo Anno: Philomena Minus
Chapter Text
Venerdì 21 dicembre 1973
Quando finalmente gli fu dato lo spazio per pensarci, Remus si domandò perché avesse chiesto più tempo. Ovviamente avrebbe detto di sì. Non pensava che avrebbe mai detto di no ai suoi amici, anche se l’avesse reso nervoso. E lo rendeva nervoso.
Forse era il loro entusiasmo a preoccuparlo - la loro eccessiva sicurezza. Sapeva che parte del fervore era dovuto al fatto che il piano fosse incredibilmente illegale, pericoloso e avventato. Ma lo stavano anche facendo per lui. Non era ancora sicuro cosa provare al riguardo. Era meglio non pensarci.
Un giorno, non molto dopo che gli avevano proposto l’idea, aveva preso James in disparte e gli aveva chiesto tutte le ricerche che avevano fatto sino a quel momento. Gli vennero presentate con prontezza in un grande plico di pergamene; risme e risme di appunti e grafici scritti in un familiare corsivo ordinato. Dire che erano stati meticolosi era dire poco. Se solo Sirius avesse prestato tutta quella attenzione nello scrivere i suoi temi, Remus non avrebbe avuto la benché minima speranza di superarlo ed essere il primo della classe.
Non avevano lasciato nulla al caso. Avevano tracciato la mappa delle lune piene per il seguente decennio, almeno. Avevano praticamente scritto l’intera storia della licantropia in Europa, insieme ad abitudini alimentari e rotte di migrazioni, comportamenti nel branco, segnali di comunicazione canina. Avevano elencato ogni ingrediente di cui avrebbero avuto bisogno, il suo costo e reperibilità. Ogni rituale era stato trascritto con cura, punto per punto, e gli incantesimi erano scritti foneticamente. C’erano cronologie degli eventi, luoghi consigliati per certi aspetti dell’ampio processo - tutto era dettagliato scrupolosamente.
“Cristo.” Disse Remus, una volta che ebbe finito di leggere. “Avete fatto tutto questo…”
“È stato Sirius per lo più.” James sorrise. “In realtà, Sirius ha fatto quasi tutto. Ne ha fatto la maggior parte durante le vacanze estive, mentre si annoiava. Un vero lavoro d’amore.”
Remus sentì lo stomaco capovolgersi. Non sapeva cosa dire - come poteva dire loro di no dopo tutto ciò? Improvvisamente vendere sigarette rubate a maghi minorenni sembrava piuttosto mite.
Concordarono che il lavoro sarebbe iniziato con impegno durante le vacanze di Natale, quando sarebbero stati tutti via da Hogwarts. Remus aveva ottenuto il permesso dalla direttrice, della McGranitt e di Madama Chips per passare le vacanze dai Potter e, come sempre, Pete sarebbe stato solo in fondo alla strada. Sirius era di cattivo umore mentre il semestre volgeva al termine - finché non ricevette un messaggio molto breve durante la colazione un mattino:
Al signorino S. O. Black III,
Durante le vacanze invernali non sarà richiesta la tua presenza nella casa di famiglia. Fai come credi.
Firmato,
Orion Black
“Sì!” Esultò James, quasi rovesciando il suo porridge. “Di questo passo potremmo anche averti per l’estate!”
“E Regulus?” Chiese Remus, con esitazione, a bassa voce, in caso Sirius volesse fare finta di non averlo sentito.
“Oh, il principino Reg andrà a casa per Natale.” Rispose Sirius, infilando il biglietto in tasca. “Hanno revocato solo il mio invito. Bene. Perfetto. Eccellente. A loro non importa; a me non importa.”
Non si rallegrò davvero fino a quando non iniziarono a fare i bagagli. Sirius mostrò in segreto a Remus i regali che aveva comprato per il signore e la signora Potter - una bellissima catenella da orologio d’oro e una graziosa spilla rosso granato.
“Pensi che vadano bene?” Chiese nervosamente. “La mia famiglia fa schifo a fare regali, quindi non so mai…”
“Black…Sirius, sono…voglio dire, sono perfetti. Non preoccuparti.” Remus sentì lo stomaco sprofondare al pensiero della scatola, lievemente malmessa, di biscotti di fascia media che aveva comprato per i suoi ospiti. Non poteva farci nulla ora, aveva fatto del suo meglio.
A dire il vero, quell’anno, forse per la prima volta in assoluto, Remus non vedeva l’ora che arrivasse Natale. Era ancora un po' timido al pensiero di passare del tempo in casa d'altri, ma ora che sapeva com'erano i Potter, si era rilassato all'idea. Aveva venduto le sue ultimissime sigarette illecite innalzando il prezzo e aveva comprato regali per tutti quelli che aveva potuto - anche Lily, Mary e Marlene. Realizzò che era una vera soddisfazione dare regali alle persone. Forse anche più che riceverli.
Inoltre, nonostante alcuni dubbi, Remus era emozionato per l’inizio del processo per diventare animagus. Sarebbe stata una delle magie più complesse che avessero eseguito fino a quel momento - aveva chiesto alla McGranitt a riguardo, nel modo più discreto possibile. Lei l’aveva lodato per essersene interessato, ma aveva detto che era ben al di sopra dello standard del terzo anno o persino del settimo. Remus pregustò l’idea di smentirla.
C’era una cosa che sperava di ottenere dalle vacanze. Qualcosa che non aveva menzionato agli altri, perché era privata. L’anno prima, alla festa di Natale dei Potter, Remus era stato abbordato da un vecchio che sapeva molto su Lyall Lupin. Al tempo, Remus era stato ammutolito dalla rivelazione e dal risultante shock - ma ora, con un anno in più e sentendosi alquanto maturo alla grande età di tredici anni, Remus sperava di poter imparare qualcosa di più.
* * *
Sabato 22 dicembre 1973
La luna piena era caduta verso l’inizio del mese quell’anno, quindi i quattro malandrini riuscirono ad unirsi ai loro compagni sull’Hogwarts Express il solito sabato. Diversamente rispetto al loro solito viaggio in treno, Marlene e Mary si aggiunsero ai ragazzi nel loro scompartimento. Remus sospettava che Lily fosse da qualche parte con Severus, probabilmente ad ascoltarlo piagnucolare su come non piacesse a nessuno.
“Ferox ti ha restituito il tema?” Chiese Marlene a Remus, una profonda piega tra le sopracciglia. “Ho a malapena preso un Accettabile e mia mamma andrà su tutte le furie se non prendo voti più alti quest’anno.”
“Sì, sono andato abbastanza bene…” Rispose Remus imbarazzato del suo terzo Eccezionale quel semestre.
“Dopo Natale inizieremo di nuovo il club di studio, vero?” Aggiunse Mary. “Lily ha detto che va bene. Non preoccuparti, Marls, andrà tutto bene.”
“Va bene.” Remus annuì.
“Lunastorta è entrato in un club senza di noi!” Urlò Sirius, facendo finta di piangere sulla spalla di James.
“É un ragazzo grande ora.” James diede una pacca solenne all'amico. “Crescono così in fretta.”
“Non rompete i coglioni.” Remus sorrise. “C’è il Lumaclub per gli snob come voi.”
“Puoi studiare con noi se vuoi, Sirius.” Sussurrò Mary.
Sirius sembrò allarmato - usava la biblioteca esclusivamente come risorsa per incantesimi e fatture, non per fare qualcosa di così mondano come i compiti. Mary non conosceva Sirius. Affatto.
Quando entrarono e si fermarono a King’s Cross, Remus provò un certo fremito nel vedere che il signore e la signora Potter erano venuti a prenderli. Solitamente attraversava la barriera e cercava la direttrice al bar o vicino al giornalaio. Tuttavia, rimase scioccato quando scoprì che si sarebbe smaterializzato per la prima volta.
“Tienimi il braccio, caro.” La signora Potter gli sorrise gentilmente. “Chiudi gli occhi, ci vorrà solo un momento.”
Remus obbedì, serrando gli occhi.
Fu ben peggiore della metropolvere. Peggiore del volo. Quasi trascinò giù la signora Potter con sé quando atterrarono, poiché perse l’equilibrio e cadde duramente sul marciapiede fuori dalla casa del Potter.
“Perdindirindina!” La signora Potter rise gentilmente, tirandolo di nuovo su. “Va tutto bene ora.” Gli spolverò le ginocchia e le spalle. “Allora, farò un salto indietro a prendere Sirius, Monty arriverà con James fra un attimo.”
E con un CRACK, svanì. Remus fece a malapena in tempo ad appoggiarsi al cancello d’ingresso e riprendere il fiato prima che ci fosse un altro CRACK e il signor Potter apparisse con James che non aveva un aspetto così brutto come quello di Remus.
Una volta arrivati tutti, la signora Potter li accompagnò in casa, mandando i loro bauli in volo al piano di sopra nelle loro rispettive stanze, mise a bollire una teiera e tagliò delle fette di una torta Madeira in quelli che sembrarono essere pochi secondi. Mentre Remus sedeva al grande tavolo di legno della cucina dei Potter a mangiare te e sorseggiare un’enorme tazza di tè, ascoltando James e Sirius chiacchierare a macchinetta riguardo il semestre fino a quel momento, non riuscì a non sospirare felicemente tra sé e sé. Due intere settimane così.
Sfortunatamente, a differenza degli anni precedenti, quell’inverno non aveva ancora nevicato, solo piovuto. Infatti, mentre la serata proseguiva, il temporale diventò sempre più intenso, finché dei fulmini squarciarono il cielo all’esterno e della grandine sbatté sui vetri delle finestre. Invece che andare fuori, i ragazzi si sedettero nel salotto sotto l’albero di Natale a giocare e a tostare l’occasionale teacake sul fuoco. Remus si mise a leggere un libro sulla trasfigurazione umana e la signora Potter controllò le sue liste per le imminenti celebrazioni.
“Verrano un paio di persone in più quest’anno.” Spiegò mentre le lunghe strisce di pergamena fluttuavano davanti a lei, una penna blu reale che lavorava velocemente sulla loro superficie, depennando vari punti. “Alcuni vecchi amici e alcune conoscenze più recenti.” Quando lo disse guardò furtivamente Sirius, che non stava prestando attenzione, immerso nel gioco. “Ho giusto spazio per tutti voi!” Continuò con un sorriso felice che era esattamente come quello di suo figlio.
Proprio in quel momento, qualcuno bussò alla porta. Sirius si drizzò di scatto, come se fosse stato colpito da un fulmine. Si voltò verso la signora Potter con gli occhi spalancati. Non era sua madre, Remus lo sapeva - ma non lo disse perché come sarebbe suonato? ‘Non preoccuparti, Sirius, conosco l’odore di tua madre’. Troppo maledettamente inquietante.
La signora Potter si alzò, lasciando le liste sospese a mezz’aria e andò a rispondere alla porta. Entrò una fredda folata e i tre ragazzi ascoltarono con attenzione. Era una donna, ma la sua voce era più alta e giovane di quella di Walburga Black. Sembrava che stesse piangendo e la signora Potter parlava con un tono rassicurante.
“Ragazzi!” Li chiamò dall’atrio. Si alzarono e la raggiunsero. Si trovava appena fuori dalla porta della cucina. Dietro di lei, una giovane donna con dei lunghi capelli biondi era seduta al tavolo, la testa tra le mani.
“Che c’è, mamma?” Chiese James, allungando il collo.
“Si sta facendo tardi - è meglio che andiate a letto. Philly passerà qui la notte e temo che non ci siano altre camere da letto - Sirius, caro, ti dispiace condividere la stanza con James stanotte?”
“Possiamo condividere tutti.” Disse James, generosamente. “Ad ogni modo, domani arriveranno tutti quindi tanto vale dormire insieme.”
La signora Potter annuì e chiamò l’elfo domestico.
La stanza di James era assolutamente perfetta, in ogni senso. Enorme e spaziosa, le pareti erano ricoperte da striscioni di Grifondoro e poster di quidditch. Ogni manico di scopa che avesse mai posseduto era montato sul muro e i suoi scaffali erano colmi di libri magici per bambini e vecchi giocattoli di cui chiaramente non era ancora pronto a liberarsi. Primo fra tutti la statuetta di un piccolo cavaliere, che apparentemente doveva essere Godric Grifondoro in persona, che marciava avanti e indietro lungo il bordo della libreria.
Il letto era enorme, circondato da tende di velluto rosso, come nel loro dormitorio, e nonostante fosse abbastanza grande per tutti e tre, l’elfo domestico aveva tirato fuori due letti singoli che si trovavano ai suoi piedi.
“Chi era quella?” Chiese Remus mentre erano seduti tutti insieme sul letto grande in pigiama.
“Philomena,” disse James, “la sorella di Pete.”
“Che ci fa qui?”
“Penso che abbia litigato con i genitori di Pete - a loro non piace che lei vada in un’università babbana e” abbassò la voce, “papà dice che ha un ragazzo babbano.”
“Veramente?!” Gli occhi di Sirius si spalancarono in ammirazione. Remus non disse nulla - non sapeva che uscire con dei babbani fosse particolarmente tabù.
“Sì e sai come è fatta mamma,” James diede una spintarella a Sirius, “adora accogliere i randagi.”
* * *
Vigilia di Natale, 1973
Philomena fu presente a colazione il mattino seguente e rimase tutto Natale. All’inizio non disse molto, si limitò a fissare nel vuoto, pallida e con gli occhi rossi. Da quello che aveva capito Remus, uscire con un babbano non solo era tabù, ma anche una trasgressione degna di diseredare il proprio figlio. A parte i Potter, Remus non poteva fare a meno di pensare che i maghi non fossero ottimi genitori, in base alla sua esperienza.
La sorella di Peter aveva circa sette anni in più di lui e non avresti potuto capire che erano parenti se non fosse stato per i loro capelli color paglia. Mentre Peter era florido e cicciottello, Philomena era magra e con lineamenti graziosi. Aveva gli occhi color cioccolato e un delicato pizzico di lentiggini marrone chiaro sul suo piccolo naso. Portava i capelli nella stessa acconciatura di molte ragazze babbane che Remus aveva visto; lunghi e lisci come la seta con una folta frangia sfilata come quella di Marianne Faithfull.
James, che la conosceva meglio, non poteva fare abbastanza per l’ospite carina. Le offrì il tè, le scostò la sedia e in generale divenne il suo servo volenteroso, finché persino Sirius non ne ebbe abbastanza di lui.
“Dannazione, Potter, è solo una ragazza.”
“Voglio solamente essere gentile.” James fece una smorfia. “Non c’è nulla di sbagliato nell’essere gentile con la sorella del mio amico.”
Non avevano visto Peter. Una volta che la signora Minus ebbe saputo dove si trovava sua figlia, era stato confinato in casa. Dovevano accontentarsi di mandare gufi avanti e indietro, il che probabilmente era più divertente per James e Sirius che per Peter.
“Cosa direbbe Evans?” Sirius canzonò James che divenne rosso acceso.
“Sarebbe felice che qualcuno l’abbia distolta dalla sua mente.” Suggerì Remus da dove era sdraiato sulla sua branda.
“Senti chi parla.” James diede una spintarella al suo amico. “Cosa c’è tra te e Mary, Black?”
“MacDonald?” Chiese Sirius innocentemente. “Non so di cosa tu stia parlando.”
“Oh, insomma.” Gemette James. “Diccelo! L’hai sbaciucchiata o cosa?”
Remus lasciò cadere il libro. Sbaciucchiata?! Da quando sbaciucchiarsi era una possibilità?! Sirius fece uno sguardo timido.
“No. Però le ho baciato la guancia.”
“Ohh, che scandaloso, Black!” James gli lanciò un cuscino. Sirius glielo lanciò indietro e improvvisamente iniziarono a lottare.
Solitamente Remus alzava gli occhi al cielo e li lasciava continuare. Ma in quel momento sfruttò la distrazione per riordinare i suoi pensieri - si sentiva molto infantile e sciocco a non aver realizzato che Siriu ricambiasse Mary. Che ora fossero coinvolti dei baci, anche se solo sulla guancia. Remus si scervellò cercando di mettersi nei panni di Sirius. Se piacevi a una ragazza, praticamente dovevi baciarla, o no? Era terribile non piacere a una ragazza? Se ora a Sirius piaceva Mary e a James piaceva Lily, avrebbe dovuto scegliere anche lui una ragazza? Marlene era a posto. Un po’ timida, come lui. Forse Marlene, allora.
Il pensiero lo tenne sveglio quella notte, molto tempo dopo che James e Sirius si furono addormentati. Dormivano entrambi nel letto di James - Sirius ci si era semplicemente infilato la prima notte e James non aveva detto nulla. Remus rimase per conto suo, sulla sua branda designata. Cercò di non pensarci, di pensare a Natale e ai regali e ai cracker - ma fu invano. Riusciva solo a pensare a Sirius che baciava la guancia di Marlene. E dove l’avevano fatto? quando era successo? Com’era stato?
Alla fine, irrequieto e agitato, si alzò per prendere dell’acqua. Uscì silenziosamente dalla stanza e entrò nel bagno dall’altro lato del corridoio aprendo il rubinetto. Sorseggiò un po’ di acqua tiepida e si osservò allo specchio. Nella luce tenue, non riusciva a vedere le sue cicatrici. Sarebbe mai piaciuto ad una ragazza con quell’aspetto? Non sarebbe mai stato bello quanto Sirius o persono James, ma forse era leggermente meglio di Peter? Come diamine poteva saperlo?!
Improvvisamente le luci si accesero, bruciando le sue retine tanto che fece quasi cadere il suo bicchiere.
“Oh, scusami!” Philomena era sulla soglia della porta con addosso una camicia da notte color pesca. Sembrava scioccata. “Cosa fai in giro al buio?!”
“Um…ho una vista molto buona.” Borbottò Remus allontanandosi dal lavandino. “Non riuscivo a dormire.”
“Nemmeno io.” Sospirò. Una volta che la sorpresa abbandonò il suo volto, sembrò di nuovo triste. Remus sperò che non avrebbe pianto. Era inutile quando qualcuno piangeva - se si fosse trovato una ragazza avrebbe dovuto sopportare dei pianti?! Non ebbe tempo di reprimere il suo panico prima che Philomena parlasse di nuovo. “È orribile essere lontani dalla propria famiglia a Natale, non è vero?”
“Ehmm…a dire il vero sono cresciuto in una casa per bambini.”
“Oh, davvero?” Parve interessata per un momento. “Tu sei uno degli amichetti di Peter, vero? Non sapevo che conoscesse dei nati babbani. Non l’ha detto alla mamma.”
“Mio padre era un mago,” disse Remus con un po’ di sicurezza, “ma è morto.”
“Mezzosangue.” Mormorò. “Ma lo stesso…" Si interruppe, con poco entusiasmo. Remus si sentí a disagio; i suoi piedi nudi stavano iniziando a raffreddarsi sulle piastrelle del bagno e indossava solo le sue mutande e la canottiera con cui dormiva, il che era già abbastanza imbarazzante. A lei non sembrava importare. “Sei fortunato,” disse, “ad essere cresciuto senza tutte queste stronzate.”
“Intendi la magia?” Remus fece una smorfia. Non aveva mai sentito una strega o un mago - purosangue o nato babbano - parlare in quel modo.
“Sì, la magia.” Tirò su col naso. “Cosa c’è di così bello nella magia, eh? Cosa ci rende così speciali? Vuoi sapere un segreto?”
Non lo voleva sapere, ma pensò che fosse meglio non dirlo. Lei continuò comunque, sussurrando, “A volte vorrei essere una babbana.” Disse, una scintilla di follia nei suoi occhi. “Se potessi farlo, scapperei per sempre e non mi farei mai trovare. Avrei un bel lavoro normale e una bella vita normale e mi innamorerei di chiunque io voglia.” Con quest’ultima affermazione, scoppiò a piangere.
“Potresti farlo comunque, se volessi.” Disse Remus, velocemente, non esattamente sicuro del perché stesse dicendo quello che stava dicendo. Lei lo guardò con diffidenza.
“Be’, cosa ti sta fermando?” Chiese. “Sei maggiorenne. Puoi fare quello che vuoi. Va’ a fare la cameriera o scappa in America e diventa una stella del cinema. Sposa il principe Carlo se lo desideri. Voglio dire…forse all’inizio potresti avere bisogno di un po’ di magia, ma potresti rinunciarci. Nessuno ha detto che devi usare la magia.”
Lo fissò, guardandolo da testa a piedi.
“Non me l’ha mai detto nessuno prima d’ora.”
Remus alzò le spalle.
“Come ti chiami?”
“Remus. Remus Lupin.”
“Oh!” Scoppiò a ridere. “Poverino, è brutto quasi quanto Philomena!”
Chapter 51: Terzo Anno: L’uomo che gridò al lupo
Summary:
Il resto del Natale del 1973.
AVVERTIMENO per alcuni argomenti piuttosto cupi, tra cui Remus che sente cose molto spiacevoli. Si menziona il suicidio.
Chapter Text
Giorno di Natale, 1973
La strana conversazione notturna con Philomena l’aveva portato a riconsiderare le sue ansia riguardo le ragazze. La sua abilità nel confortarla non aveva suscitato una particolare sensazione di galanteria o affetto - solo un lieve senso di sollievo nell’averla fatta smettere di piangere. Non aveva sicuramente alcun desiderio di avvicinarsi così tanto a nessun’altra ragazza.
Pensò a Narcissa per la prima volta da tempo. Remus aveva segretamente pensato che Narcissa fosse la ragazza più bella che conoscesse - perlomeno prima che si tingesse i capelli. Aveva un’eleganza regale che lo attraeva a un certo livello. Ma anche lei era stata resa stupida dall’amore - aveva rischiato la sua vita.
La vista di Philomena che singhiozzava nella sua camicia da notte non fece altro che consolidare nella mente di Remus la rivelazione che l’amore e le relazioni non valevano la miseria che ne conseguiva. Aveva sofferto abbastanza nella sua vita. Avrebbe lasciato che Sirius e James lo capissero da soli, ma per il momento Remus si sentì piuttosto intelligente per essere arrivato a quella realizzazione così presto nella vita. Probabilmente si era risparmiato un sacco di inutile stress.
La mattina di Natale fu meravigliosa come l’anno prima - anche Philomena si tirò su di morale quando vide dei regali con il suo nome sotto l’albero. Remus fu in grado di godere dell’immensa soddisfazione di distribuire i suoi regali e Sirius e i Potter furono tutti adeguatamente contenti, ringraziandolo a profusione. Ricevette un set di scacchi dai Potter, che probabilmente era la cosa più costosa che Remus avesse mai posseduto - e l’avevano comprato appositamente per lui, non era di seconda mano. Insieme al solito assortimento di dolciumi e scherzi dai malandrini, fu un ottimo bottino.
Sirius sembrava un po’ stupito a colazione mentre tutti gli altri divoravano del salmone affumicato e delle uova strapazzate.
“Che ti prende?” Chiese James con la bocca piena. Sirius alzò le spalle.
“Niente da Andromeda.” Disse a bassa voce. “Non mi aspettavo un regalo o qualcosa del genere, ora che ha una figlia, ma mi aspettavo almeno un biglietto…io gliene ho mandato uno.”
James deglutì e diede una pacca sulla spalla al suo amico.
“Magari il gufo è in ritardo - sai com’è la posta in questo periodo dell’anno.”
James aveva ricevuto un manico di scopa nuovo di zecca per Natale e non appena ebbero finito la colazione, i tre ragazzi andarono subito fuori a provarla. Sirius aveva portato la sua scopa e il signor Potter aveva suggerito con un sopracciglio inarcato che Remus prendesse quella vecchia di James.
“Sì, prendila se vuoi, Lunastorta!” James annuì entusiasticamente. “Puoi tenerla!”
“Grazie…” Remus la prese, non essendo in grado di dire di no davanti ai genitori di James. Chissà cosa avrebbe dovuto farci durante l’estate - sarebbe stato difficile spiegarlo alla direttrice.
James e Sirius passarono il resto del mattino a mettersi in mostra mentre Remus la passò in bilico, sfiorando il terreno con le dita dei piedi, cercando di leggere il suo libro e di dare l'impressione che si stesse divertendo con la scopa. Sperava che Peter avesse ricevuto i loro regali e che non se la stesse passando male con la sua famiglia.
L’elfo domestico dei Potter, Gully, che indossava un canovaccio festivo e che aveva un rametto di agrifoglio dietro l’orecchio, li chiamò perché rientrassero. Era quasi l’ora di pranzo e la casa profumava deliziosamente di arrosto di manzo con tutte le guarnizioni.
“Di sopra, lavatevi e cambiatevi, tutti voi.” La signora Potter agitò il suo cucchiaio di legno nella loro direzione. “Ho chiesto a Gully di prepararvi le cose.”
Si lavarono e si vestirono velocemente, lo stomaco che brontolava mentre gli eccellenti profumi provenienti dalla cucina risalivano le scale. Quando iniziarono a scendere, si sentì il *CRACK* indicativo di una materializzazione fuori dalla porta d’ingresso. Sirius si irrigidì di nuovo e Remus, un passo dietro di lui sulle scale, gli afferrò la spalla in quello che sperava essere un modo rassicurante.
Sirius si voltò e guardò Remus negli occhi, facendogli un amichevole sorriso di ringraziamento. Era piuttosto non da Sirius, ma fu una bella sensazione.
Qualcuno suonò il campanello ed entrambi si girarono di nuovo in quella direzione; James corse in avanti per aprire la porta. Una coppia si trovava sulla soglia - un giovane uomo e una giovane donna che stringeva un fagotto tra le sue braccia. Lui aveva un caschetto di chiari capelli ricci ed era alquanto tracagnotto, mentre lei era più alta e snella. Quando misero piede nella luce dell’atrio, Remus trattenne il respiro - era la copia sputata della cugina di Sirius, Bellatrix.
“No!” Sirius sussultò, avanzando, con un sorriso che gli spuntava sul volto.
“Sirius!” La giovane donna ricambiò il sorriso e Remus si rilassò, capendo che non era affatto Bellatrix. Questa donna aveva la stessa chioma di selvaggi capelli ricci di sua sorella, sebbene di una sfumatura di marrone più chiara - doveva essere Andromeda.
Passò la bimba nelle sue braccia all’uomo al suo fianco - presumibilmente suo marito, Ted - e allungò le braccia per stringere Sirius in un enorme abbraccio. Remus li guardò con un’intensa gelosia e con non poco senso di colpa - non aveva mai visto Sirius essere abbracciato così da nessuno, tanto meno da un membro della sua famiglia. Remus scese le scale lentamente mentre la signora Potter entrava nell’atrio, sorridendo largamente e sembrando alquanto compiaciuta.
“È stata una bella sorpresa quindi?” Chiese mentre Sirius stringeva la mano di Ted e accarezzava con esitazione la testa della bimba.
“Sei stata tu?!” Sirius fissò la madre di James con stupore.
“Effie è stata abbastanza gentile da invitarci.” Ted sorrise, gli occhi che brillavano. “Piacere di conoscerti, Sirius. È bello conoscere qualcuno della famiglia di Dromeda.”
“Venite, venite!” La signora Potter condusse il gruppo lungo il corridoio. La seguirono verso la sala da pranzo, Remus per ultimo.
* * *
Andromeda era l’esatto contrario del resto della famiglia Black - o almeno dei membri che Remus aveva incontrato fino a quel momento. Sebbene fosse straordinariamente bella quanto il resto della famiglia, con gli stessi occhi penetranti e lo stesso umorismo pungente, era piena di risate ed allegria. Chiaramente Ted l’adorava e non gli sembrò importare che lasciò la bimba con lui la maggior parte del tempo.
‘Dora’ era la bambina più strana che Remus avesse mai visto - anche se doveva ammettere che non ne aveva incontrate tante. Era felice quanto sua madre, con un sorriso sdentato. Le sue ciocche di capelli cambiavano dal viola al verde al blu in ogni momento, cosa che tutti sembravano trovare carino, più che bizzarro.
Prima che si sedettero a mangiare, si unirono a loro diversi altri ospiti - vecchi amici dei Potter, incluso, con grande entusiasmo di Remus, il vecchio Darius Barebones.
“Un brindisi,” il signor Potter sollevò il suo bicchiere, con l’aria di essere piuttosto brillo, alla fine del pasto “agli amici, vecchi e nuovi!”
“Ai Potter!” Andromeda alzò il suo bicchiere. “Protettori dei reietti e difensori di tutte le pecore nere.”
Tutti risero e brindarono.
“Penso di essere io il più reietto di tutti.” Disse Sirius allegramente. “Sono un Grifondoro dopotutto.”
“Ai Grifondoro!” Intervenne il signor Potter dall’altro estremo del tavolo. Solo i Grifondoro brindarono, Andromeda strinse gli occhi in direzione di Sirius.
“Davvero, cuginetto? Prova a non sposare un parente.”
“Per forza,” rispose Sirius mentre Gully sparecchiava i piatti e la signora Potter prendeva il pudding di Natale, “dopo il matrimonio di Cissy non ci sono altre donne Black rimaste.”
“C’è Dora.”
“Scusatemi,” disse Ted, coprendo protettivamente le orecchie di sua figlia, “possiamo passare il suo primo Natale prima di organizzare un fidanzamento per favore?”
“Sto solo scherzando.” Andromeda si piegò per dare un bacio ad entrambi. “Dora potrà sposare chiunque voglia quando sarà abbastanza grande e posso dire con assoluta certezza che non sarà nessuno a questo tavolo.”
Tutti risero di nuovo. Remus guardò Darius furtivamente - sembrava alticcio come il signor Potter, il suo volto era rosso per via del whisky incendiario che aveva scolato.
Una volta che il pudding fu estinto, servito e mangiato, che i cracker vennero tirati e che le loro terribili battute furono lette ad alta voce, la festa si spostò nel salotto. La signora Potter, Philomena e Andromeda andarono al piano di sotto per cambiarsi nei loro abiti da sera, il signor Potter fumò la sua pipa e Ted portò Dora a fare un riposino. I ragazzi iniziarono una partita di sparaschiocco prima che Darius e il signor Potter radunassero tutti per giocare a sciarada. Remus non aveva mai giocato a sciarada prima di quel momento, tanto meno sciarada magica che implicava molte scintille rosse e oro - anche se forse quello era dovuto al buon umore.
La sera, iniziarono ad arrivare più ospiti e la casa si riempì presto di musica, risate e piacevoli chiacchiere. Andromeda e Sirius si proclamarono DJ, rovistando tra la loro collezione combinata di album e alternando a sparare a tutto volume Merry Xmas Everybody di Slade e I Wish It Could Be Christmas Everyday di Wizzard.
When the snowman brings the snow
Well he just might like to know
He's put a great big smile on somebody's face…
“Però si chiamano wizard” continuava a dire tutti Sirius con entusiasmo, “e ascoltate…”
Anche Philomena si dimenticò della sua malinconia per un paio di ore, alzandosi e muovendosi a ritmo della musica insieme a James, che era più o meno alto come lei e non aveva idea di come si ballasse, ma che fu piuttosto felice quando lei gli prese la mano e gli mostrò come fare il twist.
Abbastanza sicuro che non sarebbe mancato a nessuno, Remus si infilò nella moltitudine di persone alla ricerca di Darius. Dovevano essere presenti un centinaio di streghe e maghi - alcuni erano insegnanti ad Hogwarts e Remus fece il possibile per evitarli. Sentì almeno tre persone mormorare che Silente era lì, da qualche parte.
“Sai, sono entrambi dei Black.” Sentì una strega sussurrare alla sua amica mentre guardavano Andromeda e Sirius ridacchiare istericamente vicino al giradischi. “Lei è scappata e ha avuto una figlia con quel Tonks e il ragazzo - be’, lui eral’erede, ma ho sentito che Orion ha in mente di contestarlo non appena il figlio più piccolo diventerà maggiorenne. È un bel combinaguai, da quanto ho sentito.”
“Non può essere peggio di com’era Orion, sono andata a scuola con lui. Un ragazzino orribile e violento. In confronto a Orion Sirius è un raggio di sole - per non parlare di quella stronza di Walburga.”
“Shh.” Disse la prima strega, nervosamente. “Non si sa mai chi è in ascolto in questi giorni, nemmeno dai Potter.”
“Be’, mi piacerebbe sapere perché é qui.”
“È amico del ragazzo dei Potter. Sai come sono fatti Effie e Monty - hanno accolto anche la primogenita dei Minus, è là.”
“Sì, ho sentito qualcosa al riguardo.”
“Be’, non è affatto un segreto perché lei sia qui - dopotutto i Minus e i Potter sono tutti purosangue, nonostante le voci. Bada, Effie potrebbe voler agire rapidamente - se Philomena vede la sua opportunità di accaparrarsi l’erede dei Black, allora il povero James non avrà nemmeno una chance, no? Voglio dire, tutti sanno cosa sta succedendo; dobbiamo scegliere un lato. I Potter hanno scelto il loro tempo fa, temo.”
Remus si sentì il sangue ribollire. Era orribile sentire parlare dei suoi amici in quel modo - e i Potter che Remus era assolutamente sicuro non avessero secondi fini quando si trattava di loro figlio o della compagnia che frequentava. Dopotutto, lasciavano che James fosse suo amico, sapendo esattamente cos’era.
Strinse i pugni e desiderò che gli fosse permesso fare magia - fare qualsiasi cosa per far tacere quelle vecchie stronze. Ora Sirius e Andromeda stavano urlando a squarciagola insieme a James e Philomena.
“Weeeell I wish it could be Christmas every daaaa-aaay!
When the kids start singing and the band begins to plaa-aay
Oooooh I wish it could be Christmas everyday
So let the BELLS ring OUT for CHRISTmaaaas!”
Remus sorrise e in quel preciso istante, scorse finalmente Darius. Il vecchio, ubriaco marcio ora, si appoggiava pesantemente al corrimano nel corridoio e stava parlando con una vecchia signora che sembrava voler allontanarsi da lui.
Remus raddrizzò la schiena e rilassò consciamente i muscoli del suo viso. Per l’occasione aveva preso in prestito da James un abito elegante e Philomena aveva gentilmente eseguito un incantesimo cosmetico sulle sue cicatrici. Pertanto sperava di cavarsela almeno facendo credere di essere il figlio di un famoso mago, piuttosto che un moccioso babbano proveniente da un istituto per bambini.
“Buona sera, signor Barebones." Disse simulando l’accento che aveva imparato dopo aver ascoltato per tre anni la pronuncia restituita di James e Sirius. Tese una mano verso il vecchio che la strinse guardandolo in modo confuso. “Remus Lupin - si ricorda, ci siamo incontrati l’anno scorso?”
“Ah, sì! Il giovane Lupin!”
“Esatto.” Remus annuì, sorridendo serenamente e mantenendo un’espressione composta. Porse a Darius dell’altro whisky mentre la strega con cui il vecchio stava parlando in precedenza sgattaiolava via. “Credo che conoscesse mio padre?”
“Lyall Lupin! Miglior duellante che io abbia mai incontrato! Ha sposato una babbana da qualche parte in Galles, vero?”
“Esatto.” Disse Remus fermamente. “Mia madre.” Prese un respiro cauto mentre Darius tracannava altro whisky, poi si schiarì la gola. “Conosceva bene Lyall?” Trovava che dire ‘Lyall’ fosse molto più facile di dire ‘mio padre’.
“Oh, piuttosto bene, piuttosto bene.” Darius annuì entusiasticamente, elettrizzato di avere qualcuno con cui parlavo. “Lavoravo per lui al ministero, prima che iniziassero i problemi. Non ho mai conosciuto qualcuno migliore con i mollicci - o i dissennatori, tra l’altro. All’Ufficio per le Relazioni con Azkaban manca, te lo devo dire.”
“I problemi?” Chiese Remus, soffiando un altro bicchiere di whisky a Gully, che passò di fianco a loro di fretta con un vassoio, e passandolo al vecchio.
“Grazie, caro ragazzo. Sì, i problemi. Una faccenda orribile. orribile.”
“Sta parlando…degli eventi che hanno portato al suicidio di Lyall?” Non riusciva a dirlo. Doveva dirlo Darius.
“Sto parlando dei maledetti lupi mannari!” Darius sbattè il suo bicchiere di whisky vuoto su una credenza vicina. “Perdonami.” Mormorò.
“Niente affatto.” Rispose Remus, non sbattendo le palpebre. “Continui. Conosco la storia, naturalmente, ma mi piacerebbe…sentirla da qualcuno che lo conosceva.”
Darius lo osservò con attenzione, attraverso la sua vista annebbiata dal whisky. Sembrò afflosciarsi leggermente in avanti prima di iniziare la sua storia.
“Non potevamo saperlo, nessuno di noi…be’…Lyall era un ottimo mago - un ottimo mago, chiaro?” Biascicò. Remus annuì. “Ma..” il vecchio alzò lo sguardo, gli occhi lucidi, “Be’, aveva la tendenza ad essere ossessionato dalle cose. E quel carattere! Andava su tutte le furie al lavoro - persino durante le udienze del comitato.”
“Udienze del comitato?” Remus uscì quasi dal personaggio.
“Tua madre non te l’ha detto?” Darius lo guardò, sorpreso. “Dannati babbani, non sono adeguati a crescere i nostri bambini, lo dico da anni…” Sospirò. “Tuo padre faceva parte di diversi comitati al ministero per la regolazione e il controllo delle creature magiche.”
Remus fu felice di aver scelto Cura delle Creature Magiche, altrimenti forse non avrebbe saputo nulla sull’argomento. Pertanto, poté annuire con cognizione di causa. Darius continuò.
“Proprio il suo ambito, ovviamente, era un gigante in quel campo. Ma gli piaceva fare le cose a modo suo ed era visto un po’ come un estremista, in quei giorni. Voleva una revisione del Registro dei Lupi Mannari, con migliore identificazione e migliori misure di tracciamento. Semplicemente non avevamo abbastanza personale per farlo ed era meglio impiegare le risorse altrove. E Lupin…lavorava con le creature oscure da così tanti anni che pensava di vedere lupi mannari ovunque - vedeva sempre un pericolo dove chiaramente non ce n’era alcuno. Sinceramente, pensavamo tutti che fosse un eccentrico, non potevamo sapere…quando hanno portato Greyback dentro, ero lì. L’ho visto e, non mi pesa dirtelo, nessuno di noi pensava che fosse una minaccia. Chiaramente ubriaco. Confuso. Un vagabondo, è ciò che abbiamo pensato. E quando Lupin si è scatenato in una delle sue filippiche sui lupi mannari, be’…non ci abbiamo pensato due volte.”
“Avete lasciato andare Greyback.” Disse Remus duramente. Darius sembrava molto dispiaciuto, quasi con le lacrime agli occhi. Annuì.
“L’abbiamo lasciato andare. Ovviamente ora sappiamo…se solo l’avessimo ascoltato. Lyall si è suicidato poco dopo, non volle nemmeno ascoltare le scuse del comitato.” Sospirò, poi guardò Remus di nuovo. “Mi sono sempre chiesto cosa l’abbia spinto a farlo, sai. Alcuni dicono che è stato il rimorso - il non essere stato in grado di fermare Greyback. Non avrei pensato che fosse il tipo… e abbandonare così la sua famiglia, voglio dire, non potevi essere molto più che un infante?”
“Cinque.” Disse Remus. “Avevo cinque anni.”
“Sì, be’.” Darius si mosse, a disagio, guardando cupamente il suo bicchiere vuoto. “Ho la mia teoria riguardo cosa sia successo… e se Greyback avesse deciso di dargli la caccia? Ora sappiamo quanto è pericoloso. Sappiamo che odia i maghi più di qualsiasi altra cosa e tuo padre aveva detto cose molto sgradevoli. Quindi mi domando…Greyback è tornato a prenderlo? L’ha morso? Se è così…devo dire che non biasimo affatto Lyall. L’unica bestia buona è una bestia morta.”
“Mm.” Rispose Remus sentendosi molto accaldato e un po’ frastornato. “E Greyback?”
“Che io sappia, è in combutta con tu-sai-chi.” Darius scosse la testa. “E l’ironia della sorte è che ora abbiamo bisogno di tuo padre come non mai. Ad ogni modo,” sorrise gentilmente a Remus, “non pensare che sia morto invano, caro ragazzo. Alla fine abbiamo implementato molte delle sue riforme, in particolare per quanto riguarda i meticci. Non si può sfuggire al registro ora, nossignore!” Sbatté il suo vecchio pugno rugoso.
“Mi scusi.” Remus si voltò, velocemente. Aveva sentito abbastanza. “La signora Potter mi sta chiamando.”
Si infilò nuovamente nella folla di festaioli, la musica che ancora risuonava a tutto volume mentre Sirius e Andromeda conducevano il coro:
“So here it iiiiiiiis, Merry Christmas,
Everybody's having fuuuuun!
Loo-ook to the future now,
It's only just begun!”
Chapter 52: Terzo Anno: Fiducia
Chapter Text
Sabato 5 gennaio 1974
Cortine di pioggia sbattevano contro l’Hogwarts Express come una raffica di frecce nemiche, coprendo i pendii solitamente verdi con un velo diafano di foschia e pioggia fine, oscurando il cielo.
“É uno schifo tornare a scuola, vero?” Disse Sirius di malumore, guardando fuori dal finestrino.
Remus guardò Peter che stava fissando Sirius con incredulità. Sirius non se ne accorse. Remus sospirò.
“Com’è stato il tuo Natale, Pete?” Chiese educatamente.
“Okay.” Rispose Peter, con monotonia. “Grazie per i dolci.”
“Hai visto la mia scopa?” Chiese James, tirandola giù dal portapacchi. Peter si alzò per guardarla, rallegrandosi lievemente. Remus alzò gli occhi al cielo e tornò al suo libro.
Non lo stava leggendo davvero. Non era riuscito a concentrarsi adeguatamente su un libro dalla festa di Natale dei Potter. A dire il vero, non era riuscito a concentrarsi adeguatamente su nulla. Non sul volare o sui giochi o sulle conversazioni o sui piani di James e Sirius di diventare animagus. Quindi fece finta di leggere, sperando che lo lasciassero in pace. Al St Edmund avrebbe potuto andarsene da solo in città, ma non gli sembrava un buon modo di mostrare gratitudine ai genitori di James, che sicuramente si sarebbero preoccupati.
Era come se ci fosse una lista di domande nella sua testa a cui non aveva modo di rispondere e che quindi continuavano a ripetersi. Dov’era Greyback ora? Chi era ‘tu-sai chi’? Lyall Lupin aveva odiato suo figlio così tanto?
Remus sapeva già che suo padre si era ucciso perché lui era stato morso. Aveva sempre supposto che Lyall fosse stato motivato dal rimorso. Ma ora...be’, e se Remus si fosse sbagliato? Se la ragione reale fosse stata l’odio - o peggio ancora - la vergogna?
Negli ultimi tre anni, Remus aveva lavorato sodo a scuola, usando la bacchetta di suo padre e facendo le materie che forse aveva fatto suo padre. Non pensava sempre a Lyall, ma nel retro della sua mente aveva sempre voluto dire qualcosa. Dopo la festa di Natale, non era più così sicuro. Ferox aveva detto ‘conosci te stesso’, ma Remus ora non riusciva a vederne la saggezza. Era stato molto più felice prima, non sapendo.
Quei pensieri cupi furono interrotti da un leggero bussare sulla porta della carrozza. La testa di Marlene fece capolino.
“Ehi, McKinnon,” James sorrise, “c’è Evans con te?”
“Um… no.” Squittì, giocherellando nervosamente con i suoi capelli. “Sirius, posso parlarti?”
“Io?” Sirius si raddrizzò, confuso. “Ehm…che c’è?”
“Mary um… Mary mi ha chiesto di dirti una cosa.”
“Dirmi cosa?”
“Ha…non credo che dovrei dirlo davanti a loro.”
“Ehm…okay…” Sirius si alzò e la seguì nel corridoio. Gli altri tre si scambiarono sguardi divertiti mentre aspettavano. Ugh, pensò Remus, si era sbagliato riguardo la storia di Mary e Sirius?! Ora era Sirius e Marlene?
Momenti dopo, un Sirius attonito rientrò nello scompartimento da solo.
“Quindi?” Chiese James.
"A quanto pare Mary ha un ragazzo.” Disse Sirius confuso.
“Vuoi dire che…ti ha mollato?”
“Non so.” Si sedette, grattandosi il capo. “Stavamo uscendo insieme?”
“Be’, a quanto pare lei pensava di sì.”
“Perché le ragazze non dicono quello che pensano e basta?!” Sirius si passò una mano tra i capelli in una buona imitazione di James che annuì compassionevolmente.
“Le ragazze sono un incubo.” Concordò.
Remus celebrò interiormente. Grazie al cielo quella storia era alle spalle ora.
* * *
Domenica 6 gennaio 1974
Successivamente scoprì che Mary aveva iniziato a uscire con un ragazzo babbano che viveva vicino a lei.
“Siamo cresciuti nello stesso isolato,” gli confidò, con entusiasmo, “il suo appartamento è proprio davanti al mio. Mi piaceva davvero Sirius ed è carino e tutto, ma… be’ è un po’ snob. Non penso nemmeno che sappia cosa sia una casa popolare.”
Remus dovette essere d’accordo su quello.
Quanto a sé, divenne nuovamente amichevole con Mary e non lo infastidì nemmeno il suo parlare a vanvera del suo nuovo ragazzo e di come l’avesse portata a una sala da ballo locale e delle foto e di quanto piacesse a sua madre e di come suo padre lo ritenesse un ‘bravo ragazzo’. Tuttavia, Marlene sembrò annoiata a morte mentre erano seduti vicino al fuoco a completare insieme i compiti delle vacanze.
Ciò non sfuggì all’attenzione di Mary.
“Non essere gelosa, Marls.”
“Non lo sono.” Marlene fece una smorfia. “Penso solo che tu stia trattando malissimo Sirius.”
“Cosa?!”
“Mollarlo in quel modo! Hai…hai ferito i suoi sentimenti!” Le guance di Marlene erano diventate di un’insolita sfumatura di rosa.
“Oddio!” Mary fissò la sua amica. “Marlene, ti piace Sirius?!”
“No!” Marlene si alzò, rosso fuoco ora. “Oh, sei proprio una stronza, Mary!” Andò infuriata nel dormitorio delle ragazze. Lily sospirò, sollevando lo sguardo.
“Non è stato molto carino.” Disse con disapprovazione.
“È un problema suo, non mio.” Mary alzò le spalle. “Quindi le piace Sirius?!”
“Che importanza ha?”
“Anche io me ne vado.” Remus si alzò cercando di non sospirare.
“Oh, no, non andartene Remus!” Disse Mary. “La smettiamo di parlare di ragazzi, lo prometto.”
“Sono stanco.” Mentì. “E ho finito i miei compiti. A domani.”
Mentre si allontanava, sentì Mary sussurrare, piuttosto ad alta voce.
“Oddio, magari gli piace Marls!”
Remus si ricordò che stava cercando di farsi piacere Mary di nuovo e non reagì. Salì le scale e andò a sedersi da solo nel dormitorio. James, Peter e Sirius erano tutti in punizione per uno scherzo che avevano teso prima di Natale.
Non era affatto stanco. Mancavano due notti alla luna piena e stava iniziando a sentire la solita smania indicativa nei suoi arti, la familiare accelerazione del suo battito cardiaco. Abbandonato a se stesso, Remus tornò ai pensieri angoscianti che lo tormentavano da settimane. Ancora una volta, sembravano vorticare nel suo cervello in un caos totale, senza inizio né fine.
Tutti i maghi la pensavano come Darius? Come Lyall Lupin? Le azioni di suo padre erano davvero giustificabili? Remus non poteva ignorare il fatto che anche sua madre l’aveva abbandonato - doveva significare qualcosa. Sicuramente i suoi amici non l’avevano trattato diversamente dopo averlo scoperto…ma come si può sapere davvero cosa pensano i tuoi amici di te? Ai malandrini piacevano tutte le cose pericolose; forse condividere la stanza con Remus era semplicemente un altro rischio emozionante.
Aveva davvero bisogno di parlare con qualcuno di imparziale. James era così fortunato, ad avere due genitori sempre disposti ad ascoltarlo. Sirius era fortunato ad avere James. Remus non era sicuro se Peter avesse dei problemi o no. Probabilmente sì. Probabilmente anche lui ne parlava con James.
C’era la McGranitt, Remus sapeva che sarebbero dovuti andare da lei per parlare dei loro problemi. Ma era così severa e difficile e comunque James era il suo preferito. Madama Chips, naturalmente; era stata così di supporto in precedenza. Ma non era il tipo da lasciare che ti autocommiserassi; avrebbe cercato di pensare a una soluzione logica o gli avrebbe detto di non preoccuparsi così tanto. Poi Silente - ma Remus non aveva idea di come parlargli e non era nemmeno sicuro di volerlo fare.
Per quanto riguarda le persone che conoscevano la complessità del problema di Remus, c’era anche il professor Ferox - in ogni caso Remus era sicuro al novantacinque per cento che lo sapesse. Rifletté su quell’opzione.
Remus sentiva una specie di affinità non identificabile con il suo professore di Cura per le Creature Magiche. La sua presenza era molto rassicurante e Remus pensava che forse si sarebbe sentito meglio se fosse riuscito a parlargli, era in qualche modo sicuro che Ferox gli avrebbe prestato orecchio comprensivamente. Sentì una strana sensazione allo stomaco, come di eccitazione, e Remus pensò che fosse un buon segno. Guardò l’orologio nell’angolo. Erano solo le cinque, gli altri ragazzi sarebbero stati in punizione fino alle sei e il coprifuoco non era fino alle otto.
Remus sfilò la mappa del malandrino da sotto il suo cuscino. Avevano terminato di delineare il contorno del castello e dovevano solo completare i terreni, animare le scale e aggiungere i luoghi segreti che solo loro conoscevano. Poi sarebbe stato il turno dell’idea di etichettamento di Sirius, anche se non erano ancora molto sicuri di come fare. Remus aveva scoperto un incantesimo per localizzare una sola persona, ma nulla dell’ordine di grandezza richiesta.
In ogni modo, in quel momento gettò il suo incantesimo localizzatore e vide che il professore Ferox stava camminando dalla Sala Grande verso la sala dei professori. Remus si alzò, velocemente - se si fosse sbrigato sarebbe riuscito a farlo sembrare un incontro casuale. Prima di andarsene afferrò il mantello di James nel caso Mary e Lily si fossero trovate ancora nella sala comune.
Stava allungando la mano verso la maniglia della porta quando gli venne un improvviso lampo di buon senso.
Che diamine stava facendo? Andare a vedere il professor Ferox - e poi? Fargli un piagnisteo riguardo a suo padre defunto? Lagnarsi di come nessuno lo capisse perché era una sanguinaria creatura oscura con un accento della classe operaia? Lamentarsi di come i suoi amici stessero tutti impazzendo per delle ragazze e di come si sentisse dimenticato?
Si ritirò nella sua stanza.
Che diamine avrebbe pensato di lui Ferox? Che era un grande pappamolle, ecco cosa. Non potevi andare a piangere dai professori ogni volta che qualcosa ti infastidiva; non potevi aspettarti che tutti si sentissero dispiaciuti per te. Nessuno ti deve una vita felice, diceva sempre la direttrice.
Si sdraiò sul suo letto e fissò le tende. Si sentiva peggio ora. Non sapeva cosa gli fosse preso - normalmente non agiva d’impulso - non più, non dal primo anno. Era fortemente convinto che sarebbe dovuto andare a vedere il suo insegnante. Ah! Eccolo di nuovo, quel fremito nel suo stomaco. Non era affatto agitazione - era…be’, non era sicuro di cosa fosse. Si sentiva accaldato, arrossato e stranamente suscettibile. Era qualcosa di…animale.
Oddio. Remus gemette. Doveva essere la trasformazione. Forse il lupo si stava intrufolando prima del solito. Probabilmente gli piaceva l’odore di Ferox, aveva colto l’odore del suo kneazle. I lupi mangiano i gatti?
L’unica bestia buona è una bestia morta. Gliel’aveva detto Darius. Allora Remus aveva pensato che fosse un po’ ingiusto…dopotutto, lui non aveva mai fatto male a nessuno. Silente non l’avrebbe permesso. Senz’altro non voleva nemmeno fare male a qualcuno, tranne Piton a volte e quello era normale, no?
Forse Remus era più pericoloso di quello che pensava. Aveva imparato a controllare il suo carattere la maggior parte delle volte, aveva imparato a controllare la sua magia. Ora doveva solo controllare anche qualunque cosa fosse quella.
Quando James, Sirius e Peter tornarono, Remus era giunto a una decisione.
“Ho pensato,” iniziò.
“Ci credo che hai bisogno di stenderti.” Sirius fece un sorrisetto. Remus gli lanciò addosso un cuscino.
“Fottiti, sono serio.”
“Piacere, Serio, io sono-”
James gli diede uno scappellotto. “Taci, Black.”
“Grazie.” Remus sorrise. “Ehm…la questione degli animagus...”
“Sì?” Sirius alzò lo sguardo, entusiasta, sfregandosi ancora il capo. “Hai avuto un’idea? Amo le idee da Lunastorta!”
“Um…non esattamente.” Ora Remus si sentiva a disagio. Ad ogni modo, andava fatto. Aveva preso una decisione. “Non…non voglio che lo facciate.”
“Fare cosa?” Peter sembrava confuso.
“Non vuole che diventiamo animagus.” Disse James, guardando Remus con quei suoi limpidi occhi onesti. “Non è vero?”
Remus annuì, sentendosi terribilmente in colpa.
“Sono molto grato, davvero. É solo che…non credo che nessuno di voi comprenda davvero quando pericoloso sarebbe. Potrei ferirvi. Potrei…potrei uccidervi. Non ho alcun controllo.”
“Ma funzionerà!” Protestò Sirius. “Ho fatto tutte le ricerche, James, gliele hai fatte vedere?”
“Lascia stare, amico.” Disse James. “Sta a Lupin decidere.”
“Grazie.” Remus sorrise a James. Si sentiva in colpa per averli delusi - ma era per il loro bene e doveva essere quello maturo.
Sembrava che Sirius volesse dire altro, ma James gli mandò uno sguardo duro, da Signor Potter, che zittì immediatamente il ragazzo più basso. Non dissero molto altro per il resto della serata e Remus dovette far finta di essere tornato a leggere il suo libro.
Più tardi quella sera, dopo che ebbero spento le luci, Remus sentì Sirius andare di soppiatto verso il letto di James e lanciare un incantesimo silenziatore per la prima volta da molto tempo. Avrebbe voluto non essere sempre quello escluso, avrebbe voluto sapere cosa si provasse ad avere un amico stretto quanto James. Ora più che mai, avrebbe voluto avere qualcuno con cui parlare.
Improvvisamente sopraffatto dalle emozioni, Remus gettò a sua volta l’incantesimo perché gli altri non lo sentissero piangere.
Chapter 53: Terzo Anno: Davey Gudgeon
Notes:
TW per insulti omofobi e imprecazioni
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L’inverno lasciò spazio alla primavera e, come al solito, il compleanno di Remus venne celebrato con vigore creativo dagli altri malandrini - le consuete canzoni ad ogni pasto, la torta e i regali. Sfortunatamente, la McGranitt aveva imparato dagli anni precedenti e aveva messo un prefetto ad osservare il dormitorio dei ragazzi per evitare ulteriori spettacoli di fuochi d’artificio a mezzanotte.
Fortunatamente, il suo quattordicesimo compleanno cadde in uno dei fine settimana di visita ad Hogsmeade e Remus si sentì piuttosto maturo a trascorrere il pomeriggio ai Tre Manici di Scopa con i suoi amici. Un flusso di studenti che volevano offrire una burrobirra a Remus o brindare alla sua salute si era avvicinato al tavolo ininterrottamente, rendendo presto evidente che James e Sirius avevano in qualche modo corrotto tutti i loro compagni a fare un salto dal pub a loro volta. Prima che il pomeriggio fosse volto a una conclusione, tutti nel bar avevano imparato il nome di Remus, tanto che quando se ne andò fu acclamato rumorosamente. Totalmente imbarazzante, ovviamente.
Liberatosi dal suo compleanno, Remus si dedicò anima e corpo al ripasso in preparazione degli esami imminenti - aveva un particolare desiderio di ottenere buoni risultati nelle sue nuove materie, soprattutto Cura delle Creature Magiche.
Tornando a rivolgere la sua attenzione allo studio e ai compiti, Remus iniziò lentamente a lasciarsi alle spalle le crudeli parole di Darius Barebone. Sì, era pericoloso, e sì, una volta che la gente avesse scoperto cos’era molto probabilmente Remus sarebbe stato ostracizzato. Ma, fino ad allora, aveva la possibilità di imparare - e non l’avrebbe sprecata.
***
Sabato 7 aprile 1974
Remus non aveva mai incontrato Davey Gudgeon - per quanto ne sapeva, nemmeno gli altri. Non scoprì mai nemmeno che aspetto avesse. Ma si sarebbe ricordato il suo nome per il resto della sua vita.
Durante l’estate del 1973, un gruppo di annoiati studenti del primo anno aveva reso il platano picchiatore un gioco: cerca di avvicinarti il più possibile al tronco prima che i rami provino a colpirti. Nonostante fosse detestato da Gazza e disapprovato dai capi delle case, nessuno aveva mai detto nulla al riguardo. Sicuramente Remus non nutriva alcun desiderio di partecipare al gioco. Odiava quell’albero.
Pertanto, Remus non si trovava nemmeno lì quando successe. Era il giorno dopo la luna piena e come al solito era in infermeria. Peter era seduto sul pavimento a riordinare le sue carte delle cioccorane, mormorando allegramente tra sé e sé. James stava controllando i compiti di Divinazione di Sirius. Quest’ultimo sventolava segretamente la bacchetta alle spalle di James, cambiando diverse volte il colore dei suoi capelli per intrattenere Remus. Blu, rosa, verde e giallo - e stava anche funzionando. Remus lo trovò divertente da morire, perché James sembrava così serio e quando si concentrava la sua lingua spuntava dai suoi denti come se fosse un gatto.
Era un pomeriggio perfettamente piacevole e Remus riusciva quasi ad ignorare quanto gli facessero male le ossa e i denti mentre tornavano al loro posto per un altro ciclo lunare.
Ma poi accadde. Uno studente spalancò la porta dell’infermeria strillando.
“Madama Chips! Madama Chips! Aiuto!”
Ficcanaso com’erano, Sirius e James saltarono giù dal letto per fare capolino dietro le tende verde chiaro. Remus sospirò, reclinandosi sul suo cuscino. Ormai era abituato al viavai nell’infermeria; voci alzate come quelle solitamente indicavano che un incantesimo era andato storto. Cercò di ignorarlo - non sopportava qualsiasi cosa gli ricordasse che era in infermeria e non solamente a godersi un pomeriggio di nullafacenza con i suoi amici.
Ma James e Sirius rimasero fuori dal suo campo visivo a guardare qualunque cosa stesse succedendo e quando si girarono nuovamente verso il letto i loro volti erano pallidi e seri. Il trambusto era cresciuto, Remus era vagamente consapevole che qualcuno stesse piangendo.
“Che c’è?” Chiese, più irritato di quanto avesse voluto.
Sirius storse la bocca e James scosse la testa, senza dire una parola, tirandosi su gli occhiali. Finalmente Peter sollevò lo sguardo dalle sue carte.
“Cosa?”
“Un incidente…un ragazzo.” Mormorò James.
“Tutti fuori!” La voce di Madama Chips, stranamente forte e chiara, risuonò nella stanza. L’infermiera scostò la tenda intorno al letto di Remus e ne fece capolino, sembrando distratta. “Remus, caro, se ti senti abbastanza bene, forse è meglio che tu passi il resto del pomeriggio nel tuo letto. Potter, potresti andare a chiamare la professoressa Sprite? Dille che uno dei suoi studenti è ferito.”
James annuì e se ne andò immediatamente, senza nemmeno voltarsi a guardare i suoi amici o i suoi compiti. Si poteva sempre contare su James.
Sirius incrociò lo sguardo di Remus che annuì in segno d’assenso, scendendo dal letto. Era ancora in pigiama e Sirius sollevò Peter dal gomito per dargli un po’ di privacy. Remus si vestì il più in fretta possibile, ficcò i suoi libri nella sua cartella, prese i compiti di James e si unì ai suoi amici dall’altro lato della tenda. C’era odore di sangue.
Le tende intorno al letto più vicino alla porta erano state tirate e i tre ragazzi vi passarono davanti di corsa, desiderando soltanto di sfuggire alla spiacevole atmosfera, allontanandosene il più possibile. Andarono direttamente verso la sala comune; Remus zoppicava lievemente, quindi Sirius e Peter rallentarono per adeguarsi al suo passo.
“Cos’è successo?” Sussurrò Remus. “C’era del sangue.”
“Sì,” rispose Sirius, sembrando scosso, “non so cosa sia successo, ma… era il suo volto.”
Peter sembrava leggermente nauseato.
Quando raggiunsero la sala comune, Remus crollò su una poltrona, esausto.
“Stai bene?” Chiese Sirius, ansiosamente, posando una mano sulla spalla di Remus. Quest’ultimo annuì, chiudendo gli occhi e prendendo respiri profondi.
“Sì, sì.” Imbarazzato, si scrollò Sirius di dosso, desiderando essere normale una volta tanto.
“Ehi, ragazzi.” Mary entrò tranquillamente nella stanza, Marlene al seguito. “Avete sentito cos’è successo a Gudgeon?”
“No,” rispose Sirius furtivamente, “cosa?”
"È stato colpito in faccia da quel folle albero.” Disse, scrollandosi di dosso il cappotto. “Stavano cercando di toccare il tronco.”
“Il platano picchiatore?”
“Sì.” Disse Marlene. “Non dovrebbe essere permesso! È così pericoloso!”
“Eravate lì quando è successo?!” Chiese Remus, cercando di non far trapelare il panico nella sua voce.
“No.” Mary alzò le spalle, lanciandosi sul divano di fianco a Sirius. “L’ho sentito da una ragazza del secondo anno.”
“Dovranno sbarazzarsene!” Disse Marlene in modo stridulo. “Ora Silente non può lasciarlo lì. Sarebbe potuto morire qualcuno.”
“Avrebbe dovuto starne lontano.” Disse Sirius con una smorfia. “É un gioco idiota. Tutti sanno com’è quell’albero.”
“Non credo alle mie orecchie!” Mary rise. “Sirius Black la voce della ragione?!”
“Va’ a cagare MacDonald.” Disse Sirius con tono arrabbiato.
Remus stava iniziando ad avere mal di testa. Si strofinò le tempie e chiuse di nuovo gli occhi, raggomitolandosi sulla poltrona. Il senso di colpa gli risalì la schiena con un pizzicore caldo e freddo. L’aveva colpito in faccia?! Gudgeon sarebbe stato bene? Sicuramente Madama Chips sarebbe stata in grado di rimetterlo in sesto, qualunque cosa fosse successa. Sapeva sistemare tutto.
***
Le voci su Davey Gudgeon inondarono la scuola nel giro di qualche ora, finché nessuno poté fuggirvi. Sarah Saunders di Corvonero aveva detto a tutti di aver visto i genitori di Gudgeon arrivare a Hogwarts, per poi marciare dritti verso l’ufficio di Silente, furiosi. I suoi amici di Tassorosso raccontavano ripetutamente ciò che era successo a chiunque fosse disposto ad ascoltare - era sembrato che quella volta Davey sarebbe veramente riuscito a raggiungere il tronco, ma poi il platano l’aveva attaccato all’ultimo momento. Avevano sentito resoconti inconsistenti sul danno - che l’albero gli aveva spaccato in due il cranio, che aveva perso entrambi gli occhi o persino che era morto e la scuola lo stava insabbiando.
Marlene sembrava più afflitta di chiunque altro dall’intera faccenda, aveva arruolato Lily e Marlene perché la aiutassero a redigere una petizione per la rimozione del platano picchiatore dalla scuola. Remus la firmò - non riuscì a pensare a un motivo abbastanza valido per non farlo.
Sirius si rifiutò.
“Quell’albero ha lo stesso diritto di chiunque altro di trovarsi qui.” Disse risolutamente, mentre Marlene lo inseguiva con una penna.
“Ma Sirius,” lo supplicò, “è pericoloso.”
“Anche i bolidi sono pericolosi!” Ribatté, schivandola. “Lascerai la squadra di quidditch?”
“Non è affatto la stessa cosa!”
“Ugh, firmalo e basta Black.” Gemette Lily mentre cercava di finire i suoi compiti di Rune Antiche. “Che te ne importa?”
“É il principio!” Incrociò le braccia fermamente. Lily alzò i suoi grandi occhi verdi al cielo.
“Stronzo.” Bofonchiò sottovoce. “Non vede quanto è turbata Marls?”
"Perché è così scossa?” Chiese Remus sussurrando, una volta che Marlene fu fuori portata d’orecchio. “Conosceva Davey?”
“Non credo.” Lily sospirò. “Credo solo che voglia un progetto che la distragga da quello che succede a casa. Sai, la sua famiglia.”
Remus ci pensò. Non conosceva Marlene bene tanto quanto Lily e Mary. Mary era estroversa e parlava con chiunque (in effetti a volte diceva un po’ troppo. Remus sapeva fin troppo sulle sue preferenze nel baciare per i suoi gusti). Marlene era sempre stata quella più silenziosa e timida - meno sicura di sé, anche negli ambiti in cui eccelleva. Non sapeva molto riguardo alla sua famiglia semplicemente perché non gli veniva mai in mente di chiedere alle persone della loro famiglia.
Non pensava che la petizione sarebbe arrivata molto lontano. Silente aveva tenuto un discorso vietando a tutti di andare di nuovo vicino al platano picchiatore e non venne detto altro quanto a quello. Lo staff era chiaramente a disagio e Remus stava cercando di mantenere un profilo basso.
Gli altri malandrini non gli avevano detto nulla al riguardo e cambiavano argomento ogni volta che il tema saltava fuori. Solitamente Remus preferiva non discutere di tutto ciò che fosse correlato al suo ‘piccolo problema peloso’, ma ora stava iniziando a domandarsi se dopotutto, nel proprio intimo, i suoi amici lo incolpassero. Ovviamente James non l‘avrebbe mai detto ad alta voce - forse Peter sì. Sirius avrebbe potuto dirlo per poi rimangiarselo subito. In ogni modo, nessuno di loro disse una parola, lasciando libera l’immaginazione di Remus.
Una settimana dopo l’incidente, la professoressa Sprite confermò le voci; Davey Gudgeon era diventato cieco e non sarebbe tornato a Hogwarts per un bel po’. Remus aveva cercato di evitare la Sprite da quando era successo - in quanto insegnante di Erbologia, sicuramente sapeva esattamente perché il platano picchiatore era nei giardini sin dall’inizio.
“I suoi genitori lo porteranno in America, dove si stanno facendo passi avanti con le pozioni curative oculari.” Spiegò la professoressa tarchiata a colazione. “Sono sicura che Davy e la sua famiglia siano molto grati di tutti i vostri auguri di pronta guarigione.”
Remus sentì il suo stomaco sprofondare terribilmente. Quando Marlene, Lily, Mary e un paio di altri studenti si alzarono a presentare la loro petizione - che ora contava più di quattrocento firme - Remus andò con loro.
La professoressa Sprite accettò la petizione e promise che ne avrebbe discusso con Silente. Assegnò addirittura dieci punti a Marlene per il suo impegno.
“Però non lo toglieranno.” Disse Sirius, più tardi quella sera, quando i malandrini erano da soli nella loro stanza.
“No, lo dubito.” Remus calciò una calza spaiata sotto il suo letto, le mani in tasca.
“Allora perché sei andato anche tu?”
Remus scrollò le spalle. Mi sembrava la cosa giusta da fare. Voglio dire, Marlene ha ragione - l’albero è pericoloso. Non dovrebbe essere in una scuola.”
“Ma…” Iniziò Peter.
“Lo so.” Sbottò Remus. “Lo so, okay?”
“Non dovresti sentirti in colpa amico.” Disse James, gentilmente. “Gudgeon non avrebbe dovuto fare lo scemo…non è colpa tua-”
"Se è colpa di qualcuno," disse Remus cupamente, "allora è mia."
“Non essere stupido.” Disse Sirius, bruscamente, scuotendo la testa. “Non l’hai piantato tu, no? Non so se ve ne siete accorti, ma questa scuola non è esattamente sicura. É stata costruita di fianco a una dannata foresta piena di creature più pericolose di un maledetto albero, dicono che ci sia un vero e proprio mostro dormiente da qualche parte sotto di noi e - non sto cercando di essere divertente - ma avete visto Hagrid?!”
“Cosa vorresti dire, Black?” Remus sospirò profondamente, mettendosi a sedere. Gli faceva male l’anca se stava in piedi troppo a lungo. Stava diventando come una signora anziana.
“Non so.” Sirius alzò le spalle. “Queste stronzate succedono? Non incolparti? Piantala di avere il muso lungo?”
“Il muso lungo?!” Ringhiò Remus, scaldandosi. “Fottiti. C’è un ragazzino che non può vedere perché sono troppo pericoloso per essere a scuola! Prova a dire a Marlene cosa sono, scommetto che raccoglierebbe molte più firme per QUELLA petizione.”
“Non sei pericoloso!”
“Non sai cosa sono.” Sibilò Remus.
“Sei nostro amico.” Disse James improvvisamente. Remus lo fissò. Era una cosa stupida, svenevole e teatrale da dire. Ma era quello il problema con James: incarnava così tanto quei valori irrealistici di lealtà, giustizia e onore, che ti costringeva a crederci a tua volta. Si sedette accanto a Remus sul letto. “Sei nostro amico e quella è la cosa più importante, okay?”
Incrociò lo sguardo di Remus e gli sorrise. “Okay?” Disse.
Remus continuò a guardarlo torvo e James si avvicinò in modo che le loro ginocchia si toccassero. “Ok?!” Disse, ora piegandosi in avanti, il suo naso solo a qualche centimetro di distanza da quello di Remus. Remus conosceva questa strategia - a volte James faceva la stessa cosa per rallegrare Sirius. Non sbatté mai le palpebre - era estremamente inquietante - e finalmente Remus rise, allontanandosi.
“Ok! Ok!”
Anche James rise e gettò le braccia intorno a Remus. “Grazie al cielo! Non potevamo perderti Lunastorta!” Urlò. Improvvisamente, Sirius e Peter fecero lo stesso, ammassandosi su Remus che si trovò sul fondo di una piuttosto allegra mischia.
Ridendo suo malgrado, Remus cercò di liberarsi.
“Levatevi, razza di froci!”
“Ahh, so che ci ami.” Sirius gli diede un buffetto sul capo.
Chapter 54: Terzo Anno: Marlene
Chapter Text
“Quindi, quest’estate?” Chiese James mentre bevevano della burrobirra ai Tre Manici di Scopa durante il loro ultimo fine settimana ad Hogsmeade prima degli esami.
Sirius e Remus gemettero all’unisono.
“Sai che non posso-” Iniziò Remus.
“Non mi lasceranno mai venire.” Concluse Sirius.
“Però non vedo perché no.” Rispose James, innocentemente. “Siete venuti entrambi a Natale.”
“Sì, ma c'è qualche regola riguardo al fatto che io stia al St Edmund tutta l’estate.” Remus alzò le spalle. “Mentre sono lì devo seguire la legge babbana. Non puoi visitare nessuno quando sei in istituti come il mio, a meno che si tratti di parenti.”
“E sai come sono i miei.” Sirius sospirò pesantemente. “Anche dopo Natale - e credo che lì fosse solo per non avermi tra i piedi, ad essere sinceri. Reg mi ha già detto che sono atteso a casa.”
“Quando hai parlato con Regulus?” James alzò lo sguardo, sorpreso. Sirius si mosse leggermente sul suo sgabello, a disagio.
“Ehm… l’altro giorno. Non valeva la pena menzionarlo, l’ho visto solo per un minuto.”
“Io sarò lì tutta l’estate, James.” Disse Peter ad alta voce.
Sirius alzò gli occhi al cielo piuttosto evidentemente, ma James sorrise e diede a Peter una pacca sul ginocchio.
“Sì, fantastico, amico - almeno avrò te, eh?”
“Potrei essere in grado di fare una visita a Diagon Alley.” Disse Sirius, tirandosi leggermente su di morale. “Ci ho pensato e se porti il mantello dell’invisibilità potremmo trovare un modo…”
I tre iniziarono a parlare entusiasticamente del piano - Remus non gli interruppe. Da quando aveva messo fine alla loro iniziativa di diventare animagus, i malandrini non sapevano cosa fare. Avevano bisogno di concentrare la loro energia creativa su qualcosa - che generalmente era almeno vagamente illegale.
“Lunastorta,” disse James improvvisamente, “dove si trova esattamente il St Edmund?”
“Epping Forest,” rispose Remus con prontezza, “perché?”
“Potremmo sempre venire a visitarti…”
“No.” Remus lo disse con così tanta forza che Sirius e Peter alzarono la testa di scatto, allarmati. Remus deglutì rumorosamente. “Non venite, okay? È una brutta idea.”
Gli si rivoltò lo stomaco al pensiero dell’umiliazione che avrebbe provato nel momento in cui i suoi amici avessero visto dove viveva; da dove proveniva. Sarebbe stato troppo da sopportare. Cosa avrebbero detto degli sbiaditi e grigi vestiti babbani o dei volti grezzi e delle nocche dure degli altri ragazzi? Dei mattoni di cemento, dei prefabbricati pieni di schegge e delle stentate chiazze d’erba nel cortile? Avrebbero provato pietà per lui.
“Vi scriverò.” Disse, velocemente, sperando di calmarli. “E potrete raccontarmi tutto quello che combinate. Spero di poter venire di nuovo da te a Natale, Potter.”
“Forse non potrai.” Disse Sirius, improvvisamente. “La luna piena è il ventinove dicembre quest’anno.”
Remus lo guardò con curiosità. Era orgoglioso di avere una memoria eccellente, ma Sirius gli bagnava il naso quando si trattava dei cicli lunari.
James rise. “Com’è possibile che tu abbia memorizzato ogni dannata luna piena fino a quando avremo cinquant’anni, ma che allo stesso tempo tu non riesca a prendere più di un ‘Accettabile’ in Astronomia?!”
“Alcune cose sono importanti da ricordare mentre altre non lo sono.” Sirius alzò le spalle, scolando il suo boccale. “E fare pasticci con le costellazioni dà davvero fastidio ai miei genitori, quindi…”
***
Metà maggio 1974
Remus sbadigliò e chiuse il suo libro. Aveva fatto molto. Più di quanto bastasse. Troppo, secondo gli standard di Sirius. D’altro canto, non c’era bisogno di preoccuparsi più di tanto se eri abbastanza fortunato da avere ricchi parenti defunti. Qualcuno con le prospettive di Remus non poteva permettersi di battere la fiacca.
La biblioteca era aperta più a lungo durante il periodo degli esami, ciononostante era quasi l’orario di chiusura e vi erano rimasti solo un paio di studenti molto più grandi di lui intenti a fissare assonnati i loro libri. Lily, Mary e Marlene erano andate a letto almeno un’ora prima - o almeno così pensava Remus. I giorni subito prima della fine del semestre erano diventati molto ripetitivi e il tempo non sembrava più veramente lineare - era da giorni che non usciva nemmeno.
Si alzò stancamente, strofinandosi gli occhi, e riportò una pila di libri verso gli scaffali dedicati allo Studio delle Creature Magiche. Aveva scoperto che sarebbe restato nelle grazie della Pince se avesse messo in ordine e non gli richiedeva un grande sforzo.
Gli piaceva essere in biblioteca quando era tardi - c’era un piacevole silenzio. Essendo cresciuto in un orfanotrofio e condividendo una stanza con i malandrini, Remus aveva avuto pochi preziosi momenti di pace e quiete.
Quando girò l’angolo dell’ultima fila di scaffali, scorse una minuta figura profondamente addormentata e stravaccata su una piccola scrivania. Procedendo in punta di piedi, riconobbe il ventaglio di capelli biondi sparpagliati sulle pagine di un libro aperto.
“Marlene.” Sussurrò avvicinandosi. “Marlene!” Le toccò delicatamente la spalla.
La ragazza sobbalzò, così brutalmente da colpire Remus con i suoi capelli, poi si guardò intorno confusa, gli occhi annebbiati.
“Remus?”
“Ti sei addormentata.” Spiegò, mantenendo un tono di voce basso. “Fra poco la biblioteca chiude.”
“Oh no!” Agitata, abbassò lo sguardo sulla sua pergamena, che era vuota. L’aveva sporcata nella parte superiore con un po’ di inchiostro, ma niente di più. “Oh no.” Disse nuovamente, disperata.
“Va tutto bene.” Remus cercò di rasserenarla. “Ovviamente avevi bisogno di riposare. C’è ancora tempo prima degli esami.”
“Devo ripassare ancora così tanto! Non riesco a ricordarmi nulla dei crup, tu?”
“Forza,” Remus eluse la domanda, “ci conviene andare o la Pince si scaglierà su di noi.”
Marlene annuì confusa e si alzò, lasciando che la guidasse nel dedalo di librerie. Mentre se ne andavano, iniziò a mormorare tra sé e sé.
“I crup hanno code biforcute, sono diffidenti nei confronti dei babbani e assomigliano un po’ a dei cocker spaniel.”
“Jack Russell Terrier.” La corresse Remus senza pensarci.
“Cosa? Davvero?! Sei sicuro??” La ragazza gli afferrò il braccio, irragionevolmente presa dal panico per quell’informazione.
“Ehm…sì.” Disse Remus, indietreggiando, non riuscendo a liberarsi dalla morsa di Marlene.
“Certo che sei sicuro!” Disse infelicemente, lasciandolo finalmente andare. “Sei il migliore nella classe.
“Anche tu sei molto brava…” Iniziò Remus, poi si fermò. Marlene corrugò il volto e scoppiò a piangere.
“Non ce la faccio! Non passerò nessun esame!” Pianse fragorosamente.
Un gruppo di Serpeverde che stavano passando rise sotto i baffi prima che Remus puntasse loro contro la bacchetta, minacciosamente. Marlene, ancora in lacrime, gettò le braccia intorno al collo di Remus e singhiozzò sulla sua spalla. Spiazzato, Remus cercò di darle qualche delicato colpetto sulla schiena, mentre il suo esile corpo tremava contro di lui. Non era mai stato abbracciato da una ragazza prima di quel momento - tranne la mamma di James, ma era a malapena la stessa cosa. Non gli piaceva. La sua spalla si stava bagnando.
Tuttavia, Marlene era totalmente ignara del suo disagio “Faccio così schifo!” Tirò su col naso. “Sbaglio sempre tutto, non sarò mai brava quanto Danny, o mamma, o te, o Lily…”
“Ehm…sei più brava di Mary a-”
“Ma Mary ha un ragazzo e piace a tutti, mentre io non piaccio a nessuno.” Pianse ancora di più.
A quel punto, Remus decise che non senz’altro sarebbe riuscito a gestire la situazione da solo. Le diede un’ulteriore pacca, sempre in modo impacciato, e disse, “Vado, uhm… vuoi che vada a chiamare Lily?”
“No, no, va tutto bene…” Marlene si allontanò, tirando ancora su col naso. Il suo volto, solitamente pallido, ora era rosso e chiazzato; i suoi occhi grigi ancora luccicanti. “Vado solo a sciacquarmi la faccia,” indicò il bagno delle ragazze più vicino, “mi puoi aspettare?”
“Um…okay.”
Scomparve nel bagno e Remus si appoggiò pesantemente al muro. Si era ritrovato a portare entrambe le loro cartelle e le sue spalle dolevano sotto il loro peso. Cosa avrebbero fatto gli altri in quella situazione? James sarebbe stato galante, naturalmente. Probabilmente avrebbe saputo esattamente cosa dire per farla smettere di piangere. Peter non si sarebbe nemmeno mai cacciato in una situazione simile. Sirius…be’, secondo Remus, Sirius probabilmente sarebbe stato inadeguato quanto lui, a dire il vero. Non era bravo con le emozioni; riusciva a malapena a gestire le sue.
In ogni modo, Remus sapeva che la cosa giusta da fare era aspettare e riaccompagnarla nella sala comune, quindi lo fece. Non è che non fosse comprensivo nei confronti di Marlene - erano tutti sotto uno stress così enorme che era quasi impossibile da ignorare. Si trattava della generale avversione di Remus per i piagnistei. E ovviamente non gli era mai piaciuto trovarsi intorno a gente che piangeva; lo rendeva nervoso.
Marlene aveva un aspetto molto migliore quando uscì dal bagno. Aveva il viso un po’ arrossato, ma almeno era calma.
“Scusami.” Gli sorrise timidamente. “Mi sento sciocca.”
“Tranquilla.” Remus alzò le spalle. Si domandò se ora potesse ridarle la sua borsa. Gli facevano veramente male le braccia e il suo ginocchio malandato stava facendo capricci - per non parlare della sua anca. No, probabilmente no. Far portare a una ragazza le proprie cose non era una cosa molto da James. Inoltre, Marlene non si era offerta di riprenderla. Fortunatamente, non erano molto lontani dalla torre di Grifondoro.
“Sto facendo la stupida,” disse, mentre camminavano, “me ne rendo conto - il mio patrigno odia quando vado fuori dai gangheri. Dice che lo manda in bestia. Poi si sfoga su mia mamma. Secondo Danny devo diventare più forte e smetterla di comportarmi come una bambina, ma…”
“Chi è Danny?” Chiese Remus, un po’ confuso.
“Mio fratello.” Sembrava sorpresa. “Sono sicura di averne parlato. È uno dei battitori dei Chudley Cannons.”
“Oh, giusto, lo sapevo.” Remus annuì. “Dev’essere per questo che sei così brava.”
“Non quanto Danny.”
“Be’,” Remus cercò di alzare le spalle sotto il peso dei libri, “hai solo quattordici anni. Scommetto che tuo fratello non era così bravo a quattordici anni. Hai battuto Sirius e lui è davvero bravo.”
“Lo credi davvero?”
“Sì,” rispose Remus con nonchalance, “naturalmente. Grifondoro ha vinto la coppa l’anno scorso, no?”
“Grazie a James.”
“Sì, be’, James è fuori di testa, non vuoi essere come lui.”
“Non dirai a Mary quello che ho detto, vero?”
“No.” Ad essere sinceri, si era già dimenticato cosa gli aveva detto riguardo Mary.
“È la mia migliore amica” Marlene tirò su col naso, “e non sono gelosa di lei o altro, è solo… be’, le piace mettersi in mostra. È così divertente e chiacchierona e tutto, ma a volte mi sento un po’... voglio dire, lei è già uscita con Sirius e ora ha un ragazzo babbano e credo che lei piaccia più di me al Professor Ferox.”
“È un insegnante.” Disse Remus. “Gli piacciono tutti allo stesso modo. Comunque tu sei divertente. James parla sempre di come fai ridere tutti durante gli allenamenti di quidditch.”
“Davvero?!” A questa notizia sembrò arrossire di nuovo. “Che…um…che mi dici di Sirius, anche lui pensa che io sia divertente?”
“Sì, naturalmente.” Remus annuì, contento che finalmente fosse tornata a sorridere. “Lo pensiamo tutti. Sei bravissima a imitare la McGranitt.”
Ciò sembrò soddisfare Marlene che quando raggiungessero la sala comune, sembrava decisamente allegra. “Ti posso aiutare con i crup se vuoi.” Disse Remus mentre attraversavano il buco del ritratto. “Possiamo fare domani a pranzo.”
“Grazie Remus.” Marlene lo strinse un’altra volta in un veloce abbraccio. Poi prese i suoi libri e andò al piano di sopra nel dormitorio delle ragazze. Remus sospirò, incurvando leggermente le spalle dal sollievo. Perché queste cose succedevano sempre a lui? Forse avrebbe dovuto iniziare a essere più cattivo.
Sentì una forte fischiatina alle sue spalle. Non ebbe bisogno di girarsi per capire chi fosse stato.
“Eccolo qua! Attenzione ragazze, sta arrivando il rubacuori numero uno di Grifondoro!” Esclamò Sirius mentre Remus andava ad unirsi ai suoi amici intorno al camino. James era immerso in un libro, ma sollevò lo sguardo e fece un occhiolino a Remus. “Prima o poi dovrai dirci il tuo segreto, Lunastorta.” Continuò Sirius. “Sembra che tu conquisti tutte le ragazze.”
"È solo un’amica e lo sapete. Dov’è Pete?”
“Si sta facendo la doccia.” Rispose James. “Pix l’ha attaccato con una brocca della crema pasticcera di ieri.”
“Ew.”
“Sì, è lo stesso suono che ha fatto lui.” James fece un sorrisetto, tornando al suo libro.
“Grazie a Merlino sei tornato.” Sirius si rivolse a Remus. “James è stato così noioso oggi.”
“Sto ripassando.” Disse James, tranquillamente, voltando pagina. “Dovresti farlo anche tu.”
“Pfft.”
“Io ho finito di ripassare per oggi.” Remus fece un ampio sorriso. “Che ne dici di una partita di spara schiocco.”
“Ultimamente ti ho detto quanto ti amo?”
“Taci e prendi le carte.”
Chapter 55: Terzo Anno: Greyback
Chapter Text
You're too old to lose it, too young to choose it
And the clock waits so patiently on your song
You walk past a café, but you don't eat when you've lived too long
Oh, no, no, no, you're a rock 'n' roll suicide.
Venerdì 28 giugno 1974
Come previsto, Sirius ottenne voti oltraggiosamente alti in tutte le materie tranne Astronomia, senza aver minimamente studiato. A questo punto Remus non era sicuro se Sirius avesse veramente uno strano dono purosangue o se fosse semplicemente un genio non riconosciuto. In ogni caso, a Remus non importava - era il primo della classe in Cura delle Creature Magiche, Rune Antiche e Storia della Magia - ed era secondo a Sirius in Aritmanzia.
“Ben fatto, figliolo!” Ferox gli diede una pacca sulla schiena a colazione il mattino dopo alla pubblicazione dei voti. “Il mio studente migliore.”
“Grazie professore.” Remus sorrise, sentendosi frastornato dalla soddisfazione.
“Ho un paio di libri che ti potrebbero interessare da leggere quest’estate - vieni nel mio ufficio prima di andartene, okay?”
“Cocco del professore!” Lo prese in giro Sirius quando l’uomo alto e gioviale si allontanò. Remus non rispose - era troppo compiaciuto.
“Non riesco a credere che ora è tutto, almeno fino al quarto anno.” Disse James, pulendosi gli occhiali con le sue vesti.
“Devi continuare a ricordarmelo?” Gemette Sirius, appoggiando il suo coltello e la sua forchetta.
“C’è molto da fare quest’estate,” rispose James, “passerà in un batter d’occhio.”
“Cosa farete quest’estate?” Chiese Remus con tono sospetto.
“Pianificheremo gli scherzi del prossimo anno, naturalmente.” Disse Sirius, un po’ troppo velocemente. Dobbiamo rimanere un passo avanti agli altri, mio caro Remu, abbiamo una reputazione da mantenere.”
Era l’ultimo giorno ufficiale del semestre, quindi Remus decise di ignorare il fatto che fosse chiaramente una bugia. Aveva tutta l’estate per essere paranoico riguardo all’essere escluso dagli altri tre; non c’era ancora bisogno di preoccuparsene.
Dopo colazione, voleva andare direttamente a vedere il Professor Ferox, ma temette di risultare un po’ troppo impaziente - inoltre, sicuramente gli altri tre sarebbero voluti andare con lui e Remus non riusciva a sopportare l’idea che Ferox incontrasse Sirius e James. Sarebbe certamente stato ammaliato dal loro carisma innato e si sarebbe domandato perché mai avesse ritenuto Remus speciale.
I quattro andarono di sopra a fare i bagagli - o meglio, James, Remus e Peter fecero i bagagli. Sirius saltellò da un lato all’altro della stanza cercando di distrarli, facendo volare libri e vestiti qua e là e accendendo e spegnendo il suo giradischi.
“Va fatto, che ti piaccia o meno.” Lo rimproverò James, le mani sui fianchi, assomigliando tantissimo a sua madre.
“Lo farete voi per me, come l’anno scorso.” Rispose Sirius, salendo in piedi sul suo letto e provando a fare delle trazioni reggendosi al telaio del letto. Le antiche travi di legno scricchiolarono.
Remus chiuse il suo libro. Il suo angolo di stanza sembrava piuttosto spoglio senza il solito caos di libri, fogli, penne e vestiti sparsi ovunque. Si avvicinò al giradischi per dare un’ultima carezza affezionata alle copertine dei suoi album preferiti. Senza la musica di Sirius le estati erano silenziose. Alla direttrice piaceva accendere la radio solo una volta a settimana - per i vespri corali di Radio 3.
“Lunastorta,” disse James improvvisamente, “non devi andare a vedere Madama Chips?”
“Ehm…sì, ma non ora…” Remus sollevò lo sguardo, sorpreso.
“Be’, voglio dire, se hai finito di fare le valigie, tanto vale andare ora, no? Quando ho finito di sistemare le cose di Sirius volevo proporre di andare a fare un giro con le nostre scope e so che odi volare, quindi…”
“Oh, davvero? Va bene allora.” Remus annuì, sentendosi inspiegabilmente ferito. Non era da James cacciarti fuori dalla stanza.
“Ci vediamo a cena, giusto Lunastorta?” Chiese Sirius, saltando in avanti e atterrando con l’agilità di un acrobata.
“Immagino di sì…” Remus uscì dalla stanza, sentendosi come se lo stessero scortando fuori da una festa a cui non era stato invitato. Vero, non gli piaceva molto volare, ma di solito non importava - spesso leggeva un libro sulle gradinate mentre gli altri cincischiavano in aria. Non gli sarebbe dispiaciuto fare la stessa cosa quella volta.
In ogni caso, doveva veramente andare da Madama Chips, quindi andò in infermeria, faticando a liberarsi dall’orribile sensazione di esilio.
* * *
“Sei molto silenzioso, caro.” Commentò l’infermiera mentre completava i suoi controlli di fine anno. “Non sei felice che stiano per iniziare le vacanze?”
“No, per niente.” Rispose.
“Ti mancheranno i tuoi amici.” Fece schioccare la lingua compassionevolmente. “Lo so, è un peccato, ma immagino che tu abbia moltissimi amici babbani con cui giocare.”
Remus non si degnò di rispondere. Madama Chips era molto gentile e non aveva un grammo di cattiveria in corpo, ma, come molti adulti, sapeva essere incredibilmente ottusa. In cuor proprio, Remus sperava che l’imminente estate sarebbe stata redditizia tanto quanto la precedente - se Craig fosse stato ancora in circolazione forse avrebbe guadagnato un po’ di soldi. Se si fosse dimostrato competente, avrebbe persino potuto chiedere altro oltre alle sigarette.
Gli diede le stesse istruzioni dell’anno precedente - mangia bene, fai esercizio fisico e riposati.
“Ci vedremo all’inizio di luglio.” Sorrise serenamente. Remus fu confortato dal pensiero che almeno non sarebbe rimasto completamente isolato dalla comunità magica.
Dopo la visita in infermeria, valutò la possibilità di tornare nel dormitorio. Forse avevano smesso di parlare di lui o di fare qualsiasi cosa per cui fosse stato necessario toglierlo di mezzo. Forse erano già andati a volare. Non era risentito per quello; secondo James quando Sirius era irritato o troppo nervoso la cosa migliore (e generalmente lo era) era una buona ora di esercizio fisico. Inoltre, era una delle rare occasioni in cui Peter non veniva escluso. Nonostante la sua goffaggine sulla terra ferma, Minus era sorprendentemente abile nel volo. Senza dubbio un risultato degli implacabili allenamenti di James.
Era il momento perfetto per andare a vedere il professor Ferox, ovviamente, ma Remus indugiò. Improvvisamente si sentì piuttosto timido, non era mai andato a vedere un professore da solo prima di quel momento - tranne quando si trovava nei guai, naturalmente. Camminando lentamente, arrivò in un corridoio dove dovette compiere una scelta direzionale e decise infine che tanto valeva togliersi il pensiero.
Bussò con esitazione alla porta dell’ufficio di Ferox, sebbene essa fosse lievemente aperta. Il cuore gli batteva all’impazzata nel petto e in parte iniziò a sperare che, dopotutto, il suo insegnante non si trovasse lì. Remus si ricordò, con un po’ di imbarazzo, come solo un paio di settimane prima era quasi corso da Ferox in un momento di panico, solo per realizzare all'ultimissimo secondo che fosse un’idea terribile.
“Prego!” L’allegra voce di Ferox risuonò da dentro la stanza. Remus raddrizzò le spalle ed entrò. “Signor Lupin!” Tuonò Ferox.
Non era seduto alla sua scrivania - Remus non pensava di aver mai visto Ferox seduto, se non durante i pasti, era sempre in movimento. Proprio in quel momento stava riempiendo un piccolo baule, il kneazle Achille che lo osservava silenziosamente dal davanzale. Anche dopo un anno di lezioni con Ferox, Remus si sentiva alquanto in soggezione dinanzi al suo insegnante. La sua enorme presenza non si era ridotta, la sua chioma di capelli color sabbia era altrettanto magnifica, il suo volto ancora eroico, con i lineamenti risoluti.
“Buon pomeriggio, signore,” Remus sorrise quando entrò e si chiuse la porta alle spalle, “voleva vedermi?”
“Sì.” Ferox sorrise ampiamente, indicando con un cenno del capo una pila di cinque libri sulla sua scrivania. “Sono per te, se hai spazio nel baule. Sono il libro di testo dell’anno prossimo e un paio di altre cose che pensavo potessero interessarti.”
Remus si avvicinò alla scrivania e sfiorò con cura i tomi rilegati in pelle.
“Grazie, professore.” Disse a bassa voce. Non aveva mai ricevuto un regalo così grande. Ferox annuì, sedendosi, finalmente, e facendo gesto a Remus di fare lo stesso.
“Burrobirra?” Prese delle bottiglie dall’ultimo cassetto della sua scrivania.
“Grazie, professore.” Ripeté Remus, accettando la bottiglia e mettendosi a sedere.
Sul davanzale, Achille si stiracchiò, sbadigliò e poi si acciambellò per dormire serenamente. Remus si sentì in dovere di dire qualcos’altro. “Solitamente Silente mi manda i libri e le cose di cui ho bisogno.” Disse. “Non doveva.”
“Be’, so che sei un po’ tagliato fuori durante le vacanze, quindi pensavo che avresti gradito partire avvantaggiato.” Le labbra di Ferox erano ancora incurvate nel suo ampio sorriso sereno.
Remus sentì uno strano tepore gorgogliare nel suo stomaco. Il che era strano, perché non aveva ancora bevuto nemmeno un sorso della sua burrobirra.
“È gentile da parte sua.” Disse, per poi abbassare di nuovo lo sguardo sui libri, a disagio per il prolungato contatto visivo.
“Non voglio essere caritatevole, Remus, lo giuro.” Disse Ferox in modo rassicurante. “Sai, so com’è. Sono arrivato a Hogwarts con poco, come te. Nato babbano - cresciuto da mia nonna. Naturalmente non ha mai capito quello che facevo qui. Santa donna.”
Remus sbatté le palpebre. Era una notizia interessante - aveva dato per scontato che la maggior parte degli insegnanti ad Hogwarts - anzi, la maggior parte degli adulti che rispettava - fosse purosangue. Fu un immenso sollievo scoprire che non era così.
“Noi ragazzacci dobbiamo restare uniti, eh?” Ferox gli fece l’occhiolino.
“Sì.” Remus continuò ad annuire enfaticamente. “Quindi non ha mai avuto problemi a trovare lavoro o roba del genere? Dopo la scuola?”
“Be’, ci saranno sempre persone che non riescono a guardare oltre lo status di sangue, non importa chi tu sia,” disse Ferox, un sorriso ironico nella sua voce, “ma si impara piuttosto velocemente a dimostrare che hanno torto. Be’, non c’è bisogno che te lo dica.”
“No.” Concordò Remus. Bevve un sorso della sua burrobirra. “Quindi…è anche lei orfano, professore?”
“Sì. Persino della classe bassa, non puoi capire quanto fui criticato per questo accento ai tempi.”
“Secondo Mary e Marlene parla come Paul McCartney.” Disse Remus. Ferox fece una grande risata gioiosa e affannosa.
“Me ne ricorderò la prossima volta che proverò a rimorchiare.”
Al sentire parlare Ferox in quel modo, Remus si sentì arrossire.
“Ciò dimostra” disse Ferox, “che non sai mai come ti vedono le persone. Quindi mai supporlo, okay?”
Remus alzò lo sguardo, con curiosità, ma fece cenno col capo di aver capito. L’espressione del professore si addolcì. “Remus.” Disse Ferox, così delicatamente da essere snervante. “Volevo…c’era altro di cui volevo parlarti.”
Remus fece una smorfia - pensava di sapere cosa avrebbe detto. Se lo aspettava da prima di Natale. “Va benissimo se non ne vuoi parlare.” Disse l’insegnante.
“É riguardo al…mio problema?”
“Per così dire.” Disse Ferox con un tono ponderato. “Non so se lo sai, ma conoscevo tuo padre, Lyall, piuttosto bene.”
Remus mandò quasi di traverso la burrobirra. Non se lo aspettava. Ferox continuò. “I nostri lavori si sovrapponevano spesso - ero giovane, avevo iniziato da poco nel dipartimento per il Controllo delle Creature Magiche. Lo conoscevo grazie alla sua reputazione, naturalmente, quindi provavo ad imparare tutto il possibile da lui, sebbene io non sia mai diventato un esperto di mollicci.”
“Ok.” Remus non sapeva che altro dire.
“Sai molto su di lui?”
“Io…” Remus distolse lo sguardo, guardando fuori dalla finestra. Non credeva di essere in grado di parlare e guardare Ferox contemporaneamente. “Era un Corvonero,” iniziò, come se stesse spuntando le voci di una lista, “era bravo nei duelli. Era bravo con i mollicci, i dissennatori e i poltergeist e odiava i licantropi, voleva che morissero tutti e…” Remus si bloccò. Voleva alzarsi e uscire dalla stanza.
“Dove hai sentito queste cose?” Ferox sembrava scioccato. Remus lo guardò sebbene ormai tutto fosse annebbiato dalle lacrime. Era come se tutti i pensieri sgradevoli e perfidi che si teneva dentro da dicembre fossero sgorgati fuori come veleno.
“Darius Barebones.” Disse, strofinandosi duramente gli occhi con le maniche delle sue vesti, costringendosi a calmarsi. “L’ho incontrato alla festa di Natale dei Potter.”
“Quel vecchio ubriacone.” Sbottò Ferox burberamente. Sembrava irritato, ma non con Remus. “Mi dispiace tanto, Lupin, che cose terribili da sentire. Sai, non è vero.”
“Non li odiava…i lupi mannari?”
“Be’,” Ferox inclinò il capo, come tentando di essere diplomatico, “era preoccupato del pericolo che ponevano alla società. Ma era un uomo ragionevole, troppo ragionevole per l’odio. Gli assomigli molto.”
Remus rise amaramente a quelle parole.
“É vero.” Disse Ferox risolutamente. “Era un brav'uomo. Avrebbe fatto di tutto per chiunque.”
“Darius ha detto che pensava che Lyall fosse stato morso da Greyback, che è per questo che si è suicidato.”
“Allora sai di Greyback?”
Remus annuì. Ferox sembrava molto serio. “Ho sentito anche io quelle voci. A dire il vero, non sarei sorpreso se fosse stato Silente a metterle in circolazione per proteggerti. Personalmente, non ci ho mai creduto. Naturalmente poi ho incontrato te ed è diventato tutto chiaro.”
“È così evidente?” Chiese Remus, portando le sue dita alla cicatrice sul suo volto - aveva un anno ormai, ma era ancora dura e rossa.
“No,” Ferox scosse la testa, “la maggior parte dei maghi non riconoscerebbe un lupo mannaro nemmeno se…”
“...provasse ad attaccarli?”
Ferox rise, infrangendo la cupa atmosfera che incombeva sul piccolo ufficio luminoso.
“Anche lo stesso senso dell’umore di tuo padre.”
Remus sorrise debolmente.
“Professore?”
“Sì?”
“Cos’è successo a Greyback?”
Improvvisamente Ferox tornò ad essere serio.
“Temo che nessuno lo sappia per certo. Per quanto ne sa il ministero è ancora vivo e ricercato per i suoi crimini. Non so se lo cattureranno, ad essere sinceri, è assolutamente folle.”
“Potrebbe…trovarmi?”
“Forse.”
Remus fu spiazzato dall’onestà di Ferox. Non sembrava preoccuparsi di proteggerlo dalla dura verità, al contrario della maggior parte degli adulti. “Ti spaventa?” Chiese l’insegnante.
Remus alzò le spalle.
“Penso…forse credo di averlo sempre saputo. Che lo incontrerò di nuovo.”
“Non devi andarlo a cercare…”
“Non lo farò.” Remus sapeva che era una bugia, ma sapeva anche che Ferox non avrebbe potuto fare nulla per fermarlo.
“Se hai delle domande, voglio che tu ti senta a tuo agio a chiedermelo.” Disse Ferox. “Dentro al primo libro ci sono dei vecchi ritagli di giornale.” Indicò col capo la pila che aveva regalato a Remus. “Penso che dovresti averli. Cose del genere non devono essere nascoste alle persone e tu sei abbastanza grande.”
“Grazie, professore.”
“Non ti ho turbato, vero?”
“No, professore.”
“Bravo ragazzo.” Ferox si alzò, si allungò oltre la scrivania e strinse la spalla di Remus amichevolmente. “Cerca di avere una buona estate, eh? Ci vediamo a settembre.”
Remus annuì, sentendosi un po’ disorientato dagli eventi dell’ultima mezz’ora. Ciononostante, fu piuttosto felice di essere congedato e se ne andò in silenzio, portando la pesante pila di libri nella sala comune.
La torre di Grifondoro era molto silenziosa ora. La maggior parte degli studenti aveva finito di fare i bagagli ed era senz’altro uscita per godersi il cortile. I pensieri di Remus andarono a Davey Gudgeon, ma li represse. Una crisi emotiva alla volta.
Anche i malandrini erano usciti, le cose di Sirius erano sistemate ordinatamente nel suo baule col serpente. La stanza era soffocante e calda; Remus aprì le finestre con uno sventolio della bacchetta, poi andò a sedersi sul suo letto e aprì il primo libro.
Come aveva detto Ferox, c’erano tre ritagli di giornale ingialliti schiacciati come foglie secche tra la copertina e la prima pagina:
La Gazzetta del Profeta, aprile 1964
AUMENTANO GLI ATTACCHI DI LICANTROPI - i vostri figli potrebbero essere i prossimi?
Oggi il Ministero della Magia ha confermato che la recente ondata di omicidi, sia nella comunità babbana che in quella magica, è opera di creature oscure - i lupi mannari. Gli ufficiali del ministero sono preoccupati in particolar modo dal fatto che in molti casi le vittime degli attacchi sono bambini di meno di dieci anni.
Un ufficiale, il rispettato esperto di creature magiche, Lyall Lupin, ha criticato le “misure di sicurezza permissive e arbitrariamente negligenti” del ministero. Lupin afferma che l’attuale registro dei licantropi è gestito e mantenuto malamente, permettendo a certe fazioni contro il ministero di usare queste scappatoie a loro vantaggio.
Si stima che l’attuale numero di vittime sia diciassette, un numero destinato ad aumentare con il proseguire dell’indagine e mentre i colpevoli continuano a sfuggire alla cattura. È attesa in giornata una dichiarazione dall’Ufficio degli Auror.
La Gazzetta del Profeta, Necrologi, gennaio 1965
Lyall Lupin, morto all’età di 36 anni, sarà ricordato come un esperto di fama mondiale sui non-esseri, per il suo lavoro vasto con i mollicci e i poltergeist, le relazioni con i dissennatori e, più di recente, il suo tentativo di riforma del registro nazionale dei licantropi.
Lupin lascia la moglie, la babbana Hope Lupin, che aveva sposato a Cardiff nel 1959. La coppia ha un giovane figlio, Remus John Lupin, nato nel 1960. La famiglia chiede privacy in questo momento di lutto.
La Gazzetta del Profeta, febbraio 1965
AUROR ALLA RICERCA DI GREYBACK
L’Ufficio degli Auror fa appello al pubblico magico per avere qualsiasi informazione riguardante la posizione di Fenrir Greyback, lupo mannaro e sospetto assassino di bambini.
Secondo la descrizione, Greyback è un metro e ottanta, molto forte e sporco, con l’aspetto di un vagabondo. Si avverte i maghi e le streghe di non avvicinarsi a Greyback e di considerarlo estremamente pericoloso anche in forma umana. L’auror Alastor Moody ha rilasciato una dichiarazione in cui indicava che il ministero crede che Greyback stia viaggiando con un branco di licantropi, rendendolo ancora più pericoloso. È risaputo che Greyback abbia una preferenza per i bambini piccoli, ma Moody si è rifiutato di commentare l’ipotesi che il suo piano sia quello di formare un esercito. Il ministero si è rifiutato, a sua volta, di rispondere alle accuse secondo cui aveva in custodia Greyback la scorsa primavera senza però riconoscere la minaccia.
Dalla morte di Lyall Lupin, un chiaro sostenitore di sanzioni più rigide per i lupi mannari, ci sono stati diversi tentativi di miglioramento nel riconoscimento e nella catalogazione delle creature oscure.
La prima volta che li lesse, Remus non usò nemmeno il suo aiuto per la lettura. La seconda, terza e quarta volta, sì. E ancora e ancora, come se ci fosse altro, come se potesse far saltare fuori la verità. Non aveva più risposte di prima e una calda e arrabbiata massa di collera aveva iniziato a crescere nel suo petto, bruciando sempre di più mentre leggeva e rileggeva.
Passarono ore, la stanza divenne più buia e alla fine non scese mai per il banchetto.
Chapter 56: Estate 1974
Notes:
Remus raggiunge un punto critico.
Avvertimenti - riferimenti alla violenza, reati minori, consumo di alcol minorile, del linguaggio volgare
Chapter Text
Lunastorta,
spero che tu stia bene.
Qui è strano - i miei genitori non sono nemmeno più interessati a rimproverarmi, continuano solo a partecipare a delle riunioni. A volte le fanno a casa nostra, a volte fuori - forse vanno a casa di Bellatrix. O dei Malfoy. Regulus si rifiuta di dirmi cosa sta succedendo - credo che gli abbiano fatto un incantesimo per impedire che me lo dica perché normalmente non esiterebbe a darsi arie.
Ho la sensazione che succederà qualcosa di brutto. So che sembra stupido, ma c’è sicuramente qualcosa che non va in questa casa. A volte sono felice che tu, James e Peter siate così lontani.
Proverò di nuovo a chiedere di andare a stare da James. So che è folle, ma, voglio dire, se continuano ad ignorarmi che senso ha? Non mi hanno chiesto di essere un valletto al matrimonio di Cissy (meglio così, a essere sincero) quindi è possibile che mi abbiamo diseredato e si sono dimenticati di dirmelo.
Non vedo l’ora di avere diciassette anni, potremmo vivere sempre tutti insieme, come ad Hogwarts. Voglio vivere a Carnaby Street, come in Melody Maker. Dovrai farmi da cicerone - grazie a Babbanologia ora so come funzionano i soldi.
Saluti,
Sirius O. Black
* * *
Sirius,
è tutto a posto qui, non preoccuparti.
Non ho capito cosa intendi esattamente con “qualcosa di brutto”. Pensi che ti faranno di nuovo del male? Se è così, allora devi assolutamente provare ad andare dai Potter. Magari lo possono dire a Silente o qualcosa del genere.
Mi dispiace deluderti, ma non sono mai stato a Carnaby Street. Il St Edmund è nell’Essex e andiamo a Londra solo una volta all’anno, solitamente a visitare i musei. Probabilmente ti piacerebbe il Museo della scienza, è pieno di invenzioni babbane.
Sii cauto, okay?
Remus.
* * *
Caro Lunastorta,
giusto perché tu lo sappia, Sirius passerà da noi l’estate. Dovrebbe arrivare oggi pomeriggio, quindi mandagli qua le lettere. Spero che la tua estate stia andando bene. Sembravi un po’ strano alla fine del semestre.
So che dirai di no, ma mamma e papà dicono ancora che puoi venire quando vuoi. E potremmo sempre venire da te, a trovarti. Non voglio che tu sia da solo là fuori, amico, soprattutto non di questi tempi.
James.
* * *
James,
cosa intendi dire con “di questi tempi”? Riguarda quello che stava dicendo Sirius sulle riunioni della sua famiglia? Sai come sono i Black, amano mantenere segreti. Probabilmente non è nulla di che. Probabilmente stanno organizzando il fidanzamento di Regulus o qualcosa del genere e non vogliono Sirius tra i piedi.
Ad ogni modo, come ho detto a Sirius, non preoccupatevi per me. Silente e Madama Chips ritengono che io sia più al sicuro qui e sono loro ad essere responsabili di me, no? Naturalmente preferirei passare l’estate da te, ma non succederà, quindi puoi non parlarne più?
E non venite qui, fidatevi di me.
R.
* * *
Caro Remus,
mi dispiace se ti ho dato fastidio, non era mia intenzione. Smetterò di chiedertelo, se è quello che desideri.
Spero comunque che tu stia passando una buona estate, vorremmo tutti averti qui. Hai ragione, se Silente dice che sei al sicuro lì, allora sei al sicuro lì. Papà dice che presto Silente potrebbe essere l’unico di cui possiamo fidarci.
Stammi bene,
James
* * *
Ciao Lunastorta,
quattro malandrini sono sicuramente meglio di tre. Certo, è fantastico avere Sirius qui, ma è come se facessimo sempre quello che vuole lui.
In realtà sono fortunato anche solo che mia mamma mi abbia lasciato venire dopo che Phil se n’è andata di casa. L’altro giorno ho ricevuto una cartolina da parte sua. È in America, riesci a crederci? Mi ha detto di salutarti, quindi “ciao” da Phil.
Peter.
* * *
Lunastorta,
perché hai risposto male a James? Pensa che tu non l’abbia inteso così, ma so come sei fatto, razza di idiota lunatico. Che succede?
Sirius O. Black
P.S. Come mai Philomena ha salutato solo te e non noi altri? Sei proprio un casanova.
* * *
Remus,
so che hai ricevuto la mia lettera, il gufo è tornato indietro e i gufi dei
Potter sono più affidabili di quelli della mia famiglia.
Perché non rispondi?
Sirius O. Black
* * *
Remus? Per favore, facci sapere che stai bene.
James.
* * *
Lunastorta?
* * *
Durante l’anno scolastico Craig era stato arrestato e al suo ritorno Remus scoprì che ora l’amico di Craig, Ste, era a capo della componente criminale del St Edmund. Era molto più brutto e stupido di Craig.
"Un po’ troppo alto ora per le rapine, no?” Ste guardò Remus strizzando gli occhi.
“Sono ancora magro.” Rispose Remus, tenendo i nervi saldi.
“Perché c’hai tutte quelle cicatrici?”
“Delle risse.”
Ste rise meschinamente. “Sì, certo. Un allampanato riccastruccio come te.”
“Fottiti.” Remus fece un passo avanti. “Non sono un riccone.” Era alto tanto quanto il sedicenne - forse persino qualche centimetro in più. Sì, era allampanato, ma stava tenendo il punto e Ste stava iniziando a sembrare molto meno sicuro di sé.
“Va bene.” Disse il ragazzo più grande, piegando la testa all’indietro per allontanarla da Remus. “Calmati bello. Sei dentro.”
Remus sogghignò, si voltò e se ne andò, soddisfatto.
Fino a quel momento, quell'estate, non era stato molto soddisfatto. Non si era mai sentito così isolato - né così arrabbiato, non da molto tempo.
Remus era quasi arrivato a odiare Ferox per avergli dato quelle informazioni l’ultimo giorno del semestre - in modo che non potesse trovarne il senso o fare qualcosa al riguardo. Non c’era nessuno con cui parlarne; gli era proibito menzionare Hogwarts a chiunque al St Edmund e non sapeva nemmeno da che parte iniziare con gli altri malandrini.
Le loro lettere lo infuriavano, le accartocciava tutte nel suo pugno prima di gettarle via. Non riusciva a costringersi a leggere, guardare la tele o toccare i suoi compiti. Era come se avesse una sconfinata energia repressa, alla stessa maniera di un animale che cammina in modo altero lungo la sua gabbia. Cresceva dentro di lui, scaldandosi fino a farlo bruciare dal desiderio di scatenarsi e spaccare la faccia della prossima persona che avrebbe incrociato.
Fortunatamente, la maggior parte dei ragazzi al St Edmund sembravano averlo avvertito. Sebbene Remus non parlasse praticamente con nessuno, gli altri ragazzi lo evitavano come la peste.
Quindi fu lui a cercare Ste.
Il loro primo lavoro fu facile; non c’era nemmeno bisogno che fosse piccolo. Rubarono una macchina e dovette semplicemente entrarci con gli altri. Guidarono qua e là per quasi tutta la sera, fumando e bevendo una bottiglia di vodka che avevano rubato dal negozio di liquori qualche settimana prima.
Remus decise che gli piaceva fumare. Lo faceva sembrare più tosto e gli teneva le mani occupate; gli piaceva arrotolare le sigarette e gli piaceva come bruciavano, a solo qualche centimetro dalle sue labbra. Gli piaceva respirare nubi di fumo e immaginare Ferox che rincorreva draghi in Romania.
Gli altri ragazzi diventarono amichevoli con Remus una volta che si furono abituati al suo silenzio e ai suoi strani modi di fare. Era ancora il più piccolo del gruppo e iniziarono a trattarlo come il loro fratellino, riempiendolo di sigarette e alcol. Quell’estate Remus si ubriacò davvero per la prima volta e tutti risero nel vederlo barcollare nel parco e solidarizzarono quando vomitò l’anima il mattino dopo.
Quando si ubriacavano, a loro piaceva anche lottare, il che andava bene a Remus. Si agitavano qua e là nell’oscurità del parco comunale, cantando a squarciagola canzoni degli Who o dei Jam, o persino dei tifi da stadio, se si sentivano particolarmente idioti. A nessuno sembrava importare che Remus fosse troppo giovane o troppo magro e nessuno lo trattava come un invalido per via delle sue cicatrici. A volte si azzuffavano un po’, ma a fine serata barcollavano insieme a casa, di nuovo amici.
Le calde settimane estive volarono via confusamente - Remus aveva passato quasi ogni sera fuori con Ste e la sua banda e le giornate a dormire per far passare i postumi della sbornia, cercando di tenersi la direttrice fuori dai piedi. Non pensò a Hogwarts. Quasi non pensò affatto.
“Dobbiamo procurarti dei vestiti decenti, Lupin,” aveva farfugliato Ste, una sera, “non puoi mica sembrare una checca tutta l’estate.”
Remus aveva abbassato lo sguardo sui vestiti che il St Edmund dava a tutti, dei jeans e una maglietta grigia. C’era del vomito sulle sue scarpe da ginnastica. Era stato lui? Non se lo ricordava.
“Non c’ho soldi.” Aveva risposto, cercando la sigaretta che si era messo dietro l’orecchio solo qualche secondo prima - o almeno pensava di averlo fatto.
“Allora?” Aggie, un ragazzo basso e grassottello che a Remus ricordava Peter, aveva alzato le spalle. “Ho un amico che lavora in un magazzino a Southend, ti procureremo dei vestiti adeguati."
E l’avevano fatto davvero. Per una volta Remus assomigliava a tutti gli altri ragazzi della sua età - non indossava vestiti di seconda mano, bensì nuovi di zecca. Degli skinny jeans blu acceso, una camicia (una finta Ben Sherman, ma della stessa qualità di quella vera), delle bretelle bianche e degli anfibi neri. Gli rasarono i capelli ancora più corti di quando lo faceva la direttrice.
“Ora vesti la parte.” Ste lo afferrò sotto un braccio, strofinandogli il capo con le sue nocche ruvide.
Quando arrivò la luna piena, Madama Chips corrugò la bocca quando lo vide.
“Non dirò nulla riguardo il tuo abbigliamento,” disse aggraziatamente, “ma non mi piacciono tutti quei lividi - se gli altri ragazzi ti fanno male, devi dirmelo.”
Remus scosse la testa e aspettò che la strega chiudesse la porta - riusciva già a sentire il sangue ribollire nelle sue vene con l’inizio della trasformazione.
Il giorno dopo, era troppo debole per muoversi. Madama Chips insistette a rimanere tutto il giorno per tenerlo sotto osservazione, fece persino portare un letto nella sua piccola cella. I postumi della sbornia non erano nulla in confronto alle trasformazioni, pensò Remus. Però avrebbe fatto di tutto per una sigaretta.
Annoiato e troppo stanco per essere arrabbiato, prese finalmente un libro. I tre ritagli di giornale caddero di nuovo fuori e lui chiuse velocemente la copertina prima che Madama Chips potesse vederli.
Greyback.
Ecco perché era così arrabbiato, realizzò, nel primo momento di lucidità di quell’estate. Di fatto Greyback era praticamente stato il motivo di quasi tutto quello che era mai andato storto nella vita di Remus. Dove si trovava? Si poteva cacciare un licantropo? C’erano numerosi libri sull’argomento nella biblioteca di Hogwarts, ma Remus li aveva sempre evitati per il timore di cosa avrebbe potuto leggervi.
Be’, doveva farsene una ragione. Doveva smetterla di temere cose del genere. Doveva smetterla di nascondersi da se stesso; smetterla di lasciare che tutti lo calpestassero se avrebbe…sì.
Doveva uccidere Greyback. Doveva cacciarlo e abbatterlo, come avrebbe voluto suo padre. Lyall Lupin non sarebbe morto invano. Una scarica di adrenalina attraverso Remus al pensiero. Era molto meglio della collera.
Ci sarebbero potuti volere anni prima che fosse pronto, lo sapeva bene. E avrebbe avuto bisogno di soldi. Non appena si sentì bene, cercò nuovamente Ste.
“Come va Lupin, vecchio mio?” Il ragazzo più grande sorrise, mettendo in mostra i suoi denti ingialliti in una dolce nube di fumo d’erba. “Dannazione, cosa ti è successo?” Si accigliò vedendo i nuovi graffi di Remus.
“Lascia stare.” Ringhiò Remus, non usando più il suo vecchio accento. “L’estate scorsa Craig ha svaligiato così tanti negozi di liquore e pub che avevo il baule pieno di pacchetti di sigarette. Quest’anno non ho un cazzo. Per caso non sei forte quanto Craig?”
“Ehi,” Ste si mise a sedere, infilando i pollici sotto le sue bretelle, “sta’ attento.”
“No, stai attento tu.” Ringhiò Remus, mostrando i suoi denti. “Sono qui per altre due settimane e ho bisogno di fare rifornimento. Sei dentro o no?”
Chapter 57: Quarto Anno: Una tempesta in arrivo
Notes:
TW un po’ di violenza
Chapter Text
Domenica 1° settembre 1974
Quando Remus si recò alla stazione di King’s Cross per la quarta volta nella sua vita, si sentì totalmente invincibile. Durante l’estate era diventato ancora più alto e anche il suo volto era cambiato - non era più infantile e tondo; la sua mascella era serrata e lo sguardo cattivo. Con i suoi pesanti stivali neri (tirati a lucido proprio quella mattina) e i suoi nuovi vestiti alla moda, Remus provò un sentimento di identità più forte che mai. Ste era morto dalla voglia di fargli un tatuaggio prima che tornasse a scuola, ma Remus si era rifiutato - aveva già troppi segni sulla pelle.
“Penseranno tutti che ti sei unito a una banda.” Disse la direttrice con tono di disapprovazione, celando a malapena il suo disegno, quando lo lasciò fuori dalla stazione. “Sembri un delinquente.”
“Fottiti.” Mormorò. “Che te ne frega?”
La direttrice lo colpì bruscamente dietro l’orecchio, facendolo sussultare. Ormai doveva allungarsi per farlo, ma sapeva ancora con precisione dove gli facesse più male.
“Arriverai a scuola prima che faccia buio, vero?” Disse in modo pragmatico. Remus annuì scontrosamente. Era una notte di luna piena. “Bene.” La donna annuì. “Allora ci vediamo quest’estate.”
Entrò da solo nella stazione e camminò nella folla con un’esperta andatura virile - gambe divaricate, pugni serrati. Al suo passaggio le persone si fecero rapidamente da parte e uno dei sorveglianti lo osservò con sospetto. Remus li ignorò e attraversò risolutamente la barriera a grandi passi, arrivando sul binario 9 ¾ senza nemmeno battere ciglio.
Era in ritardo e il binario era già quasi deserto, fatta eccezione per gli ultimi genitori di studenti del primo anno in lacrime che si attardavano a salutare i figli. Con una rapida occhiata, Remus capì che gli altri tre malandrini si trovavano già sul treno, quindi salì a bordo e si diresse direttamente verso il loro solito scompartimento, facendosi bruscamente strada tra gli altri studenti - molti dei quali ora gli sembravano piuttosto piccoli - e avendo delle difficoltà con il suo vecchio baule malandato.
Erano tutti lì; tutti pigiati nello stesso lato dello scompartimento, accalcati dietro l’edizione mattutina della Gazzetta del Profeta.
“Tutto bene?” Disse Remus entrando.
James, che era seduto al centro a reggere il giornale, lo abbassò e tre paia di occhi si puntarono su Remus. Peter sembrava pallido e nervoso, il che era abbastanza normale, e iniziò a mordersi il labbro inferiore, guardando James in attesa di una reazione adeguata.
James sorrise, cercando di essere amichevole, ma i suoi occhi marroni osservarono Remus, passando dai suoi stivali con punta in acciaio al suo capo rasato. Il volto di Sirius fu più difficile da leggere; sgranò leggermente gli occhi, ma la sua espressione rimase impassibile. Remus si buttò a sedere davanti a loro, come se non se ne fosse accorto. “Com’è andata la vostra estate?”
“Non male.” Disse James cautamente. “Come al solito…la tua?”
“Sì, bene.” Remus sfilò una scatoletta di latta dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni e quando la aprì svelò cinque sigarette già rollate. Mentre il treno iniziava ad uscire dalla stazione, ne mise una tra le sue labbra e la accese con un fiammifero.
Ora Peter stava fissando Remus con la bocca leggermente aperta, come se non lo riconoscesse. James sembrava preoccupato, si era formata una piccola ruga tra le sue sopracciglia.
“Eravamo preoccupati, non ti sei fatto sentire.”
“Scusate. Ero impegnato.” Remus alzò le spalle, esalando del fumo.
“A fare cosa?” Chiese Sirius senza giri di parole. James si alzò ad aprire il finestrino per fare uscire il fumo, ma non disse nulla al riguardo.
“Della roba.” Disse Remus. Dopotutto, anche loro mantenevano dei segreti. Non doveva per forza dire loro tutto.
“Stai bene Remus?” Chiese James finalmente. “È successo qualcosa?”
“No.”
“Sembri diverso.”
“I tuoi vestiti!” Gridò Peter improvvisamente
“Ho visto dei babbani vestiti così.” Disse Sirius finalmente. “Sono alla moda, vero, Remus?”
Remus alzò di nuovo le spalle, sentendosi soddisfatto, ma sperando di sembrare indifferente dall’esterno.
“Me li hanno dati i miei amici, tutto qui.” Disse.
“Oh, be’, se è una cosa babbana…” Disse James incertamente. “Sei sicuro di stare bene?”
“Piantala Potter.” Remus sospirò, alzando gli occhi al cielo. Non voleva più parlarne. Sebbene si aspettasse - e avesse persino desiderato - una reazione, non gli piaceva il modo in cui tutti lo stavano fissando. Tipici purosangue; possono andare in giro con fare vistoso, indossando delle vesti centenarie e stupidi cappelli appuntiti e nessuno diceva nulla - ma a quanto pare un paio di jeans e delle Dr. Martens erano un passo troppo azzardato.
“Allora, cosa state leggendo?” Chiese indicando con un cenno del capo il giornale nella speranza di distrarli.
James guardò gravemente il corriere sul suo grembo.
“La guerra.” Disse, passando a Remus la Gazzetta.
“Guerra?!” Quelle parole lo fecero drizzare. “Quale guerra?” Lesse la testata ‘Jenkins criticato per l'inasprimento delle misure di sicurezza al ministero’.
“Non lo sapevi?” Chiese James incredulo. “Il mondo magico è ufficialmente in guerra dal 1970.”
Sirius e Peter annuirono solennemente.
“Non eravamo ancora a Hogwarts nel 1970.” Disse Remus con fare difensivo. “Ai tempi non conoscevo quasi nulla sui maghi. Cosa…voglio dire, contro chi stiamo lottando?”
“É questo il problema.” Disse James bruscamente. “É difficile da dire. Viene chiamato il ‘Signore Oscuro’ e sta reclutando molti alleati - quasi tutti purosangue.”
“Penso che siano questi gli incontri a cui sta partecipando la mia famiglia.” Disse Sirius a bassa voce, nonostante fossero da soli. “Il papà di James è d’accordo con me.”
“È per questo che l'anno scorso i Serpeverde erano così gradevoli?” Chiese Remus, facendo due più due.
"Sì.” Disse Sirius. “E scommetto che quest’anno sarà ancora peggio.”
“Ci sono stati degli…attacchi, quest’estate.” Disse James nervosamente. “A babbani e a qualche famiglia mezzosangue.”
“Pensano che il Signore Oscuro stia usando creature pericolose,” disse Peter con la voce che gli tremava dalla paura, “vampiri, giganti e…e…”
Remus lo fulminò con lo sguardo e serrò la mascella.
“E lupi mannari?”
“Lunastorta…” Iniziò James.
“Devo andare in bagno.” Remus si alzò velocemente, uscendo dallo scompartimento.
Percorse infuriato il treno; gli studenti più piccoli si scostavano con un balzo al suo passaggio, terrorizzati. Naturalmente non doveva andare in bagno, ma non c’era un altro posto dove potesse recarsi, quindi si chiuse dentro una cabina in fondo alla carrozza. Era molto più elegante dei bagni sui treni babbani - i finestrini avevano delle tende di velluto rosso e scintillanti rubinetti d’oro. Persino la cornice dello specchio era dorata. Fissò il suo riflesso per qualche minuto, scrutando i suoi occhi e stringendo i lati del lavandino finché le sue nocche non sbiancarono.
Aveva pensato di essere così forte dopo quell’estate - pensava che nulla l’avrebbe potuto colpire ora. Ma ora, alla sola menzione dei lupi mannari, si stava srotolando tutto davanti ai suoi occhi, più rapidamente di quanto si fosse aspettato. Se non riusciva a mantenere la calma, come avrebbe portato a termine quello che aveva bisogno di fare? Greyback l’avrebbe schiacciato come una formica.
Non riuscendo più a guardarsi, Remus si sedette sull’asse del gabinetto e valutò di tirare un pugno al dispenser del sapone. Probabilmente non gli avrebbe dato la soddisfazione di cui aveva bisogno e sarebbe finito ricoperto di melma rosa e che profumava di fiori. Quindi tirò un calcio al lavandino, lasciando sulla porcellana bianca una lunga scia di gomma nera con il suo stivale.
“Cazzo.” Mormorò. Che bella sensazione. “CAZZO.” Urlò, tirando nuovamente un calcio al lavandino.
“Chi c’è in bagno?” Improvvisamente qualcuno bussò alla porta.
“Levati dalle palle, è occupato.” Urlò con fervore in risposta.
"Per tua informazione, questa è una carrozza riservata ai Serpeverde.” Disse la voce freddamente.
“Oh fottiti, stupido ficcanaso.” Rispose Remus, sbattendo la porta con un gomito.
In condizioni normali, avrebbe spiegato con calma che le carrozze non erano divise per casa e che tutti potevano sedersi dovevo volevano, persino sull’asse di un gabinetto chiuso.
“Chiamerò un prefetto!”
“Oh mio dio.” Remus si alzò, sfoderando la sua bacchetta. “Vuoi che ti meni?!” Spalancò la porta trovandosi faccia a faccia con un Severus Piton piuttosto scioccato.
Forse Severus lo spaventava quando avevano undici anni, ma ora a quattordici Remus torreggiava su Piton e, con la bacchetta sollevata e il viso contorto dall’irritazione, doveva sembrare spaventoso.
“Tu.” Sibilarono entrambi. Piton scosse i suoi unti capelli grigi e sogghignò.
“Cosa stavi facendo là dentro?”
“Non son affari tuoi. Levati di mezzo.”
“Cosa stai indossando?” Piton fece una smorfia di disgusto, squadrandolo da capo a piedi. “Sono vestiti babbani quelli?”
“E anche se lo fossero?” Remus fece un passo in avanti. Ora era così vicino al Serpeverde da stargli praticamente fiatando addosso. “Hai qualcosa da ridire? Non sei così coraggioso senza i tuoi inquietanti amici, eh, Mocciosus?” Lo spintonò, facendolo cadere per terra.
Piton lo fulminò con lo sguardo, alzandosi velocemente in piedi e spolverando le sue malandate vesti nere. Strinse gli occhi.
“Imparerai a conoscere i miei ‘amici’ quest’anno Lunatico Lupin, te lo prometto.” Disse molto freddamente.
“Non sei proprio nella posizione di fare minacce, però, vero?” Rispose Remus, quasi come se stessero chiacchierando. “Ho sentito che quelli come loro preferiscono i purosangue…e Lily mi ha detto tutto riguardo te, Piton…”
Gli occhi di Piton lampeggiarono e il suo volto venne attraversato da un’espressione di puro odio. Si allungò per afferrare la sua bacchetta, ma Remus, forse per via dell’imminente luna piena o forse per via di pura adrenalina, fu più veloce di lui. Afferrò il polso di Severus e lo sbatté contro la parete della carrozza, facendo strillare il Serpeverde che fece cadere a terra la sua bacchetta. Poi, pensando solo a fargli il maggior male possibile, Remus gli diede una testata, buttandolo nuovamente al suolo.
Piton lo fissava dal basso, i suoi occhi neri brillavano di paura e furia; si teneva stretto il naso, da cui ora zampillava del sangue, con le sue vesti. Remus, che non si sentiva affatto meglio, sputò per terra e scavalcò Piton.
“Questo è il tuo avvertimento per il resto dell’anno.” Ringhiò. “Stammi lontano.”
Piton non disse nulla e non provò ad alzarsi. Remus se ne andò, sicuro che l’altro ragazzo non avrebbe provato a fare altro ora. Tornò in modo altero da dove era venuto, cercando di allontanarsi dal ricco e intossicante odore di sangue, e si rinchiuse nel primo scompartimento vuoto che trovò.
Rimase seduto qualche minuto a prendere respiri profondi e provando a riportare sotto controllo il suo battito cardiaco. Cercò di ignorare il desiderio che risuonava da qualche parte nel suo profondo, là dove la ragione umana non arrivava. Alla fine, con le mani che gli tremavano, prese un’altra sigaretta e fumò, pensieroso, guardando fuori dal finestrino.
Non rimase solo a lungo.
“Lunastorta?” La porta dello scompartimento si aprì e la testa di Sirius ne fece capolino. Remus lo gelò con lo sguardo, ma Sirius entrò comunque, sedendosi davanti a lui. “Okay, cosa c’è?”
“Nulla.” Remus incrociò le braccia e si lasciò scivolare sul sedile, fissando i suoi stivali. Le stringhe non erano dello stesso colore, erano rosse a sinistra e gialle a destra. A luglio gli era sembrato davvero forte, ma ora sembrava un po’ ridicolo.
“C’è qualcosa che non va. Non sei più tu.”
“Come fai a saperlo?” Ribatté Remus. “Magari è così che sono veramente.”
“Lo so e basta.” Rispose Sirius, insolitamente calmo. A quanto pare passare così tanto tempo dai Potter aveva fatto miracoli per la sua pazienza. “Va bene essere arrabbiati a volte, Remus. Vuol dire solo che sei normale.”
Remus lo guardò sorpreso. Sirius sorrise con comprensione. “E per quel che vale, penso davvero che tu sembri dannatamente forte.”
“Veramente?”
“Sì. Un po’ pericoloso.”
Remus rise per l’ironia. “Grazie.”
“Allora…brutta estate, eh?”
Remus alzò le spalle. “Non era male. Ero…ho fatto molte cose. Non voglio che James lo venga a sapere.”
“Okay.” Sirius fece un cenno d’assenso, poi piegò di lato la testa, allegramente. “Posso provare una sigaretta?”
Pronunciò la parola come se fosse la prima volta, con un accento lievemente francese che era stranamente adorabile. Remus sentì un’ondata di affetto per il suo amico e il suo cuore riprese a battere forte. Pescò una sigaretta dal pacchetto e gliela lanciò insieme ai fiammiferi. Guardò Sirius stringere attentamente le sue labbra intorno al cilindro di carta bianca, accendere un fiammifero e mettere le mani a coppa intorno al suo volto. Non tossì, il che era maledettamente impressionante di suo, e respirò debolmente prima di espirare, facendo una smorfia.
“Ti ci abitui.” Remus sorrise.
“Okay.” Sirius provò di nuovo, inalando di più questa volta.
Guardare Sirius fumare era stranamente ipnotico. La foschia grigio-bluastra rendeva l’atmosfera nella carrozza più intima e privata. Remus iniziò a rilassarsi per la prima volta da mesi, come se qualcosa dentro di lui si stesse lentamente rilassando. Guardò Sirius e pensò: perché no?
“Ho scoperto qualcosa, alla fine dell’anno.” Disse, a bassa voce, tornando a guardarsi gli stivali.
Infilò una mano nella tasca della sua camicia e ne tirò fuori i tre ritagli di giornale che gli aveva dato Ferox. Li passò a Sirius, che allungò le sue lunghe dita bianche nel fumo per afferrarli. “Non sono ancora pronto a parlarne.” Disse Remus velocemente. “Ma se vuoi leggili.”
“Okay.” Sirius annuì dolcemente. “Grazie Remus.”
Chapter 58: Quarto Anno: Gara
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
Il brutto inizio dell’anno di Remus non migliorò quando il treno entrò nella stazione. Arrivarono ad Hogsmeade solo una ventina di minuti prima del tramonto. Madama Chips lo stava aspettando, ansiosa.
“Buona fortuna Lunastorta.” Gli disse Siris sottovoce mentre si dividevano tra la folla di emozionati studenti dalle vesti nere. Remus annuì tristemente e Sirius gli diede una pacca sulla spalla; una dimostrazione di solidarietà adolescenziale.
Remus ebbe solo il tempo di guardare in modo malinconico i malandrini alle sue spalle salire su una di quelle carrozze senza cavalli, una chioma bionda e due scure - prima che Madama Chips gli afferrasse il gomito e, senza avvertirlo, si materializzasse nella stamberga strillante.
Sull’impolverata mensola sopra il caminetto, c’era un piatto blu e bianco con uno spesso panino col pollo.
“In caso tu abbia fame.” Spiegò l’infermiera. “Hai ancora un po’ di tempo.”
Stava morendo di fame, ma non riuscì a mangiare nulla. Si sedette sulla sua branda e aspettò che Madama Chips lo chiudesse dentro, desiderando che ci fosse almeno un po’ di luce in quella sudicia stanza. Remus pensò al banchetto - senza alcun dubbio la sua parte preferita del primo giorno, oltre a dormire nel suo grande letto comodo. Nessuna delle due cose sarebbe avvenuta quella sera.
Sentiva l’odore di un coniglio che fiutava l’erba fuori dalla stamberga e il suo stomaco brontolò ferocemente. Guardò di nuovo il panino, valutando di mangiarlo, ma una fitta di dolore gli percorse le scapole. Aveva aspettato troppo a lungo: il lupo stava arrivando.
* * *
Lunedì 2 settembre 1974
Si potrebbe pensare che a un lupo mannaro sarebbe piaciuto molto un panino col pollo, ma a quanto pare andava bene solo la carne cruda e quando Remus si svegliò il pasto era intatto, mentre le sue braccia e gambe erano a brandelli. Sospirò profondamente, si mise faticosamente in piedi e tornò a sedersi sulla sua branda. La sua anca stava facendo i capricci per la terza volta e la sua andatura zoppicante mentre attraversava la stanza barcollando era più pronunciata. La sua spalla sinistra sembrava dislocata - grazie al cielo non era quella destra, aveva molti compiti con cui mettersi in pari.
Chiudendo gli occhi, Remus si appoggiò contro il muro in attesa di Madama Chips. Era l’alba, i malandrini non si sarebbero svegliati per un altro paio di ore, a meno che James avesse deciso di andare a volare un po’ prima dell’inizio delle lezioni. Remus sapeva che era l’ultimo anno ad Hogwarts di Harpreet Singh, il che voleva dire che il ruolo di capitano di quidditch sarebbe stato vacante e James non si sarebbe lasciato scappare l’opportunità.
“Accio panino.” Gracchiò Remus dopo aver trovato la sua bacchetta sotto il letto. Il piatto volò verso di lui a una tale velocità da colpire la parete, frantumandosi a qualche centimetro dalla sua testa. Gemendo, Remus spazzò via le schegge di ceramica e iniziò a smangiucchiare con una gran fame il pan raffermo.
Madama Chips arrivò poco dopo e lo rimise in sesto prima di riaccompagnarlo al castello. Remus insistette a camminare, piuttosto che a farle evocare una barella.
“Non sto così tanto male,” tentò di persuadere la strega, “ha fatto un fantastico lavoro con la mia spalla…penso di poter andare a lezione.”
“Non mi piace come zoppichi,” rispose lei, “prima di tutto, infermeria, poi ne riparleremo allora di pranzo.”
“Ma è il primo giorno…” Sapeva di star facendo un piagnisteo, ma doveva provarci.
“Mi dispiace Remus. In ogni caso, guardati, sei stanco morto. Ti sentirai molto meglio dopo un paio di ore di sonno.”
Con sgomento di Madama Chips, James, Peter e Sirius, stavano aspettando Remus all'ingresso dell'infermeria - il sonno sarebbe stato rimandato ancora di un po’.
Remus sorrise. “Come ha fatto James a buttarvi giù dal letto così presto?”
“Non è stato facile.” James ricambiò il sorriso. Alle sue spalle Sirius cercò di trattenere uno sbadiglio. “Ho dovuto minacciare di ricorrere alla forza.”
“Ed è ricorso alla forza.” Disse Peter, sfregandosi il braccio che sembrava piuttosto rosso.
“Stai bene, Lunastorta?” Chiese Sirius, sbattendo le palpebre di continuo, come per sembrare più sveglio.
“Bene, grazie.” Annuì Remus mentre Madama Chips lo accompagnava nella stanza.
I malandrini attesero pazientemente mentre Remus si cambiava dietro le tende, per poi salire nel suo solito letto in fondo al reparto.
“Cinque minuti, ragazzi!” Sbottò Madama Chips, portando a Remus un distillato soporifero. “Ha bisogno di riposarsi.”
“Non possiamo stare molto in ogni caso.” Disse James. “Dobbiamo andare a lezione. Ti abbiamo portato il tuo nuovo orario, Lunastorta.” Gli passò il foglio.
Remus lo studiò attentamente. Le lezioni di Ferox erano alla fine della settimana, quindi almeno non le avrebbe saltate. Ma quel giorno aveva la McGranitt, Rune Antiche e Storia della Magia.
“Potreste-” iniziò a dire.
“Ti porteremo i compiti, Lunastorta, non preoccuparti.” Disse Sirius, divertiti. “É bello vederti tornato alla normalità.”
“Sì,” Remus inarcò un sopracciglio, allungando un braccio nudo per mostrare i suoi nuovi graffi, “non c’è nessuno più normale di me.”
* * *
Dopo aver dormito tutta la mattina si sentì molto meglio. La rabbia che lo aveva dilaniato in quegli ultimi mesi era ancora presente, ma in qualche modo si era alterata e ora Remus poteva pensare ad alto. A Hogwarts, si sentiva meglio disposto a controllare il suo carattere, si sentiva più stabile e un po' più sano di mente. Per quanto non volesse ammetterlo a se stesso, Remus si sentiva molto più a casa nel mondo magico piuttosto che in quello babbano.
Inoltre, si sentiva sorprendentemente bene riguardo l’aver dato a Sirius i ritagli di giornale. Erano stati un peso sul suo cuore tutta l’estate ed era felice di essersene liberato, di aver condiviso il segreto con qualcuno.
Madama Chips gli permise di andarsene all’ora di cena, quindi cerco di intrufolarsi nella sala grande senza troppe stori. Tuttavia, il piano andò all’aria quando fu assalito da tre ragazze alquanto emotive.
“Reeee-mus!” Strillarono stringendolo in un forte abbraccio.
“Ciao!” Disse a fatica, cercando di non sussultare dal dolore quando Marlene gli strinse le costole da poco messe a posto.
“Non ti abbiamo visto sul treno!” Disse Mary.
“E non eri a Rune Antiche” Aggiunse Lily.
“Hai passato una buona estate?” Chiese Marlene, la sua voce leggermente attutita dal braccio di Mary.
“Sì, fantastica, grazie.” Remus si sistemò i vestiti quando finalmente lo lasciarono andare, facendo un passo indietro e sorridendogli. “Non mi sentivo bene, ma ora va tutto bene. Com’è andata la vostra estate?"
“Benissimo!” Mary lo trascinò al tavolo dei Grifondoro dove i malandrini lo stavano osservando con un misto di divertimento e invidia. Alzò le spalle, con impotenza, mentre lo costringevano a sedersi. “Aspetta di sentire cosa abbiamo fatto io e Darren-”
“Non a cena!” Disse Lily esasperata. “Remus non vuole sapere cosa hai combinato con il tuo ragazzo!”
Remus sgranò gli occhi - non voleva assolutamente saperlo - e lanciò uno sguardo grato a Lily, che gli sorrise in risposta.
Le ragazze sembravano tutte un po’ diverse. Remus era così alto ora che si accorgeva raramente di quanto crescevano gli altri, ma Mary, Marlene e Lily l’avevano sicuramente fatto. Sembravano meno infantili rispetto al primo anno e ora gli ricordavano le ragazze a cui Ste e la sua banda fischiavano quando andavano in città. Mary, in particolare, a un certo punto aveva sviluppato delle curve evidenti, e Remus non poté ignorare il fatto che metà dei ragazzi del tavolo dei Grifondoro stessero fissando il modo in cui la sua camicetta bianca le tirava sul petto.
“Ehi ragazze.” Disse Sirius da più avanti lungo il tavolo. “Possiamo riavere Lunastorta per favore?”
“No.” Rispose Mary facendogli la linguaccia. Si girò verso Remus. “Mi piacciono molti i tuoi capelli! Avni ha detto che ti ha visto sul treno ed eri vestito come uno skinhead - non ti sei mica unito ad una gang, vero?”
Remus alzò le spalle. Per fortuna il cibo comparve in quel momento, fornendo una distrazione soddisfacente. Sfortunatamente, le ragazze non erano come i ragazzi quando si mangiava - mentre i malandrini avrebbero semplicemente fatto una scorpacciata, i capi chini fino a quando non avevano finito, Lily e Marlene smangiucchiarono lentamente, chiacchierando riguardo alla scuola, a chi usciva con chi e i loro nuovi attori preferiti.
“A Marlene piace un Serpeverde.” Disse Mary maliziosamente.
“Non è vero.” Marlene divenne rosso pomodoro.
“Sì che è vero, ti ho vista guardarlo a Pozioni!”
“Allora abbiamo di nuovo Pozioni con i Serpeverde?” Chiese Remus con il cuore che gli sprofondava.
“Sì.” Disse Lily allegramente. “Penso che sia meglio così, non trovi? Lumacorno spiega sempre molto più approfonditamente quando c’è la sua casa in aula.”
“Ah sì, mi ero dimenticata," Mary inarcò un sopracciglio, “Lily ha una cotta per un Serpeverde da anni.”
“Severus è un mio amico.” Rispose Lily sdegnosamente. “Tu sei ossessionata dai ragazzi.”
“Non posso farci nulla se ho più esperienza di voi.” Mary sollevò il mento in un modo alquanto solenne e maturo. Marlene si coprì le orecchie platealmente.
“Se inizi di nuovo a parlare di…quello che ha fatto Darren me ne vado!”
“Va bene, va bene.” Mary rise con leggerezza. “Starò zitta.”
Non stette zitta. Lei e Marlene finirono a dibattere animatamente su chi fosse più attraente - David Essex o Donny Osmond. Remus colse l’occasione di sussurrare a Lily “Quindi oggi hai visto Moc-Severus?”
“Sì, perché?”
“Uhm…ha detto qualcosa riguardo…l’avermi visto sul treno?”
“No.” Lily sembrava sorpresa. “Perché, è successo qualcosa?”
“Nulla!” Rispose Remus velocemente. “Il solito, sai. Ha fatto il cretino.”
“Mm.” Rispose Lily, abbassando lo sguardo verso il suo cibo e giocando con la sua forchetta. Sembrava inusualmente nervosa. “Devo ammettere che a volte è un po’ un idiota.” Sollevò lo sguardo verso Remus e abbassò la voce ancora di più, costringendolo a piegarsi verso di lei per sentirla oltre il baccano della sala da pranzo.
“Era solo una lezione teorica oggi, quella di Pozioni,” sussurrò, “non ci siamo dovuti dividere a coppie. Quindi mi chiedevo…se volessi lavorare di nuovo insieme a me quest’anno.”
“Oh, non vuoi lavorare con Piton?
Lily arrossì e scosse la testa.
“No, penso che…be’, tu sei molto meno prepotente e studiamo già così tanto insieme…era solo un’idea.”
“Sì, mi va bene.” Remus alzò le spalle, rimettendosi a mangiare. Stava davvero morendo di fame. Gli faceva piacere - James e Sirius lavoravano sempre insieme e lo stesso valeva per Marlene e Mary.
C’era anche Peter, naturalmente, ma lui aveva molti amici i Serpeverde e tendeva a fare errori quando era ansioso, il che irritava Remus, che era un perfezionista. Lily era gentile e ragionevole, con un senso dell’umorismo che era in grado di spigargli le cose facendole sembrare semplici. Inoltre, avrebbe fatto impazzire James.
L’incidente con Piton lo sconcertava ancora leggermente. Si era quasi aspettato che la McGranitt sarebbe intervenuta non appena fosse stato dimesso dall'infermeria: Severus andava quasi sempre di corsa da un insegnante, se aveva l’opportunità di farla franca. E Remus era stato completamente dalla parte del torto quella volta, lo sapeva; Piton non l’aveva nemmeno sfiorato, Remus l’aveva umiliato solo per il gusto di farlo.
E a Piton non piaceva essere umiliato. Remus non sapeva molto riguardo l’instabile Serpeverde oltre a qualcosina che gli aveva confidato Lily, ma sapeva per certo che Severus Piton sapeva serbare rancore come nessun altro. Si sarebbe vendicato e, visto che non aveva messo Remus nei guai con gli insegnanti, sarebbe stato qualcosa di molto più sgradevole.
* * *
“Allora, di cosa stavano parlando le ragazze?” Chiese James quando tonarono nel dormitorio quella era. Stava cercando di mostrare noncuranza, ma Remus non si fece ingannare.
“Oh, nulla di interessante.” Rispose, disfando il baule. "Perlopiù ragazzi e baci.”
“Baci?!” Sirius si mise a sedere sul suo letto.
“Sì, lo so.” Remus fece una smorfia di disgusto. “Ultimamente sono interessate solo a quello. Quest’estate Mary e il suo ragazzo babbano hanno fatto qualcosa.”
“Cos’hanno fatto??” Remus realizzò che Sirius sembrava molto interessato e per niente disgustato.
“Ehm…” Balbettò. “Be’, non lo so. Lily non le ha permesso di parlarne mentre mangiavamo.
“Ah,” James annuì orgogliosamente, “Lily è troppo sveglia per tutte quelle fesserie.”
“Come fai a sapere che è una fesseria?” Chiese Sirius. “Mica baci qualcuno tu.”
“Perché tu sì?!” James fece una smorfia.
“Potrei se volessi.” Disse Sirius, sdraiandosi di nuovo, le braccia dieto la testa. “Piaccio a molte ragazze.”
“Se volessi.” James fece un sorrisetto. “Quindi c’è una fila di ragazze che ti vogliono sbaciucchiare e tu…non sei interessato?”
Un'espressione di panico attraversò fugacemente il volto di Sirius prima che tornasse alla sua solita sfacciataggine maliziosa.
“Geloso, Potter?”
“Di te?!” James lo stuzzicò a sua volta.
“Scommetto di piacere a Lily…” Disse Sirius.
“Rimangiatelo!” Strillò James, lanciandosi verso il suo amico e stringendolo in una presa di sottomissione.
Peter sospirò profondamente e guardò Remus. “Hanno fatto così tutt’estate.” Disse, tristemente. “Tutto diventa una gara.”
* * *
Alcune ore dopo, Remus si era quasi addormentato quando gli si drizzarono le orecchie e sentì dei passi familiari attraversare la stanza. Poco dopo, Sirius scostò la tenda intorno al suo letto e sussurrò “Lunastorta, sei sveglio?”
“Sì…”
Sirius salì sul letto. Remus si mise a sedere nervosamente. Sirius era venuto da lui solo una volta prima d’allora - solitamente andava da James se voleva parlare di…be’, Remus non sapeva di cosa parlassero, ma immaginava che riguardasse la famiglia Black. L’unica volta in cui Sirius aveva cercato Remus era stato all‘inizio del secondo anno, dopo che i malandrini avevano scoperto che era un licantropo. A volte ripensava a quella sera, il suo ricordo era nascosto in una parte calma e sicura della sua mente. Si ricordava di essersi sollevato la maglietta affinché Sirius esaminasse le sue cicatrici - i suoi lunghi capelli scuri che sfioravano la sua pelle.
“Muffliato.” Sussurrò Sirius, gettando l’incantesimo silenziatore.
“Che c’è?” Chiese Remus, sfregandosi gli occhi quando Sirius fece luce dalla sua bacchetta.
“Gli articoli,” disse Sirius sfilando i ritagli di giornale dalla tasca del suo pigiama, “li ho letti.”
“Oh,” Remus si sentì attraversare da una punta di vergogna, “okay.”
“So che hai detto che non volevi parlarne,” disse Sirius, rapidamente, “ma…be’, volevo che sapessi che li ho letti, immagino.”
“Okay, grazie.” Remus annuì.
“E…capisco perché sei arrabbiato.”
“Come?”
“Chiunque lo sarebbe.” Disse Sirius con fervore, i suoi occhi due enormi fiamme blu nell’oscurità. “É…be’ è un’orribile situazione da gestire, Lunastorta.”
Remus non sapeva cosa dire. Aveva ragione.
“Non lo dirò a James o Pete,” disse Sirius, “a meno che tu non voglia che lo faccia.”
“Per favore, non farlo.” Disse Remus. “Non me ne vergogno, ma è…una cosa privata, okay?”
Sirius annuì, corrugando le labbra. “É al sicuro con me.”
Remus, ancora un po’ incerto, sorrise debolmente. “Cristo, sei così drammatico."
Sirius rise. “La mamma di James dice che sono come un libro aperto.” Spintonò Remus con il suo alluce. “Non possiamo essere tutti esperti nel costudire segreti come te, Lunastorta.”
“Pensavo di non poter essere io senza i miei segreti.”
“Sì, ma se devi averne, preferirei saperli.”
Remus lo schernì. “Perché tu sei così speciale, Black.”
“Perché se non lo fai, proverò a scoprirlo da solo. Come nel caso del tuo piccolo business di vendita di sigarette.”
Remus spalancò la bocca. “Coglione! Hai guardato nel mio baule!”
“Come osi!” Rispose Sirius altezzosamente. “Non cadrei mai così in basso. Uno del sesto anno è venuto a cercarti. Voleva sapere se avresti venduto ancora quest’anno.”
Remus gemette, schiaffeggiandosi la fronte.
“É stato Dirk Creswell? Quell’imbecille.”
“Quanto hai guadagnato?
“Abbastanza. Per favore, non dirlo a James, sai cosa ne pensa del rubare…”
“Le hai rubate?!”
“Merda.” Remus gemette nuovamente per la sua stupidità.
“Non so come fai, Lunastorta,” disse Sirius, sbigottito, “ma mi sorprendi ogni volta.”
Notes:
Skinhead: Sottocultura britannica formata da giovani della classe operaia di Londra e dintorni durante gli anni '60, '70 e '80. Ascoltavano ska e reggae ed erano appassionati della cultura giamaicana dei Rude Boy. Erano noti per essere violenti e per le risse. Più tardi (tra la fine degli anni '70 e gli anni '80) il movimento divenne nazionalista bianco e il termine "skinhead" divenne sinonimo di razzista.
Chapter 59: Quarto Anno: Settembre
Chapter Text
Remus non scoprì mai esattamente cosa avesse fatto Mary, o cosa le avessero fatto, durante le vacanze estive. Tuttavia, qualunque cosa fosse, le aveva conferito un certo prestigio, che era difficile da ignorare, tra le altre ragazze del loro anno.
Quel giovedì, giorno della prima lezione del nuovo semestre con il professor Ferox, quando Remus arrivò in classe, trovò un gruppo di ragazze accanto al suo banco. Si fece bruscamente strada a gomitate, riappropriandosi del suo spazio di lavoro accanto a Mary. Le ragazze ridacchiarono e ripresero a sussurrare. Naturalmente Mary si trovava al centro del gruppo a tenere banco. A quanto sembrava, si stava divertendo moltissimo. Marlene, seduta lì vicino, la stava guardando con un misto di gelosia e rispetto.
“E non ha fatto male…?” Chiese una ragazza di Corvonero a bassa voce.
“No, va tutto bene se ti rilassi.” Rispose Mary con una baldanza che gli ricordò molto James.
“Pensi che farai…be’, lo sai…con Darren?” Chiese un’altra ragazza con la voce che praticamente le tremava dall’eccitazione.
“Be’, io…” Iniziò Mary venendo interrotta dal professor Ferox che emerse dal suo ufficio annunciando la sua presenza con un allegro saluto. “Bentornati! Andate ai vostri posti per favore!”
Tutte le ragazze andarono a sedersi, alcune rosse in volto e altre non riuscendo a smettere di ridere. Remus si accigliò, cercando di ignorarle, e si sedette girato in avanti, la schiena diritta. Ferox lo salutò amichevolmente e gli fece un cenno del capo. Remus fece un cenno a sua volta, sorridendo irrefrenabilmente.
Chiaramente Ferox aveva passato un’estate meravigliosa – i suoi capelli biondi erano ancora più chiari, senza dubbio per essere stato sole. Erano più lunghi e raccolti in una coda intrecciata. Il suo volto sembrava ancor più segnato dal tempo, il suo naso era piuttosto roso e si stava spellando a causa di una recente scottatura. Si era rimboccato le maniche come al solito, mostrando le braccia abbronzate e l’occasionale scottatura.
“Avete passato una buon’estate?” Chiese agli studenti che annuirono e mormorarono di sì. Sorrise e batté le mani. “Ottimo! Spero che vi siate riposati bene e che siate pronti a iniziare a lavorare sulle creature classificate XXXX questo semestre! Innanzitutto, faremo un breve riassunto di ciò che abbiamo fatto lo scorso semestre, poi scopriremo chi ha svolto la lettura estiva…”
Remus aveva terminato la lettura quel mattino stesso – e non aveva nemmeno cominciato a leggere i libri in aggiunta che Ferox gli aveva prestato. Si pentiva amaramente di aver sprecato tutta l’estate a essere spericolato e aveva già dovuto implorare la professoressa McGranitt di concedergli una settimana in più per i suoi compiti di Trasfigurazione. Sospettava che avesse accettato solo dopo aver parlato con Madama Chips, il che lo faceva sentire ancora più in colpa visto che sapeva di essere in grado di superare la maggior parte dei suoi compagni persino dopo le sue peggiori trasformazioni.
“Sei troppo duro con te stesso.” Gli aveva detto Sirius la sera prima mentre venivano cacciati dalla sala comune dai prefetti che dicevano loro di andare a letto. “È l’inizio dell’anno, se devi mandare tutto a puttane, è meglio che tu lo faccia ora.”
Remus si era limitato a fulminarlo con lo sguardo.
“Facile per te! Non possono permettersi tutti di non impegnarsi per i propri voti. E poi i GUFO sono l’anno prossimo! Non posso abbassare i miei standard ora!”
“Argh, per favore, non parlare dei GUFO.” Aveva detto James, mettendosi rapidamente in mezzo ai due, tentando, in modo per niente discreto, di prevenire un litigio. “La McGranitt e Vitious mi hanno già spaventato. E perché mai abbiamo scelto di fare Divinazione?”
“A me piace molto Divinazione.” Disse Peter pensosamente, appoggiando con poca cura la sua pila di libri. “Le profezie e quant’altro. È emozionate.”
“Sono fesserie.” Sirius fulminò il malandrino più piccolo con lo sguardo. “Ti piace solo perché sei bravo in Astronomia.”
“Non è solo per quello.” Disse James, maliziosamente, mettendosi in pigiama. “Hai notato che Pete ha una nuova compagna di lavoro quest’anno?”
“Ohhh sì!” Sirius fece un sorrisetto. “La divina Desdemona Lewis di Corvonero!”
Sorpreso, Remus alzò lo sguardò verso Peter e lo guardò diventare un’impressionante sfumatura di rosso scarlatto dal colletto del suo pigiama blu alle radici dei suoi capelli biondi.
“Tacete.” Mormorò, infilandosi nel suo letto. “È solo un’amica.”
“James,” disse Sirius, piuttosto solennemente, “cosa diamine faremo se il nostro Petey bacerà qualcuno prima di noi?”
“Be’, innanzitutto la tua reputazione sarebbe rovinata.” Rispose James con lo stesso tono serio.
“Cos’ho oltre la mia reputazione?” Sirius sorrise, infilandosi a sua volta a letto.
Remus sbuffò con disapprovazione e tirò con forza le tende intorno al suo letto, tornando a leggere il suo libro e sperando che recepissero il suo messaggio. In caso contrario non gli sarebbe importato.
“Ovviamente, non farebbe male alla tua reputazione se io baciassi qualcuno prima di te.” Disse James. “Io sono nella squadra di quidditch.”
“Non hai il mio magnetismo animale.” Rispose Sirius.
Si sentirono un tonfo è un “ehi!” e Remus suppose che il cuscino di James avesse attraversato la stanza, scontrandosi con la testa di Sirius.
“Scommetto…” Iniziò James.
“Oh no…” Gemette Peter. “Per favore non…”
“…Scommetto DIECI GALLEONI che posso farmi baciare da una ragazza nel giro di un mese.”
“Dieci?!” Peter sussultò.
“Affare fatto!” Urlò Sirius. “Aspetta e vedrai, Potter.”
Remus, che non riusciva affatto a concentrarsi sul suo libro, sbuffò di nuovo rumorosamente e decise di dormire. Patetico. Ormai non erano solo le ragazze, anche i malandrini erano ossessionati dai baci. Probabilmente avrebbe vinto Sirius – anche se James aveva ragione sul fatto di essere nella squadra di quidditch.
Gli dispiaceva per Peter, che ora era in silenzio. Remus cercò di non pensare al fatto che nessuno dei suoi amici aveva parlato della possibilità che lui baciasse qualcuno. Doveva classificarsi ancora più in basso di quello che pensava.
Remus se ne preoccupò tutta la settimana, fino alla lezione di Cura delle Creature Magiche, in cui si ritrovò a sognare ad occhi aperti.
Mentre la lezione di Ferox giungeva al termine, Remus realizzò di non aver preso appunti. Abbassò lo sguardo, preso dal panico, e vide un pezzo di pergamena accuratamente piegato. Chi l’aveva messo lì? Si guardò intorno in modo furtivo e lo aprì.
Per favore, di’ a Sirius che lo trovo stupendo. Effie Scunthorpe x
Remus divampò, appallottolò il biglietto e se lo ficcò in tasca. Avevano perso tutti la testa.
* * *
Oltre che alla lotta contro gli ormoni impazziti che ora sembravano infettare ogni circolo sociale di Remus, c’era stato un altro cambiamento palpabile nell’atmosfera a Hogwarts. Anche se James non gli avesse spiegato che il mondo magico era in guerra, Remus credeva che sarebbe riuscito a capirlo da solo quell’anno.
I Serpeverde, che si ritenevano superiori alle altre case e che pertanto avevano sempre mantenuto una certa distanza, si erano ritirati ancora più in loro stessi. Si riunivano in gruppo in aula, rimanevano nella loro sala comune e si spostavano nei corridoi in branchi minacciosi. Remus notò che anche i nati babbani si spostavano in gruppo. Sembrava che gli insegnanti facessero sentire di più la loro presenza rispetto agli anni precedenti.
Tuttavia, ciò non impedì il verificarsi di alcuni incidenti. Tutti i non purosangue diventarono velocemente esperti di incantesimi di difesa e persino i malandrini sostituirono la protezione agli scherzi.
“Dove sono i dannati prefetti quando servono?!” Si lamentò James dopo aver assestato un paio di engorgio contro un gruppo di Serpeverde del sesto anno che stavano tormentano un Tassorosso del primo anno. Ora gli adolescenti con l’uniforme verde stavamo correndo via, stringendosi i loro vari arti in rapida crescita.
“Penso che anche i prefetti siano spaventati.” Rispose Sirius, appoggiandosi contro il muro con uno sguardo annoiato mentre James aiutava il Tassorosso a rialzarsi. “Codardi.”
“Non possono fare altro che assegnare punizioni e togliere punti” aggiunse Remus, “e penso che ormai ai Serpeverde non ne interessi più nulla. La settimana scorsa ho sentito Mulciber dire che dovrebbero sopportare tutti quelle ‘banali punizioni per avere una ricompensa maggiore’.”
“È stato davvero Mulciber a dirlo?” Sirius inarcò un sopracciglio. “Diamine, è più eloquente di quello che pensavo.”
“Oppure sta ripetendo a pappagallo qualcosa che gli è stato detto.” Ribatté James osservando il Tassorosso darsela a gambe verso le cucine.
“Cosa pensate che sia la ricompensa?” Chiese Pete, sfregando la punta dei piedi contro il lastricato in pietra.
“Soldi? Potere? Vita eterna?” Sirius sospirò, allontanandosi dal muro e avanzando, dandosi delle arie, lungo il corridoio. “Solo Godric lo sa. Comunque, non la otterranno.”
“Perché no?”
“Perché vinceremo noi, Petey caro.”
* * *
Alla fine di settembre, Piton non aveva ancora fatto la sua mossa. Remus si sentiva sulle spine; si chiese quali fossero le sue intenzioni. Le uniche materie che avevano insieme erano Pozioni e Aritmanzia. Per fortuna Aritmanzia era una lezione piuttosto tranquilla, che consisteva principalmente nel prendere appunti e risolvere equazioni. Pozioni, una materia moto più pratica, dava a Piton (e ai Serpeverde in generale) un margine di disturbo molto più ampio.
Come avevano concordato il primo giorno del semestre, Lily e Remus lavoravano insieme, condividendo un calderone e dividendo appunti e indicazioni. Ciò faceva palesemente infuriare Piton che distoglieva a malapena gli occhi da loro durante le lezioni. Tuttavia, Remus doveva ammettere che sembrava avere più a che fare con Lily che con lui.
“Per caso avete litigato?” Chiese Remus un pomeriggio quando Severus si fece strada a spintoni per andarsene dai sotterranei. Lily sospirò stancamente.
“No, non esattamente.” Disse. “Si è seccato quando Mary e Marlene sono venute a visitarmi quest’estate, tutto qui. Pensa che non dovrei uscire con le persone come loro. Devo continuare a ricordargli che anche io sono nata babbana.”
“Perché lo tolleri?”
“Non lo faccio.” Rispose tristemente. “Lo rimprovero sempre quando declama quelle fesserie sui purosangue e a volte penso che mi ascolti. Ma…be’, non penso che sia facile per lui.”
James non stava migliorando, se n’erano accorti tutti. Lui e Sirius si erano opportunamente posizionati di fianco al calderone di Remus e Lily e, da quando avevano fatto la scommessa, le attenzioni di James nei confronti di quest’ultima erano aumentate.
James Potter era una vera stella sul campo da quidditch; non lo si poteva negare. Era elegante e leggiadro, pensava strategicamente e si muoveva con semplice sottigliezza.
Tuttavia, quando si trattava di Lily, non era né uno, né l’altro.
“Dammi un bacio, Evans!” Aveva tentato durante la loro prima lezione.
Lily ne fu così inorridita da sventolare furiosamente la bacchetta rovesciando il contenuto del calderone di Potter. Lui e Sirius erano rimasti macchiati di un blu brillante per una settimana intera.
La settimana seguente, James, imperterrito, ci provò nuovamente. Questa volta si era consultato con suo padre che gli aveva suggerito di provare a fare i complimenti all’oggetto delle sue attenzioni.
“Mi piacciono molto i tuoi capelli.” Le aveva detto con sicurezza non appena si era avvicinata al tavolo da lavoro.
“Mm.” Aveva risposto Lily senza sollevare lo sguardo.
“Sono così…um…rossi.”
Remus aveva visto Lily serrare la mascella. Odiava che la gente parlasse del colore dei suoi capelli, era stato motivo di prese in giro alle elementari. Remus aveva fatto un passo indietro; Lily aveva afferrato la sua bacchetta e si era girata verso James con un sorriso finto.
“Ti piacciono così tanto, eh?” Aveva chiesto. Sirius, che stava osservando Remus, aveva fatto a sua volta un passo indietro. Il povero James era così entusiasta di aver ottenuto la sua attenzione; aveva annuito vigorosamente. “Oh, sì, penso che-”
“Rufusio!” Aveva sussurrato Lily, puntandogli contro la bacchetta.
Sirius aveva riso così fragorosamente che metà della classe si era girata a guardare e Remus aveva dovuto coprirsi la bocca per nascondere a sua volta una risata. La confusione di James aveva reso la situazione ancora più divertente, almeno finché Marlene non gli aveva passato uno specchietto perché vedesse i suoi nuovi capelli rosso fuoco.
C’erano volute quarantotto ore affinché tornassero normali, ma non cambiò nulla. Anche dopo due giorni interi passati a essere chiamato ‘pel di carota’ e ‘fiammifero’ (oltre ad altri soprannomi leggermente offensivi) ovunque andasse, l’adorazione di James non era vacillata.
“Devo solo essere paziente.” Aveva detto con aria sognante passandosi una mano nella sua scompigliata chioma rossa. “Non c'è niente che valga la pena di avere che non valga la pena di aspettare.”
“È notevole.” Aveva sussurrato Sirius ad alta voce agli altri. “Quasi quasi non voglio vincere la scommessa perché lo sta rendendo troppo semplice.”
“Sì,” James lo schernì, “è sicuramente quello il motivo.”
“Oh fottiti, Pippi Calzelunghe.”
Chapter 60: Quarto Anno: Ottobre
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Quando un bacio da parte di Lily tardò ad arrivare, James pretese di estendere la scommessa a tutto l’anno. A sua volta, Sirius disse che avrebbero dovuto raddoppiare i galeoni in palio, il che fece impallidire Peter. Remus espresse ancora una volta la sua disapprovazione ed esigé che non lo includessero.
Aveva cose migliori a cui dedicare il suo tempo e non avrebbe speso più soldi del necessario. Gli altri si sarebbero dovuti accontentare di una cioccorana a testa per Natale, perché doveva risparmiare. Remus sapeva che una volta compiuti diciassette anni avrebbe avuto bisogno di ogni singolo zellino per iniziare la sua missione per scovare Greyback.
Fino a quel momento le sue indagini erano state infruttuose. Aveva raccolto quante più vecchie edizioni possibile della Gazzetta del Profeta dalla biblioteca e in giro per la sala comune. Alcune delle edizioni più recenti includevano articoli che menzionavano branchi di lupi mannari, ma fornivano pochissimi dettagli e nessun nome. Alla fine, Remus era dovuto giungere alla conclusione che nessuno sapesse qualcosa di concreto. Supponeva che i licantropi fossero difficili da trovare, soprattutto visto che erano maghi comuni la maggior parte del tempo.
Chiedere a Ferox sembrava il passo successivo più ragionevole. L’insegnante di Cura delle Creature Magiche gli aveva lasciato intendere di sapere di più di quanto avesse inizialmente rivelato a Remus il semestre precedente. Remus non aveva avuto la prontezza di spirito di chiederglielo, ancora sconvolto dalla notizia che Ferox avesse lavorato per suo padre. Tuttavia, prima di tornare da Ferox, avrebbe dovuto trovare il coraggio e pianificare le sue domande attentamente, in modo che non sospettasse nulla.
Quell’anno ottobre iniziò e finì con una luna piena, cosa che Remus trovò piuttosto ingiusta, soprattutto perché avrebbe dovuto saltare il banchetto di Halloween. Ad ogni modo, faceva insolitamente caldo e i malandrini passavano la maggior parte del loro tempo libero all’aperto, a godersi il cielo azzurro, circondati dai rossi e dai marroni dorati dell’autunno più bello che Remus riuscisse a ricordare.
Durante il fine settimana era solito accomodarsi sulle tribune del campo da quidditch con diversi libri, pergamene e penne, terminare i suoi compiti e portarsi avanti con le letture, sollevando di tanto in tanto lo sguardo per guardare uno degli allenamenti di James o per fare il tifo al povero Peter, che spesso era rilegato a fare il portiere sostitutivo. A volte Marlene si allenava con loro, rendendo i suoi pomeriggi più gradevoli perché voleva dire che Lily e Mary sarebbero inevitabilmente passate a vederla.
Durante queste sessioni, Sirius non era affatto in grado di stare fermo. Passava dal cercare di concentrarsi sui compiti, al saltare in sella alla sua scopa per gareggiare con James, allo scarabocchiare complesse strategie di gioco che credeva che la squadra di Grifondoro avrebbe dovuto mettere in pratica durante la loro prima partita, programmata per novembre.
“Quest’anno dobbiamo stracciare i Serpeverde.” Continuava a mormorare. “Dobbiamo fargliela vedere.”
Serpeverde aveva vinto la coppa del quidditch l’anno prima ed era un tasto estremamente dolente per i Grifondoro – soprattutto Sirius dato che sia Narcissa sia Regulus erano nella squadra vincente. Quell’anno c’era solo Regulus, che aveva sostituito la sua cugina più grande in quanto cercatore. Remus l’aveva scoperto da James; Sirius non aveva detto nulla al riguardo.
“Devi piegarti di più sulla scopa quando dai un colpo.” Stava dicendo Sirius a Marlene, che si era appena seduta a riposarsi. Era rossa in volto, i capelli chiari le si appiccicavano alle tempie madide e non era dell’umore giusto per i commenti di Sirius.
“Colpisco i bolidi nove volte su dieci.” Rispose ansimando. “Dieci volte durante le mie partite migliori. Nemmeno Mulciber ci riesce.”
“Non provare a essere migliore della tua concorrenza.” L’ammonì Sirius rispettosamente. “Devi superare solo te stessa.”
“Ascolta Black, se pensi di poter fare di meglio, martedì ci sono le selezioni per il ruolo di battitore.”
“No,” sventolò una mano, distogliendo lo sguardo, “mi hai battuto lealmente.”
“Due anni fa.”
Non rispose, quindi Marlene alzò le spalle, si mise faticosamente in piedi e tornò verso il campo da dove James la stava chiamando.
Remus, intento a leggere un libro, non aveva voluto intromettersi nella conversazione. Lanciò un’occhiata a Sirius, piegato in avanti sul parapetto, il mento appoggiato alle braccia mentre guardava l’allenamento. Peter fece una parata decente e gli occhi di Sirius si illuminarono. Remus si morse il labbro e rifletté a lungo prima di mormorare “Ci sono due battitori in una squadra di quidditch.”
“Diamine Lunastorta,” rispose Sirius sarcasticamente, non distogliendo lo sguardo dal campo, “dopo quattro anni hai finalmente imparato qualcosa sul gioco.”
Remus lo ignorò, facendo sottovoce un verso di disapprovazione.
“Sai qual è il tuo problema?”
“Sentiamo.”
“Sei orgoglioso.”
Sirius rise.
“E tu no?”
“Forse. Ma io sarei un battitore di merda, non credi?”
Sirius tacque. Remus sospirò, pesantemente, chiuse il suo libro e lo mise nella sua cartella. “Ascolta, ti odierai per non averci provato una seconda volta. Rimarrai qui a fare il tifo a James per altri tre anni?” Si alzò. “Sto congelando, vado in biblioteca. Ci vediamo a cena?”
“Sì, a dopo, Lunastorta.”
Quel martedì, Remus andò a guardare le selezioni di Grifondoro e non disse nulla quando vide arrivare Sirius con una scopa in mano. Non sorrise nemmeno con autocompiacimento, sebbene desiderasse così tanto farlo. Due ore dopo, Grifondoro aveva un nuovo battitore e Remus realizzò che avrebbe dovuto condividere la stanza con due James, fatta eccezione per una differenza fondamentale: sebbene Sirius fosse senza dubbio un appassionato dello sport, sembrava che gli mancasse la dedizione di James. Soprattutto la mattina.
“Sveglia!” Canticchiò allegramente James uscendo dal bagno, i capelli lucenti perché bagnati – l’unica occasione in cui erano piatti contro la sua testa. Si sistemò gli occhiali e sventolò la bacchetta puntandola contro il letto di Sirius, aprendone le tende.
Era passata una settimana dalle selezioni e questa scena era ormai diventata ordinaria. Remus era già sveglio e quasi vestito per la colazione, voleva leggere per un’oretta prima dell’inizio delle lezioni. Si stava allacciando le scarpe mentre guardava la nuova routine mattutina di James e Sirius.
Sirius, che era poco più di un ammasso informe sotto le coperte, gemette come un troll contrariato.
“Levati dai piedi Potter.” Sibilò, sprofondando il capo sotto il cuscino.
“Eri tu che volevi far parte della squadra, mio caro vecchio amico. Forza, alzati…Levicorpus!”
A quelle parole, il corpo di Sirius volò in aria, come se fosse stato strattonato da una forza invisibile. Sirius rimase appeso a testa in giù mentre James rideva in modo isterico.
“Non riesco a crederci! Ha funzionato! È dallo scorso Natale che ci provo.”
“Mettimi giù cretino!”
“Sii gentile!”
“Mettimi giù!”
“Finite.”
Sirius atterrò sul pavimento con un tonfo e saltò in piedi immediatamente, sfregandosi il braccio su cui era caduto.
“Maledizione!” Sorrise a James. “È stato fantastico! Ora lascia che lo faccia io a te.”
“Okay!”
* * *
La levitazione corporea non divenne una ricorrenza nel dormitorio dei ragazzi del quarto anno, ma cercare di trascinare Sirius giù dal letto sì.
“Solo un giorno alla settimana di riposo, Potter, ti prego!” Gemette a colazione una domenica mattina presto. Apriva a malapena gli occhi, la testa ciondolante sostenuta dal gomito.
“Sei tu quello che vuole stracciare i Serpeverde.” Rispose James allegramente, spalmando del burro su un toast e passandolo al suo amico. Sirius guardò in modo sdegnoso ciò che gli veniva offerto e distolse lo sguardo, chiudendo di nuovo gli occhi. James sospirò. “Non sei solo tu. Tutta la scuola li vuole vedere sconfitti. Vedila in questa ottica: stai facendo la tua parte per lo sforzo bellico.”
“Pensavo che steste facendo la vostra parte maledicendoli nei corridoi.” Disse Remus, prendendo una delle fette di pane tostato di Sirius.
“Esattamente.” Grugnì Sirius. “E quello si può fare a un orario decente.”
“È l’unico momento in cui possiamo allenarci.” Disse James, con un tono leggermente irritato. “Non ha senso andare quando fa buio, il campo viene prenotato la sera e le lezioni iniziano alle nove.”
“Faresti fatica a svegliare Sirius anche se iniziassero alle dodici.” Disse Peter con la bocca piena di porridge.
“Dovremmo procurarci delle giratempo.” Disse Sirius seriamente mentre sbadigliava. “Dovrebbero fornirle agli studenti che hanno bisogno del loro riposino di bellezza.”
“Cos’è una giratempo?” Chiese Remus, prendendo il secondo toast di Sirius.
“Ovviamente serve a tornare indietro nel tempo.” Disse Sirius duramente.
“Sono illegali.” Aggiunse James rapidamente. “Perlomeno, senza il permesso del ministero. E molto, molto pericolose.”
“Io sono pericoloso se non dormo abbastanza.” Brontolò Sirius.
“La direttrice ci faceva svegliare tutti alle sei durante il fine settimana.” Disse Remus, pensoso, ingoiando l’ultimo pezzo del suo toast. “Pensava che facesse bene alla salute o qualcosa del genere. Però una volta uno dei ragazzi più grandi è entrato nella sua stanza e ha armeggiato con la sua sveglia e abbiamo dormito due ore in più ogni giorno per una settimana prima che se ne accorgesse.”
“I babbani sono ingegnosi.” Ridacchiò James. “Ma alla larga dalla mia sveglia.”
“Mmm.” Mormorò Remus, immerso nei suoi pensieri. Percepiva il nascere di una nuova idea.
“Oh no, l’abbiamo perso.” Disse Sirius, guardando Remus. “Probabilmente sta sognando di nuovo nogtail e snasi; ormai Cura delle Creature Magiche è l’unica materia di cui gli importa.”
“Lascia Lunastorta in pace e mangia la tua colazione.” Lo rimproverò James. “Ti voglio sul campo tra cinque minuti.”
“E va bene…” Sirius sospirò profondamente e abbassò lo sguardo sul suo piatto. “Ehi! Dov’è finita la mia colazione?”
“Devo andare,” disse Remus, alzandosi improvvisamente, “biblioteca. Ci vediamo a Pozioni.”
La mattina presto era il momento che Remus preferiva per andare in biblioteca, era tutto così ordinato e solitamente era da solo. Pochissimi studenti avevamo voglia di studiare appena svegli, ma Remus aveva scoperto che durante certe fasi lunari, dormiva a malapena cinque ore a notte, quindi era un visitatore abituale.
Ci volle un po’ perché l’idea prendesse veramente forma, ma voleva che fosse chiara e completa prima di parlarne con gli altri malandrini. Almeno in quel modo sarebbe stato al cento per cento il suo scherzo. Remus aveva bisogno di lasciare il suo segno quell’anno. Tutti gli altri sembravano essere concentrati su altro – la guerra, il quidditch o ‘la grandiosa gara dei baci’ come l’aveva soprannominata Sirius così eloquentemente. Non avevano provato a intrufolarsi a Mielandia nemmeno una volta. Remus era convinto che i malandrini avessero bisogno di uno scherzo, di uno scherzo bello grande.
Sprecò mezz’ora a ricercare complessi e confusi incantesimi temporali: incantesimi per fermare il tempo, accelerarlo, rallentarlo o persino per piegarlo (non sapeva esattamente cosa volesse dire piegare il tempo, ma non sembrava né piacevole, né alla sua portata). Alla fine, giunse alla conclusione di starci, come al solito, riflettendoci troppo. Non era un problema magico, bensì meccanico.
Prima dell’inizio della giornata scolastica, Remus aveva individuato il passaggio di cui aveva bisogno in Storia di Hogwarts ed era sicuro che avrebbe avuto un piano entro la fine della settimana. Si avviò verso Pozioni di buon umore; un umore che venne velocemente infranto quando si rese conto di essere seguito.
La sensazione di essere osservato lo aveva tormentato mentre si trovava in biblioteca, ma visto che solitamente era un luogo silenzioso e solitario, l’aveva attribuito ad un’immaginazione iperattiva. E c’era sempre la possibilità che Madama Pince fosse appostata alle sue spalle, facendo la guardia ai suoi preziosi libri. Alle nove meno un quarto, i corridoi erano affollati di studenti che si affrettavano per andare in classe, chiacchieravano e ridacchiavano, mangiavano velocemente la colazione mentre si spostavano o scarabocchiavano compiti all’ultimo minuto. Sebbene quell’anno Remus avesse deciso di non spostarsi mai da solo, era sicuro che fosse abbastanza affollato e che ci fossero abbastanza Grifondoro in circolazione da essere al sicuro.
Tuttavia, mentre scendeva la prima rampa di scale verso i sotterranei, ritornò la sensazione di essere osservato. Di regola, Remus cercava di ignorare istinti come quello; appartenevano al lupo e lui non sopportava l’intrusione. Ma non riuscì a scrollarsela di dosso e afferrò saldamente la sua bacchetta.
Alla fine, a solo un corridoio di distanza dall’aula di Pozioni, svoltò deliberatamente dal lato sbagliato e corse a nascondersi dietro un arazzo. Attese. Come previsto, solo qualche secondo dopo, Severus Piton girò l’angolo, confuso. Remus si sentì fumare dall’irritazione e prima che potesse pensarci ragionevolmente, puntò la bacchetta contro il Serpeverde ed urlò “Petrificus Totalus!”
Piton si irrigidì, l’espressione di sorpresa sul suo volto sarebbe stata divertente se Remus non fosse stato così arrabbiato. Il ragazzo corvino cadde al suolo, braccia e gambe dritte come un palo, completamente paralizzato. I suoi piccoli occhi neri si guardavano intorno febbrilmente mentre Remus usciva dal suo nascondiglio. Tirò un calcio a Severus, non troppo forte e solo sul suo stinco, e gli sorrise dall’alto.
“Smettila di seguirmi, verme.” Disse. “Non ti avevo avvisato?”
Piton lo fissò dal basso senza poter fare nulla e Remus rise prima di dirigersi allegramente a Pozioni.
Chapter 61: Quarto Anno: Novembre (Parte 1)
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“Non dimenticatevi di consegnare il tema di tre pagine sulle somiglianze e le differenze tra tuoni alati e fenici entro venerdì.” Disse il professor Ferox. “Niente scuse.”
Mary e Marlene gemettero mentre mettevano via le loro cose.
“Me ne ero completamente dimenticata.” Sussurrò Marlene. “E ho gli allenamenti quasi ogni sera questa settimana; domenica c’è la partita contro Corvonero.”
“Ti presterò i miei appunti.” Disse Remus tamponando con cura il suo tema. “È molto facile.”
“Domenica è anche il compleanno di Sirius, vero?” Chiese Mary pensosamente.
“Sì, come fai a saperlo?”
“Be’, uscivamo insieme l’anno scorso.” Disse Mary altezzosamente, facendo un verso di disapprovazione a Remus. “E voi fate sempre così tante storie per i compleanni che è piuttosto difficile dimenticarsene. Dio, spero che Grifondoro vinca o sarà di pessimo umore.”
“Sì.” Concordò Remus. Non ci aveva pensato. Aveva programmato di rivelare il piano per il suo grande scherzo il giorno del compleanno di Sirius, al posto di un vero regalo. Ora si chiedeva se avrebbe dovuto anche comprargli qualcosa; sebbene non sarebbero andati a Hogsmeade per un altro paio di settimane. Avrebbe sempre potuto dare a Sirius un pacchetto di sigarette, ma avrebbe fatto la figura del tirchio, dato che Sirius sapeva che le aveva rubate.
Andromeda aveva mandato dei regali in anticipo, attraverso i Potter, e James li aveva nascosti sotto il suo letto. Naturalmente erano dischi nuovi; Remus sperava con tutto il cuore che uno fosse l’ultimo LP di Bowie, Diamond Dogs.
“Vado in guferia, devo mandare una cosa a Darren,” disse Mary mentre uscivano dall’aula, “vieni, Marls?”
Marlene sembrava un po’ contrariata, quindi Remus disse velocemente “Io vado in biblioteca, se vuoi gli appunti.”
“Sì, grazie Remus!”
Salutarono Mary e si allontanarono insieme nella direzione opposta. A Remus piaceva molto Marlene; era alta per essere una ragazza e non doveva piegare il collo tutto il tempo per parlarle. Oltre alla sua piccola crisi di nervi alla fine del terzo anno, era anche una persona moto pratica, cosa che Remus trovava piuttosto rilassante rispetto a Mary, che era sempre divertente, ma a volte molto intensa.
“Grazie,” Marlene gli sorrise, “le voglio un mondo di bene, ma non ne posso più di fare la revisione delle sue lettere sconce per Darren.”
“Lettere sconce?!” Remus la guardò a bocca aperta.
Marlene rise. “Sì, è piuttosto orrendo. Ehi, Remus, posso chiederti una cosa?”
“Cosa?”
“Um…piaccio a Sirius?”
Remus represse la sua reazione iniziale di disperazione. Gli pareva di non aver passato nemmeno una settimana dall’inizio del nuovo anno senza dover ascoltare i problemi romantici di qualcuno. Perché pensavano tutti che lui fosse la persona migliore a cui parlare? Quando mai aveva lasciato intendere di esserne minimamente interessato?
“Non so.” Disse, sperando di non sembrare troppo seccato. “Dovresti chiederlo a lui.”
“Non penso che mi darebbe una risposta diretta.” Ridacchiò Marlene. “Scusami, è solo che si comporta in modo strano con me durante gli allenamenti di quidditch.”
“Strano?
“Sì, fa dei commenti e cose del genere. È un po’ irritante, a dire il vero, non mi piace più come prima; cerca sempre di attirare l’attenzione, è sempre stato più il tipo di ragazzo che piace a Mary.”
“Che genere di commenti?”
“Qualcosa al riguardo di dargli un bacio per portargli fortuna…forse è così che flirta, o forse è uno scherzo; non si può mai essere sicuri con James e Sirius, eh?”
Finalmente Remus realizzò cosa stesse succedendo. Era in parte arrabbiato, in parte imbarazzato per Sirius.
“Cosa?” Chiese Marlene, fermandosi fuori dalla biblioteca. “Perché fai quella faccia?”
“Ugh, Marlene, ascolta, mi dispiace tanto, ma...” e le spiegò della scommessa.
Okay, vero, era molto probabile che l’avrebbe detto a Mary ed era molto probabile che Mary lo avrebbe detto a tutti quelli nel loro anno, ma, secondo Remus, i ragazzi se lo meritavano. Provò molto piacere nel rovinare le possibilità di vincere la scommessa di Sirius. Per fortuna, Marlene era una ragazza molto ragionevole e alla fine della spiegazione di Remus stava ridacchiando.
“Ora ha tutto senso!” Disse, facendo fatica a respirare dalle troppe risate. “James continuava a cercare di impedire a Sirius di parlarmi. Quei ragazzi. Sono completamente ridicoli.”
“Sì.” Remus sorrise, sollevato che qualcun altro condividesse quell’opinione.
“Oh fantastico, ora mi ci posso divertire un po’.” Marlene fece un sorrisetto mentre entravano in biblioteca, abbassando la voce. Poi aggiunse, un po’ tristemente. “È un peccato che James non ci abbia provato. Potrebbe avere successo.”
Remus inarcò le sopracciglia. “Be’, ha solo occhi per Lily, quindi…”
Marlene sospirò. “È una battaglia persa. Lascia stare.”
Si accomodarono al loro tavolo preferito, che si trovava vicino alla finestra più grande che gli offriva della gradevole luce solare. Remus tirò fuori i suoi appunti e mostrò a Marlene come aveva elencato tutte le caratteristiche dei tuoni alati, poi delle fenici e in seguito come aveva iniziato a paragonarle. Grata del suo aiuto, Marlene gli offrì i suoi appunti di Astronomia e i due passarono insieme un’ora a scribacchiare fino a quando dovettero andare a cena.
“Remus,” disse Marlene a bassa voce, mentre finivano, “tutti i malandrini partecipano alla scommessa o solo James e Sirius?”
“Ehm…credo che Peter lo stia facendo. Però forse ora se ne pente un po’.”
“Quindi tu no?”
“No!” Rispose con un tono più alto di quanto volesse.
“Peccato,” rispose, gli occhi che le luccicavano, “perché scommetto che potresti vincere.”
Remus sbuffò. “Come no.”
“Piaci alle ragazze! Sei molto simpatico, gentile e intelligente.
“Taci.”
“Io ti bacerei.”
“Oh mio Dio, Marlene…” Remus aumentò il passo, le orecchie che gli scottavano. “Sei una mia amica!”
“Sì, ma sarebbe solo per farti vincere la scommessa.” Sorrise la ragazza, aumentando a sua volta il passo. Remus si era dimenticato di quanto Marlene fosse atletica, inoltre aveva un’anca malandata. “Non ti piace nessuno?”
“No. Forza, ho fame.”
Non era una bugia, pensò Remus. Però gli parve di aver mentito.
* * *
“FORZA, FORZA GRIFONDORO, FORZA, FORZA!” Gridò Remus in coro. Il fatto che Peter agitasse selvaggiamente la sua sciarpa sopra la sua testa a mo’ di lazo come un pazzo, contribuì a diminuire l'imbarazzo che Remus avrebbe potuto provare per se stesso.
Però era nervoso, più nervoso di quanto non fosse stato per la prima partita di James e Marlene; perché Sirius, nonostante fosse molto abile nel volo, non faceva sempre delle buone decisioni quando sotto pressione. E il quidditch è uno sport pericoloso se sei imprudente.
Metà della folla era agghindata di blu, l’altra meta di rosso scarlatto e quando le due squadre entrarono in campo esplose un’assordante cacofonia di fischi e tifi. Come sempre, James era riconoscibile dalla sua chioma scompigliata; da lontano i due battitori di Grifondoro erano alti uguali, distinguibili solo dal diverso colore delle code che spuntavano da sotto i loro elmetti, una bionda, una nera.
Remus si sentì il cuore in gola quando i giocatori montarono sui loro manici di scopa, accovacciandosi leggermente, per poi librarsi in aria al fischio. Era difficile sapere chi seguire con lo sguardo, James sfrecciava su e giù per il campo come una saetta inseguendo la pluffa, Marlene e Sirius si erano separati per coprire aree diverse, le mazze sollevate.
I due battitori avevano uno stile molto diverso; Marlene era concentrata e tendeva a tallonare i giocatori piuttosto che i bolidi per proteggere meglio i suoi compagni. Sirius prediligeva una tattica differente: seguire direttamente le palle incriminate, ovunque si trovassero, e scagliarle il più lontano possibile dall’azione.
“Questa è la prima partita di Black e ovviamente ci sta dando dentro.” La voce della commentatrice risuonò nella folla. “Senza dubbio è stato allenato a sufficienza da Potter - che ha segnato il primo goal! Grifondoro è in vantaggio con dieci punti!”
Remus era troppo ansioso per esultare con tutti gli altri, gli girava la testa a provare a seguire tutti e tre i suoi amici in aria.
“Come stavo dicendo,” continuò la commentatrice, una Tassorosso del settimo anno, “c’è molto talento dalla parte dei Grifondoro; Potter, naturalmente, e McKinnon, che è una dei migliori battitori dei rossi degli ultimi anni, e ora Sirius Black, la pecora nera di una vera e propria dinastia di quidditch; vi ricorderete sua cugina, Narcissa Black, di Serpeverde, una delle migliori cercatrici che Hogwarts abbia mai visto, e naturalmente il più piccolo dei fratelli Black, Regulus, che ha preso il posto di Narcissa dopo aver giocato come cacciatore per una stagione. Secondo le voci, scorre cattivo sangue tra i Black, quindi potete scommettere che la partita tra Grifondoro e Serpeverde il prossimo semestre sarà-”
“Si concentri sulla partita che è in corso ora, signorina Darcy!” Si sentì sbottare la McGranitt dal megafono.
“Mi scusi professoressa. Allora, Dunelm di Corvonero è in possesso della pluffa, tira e…oooh, ha mancato di molto…”
La partita continuò e Remus sperò che Sirius non avesse sentito il commento; parlare della famiglia Black era un modo sicuro per fargli perdere la concentrazione. Ma no, sembrava che andasse tutto bene; stava colpendo i bolidi con più vigore, ma forse era solo per via dell’adrenalina.
Finita la partita, divenne chiaro che Remus si era preoccupato per nulla. Forse non sembrava che Sirius prendesse seriamente il quidditch fuori dal campo, ma chiaramente avere una folla acclamante aveva fatto miracoli per la sua concentrazione.
Quando il cercatore di Grifondoro afferrò il boccino, facendo vincere i Grifondoro 300 a 110, i due battitori volarono a terra. Remus vide Sirius mettere in modo galante un braccio intorno alle spalle di Marlene e piegarsi in avanti, solo per essere abilmente eluso quando lei gli porse la guancia da baciare.
* * *
Quella sera la sala comune fu un tripudio di rosso, oro e musica rock. Tutta la casa si era riunita a celebrare la vittoria di Grifondoro e il compleanno di Sirius. Remus, per quel che valeva, vendette più sigarette di quante ne avesse vendute dall’inizio dell’anno; era arrivato preparato, supponendo, correttamente, che gli studenti più grandi avrebbero bevuto e sarebbero stati più propensi a pagare per un tiro di nicotina. Lui si tenne alla larga da ogni bevanda sospetta, ricordandosi gli infernali postumi della sbornia che aveva avuto quell’estate.
Naturalmente, Sirius e James erano nel loro elemento, ridendo fragorosamente e ricevendo congratulazioni dai loro compagni. Peter era abbastanza vicino da godersi le luci del riflettore, ma non troppo da essere trai piedi.
Remus era contento di guardare da lontano, chiacchierando con Lily e Marlene e assaporando gli spuntini che erano stati portati dalle cucine. Sapeva che così non avrebbe potuto rivelare il suo piano fino a molto più avanti, ma gli andava bene. Era meglio che tutti si divertissero, c’era ancora abbastanza tempo.
A un certo punto, Sirius si era finalmente deciso ad aprire i suoi regali: un kit per la riparazione dei manici di scopa da James, molta cioccolata da Peter e da Andromeda nientepopodimeno che tre album nuovi di zecca, Dark Side of the Moon, Country Life (che aveva una copertina incredibilmente volgare, che tutti i ragazzi si passarono sorridendo, e che fece venire voglia a Remus di morire di imbarazzo) e Diamond Dogs.
“Oh!” Disse Remus, non riuscendo a celare il suo entusiasmo mentre Sirius stringeva tra le mani il disco tanto atteso, accarezzando la bizzarra e angosciosa grafica. “Metti questo per primo? Per favore?”
Sirius sorrise. “Qualunque cosa per te Lunastorta!” Posizionò il vinile sul giradischi.
“Oww ooooooohhhhh…” Ululò il giradischi, facendo rabbrividire Remus; il grido di un lupo. Guardò James e Sirius, allarmato. Sembravano sorpresi tanto quanto lui, ma Sirius sorrise quando la voce di David Bowie riempì la stanza, come se stesse pronunciando un incantesimo:
And in the death...
As the last few corpses lay rotting on the slimy thoroughfare,
The shutters lifted in inches in Temperance Building,
High on Poacher's Hill,
And red, mutant eyes gaze down on Hunger City…
L’intera sala comune ascoltò in silenzio imbarazzante quella tetra e brutta poesia essere recitata, non sapendo dove guardare mentre i cani ululavano e guaivano in sottofondo. Remus si sentiva cupo e sudicio, ma pensava che gli piacesse, era come se Bowie si stesse rivolgendo direttamente a lui. Soprattutto quando vennero gridati gli ultimi versi:
"This ain't Rock'n'Roll!
This is genocide!"
* * *
“Un mese intero?!” Bisbigliò Sirius ad alta voce.
“Sì, trenta giorni.” Rispose James con lo stesso tono. “Se lo facciamo d’estate…”
“Vi siete dimenticati dell’incantesimo silenziatore, idioti.” Disse loro Remus.
“Miseriaccia.” Ne seguì del trafficare.
Era mezzanotte passata, il giorno del compleanno di Sirius, e la festa era stata interrotta ormai da tempo dai prefetti. I malandrini erano andati al piano di sopra a dormire assonnati e irritabili, ma a quanto pare James e Sirius avevano avuto una seconda ondata di energia e si erano riuniti in privato sul letto di James. Remus credeva di sapere di cosa stessero parlando, ma decise di non intervenire per il momento. Voleva vedere fino a dove si sarebbero spinti. Ad ogni modo, sapeva che prima o poi si sarebbero resi conto di essersi dimenticati dell’incantesimo e aveva deciso che l’onestà fosse la miglior politica.
Remus e Sirius fecero capolino da dietro le loro rispettive tende nello stesso momento.
“Mi dispiace, Lunastorta.” Sirius sorrise. “Ti abbiamo svegliato?”
“No,” Remus alzò le spalle, “a dire il vero…stavo pensando a uno scherzo...”
“Scherzo?!” La testa di James si unì a quella di Sirius nello spazio tra le tende. “Qualcuno ha detto scherzo?!”
Remus sorrise timidamente. Pensava che avrebbe dovuto aspettare il successivo fine settimana per dirglielo, ma James aprì le tende ancora di più con magnanimità. “Prego, signor Lunastorta, entri nel nostro ufficio…”
Remus scattò con entusiasmo fuori dalle sue lenzuola aggrovigliate e attraversò a piedi nudi il freddo pavimento della stanza, cercando di non fare rumore, verso il letto di James. Erano quattro anni che aspettava quell’invito.
“Allora?” Disse James, seriamente, puntando la luce della sua bacchetta verso Remus, come se fosse un microfono. “Cosa aspetti?”
“Un momento.” Remus alzò gli occhi al cielo, sfoderando la sua bacchetta. “Muffliato!”
“È troppo intelligente per noi.” Disse Sirius ironicamente
“Vero.” Concordò James.
Remus li ignorò, erano iperattivi e si comportavano da sciocchi per la mancanza di sonno, doveva almeno esporre l’idea centrale del piano prima che crollassero.
“Vi ricordate quando vi ho raccontato della sveglia della Direttrice?” Gli chiese, velocemente. I ragazzi annuirono ubbidientemente, come dei cocker spaniel. “E come ci avevamo armeggiato per non svegliarci presto?” Annuirono di nuovo. “Be’, stavo pensando a come potremmo applicarlo a Hogwarts. Ho fatto delle ricerche e…sapevate che tutti gli orologi di questa scuola sono controllati da un orologio centrale? Quello enorme fuori dalla sala grande.”
“Oh LUNASTORTA!” Urlò Sirius, gettandosi improvvisamente addosso a lui e abbracciandolo con così tanta forza che caddero entrambi all’indietro. Colto di sorpresa, Remus cercò di allontanarlo, ma Sirius lo tenne stretto, facendo finta di singhiozzare sulla sua spalla dalla gioia. “Hai LETTO Storia di Hogwarts! Uno di voi finalmente l’ha letto! Ora sei il mio malandrino preferito!”
“Staccati coglione!” Ringhiò Remus, costringendolo finalmente ad allontanarsi e indietreggiando sul letto mentre James li guardava ridendo.
“Non si direbbe che sei il più grande tra di noi, Black.” James sorrise. “Lunastorta continua per favore. L’enorme orologio…?”
“Oh, sì.” Remus si aggiustò il pigiama, sentendosi piuttosto accaldato e con le guance rosse per via dell’attacco. “Uhm…quindi...um…ho pensato…io…” Aveva perso completamente il filo del discorso, riusciva solamente a pensare a quanto Sirius fosse un idiota irritante.
“L’enorme orologio controlla gli altri.” Intervenne rapidamente Sirius, ora notevolmente lucido. “C’è un incantesimo che fa in modo che ogni orologio nel castello sia perfettamente sincronizzato. Anche quelli che porti da casa si resettano, persino quelli babbani. È strepitoso.”
“Sì,” Remus annuì, riprendendosi, “sì, esattamente. Quindi stavo pensando…se qualcosa va storto con l’orologio o se le sue lancette vengono spostate di cinque minuti; allora succede anche agli altri. Influenzerebbe l’orario delle lezioni, dei pasti e…be’, praticamente di tutto quello che succede nel castello. E se iniziassimo spostandole in avanti di pochissimo alla volta, tipo cinque minuti ogni notte, nessuno lo noterebbe per tantissimo, no? Voglio dire, come potrebbero accorgersene, visto che tutti gli orologi leggono la stessa ora?”
Quando terminò, guardò James, perché era ancora seccato con Sirius per averlo confuso e per aver quasi rovinato tutto. Il cervello di James stava lavorando alla velocità della luce; Remus lo sapeva perché si era ricacciato gli occhiali sul naso. Infine, guardò Sirius e sorrise. “Il nostro Lunastorta l’ha fatto di nuovo!”
Chapter 62: Quarto Anno: Novembre (Parte 2)
Chapter Text
Lunedì 4 novembre 1974
“Non so.” Disse Peter, rigirandosi le mani. “La professoressa McGranitt dice che non dovremmo armeggiare con il tempo.”
“Non lo faremo.” Gemette Sirius, che gli aveva già spiegato il piano ben due volte. “È uno scherzo babbano, Peter, ficcatelo nella zucca!”
“Piantala.” Remus si accigliò, dispiaciuto per Peter che aveva il muso da tutto il giorno per essere stato escluso dalla pianificazione notturna. “Non armeggeremo con il tempo, Pete,” gli spiegò Remus gentilmente, “armeggeremo solo con gli orologi.”
Peter guardò Remus, poi James per conferma.
“Okay,” disse lentamente, “penso di aver capito.”
Avevano deciso di farlo il prima possibile e fecero fatica a superare le lezioni vista la crescente euforia per il loro subdolo piano. Remus dovette zittire James e Sirius più di una volta, quando l’entusiasmo aveva avuto la meglio su di loro. Non sapevano affatto essere discreti.
“Non funzionerà se tutti ne saranno a conoscenza.” Sibilò Remus a pranzo quando Mary chiese perché stessero sussurrando. “Quindi tacete! So che sapete mantenere un segreto quando ci provate davvero.”
Non vedevano l'ora che calasse la notte e che il castello diventasse immobile e silenzioso. Era da molto tempo che non uscivano insieme dopo il tramonto e, anche se si trattava di un compito molto semplice, volevano andarci tutti.
C’era un problema. Era molto più difficile per i quattro nascondersi sotto il mantello insieme rispetto a tre anni prima.
“Peter, rimani qua.” Disse Sirius dopo il terzo tentativo.
“Perché io?” Protestò Peter. “Perché dovete sempre escludermi?!”
“Non ti stiamo escludendo idiota, è semplicemente un problema logistico.” Sirius alzò gli occhi al cielo.
“James!”
“Rimango io.” Si offrì Remus. “Sono il più alto, è colpa mia.”
“Ma era una tua idea,” piagnucolò Sirius, “non puoi non esserci!”
Remus alzò le spalle. “C’è tempo a sufficienza. Lo faremo più di una volta.”
“Anche in tre ci stiamo al pelo.” Disse James. “Black, Minus, rimanete qua.”
“Perché io?!” Urlarono all’unisono Sirius e Peter.
“Perché” disse James, incurvando le labbra, “l’idea era di Lunastorta e il mantello è mio.”
Dopo un po’ di battibecchi, lusinghe e molte promesse di fare a turno ogni notte, perché fosse corretto, i due malandrini respinti cedettero. Poco dopo, Remus e James attraversarono in punta di piedi la sala comune, superando degli studenti del settimo anno addormentati sui loro libri per i MAGO.
“Spero che smetteranno di bisticciare dopo un’ora da soli.” Sussurrò James mentre lasciavano il buco del ritratto ed entravano nel buio corridoio vuoto.
“Perché Sirius fa lo stronzo con Peter?” Chiese Remus, parlando il più piano possibile. Non volevano disturbare Pix, o peggio ancora, Mrs. Purr.
“Tutte le ragazze sanno della grandiosa gara dei baci,” rispose James, muovendosi lentamente perché Remus potesse mantenere il passo, “Sirius pensa che sia stato Pete a dirglielo.”
“Perché?”
“Sai com’è fatto Black,” disse James con un sorriso, “ama saltare alle conclusioni. Solitamente quelle sbagliate.”
“Quindi tu non pensi che sia stato Peter?” Chiese Remus innocentemente.
“Lunastorta,” James rise, “so che sei stato tu.”
“Ah.”
“Non mi importa.” James rise sottovoce. “Anzi, credo che abbia migliorato le mie possibilità di vincere la scommessa.”
“Marlene si è offerta di baciarmi,” disse Remus improvvisamente, “ma le ho detto che non partecipavo alla scommessa.”
Non sapeva perché avesse deciso di dirlo a James, o perché avesse scelto un momento così inopportuno per farlo. Forse voleva solo che qualcuno lo sapesse. Forse voleva vantarsi; erano loro a non averlo incluso nella gara.
“Ah,” disse James, “non dirlo a Sirius, non ti perdonerebbe mai.”
“Marlene ti bacerebbe.” Aggiunse Remus in modo caritatevole. “Me l’ha detto lei.”
“Ahimè, non è destino.” Rispose James con naturalezza. Remus rimase perso nei suoi pensieri finché raggiunsero l’orologio in fondo alla scalinata principale.
Era molto grande e bello, con un’immensa cornice di mogano intagliata con varie creature e piante magiche, il quadrante e le lancette forgiati in oro.
Remus sfoderò la bacchetta e si concentrò attentamente per sciogliere gli incantesimi di protezione che vi erano stati posti da un grande mago molto tempo prima. Ci volle molto, erano complessi e intricati, finemente intrecciati insieme come del pizzo. Ma a poco a poco, un incantesimo alla volta, sentì la magia sciogliersi con un leggero schiocco da qualche parte nel suo stomaco. Sorrise a James. “Fatto.”
James sventolò la sua bacchetta verso l’orologio e la lancetta più lunga si spostò indietro di cinque minuti. Abbassò lo sguardo verso il suo orologio da polso e lo guardarono sincronizzarsi. James ridacchiò sotto i baffi.
“Vedi Lunastorta, sapevo che dovevi venire tu. Forza, ci conviene tornare indietro.”
Sgattaiolarono di nuovo su per le scale, più velocemente rispetto a prima ed emozionati per il trionfo. Arrivato in cima, Remus dovette fermarsi a prendere fiato. Si resse appoggiando una mano sulla spalla di James; l’altro ragazzo attese pazientemente.
“Ehi, James?”
“Sì?”
“Perderai davvero la scommessa con Sirius per via di Lily?”
James si irrigidì leggermente, ma non sembrò irritato.
“Potrei non perdere.”
“Ma Lily non ti bacerà mai…”
“Sono io quello che fa Divinazione, Lupin, non tu.”
“Sì, ma ti odia.”
“Non mi odia.” James ridacchiò. “Non c’è una punta di odio in lei.”
Remus non disse nulla, sapendo che era vero. James continuò “Non è arrivato il momento giusto, tutto qui. Ma non mi importa.”
“Oh.” Disse Remus. Aveva realizzato per la prima volta che James non aveva una semplice cotta per Lily. Era tutt’altro. Remus voleva porre altre domande, ma non sapeva come; non era Sirius, non era così sfacciato.
Quando tornarono nel dormitorio, Sirius stava camminando avanti e indietro per la stanza e le tende intorno al letto di Peter erano tirate. Evidentemente non avevano usato il tempo a loro disposizione per appianare le divergenze.
“Allora?” Ringhiò Sirius impazientemente quando James e Remus si tolsero il mantello.
“Fatto.” Si limitò a dire James, sbadigliando e andando verso il suo letto. Diede una pacca sulla spalla di Sirius quando gli passò accanto. “Goditi i cinque minuti di sonno in più.”
* * *
E lo scherzo continuò. Ogni notte quella settimana, due malandrini sgattaiolarono di sotto, nascosti dal mantello dell’invisibilità, e gettarono l’incantesimo per muovere la lancetta dei minuti indietro di cinque gradi; pertanto, sabato mattina, ogni orologio a Hogwarts era indietro di venticinque minuti. Per il momento, sembrava che nessuno se ne fosse accorto e James e Sirius stavano diventando sempre più irrequieti.
“Il fatto è che” Sirius sbadigliò a colazione, con gli occhi assonnati e la sua sgualcita uniforme da quidditch, “non dormiamo davvero mezz’ora in più, no? Non andiamo mica a letto prima.”
“No, non era quello l’obiettivo…” Disse Remus, cercando di costruire un sandwich con marmellata di agrumi e confettura di fragole.
“Penso comunque che dovremmo ricavarne qualcosa.”
“La soddisfazione di un lavoro ben fatto?” Rispose Remus sarcasticamente prima di prendere un morso della sua creazione. Dolce marmellata di frutta colò tra le croste, ricoprendogli le dita. Sirius fece una smorfia; detestava le cose appiccicose.
Tuttavia, a quanto pare la loro genialità non era abbastanza per Sirius. La mattina seguente Remus si svegliò molto prima della sua sveglia e quando controllò l’orologio sul suo comodino vide che apparentemente erano ancora le sette. Andò da Sirius e lo scosse.
“Cosa avete fatto ieri sera?” Chiese Remus quando finalmente Sirius si svegliò. “vi siete occupati tu e James dell’orologio, vero?”
“Volevamo dormire di più, tutto qui…”
“Di quanto l’avete spostato?”
“Non so, un’ora o due?”
“Come?!”
“Come??” Sirius sembrava sinceramente sorpreso. “Non era l’obiettivo dello scherzo?”
“Be’…” Remus sospirò. Qual era l’obiettivo? Lo scherzo non sarebbe potuto continuare all’infinito in ogni caso. “È comunque troppo. Stanotte vado a vedere se posso mandarlo un po’ avanti.”
Sirius alzò le spalle, si rigirò e tornò a dormire.
Un paio di persone commentarono quanto fosse strano svegliarsi con la luce del sole di inverno alle sette del mattino, ma era domenica, quindi secondo Remus l’avevano fatta franca. Quella sera, Remus e Peter sgattaiolarono come al solito di sotto e Remus cercò di rimediare alla sventatezza di Sirius.
“Possiamo fare in modo di svegliarci presto sabato prossimo?” Chiese Peter incertamente; Remus non era ancora sicuro che Peter avesse capito davvero cosa stessero facendo.
“Non vedo perché no.” Remus alzò le spalle. “Però perché vuoi svegliarti presto?”
“È il weekend di visita ad Hogsmeade e devo uscire con…um…no, nulla.”
“Con chi??”
“Per favore, non dirlo a James o Sirius!”
“Chi, Pete?”
“Desdemona Lewis.”
“Oh…no, non lo dirò a nessuno.”
Quella notte, Remus andò a dormire tristemente. Gli sembrava di aver perso tutti i suoi amici ora; Lily era l’unica a non parlare costantemente del sesso opposto. E si sentiva un po’ in colpa quando era con Lily da quando aveva inavvertitamente rovinato il loro progetto per Pozioni.
A dire il vero, tutti quelli della classe erano stati rovinati.
“Cielo,” il professor Lumacorno si grattò il capo, completamente confuso dalle inutili pozioni per la resistenza che tutti avevano prodotto. “L’avete lasciata tutti fermentare per il tempo corretto? Devono essere esattamente ventiquattro ore…”
Naturalmente l’avevano fatto tutti. O almeno pensavano di averlo fatto. Era colpa di Sirius dopotutto, pensò Remus.
Sirius, ovviamente, trovò l’intera faccenda estremamente divertente e ciò lo ispirò a correre rischi maggiori. Il problema era che Remus non poteva fermarlo. Ogni volta che era il turno di Sirius di andare giù a cambiare gli orologi, si assicurava di essere accompagnato da Peter o James. E quando Remus si offriva volontario, Sirius si faceva indietro.
“So cosa stai facendo.” Gli disse Remus quando si svegliarono una ‘mattina’ con il sole già nel punto più alto del cielo.
“E io so cosa stai facendo tu.” Rispose Sirius sorridendo. “Santarellino.”
Era vero. Remus scendeva ogni sera dopo il turno di Sirius a sistemare il casino che aveva combinato; quindi, la terza settimana di novembre gli orologi erano in continuo movimento, a volta alterati persino di quattro ore. Il problema principale era che Sirius non gli diceva esattamente di quanto avesse cambiato l’ora; quindi, Remus doveva anche stimare le sue correzioni.
“Cosa diavolo sta succedendo?!” Chiese Mary un giorno, dopo aver dormito forse solo quattro ore. Remus se ne pentiva, ma era stato l’unico modo per recuperare terreno nel ridicolo tiro alla fune di Sirius.
La colazione era diventata un evento molto strano; sembrava che gli elfi domestici nelle cucine fossero i più confusi di tutti riguardo che ora del giorno fosse ed erano in disaccordo su che pasto dovessero servire. Pertanto, uova strapazzate venivano servite con purè di patate e salsa gravy; cosciotti di agnello erano accompagnati da cornflakes e un paio di volte erano arrivati tutti per cena senza che apparisse del cibo sui tavoli. Naturalmente, Sirius e James si stavano divertendo un mondo.
“Cosa vuoi dire?” Chiese James con naturalezza. Quel mattino Sirius parlava, si limitava a sbadigliare e ogni tanto fulminava con lo sguardo Remus.
“Anche voi state dormendo malissimo?” Chiese Marlene disperata. Stava iniziando a sembrare piuttosto esausta; i capelli scuri le uscivano dalle trecce in spesse spirali e i suoi occhi erano leggermente rossi. “E cosa sta succedendo al tempo?”
“Sì, era molto buio ieri,” Marlene sbadigliò, “ma oggi ha iniziato a fare luce alle sei.”
“Hogwarts è un posto estremamente misterioso e magico.” Disse James. “Chi siamo noi per mettere in discussione il suo funzionamento interno?”
Nel frattempo, Remus era molto preoccupato per la luna piena in arrivo. O perlomeno, che pensava che stesse arrivando, non ne era sicuro. Se Sirius non avesse rallentato il passo, avrebbe rischiato di perdere la cognizione del tempo e sarebbe stato costretto a chiudersi nella stamberga strillante per una settimana. Non sapeva come spiegarlo a Madama Chips, ma se non avesse fatto nulla al riguardo avrebbe rischiato di trasformarsi da qualche parte nel castello.
* * *
Mercoledì 27 novembre 1974
Quando giunse la quarta settimana, Remus credeva che nessuno dei malandrini avesse la benché minima idea di che diamine di ora dovesse essere. Si era arreso, smettendo di correggere Sirius e pensando che fosse meglio vedere come sarebbe andata a finire. La situazione giunse infine al culmine quando, durante una lezione di Trasfigurazione, mentre tutti sbadigliavano, Peter guardò improvvisamente fuori dalla finestra sussultando.
“Cosa c’è Minus?” Sbottò la McGranitt, molto più suscettibile del solito da un po’. In realtà, tutti lo erano stati e Remus aveva deciso di non incasinare mai più il ciclo del sonno di qualcuno.
“N-nulla professoressa.” Peter si affrettò ad abbassare lo sguardo.
Ma era troppo tardi: l’intera classe, inclusa la McGranitt, stava guardando fuori dalla finestra a sua volta e vide il sole sorgere alle undici del mattino.
“Oh, per l’amor del cielo!” Disse la McGranitt. “Ragazzi, andate immediatamente nella sala grande. Vado a chiamare il preside.”
Meno di un’ora dopo, Remus, circondato dal resto della scuola in che Silente parlasse, si sentiva estremamente nervoso. Non aveva visto molto il preside quell’anno, ormai l’anziano si assentava spesso dai pasti e la McGranitt si era limitata a dire che stava svolgendo degli affari per il ministero. Ad ogni modo, era lì in quel momento, e lo stomaco di Remus sprofondò quando vide il mago canuto avvicinarsi al leggio.
“Cosa pensate che stia succedendo?” Chiese Lily. Mary sonnecchiava sulla sua spalla.
“Non ne ho idea.” Rispose, sperando di sembrare credibile.
“Sembra” iniziò Silente; Remus aveva sempre pensato che parlasse in modo molto calmo per essere un insegnante, ma in qualche modo tutti si zittirono, “che qualcuno tra di noi si sia divertito a fare uno scherzo.”
Immediatamente tutti nella stanza si girarono a guardare Remus, Sirius, James e Peter. Remus continuò a guardare in avanti, ignorandoli, Peter cominciò a far tremare ansiosamente il ginocchio e guardò James, che sorrise al suo pubblico affabilmente. Remus non riusciva a vedere cosa stesse facendo Sirius, ma era sicuramente qualcosa di ridicolo ed estremamente irriverente. Ad ogni modo, Silente non fece nomi, sorrise cordialmente e continuò “State certi che gli orologi verranno corretti e che verranno prese delle precauzioni per assicurarsi che non possa succedere di nuovo. Nel frattempo, penso che serva a tutti riposarsi un po’. Le lezioni di oggi sono cancellate, riprenderanno alla solita – e corretta – ora domani mattina.”
Ci fu un mormorio collettivo di riconoscenza alla notizia.
“Sì!” Sibilò Sirius. “Finalmente un risultato!”
Silente sollevò le braccia. “Andatevene e usate questo tempo saggiamente!”
Tutti nella sala si alzarono e iniziarono ad arrancare stancamente verso la porta. I malandrini stavano per fare lo stesso, quando la McGranitt apparve dietro di loro, mettendo una mano sulle spalle di Sirius e James.
“Aspettate.” Disse. “Non voi quattro.”
Remus deglutì. Il resto della scuola sgomberò la stanza e rimasero solo loro quattro, Silente e la McGranitt.
“Allora,” Silente sorrise gentilmente, “chi ha pensato all’idea? O è stato uno sforzo collettivo?”
I quattro ragazzi si guardarono, poi abbassarono lo sguardo. Silente ridacchiò. “Ammirevole.” Sorrise con approvazione. “Allora vi tratteremo tutti in ugual modo. Pensavo a dieci punti in meno a Grifondoro a testa, è d’accordo, professoressa McGranitt?”
“Come minimo!” Annuì. “E una punizione!”
“Allora lascerò che se ne occupi lei. Solo una cosa, ragazzi.”
Alzarono tutti lo sguardo, trasalendo in attesa di una ramanzina.
“Siete chiaramente tutti dei maghi molto dotati.” Silente continuò a sorridere. Peter emise uno strano squittio. “É evidente. Era un incantesimo semplice, vero, ma estremamente efficace. Questo genere di cose vi porter molto lontano. Però forse la prossima volta dovreste avere più lungimiranza e organizzarvi meglio. Magari non sareste stati scoperti così in fretta.”
“Tre settimane non è poco!” Disse Sirius senza riflettere. James gli diede un calcio, ma Silente rise. La McGranitt divenne paonazza dalla rabbia.
“Allora saranno tre settimane di punizione, Black!”
Sirius chinò rapidamente il capo e James mormorò sottovoce “Idiota.”
Chapter 63: Quarto Anno: Dicembre
Chapter Text
I'm torn between the light and dark
Where others see their targets, divine symmetry
Should I kiss the viper's fang?
Or herald loud the death of man
I'm sinking in the quicksand of my thoughts
And I ain't got the power anymore
Mercoledì 4 dicembre 1974
Ricevettero tutti tre settimane di punizione con la McGranitt, che consistevano in scrivere per più volte le stesse frasi e completare dei compiti aggiuntivi, e, con sommo orrore di Peter, furono banditi da Hogsmeade fino all’anno nuovo. La povera signorina Lewis avrebbe dovuto aspettare.
Voleva anche dire che Remus non sarebbe riuscito a comprare dei regali di Natale per i suoi amici, ma era grato per la scusa. Aveva racimolato una piccola fortuna (almeno ai suoi occhi) di dieci galeoni e dodici falci. Ovviamente non si avvicinava minimamente all’eredità di James o al lascito di Sirius da parte di suo zio, ma era più di quanto Remus avesse mai avuto, persino in soldi babbani.
Aveva già iniziato a fare piani per quando avrebbe compiuto diciassette anni. Era fondamentale che imparasse a smaterializzarsi, doveva assicurarsi di saperlo fare bene. Poi, avrebbe comprato delle provviste e iniziato la sua ricerca. E pensava di sapere da dove iniziare.
Quel semestre, da quando era tornato ad Hogwarts, Remus aveva iniziato a leggere La Gazzetta del Profeta da capo a fondo. Prendeva in prestito la copia di James e prendeva degli appunti in privato; solitamente in biblioteca dove gli altri malandrini non l’avrebbero disturbato. Cercava qualsiasi cosa: attacchi, avvistamenti, indiscrezioni. Qualsiasi cosa che riguardasse lupi mannari o ‘creature oscure non ancora identificate’. Non trovava molto; James sosteneva che era perché il ministero non voleva spaventare nessuno.
Ma c’erano comunque degli indizi. A volte riportavano storie di Auror che interrompevano ‘riunioni o raduni illegali’. Erano sempre in luoghi distanti e remoti, come le lontane isole Ebridi o la catena delle Brecon Beacons. Ed erano sempre la notte prima della luna piena. Secondo Remus erano prove concrete che Greyback stesse radunando seguaci e che a nessuno sembrasse importare, nemmeno agli Auror. Proprio come era successo con Lyall.
All’inizio di dicembre, Remus era abbastanza preoccupato da consultarsi con Ferox.
Il programma di Cura delle Creature Magiche di quell’anno si era dimostrato accattivante tanto quanto quello dell’anno prima e la dedicazione di Ferox all’insegnamento non era calata. Aveva persino alluso al fatto che avrebbe portato un vero demiguise come regalo di Natale, sebbene Remus non avesse idea di dove se lo sarebbe procurato.
Durante una lezione il professore li aveva portati al lago dove aveva avuto una lunga e acuta conversazione con un maride che vi viveva. Nessuno aveva la benché minima idea di cosa stessero dicendo, ma era stato comunque interessante e Remus aveva disegnato dei grafici molto utili.
Armato di quei grafici e del relativo tema, Remus si recò all’ufficio di Ferox un uggioso pomeriggio di dicembre. Dato che ora sia Sirius che James facevano parte della squadra di quidditch, era molto più facile per Remus sgattaiolare via e occuparsi dei suoi affari personali, che negli ultimi tempi erano scovare licantropi ed essere il principale fornitore di tabacco di Hogwarts. Lily gli aveva chiesto se volesse andare in biblioteca con lei; Remus pensava che si sentisse sola quel semestre, gli chiedeva spesso di fare questo o quest’altro. Non credeva che passasse meno tempo con Mary e Marlene, ma non si poteva mai essere sicuri con le ragazze.
Ad ogni modo, essendosi sbrogliato da ogni altra responsabilità, Remus bussò risolutamente alla porta dell’ufficio di Ferox.
“Avanti.” Disse la familiare e cantilenante voce di Liverpool. Remus sorrise ed entrò.
“Salve, professore.” Disse, stringendo i suoi fogli.
“Lupin! Siediti, siediti.” Disse Ferox raggiante da dietro la sua scrivania. Sembrava che stesse riparando un’enorme gabbia dorata, il suo tavolo era coperto di attrezzi, fili di ferro e altri avanzi di magazzino che solitamente non si sarebbero trovati nell’ufficio di un insegnante.
“Ho il mio tema sui maridi.” Lo appoggiò sull’unico pezzettino di superficie libera.
“Caspita, Remus, come sei diligente!” Il professor Ferox sorrise, mettendo via i suoi attrezzi in una custodia di pelle. “Vi ho dato tempo fino alla fine del semestre.”
Remus alzò le spalle, elettrizzato dentro di sé. “L’ho finito, quindi tanto vale consegnarlo.”
“Molto bene. Vuoi del tè?”
“Sì, grazie.”
Ferox spinse da parte la grande gabbia e sventolò con naturalezza la sua bacchetta. Questa era più corta e spessa di quella di Remus, era fatta di un legno bitorzoluto, come se fosse stata direttamente spezzata dal ramo di un albero. Una teiera apparve dal nulla, seguita poco dopo da due tazze e due piattini che tintinnarono rumorosamente sul tavolo. Erano piuttosto vecchi e sbeccati in alcuni punti.
“Ops.” Ferox sorrise timidamente. “Non ho mai avuto molta destrezza con gli incantesimi. È il vecchio servizio di mia nonna.”
Remus sorrise educatamente e usò la sua bacchetta per versare il tè, trovava la levitazione molto facile. Ferox sembrò colpito. “Mia nonna, che sia benedetta, era solita berlo dal piattino,” mormorò nostalgicamente, portandosi la tazzina alle labbra, “pensava che fosse elegante.”
Remus non sapeva mai cosa dire quando la gente iniziava a parlare dei propri parenti. Gli ci erano voluti quattro anni per capire che le persone con una famiglia non volevano davvero sentire le esperienze di chi non ce l’aveva. Le metteva a disagio. Ferox sembrò notare l’educata riservatezza di Remus e cambiò tattica. “A questo punto mia nonna ti avrebbe offerto un biscotto e una sigaretta, ma temo di aver finito entrambi.”
Remus inarcò un sopracciglio e si infilò una mano in tasca. “Ecco, signore.” Disse, offrendogli un pacchetto di Marlboro.
“Ah, quindi le voci sono vere, eh? Il nostro contrabbandiere personale.”
Remus alzò le spalle e cercò di celare attentamente il suo entusiasmo quando Ferox accettò una sigaretta e l’accese efficacemente con la punta della sua bacchetta.
“Come ha fatto?!” Chiese cercando invano di imitarlo.
Ferox ridacchiò. “Vieni qui.” E Remus si sporse sulla scrivania per permettere a Ferox di accendergli la sigaretta. “È meglio che non te lo insegni,” il professore gli fece l’occhiolino, “è un vizio terribile.”
Remus sorrise attraverso la nuvola di fumo, prendendo un lungo tiro.
“Allora,” disse Ferox appoggiandosi allo schienale della sua sedia, “presumo che tu non sia qui solo per una visita di cortesia, giovanotto.”
“Ehm…sì.” Remus annuì, schiarendosi la gola. “Avevo solo un paio di domande riguardo…be’, non sapevo a chi chiedere e l’anno scorso mi ha detto che avrei sempre potuto parlare con lei.”
“Certo. Riguarda tuo padre?”
“Oh, no.” Remus scosse il capo energicamente. “Non lui.”
Forse aveva usato un tono più duro di quanto avesse voluto, ma era stanco di Lyall Lupin e del tremendo e vano senso di colpa che provava quando pensava a quell’uomo. Non voleva sapere altro sul passato, era lì per parlare del futuro.
Remus prese un altro tiro, lasciando che gli calmasse i nervi. “Riguarda Greyback.”
“Remus…”
“Ho il diritto di saperlo.” Disse cupamente, smettendo di sorridere. “È la mia vita.”
Ferox lo guardò a lungo, poi sospirò. “Sei proprio come tuo padre. Okay, cosa vuoi sapere? Bada, non so dirti molto. Per quanto si sa, è ancora un fuggiasco ricercato.”
“Gli articoli che mi ha dato, uno diceva che il ministero pensava che stesse cercando di radunare un esercito, che è per questo che gli piacciono…i bambini.”
“Sono solo dicerie.” Disse Ferox, aggrottando le sopracciglia. “Non ci sono prove.”
“Io sono una prova.” Disse Remus, premendo senza rendersene conto una mano sul suo fianco, dove la divisa nascondeva la cicatrice peggiore di tutte.
“Non vuole comunque dire…be’, se negli anni Sessanta avesse cercato di farlo, non credi che ora lo sapremmo?”
Secondo Remus era un ragionamento pretestuoso; agitò una mano.
“Ci sono stati degli attacchi, se legge attentamente il giornale. Il Signore Oscuro è la persona perfetta per incoraggiare Greyback, da quanto ho sentito. Bisogna fare qualcosa per impedire alle persone di unirsi a loro. Per impedire…alle persone come me di unirsi a lui.”
“Non so cosa tu sappia al riguardo di questo cosiddetto ‘Signore Oscuro’,” rispose Ferox rigidamente, “ma gli interessa solo la purezza di sangue. Considererebbe qualcuno come Greyback un meticcio. Un inferiore.”
Remus pensò a Piton e agli altri Serpeverde e scartò immediatamente anche quella teoria.
“Forse non lo rispetta, ma finché Greyback ultima il lavoro…e se raduna abbastanza seguaci…”
“Sai sopravvalutando il suo potere, il potere di entrambi. Il Signore Oscuro è solo un parvenu politico che si nutre di oppressione percepita; nessuno lo prende sul serio. Nessuno di importante. E Greyback…be’, lui è praticamente un derelitto, un lunatico delirante. Nessuno dei due ha qualcosa di significativo da offrire ai suoi seguaci.”
Remus sbuffò.
“Sì, be’, il ministero non ha molto da offrire a me, se non un collare e una cella con le sbarre.”
“Remus, non è vero.” Ferox sembrava stressato. A Remus non importava.
“Sì, che è vero! Ho quasi quindici anni, non sono un bambino. Le mie prospettive lavorative sono solo lievemente migliori da babbano piuttosto che da mago. Non posso fare a meno di notare che sono l’unico a Hogwarts, che non devo dirlo a nessuno. Oh, aspetti, non lo devo fare finché non ho diciassette anni, poi lo devo dire a TUTTI, giusto? Così poi tutti sapranno che devono starmi alla larga in caso io sia un po’ affamato. Greyback potrebbe non avere molto da offrire a noi meticci, ma quando non hai molto altro…”
“Remus devi-”
“No! Ho LETTO le leggi e gli statuti e riguardo quel cazzo di registro di merda!”
Spense furiosamente la sigaretta nei rimasugli della sua tazza di tè. Mancavano settimane alla luna piena, ma si stava scaldando, il suo cuore batteva all’impazzata mentre fissava Ferox, sfidandolo a rispondere. Ferox sembrava piuttosto scosso, era rimasto senza parole. Ciò calmò Remus. Voleva avere una conversazione ragionevole, voleva scoprire delle cose, non urlare contro al suo insegnante preferito. Tirò fuori un’altra sigaretta e l’accese usando una bustina di fiammiferi che si portava appresso, poi spinse la scatola sulla scrivania verso Ferox.
“La tenga.” Disse calmamente inspirando. “Mi dispiace. Non volevo urlare.”
“Va bene urlare Remus.” Ferox sorrise debolmente. “Soprattutto quando hai bisogno che qualcuno ti ascolti.”
Remus lo guardò con aria interrogativa. Ferox si rilassò leggermente. “Penso che tu consideri la rabbia una debolezza, ma non è così. Va bene essere arrabbiati e tu hai dei motivi maledettamente buoni per esserlo. Hai ragione. Dobbiamo preoccuparci tutti di Voldemort, Greyback e il resto di quelli che credono nella purezza di sangue. Se il ministero è disposto a trattare abili maghi intelligenti e premurosi come tratta te, allora persone come il Signore Oscuro avranno sempre dei seguaci.”
Remus lo fissò, attonito.
“Tuttavia,” disse Ferox, “ci saranno sempre anche persone che lotteranno contro di loro. E se rimarremo arrabbiati, non vinceranno.”
“Non vinceranno.” Ripeté Remus. Solitamente provava imbarazzo dopo un accesso simile, ma in quel momento si sentiva più calmo e persino sollevato.
“E non pensare per un secondo che tu abbia delle prospettive di merda.” Ferox inarcò un sopracciglio. “Se pensi che Silente abbia smosso mari e monti per farti ricevere un’istruzione solo per farti finire come un magonò, allora non conosci Silente, ragazzo mio.”
* * *
Venerdì 20 dicembre 1974
Con il proseguire di dicembre e le notti che si allungavano, il castello venne inghiottito da fili di luci e pesanti coltri di neve. Tutti sembravano più di buon umore del solito e più che mai entusiasti di festeggiare Natale. I gufi piombavano nei corridoi alla velocità della luce, consegnando pacchetti e biglietti di auguri in buste colorate; l’insegnante di Erbologia aveva incantato dell’agrifoglio e dell’edera perché crescessero intrecciandosi intorno ad ogni candelabro e corrimano; la maggior parte delle sere il professor Vitious insegnava ai ritratti a intonare un canto natalizio e l’ultimo giorno del semestre Sirius Black si coprì da capo a piedi di orpelli.
Non era stata un’idea di Sirius; James aveva attaccato con un incantesimo di adesione permanente le decorazioni sul colletto e sui polsini della divisa di Sirius mentre lui stava dormendo. Si era sbagliato di grosso se aveva pensato che così avrebbe potuto mettere in imbarazzo Sirius: Black adorava il suo nuovo stile e lo sfoggiò con orgoglio. Anzi, l’ultimo giorno del semestre, almeno altri quindici ragazzi e un gruppo di ragazze, che ultimamente aveva iniziato a tampinare Sirius, lo avevano imitato.
Sembrava che ora ogni ragazza della scuola avesse scoperto della grandiosa gara dei baci e il risultato non era stato quello che Remus aveva sperato. Marlene si era comportata ragionevolmente e aveva rifiutato le avance di Black, ma c’era numerose ragazze nel loro anno, e persino al quinto anno, che speravano di aiutare Sirius a vincere la scommessa. Inizialmente Black l’aveva trovato piuttosto divertente, ma dopo quasi un mese in cui era stato pedinato da un branco di adolescenti ridacchianti, aveva ricevuto biglietti d'amore molto profumati ed era stato interrotto quasi a ogni passo, aveva arruolato Mary come guardia del corpo.
Mary era perfetta per il ruolo: autoritaria, pronta a dire quello che pensava e per nulla interessata a Sirius.
“Sei proprio un pappamolle.” Sospirò, l’ultima sera del semestre, mentre erano seduti insieme intorno al caminetto. James stava giocando con un boccino d’oro che aveva fregato dal capanno di quidditch, cercando di far colpo su Lily, che aveva il capo chino e stava cercando freneticamente di finire di scrivere i suoi biglietti di auguri.
Peter non c’era, Marlene stava giocando a scacchi con Remus e Sirius aveva appena chiesto a Mary di sedersi più vicino, osservando attentamente un gruppo di ragazze che lo fissava da un angolino.
“Non sono un pappamolle.” Rispose seccamente, allentandosi la cravatta. “Voglio solo avere della privacy.”
“Potresti anche baciare una di loro.” Ribatté Mary, stiracchiandosi sul divano e sistemando le sue gambe sul grembo di Sirius, che non protestò. “Non era l’obiettivo della scommessa?”
“Be’, sì.” Rispose Sirius in modo ponderato. “Ma non dovevano saperlo, avrei dovuto conquistarle con il mio fascino e il mio bell’aspetto malandrino.”
“Per caso hai paura?” Sussurrò Mary.
“Solo a un pazzo non fanno paura le ragazze.” Sirius ride. “Siete tutte fuori di testa.”
“Mary, come fa di cognome Darren?” Chiese Lily, sollevando lo sguardo dalla sua pila di biglietti.
“Harvey.” Disse Mary. “Dio, dimmi che non gli vuoi mandare un biglietto. L’hai incontrato solo una volta!”
“È bello ricevere biglietti di auguri a Natale.” Lily sorrise, tornando a scrivere.
“Va bene, ma non mandarlo via gufo, è un babbano.”
“Come hai fatto a scrivergli tutto l’anno?” Chiese Remus, sinceramente interessato.
“Mando le lettere a mia mamma e lei le infila nella sua buca delle lettere. Vive sul nostro pianerottolo. E c’è una cabina telefonica appena fuori da Hogsmeade, quindi abbiamo parlato un paio di volte.”
“Non sapevo che ci fosse una cabina telefonica!”
“Sì, è vecchissima; uno dei Corvonero mi ha detto che era una passaporta durante la guerra, ma funziona ancora.” Si stiracchiò di nuovo. “Non vedo l’ora di vederlo.” Sospirò. Sirius spostò le sue gambe, facendo finta di chinarsi a guardare la partita di scacchi.
“Dove passerai il Natale, Remus?” Chiese Lily, leccando l’ultima busta. “Spero che tu non rimanga qui.”
“Lupin e Black vengono a casa mia di nuovo.” Disse James con entusiasmo. Lily lo fulminò con lo sguardo.
“Oh, certo.”
Remus non vedeva l’ora di andare dai Potter quell’anno. Sarebbe rimasto solo una settimana, dato che la luna piena era il ventinove, ma non gli importava; aspettava con impazienza i regali, le decorazioni e il cibo cucinato dalla signora Potter.
“Sto morendo di fame.” Sirius sbadigliò pigramente. “Dov’è Pete? Possiamo mandarlo in cucina al nostro posto?”
“A dire il vero non ho idea di dove sia.” Disse James. “Non lo vedo dall’ora di cena.”
“Sta facendo i bagagli?” Suggerì Lily.
“Vado a controllare.” Remus si alzò, stiracchiandosi. “Anch’io ho fame; penso di avere dei calderotti nel baule…”
“Non mi dire…” Anche Sirius si alzò, seguendolo. Remus sospirò. Sirius passava metà del tempo a elemosinare dolci dagli altri. Non che non fosse generoso con i suoi, solo che sembrava averne molto di rado.
Non trovarono Peter nel dormitorio, solo i calderotti.
“Chissà dov’è finito.” Remus si strofinò la nuca.
“Controlla la mappa.” Disse Sirius, spargendo briciole ovunque, la bocca piena di torta. Remus inarcò un sopracciglio, ma non disse nulla, e prese la mappa dal suo comodino. Gettò l’incantesimo localizzatore e la mappa evidenziò rapidamente una piccola bandiera con il nome ‘Peter Minus’. Sembrava che fosse in un ripostiglio delle scope vicino all’aula di Incantesimi.
“Cosa ci fa lì?” Farfugliò Sirius, infilandosi in bocca un’altra tortina. Quella volta Remus emise un verso di disapprovazione e ripiegò la mappa.
“Non so. Pensi che i Serpeverde gli abbiano fatto qualcosa?”
“Forse?” Sirius deglutì. “Se hanno gettato un incantesimo vincolante rischia di passare lì tutta la notte. Quindi andiamo a cercarlo.”
“Chiamo James?”
“Ehm…” Sirius guardò la porta e Remus capì immediatamente che aveva paura di passare davanti al branco di ragazze che lo aspettava. “No, prendiamo il mantello e sgattaioliamo giù; non ci vorrà molto e comunque ci stiamo sotto solo in due.”
Remus scrollò le spalle in segno di consenso. Se non ci avessero messo troppo a salvare Peter, magari sarebbero potuti andare nelle cucine. Sirius aveva finito i suoi calderotti. Si accalcarono sotto il mantello e si affrettarono silenziosamente giù per le scale, passando di fianco a James e le ragazze e attraverso il buco del ritratto.
“Classico Peter.” Sbuffò Sirius sottovoce. “È un dannato malandrino da quattro anni e fa ancora schifo negli incantesimi di difesa.”
“Magari l’hanno attaccato alle spalle,” suggerì Remus, “o magari erano in molti.”
Non sapeva perché, ma amava contraddire Sirius. James diceva che bisticciavano, ma Sirius non aveva mai lasciato intendere che lo infastidisse. Continuarono a camminare per i bui corridoi di pietra verso l’aula di Incantesimi.
“È questo qui?” Sussurrò Sirius quanto raggiunsero la porta.
“Sì.” Rispose Remus. “È lì dentro.” Sentiva il suo odore.
“Okay, bacchetta in posizione? Uno, due, TRE!”
Sirius spalancò velocemente la porta, sorprendendo Peter, che non era affatto in pericolo, e Desdemona Lewis, che strillò. “Chi c’è?!” Si guardò intorno, pallida e con gli occhi spalancati. I suoi capelli erano arruffati e le sue labbra erano molto rosse e bagnate. Anche Pete si guardò intorno, con più sospetto, ma altrettanto scompigliato.
“Probabilmente era solo Pix.”
Sirius iniziò a tremare dalle risate e Remus gli mise velocemente una mano sulla bocca, cercando di allontanarlo dal ripostiglio. Povero Peter.
“Torno nella mia sala comune, mi infilerò in un sacco di guai se mi beccano di nuovo in giro la sera.” Stava dicendo Desdemona, aggiustando la sua camicetta. Baciò delicatamente Peter sul naso. “Ci vediamo domani, Petey? Sul treno?”
“Sì…okay…” Rispose Peter, molto distratto, guardandosi ancora intorno alla ricerca del loro aggressore invisibile. Remus ringraziò qualunque dio esistente di essere più forte di Sirius, che lottava come un folle per liberarsi e combinare ancora più guai.
Remus non lo lasciò andare finché Desdemona non scomparve dietro l’angolo. A quel punto Peter aveva già compreso la situazione.
“Forza, fatevi vedere!” Sfoderò la bacchetta proprio quando Remus lasciò andare Sirius ed entrambi apparvero da sotto il mantello dell’invisibilità.
“LO SAPEVO!” Urlò Peter.
“CE L’HAI TENUTO NASCOSTO!” Gridò Sirius, ridendo così tanto che si stava reggendo il ventre. “Da quanto va avanti?!”
“Una settimana.” Rispose Peter, arrossendo. “Come avete fatto a trovarmi?”
“UNA SETTIMANA?! Merlino, Minus! Perché ci hai mentito per una settimana intera?!”
“Mi avreste preso in giro!”
“Ti prendiamo sempre in giro.”
“Ora possiamo andare nelle cucine per favore?” Remus sospirò.
“Aspetta che James lo venga a sapere!” Disse Sirius, sbalordito. “Non ci credo. Non ci posso davvero credere. Peter Minus: il donnaiolo.”
“Oh, taci.” Disse Peter tenendo il broncio, le mani in tasca. “Vado nella sala comune, non ho fame.”
“Be’, visto come stavi praticamente inghiottendo la Lewis…”
“Taci!” Peter scomparve dietro l’angolo.
Sirius rise per tutta la strada verso le cucine e si stava ancora scompisciando sulla via di ritorno, carico di dolci e prelibatezze da parte degli elfi domestici.
“Almeno vuol dire che quella stupida gara di baci è finita.” Disse Remus, compiaciuto, quando raggiunsero il ritratto della signora grassa. Sirius si fermò di colpo e Remus gli venne addosso, facendo quasi cadere la sua bottiglia di burrobirra.
“Ugh, non ci avevo pensato!”
“Be’, ora non ci devi più pensare.” Sbottò Remus, strofinandosi il gomito che aveva colpito. “Pete ha vinto.”
“Hai ragione Lunastorta. Ugggh! Significa che se non bacio nessuno prima della fine di quest’anno sono più sfigato di Minus!”
Remus sospirò rumorosamente.
Chapter 64: Quarto Anno: Natale
Chapter Text
Lunedì 23 dicembre 1974
Nonostante Hogwarts fosse pittoresca come un biglietto di Natale sotto la coltre di neve delle Highlands, quando i malandrini scesero dal treno a Londra, furono accolti dalla grigia pioggerella del sud. Il brutto tempo continuò per la maggior parte delle vacanze di Natale, pertanto, con molto disappunto da parte di Remus, quell’anno non poterono andare in slitta.
I primi giorni prima di Natale furono abbastanza noiosi e decisero di rifarsi visitando abitualmente il villaggio, coperti dall’enorme ombrello nero del signor Potter, e passarono quasi tutti i pomeriggi nel cinema babbano.
Remus li aveva convinti ad andare; non andava a vedere un film da quando aveva iniziato il primo anno ad Hogwarts e la banda di Ste aveva parlato di Il giustiziere della notte tutta l’estate; quindi, moriva dalla voglia di vederlo. Era stato emozionante tanto quanto aveva sperato, pieno di vendetta e spargimenti di sangue, e Charles Bronson gli ricordava un po’ il professor Ferox. James e Sirius erano più interessati a capire come funzionasse il proiettore; a Remus andava bene perché acconsentirono ad andare con lui due volte.
Tuttavia, furono presto vinti dalla noia. Una distrazione di presentò durante la loro terza visita al cinema sotto forma di un gruppo di ragazze in fila alla biglietteria. James e Sirius smisero immediatamente di discutere i dettagli della percezione visiva rispetto alla frequenza dei fotogrammi e iniziarono a comportarsi in modo molto strano. James si sforzò più che mai di appiattire i suoi capelli mentre Sirius iniziò ad appoggiarsi con nonchalance contro la parete, come se fosse James Dean.
Naturalmente le ragazze se ne accorsero, continuarono a guardarli e a ridacchiare tra di loro. Remus pensò che dovessero morire di freddo, era dicembre e indossavano delle minigonne. Finalmente le ragazze finirono di comprare i loro biglietti e andarono nella seconda sala.
“Lunastorta,” disse Sirius, non distogliendo lo sguardo dal campanello di gambe affusolate che era appena passato, “che ne dici di vedere qualcosa di diverso oggi?”
“Sì.” James annuì con sguardo assente.
Remus sollevò lo sguardo verso il poster sopra la porta. Il grande Gatsby. Fece una smorfia. “Ugh, ma è una storia d’amore, perché volete vederlo?” Protestò. Ma era troppo tardi, erano già praticamente dentro.
Remus si accomodò in prima fila e si rassegnò al suo destino. Magari non sarebbe stato così terribile; gli era piaciuto Robert Redford in Butch Cassidy, non era forte quanto Charles Bronson, ma magari avrebbe sparato a qualcuno.
Mezz’ora dopo, per quanto non lo volesse ammettere, Remus era davvero assorto dal film con tutte le sue sfumature pastello e costumi sciocchi. Non c’erano ancora state sparatorie, ma rimase ottimista e, nel frattempo, fece il tifo perché Daisy avesse il buon senso di lasciare il suo terribile marito.
A un certo punto, Remus guardò alla sua sinistra per vedere se anche a Sirius e James piacesse il film e scoprì che lo avevano abbandonato. Girandosi sulla sua poltrona, fissò il buio alle sue spalle e scorse le ombre dei suoi due amici, seduti nell’ultima fila. Erano entrambi occupati in una specie di orrendo corpo a corpo adolescenziale con due delle ragazze di prima.
Mortificato, Remus si voltò immediatamente, sprofondando nella poltrona di velluto rosso. Ora non riusciva a concentrarsi sul film; aveva ragione, era una stupida e noiosa storia d’amore da femminucce e chiaramente Robert Redford non avrebbe sparato a nessuno nel futuro prossimo. In un millisecondo decise di andarsene velocemente dal cinema.
Era troppo tardi per prendere un biglietto per Il giustiziere della notte e la maschera nella biglietteria lo stava guardando severamente; quindi, si infilò le mani in tasca e se la filò, misero e rancoroso. La città in cui vivevano i genitori di James era molto più elegante di quella dove era cresciuto Remus; c’erano belle villette di mattoni rossi e querce. Al suo centro, c’era un enorme giardino pubblico e Remus poteva solo immaginarsi quante partite di cricket vi si tenessero d’estate. Aveva iniziato a piovere e, visto che l’ombrello ce l’aveva James, Remus dovette rifugiarsi sotto la pensilina più vicina.
C’era un negozietto, di fronte alla fermata dell’autobus, e lo guardò per un po’, cercando i punti più facili per irromperci. Non che avesse intenzione di farlo. Ci sarebbe sicuramente riuscito, sembrava piuttosto facile, ma cosa sarebbe successo se il signore e la signora Potter l’avessero scoperto? Non l’avrebbero mai più ospitato per Natale. Considerò di tornare a casa, ma non voleva spiegare perché aveva lasciato Sirius e James in quel modo al cinema. Coglioni. Diede un calcio al lato della pensilina con i suoi anfibi. Un’anziana, che gli stava passando accanto con il suo piccolo terrier scozzese, fece un verso di disapprovazione. In risposta, lui la insultò facendole il dito medio.
Persino James l’aveva deluso ora. James! La cui adorazione così pura e sincera per Lily Evans aveva convinto Remus che i baci non erano così disgustosi dopo tutto. Si aspettava qualcosa di simile da Sirius, che non aveva mai avuto molto autocontrollo, ma James?!
“Ehi, Lunastorta!” Come per magia, James e Sirius apparvero dall’altro lato della strada, sotto il grande ombrello nero. Cercò di ignorarli, ma non servì a molto, visto che erano le uniche tre persone in quella via.
“Dove vuoi andare?” Chiese Sirius, mentre attraversavano la strada per raggiungerlo alla pensilina.
“Mi sono solo seduto.” Remus sollevò le spalle.
“Perché te ne sei andato?”
“Potrei chiedervi lo stesso!”
“Ci siamo solo allontanati un attimo…”
“Ugh, non lo voglio sapere.” Remus si coprì le orecchie. Fulminò James con lo sguardo. “E Lily? E tutto quello storia di ‘non è arrivato il momento giusto, ma non importa’?” Remus ripeté le parole che James aveva pronunciato a novembre.
James sembrò scosso per un istante, ma Sirius rise di cuore e diede una pacca sulla spalla a Remus.
“Oh, smettila. A Evans non importerà che Potter ha baciato una ragazza babbana quando aveva quattordici anni. Calmati Lunastorta.”
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Se c’era qualcosa che faceva infuriare Remus era che gli dicessero di calmarsi.
“No!” Ringhiò. “Mi avete fatto guardare uno stupido film da ragazze solo perché poteste palpare un paio di tipe babbane in ultima fila!”
Sirius scosse i suoi capelli scuri e alzò gli occhi al cielo. “Merlino, Lupin. Se vuoi possiamo andare a vedere il tuo amato Charles Bronson domani. Voglio dire, scusa se vogliamo comportarci come degli adolescenti normali per cinque minuti.”
Qualcosa in quell’insulto colpì Remus così bruscamente che, se avesse avuto la bacchetta, avrebbe maledetto Sirius seduta stante. Aveva solo i suoi pugni e, per fortuna, era abbastanza bravo ad usarli. Spesso tirare pugni era molto più soddisfacente che maledire. Quando James riuscì a separarli, mettendosi in mezzo, Sirius sanguinava a fiotti dal naso e Remus percepiva il formarsi di un occhio nero.
“Cosa diavolo avete nel cervello?!” Sbuffò James, trascinandoli entrambi verso la casa dei suoi genitori.
“È uno stronzo!” Sbottò Remus, cercando di proteggere il suo occhio dolente dalla pioggia.
“È un coglione!” Ribatté Sirius, in modo compunto, tenendosi contro il naso il suo maglione bagnato.
“Siete entrambi dei cretini.” Disse James risolutamente, quando raggiunsero il cancello.
* * *
La signora Potter li rimise entrambi in sesto molto rapidamente, era veloce con gli incantesimi curativi tanto quanto Madama Chips, poi li sgridò, con il signor Potter alle sue spalle che stava cercando di non ridere e che diceva “sono ragazzi, cara…”
Successivamente Remus andò direttamente nella camera degli ospiti e passò il resto della giornata a fare i compiti delle vacanze a letto. Sapeva che era sciocco e infantile tenere il muso, ma non era sicuro che non avrebbe colpito Sirius, se l’avesse visto di nuovo. Ripensò a quando Ferox gli aveva detto ‘Va bene essere arrabbiato’, ma per qualche motivo pensava che non fosse quello che intendeva il suo professore.
Era geloso? Geloso del fatto che ormai tutti i suoi amici avevano baciato una ragazza e lui no? Forse era così. Remus non riusciva ad ignorare il fatto che era l’unico dei suoi amici a non essere completamente guidato dai suoi ormoni, come un’adolescente normale, secondo le gentili parole di Sirius.
Ahia, ecco di nuovo quel dolore. Remus si strinse le ginocchia al petto, facendosi il più piccolo possibile. Se avesse un galeone per ogni motivo per cui non era normale...
Scese per cena, ma non parlò con James o Sirius, limitandosi solo a educati scambi con il signor e la signora Potter. Dopodiché, tornò immediatamente al piano di sopra e si rannicchiò sotto le coperte con un libro finché non si addormentò.
Sognò di essere tornato al cinema, stava guardando una strana combinazione di Il grande Gatsby e di Il giustiziere della notte: il professor Ferox era davvero Charles Bronson, con i baffi neri e quant’altro, e puntava la sua pistola contro gli scintillanti esponenti dell’alta società di West Egg. Qualcosa continuava a urtare il gomito di Remus, distraendolo dal film. Si girò e vide che Peter e Desdemona si stavano contorcendo sul sedile accanto al suo, le labbra serrate.
Irritato, Remus si alzò e si sedette nella fila dietro, tornando a guardare il film. Ben presto, fu infastidito nuovamente: erano Mary e Darren. Ovviamente Remus non aveva mai incontrato Darren, il ragazzo nel sogno per qualche motivo assomigliava molto a Mulciber. Anche loro si stavano baciando. Disgustato, Remus cercò di alzarsi di nuovo, ma inciampò su Lily e James che si rigiravano insieme nel corridoio.
“Per l’amore del cielo!” Urlò. Lily lo guardò e rise e così fece Mary, poi anche Peter e James.
Sirius apparve in fondo alla sala, la sua sagoma che si profilava davanti al proiettore che girava rumorosamente.
“Non fategli caso,” rise insieme agli altri, “non è come noi.”
Remus si girò appena in tempo per vedere Ferox sparare a Robert Redford, poi si svegliò di soprassalto.
Era accaldato e stava sudando sotto il pesante piumone con cui dovette lottare per liberarsi. Sentendosi piuttosto sciocco per aver avuto un incubo alla sua età, scese dal grande letto a baldacchino e si diresse verso il bagno più vicino. L’orologio sul pianerottolo leggeva mezzanotte, pertanto non accese le luci, nonostante vedesse un debole bagliore giallognolo fuoriuscire da sotto la porta della stanza di James.
Remus usò il bagno, poi si lavò le mani e il volto, bevendo un paio di sorsi d’acqua fredda e asciugandosi con la manica del suo pigiama. Sentendosi molto meglio, tornò in camera sua proprio mentre la porta della camera di James veniva spalancata.
“Dannazione, sei tu Lunastorta!” Sussurrò James sembrando sollevato. “Perché ti aggiri al buio?!”
Remus alzò le spalle e sussurrò “Ci vedo al buio. Non volevo svegliare nessuno.”
James annuì e aprì un po’ di più la porta.
“Pensavo che fosse Gully mandato da mia mamma a spiarci o qualcosa del genere. Entra, dai. Torniamo a essere tutti amici.”
Non ci volle molto per convincere Remus. Litigare era troppo stancante, soprattutto vivendo tutti insieme. Non voleva ancora parlare con Sirius, ma entrò per James.
Sirius era seduto a gambe incrociate sul letto di James e fece una smorfia quando vide Remus. James sospirò. “Dai, siamo tutti amici, giusto? É Natale.”
Sirius annuì solennemente. Remus annuì a sua volta. Li raggiunse sul letto, dove fu sorpreso di vedere che stavano sfogliando alcuni libri di incantesimi.
“Compiti?” Chiese.
“Scherzo.” Rispose James. “Però stiamo ancora cercando di risolvere alcune magagne.”
“Oh, okay.” Remus annuì. Poi, perché non voleva che ci fosse ancora dell’imbarazzo chiese “Come sta il tuo naso Black?”
“Bene.” Sirius sorrise, rilassandosi. “Stai perdendo il tocco.”
Remus sorrise. “Oh davvero? Chiedilo a Piton. Gli ho dato una testata sul treno a settembre.”
“Non è vero!”
“Sì invece.”
“Dannazione,” rise James, “non ha provato a vendicarsi?”
“Non ancora.” Disse Remus, cercando di non sembrare troppo nervoso. “Però probabilmente ha qualcosa in serbo. Che scherzo è?”
“Um…te lo diremo quando sapremo come eseguirlo. Potrebbe non uscire bene.” Disse James, velocemente, chiudendo il libro più vicino a lui. Remus inarcò un sopracciglio e non disse nulla; confermava solo quello che sospettava da tempo. Tuttavia, non voleva discuterne ora, avrebbe aspettato di vedere se avessero ottenuto qualcosa.
“Scusami se ho messo in mezzo Lily.” Disse a James. “Non volevo, Sirius ha ragione, non le importerà; sempre che sia abbastanza stupida da uscire con te ovviamente.”
James lo spintonò amichevolmente. “Fottiti.”
“Almeno ora la vostra stupida gara si è conclusa, eh?” Chiese Remus, speranzoso, guardando Sirius. “Direi di sì.” Sirius alzò le spalle. “In ogni caso, abbiamo dato a Pete quello che gli spettava. Però che delusione che è baciare. Non capisco perché tutti facciano tante storie.”
Remus non disse nulla, ma dentro di sé era compiaciuto. Allora non si stava perdendo nulla di che.
“Non era male.” Disse James diplomaticamente. “Probabilmente ci vuole un po’ di allenamento. Deve migliorare…per forza di cose.”
“Lo spero.” Disse Sirius molto seriamente.
James e Remus scoppiarono a ridere.
* * *
Natale 1974
La mattina di Natale fu buia e coperta come la settimana che l’aveva preceduta e Remus venne svegliato dal rumore della pioggia che batteva ripetutamente contro la finestra della sua stanza. Ciononostante, la casa dei Potter era festosa come non mai e i cinque si sedettero a fare una colazione abbondante con un sorriso dipinto in volto.
La colazione fu velocemente seguita dai regali: il solito assortimento di dolci, cioccolato, nuove penne da parte dei Potter, libri e calze. Remus fu piuttosto sorpreso di ricevere una sciarpa lavorata a maglia da Lily del rosso di Grifondoro con dei nastrini oro. Si sentiva in colpa, non aveva comprato nulla per nessuno dei malandrini, tanto meno le ragazze. Non gli aveva mai regalato nulla, tranne lo strumento per leggere, che doveva ammettere essere stato un regalo fantastico. Decise che le avrebbe comprato qualcosa la prima volta che fossero andati a Hogsmeade.
Avevano appena finito di scartare i regali, la signora Potter stava appallottolando la carta da regalo con uno sventolio della bacchetta, quando una forte e lugubre canzone risuonò nel corridoio. Era una melodia acuta e inquietante, completamente innaturale e completamente bellissima. Si voltarono tutti immediatamente, il signore e la signora Potter sollevarono le loro bacchette in posizione di duello e uno strano ed etereo uccello argentato entrò nella stanza, volando in cerchio sopra le loro testa. Remus riconobbe subito che era una fenice o qualcosa che assomigliava al suo fantasma.
“Silente.” Sussurrò il signor Potter quando la fenice argentea si accomodò solennemente sopra il caminetto. Con grande sorpresa di Remus, l’uccello aprì il becco e iniziò a parlare con la voce del loro preside.
“C’è stato un attacco. Sarò con voi a breve. Non permettete a nessun altro di entrare.”
Detto ciò, la fenice svanì nel nulla. Rimasero tutti in silenzio per un po’, finché la signora Potter parlò, mettendo una mano sulla spalla di James, come se avesse bisogno di toccare suo figlio.
“Oh, Monty, un attacco!”
“Non c’è bisogno di andare nel panico.” Disse il signor Potter calmamente. “Albus sarà qui tra poco. Ragazzi, finite di sistemare? Io sarò nel mio studio.”
Misero in ordine silenziosamente, aspettando tutti di vedere cosa sarebbe successo. Un attacco, cosa voleva dire? Remus pensò immediatamente a Greyback, ma non era la luna piena; quindi, era improbabile che fossero stati dei lupi mannari. Era stato Voldemort? O c’erano altri maghi oscuri? Guardò colpevolmente Sirius, che stava fissando la pioggia fuori dalla finestra. Sembrava pallido e scosso. I suoi parenti erano maghi oscuri. Sapeva qualcosa al riguardo? Certo che no. Remus scartò immediatamente l’idea, sentendosi ancora peggio; Sirius non andava a casa sua da quell’estate e tutti sapevano che la sua famiglia lo odiava.
Finalmente, dopo quella che sembrò un’eternità, anche se in realtà forse era passata una ventina di minuti, si sentì da fuori il *CRACK* di una materializzazione e il signor Potter andò alla porta d’ingresso. La signora Potter lo raggiunse e James, Sirius e Remus rimasero in corridoio a guardarli.
La porta si aprì rivelando Silente. Sembrava molto serio ed era completamente asciutto nonostante piovesse a catinelle.
“Fleamont, Euphemia.” Fece un educato cenno del capo.
Il signor Potter sollevò la sua bacchetta. “Di cosa abbiamo parlato l’ultima volta che ci siamo visti”?
“Di tuo figlio che ha battuto il suo record personale di punizioni in un semestre.” Silente sorrise guardando James, che arrossì. Apparentemente ciò soddisfò il signor Potter che si fece di lato per permettere a Silente di entrare.
“Prego, Silente, vuoi del tè?” Chiese la signora Potter prendendogli il mantello da viaggio e conducendolo verso il soggiorno.
“Ragazzi andate di sopra.” Disse il signor Potter severamente. Sembrava che James volesse litigare, ma Silente si intromise.
“Se non ti dispiace, Fleamont, penso che sia meglio che i ragazzi ascoltino. Tanto domani sarà su tutti i giornali.”
Il signor Potter guardò sua moglie e annuì. Il piccolo gruppo si accomodò nel grande salotto, aspettando che Gully servisse il tè. Era una scena molto strana: dei biglietti di auguri luccicavano ancora sulle pareti, degli orpelli scintillanti decoravano le cornici delle foto, dei regali aperti erano impilati sotto l’albero e Silente, ancora insolitamente serio, indossava delle vesti di velluto blu notte. Sirius, James e Remus si strinsero su un divano mentre il signor Potter rimase in piedi, camminando avanti e indietro per la stanza.
“Quindi c’è stato un attacco?” Chiese, infine, impazientemente.
“Temo di sì. I Fraser a Newcastle.”
“Fraser? Non li ho mai sentiti nominare.”
“No. Il signor e la signora Fraser erano entrambi nati babbani. Avevano due bambini non abbastanza grandi per andare a Hogwarts, ma che, per quanto ne sappiamo, mostravano entrambi segnali di abilità magiche.”
Remus trasalì all’uso del tempo passato. Evidentemente se n’era accorto anche il signor Potter che ora sembrava piuttosto pallido e stanco.
“Tutti e quattro?”
“Sì.”
Sembrava che la signora Potter stesse per piangere.
“Bambini!” Sussultò. “Bambini!”
“E lo sappiamo per certo?” Continuò il signor Potter ansiosamente. “Sappiamo che è stato…lui?”
“Sì, Voldemort. Ha lasciato un marchio.”
“Un marchio?”
“Penso che domani sarà sui giornali. La Gazzetta del Profeta è arrivata sul posto prima che io venissi avvertito.”
“Ma cosa vuol dire? Chi erano i Fraser?”
“Il signor Fraser lavorava al St Mungo.” Spiegò Silente. “Di recente aveva lanciato una petizione con il ministero proponendo che ai guaritori fossero insegnate anche tecniche di guarigione babbane; credo che lo chiamasse primo soccorso. Come sono sicuro che possiate immaginare, certe fazioni non l’hanno digerito.”
“Penso che Darius abbia detto qualcosa al riguardo.” Il signor Potter annuì, posando una mano sulla mensola sopra il caminetto. “Ma uccidere!”
“Non è la prima volta,” disse Silente cupamente, “ma è la prima volta che si rendono noti. Il marchio che hanno lasciato è stato già visto. Alcune delle famiglie più antiche lo hanno adottato; è una sorta di segno segreto della loro lealtà a Voldemort. Solo che ora non è più segreto.”
“Quali famiglie?” Disse Sirius improvvisamente, guardando Silente. Remus si accorse che si era irrigidito. Silente lo guardò dolcemente.
“Al momento non c’è nulla che colleghi i Black a questo attacco.”
“Al momento.” Ripeté Sirius. “Ma loro…loro sono…”
“Non aiuterà nessuno saltare a conclusioni.” Silente sollevò una mano. “La situazione è seria, sì, ma non dobbiamo perdere la testa o permettere alle nostre emozioni di offuscare il nostro giudizio. Ci attendono tempi difficili e dovremmo essere tutti in guardia.”
Lo disse guardando Sirius, ma era come se stesse parlando anche a James e Remus. Remus sentì una fastidiosa fitta all'addome: non lo comprendeva del tutto, ma sapeva che sulle loro spalle si era posata una grande responsabilità. Una responsabilità di cui non era sicuro di essere all'altezza.
“Non sto cercando di spaventarvi.” Continuò Silente, come se avesse letto i pensieri di Remus. Ma allo stesso tempo non desidero svilire la serietà degli eventi odierni. Sto lavorando rapidamente per raccogliere sostegno, una linea di difesa contro Voldemort. Ho già parlato con alcuni collaboratori fidati all'interno del ministero; Fleamont, posso contare su di te?"
“Naturalmente.” Disse subito il signor Potter. “Hai parlato con i Weasley? I Prewett? Gli Hossas?”
Silente annuì, sorridendo.
“Sono tutti sulla mia lista, ovviamente.”
“Possiamo aiutare anche noi!” Disse James. La signor Potter trasalì, gli occhi ancora molto rossi.
“Sì!” Disse Sirius, bramoso di dimostrarsi alla pari di James. “Può contare su di noi, signore.”
Remus non disse nulla, ma annuì, sperando che Silente sapesse che anche lui aveva scelto il suo lato.
“Spero che non diventi necessario.” Silente sorrise, i suoi occhi color non ti scordar di me luccicarono. “Ma grazie, ragazzi.”
“No!” Disse la signora Potter. “Sono dei bambini Silente.”
“Diventerò maggiorenne tra due anni!” Disse Sirius; si raddrizzò, affermando il suo ruolo di malandrino più grande. “E siamo i migliori nel nostro anno con gli incantesimi di difesa!”
“E con le fatture.” Aggiunse James, tacendo velocemente quando vide l’occhiataccia che gli aveva mandato sua madre.
Silente ridacchiò dolcemente.
“Lo siete,” disse, “ma tua madre ha ragione. Vi chiedo solo di rimanere all’erta e di prendervi cura l’uno dell’altro. Ora devo andare, ho altre visite da fare. Fleamont,” Silente si alzò e strinse la mano del signor Potter, “mi farò sentire. Euphemia,” si voltò verso la signora Potter in segno di scusa, “buon Natale. Temo che non presenzierò alla vostra festa stasera.”
“Dovremmo cancellarla,” la signora Potter si sfregò le braccia, come se la stanza fosse diventata più fredda, “sembra irrispettoso.”
“Godetevi le vacanze, ragazzi. Remus, Madama Chips ti aspetterà al camino dei Tre Manici di Scopa domenica mattina.”
Remus annuì obbedientemente e Silente scomparve con un rumoroso *CRACK*.
Chapter 65: Quarto Anno: Gennaio
Chapter Text
Mercoledì 8 gennaio 1975
Silente aveva ragione. A Santo Stefano l’omicidio dei Fraser era in prima pagina, seguito da una serie di servizi speciale e articoli sulla crescente guerra che dominò il resto delle vacanze di Natale.
Fu la prima volta che Remus e gli altri videro il marchio nero e non avevano idea che avrebbero temuto quel simbolo per il resto della loro vita. Un grande teschio nero con la bocca spalancata da cui usciva contorcendosi un lungo serpente. Ricordava chiaramente Serpeverde e, non appena tornarono ad Hogwarts, Sirius fece esplodere gli ultimi decori serpenteschi dal suo baule.
“Sta’ attento, amico,” disse James mentre il fumo risultante dall’incantesimo di Sirius riempiva la stanza, “rischi di rovinare un cimelio di famiglia.”
“Non me ne frega un cazzo.” Rispose Sirius, gettando nuovamente l’incantesimo sul legno annerito per sicurezza. “È mio e non voglio che qualcosa che mi appartiene abbia quel maledetto marchio.”
Non aveva senso cercare di farlo ragionare. Da quando Silente aveva fatto visita ai Potter, l’odio di Sirius per qualsiasi cosa che c’entrasse minimamente con Serpeverde era aumentato di dieci volte. Era tutto l’anno che usava delle fatture per difendere studenti più piccoli dai Serpeverde, ma ora sembrava che stesse attivamente cercando dei guai.
“La guerra non sta avvenendo qui.” Provò a dirgli una volta Remus dopo la sua terza punizione in altrettanti giorni. “Silente ci ha detto di stare in guardia non di iniziare delle risse.”
“La guerra è ovunque.” Rispose Sirius e James annuì, d’accordo. “Comunque, da che pulpito, cosa mi dici di tu e Piton?”
“Quello,” rispose Remus, “era personale.”
Era vero. Non odiava Piton perché era un mago oscuro o un Serpeverde o altre cose del genere. A Remus non piaceva Piton perché era un ficcanaso e perché a nessuno piaceva davvero Piton oltre Lily.
A dire il vero, pensò Remus guardando Lily, che era seduta con Marlene dall’altro lato della sala comune ad esercitarsi con un incantesimo di trasfigurazione su un paio di scarpe, persino Lily non usciva più molto con Severus. Forse avevano litigato. La rossa alzò lo sguardo e incrociò il suo, sorridendo allegramente. Sorrise a sua volta. James, seduto di fianco a lui, la salutò con un gesto della mano; Lily alzò gli occhi al cielo e tornò all’incantesimo su cui stavano lavorando.
“Non sa quanto sono maturato?” James sospirò pesantemente, girando bruscamente le pagine del suo libro.
“Non credo che baciare una babbana in fondo alla sala di un cinema voglia dire essere maturati.” Rispose Remus, recuperando il libro bistrattato e lisciando gli angoli che James aveva piegato.
“Non intendevo quello.” James sorrise. “Solo…in generale. Non capisco. Vado d’accordo con Marlene.”
“Sei nella squadra di quidditch con Marlene,” disse Peter, “avete delle cose in comune.” (Da quando aveva una ragazza Peter era diventato molto saggio).
“Quindi,” disse James, lentamente, “pensi che dovrei provare a fare entrare Lily nella squadra di quidditch?”
Peter emise un verso di disapprovazione, compassionevole. “Perché non cerchi qualcosa che entrambi avete in comune? Ad esempio, sia a me sia a Desdemona piacciono gli scacchi, i panini al formaggio e…”
“Non abbiamo nulla in comune.” Rispose James con aria sognante. “È per questo che mi piace.”
“Allora non succederà mai.” Peter tirò su col naso, risolutamente. James sembrava avvilito.
“Non ascoltarlo,” disse Remus, avendo pietà di lui, “Le persone non escono insieme solo perché sono uguali, sarebbe noioso. Gli opposti si attraggono.”
“Sì, hai ragione Lunastorta!” James si tirò su di morale. “Però magari dovrei davvero scoprire cosa le piace…”
“Ehm…sì, potrebbe essere un inizio.” Remus scosse il capo, tornando al suo tema di Incantesimi. Si era messo il cuore in pace riguardo questa ossessione per le ragazze; era più facile annuire e far finta di essere comprensivo.
Per fortuna, la maggior parte dell’attenzione di James e Sirius era rivolta verso gli allenamenti per la loro imminente partita di quidditch contro i Serpeverde che sarebbe stata all’inizio di febbraio. Con la guerra che incombeva su tutti, la competitività tra le due case aveva assunto un significato nuovo e più importante e Sirius e James consideravano la loro posizione nella squadra come un impiego a tempo pieno.
Pertanto, Remus non li vide molto all’inizio di quel semestre e passò la maggior parte del suo tempo in biblioteca come al solito. Quando gli altri due non si stavano allenando in campo (naturalmente con Peter che li guardava) erano in punizione per un motivo o l’altro. Non c’era praticamente tempo per continuare a lavorare sulla mappa o persino per pianificare un nuovo piano; i malandrini si incrociavano solo ogni tanto.
La situazione divenne così estrema che quando arrivò il primo fine settimana a Hogsmeade, a metà gennaio, Remus non aveva nessuno con cui andarci. Considerò quasi di non andarci finché un pomeriggio dopo la lezione di Pozioni Lily non tirò fuori l’argomento, chiedendogli di andare con lei e (o perlomeno lo dava per scontato) Mary e Marlene. Sembrava un bel modo di passare il suo sabato e si ricordò che doveva ancora prendere un regalo di Natale a Lily.
Come d’accordo, sabato mattina Remus e Lily si incontrarono nella sala comune e si incamminarono verso l’ingresso del castello.
“Che fine hanno fatto le M?” Chiese Remus, sorpreso, quando scoprì che sarebbero stati da soli. Lily arrossì, ma probabilmente era solo per via dell’aria fredda.
“Be’, pensavo che potessimo uscire solo noi due questa volta.”
“Okay.” Sorrise. Gli piaceva molto la compagnia di Lily, quasi quanto quella dei malandrini.
“Allora, perché sono tutti in punizione?” Chiese mentre arrancavano nella neve verso il villaggio.
“Diversi motivi.” Remus sventolò una mano. “Peter è stato beccato a girare di notte, James è stato incolpato per aver cambiato le parole sui trofei di Serpeverde…e credo che Sirius abbia affatturato uno del secondo anno.”
“Tipico.” Lily emise un verso di disapprovazione.
“Sì.” Remus sorrise mentre avanzavano faticosamente nella neve, seguendo la fila di studenti con le vesti scure davanti a loro. “Però devi ammettere che l’idea dei trofei era brillante. L’incantesimo è durato sette giorni!”
“Però non era una cosa molto gentile da fare.” Lily fece una smorfia. Remus sospirò. Perché le ragazze dovevano sempre essere gentili?!
Una volta che raggiunsero il villaggio, si fermarono in cartoleria, perché avevano entrambi bisogno di nuove penne. Remus ne prese anche una per Sirius e una per Peter, perché gliel’avevano chiesto. Raccontò a Lily di come Peter premeva con troppa forza sulla pergamena e aveva spezzato due penne in una settimana, lasciando macchie ovunque, e di come Sirius usasse solo la marca più costosa perché era vanitoso riguardo la sua calligrafia.
Dopodiché andarono nell’ufficio postale dove Remus spedì un pacco ai Potter da parte di James. Spiegò a Lily che era il compleanno della signora Potter e James coglieva ogni occasione per fare un regalo. Poi, dato che stavano morendo di freddo, decisero che la loro prossima tappa sarebbe stata I Tre Manici di Scopa per bere una burrobirra.
Trovarono un piccolo tavolo vicino al caminetto e si sedettero, chiacchierando amichevolmente a proposito delle loro lezioni e di come avevano passato Natale. Lily parlò a lungo di come aveva litigato pesantemente con sua sorella. Remus le disse che era andato a vedere Il giustiziere della notte, ma non menzionò la visita di Silente.
“Quindi vai dai Potter ogni anno?” Chiese Lily.
“Sì.” Remus annuì con fervore. “Sono fantastici. Io e Sirius andiamo sempre. E poi Pete vive sulla stessa strada di James, quindi è bello.”
“Voi quattro siete sempre insieme?” Chiese Lily divertita. Quel commentò infastidì Remus.
“Sono i miei amici. I miei migliori amici.”
“Lo so.” Rispose, sembrando a sua volta un po’ seccata. “Ma è tutto il pomeriggio che parli di loro.”
“Non è vero.” Borbottò Remus sulla difensiva, guardando imbarazzato la sua burrobirra. “…E anche se fosse?”
“Be’, volevo conoscere te meglio, non i tuoi amici.” Ora Lily aveva due chiazze rosse sulle guance, come una bambola olandese. Remus non capiva perché fosse così tanto irritata.
“Ma mi conosci. Mi conosci da cinque anni!”
Lily lo fissò, incredula. Poi la sua espressione mutò. Si passò una mano nei capelli e rise senza umorismo.
“Oh, Remus.” Sospirò.
“Cosa?”
Scosse la testa.
“Sono così stupida. Non hai proprio idea del perché volessi passare il fine settimana con te, vero?”
Alzò le spalle. Lily sorrise, mandandogli quello sguardo compassionevole che le ragazze sono così brave a fare. “Lascia stare.” Disse. “Non preoccuparti.”
Dopodiché il tono del pomeriggio sembrò cambiare. Lily parve rilassarsi e tornò a comportarsi come al solito, iniziando a scherzare con lui. Si lamentò persino un po’ di Piton che aveva di recente detto qualcosa di estremamente scortese a Mary. Remus non scoprì perché inizialmente fosse stata così intrattabile, ma decise che probabilmente era dovuto al fatto che aveva parlato dei suoi amici, Lily aveva sempre detto chiaramente di trovarli irritanti. Lily accettò solamente che le pagasse una burrobirra come regalo e gli garantì che non pensava che le dovesse qualcosa.
Fu solo il giorno dopo, mentre Remus, James, Sirius e Peter stavano facendo colazione, che tutto divenne chiaro. James e Sirius indossavano la divisa da quidditch, pronti per gli allenamenti, e discutevano furtivamente di alcune strategie mentre Peter li ascoltava, profondamente interessato, annuendo e mormorando “Sì, esatto…” ogni tanto. Remus stava controllando la sua lista di libri; ne doveva restituire diversi e doveva ancora fare un riferimento incrociato tra un paio d’altri prima di poter completare il suo tema per Trasfigurazione. Marlene si accomodò di fianco a loro, anche lei con l’uniforme rossa, e si allungò a prendere il tè.
“Allora,” si rivolse a Remus, “ieri com’è andata?”
“Hm?” Chiese sollevando lo sguardo dalla sua pergamena. “Ieri?”
“Tu e Lily ad Hosgmeade!” Gli stava facendo un sorriso d’intesa. “Non ci vuole dire nulla, quindi, deve essere andato bene!”
“Di cosa stai parlano?!”
“Sì, McKinnon,” Sirius alzò lo sguardo con curiosità, “di cosa stai parlando?”
“Non ve l’ha detto?” Mescolò innocentemente dello zucchero nel suo tè. “Remus e Lily avevano un appuntamento ieri.”
“Cosa?!” Esclamarono all’unisono James, Sirius e Remus. Sirius iniziò a ridere. “Lunastorta ad un appuntamento?!”
“Con Evans?!” James sembrava inorridito.
“Dannazione!” Disse Peter.
“Non era un appuntamento!” Disse Remus, sbattendo la sua penna sul tavolo. A quelle parole si sentì sprofondare lo stomaco. Era un appuntamento? Come poteva saperlo, essendo stato preso in contropiede in quel modo?! Guardò James, disperato. “Ma non mi piace Lily, è solo un’amica!”
“Sì…lo so amico.” Disse James, ma secondo Remus non era molto sicuro. “Non preoccuparti. Ci…vediamo dopo gli allenamenti.”
Detto ciò, James si alzò e si allontanò dal tavolo. Sirius lo seguì con lo sguardo per un momento, poi guardò Remus, poi di nuovo James, prima di alzare le spalle disperatamente e seguire il suo amico fuori dalla sala. Peter lo seguì poco dopo e Remus appoggiò la testa al tavolo, gemendo.
“Wow, mi dispiace Remus.” Disse Marlene con un filo di voce. “Non ne avevo idea. Um…a James piace davvero tanto, quindi?”
Remus gemette di nuovo prima di alzarsi prendendo i suoi libri.
“Vado in biblioteca.” Disse senza guardarla.
* * *
Ciononostante, non andò in biblioteca in caso Marlene fosse venuto a cercarlo o, peggio ancora, avesse detto a Lily e Mary dove si trovava. Per la prima volta dal suo secondo anno, Remus si nascose. Ovviamente era un problema quanto fosse cresciuto dal secondo anno. Molti dei suoi soliti angolini e nicchie erano troppo piccoli ora. Alla fine, si accomodò dietro la statua della strega orba, all’inizio del passaggio segreto verso Mielandia. Era buio, ma si fece luce con la bacchetta e il debole odore di cioccolata era piuttosto confortante.
Provò a leggere ma il suo cervello gli impediva di concentrarsi, sembrava voler pensare di continuo alla sua visita a Hogsmeade. Lily aveva detto qualcosa che si era perso? Forse qualcosa nel suo linguaggio del corpo? Gli aveva dato degli indizi? James li avrebbe capiti? E Sirius? Non era per niente giusto, pensò Remus pietosamente. Lily era una buona amica, perché mai avrebbe voluto rovinare tutto con i sentimenti, il tenersi per mano e il baciarsi?!
Sperava davvero di non doverne discutere con lei ora. Forse era imbarazzata tanto quanto lui. Peggio ancora, se James non gli avesse mai più parlato? Non sapeva come spiegargli che non vedeva Lily in quel modo, non quando ogni altro Grifondoro del loro anno sembrava voler accoppiarsi a tutti i costi.
Forse avrebbe dovuto baciare Marlene quando si era offerta a novembre. Forse l’avrebbero lasciato tutti in pace una volta che l’avesse fatto. Prima o poi dovrai iniziare a baciare delle ragazze, si disse. Lo fanno tutti, è normale. Ma non Lily, non avrebbe potuto fare una cosa del genere a James. Anzi, Remus decise che probabilmente non era interessato a Lily proprio per quel motivo, perché altrimenti era estremamente carina, divertente, gentile, sveglia e migliore di lui a Incantesimi. Lily era solamente il tipo di ragazza che gli sarebbe piaciuto, Remus ne era certo, ma la sua amicizia con James era molto più importante.
Sentendosi piuttosto saggio e con spirito di sacrificio, Remus emerse dal suo nascondiglio. Si indirizzò verso la scalinata più vicina, intenzionato ad andare nel campo di quidditch per vedere gli ultimi minuti dell’allenamento. Dopodiché avrebbe fatto qualcosa di gentile per James, come rileggere il suo tema di Storia o qualcosa del genere. Sì, poi sarebbe tornato tutto a posto.
Tuttavia, come gli era stato detto una volta, i piani migliori spesso non vanno a buon fine. Si stava avvicinando al fondo della scalinata principale, scendendo tre gradini alla volta solo perché poteva, senza guardare dove stesse andando, quando andò a sbattere contro uno studente che stava salendo le scale.
“Sta’ attento, sanguesporco.” Ringhiò Severus Piton rimettendosi velocemente in piedi e fulminando Remus con lo sguardo. Remus fece un verso di disapprovazione.
“Fottiti, Mocciosus, sono mezzosangue tanto quanto te.”
“Noi due non abbiamo nulla in comune, te lo garantisco.” Rispose Piton altezzosamente, spolverandosi l’uniforme.
“Immagino che quando si tratti di standard d’igiene-”
“Attento, Lunatico Lupin.” Piton strinse i suoi occhi pungenti. “Non dire qualcosa di cui ti pentirai.”
“Oh togliti dai coglioni.” Rispose Remus impazientemente facendo un passo in avanti. “Non ho tempo da perdere, maledicimi ora o levati dai piedi.”
Piton si fece immediatamente di lato, indicando a Remus con un gesto plateale che era libero di andarsene. Era angosciante, ma Remus non poteva preoccuparsene in quel momento e continuò per la sua strada.
Keilyn (Guest) on Chapter 1 Wed 10 May 2023 04:49AM UTC
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Expectomalfoyx on Chapter 1 Fri 26 May 2023 10:59PM UTC
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Sophie-Lee (Guest) on Chapter 1 Sun 18 Jun 2023 07:44PM UTC
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sofia donati (Guest) on Chapter 1 Mon 01 Jan 2024 09:25PM UTC
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alex (Guest) on Chapter 4 Thu 13 Jun 2024 07:18PM UTC
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Will (Guest) on Chapter 54 Thu 03 Nov 2022 07:46PM UTC
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RRoonniiaa on Chapter 65 Wed 15 Mar 2023 10:21AM UTC
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Acholois (Guest) on Chapter 65 Thu 20 Apr 2023 08:52PM UTC
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Wolkensturm24 on Chapter 65 Thu 04 May 2023 06:48AM UTC
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A (Guest) on Chapter 65 Sun 30 Jul 2023 10:38PM UTC
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marty (Guest) on Chapter 65 Wed 20 Sep 2023 09:14PM UTC
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Chiara (Guest) on Chapter 65 Sun 09 Jun 2024 09:45AM UTC
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