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I WANT YOUR MIDNIGHTS

Summary:

Raccolta di racconti ambientati nel cuore della notte, tra gioie, tristezze, amore, paure ed ansie

Chapter 1: LOVE HURTS THE MOST

Chapter Text

Era tardi quella sera.

Non capivo perché continuavo a girovagare senza meta per le strette stradine della mia città, l'unico pensiero era quello di non voler tornare a casa. Nonostante l'ora tarda, credo intorno la mezzanotte, le strade erano illuminate a giorno dalle luci delle insegne dei locali e c'erano ancora gruppi di ragazzi, miei coetanei, che passeggiavano e chiacchieravano allegramente, probabilmente dopo una bevuta in uno dei tanti pub che costeggiavano la strada.

Non mi ero nemmeno accorta di aver tolto i tacchi e di star camminando scalza fin quando i miei piedi, stanchi e doloranti, non mi costrinsero a fermarmi. Ripresi lentamente fiato, sentendo il movimento di polmoni e diaframma mentre si muovevano, facendo entrare l'aria.

La mente ritornò alle immagini appena viste: petali di rose e polaroid sparse sul pavimento; le bottiglie di Dom Perignon e Chardonnay, non del tutto vuote, appoggiate sul tavolo, vicino a due calici, uno sporco di rossetto; le candele, la cui cera era colata sul pavimento, erano ora spente; un uomo e una donna, il mio fidanzato e la sua collega, dormivano nudi nel letto che io e lui condividevamo da ormai cinque anni.

Quell'ultima immagine fu come un macigno in più, che mi rendeva difficile respirare, anche lentamente. Una dopo l'altra scesero le lacrime, che fino a quel momento avevo trattenuto. Non capivo il perché della sua azione.

Come si poteva buttare in aria una relazione di otto anni in una sola notte?

Come ha potuto dimenticare tutti i progetti e le promesse?

In quel momento era come se fosse un estraneo col viso della persona che amavo di più. Non ho neanche voluto sentire le sue inutili spiegazioni, ormai aveva rotto tutto. Ero scappata, come si scappa da un incubo, sperando appunto che fosse solo quello, che dopo aver attraversato la porta della nostra camera, mi sarei svegliata proprio in quello stesso letto, tra le sue braccia confortevoli, che mi sussurrava che andava tutto bene, che era solo un sogno.

Invece non era un sogno, era la nuda e cruda realtà.

Ripensavo a come ero tornata un giorno prima dalla conferenza solo perché era il suo compleanno, volendo fargli una sorpresa. A ricevere una sorpresa però ero stata io, la peggiore tra tutte. Il solo pensiero che quello non fosse un episodio isolato, un "errore" come mi aveva detto mentre si alzava dal letto cercando di spiegarsi, mi fece scendere altre calde lacrime lungo le guance.

Ero stata una sciocca, così sciocca da credere che potesse durare per sempre, come nelle fiabe. L’amore col “E vissero per sempre felici e contenti” è solo quello di quegli stupidi romanzi rosa che leggevo da ragazza. Nella realtà non esistono le persone che ti amano e ti restano fedeli, nella realtà le persone ti stanno vicine fin quando fa loro comodo, fin quando non si stancano di te. Pensavo di aver imparato la lezione quando la mia, ormai ex, migliore amica mi aveva detto che mi aveva usata solo per arrivare alla promozione in azienda, lasciando un vuoto che ero riuscita a colmare solo con questa consapevolezza: "Non puoi fidarti di nessuno, forse solo della tua famiglia". Poi arrivò lui, con i suoi modi gentili, il suo sorriso, la sua risata cristallina, che tutt'ora riuscirei a riconoscere ovunque tra la folla, le sue parole dolci e protettive, con le sue promesse di restare, sempre e per sempre. Tutte cazzate! Niente di vero, ero io quella che ci teneva di più, quella che c'era nei momenti difficili, quella che è restata anche quando era tutto sbagliato. Lui, invece, alla prima difficoltà preferiva scappare ed andarsene, dimenticandosi di tutti come questa notte.

<<Signorina? Tutto ok?>>

Fu una voce maschile alle mie spalle a riscuotermi dai miei pensieri ed istintivamente andai ad asciugarmi le lacrime che ancora scorrevano sul mio viso prima di voltarmi

<<Si, signore. Non preoccupatevi>> dissi guardando l’uomo davanti a me, che aveva un’aria familiare. Sulla trentina e di bell’aspetto, i capelli dello stesso colore della notte, gli occhi argentei e alto credo più di un metro e ottanta, indossava una semplice T-shirt verde, un paio di pantaloni neri e delle sneakers Nike del medesimo colore. I miei occhi erano su di lui, cercando di capire perché mi fosse così familiare, e lo stesso doveva essere per lui perché mi guardava senza parlare.

<<Scusa per la mia indelicatezza ma sei la fidanzata di Jake, giusto? Sei Alison?>> mi chiese dopo svariati minuti passati ad osservarci a vicenda

A sentire il nome del mio ora ex fidanzato, un’ennesima lacrima scese sul mio volto, seguita poi da un’altra ed un’altra ancora

<<Scusami, non volevo farti piangere di nuovo>> mi disse avvicinandosi, per poi prendere dalla tasca un fazzoletto per cercare di asciugare le lacrime, che scendevano nuovamente copiose seguendo la linea dei miei zigomi fino al mento

<<È successo qualcosa?>> mi chiese mentre asciugava le mie guance, ripulendole anche dal trucco colato

<<Mi ha… lui mi ha... mi ha tradita>> dissi tra i singhiozzi, non riuscendo ancora a concretizzare a parole la scena che avevo visto

Lui non disse niente, mise solo la sua mano tra le mie scapole e mi spinse verso il suo petto, tenendomi stretta tra le sue braccia possenti, facendomi cadere dalle mani le décolleté nere.

<<Mi dispiace, davvero tanto>> mi sussurrò all’orecchio mentre accarezzava i miei, non molto lunghi, capelli castani per tranquillizzarmi.

In quel momento tutti i muscoli, che non sapevo di tenere tesi al massimo, si rilassarono e mi abbandonai nelle braccia di questo semisconosciuto, incurante di tutto e tutti, come se non esistesse altro che me e lui in quel momento.

Passarono quelle che per me furono ore ma in realtà erano solo pochi minuti quando mi staccai dal suo petto, mettendo tra noi una piccola distanza.

<<Scusami, ti sarò sembrata una bambina.>> dissi guardandolo in volto, cercando ancora di ricordare il suo nome. Facevo schifo a ricordare i nomi e ad associarli a un volto.

<<Niente affatto. È normale essere scossi dopo una cosa del genere. Mi dispiace che tu ora stia soffrendo così tanto per uno come Jake. Lui non merita nemmeno una delle tue lacrime.>> mi rispose sinceramente dispiaciuto.

<<Grazie per avermi confortata, però non ricordo il tuo nome, scusami.>> lo ringraziai un po’ in imbarazzo

<<Sono Richard, un amico di Jake. Ci siamo visti lo scorso Capodanno a casa di Kendall>> mi rispose sorridendo, non mostrando alcun risentimento per non averlo riconosciuto

Ora ricordavo. Era uno dei migliori amici di Jake, si erano incontrati all’università e ora lavoravano per la stessa azienda. Quindi conosceva anche la donna con cui mi aveva tradito.

<<Tu per caso sai se lui aveva una relazione con Sarah? Ti prego si sincero>> gli chiesi cercando di nascondere il dolore che provavo nel pronunciare quella frase

<<Io… pensavo fossero solo voci maligne degli altri colleghi. Lui non aveva mai accennato di starsi frequentando con lei ma mi aveva detto che aveva conosciuto un’altra persona e che forse provava qualcosa. Pensavo che ne avesse parlato anche con te. Mi dispiace e mi scuso con te, avrei potuto dirtelo ma non l’ho fatto.>> disse senza guardarmi negli occhi

<<Non devi scusarti, non è colpa tua. Lui ha fatto una scelta e ha scelto quella più facile per lui: tenere il piede in due scarpe fin quando avrebbe potuto. Avrebbe potuto parlarne con me, avremmo potuto affrontare la cosa da persone adulte e rispettose ma non è andata così. Ha preferito che lo scoprissi da sola, che lo trovassi nel nostro letto con lei, dopo che avevo rinunciato ad una conferenza importante per tornare da lui, per il suo compleanno.>>

<<Jake è proprio una merda, mandare all’aria un qualcosa di concreto e sincero per cosa? Del sesso e basta perché per Sarah è solo quello, la conosco>>

<<Alloro spero che ne rimanga scottato, come sono rimasta scottata io>>

<<Hai un posto dove stare? Perché credo che tu non voglia per niente tornare a casa da lui>> mi chiese gentilmente

<<In realtà non lo so. Non avevo pensato a questo, non sono riuscita a pensare a nient'altro che a ciò che ho visto. Credo che per stanotte prenderò una camera d’albergo, poi penso che tornerò da mia madre>> gli risposi, tastandomi il fianco notando però di non avere la borsetta.

Dovevo averla lasciata in casa, sull’appendiabiti, quando ero arrivata, prima della catastrofe. Non avevo neanche le chiavi della macchina, anch’esse rimaste in casa.

<<Non esiste! Perché dovresti spendere dei soldi per dormire. Potresti, sempre se vuoi, dormire a casa mia. Abito qua vicino ed ho un letto in più per quando viene a trovarmi qualcuno. Altrimenti posso accompagnarti da un’amica o da tua madre con la macchina.>> mi disse in tono serio e fermo

<<Non preoccuparti, non voglio recarti disturbo. Se mi accompagni a casa vado a prendere la borsa con il portafogli e poi vado con la mia macchina al primo hotel che trovo.>> rifiutai la sua proposta un po’ per vergogna e un po’ perché volevo stare da sola, per pensare e capire come andare avanti.

<<Sarebbe meglio che non guidassi né che dormissi da sola, sei ancora scossa. Non mi sei di alcun disturbo e anzi mi faresti stare più tranquillo. Che ne dici?>>

Lo guardai di nuovo in viso, cercando di capire le sue intenzioni ma riuscivo a leggere solo gentilezza e disponibilità nei suoi occhi, e un qualcos’altro che non riuscivo a capire, come se lui mi fosse vicino e comprendesse bene il mio dolore.

<<Perché mi vuoi aiutare? Mi conosci a malapena>> gli chiesi genuinamente curiosa.

<<Perché so bene cosa vuol dire girare per le strade nel cuore della notte col cuore spezzato ed avere qualcuno che ti capisca può aiutarti davvero tanto>> mi rispose lasciandomi completamente senza parole.

<<Vieni, la mia auto è parcheggiata poco più avanti>> mi disse prendendo con una mano le scarpe, che erano rimaste per terra per tutto questo tempo, e con l’altra la mia mano per poi cominciare a camminare

Raggiungemmo la sua automobile, una BMW nera, in pochi minuti e durante tutto il tragitto verso l’auto lui mi teneva per mano, stringendola delicatamente per tre volte. Anche una volta saliti e partiti verso casa sua, mi prese nuovamente la mano, stringendola di nuovo per tre volte, prima di posarla sul cambio per passare alla marcia successiva.

<<Come mai mi hai stretto per tre volte la mano? È una specie di esercizio per rilassare i nervi?>> gli domandai poco dopo

<<Mia mamma, quando da bambino ero triste o preoccupato, mi stringeva delicatamente la mano per tre volte, ed era un suo modo per dirmi “Io per te ci sono”>> mi rispose prima di rallentare e parcheggiare davanti ad un palazzo

<<Siamo arrivati>> mi disse scendendo dall’auto per poi venire ad aprire la portiera per farmi uscire.

Entrammo silenziosamente nell’androne del palazzo, dirigendoci poi all’interno dell’ascensore. Richard digitò il numero 5 sul tastierino e l’ascensore cominciò a salire. Nessuno di noi osò proferir parola e l’unico suono a distruggere il silenzio creatosi fu il “din” dell’ascensore che avvisava che avevamo raggiunto il nostro piano. Una volta fuori, Richard svoltò a sinistra, avvicinandosi a quella che doveva essere la porta di casa sua. Estrasse dalla tasca un piccolo mazzo di chiavi e ne inserì una nella toppa, facendo scattare la serratura.

L’appartamento non era tanto grande ma era molto accogliente. Si entrava in un soggiorno-cucina abbastanza ampio, il divano in pelle bianco occupava una buona parte dello spazio. Non vi era un tavolo con sedie ma una penisola in marmo, anch’esso bianco, che divideva il lato soggiorno da quello cucina e a cui erano affiancate un paio di sgabelli alti. Tutti i mobili erano color beige, riprendendo il colore chiaro del parquet, l’unica cosa che stonava era la televisione a muro nera, posta di fronte al divano ma in modo che si potesse vedere anche mentre si stava seduti vicino alla penisola. Notai che non vi era alcuna foto su nessuno dei mobili presenti in quella stanza, neanche una che lo ritraesse anche da solo. La luce della luna entrava dal grande balcone che dava sulla strada.

<<Vieni ti faccio vedere la stanza>> mi disse invitandomi a seguirlo verso la stanza che mi avrebbe ospitato per quella notte

Passammo prima davanti ad una porta chiusa, molto probabilmente il bagno, per poi fermarci davanti ad una seconda porta chiusa che Richard aprì. La stanza, dalle pareti blu pastello, non era molto arredata. C’era solo un letto ad una piazza, con la testiera in legno bianco e le coperte blu notte, e un armadio ampio sempre bianco. Anche qui non vi era alcuna foto ma era plausibile visto che era poco utilizzata. Il punto luce della stanza era l’unica finestra posta di fronte alla porta, che mostrava lo skyline del centro città, con le luci dei locali ancora accese.

<<Il bagno è qui di fianco mentre la mia camera è quella in fondo. Nell’armadio ci dovrebbe essere un pigiama, così dovrai dormire con i vestiti>> mi disse posando le mie scarpe vicino al letto per poi guardare il mio tailleur lilla e il sottogiacca nero.

<<Grazie, davvero>> gli dissi lasciandogli una carezza sul braccio

<<Per qualsiasi cosa sono nella mia camera, non esitare a chiamarmi>> mi rispose sorridendo, dandomi un bacio sulla fronte prima di dirigersi nella sua stanza.

Quando lui si chiuse la porta dietro di sé, entrai nella camera e mi diressi direttamente verso l’armadio, aprendolo. Era completamente vuoto tranne per la presenza, sul fondo, di una maglietta bianca a maniche corte e un paio di pantaloncini blu. La maglia si vedeva che era di almeno due taglie in più alla mia mentre i pantaloncini sembravano essere della mia taglia.

Dopo aver preso il pigiama mi diressi verso il bagno, dalle pareti color tortora, in cui era presente un box doccia di vetro, col piatto doccia di ceramica bianca, un water e un lavandino del medesimo colore, un mobiletto in legno scuro alto e stretto vicino al lavandino e un gancio a cui erano appesi due accappatoi. La cosa che mi stupì fu l’assenza di uno specchio sopra il lavandino, presente sempre in qualsiasi bagno. Appoggiai il pigiama sul davanzale della finestra e cominciai a spogliarmi, lasciando i miei vestiti sul pavimento.

Entrata nella doccia mi colpì subito il getto caldo dell’acqua, che mi colpiva sulle spalle e sul petto, facendo poi scivolare l’acqua lungo l’addome e le gambe. Presi il bagnoschiuma e cominciai ad insaponarmi, prima le gambe, poi le braccia e il petto. Quando passai ad insaponarmi la schiena ritornò prepotente alla mente di tutte le volte che avevamo fatto la doccia insieme, di tutte le volte che gli chiedevo di lavarmi la schiena con la scusa di non riuscire ad arrivare in determinate parti. Le lacrime tornarono nuovamente a scendere sulle mie guance, mischiandosi con l’acqua che scendeva dal soffione della doccia. Rimasi tanto tempo a piangere sotto il getto d’acqua, mentre i ricordi della nostra vita insieme mi passavano davanti come un film. Quando non rimasero neanche le lacrime da versare, feci velocemente lo shampoo ed uscii dalla doccia.

Fui grata che non ci fosse lo specchio perché sicuramente avevo gli occhi rossi e gonfi e non volevo vedermi in che stato pietoso mi ero ridotto per una persona che, mentre io stavo piangendo, sicuramente stava facendo sesso con quella nel nostro letto, nel letto che aveva visto la nostra prima volta, che aveva custodito il nostro sogno di avere un bambino, forse più mio che suo, arrivati a questo punto.

Una volta asciugati i capelli, dopo aver perso quasi dieci minuti per trovare l’asciugacapelli, ed indossato il pigiama, mi ritirai nella mia stanza, coricandomi sul letto sperando di addormentarmi velocemente.

Così non fu. Continuavo a rigirarmi nel letto, rivivendo all’infinito la scena di loro due a letto e lui che si svegliava, che cercava di spiegarsi. Non so poi come ma i miei occhi si chiusero e mi addormentai.

Mi trovai di nuovo a casa mia, nel mio soggiorno. Salii le scale verso la camera da letto e vidi Jake baciare appassionatamente quella donna. Appena mi vide, si stacco da lei e mi sorrise.

<<Vedi. È lei la donna con cui voglio stare. Tu sei stata solo una fase della mia vita, una con cui condividere il letto la notte, con cui poter far sesso ogni volta che volevo.>>

<<No, non è vero. Tu mi ami, me l’hai detto.>>

<<Io? Amare te? Figuriamoci.>>

<<Avevi promesso che mi avresti amato per sempre, che ci saresti stato sempre nei miei momenti bui, che non mi avresti fatta soffrire.>>

<<Io non faccio promesse, io prendo solo ciò che voglio. E tu non sei ciò che voglio, non lo sei mai stata>> disse sorridendo malignamente per poi tornare a baciare la sua collega.

<<Jake ti prego, non farmi questo. Ti prego!>> dissi tra le lacrime.

<<JAKE!>> gridai, svegliandomi da quell’incubo terribile. Altre lacrime cominciarono a scendere copiose e veloci e cominciai anche a singhiozzare.

<<Alison!?>> mi chiamò Richard, aprendo di scatto la porta.

Vedendomi in quello stato corse verso di me, si sedette sul letto e avvicinò la mia testa al suo petto accarezzandomi i capelli, come aveva fatto poche ore prima, mentre continuavo a piangere, inzuppando la sua maglia con le mie lacrime

<<Quando passerà tutta questa sofferenza?! Dovrebbe essere lui a soffrire, non io>> chiesi tra le lacrime e i singhiozzi.

<<Passerà ma ci vorrà del tempo. All’inizio ci saranno gli incubi e i ricordi ma poi andrai avanti. Devi essere tu a spronarti, a trovare in te stessa la forza di superare questo, non negli altri.>> mi rispose, passando lentamente la mano lungo la mia schiena.

Alzai i miei occhi verdi su di lui, vedendo che i suoi occhi erano lucidi.

<<Tu dopo quanto tempo sei riuscito a superarla?>> gli domandai in un sussurro.

<<Sto tutt’ora cercando di superarla, non è facile ma per me stesso devo farcela>> mi rispose, fissando l’orizzonte fuori dalla finestra.

<<È per questo che in casa non hai alcuna foto e non c’è lo specchio?>>

<<Lo specchio l’ho tolto pochi giorni dopo che lei se n’è andata con un altro, lasciandomi solamente un biglietto in cui diceva che non provava più le stesse cose. Non riuscivo a non vedere lei nel riflesso dello specchio, lei che avevo amato più di me stesso e che mi aveva abbandonato, lasciandomi da solo in oblio di sofferenza. Le foto le ho prese e buttate quello stesso giorno. Non aveva più senso tenere esposte i ricordi di un amore fallito.>>

<<Io non sono forte come te, non credo che questo mio dolore passerà mai>>

<<Ci devi riuscire, invece. Altrimenti è come se gli avessi dato il permesso di rovinarti la vita per sempre. Trova la forza e va avanti con la tua vita. Io posso starti vicino, passeggiare in giro per la città a mezzanotte con te quando i ricordi non ti fanno dormire, aiutarti a superare le tue mezzanotti ma niente di più. Se non ti dai tu la spinta per uscire dall’oblio della tua sofferenza, nessuno avrà abbastanza forza per tirarti fuori.>>

Le sue parole mi confortarono. Quella notte avevo perso quello che credevo fosse l’amore della mia vita, ma avevo capito una cosa: Il nostro io, noi stessi, veniamo prima di chiunque altro e nessuno può distruggerci davvero se non siamo noi a dargli il permesso di distruggerci. Inoltre, avevo anche guadagnato un amico, una guida per uscire dall’oblio, un qualcuno con cui condividere questo cammino verso la fine della sofferenza e, chissà, forse qualcosa di più.

Chapter 2: SO IT GOES...

Notes:

DISCLAMER: I nomi dei personaggi sono del tutto casuali, non vi è alcun legame con la canzone che ha ispirato la storia e non vuole essere una fanfiction jaylor (Sono una swifitie e so che non stanno più insieme). Sulla fine del racconto c'è una scena di sesso esplicito, che separerò dal racconto tramite una serie di asterischi, quindi se non vi piace potete saltarla. Detto questo buona lettura a tutti coloro che vorranno leggerla

Chapter Text

Il Dark Phoenix non era mai stato così pieno. Non era mai stata una discoteca molto frequentata, o almeno non in settimana, ma quella sera era come se tutti i giovani della città si fossero catapultati lì. Io e le mie amiche eravamo sedute al solito tavolo, bevendo e osservando tutta quella fiumana di gente ballare sulla pista.

<<Abbiamo scelto la serata sbagliata per venire qui solo per bere>> disse Selena, il Margarita quasi finito nella sua mano destra.

<<Invece abbiamo scelto la serata giusta! Hai visto quanti ragazzi ci sono?! Finalmente qualcuno di decente oltre ai soliti trentenni che frequentano questo locale>> le rispose invece Meredith, scolandosi poi l'ennesimo shot di vodka.

<<Vacci piano Mer. Non vorrei doverti trasportare in ospedale in coma etilico>> la rimproverò Blake, che da quando ha preso la patente, ormai da un bel po' di tempo, ci fa da taxista personale ogni volta che dobbiamo uscire.

<<Blake, ti voglio bene ma esci dalla modalità "mamma". Non saranno due shot a mandarmi in coma etilico>>

<<Infatti ne hai bevuti sei>> s’intromise Selena posando il bicchiere ora vuoto sul tavolo.

<<Vabbè ma comunque non sono tanti>>

<<Per il momento, quindi contieniti>> le rispose nuovamente Blake, guardandola come a sfidarla di replicare.

Io mi ero estraniata dal discorso. Di solito avrei dato man forte a Meredith, ma al momento la mia testa era da tutt'altra parte.

Continuavo a guardarmi in giro, cercando tra la folla una persona in particolare. Ci eravamo dati appuntamento per le undici e trenta, dopo più di due mesi passati a sentirci solo per telefono. Il solo pensiero di rivederlo mi fece scorrere un brivido lungo la schiena, per fortuna coperta dal tubino nero che indossavo. Nessuna delle mie amiche era a conoscenza di questo mio "incontro galante", se proprio vogliamo chiamarlo così, non perché non mi fidassi di loro, anzi. Avrei affidato la mia vita nelle loro mani ma non riuscivo ancora a realizzare che un ragazzo così bello ma soprattutto gentile fosse interessato a me. La mia precedente relazione non era finita esattamente come desideravo e avevo deciso di prendere le distanze da qualunque possibile nuova relazione. Fin quando poi non ho incontrato lui.

Ci siamo conosciuti ad una festa organizzata a casa di Meredith cinque mesi fa ed era il migliore amico di suo fratello. Era stato lui ad avvicinarsi per parlare con una scusa banalissima. Ero seduta da sola sul divano mentre le mie amiche ballavano al centro dell’ampio soggiorno circondate da persone per la maggior parte sconosciute visto che la festa era stata organizzata da James, fratello di Mer. Anche lui come me si trovava fuori dall’improvvisata pista da ballo e sembrava essere leggermente a disagio lì in piedi da solo.

<<Anche a te non piace ballare?>> mi domandò, la voce un po’ alta per farsi sentire sopra la musica

<<In realtà sì. Solo che non sono molto nel mood in questo periodo>> gli risposi per poi bere un sorso di vino dal mio bicchiere

<<Ti va se mi siedo vicino a te? Mi sento un po’ stupido a starmene qui senza ballare>>

<<Certo>> gli dissi facendogli posto sul divano

Abbiamo parlato per il resto della serata: degli studi, delle reciproche passioni, dei progetti post college. L’argomento principale erano stati i gatti. Lui ha un persiano di appena un anno di nome Chris, con gli occhi blu come quelli del suo padrone, mentre io ho due Scottish Fold, Olly, tre anni, e Ben, due.

<<Ti va se ci scambiassimo i numeri? Così potrò tenerti aggiornato su Chris>> mi disse quando la sala si era leggermente svuotata, il sorriso sghembo e quegli occhi blu come l’oceano dritti nei mie, quasi a volermi far annegare in essi

Dopo lo scambio dei numeri ed essere tornati a casa eravamo tornati alle nostre vite ma ci sentivamo ormai tutti i giorni per messaggio. All’inizio per parlare dei nostri amici felini ma col passare dei giorni abbiamo cominciato a conoscerci e a parlare frequentemente di noi e delle nostre giornate. Quasi un mese dopo mi chiese per la prima volta di uscire e a queste si erano succedute delle altre.

Era successo tutto inaspettatamente ma era tutto così maledettamente giusto per me che quasi mi sembrava di conoscerlo da sempre.

<<Terra chiama Taylor! Sei tra noi?>> A risvegliarmi dai miei pensieri è Selena, seduta sul divanetto di fianco a me, sventolando la sua mano sinistra davanti al mio viso

<<Si, si ci sono>>

<<Non dirmi che stai pensando ancora a quel coglione di Oscar perché altrimenti vado da lui e gli spacco la faccia ma non prima che tu abbia bevuto almeno tre Mojito!>> dice Meredith alzandosi, già pronta ad andare a prendere a calci il mio ex, che però in questo momento era dall’altra parte del mondo

<<No! Mer ti ringrazio per questo tuo slancio ma non preoccuparti. Ormai è acqua passata>> le dico mettendole una mano sul braccio per farla sedere di nuovo

<<D’accordo, d’accordo>> dice prendendo l’ennesimo shot buttandolo giù tutto d’un sorso.

<<Io non mi prendo nessuna responsabilità se ti senti male e hai bisogno di andare in ospedale sappilo>> dice Blake sbuffando

<<Non preoccuparti ho visto mio fratello e i suoi amici in lontananza. Se dovesse servire puoi scaricare la responsabilità su di lui>>

La risposta di Meredith fa scorrere nuovamente un brivido lungo la mia schiena

È qui. Finalmente

Il mio sguardo vaga di nuovo per il locale e stavolta incontra ciò che tanto cerca. Ecco lì, bello come sempre che sembra quasi un’illusione. I capelli biondi aggiustati con un po’ di lacca, che il solo vederli mi ricorda la loro morbidezza mentre le mie mani scorrevano tra essi. Indossa una camicia e un pantalone nero, come ci eravamo detti prima per messaggio. Ed ecco che i suoi occhi incrociano di nuovo i miei e il cuore manca un battito.

Lo vedo muoversi tra la folla per raggiungerci insieme a James e ai loro amici. Passano vicino ad alcune ragazze che li fermano, probabilmente invitandoli a ballare. Gli altri si fanno subito trascinare da queste ragazze, lui è l’unico restio. Lo vedo cercare di allontanarsi, probabilmente inventando qualche scusa, ma c’è una ragazza mora con indosso uno striminzito vestito argentato che invece cerca di tirarlo verso la pista. La vedo fargli gli occhi dolci e le moine e so per certo che il mio sguardo sia paragonabile a un incendio estivo. Non so invece quale santo mi abbia trattenuto quando quella si sporge per baciarlo. Lui la ferma prontamente e stavolta le dice qualcosa che la fa allontanare definitivamente.

I nostri sguardi s’incontrano di nuovo e in questo momento vorrei correre da lui e baciarlo fino a perdere il fiato ma darei troppo nell’occhio se mi alzassi all’improvviso senza un motivo apparente per le mie amiche continuo a sentir parlare ma le loro voci sono come ovattate.

Tutti i miei sensi sono concentrati su di lui, sui suoi movimenti ma soprattutto sui suoi occhi. Il mio incantatore.

A risvegliarmi di nuovo da questo incantesimo è la vibrazione del mio telefono. Velocemente lo prendo e apro i messaggi

All’entrata dei bagni tra 5 minuti. Non vedo l’ora di assaporare le tue labbra

-Joey

Rileggo più e più volte quel messaggio come a inciderlo nella mia mente mentre sorrido probabilmente come un’ebete

<<Tayyyy, chi è che ti scrive a quest’ora?>> domanda Meredith ormai ubriaca cercando di sbirciare sul mio cellulare che prontamente metto in stand-by per non farle leggere

<<Oh, nessuno>> rispondo cercando di sembrare disinvolta

<<Sicuuuraa? A me non sembra. Stavi sorridendo e molto anche>>

<<Meredith ha ragione. Stavi sorridendo, un sorriso a trentamila denti. È tanto che non ti vediamo sorridere così>> dice Selena rincarando

<<Era solo un meme sui gatti, non preoccupatevi>> dico bevendo poi un paio di sorsi del mio Long Island

<<Non c’è nulla di male nel trovare nuovamente l’amore, Taylor. Tutti abbiamo bisogno di amore nella nostra vita>> a parlare stavolta è Blake, che, come al solito, trova sempre le parole giuste da dire quando si tratta di qualcosa d’importante e/o serio

<<Se c’è una persona che ti fa stare bene noi siamo felici per te perché te lo meriti. Non importa se lo conosciamo o meno, l’importante è che ti renda felice>>

<<Noi ti vogliamo bene e per questo aspetteremo i tuoi tempi. Poi non mi sembra il caso di parlare di una cosa tanto importante in questo posto>> continua Selena stringendomi una mano sorridendomi dolcemente come fa sempre

<<Grazie ragazze. Vi voglio bene e vi prometto che appena saremo a casa vi racconterò tutto>> dico loro sorridendo lanciando poi uno sguardo nella folla

<<Vai allora, non farlo aspettare>> mi incita Meredith, che, a quanto pare, non è così ubriaca come pensavo

<<Va bene, va bene. Io vado. Vi raggiungo alla macchina>> dico alzandomi, prendendo la borsa e mettendoci di nuovo il cellulare

<<Ti aspetto fino all’una, non un minuto più tardi!>> sento dire a Blake mentre mi allontano dal tavolo e una risata fuoriesce dalle mie labbra

L’entrata dei bagni è vicino ai privé, nella parte opposta della discoteca rispetto a dov’ero seduta con le ragazze. Mi tocca quindi attraversare una parte della pista per poterla raggiungere e per fortuna nessuno cerca di fermarmi né accade qualcosa di spiacevole. Riesco così ad arrivare davanti all’entrata ma lui non è lì. Prendo il cellulare e guardo l’orario. Mancano cinque minuti alla mezzanotte e sono passati quasi dieci minuti da quando mi ha inviato il messaggio.

Che se ne sia dovuto andare per qualche motivo?

Forse si è sentito male qualcuno dei suoi amici o, peggio, si è sentito male lui?

O forse si è stancato di me e ha raggiunto quell’altra ragazza?

<<Sei in ritardo>> la sua voce vellutata sussurrata dietro le mie spalle raggiunge le mie orecchie e una scarica elettrica di brividi mi percorre dall’orecchio fino al punto più basso della mia schiena

Mi volto ed è lì, i suoi occhi azzurri si incastrano di nuovo con i miei e le sue mani s’agganciano subito alla mia vita spingendomi più vicina a lui

<<Mi sei mancata>> le sue labbra a un soffio dalle mie

<<Pensavo di no, visto che prima eri in compagnia>> rispondo allontanando leggermente il viso, facendo un po’ la gelosa

<<Ma come vedi sono qui, con te. Perché sei l’unica che può tenere in ostaggio il mio cuore>> le labbra sono di nuovo vicino al mio orecchio e il suo fiato caldo manda altre piccole scariche di piacere lungo tutto il mio corpo

<<Davvero?>> il labbro che trema leggermente mentre cerco di mantenere ancora un po’ di lucidità mentre lui mi lascia un bacio proprio sotto l’orecchio, tirando leggermente coi denti quella porzione di pelle prima di allontanarsi

<<Davvero>> mi risponde prima di catturare le mie labbra in un bacio

È un bacio disperato ma passionale. Le nostre labbra si schiudono in automatico e appena le nostre lingue entrano in contatto è come un’esplosione.

Incastro le mie mani tra i suoi capelli, accarezzandoli e tirandoli leggermente mentre sento le sue muoversi lungo tutta la schiena, fermandosi poi a pochi centimetri dal mio sedere. Le nostre lingue si attorcigliano prima lentamente per poi aumentare sempre di più il ritmo, trasformandosi in una danza senza sosta. Tutto comincia ad annebbiarsi tant’è la passione e l’eccitazione che scorre nelle nostre vene per essere di nuovo insieme. La loro danza è però interrotta quando stacca le sue labbra dalle mie per condurmi in un privé vuoto. Dopo aver chiuso la porta mi spinge contro una parete, incastrandomi tra questa e il suo corpo, posando poi le sue labbra sul mio collo, cominciando a baciarlo con ardore.

Gemo in segno di apprezzamento e faccio per agganciare una gamba intorno alla sua quando, capendo le mie intenzioni, mi solleva per le cosce in modo che possa allacciare le gambe attorno alla sua vita.

Le sue mani restano sotto le mie cosce mentre continua a lasciare una scia di baci umidi lungo tutta la gola, marchiandola con labbra e denti. Io continuo a gemere, le mani ancora tra i suoi capelli, che tiro con più forza con l’aumentare della pressione delle sue labbra su di me.

<<Mi fai impazzire>> dice staccandosi, guardandomi nuovamente negli occhi

La stanza è quasi del tutto buia se non per qualche spiraglio delle luci stroboscopiche che passano sotto la porta ma riesco a vedere perfettamente i suoi occhi, ora più scuri e dilatati dall’eccitazione.

<<Tu di più>> gli rispondo, il respiro corto contro le sue labbra rosse e piene, e l’unica cosa che riesco a fare è tirare nuovamente la sua bocca contro la mia.

Le mie labbra si chiudono tra il suo labbro inferiore, tirandolo e succhiandolo dolcemente e ciò lo fa gemere, un suono gutturale, quasi animalesco. In risposta mi stringe le cosce tra le sue mani flessuose, facendomi scivolare leggermente verso il basso. Le nostre intimità entrano così in contatto e ciò provoca un gemito ad entrambi, che muore l’uno nella bocca dell’altro. Una mano scivola dai suoi capelli verso il basso, andando a sfiorare la sua erezione attraverso il tessuto dei pantaloni, facendolo fremere ancora di più dal desiderio. Quasi in risposta mi sento stringere il fianco da una della sue mani, come fosse un avvertimento mentre continuo a giocare con il bottone del pantalone.

Con uno schiocco si allontana dalle mie labbra, respirando affannosamente, facendomi mugolare come segno di protesta.

<<Se continuiamo così finirò per prenderti qui e non voglio questo>> dice serio, soffiando ogni parola contro la mia bocca schiusa

<<Cosa vuoi?>> gli domando sfacciata posando le labbra sul suo collo, tirando e succhiando una porzione di pelle tra il collo e la clavicola

<<Fare l’amore con te. Farti sentire la persona più amata e desiderata sulla faccia della terra e voglio farlo come si deve>> dice schiacciandomi ancora di più contro la parete facendo strusciare nuovamente le nostre intimità.

Una lacrima di felicità scende lungo la mia guancia e lui prontamente la bacia, restando per un paio di secondo fermo, la lieve peluria del suo volto che mi solletica la guancia

<<Se vuoi possiamo andare a casa mia>> sussurra lievemente, come se avesse appena detto una cosa sconcia in una chiesa

<<Ovunque basta che siamo insieme>> gli dico prima di dagli un veloce bacio sulle labbra.

<<Andiamo allora. Ho la macchina parcheggiata fuori>> dice facendomi scendere prendendomi per mano, guidandomi verso una porta dalla parte opposta della stanza. Quella porta si rivelò essere un’uscita d’emergenza che li condusse fuori nel parcheggio della discoteca, la cui musica risuonava lieve nell’aria fresca di maggio

<<Come sapevi che quella porta ci avrebbe portati qui?>> domandai mentre mi conduceva verso la sua macchina, un datato Mercedes nero

<<Ci sono stato più di una volta in quel privé. Solitamente Lucas se lo fa riservare per il suo compleanno>> dice aprendomi la porta in modo che io possa salire in macchina

<<Devo crederti?>>domando mentre si posiziona al posto del guidatore ma il mio labbro imbronciato viene prontamente chiuso tra le labbra del mio ragazzo, che lo succhia leggermente prima di baciami a bocca aperta

<<Ti basta come risposta?>>

<<Continuiamo questo discorso dopo. Ora andiamo>>

<<Come si dice?>> dice infilando le chiavi nella toppa

<<Ti prego>> lo supplico e lui mette subito in moto

Durante il tragitto mando un messaggio a Blake per informarla che non c’è bisogno che mi aspettino e che ci saremo sentite il mattino seguente, ricevendo in risposta un “OK” con l’emoji che fa l’occhiolino. Mentre guida poggia la mano sulla mia gamba lasciata scoperta dal vestito, posizionando il palmo nella parte più interna stringendola leggermente e un brivido ripercorre nuovamente la mia schiena.

Pochi minuti dopo arriviamo davanti a un palazzo e parcheggia proprio davanti all’entrata

<<Prego Milady>> mi dice aprendomi la portiera e porgendomi una mano per farmi uscire

<<Grazie Sir>> gli rispondo sorridendo dandogli la mano

Una volta chiusa la portiera corriamo come due bambini lungo le scale verso il suo appartamento, la sua mano saldamente stretta alla mia, come se fossero legate da un filo invisibile. Raggiungiamo il secondo piano e, percorso il piccolo corridoio, arriviamo davanti la porta di casa sua.

Lascia momentaneamente la mia mano per poter prendere le chiavi dalla tasca e aprire la porta per poi infilarci velocemente dentro. Una volta chiusa la porta alle nostre spalle, Joe fa scivolare una mano sulla mia nuca e spinge le mie labbra nuovamente contro le sue. Mi lascio guidare all’indietro dai suoi piedi ormai nudi visto che le ha scalciate da qualche parte nella stanza e faccio anch’io lo stesso.

Sento le sue mani giocare con la cerniera del mio tubino mentre raggiungiamo finalmente la sua camera da letto. Gemo sulle sue labbra appena mi fa sedere sul suo letto, sovrastandomi completamente. Lo spingo verso di me cercando un maggior contatto tra nostri corpi mentre comincio a sbottonargli la camicia. Non faccio in tempo a slacciare il terzo bottone che lui se la sfila frettolosamente dalla testa restando a petto nudo.

È per me una visione celestiale, un dio greco pronto a soddisfare ogni mio intimo desiderio

<<Ti prego>> lo supplico e le sue labbra sono sulla mia gola, lasciando una scia di baci umidi

****************************************************

Con le mani armeggio vicino alla sua cintura cercando di slacciarla prima di sentire la mia cerniera tirata giù dalle sue lunghe dita, che abilmente fanno scivolare verso il basso il corpetto del tubino, mostrando i miei seni nudi. A questa vista spostò la sua attenzione su questi baciando lievemente prima uno e poi l’altro, catturando tra le labbra un capezzolo.

Il gesto mi fece gemere, di nuovo e con più forza, inarcando la schiena verso il suo viso e agganciando di nuovo le dita tra i suoi soffici capelli. Continuò a stuzzicare e succiare il capezzolo passando poi a quello trascurato, facendomi ansimare e gemere come non avevo mai fatto. Quasi mi vergognavo di tutto il piacere e l’eccitazione che stavo provando.

<<Joe>> sussurro tra un’ansimo e l’altro <<Ti voglio>> dico ormai priva di qualsiasi freno o libido

La mia supplica è la goccia che lo fa traboccare e lo sento sollevarmi dal bordo letto per posizionarmi al centro e finisce di sfilarmi il vestito, lasciandomi con addosso solo le mutandine completamente bagnate, per poi sovrastarmi con la sua figura, ancora con i pantaloni addosso.

Attiro nuovamente le sue labbra sulle mie e armeggio velocemente con il bottone e la cerniera dei pantaloni che poco dopo finiscono sul pavimento. Lo sento sfiorarmi delicatamente i fianchi con i polpastrelli, solleticando la pelle sensibile appena sopra l’elastico delle mie mutandine. Si stacca lievemente dalle mie labbra, guardandomi negli occhi in cerca di consenso per poter togliere l’ultimo indumento rimasto tra noi e in risposta gli sfilo in parte i boxer neri che indossa.

Non se lo fa ripetere una seconda volta, facendo scorrere gli slip lungo le mie gambe. Approfittando della situazione mi mossi contro il suo petto, ribaltando le posizioni mettendo le ginocchia ai lati delle sue cosce. Le nostre intimità entrano quasi a contatto se non fosse stato per il boxer che ancora copriva parte della sua erezione. In una sola mossa glieli sfilo definitivamente, mettendo in mostra la sua erezione dura e pronta.

Puntellandomi sulle ginocchia mi alzo leggermente per poi sedermi su di lui, accogliendolo piano dentro di me fino a unirci completamente. Resto ferma per un minuto o due per potermi abituare alla sua presenza dentro di me mentre i nostri occhi s’incatenano nuovamente. Riesco leggere tutto l’amore e l’adorazione che prova per e lo stesso si può leggere nei miei. Sono ancora incapace di credere che quest’uomo meraviglioso possa essere mio soltanto e che mi ama più di ogni altra cosa.

Mi sporgo col viso leggermente verso il basso facendo sfiorare i nostri nasi

<<Ti amo Taylor>> mi sussurra sulle labbra per la prima volta, gli occhi ancora puntati nei miei ormai tendenti al nero che l’iride si confonde con la pupilla

<<Ti amo anch’io>> gli rispondo sorridendo, gli occhi pieni d’amore per lui, facendo poi ricongiungere le nostre labbra

Ci baciamo piano e dolcemente alternando i baci con lievi gemiti dovuti alle spinte tentennanti. I baci diventano sempre più intensi e focosi con l’aumentare delle spinte, sempre più decise e intense. I fianchi si muovono in sincrono e la stanza si riempie del rumore delle nostre carni che sbattono l’una contro l’altra, dei nostri gemiti e dei nostri nomi sussurrati come un mantra erotico che ci incita a continuare a far godere l’altro.

Fu dopo un tempo inquantificabile che raggiungemmo entrambi l’apice: lui dentro di me, seppellendo la testa nell’incavo tra collo e clavicola che aveva tempestato di baci e morsi, io inarcando la schiena per poi accasciarmi contro il suo petto.

****************************************************

<<Vuoi che ti riaccompagni a casa?>> mi chiede pochi minuti dopo, un braccio attorno alla mia vita che mi teneva stretta a lui

<<No. Tu vuoi che io resti?>> gli domando guardandolo negli occhi, cercando di scrutare qualche dubbio ma questi erano limpidi come un cielo d'estate

<<Si. Vorrei poter dormire sempre così>> posa poi le labbra prima sulla mia fronte, baciandola,  poi sulla punta del naso, facendolo arricciare

<<Anch'io, davvero>> dico mentre lo vedo tirare un lenzuolo a coprire i nostri corpi ancora nudi e spossati per poi circondarmi di nuovo con le sue braccia, in modo che potessi appoggiare la testa sul suo petto

Restammo così l'uno nelle braccia dell'altro per tutta la notte, coperti solo da un lenzuolo, felici e innamorati come nessun altro.

Chapter 3: I LOVE YOU, ITS RUINING MY LIFE

Chapter Text

Ennesimo bar, stessa serata come tutti i sabati da un paio di mesi a questa parte. Non che non mi piaccia passare così il sabato sera, anzi. Dopo aver passato tutta la mia adolescenza chiusa in casa, sull'orlo della depressione, queste serate sono una ventata d'aria fresca nella mia monotona vita, divisa tra lezioni universitarie, studio e quella volta a settimana che do una mano al centro ricreativo per bambini con disabilità vicino il campus universitario.

A spingermi a uscire non sono le cose da fare quanto lo stare insieme alle persone a cui voglio bene, che sono la compagnia migliore che potessi desiderare. In tutto siamo sei, pochi per un gruppo ma stiamo davvero bene insieme.

Principalmente ci sono Amber, Chrissy ed Hayley, le mie amiche di una vita, con cui ho condiviso i più bei momenti e che mi hanno spesso risollevato dal baratro in cui stavo per cadere. Amber è la più bassa di noi, alta appena un metro e sessanta e un fisico snello con curve appena accentuate, ma i suoi capelli biondo cenere lisci e gli occhi azzurro ghiaccio incantano chiunque la veda. È anche quella più determinata e dal carattere più forte, un po' la leader che tiene tutte insieme, generosa e sempre disponibile con tutti.

Hayley è, come dico sempre, la parte speculare di Amber perché l'una completa l'altra. Capelli e occhi castani, pelle pallida con piccole efelidi sul volto, che in estate si accentuano ancora di più, il fisico slanciato e un seno importante. È la cosiddetta "mamma" del gruppo, gentile e premurosa, pronta and ascoltare chiunque voglia confidarsi con lei e sa dispensare buoni consigli. Sa però essere anche una testa spericolata quando si tratta di fare serata.

C'è poi Chrissy, capelli neri a caschetto e profondi occhi castani, il fisico formoso e labbra grandi e carnose. È l'anima della festa, divertente e allegra, anche se a volte il suo sarcasmo la può far sembrare antipatica a chi non lo comprende.

Stasera siamo tutte abbinate, indossiamo tutte un jeans e le sneakers mentre sopra un top, ciascuna di un colore diverso ma che vicino alle altre si accosta bene: Amber ha un top a maniche lunghe con fantasia a strisce sui toni del beige e del prugna che però lasca scoperta la pancia mettendo in mostra il suo piercing all'ombelico; Chrissy un top a canotta bianco mentre Hayley una camicetta nera a maniche lunghe. Io invece indosso una camicia a maniche corte in satin verde scuro annodata sulla parte finale, lasciando visibile un lembo di pancia tra essa e i jeans a vita alta, su cui ricadono i miei lunghi e voluminosi capelli ricci. Io sono la più alta tra noi, quasi un metro e ottanta con un fisico robusto ma slanciato dalla lunghezza quasi chilometrica delle mie gambe e spalle larghe, ma proprio per questo mi sento un po' goffa ed impacciata rispetto alle altre. Fortunatamente stasera non abbiamo messo i tacchi, altrimenti mi sarei sentita ancora più goffa. Mi autodefinisco l'ansia del gruppo, quella che si preoccupa sempre di tutto e tutti ma è sempre meglio preoccuparsi e saper come agire in ogni caso e non trovarsi davanti a una situazione nella quale non si sa cosa fare.

La sala di questo bar è ampia e dalle pareti bianche ed argento, riempita da tavolini, divanetti e pouf lungo il perimetro e al centro la piccola console per il dj circondata da un ampio spazio per ballare.

Le ragazze sono sedute vicino a me sul divanetto nero e le guardo scherzare tra loro, parlando di qualcosa o qualcuno che è presente nel locale e che io probabilmente non ho visto, troppo impegnata a osservare l'altra parte del nostro gruppo, ma uno in particolare.

Due ragazzi, più grandi di noi di un paio d'anni: Jonathan, ma da tutti chiamato Jo, lo conosco da una vita, è stato a scuola con mio fratello e poi è il fratello di Hayley. Alto un metro e novanta, fisico longilineo e spalle larghe, capelli castani a spazzola e occhi dello stesso colore, gentili e vivaci, un sorriso sghembo e perennemente divertito. Sembra più piccolo per l'età che ha, 23 anni, dato il volto privo di qualsiasi peluria ma con ancora qualche segno d'acne adolescenziale. Con lui il divertimento è sempre assicurato, sa sempre come farti scappare un sorriso, anche quando vorresti rimanere seria.

Abel invece è il suo migliore amico e lo conosco da poco. Leggermente più basso di Jo ma più muscoloso, spalle larghe anche lui e capelli e barba, entrambi dal taglio sfumato, neri. La pelle ambrata mette in risalto i suoi occhi neri, profondi, penetranti ma indecifrabili, il sorrisetto malizioso sempre presente sulle labbra carnose.

Lui è l'oggetto delle mie osservazioni ma lo guardo con la coda dell'occhio mentre fingo di star capendo di che cosa stanno parlando le ragazze. È da circa due settimane che ho capito di esserne attratta e la mia mente non sa più come fare per spegnere il cuore. Non che lui sia un brutto ragazzo, anzi è oggettivamente molto bello, le ragazze dell'intero campus e non gli sbavano dietro, ma sono consapevole di non essere il suo tipo. Se poi aggiungiamo che non c'è una volta che, o sulla chat di gruppo che abbiamo o dal vivo, non scatti un battibecco tra di noi, è ancora più palese il suo disinteresse nei miei confronti. Il problema è che proprio da questo suo stuzzicarmi continuamente che ho cominciato a prenderci gusto e pian piano a guardarlo con occhi diversi. Lui trova sempre il modo per farmi rispondergli male o cominciare una filippica contro di lui, come quella volta che aveva detto che i Depeche Mode, la mia band preferita, era musica per vecchi.

La mia mente sa che quello che il cuore si ostina a provare non è corrisposto ma questo continua a mancare un battito ogni volta che lo vedo, a farmi riconoscere ovunque vado il suo profumo, anche se so che lui non è nei paraggi, a scattare se vedo fuori dalla finestra una macchina di colore anche solo vagamente simile alla sua, un'Audi A3 di un rosso fuoco così vivido che prima di conoscerlo non avevo mai visto ma che ora potrei riconoscere anche tra migliaia di auto, anche perché è molto visibile.

Lo vedo sussurrare più volte qualcosa nell'orecchio di Jo, sempre col suo ghigno malizioso sul volto. Sicuramente starà commentando su qualche ragazzina, dato che il locale n'è pieno, pensando già a quale rimorchiare.

<<Stella! Tu che prendi?>> mi richiama Amber domandomi che cosa avessi scelto da bere.

Mi guardo intorno e vedo che fortunatamente il cameriere non è ancora arrivato a prendere le ordinazioni.

<<Penso il solito Margarita>> le rispondo focalizzando ora tutta la mia attenzione su di lei.

<<Non estraniarti dai! Stasera siamo qui per divertirci!>> mi dice Hayley seduta proprio accanto a me, dandomi una leggera gomitata la braccio, come a spingermi verso uno dei ragazzi che sono seduti sui pouf al tavolo proprio accanto al nostro.

<<Non mi sto estraniando e non spintonarmi, grazie>>

<<Ma se sei stata silenziosa fino ad adesso!>>

<<Vi stavo ascoltando>> dico ma poco convinta. Hayley è quella che subito capisce se qualcosa mi sta passando per la testa ed è da tutta la settimana che mi domanda se c'è qualche ragazzo tra i miei pensieri e io continuato a negare, come farebbe il peggiore degli assassini. Fortunatamente arriva un cameriere a prendere le nostre ordinazioni, interrompendo così la conversazione

<<Per me un Guilty Boulevard>> è la sua ordinazione, un drink che io non ho mai sentito nominare, probabilmente qualcosa che fanno solo in questo locale.

Io e Hayley ordiniamo entrambe un Margarita, mentre Chrissy e Amber prendono una birra e Jo un Mojito.

La serata non è ancora iniziata del tutto, infatti c'è una soft music in filodiffusione, ma il locale è già pieno. Poco dopo arrivano le nostre ordinazioni insieme a della stuzzicheria, che non fa mai male, soprattutto per ammortizzare l'alcool che tra poco entrerà in circolo nel mio corpo.

<<Ma che c'è nel tuo drink Ab?>> domanda Amber curiosa osservando il contenuto dalle tinte rosse e rosee del bicchiere del mio tormento

<<Vodka, fragole, rum e altre cose che non ricordo, però dovrebbe essere dolce>> dice prima di berne un sorso

<<È buono, se vuoi assaggia>> le dice poi offrendole il bicchiere prima che lei beva la sua birra. Poi lo offre anche a Chrissy ed Hayley, entrambe ben contente. Tenta di offrirlo anche a me ma rifiuto, principalmente perché non mi piace mischiare alcolici, e comincio a sorseggiare il mio Margarita.

Parliamo un po' del più e del meno, loro che ci parlano del viaggio che hanno fatto ultimamente a Las Vegas e di come alcune cose lì gli siano piaciute più di altre

<<Vi abbiamo portato anche un pensierino per tutte>> ci dice Jo tirando fuori una piccola bustina

<<Sono dei portachiavi>> dice Abel porgendone uno per ciascuna di noi

<<Non siamo riusciti a trovarli tutti uguali però speriamo che vi piacciano>> continua Jo mentre osservo quello che mi è capitato: un ciondolo con scritto LAS VEGAS e vicino una carta a forma di asso di picche. Il destino parla senza mezzi termini.

Li ringraziamo, non senza qualche battuta di Amber a cui Jonathan risponde con tono misto tra il permaloso e il divertito.

Mentre avvengono questi piccoli siparietti che mi fanno sempre divertire, ai quali si aggiunge anche Abel, arriva il dj in console e mette una canzone che purtroppo riconosco bene visto che l'avrò ascoltata almeno venti volte nelle diverse occasioni in cui sono stata in macchina di Abel, di Calvin Harris ma di cui non ricordo il titolo.

<<Vedi queste sono le canzoni serie, chissà perché le mettono anche nei locali>> mi dice Abel con il suo sorrisetto cercando di istigarmi ma stasera non è la sera giusta.

Da quando ho preso mentalmente coscienza che lui ed io non potremo mai essere qualcosa, sto cercando di evitare queste interazioni, non voglio continuare a illudermi che lui lo faccia apposta e né voglio illudermi che possa piacergli, quindi cerco di essere indifferente

<<Eh vabbè>> gli rispondo prima di prendere il mio bicchiere e mandare giù un lungo sorso del drink, quasi da finirlo. Cerco di non guardarlo mentre compio questo gesto, così da non dover vedere la sua espressione o i suoi occhi scrutarmi anche l'anima.

La musica prosegue e io cerco d'ignorarlo, passano canzoni che io e le ragazze cantiamo a squarciagola, alcune con suo disappunto mentre Jo sghignazza, per altre s'unisce a noi, non con la nostra stessa enfasi ma almeno non ci guarda come fossimo delle pazze.

I bicchieri pian piano si svuotano ed entrambi i ragazzi, mentre stiamo ballando ordinano un altro drink.

<<Tu dopo devi guidare ricordatelo!>> dico ad Abel osservandolo bere

<<Non preoccuparti, tornerai al campus sana e salva. Poi questo è analcolico>> mi risponde continuando però a bere

Noi ragazze balliamo tutte vicine ridendo un po' per l'alcol e un po' per i passi che sbagliamo delle coreografie inventate sul momento da Jo o Hayley, mentre i ragazzi sono leggermente distaccati da noi, vicino a un gruppo di ragazzine che potrà avere appena 18 anni, che sembrano apprezzare la loro vicinanza, però sono sempre rivolti verso di noi. Io cerco di combattere l'impulso di rivolgere continuamente lo sguardo verso di lui, e se lo faccio cerco di chiudere gli occhi o di farlo quando lui sta guardando da un'altra parte.

Fin qui la serata procede bene e riesco nell'intento d'ignorarlo, almeno fin quando non partono le canzoni per ballare la bachata. A me piace ballarla e mio fratello mi ha insegnato bene alcuni passi ma il mio essere scoordinata mi fa sembrare goffa, più di quanto non lo sia già, nel ballarla e soprattutto il fatto di doverla ballare con qualcuno mi ha sempre messo soggezione. Per questo appena sento la prima canzone faccio per sedermi ma vedo che Abel si è già seduto sul divanetto e sicuramente non voglio stare vicino a lui dopo che ho cercato di ignorarlo per tutta la serata quindi resto in pista e comincio a ballare da sola vicino alle ragazze. Jo sta ora ballando con Amber e sembrano appena usciti da una scuola di balli latino-americani mentre Hayley e Chrissy sono vicino a me e ogni tanto ci alterniamo in coppia per ballare.

<<Ma dov'è Abel?>> domanda a un certo punto Hayley, resasi conto della sua assenza

<<Si è andato a sedere al tavolo, lo sai che non sa ballare>> le risponde Chrissy, ricordando questo particolare che noi tutte spesso dimentichiamo

<<Vado a prenderlo, così gli insegniamo qualche passo e può essere che quel pezzo di legno diventi più flessibile>> ci dice Hayley prima di spingersi tra la folla per andare a prenderlo

<<Ha la testa dura, non verrà!>> le dico a voce alta cercando di sovrastare la musica che rimbomba nelle mie orecchie.

Purtroppo parlo sempre troppo presto ed Hayley sa essere sempre molto convincente e infatti poco dopo è anche lui in pista che sta cercando di imparare alcuni passi della bachata.

<<Dai Ab ce la puoi fare! Segui i miei movimenti: uno, due e tre a sinistra poi uno, due e tre a destra e giro e di nuovo uno, due e tre a sinistra e giro>> gli spiega Hayley che sta ballando con lui mentre io e Chrissy guardiamo la scena divertite.

Pian piano però riesce a impararli e anzi comincia prenderci gusto, cominciando a ballare anche con altre ragazze che si sono avvicinate a lui. Ballo con Amber, che aveva lasciato Jo che ora stava ballando con la sorella, e di sottecchi vedo Abel ballare con una ragazza bionda con un vestitino nero molto corto e con una scollatura abbastanza profonda, che metteva in risalto le sue curve formose. Resto indifferente all'apparenza ma dentro di me vorrei soltanto correre fuori e tornare a casa per sbattere la testa contro il muro, peccato che stasera Amber non ha preso la macchina e quindi sono costretta a tornare a casa con lui, dato che Hayley e Amber andranno in macchina con Jo, visto che loro due condividono la stessa stanza nel campus, e non vorrei che Chrissy o le altre s'insospettissero se chiedessi loro di farmi andare in macchina di Jo.

Per fortuna poco dopo la musica cambia e tornano nuovamente le normali canzoni ma lui resta comunque avvinghiato a quella bionda, che penso ormai di star guardando così in cagnesco da poterla uccidere con gli occhi ma m'importa poco. Senza il minimo pudore quella comincia a strusciarsi vicino a lui, che apprezza pienamente tant'è che le tiene una mano sul fianco per evitare che s'allontani ed è in quel momento che decido di smettere di guardarli, per il bene della mia già precaria salute mentale e soprattutto per il mio cuore. Continuo quindi a ballare con le ragazze

<<Hai visto ad Abel, ha trovato subito pane per i suoi denti>> dice ad un certo punto ridacchiando Chrissy guardando oltre la mia spalla

<<Che intendi?>> le chiedo come se non avessi già capito a cosa volesse alludere

<<Si stanno baciando e molto appassionatamente direi>> mi risponde e nello stesso istante sento aprirsi nel mio cuore migliaia di crepe ma comunque resta unito.

Cerco di non trasmettere questo mio stato e anzi continuo a ballare come se nulla fosse successo, con un mezzo sorriso tirato sul volto. Non sarà né il primo né l'ultimo che mi spezza il cuore, sono abituata ma ogni volta fa sempre più male.

<<Stella? Stai bene?>> Hayley deve averlo notato, come sempre, e mi guarda preoccupata, pensando forse a qualcos'altro

<<Non tanto, vado in bagno ma torno subito>> le dico sempre col sorriso tirato

<<Vengo con te>> si proporne subito Hayley ma la fermo subito

<<No, non preoccuparti non c'è bisogno>> le rispondo cercando di tranquillizzarla e, voltatele le spalle, mi dirigo alla ricerca del bagno.

Fortunatamente lo trovo subito e non c'è nessuna fila. Non è tanto grande, ci sono solo tre cabine col water e due lavandini davanti a un ampio specchio rettangolare che occupa quasi tutta la parete. Mi guardo nello specchio e vedo una lacrima solitaria scivolare lungo la mia guancia sinistra. L'asciugo cercando di non rovinare il trucco e dopo un bel po' di respiri profondi e controllati, ricacciando indietro il magone che ho in gola, ritorno di nuovo in sala ma stavolta mi accomodo sul divanetto davanti al nostro tavolo, osservando da lontano le ragazze e Jo ballare. Lui non lo vedo e forse è meglio così.

<<Che c'è ti sei già stancata?>> la sua voce mi arriva dritta al cervello, facendomi girare di scatto, trovandomi faccia a faccia con lui, i miei occhi castani che sembrano quasi affogare nei suoi pozzi neri, sul suo volto sempre quel fastidioso sorrisetto.

<<Mi stavo riposando un attimo, non tutti siamo delle macchine da discoteca come te, Abel il ballerino>> lo prendo in giro cercando di essere il più aspra possibile e mentre allontano il mio viso dal suo il suo profumo, il Sauvage di Dior, mi giunge potente alle narici, come un proiettile al cuore.

<<Dai però non attaccarmi sempre! Non ti ho detto niente di male>> mi risponde sedendosi accanto a me

<<Ti ho solo risposto>> dico e senza guardarlo metto spazio fra me e lui sul divanetto, fingendo di star cercando la mia borsa

<<Ma perché mi tratti sempre male?!>> mi chiede e io sbuffo in risposta, trattenendomi dal rispondergli ciò che penso per davvero

<<Io non ti tratto male, sei tu che mi istighi e quindi mi autorizzi a risponderti e trattarti male>> gli rispondo e senza aspettare una sua risposta o dirgli altro mi alzo e vado nuovamente dalle altre

<<Hey! Ci stavamo domandando perché ci stessi mettendo così tanto>> mi dice Amber tirandomi in pista

<<C'era fila>> dico semplicemente mentre comincio nuovamente a scatenarmi, eliminando il pensiero di cosa mi abbia potuto rispondere.

Non lo vedo per il resto della serata, fin quando Jo non ci fa segno che erano passate le tre e che dovevamo muoverci altrimenti il giorno dopo non saremo riusciti a fare niente se non dormire. Raggiungiamo così il nostro tavolo al quale Abel era ancora seduto, impegnato a scrivere qualcosa sul suo telefono

<<Bro ma dove sei stato? Ti sei perso i miei incredibili passi sulla pista!>> gli domanda Jo sedendosi di fianco a lui mentre noi prendiamo le nostre cose

<<In giro, poi mi ero stancato di ballare>> gli risponde per poi fargli leggere qualcosa sul cellulare.

Poco dopo si alzano entrambi e così usciamo tutti quanti dal locale: Hayley che racconta di come Abel abbia imparato a fare qualche passo di bachata e Amber che tra una risata e l'altra lo prende mentre lui le risponde a tono, facendo ridere anche Jo che dava manforte ad Amber. Arrivati alle macchine ci salutiamo almeno noi ragazze perché tanto i ragazzi condividono la camera nel campus, quindi si rivedranno dopo.

<<Ci sentiamo domani!>> dice Amber salutando me e Chrissy prima di andarsi a sedere sul sedile del passeggero anteriore della macchina di Jo, una Ford Kuga grigia.

<<Si Am, ci fai sapere tu quando possiamo passare da voi>> dice Chrissy salutandola con la mano

<<Quando vuoi cuore!>> risponde Hayley prima di salire anche lei in macchina

Stessa cosa facciamo io e Chrissy, lei sul sedile passeggero anteriore e io su quelli posteriori, perché sono la prima tra le due a essere accompagnata perché vivo dall'altra parte del campus rispetto a tutti loro.

In macchina ancora le solite canzoni: Calvin Harris, Martin Garrix e altri simili. L'unica canzone che mi piace tra tutte quelle che mette è I Lived dei One Republic, le altre le ho quasi imparate a furia di sentirle ogni sabato sera. Mentre la solita playlist prosegue come sottofondo musicale del nostro viaggio, lo vedo entrare nella parte del campus più vicina a casa di Chri, invece che passare per l'altra entrata che è vicinissima al mio alloggio.

Si sarà sicuramente dimenticato che deve accompagnare anche me ma io non dico niente perché nemmeno Chrissy ha detto qualcosa quindi continuo a scrollare su Instagram fin quando non ferma la macchina davanti il palazzo nel quale c'è l'alloggio della mia amica.

<<Abel grazie, buona notte. Stel, ci vediamo domani da Am ed Hay?>> mi domanda Chrissy prima di scendere, girandosi verso di me

<<Si Chri, poi ti faccio sapere quando sto arrivando così andiamo insieme>> le dico sorridendo

<<Ok allora domani, ciao!>> mi saluta scendendo dalla macchina

La osservo entrare dentro il palazzo e poi dentro l'ascensore, scomparendo così dalla mia vista e non sento ancora la macchina partire

<<Vuoi farmi fare il taxista stasera, Stella?>> mi domanda Abel, sento che non s'è girato verso di me ma sento comunque il suo sguardo addosso che mi brucia. Continuo a guardare fuori dal finestrino, il silenzio che avvolge tutto il quartiere e anche la macchina

<<Vieni a sederti davanti, dai>> torna nuovamente a parlare, rompendo il silenzio.

Sbuffo ma scendo dalla macchina, il leggero venticello mi fa leggermente rabbrividire e mi sposta un ciuffo di capelli davanti agli occhi, che riporto immediatamente dietro l'orecchio prima di tornare a sedermi in macchina, stavolta di fianco a lui. Appena rientro il suo profumo ritorna potente a me, inebriandomi come sempre ma cerco di non darlo a vedere. Non ho neanche il tempo di mettere la cintura che lui è già ripartito

<<Come mai non mi hai accompagnato per prima come sempre?>> gli domando osservandolo con la coda dell'occhio, i muscoli del braccio teso per cambiare la marcia appena nascosti dalla felpa bianca che indossa in questo momento

<<Non posso neanche accompagnarti per ultima ora?>>

<<Era una curiosità, dato che solitamente accompagni prima me e poi Chri>>

<<Stasera ho cambiato idea>>

<<Non mi sorprenderebbe>> gli rispondo girando ora tutta la faccia a osservare il suo profilo mentre è concentrato a guidare

<<Mi spieghi perché ce l'hai sempre con me?>> mi domanda leggermente alterato girandosi verso di me

<<Non ce l'ho con te>>

<<A me sembra proprio di sì>> dice facendo una girata brusca per poi fermare la macchina

<<Perché ti sei fermato?>> gli domando osservando che si è fermato davanti al parcheggio di una delle tante palazzine del campus

<<Ora mi spieghi! Ti ho fatto qualcosa o ho detto qualcosa di inappropriato? Perché mi attacchi sempre?!>> mi domanda fissandomi con occhi profondi ed indagatori, come se volesse entrare nella mia testa per capire

<<Non mi hai fatto niente>> dico guardando fuori ma vedendo il suo viso riflesso nel finestrino

<<E allora perché mi attacchi?! A me piace stuzzicarti e battibeccare con te ma se ti dà fastidio al punto da odiarmi la smetto>>

<<Non è questo... cioè anche, mi dà fastidio ma mi diverto anch'io a volte>>

<<E allora cosa? Per favore Stella parlami. Non mi piace questa situazione e se si potesse risolvere...>>

<<Non si può risolvere! Forse non nell'immediato. Quindi per favore riportami a casa>> gli rispondo voltandomi verso di lui

<<Quindi ho ragione, tu mi odi>> esordisce, il suo sguardo indecifrabile come sempre ma la voce è ferma. Come vorrei dirgli che in realtà è tutto il contrario ma non posso rovinare il gruppo a causa di una stupida cotta verso una persona che neanche mi considera.

<<Non voglio cominciare a piacerti dal giorno alla notte ma spiegami almeno cosa ti infastidisce di me e cercherò di evitare in tua presenza>> mi dice quasi supplicante, i suoi occhi incatenati ai miei, nessuno dei due riesce a distogliere lo sguardo dall'altro, o forse sono solo io ad essere attratta e intrappolata da quegli occhi magnetici.

<<Fino ad adesso ti è andata bene così. Come mai ora non più?>> domando veramente curiosa di sapere la risposta.

<<Usciamo insieme con la stessa comitiva d'amici e penso che anche io e te siamo amici o, meglio, potremmo esserlo se riuscissi a smettere di odiarmi.>>

<<Ma io non ti odio! Ci sono solo alcuni tuoi comportamenti in alcune situazioni che m'innervosiscono, tutto qui>> gli dico continuando a tenere il mio sguardo fisso nel suo

<<Sei sicura?>> il suo volto s'avvicina al mio, i nostri nasi riescono quasi a sfiorarsi talmente siamo vicini. Il suo profumo occupa tutta la poca aria che entra nei miei polmoni, rendendomi affannoso il respiro, il cuore batte così forte che sembra poter uscire fuori dal petto e i miei occhi sono totalmente incatenati nei suoi, due tempeste nere nelle quali sarei ben contenta di morire. Raccolgo le poche forze rimastemi per annuire ma a lui sembra non bastare

<<Rispondimi Stella, per favore>> la sua supplica giunge lieve sulle mie labbra, come se mi avesse appena confidato il suo segreto più intimo.

<<Si, sono sicura>> dico lentamente abbassando leggermente lo sguardo, notando le sue dita poste sul cambio sfiorare lievemente le mie appoggiate sulla gamba

Devo fuggire da questa macchina prima che succeda qualcosa di cui mi pentirei per tutta la vita

<<Sono molto stanca. Portami a casa Abel, per favore>> gli chiedo quasi supplicante sempre osservando le sue dita sfiorare le mie, così che con i suoi bellissimi occhi non riesca a scrutarmi l'anima attraverso i miei.

<<Come vuoi>> mi risponde spostando ora la sua mano, rimettendosi seduto in modo da poter ripartire.

Torno di nuovo a guardare il finestrino e il silenzio avvolge l'abitacolo, non c'è più neanche la musica a riempire il silenzio, solo il rombo della macchina in moto. Nessuno di noi parla fin quando non siamo davanti al palazzo del mio alloggio.

<<Siamo arrivati>> esordisce rompendo il silenzio creatosi

<<Grazie>> gli dico facendo per scendere, ma la sua mano che stringe la mia mi ferma sul posto, incapace di fare altro se non tornare a guardarlo.

<<Quindi è tutto apposto, vero?>> mi domanda per l'ennesima volta e sto quasi per irritarmi però mi calmo perché sta cercando per una volta di essere carino. Proprio ora che sto cercando di odiarlo

<<Sì. Ci vediamo sabato prossimo>> rispondo e vedo i suoi occhi illuminarsi e il sorrisetto che prima non aveva ricomparire sul volto. Non riesco ad accorgermene in tempo che lui mi lascia un bacio sulla guancia, dolce ed irruento allo stesso tempo. Dura meno di un secondo ma a me è sembrato quasi un'eternità, sperando in cuore mio che non s'allontanasse mai.

<<Ci vediamo sabato, amica>> mi dice salutandomi

Io non rispondo niente, riesco appena a raccogliere le forze per uscire dalla macchina. Apro la portiera ed esco velocemente, prima che succeda qualcos'altro, ma chiudo lentamente la portiera. Mentre compio questo gesto lo vedo osservarmi sempre con quel sorrisetto per poi farmi un occhiolino. Entro velocemente nel palazzo e poi nell'ascensore, senza voltarmi per vedere se s'era andato o meno. La prima cosa che faccio è prendere un bel respiro, poi porto la mano al petto sentendolo palpitare all'impazzata.

Lo amo, è questo il problema, e quest'amore rischia di rovinarmi la vita.

Chapter 4: WHERE IT TRULY LIES

Chapter Text

Le luci stroboscopiche di questa discoteca non sono abbastanza tenui da tenere nascosto ciò che sta accadendo in pista. Io sono al bordo di essa, seduto al bancone a bere l'ennesimo drink della serata e guardo tra la folla di corpi accalcati due persone ballare appiccicati. So che non dovrebbe interessarmi, che anzi questa situazione l'ho voluta io in primis ma non riesco a staccare gli occhi di dosso a quella che per me è la ragazza più bella dell'intera discoteca, se non del mondo intero. Alta più di un metro e settanta, corpo longilineo con un seno abbastanza pronunciato e un sedere tondo e sodo che ora si muove sensuale mentre lei balla, che quasi mi invita ad andare lì e mettere le mie mani sui suoi fianchi, così da stringerla il più possibile vicino a me, così che tutti sappiano che è solo mia. Ma non posso farlo, razionalmente lo so, perché lei non è mia. I suoi capelli ricci neri si muovono insieme col suo corpo, quei due fari verdi che mi incantano ed attirano sono ora nascosti dalle palpebre su cui ha un ombretto bordeaux, che li fa risaltare ancora di più, le labbra piene aperte a cantare la canzone che risuona nelle mie orecchie, una canzone che fa ancora più male sentire soprattutto vedendo lei cantarla e ballarla con un altro: un remix di Die for you di The Weeknd.
Cerco di distogliere lo sguardo, di smettere di fissarla ma sono come una falena attratta dalla fiamma, e lei è la mia fiamma, la luce che illumina tutto e tutti ma soprattutto che m'illumina, che mi spinge a pensare e fare cose che prima non avrei mai immaginato. Ma come sempre me ne sono accorto troppo tardi, quando lei era già nelle braccia di un altro, quello con cui ora sta ballando in pista. Richard, il mio migliore amico, mi aveva avvisato che lei era andata avanti ma il cuore non poteva accettarlo, non dopo tutti i momenti passati insieme: le serate passate a scherzare e a prenderci in giro, le canzoni condivise cantate insieme in macchina, i discorsi sul futuro a notte fonda sul belvedere, il suo sorriso splendente nella luce del tramonto sulla spiaggia.
Avrei dovuto dirle tutto questo, quella sera che le avevo chiesto di vederci, dopo aver passato mesi a cercare di capire i suoi comportamenti strani nei miei riguardi, perché non volesse più uscire con me da soli o stare in macchina con me e perché evitasse qualsiasi confronto con me, fin quando i nostri amici non mi avevano aperto gli occhi: lei era innamorata di me ma per non perdere la nostra amicizia aveva preferito passarci sopra. Io però non volevo questo, volevo che lei sapesse quanto anch'io l'amassi e la desiderassi. Quella sera però avevo lasciato parlare prima lei, rivelandomi così di aver incontrato un ragazzo col quale stava iniziando una frequentazione, che conoscendo April voleva dire che era qualcosa di serio. Così avevo lasciato perdere, inventando una scusa per andarmene e per un paio di giorni avevo ignorato i suoi messaggi e quelli dei miei amici, come se null'altro esistesse. Richard era dovuto arrivare fino a casa mia per sincerarsi che stessi bene.

Se solo fossi stato più sincero con me stesso, a quest'ora sarei io lì con lei, a stringerla tra le mie braccia forti, a spostarle dietro l'orecchio le ciocche di capelli che continuano ad andarle davanti al viso, a baciarla appassionatamente come se lei fosse l'unico ossigeno di cui i miei polmoni abbiano bisogno.

<<Guardarli da lontano sperando che lui venga fulminato dai tuoi sguardi non è la soluzione Seb>> a parlare è Richard, il mio migliore amico ma che è quasi un fratello per me tanti sono stati i momenti vissuti insieme e il supporto reciproco e costante tra noi, ed è quello più perspicace ed intelligente tra noi, nonché quello più lucido al momento.
<<Dovrei essere io lì con lei>> gli ripeto forse per la centomillesima volta da quando siamo entrati in discoteca e li abbiamo visti.

April aveva anche voluto presentarcelo, dicendo che qualche volta si sarebbero uniti al gruppo. Io mi ero presentato a lui senza darci troppo peso mentre il resto aveva fatto lui anche qualche veloce domanda prima che ci salutassero per andare in pista.

<<Ne abbiamo già parlato. Ora lei è felice con lui, anche le ragazze te l'hanno detto. Non fare lo stronzo con lei, non lo merita dopo tutto il tempo passato a morirti dietro>>
<<Non è certo facendo lo stronzo che penso di riconquistarla. Perché lo sento che in fondo ancora mi vuole>> dico bevendo l'ultimo shot di vodka che avevo ordinato, lasciando che l'alcol scorra veloce nelle mie vene, quasi a sostituire il sangue
<<Smettila di bere, che sei anche con la tua macchina. Non vorrai mica fare del male agli altri o a te, eh stronzo?>> mi dice freddo il mio migliore amico, guardandomi truce mentre io gli sorrido a trentadue denti

<<Non preoccuparti Rick, sono sobrio e ho tutto sotto controllo>> gli rispondo mentre lentamente mi dirigo in pista

Fortunatamente Rick resta fermo e mi lascia proseguire, forse sapendo che trattenermi avrebbe solo peggiorato la situazione e probabilmente ci avrebbero cacciati. Mi faccio spazio tra i corpi sudati che ancora continuano a ballare e dimenarsi, privi di qualsiasi timidezza o pudore grazie all'alcol, e vado dritto verso la persona che da settimane ormai occupa la mia mente e ogni pensiero, puro ed impuro. Quel briciolo di controllo che mi è rimasto però mi permette di frenarmi prima che possa raggiungerla. Non sarebbe corretto piombare tra loro due, soprattutto avendomi lei presentato al suo pseudoragazzo come un semplice amico. Basterebbero poche falcate per raggiungerli ma riesco perfettamente a vederla, gli occhi che sembrano fare concorrenza alle luci stroboscopiche ma che ora si specchiano non nei miei neri come la pece ma in quelli del ragazzo che ha di fronte.

Non è neanche tanto brutto: alto quanto me, all'incirca un metro e novanta, il fisico longilineo con spalle strette ma braccia allenate che ho intravisto quando mi ha stretto la mano per presentarsi, niente a che vedere col mio fisico asciutto e muscoloso con spalle larghe. I suoi occhi azzurri e i capelli biondo cenere a spazzola sono completamente l'opposto dei miei mossi e castani. Come se per dimenticarmi avesse scelto il mio opposto, forse per non trovare alcun dettaglio che potessi ricordargli di me.

Ma a ricordargli della mia esistenza sono proprio io. Vedo il suo sorriso spontaneo spegnersi leggermente quando il suo sguardo incrocia il mio, riesco a leggervi dentro un misto tra la sorpresa e la paura. Non stacco i miei occhi dai suoi neanche quando con la coda dell'occhio vedo avvicinarsi a me una ragazza. Alta circa un metro e sessanta, capelli rossi mossi e occhi castani da cerbiatta, con un trucco accentuato sugli occhi. Comincia a ballarmi intorno sfiorandomi di tanto in tanto i bicipiti come ad attirare la mia attenzione ma questa è catturata tutta da April che continua a ballare con lui, che ogni tanto le sussurra qualcosa all'orecchio, forse perché la vede distratta, troppo occupata a mantenere il contatto visivo con me. Decido però di sfruttare la situazione creatasi e distolgo per primo lo sguardo per osservare meglio la rossa. Il corpo formoso è fasciato da un tubino nero che le arriva a metà coscia, così corto che le basterebbe sporgersi leggermente in avanti per mostrare a tutti il suo sedere grande e rotondo, e che le avvolge perfettamente i fianchi pronunciati e il seno prosperoso messo in mostra dallo scollo a cuore profondo. Ai piedi delle vertiginose decolleté nere lucide che la slanciano e le danno molti centimetri in più in altezza.

<<Come ti chiami?>> le sue labbra grandi e carnose sussurrano sensualmente questa domanda nel mio orecchio sinistro provocando in me nessuna reazione fisica, cosa che forse qualche mese fa sarebbe successa.

<<Dave>> mento sorridendole leggermente

<<Io sono Lucy. Ti va di ballare?>> mi chiede disegnando col suo dito il profilo del mio braccio sinistro

Lancio una sguardo verso April e la vedo ballare abbracciata ed appiccicata al suo "ragazzo", quindi non mi lascio scappare l'occasione per vedere se si ingelosisce. Male che va ci avrò guadagnato una nuova con cui cercare di dimenticarla.

<<Siamo qui per questo, no?>> le rispondo e lei in tutta risposta allaccia le braccia attorno al mio collo cominciando a strusciarmisi addosso.

Io la lascio fare e nello stesso frangente alzo nuovamente lo sguardo, incrociando stavolta quello di April, nel quale ora riesco a leggere un misto tra la delusione e la rabbia. No rabbia, invidia, decisamente invidia perché alterna lo sguardo tra me e la ragazza. Vorrebbe essere tra le mie braccia, lo sapevo. Sapevo che non poteva avermi dimenticato, non potevo essere scomparso così da un giorno all'altro dalla sua mente. Continuiamo a guardarci, a desiderare di essere l'uno nelle braccia dell'altra mentre entrambi siamo con partner diversi, lontani ma vicini, a separarci solo pochi metri di distanza.
Sento lei strusciare i suoi seni sul mio petto, le mani allacciate dietro al mio collo che cercano di avvicinare il mio viso al suo ma inutilmente. Niente riuscirebbe a farmi staccare gli occhi di dosso dalla mia April, la donna che ha rubato irrimediabilmente il mio cuore e la mia anima. La vedo muoversi a ritmo di musica con quell'ameba che le sta attaccata dietro la schiena come una sanguisuga, che le deposita diversi baci sul collo scoperto, spingendosi poi leggermente verso l'attaccatura con la spalla. Questi gesti mi fanno salire la gelosia e la voglia di spaccare la faccia a quel mister perfettino alle stelle, così appoggio le mie mani, che fino a quel momento erano state lungo i miei fianchi, sul suo sedere, circondandole la vita e spingendola ancora di più contro di me e cominciando a muovermi al suo stesso ritmo. La ragazza sembra apprezzare questo nuovo maggiore contatto, così tanto da cominciare lentamente a sbottonarmi la camicia bianca che indosso passando prima le sue mani lisce e poi cominciando a lasciare una scia di baci sul mio petto muscoloso. Le metto allora una mano tra i capelli, cercando di allontanarla ma produco l'effetto contrario perché quella, credendo che la stessi invitando a continuare, comincia pian piano a scendere verso il basso, arrivando quasi alla cintura dei miei pantaloni.

Capisco di aver fatto una cazzata ad aver assecondato la ragazza quando vedo April lanciarmi un ultimo sguardo, stavolta carico di rabbia per davvero, prima di darmi le spalle, mettendo le braccia attorno al collo di lui. A farmi ancora più male però è vederla sporgersi verso di lui e baciarlo molto appassionatamente. Lo vedo ricambiare il bacio con tanto trasporto, facendo scendere le sue luride mani proprio sul sfondo della schiena, spingendola ancora di più verso di sé così da approfondire il bacio. È come se nello stesso momento un milione di spade mi avesse trafitto il cuore e fossero ora rimaste incastrate in me, facendomi sentire un fortissimo dolore, tale che sembra mancarmi l'aria. Ed è approfittando di questa sensazione che mi stacco definitivamente da quella ragazza e, senza scusarmi o dirle altro, mi spingo verso l'uscita della discoteca.

Come ho fatto è essere così stupido ancora! Adesso che avevo la possibilità di mostrarle che sono la persona giusta per lei, ho buttato tutto all'aria. Invece di dimostrarle che posso essere migliore per lei, le ho mostrato che resto sempre lo stesso puttaniere, lo stesso stronzo che lei ha scelto di dimenticare perché sapeva che l'avrebbe fatta soffrire. Me lo merito di stare così

<<Seb! Seb! Sebastian! Fermati!>> la voce del mio migliore amico mi ridesta dai miei pensieri e sento la sua mano stringermi forte il braccio per trattenermi

<<Che ti succede cazzo?! Stai male? Hai litigato o preso a parole qualcuno?>> mi domanda vedendo sicuramente la mia camicia aperta

<<Io devo uscire, parliamo fuori>> gli dico piatto, proseguendo verso l'uscita.

Sento Rick seguirmi alla mie spalle mentre finiamo di districarci tra le persone affollate davanti all'uscita, un via vai di persone tra chi rientra in pista perché è partito un pezzo che a loro piaceva e chi invece se ne va stanco, allegro o ubriaco marcio, soli o in compagnia, vecchia o nuova che sia.

Una volta fuori respiro a pieni polmoni l'aria fresca notturna e mi godo il lieve venticello che soffia sulla mia faccia accaldata e sul mio petto sudato e scoperto.

<<Si può sapere che cosa hai combinato o per capirlo dovrò aspettare che arrivi un'ambulanza o i carabinieri? Lo sai che sono capace di mandarti KO quindi o parli o parli!>> mi intima Richard tenendomi per il colletto aperto della camicia, così incazzato che dal suo collo, ora tutto rosso, spicca una vena e i suoi occhi, se potessero, mi avrebbero incenerito all'istante

<<Se mi lasci forse riesco a parlare, che dici?>> gli dico sarcasticamente e lui subito mi toglie le mani di dosso ma non si allontana da me neanche di un millimetro

<<Stavo in pista, a pochi passi da lei. Dovevi vederla, bellissima come sempre. Stava ballando col suo ragazzo e i nostri sguardi si sono incrociati e mai staccati, almeno fino a quando una bambolina dai capelli rossi non ha cominciato a ronzarmi intorno. Vedendola ballare appiccicata a lui mi è salita la gelosia e ho deciso di restituirle pan per focaccia>>

<<Ti prego dimmi che non te la sei limonata davanti ad April per ingelosirla perché veramente ti massacro io di botte>> mi dice, il pugno destro già stretto pronto ad essere sferrato contro la mia faccia.

<<No, ovviamente. Sono uno stupido ma non fino a questo punto. Questa ragazza, di cui sinceramente non ricordo il nome, mi chiede di ballare come e io accetto. Il fatto è che comincia a strusciarmisi addosso e ti giuro negli occhi di April riuscivo a leggere una forte invidia. Infatti i nostri sguardi non si sono mai staccati, almeno finché io non ho fatto la cazzata. Preso dalla gelosia perché era lui e non io a toccarla, a baciarla, a sussurrarle nell'orecchio, ho avvicinato la ragazza un po' troppo a me e lei ha cominciato a sbottonarmi la camicia e a baciarmi il petto. Ho anche provato a farle capire che non volevo mettendole una mano tra i capelli ma lei avrà sicuramente frainteso e ha continuato, spingendosi quasi ai miei pantaloni>>

<<Certo perché per far capire a una tipa che non vuoi determinate attenzioni le si mette una mano tra i capelli. Poi dici che uno non ti deve chiamare coglione! Che cazzo hai al posto del cervello? Noccioline?>> inveisce giustamente contro di me, anche io inveirei così se mi trovassi al suo posto

<<Lo so che ho fatto una cazzata! E ci sto ancora più di merda perché lei l'ha visto e poi ha baciato quel coglione davanti ai miei occhi! E non un bacio a stampo! Per questo sono uscito fuori perché talmente che mi faceva male vederli che mi mancava l'aria e il mio cuore frantumato in milioni di pezzi come un bicchiere di cristallo rotto. Ma la colpa è tutta mia perché, se quel giorno le avessi detto tutto, che la amo e che voglio solo lei, forse ora non sarei qui ad urlare come un cretino dal cuore spezzato contro il mio migliore amico ma sul belvedere a vedere le stelle con lei>> gli urlo contro, tirando fuori tutto con una rabbia che so di dover riversare solo contro di me

Finita la sfuriata prendo alcuni respiri profondi mentre Rick mi guarda senza dire una parola

<<Ti senti meglio ora?>> mi domanda poco dopo vedendomi forse più rilassato

<<Un po' ma non più di tanto. Vorrei solo averlo capito prima, al momento giusto>>

<<Se due persona sono destinate a stare insieme, il momento giusto arriverà. Fidati del tuo Rick>> mi dice mettendosi al mio fianco, dandomi poi un amichevole pugnetto sul bicipite

<<Penso che tra un po' me ne andrò. Non posso rischiare di vederli uscire felici, vederla entrare nella sua macchina, con lui che con ogni probabilità le aprirà la portiera, e andare via con lui>>

<<Ti accompagno io>> si offre Rick ma subito lo fermo

<<E lasciare la mia povera macchina qui? No grazie. Torno da solo.>>

<<Ma hai bevuto e non sei emotivamente lucido. Guido io e ti riaccompagno a casa>>

<<Sto meglio adesso, non preoccuparti. Ci sentiamo domani>> lo saluto incamminandomi verso il parcheggio

<<Vai piano! E quando arrivi avvisami!!>> mi raccomanda a voce alta così da essere sicuro che sentissi

<<Si papà>> gli rispondo con una risata tra i denti

<<Coglione!>>accompagnando quest'esclamazione con un bel dito medio nella mia direzione

Pochi passi e arrivo nel parcheggio, dirigendomi dritto verso la mia auto, una Cooper blu scuro. Entro e subito metto in moto, uscendo dal parcheggio e allontanandomi nuovamente da lei. Non ho intenzione di tornare a casa, ho prima bisogno di calmarmi totalmente, schiarirmi le idee e capire bene come riconquistare April. Decido quindi di andare nel posto più calmante e tranquillo per me ma anche quello che più mi ricorda lei: il belvedere.

Ci metto davvero poco ad arrivarci e, una volta parcheggiata la macchina al solito posto, dal quale riesco a vedere tutti i paesi circostanti, mando un messaggio a Rick dicendogli di essere arrivato, così da non dovermi sorbire una sfilza di suoi messaggi un cui mi fa il quarto grado. Lui subito mi risponde con un "ok", che visualizzo per poi lasciare il telefono sul sedile del passeggero anteriore.

Osservando il paesaggio mi torna in mente l'ultima volta che io ed April siamo stati qui. Eravamo con i nostri amici, lei era bellissima come sempre e io non potevo fare altro se non guardarla. Lei e le altre avevano improvvisato un ballo sulle note di una canzone che in quel momento passava per la radio e io fingevo di star concentrato a guardare gli highlights della partita dei Atalanta Falcons. Lei poi aveva lasciato le altre, a cui si era aggiunto Rick, e si era avvicinata domandandomi come era andata la partita. Mentre le rispondevo si era poi appoggiato con la testa sulla mia spalla, gli occhi puntati però sul piccolo schermo del telefono. Se penso che questa cosa sia successa neanche due settimane fa mi viene da prendere e spaccare qualcosa dalla rabbia.

A quanto pare, la vittima sacrificale vuole essere proprio il mio telefono dal quale arriva il segnale acustico di notifica. Sarà sicuramente Richard che vuole sapere se mi sono calmato. Sto già per rispondere male quando sul display leggo un nome inaspettato: April. Il mio cuore perde un battito e subito mi affretto a leggere il suo messaggio.

Dormi?

Una semplice domanda ma così piena di significato. Perché dovrebbe messaggiarmi se è con lui? Perché domandarmi se sono sveglio se l'ha baciato davanti a me come se non fossi mai esistito? Il problema più grande è che però non so cosa risponderle: un semplice no sarebbe troppo banale ma non vorrei neanche inventare una scusa o mentirle. Sì, la sincerità prima di tutto, se davvero voglio che ritorni da me.

No, penso a te.

Quattro semplici parole che però racchiudono il senso di tutta questa serata e delle ultime settimane.
Vedo che visualizza il messaggio poi che sta scrivendo ma alla fine non risponde. Ecco altra cazzata della serata fatta. Perché devo sempre fare la cosa sbagliata. Probabilmente starà pensando che io sia ubriaco e quindi non sincero.

Improvvisamente il telefono comincia a squillare e sul display compare il suo nome. Sorrido compiaciuto e subito rispondo

<<Hey>> la sua voce limpida e calda mi giunge alle orecchie come una melodia sentita in loop ma che non ti stanchi mai di ascoltare

<<April. Come mai questa chiamata?>> le domando veramente sorpreso ma cerco di dissimulare facendo un po' l'indifferente

<<Volevo sentirti>>

<<Ah>> è l'unica cosa che riesco a risponderle talmente mi ha spiazzato. Nonostante tutto lei ha ancora voglia di sentirmi e questo mi fa fremere di gioia e battere il cuore all'impazzata.

<<E il tuo ragazzo?>> le chiedo più che altro per capire lei come mai mi abbia chiamato perché, se si ha un ragazzo, è lui che chiameresti a quest'ora della notte, leggendo sul display del telefono ora in vivavoce che sono le tre meno venti

<<Mi ha da poco accompagnato a casa. Credo che ora stia dormendo>>

<<E lo sa che telefoni ad altri ragazzi quando lui dorme?>> le lancio questa frecciatina proprio sperando che mi spieghi il vero motivo di questa chiamata anche se il solo suo aver pensato a me già vuol dire tante cose.

<<Non telefono ad altri ragazzi, ma a te che sei mio amico>> mi risponde con voce ferma anche se riesco a captare un tentennamento nella voce quando dice che sono suo amico. Neanche lei ci crede più di tanto. Bene

<<Allora riformulo: lo sa che quando lui dorme tu mi chiami?>> vado dritto al punto perché abbiamo bisogno di parlare chiaro noi due

<<Sei sul belvedere?>> mi domanda lei ignorando completamente la mia domanda

<<Si, perché?>>

<<Due minuti e sono lì>> mi dice semplicemente e posso immaginare il suo dolce sorriso a trentadue denti, quelle labbra meravigliose che si tendono facendo spuntare sulla guancia sinistra una piccola fossetta.

<<Non starai venendo qui a piedi da sola?>> l'urgenza e la paura nella mia voce sono palpabili dato che per salire qui a piedi le strade sono buie e con macchine che sfrecciano alla velocità della luce

<<Sì ma non preoccuparti sono quasi arrivata, sono sul vialone>> mi risponde velocemente e io mi catapulto fuori dalla macchina per vedere se è veramente così. Dal nostro posto infatti si riesce a vedere anche il vialone, l'ultimo tratto di strada prima del belvedere ed è anche quello un po' più illuminato.

Mi tranquillizzo vedendo una testa di voluminosi capelli corvini farsi sempre più vicina e non mi accorgo però che quella testa corvina molto spericolata è ancora in chiamata con me

<<Ci sei ancora, vero?>> le chiedo sperando non mi abbia riattaccato il telefono in faccia

<<Sì testa bacata>>

<<Tra i due in questo momento la testa bacata sei tu. Perché non me l'hai detto subito che stavi salendo a piedi, da sola, fin quassù? Sarei sceso a prenderti>> le dico quasi arrabbiato, ma in realtà era più paura: paura che le succedesse qualcosa e io non potessi far niente.

<<Non ero sicura ci fossi>> risponde brevemente, la sua figura si fa sempre più vicina a me. Riesco a vedere ora tutti i dettagli: una felpa blu chiaro sopra dei leggings neri che le fasciano bene le gambe; le sue amate air force 1 bianche, che ormai hanno cominciato a consumarsi tante le volte che lei le ha messe; i riccioli neri che sfuggono dal cappuccio della felpa sollevato sulla sua testa

<<Non potevi chiedermelo fin da subito invece di girarci intorno?!>> le domando sentendo però il segnale acustico di fine chiamata

<<Stasera sei proprio in vena di fare domande, eh Seb?>> mi dice April a pochi metri da me riponendo il telefono nel tascone della felpa.

<<Ne ho un po' il diritto?>> le domando facendo un paio di passi verso di lei

Ancora una volta non mi rispose, andandosi a sedere sul muretto del belvedere. Presi un bel respiro profondo prima di avvicinarmi a lei, un po' per calmarmi un po' per evitare di saltarle addosso.

<<Posso capire perché sei venuta qui nel cuore della notte dopo aver passato l'intera serata con il tuo ragazzo, se davvero non eri sicura che io fossi qui?>> le domando senza giri di parole guardandola dritto negli occhi.

<<Ci tieni molto a Max a quanto sento. Non fai che nominarlo! O forse vuoi puntare sul mio senso di colpa?>> dice spiazzandomi completamente.

Ora ha il coltello dalla parte del manico e io non so davvero cosa risponderle. Dovrei far finta di niente? Rigirare la conversazione a mio favore? Dirle la verità e chiuderla qui una volta per tutte?

<<Non si risponde a una domanda con una domanda. Perché sei qui?>> le chiedo per l'ennesima volta ma stavolta il mio tono è quasi supplicante

<<Perché avevo bisogno di vederti, di sentirti, ma soprattutto di parlarti. Parlarti sul serio.>> una risposta semplice ma intensa, la sua voce ferma e i suoi occhi puntati nei miei creano in me un lieve sussulto

<<Puoi dirmi tutto, io ti ascolto>> le rispondo serio continuando a guardarla

<<Perché sei venuto verso di me stasera in pista? E ti prego sii sincero.>> la sua domanda così diretta mi spiazza e non poco. Siamo arrivati alla resa dei conti

<<Perché ero geloso, perché in quel momento accanto a te avrei voluto esserci io e non vedere quel bellimbusto. In quel momento se non fossi stato abbastanza lucido da non avvicinarmi di più avrei anche potuto menargli un gancio sui denti, perché lui poteva toccarti, ballare con te, abbracciarti ma soprattutto baciarti. Mentre io ho capito troppo tardi di avere la persona più straordinaria del mondo al mio fianco e purtroppo l'ho persa. Sì, mi sono innamorato follemente e perdutamente di te, della meravigliosa creatura che sei, e non c'è notte in cui tu non giunga nei sogni: il tuo volto sorridente, i tuoi occhi che splendono alla luce del sole che tramonta, i tuoi capelli al vento, le tue labbra che chiamano il mio nome tra i sospiri, il tuo corpo che freme al mio tocco.>>

<<Se eri così geloso non te ne saresti andato via con quella rossa. Credevi che non avessi visto che sei sparito nella folla con lei? Perché sei sempre il solito appena trovi una più appetibile prendi e te la scopi, perché è quello che ti riesce meglio>>

<<Ma io non sono andato via con lei! Io neanche ci avevo fatto caso alle sue attenzioni poi ho visto lui che ti toccava e la gelosia è salita ancora di più quindi l'ho lasciata fare, almeno finché non ha cominciato a sbottonarmi la camicia e a baciarmi il petto>>

<<E li hai deciso che potevi fottertela, non è così? Ti ho visto quando le tenevi la mano tra i capelli e lei era davanti ai tuoi pantaloni, vuoi negarlo?>>

<<Ma io stavo cercando di allontanarla e lei ha frainteso! Io volevo solo vedere come avresti reagito nel vedermi ballare con un'altra, di certo se volevo scoparla avrei lasciato la pista molto prima. Che poi a te che importa se me la sono fatta o meno? Tu hai il tuo ragazzo>>

<<Sì che m'importa! Perché ho passato mesi e mesi a correrti dietro, sperando in qualcosa che non è mai arrivato. Poi, appena trovo un po' di felicità con un'altra persona, sperando di dimenticarti, tu torni prepotentemente nella mia mente con quegli occhi da cucciolo e quel maledetto sorriso e mi stravolgi completamente. Perché purtroppo, pure se ci provo, il mio cuore non può far a meno di perdere un battito e poi cominciare a pompare velocissimo ogni volta che ti vedo e tutto questo perché ti amo>>

Non le do quasi il tempo di finire la frase che le mie labbra sono già sulle sue, in bacio che racchiude tutto quello che non è stato detto: la grandezza dei nostri sentimenti, le scuse, il maledirsi per non aver parlato chiaro fin da subito. Il bacio è subito confusionario e profondo, con la mia lingua che sguscia nella sua bocca in cerca della sua, provocandole un forte gemito di sorpresa e piacere, mentre con le mani sui suoi fianchi la stringo più vicina a me, in modo che i nostri petti entrino in contatto. Lei per tutta risposta allaccia le sue gambe intorno al mio bacino, permettendomi di avvicinare ancora di più i nostri corpi. Le nostre bocche e i nostri corpi sembrano star respirando per la prima volta dopo tantissimo tempo, avidi l'uno dell'altra e incapaci a sottrarsi al contatto con l'altro. Le nostre bocche si divorano con avidità e senza dar alcun segno di volersi staccare, le lingue che compongono una lenta e sensuale danza erotica dentro di esse che ci fa gemere ed ansimare senza sosta. Ci baciammo per un tempo sembrato infinito ma mai abbastanza e ci staccammo solo perché i polmoni reclamavano aria.

<<Beh, questo è stato...wow. Indescrivibile a parole>> mi dice April guardandomi negli occhi, i suoi verdi che luccicano di gioia e amore specchiandosi nei miei, le sue gambe ancora allacciate attorno ai miei fianchi

<<E ce ne saranno molti altri in futuro, sempre se vorrai perdonarmi.>> le rispondo appoggiando la mia fronte alla sua, sorridendo come un ebete a mezzo metro dalle sue labbra

<<Io ti ho perdonato nel momento in cui ho letto il tuo messaggio. Prova però anche solo a ballare con un'altra per farmi ingelosire e giuro che ti uccido con le mie mani>> dice mettendomi le braccia attorno al collo, lanciandomi poi un piccolo sguardo omicida come ad accreditare la sua promessa

<<Non succederà mai più, te lo giuro>> le prometto e per farle capire che sono sincero le predo la mano sinistra e l'appoggio sul mio petto, precisamente sul cuore facendole sentire come stesse battendo forte in quel momento solo ed esclusivamente per lei.

<<Ora però dovrai parlare col tizio e chiudere>> dico staccando la mia fronte dalla sua e sfoggiando il mio sorrisetto sornione

<<Con Max ho già chiuso>> risponde lei cogliendomi totalmente alla sprovvista per l'ennesima volta stasera

<<Quando?>> domando realmente sorpreso ma dentro sto già sparando i fuochi d'artificio

<<Dopo averti visto sparire, pensando che stessi con lei, il mio cuore era come se si fosse rotto in mille pezzi e ho capito che sarei potuta fuggire anche in capo al mondo ma ci sarebbe sempre stata qualcosa o qualcuno che mi avrebbe ricordato te. Ho quindi messo in chiaro le cose anche con Max e abbiamo deciso entrambi che fosse meglio smettere di frequentarci.>> la sua risposta mi riempie così di gioia che l'attiro nuovamente in un bacio, stavolta molto più dolce e lento

<<Non sapevo sapessi baciare così bene>> dice appena si stacca dal bacio, il sorriso che le arriva fino agli occhi

<<Ho grandi qualità nascoste. Modestamente posso dire che sono il miglior baciatore tra tutti quelli che hai mai baciato>> rispondo ridacchiando ricevendo un lieve schiaffo sul braccio da parte sua

<<La modestia è sempre la tua miglior qualità eh? Comunque non posso molto fare i paragoni visto che in 19 anni ho baciato solo due persone e tutte due nella stessa serata>> dice prima di alzarsi lasciandomi impalato a processare quello che mi ha appena detto dirigendosi verso la mia macchina

<<Tu mi stai dicendo che il tuo primo bacio è stato con quel cretino stasera? Cioè, tu non avevi mai baciato qualcuno prima? Nemmeno un bacio a stampo?>> la riempio di domande mentre la raggiungo

<<No, prima di stasera non avevo mai baciato nessuno. E devo dire che il mio primo bacio non è stato come lo sognavo visto che l'ho dato per ripicca nei tuoi confronti>> queste ultime parole mi colpiscono forte facendomi fermare a pochi passi da lei

<<Che cosa?! Perché?>> le chiedo cercando di calmarmi anche se aver assistito al suo primo bacio, quando poteva invece essere questo il suo primo bacio, mi fa ribollire tutto il sangue che mi scorre nelle vene

<<Per quello che avevi fatto. In realtà mi ero arresa al fatto che non saresti stato tu il mio primo bacio quindi quando ti ho visto con quella ho pensato che la cosa peggiore che potessi farti, almeno in cuor mio, era dare il mio primo bacio ad un'altra persona proprio davanti a te. Alla fine è stato efficace>> risponde per poi appoggiarsi contro la mia macchina

Appena termina annullo la distanza tra noi e la incastro tra il mio corpo e la macchina, non lasciandole alcuna via di fuga

<<Non hai idea di come sia stato male nel vederti baciarlo davanti ai miei occhi e ora tu mi dici che l’hai fatto proprio apposta per farmi male, perché eri gelosa che qualcun’altra potesse avermi. Oh piccola April, ora però sono tutto tuo e tu sei tutta mia. Mia e soltanto mia.>> dico prima di baciarla

Stavolta è un bacio rude, ho io il controllo e lei sembra apprezzarlo, dato che geme ogni volta che approfondisco infilandole la lingua fin quasi nella gola. Le mie mani nel frattempo vagano sul suo corpo, di cui conosco a memoria le curve da quante volte l’ho sognato, lasciando che una si fermi sul suo seno destro, stringendolo leggermente provocando in lei dei gemiti prontamente soffocati dalla mia bocca sulla sua. Il suo corpo si inarca continuamente contro il mio, tanto che le nostre intimità entrano in contatto, provocandomi un gemito gutturale dal fondo della gola. Anche lei apprezza il contatto e prontamente allaccia le sue gambe al mio bacino. In questo modo le nostre intimità entrarono nuovamente in contatto, giovando della frizione tra i nostri corpi e della crescente eccitazione. Le nostre labbra si separano e io non perdo un attimo, depositando una scia di baci umidi sul suo collo, al quale mi offre ampio accesso allungando il collo e dimostrandomi la sua approvazione gemendo sommessamente, eccitandomi e spingendomi a continuare. Le bacio e mordo un lembo di pelle alla base del collo, all’attaccatura con la clavicola, sul quale punto sicuramente si ritroverà un succhiotto. Meglio, così tutti sapranno che è solo mia ed io sono solo suo

<<Se non fossi un gentiluomo>> le dico staccandomi dal suo collo tornando a guardarla negli occhi <<ti avrei presa qui e adesso, avrei saggiato ogni parte del tuo corpo venerandola e amandola come non mai, regalandoti una prima volta che non avresti mai dimenticato. Ma il momento giusto arriverà anche per quello.>> le soffio queste parole sulla sua bocca provocandole un ennesimo gemito.

<<Ti amo, Seb.>> gli occhi verdi quasi liquidi per l’eccitazione e le labbra gonfie e rosse tirate in un sorriso che potrebbe letteralmente uccidermi tale è la sua bellezza.

<<Ti amo anch’io April.>> le dico lasciandole un lieve bacio a stampo sorridendo, i miei occhi oramai persi dentro i suoi

<<Ora però andiamo che si è fatto tardi. Ti accompagno a casa>> continuo facendola ritornare nuovamente coi piedi per terra

Le apro la portiera così che lei possa entrare, richiudendola appena lei entra in macchina per poi entrare anch’io in macchina. Mai avrei immaginato che il belvedere avrebbe racchiuso per sempre uno dei momenti più belli ed importanti della mia vita. Ci metto cinque minuti a raggiungere casa di April e, dopo una serie di baci che non sembravano mai abbastanza, come se fosse ora impossibile per noi staccarci, lei scese entrando in casa, salutandomi con la mano prima di richiudere la porta alle sue spalle.

Alla fine aveva ragione Richard: se due persone sono destinate a stare insieme, il momento giusto arriverà. E finalmente per me ed April quel momento è arrivato, e spero non finirà mai.

Chapter 5: SOMEBODY ELSE

Chapter Text

I matrimoni mi erano sempre piaciuti. Quella sensazione di essere parte di una felicità che non è direttamente la tua ma che allo stesso tempo ti riempie il cuore mi dava quel barlume di speranza in più che un giorno avrei provato quella gioia in prima persona. Ero anche quasi certa di averla trovata, quella felicità nel amare ed essere amata pienamente, quell’amore che unisce due anime prima che due corpi. A quanto pare, però, era solo un’illusione, un sogno dal quale ero stata svegliata bruscamente, riportata alla dura e cruda realtà contro la mia volontà e senza che potessi fare altro se non poi cercare di raccogliere i cocci del mio povero cuore frantumato da un sorriso angelico e due occhi profondi come il mare da cui prendono il loro colore. Avrei preferito annegare in quel mare piuttosto che essere lasciata in pezzi come se gli anni passati insieme non avessero significato nulla, come se quell’amore che lei tanto professava non fosse mai esistito. Generalmente è già difficile trovare quella connessione di anime e cuori in mondo dove ormai l’amore è relegato ai film o ai romanzi rosa che leggevo da ragazzina, se poi ci aggiungi la difficoltà di trovarla in una persona del tuo stesso sesso diventa ancora più rara.

Cerco di eliminare questi pensieri negativi dalla mia testa e godermi la festa. Dopotutto la tua migliore amica si sposa una sola volta con l’amore della sua vita e non posso passare tutta la giornata a crogiolarmi su me stessa e le mie disgrazie amorose. Non quando la mia ex, la ragazza con cui pensavo avrei passato il resto della mia vita, con cui speravo di progettare un futuro insieme, è anche lei qui.

Indossa un vestitino lilla perlaceo, il corpetto con scollo all’americana che le fascia perfettamente le curve dei fianchi, scendendo poi morbidamente in una gonna con del tulle che le arriva fino al ginocchio, con dei vertiginosi sandali argentati che si abbinano alla pochette dello stesso colore. I capelli castani le scendono in morbide onde sulle spalle, molto più corti rispetto all’ultima volta che ci siamo viste, quasi un anno fa, con una frangetta lunga che va ad incorniciarle il viso tondo pieno di piccole efelidi, soprattutto sul naso all’insù, ora coperte dal trucco. Gli occhi azzurri risultano ancora più grandi e penetranti grazie al trucco e lo stesso vale per le labbra, ora otticamente più grandi e rimpolpate dal gloss nude che indossa.

La osservo da lontano e di sottecchi, senza farmi notare e per evitare che le circostanze ci portino a dover parlare. So che Annabel non poteva far a meno di non invitarla nonostante la nostra rottura, perché era grazie a Scarlett se lei aveva conosciuto Frederick, suo marito e amico d’infanzia di Scarlett, e non potevo certo metterli a scelta tra chi di noi invitare. L’unico problema è che, essendo la testimone della sposa, mi toccano alcuni compiti che prevendono l’interagire con gli ospiti, tra cui quello di girare tra i vari tavoli con la sposa per vedere se si stavano godendo la cerimonia. Per fortuna che non indosso un colore sgargiante ma un semplice tailleur bordeaux e un sottogiaccia nero con scollo a cuore, così mi mimetizzo bene. Inoltre sono riuscita sempre ad evitare di andare vicino al suo tavolo anche perché non ho voluto sapere da Annie e Fred se fosse venuta con qualcuno o meno.

<<Cassie! Vieni in pista!!!>> la voce della sposa al microfono della console mi richiama ai miei doveri di testimone, costringendomi ad alzarmi dal tavolo dove stavo sorseggiando il mio calice di Lambrusco

Mi districo tra i corpi degli invitati che stanno ballando per raggiungere gli sposi e gli altri testimoni e damigelle che ballano allegri e un po’ alticci a causa del vino davanti la console del Dj. Nel farlo però mi scontro con una persona che nel venirmi contro fa rovesciare il contenuto del suo bicchiere sulla giacca del mio tailleur. Il mio sguardo si posa sulla persona e incontra gli occhi blu che ancora oggi tormentano i miei sogni. Tra tutte le persone che mi potevano venire contro proprio lei, dico io?

Ci guardiamo in imbarazzo senza sapere bene cosa fare o dire, era passato troppo tempo dall’ultima volta che ci eravamo trovate faccia a faccia e non era neanche stato un addio tranquillo e civile

<<Scusami Cassandra, non ti avevo proprio vista>> si scusa distogliendo subito lo sguardo, le gote rosse dall’imbarazzo

<<Non preoccuparti non è successo nulla>> le rispondo osservando l’alone della macchia dello stesso colore della giacca

<<Sono mortificata, davvero. Se vuoi chiedo a uno dei camerieri se hanno uno smacchiante e…>>

<<Non è necessario, stai tranquilla. Se permetti devo raggiungere la sposa>> le rispondo fredda cercando di congedarmi e mettere tra noi più distanza possibile

<<Cass!>> la sua mano si stringe attorno al mio braccio sinistro, facendomi di nuovo voltare verso di lei, incontrando nuovamente il suo sguardo penetrante e seducente

<<Vado a fumare una sigaretta, vieni a farmi compagnia?>> mi domanda con una semplicità che mi fa salire i nervi.

È stata lei a lasciarmi, lei a dirmi che non voleva più vedermi, lei a dirmi che i quattro anni passati insieme erano stati uno sbaglio, un qualcosa che non doveva più accadere perché a lei piacciono i maschi, lei che ha distrutto la mia salute mentale e fatto cadere tutto ciò in cui credevo e tutti i sogni e progetti fatti insieme. Ora invece ha il coraggio di domandarmi di farle compagnia mentre fuma come se niente fosse! Che poi lo sa anche che a me ha sempre infastidito il fumo.

<<Devo raggiungere Annabel, mi dispiace>> le rispondo di nuovo fredda, divincolandomi e proseguendo il mio cammino verso la mia migliore amica

Crede davvero che per me sia stata facile superare la nostra storia? Agli inizi avevo ancora il localizzatore del suo telefono attivato e la vedevo andare ogni sera in un bar diverso, passare la notte in una casa diversa, mentre io piangevo in quello che era stato il nostro letto fino ad addormentarmi finché, con l’aiuto anche di Annie, ho eliminato la sua localizzazione e, non sapendo cosa facesse, ho cercato pian piano di dimenticarla. Il problema è che la sua è una ferita ancora fresca, non del tutto cicatrizzata e che si riapre ogni volta che i ricordi mi tornano alla mente, come proiettili pronti ad uccidere, e diventa sempre più difficile guarire del tutto. Una lezione sono riuscita a trarla da quest’anno passato così di merda: le cicatrici del corpo guarisco prima di quelle del cuore o della mente e non puoi far niente per velocizzare la loro guarigione senza creare altri danni.

Raggiungo finalmente gli sposi e cerco di tenere su il sorriso più finto della storia, cominciando a ballare con loro

<<Cassie! Ce ne hai messo di tempo per arrivare qui!>> mi rimprovera la mia migliore amica mentre balla abbracciata al suo sposo

<<Ho avuto in piccolo contrattempo in pista, tutto qui>> rispondo cercando di non allarmarla troppo. Perché si sa che non bisogna mettere ansie o presentare delle problematiche a una sposa il giorno del proprio matrimonio.

<<C’entra Scarlett?>> mi domanda con forte apprensione. Sa quanto male mi ha fatto la rottura e so anche quanto avrebbe voluto ammazzarla di botte ma sono stata io la prima a dirle che non merita di rischiare la galera per difendermi, anche se l’avrei molto apprezzato.

<<Non preoccuparti, è tutto sotto controllo>> le dico chiudendo la questione e cominciando a ballare

Passa tutto in secondo piano mentre mi diverto e mi scateno come una pazza insieme alle mie persone preferite, e vederle felici mi rende meno malinconica. Finite le canzoni movimentate lo speaker chiama al centro della pista Annie e Fred e fa partire un lento sulle note della loro canzone, Young and Beautiful di Lana del Rey.

È un momento tutto loro, Fred che fa volteggiare la sua sposa nel suo meraviglioso abito da sposa, con lo scollo a v che scendeva morbidamente in un’ampia gonna da principessa tutto in organza ricamata, sussurrandole qualcosa all’orecchio che la fa sorridere e ridacchiare. Il resto degli invitati fa da spettatore a questo momento quasi magico, loro immersi nella propria bolla di felicità, incuranti di tutto e tutti al di fuori di loro, i violini e gli archi che fanno loro da sottofondo, come nei balli delle fiabe dove la principessa ha finalmente col suo principe il suo “e vissero per sempre felici e contenti”. Talmente è la bellezza e l’amore che irradiano nella sala che nessuno riesce a distogliere lo sguardo da loro, e con la coda dell’occhio vedo persino qualcuno commosso con le lacrime agli occhi.

Tra questi c’è Ivy, la sorella minore di Annie di appena sedici anni, che di fianco a me sta riprendendo col cellulare il loro ballo mentre cerca, con scarsi risultati,  di trattenere le lacrime. Posso dire di averla vista nascere questa, ormai, giovane donna dato che ci passiamo dodici anni di differenza ed io e sua sorella ci conosciamo dalla 6th grade, quindi quasi 17 anni. So quanto affetto prova per la sorella e il cognato e so anche da quanto tempo, quasi otto anni, domandava alla coppia quando sarebbe convolata a nozze perché lei voleva diventare zia al più presto. Ricordo ancora la prima volta che lo disse davanti a tutti, Annie e Fred stavano insieme da pochi mesi ed erano entrambi al college ed era la prima volta che lui veniva invitato a casa loro, tutti cominciammo a ridere tranne i diretti interessati che rimasero in un silenzio tombale.

È troppo presto per pensarci tesoro” le disse sua madre, la signora Wright, cercando di tirare fuori dall’imbarazzo sia sua figlia sia quello che sarebbe divenuto suo genero

Ma io voglio fare la zia! Così divento subito grande” le rispose facendo scoppiare a ridere tutti questa volta per l’ingenuità di una bimba di appena otto anni

Ora quella bambina vedeva realizzato il suo sogno, perché solo pochi di noi, per la precisione io e la signora Wright oltre agli sposi, sapevamo che Annie era incinta. Lo aveva scoperto due mesi prima del matrimonio e non vi dico la felicità e la gioia che ho provato nell’apprendere la lieta notizia. Avevano però deciso che l’avrebbero annunciato durante il matrimonio e quindi ho dovuto mantenere il segreto per un po’, cercando anche di dissimulare la mia preoccupazione nei suoi confronti quando ci ritrovavamo con gli altri amici a fare una semplice uscita del sabato sera.

È ancora troppo presto per sapere il sesso del nascituro, perché secondo i calcoli di Annie e della sua ginecologa dovrebbe essere intorno alla quindicesima settimana, ma io sono sicura che sarà un maschietto, con sommo dispiacere dei futuri genitori che vorrebbero entrambi una femminuccia.

La musica s’interrompe e gli sposi si fermano rimanendo però chiusi nel loro abbraccio, come a mantenere ancora per un po’ la loro bolla che viene frantumata dai nostri applausi commossi e dai fischi di qualche amico di Fred, probabilmente partito da Louis, cugino e testimone dello sposo. Lo speaker ci avvisa che tra poco ci sarebbe stato il taglio della torta e invita tutti i presenti, esclusi gli sposi, a spostarci nel giardino dove ci sarebbe stato poi il buffet di dolci e il bar con digestivi ed alcolici. Le persone cominciano ad uscire ed io mi avvicino alla sposa poiché ora ci sarebbe stato un lieve cambio d’abito per lei: la gonna sarebbe scomparsa mostrando un altrettanto meraviglioso vestito a sirena tutto ricamato che però metteva in risalto il pancino appena pronunciato. Nel muovermi verso gli sposi incrocio nuovamente lo sguardo di Scarlett, in piedi davanti a una colonna della sala e senza alcuna intenzione di uscire. Le lancio uno sguardo truce per invitarla gentilmente a portare il suo sedere fuori di lì ma, cocciuta come sempre, resta ferma al suo posto guardandomi come a sfidarla a farla uscire fuori. La ignoro totalmente e raggiungo gli sposi

<<Annie ti accompagno in bagno>> le dico facendole segno di seguirmi verso la saletta che le era stata riservata per il cambio d’abito

<<Sì andiamo. Amore ci metto giusto cinque minuti>> dice a Fred prima di schioccargli un veloce bacio sulle labbra

Non ci avremmo mai messo cinque minuti dato che dovevo anche modificarle leggermente l’acconciatura e ripassarle il trucco ma resto in silenzio perché tanto eravamo in super orario essendo comunque mezzanotte e un quarto, un orario consono per il taglio torta per una cerimonia pomeridiana.

Lasciamo quindi lo sposo ad aspettarci lì mentre aiuto Annabel. Mentre le tolgo la gonna osservo la giacca sulla quale era ancora visibile l’alone dovuto al vino che mi aveva versato addosso quella stronza. Fortunatamente lì c’era uno smacchiante, che avevo portato per la sposa, e nel frattempo che Annie fa una pausa bagno io mi smacchio la giacca, riuscendo a togliere l’alone.

<<Mi domando come tu abbia fatto a versarti il vino sulla giacca>> dice Annabel uscendo dal bagno, ancora più raggiante in quel vestito che esaltava al meglio le sue forme

<<Una persona mi ha urtato e per sbaglio mi ha rovesciato del vino sulla giacca. Menomale che previdentemente ho portato uno smacchiante>> le rispondo rimettendomi la giacca

Lascio scivolare un paio di secondi lo sguardo sul mio riflesso: i miei lunghi capelli neri acconciati in un semi raccolto, uno chignon dal quale il resto dei capelli scendevano in tante piccole onde come fosse una treccia, sembravano non essersi mossi, sarà anche la gran quantità di forcine che l’hair stylist mi aveva messo nei capelli; il trucco semplice, che andava a coprire le imperfezioni e soprattutto le occhiaie violacee che mi ritrovavo ma che metteva in risalto i miei occhi castani allungandomi anche lo sguardo e rimpicciolendo il naso aquilino che mi ritrovavo, bisognava forse solo di una lieve ripassata di gloss ma ne avrei fatto a meno, tanto la protagonista non ero io.

<<Non sarà mica Scarlett, vero? Se è stata lei l’avrà sicuramente fatto apposta, quella grande stronza>> sbraita Annie, sedendosi sulla sedia così che possa ritoccarle il trucco e scioglierle totalmente i biondi capelli che portava in un mezza coda riccioluta per natura

<<Diciamo che gli ormoni ti fanno bene, eh?>> le dico ridacchiando ricevendo un occhiataccia e un leggero schiaffo sul braccio

<<Non dirmi che vuoi ancora difenderla dopo tutto quello che ti ha fatto passare? Ti ricordo che io la conosco da più tempo di te e so com’era i primi anni del college prima che voi due vi metteste insieme. Tutti i ragazzi le andavano dietro e lei non se ne filava neanche uno, mai una volta che mi avesse raccontato di un ragazzo con cui era uscita o con cui avesse fatto qualcosa, niente! E ora vorrebbe venirmi a dire che le sono sempre piaciuti? Ma che andasse a raccontare le balle a qualcun altro!>> dice quasi urlando, perché sì Annie ci è rimasta più male di me proprio perché era stata lei a presentarmela

<<Dividevamo la stanza al college, avrei avuto qualche sentore se mi avesse detto palle su questa cosa e di certo non l’avrei presentata a te se sapevo che si sarebbe rivelata una stronza senza cuore>> continua guardandomi attraverso lo specchio, gli occhi verdi rassicuranti e allo stesso tempo in tempesta ma decisi

<<Nessuno di noi poteva saperlo Anne, è inutile che tu te ne faccia una colpa. Ora non avvelenarti perché tanto non è successo niente di irreparabile, anzi subito ho risolto, quindi ora pensa solo all’annuncio che tu e Fred dovrete dare>> le dico sciogliendole con cura i capelli come l’hair stylist mi aveva fatto vedere mentre sorrido come un ebete al pensiero che presto si sarebbe aggiunto un piccolo esserino al nostro duo perfetto.

<<Già non vedo l’ora! Immagino la faccia che farà Ivy quando lo saprà, è una vita che desidera essere zia e che quasi non mi sembra vero di essere incinta>> mi risponde, il tono della voce ora molto più dolce mentre si accarezza delicatamente il ventre

<<Io ed Ivy saremo delle zie super per questo piccoletto>> le dico spostandomi leggermente a prendere il kit ritocco che la make-up artist ci aveva lasciato

<<Ne sono sicura, come sono sicura che sarà una femminuccia>>

<<Io invece ti dico che lì c’è il piccolo George, mi giocherei la casa>> le dico cominciando ripulirle alcune bavature del trucco

I ragazzi avevano già scelto i nomi: se maschio George come il papà di Fred, se femmina Camilla come la nonna di Annabel. Se mi sbagliassi sarei contenta comunque, così come i genitori nel caso avessi ragione io, ma quando ho determinate sensazioni non sbaglio mai.

<<Ma anche il calendario cinese dice che sarà femminuccia! E poi ho più voglie salate che dolci, quindi saremo un meraviglioso trio tutto al femminile>>

<<Ma il calendario cinese non è mai precisissimo e poi non puoi neanche fare affidamento sulle voglie perché secondo le credenze popolari dovresti avere anche la nausea e la pelle con imperfezioni e brufoli, invece non hai niente. Quindi stai a sentire alla tua Cassie, è un maschio>>

<<Io che lo porto in grembo ho la sensazione che sia femmina, quindi sono più attendibile>> dice facendo la finta arrabbiata, mettendo su un piccolo broncio

<<Non imbronciarti che altrimenti ci sembrano le rughette e poi non posso rimetterti il rossetto>> le dico prendendo il rossetto

Mentre glielo sto mettendo sento bussare alla porta, sicuramente sarà Fred che si è stancato di aspettarci da solo nella sala

<<Sposo un minuto e siamo fuori, la sto rendendo ancora più bella di quanto non lo sia già!>> gli dico ridacchiando

<<Annabel, sono Scarlett>> ci risponde questa voce dietro la porta della saletta dove noi eravamo

Restai immobile nella mia posizione, come ghiacciata, per evitare che potesse percepire anche il minimo rumore che potesse farle pensare che fossi lì con Annie

<<Scarlett scusa se non ti apro ma al momento sono impossibilitata. Ti serve qualcosa?>> la voce di Annie è calma e pacata ma nei suoi occhi riesco a leggere la domanda che entrambe ci stiamo domandando: perché non è fuori con gli altri?

<<In realtà vorrei chiederti un favore, so che forse non è né il momento né il luogo essendo il tuo matrimonio ma ne ho davvero bisogno. Se dovessi vedere Cassandra potresti chiederle se può riaccompagnarmi a casa? Sono inizialmente venuta con Jorge ma lui ha bevuto molto e in primis non mi fido ad andare in macchina con lui così e poi non vorrei essere fermata dalla polizia.>>

Il mio cuore si ferma al sentire quella sua richiesta. Tra tutte le persone che conosce qui, e ce ne sono un po’ a partire da Louis, cugino di Fred, che conosce da una vita, ha il barbaro coraggio di chiedere alla mia migliore amica se può tornarsene a casa con me? Non ha neanche il pudore di dire “ho già domandato ma nessuno aveva un posto in più in auto”, perché avrebbe potuto domandare e ricevere queste risposte ma ci metterei la mano sul fuoco che non l’ha fatto.

La odio così tanto perché punta sul senso di colpa mio e di Annie perché nessuno la farebbe andare via con una persona che ha bevuto un po’ di più se lei non si sente sicura e quindi mi sentirei moralmente in colpa a non darle un passaggio a casa sua. Guardo Annie e la vedo corrucciata, starà sicuramente pensando a un modo per non farci tornare insieme ma senza dirle di no. Che poi credo Annie sappia se lei è venuta da sola con Jorge, loro ex compagno di college, o se con loro c’era qualcun altro.

<<Hai domandato a Louis? Se non mi sbaglio è venuto solo con Jordan quindi dovrebbe avere un posto in macchina>> le risponde incrociando le dita affinché lei dica che andrà a domandare a Louis

<<Sei pazza? Louis non la sopporta e lo sai. Potrebbe ammazzarti se lo venisse a sapere>> le sussurro nella maniera più silenziosa possibile

<<Gli dirò che era per una causa più importante. E poi è con Jordan quindi non dovrebbero succedere tragedie>>

<<Gliel’ho già chiesto e mi ha detto che deve portare anche la sorella e il fidanzato>> ci risponde Scarlett e penso che mi potrebbe venire un infarto o un attacco d’ira omicida

<<Lo ammazzo a quel biondo ossigenato, sappilo>> mi dice a denti stretti, mentre io mi arrendo ormai al mio destino

<<Annie è inutile e poi potrebbe aver detto anche una bugia perché neanche a lei Louis sta tanto simpatico>>

<<Allora possiamo mandarla con qualcuno della mia famiglia. Oppure posso mandare con voi Ivy, sarà contenta di tornarsene con te>> mi risponde Annie, cercando di confortarmi

<<Tu credi che Ivy se ne voglia andare quando saprà di questo?>> le chiedo indicando la sua pancia <<È una vita che aspetta un nipotino e non penso ve ne farà andare via tanto presto, com’è giusto che sia>>

<<Non voglio però che lei venga con te. O che almeno non siate da sole. Potrebbe anche volere qualcosa, sia cosa intendo, e non voglio che tu cada nella sua trappola e ci stia ancora più male. Lo sai voglio bene anche a lei, ma a te ne voglio di più perché sei la mia famiglia e io proteggo la mia famiglia ad ogni costo>> mi dice stringendomi la mano nella sua e guardandomi seria

<<Ti voglio bene anch’io. Sai però che non posso tirarmi indietro né posso costringere qualcuno a tornare con me. Sono forte abbastanza da riuscire a contrastarla e se mi gira gliene dico anche quattro>> ricambio la stretta della sua mano e annuisco lievemente, come a darle il consenso di parlare

<<Se allora non ha posti penso che Cassie abbia un posto in macchina, anche se essendo la mia testimone avrò bisogno di lei per molto anche dopo>> le dice come a intimorirla, sfidandola a chiedere a qualcun altro se lei non era d’accordo.

<<Mi va bene qualsiasi orario che va bene a lei. Anzi ti ringrazio davvero tanto perché altrimenti non sapevo veramente come tornare a casa>>

<<Non dovresti ringraziare me ma Cassandra. Ora, se non ti dispiace, potresti raggiungere gli altri invitati così posso raggiungere mio marito per il taglio torta>>

<<Sì, esco subito. Grazie ancora!>>

Ad avvisarci che non è più davanti la porta è il ticchettio dei suoi tacchi sul pavimento che si affievolisce sempre di più.

<<Giuro che, se potessi, la porterei io a casa pur di non farvi tornare insieme. La odio!>> mi dice Annie, la fronte corrugata e la mano destra stretta in un pugno

<<Hey! Tu non hai colpa e lo sai. È da tutta la sera che cerca di avvicinarmi e parlarmi, avrebbe usato una qualsiasi altra scusa, forse coinvolgendo altre persone che non sanno del nostro trascorso e sarebbe stato peggio>> le dico prendendole la mano destra con la mia accarezzandone dolcemente il dorso.

<<Se dovesse succedere qualcosa, qualsiasi cosa che non ti sta bene, non esitare a chiamare me o Fred. Noi correremo subito da te>>

<<Lo so e vi ringrazio per tutto quello che continuate a fare per me>> le rispondo stringendole la mano, i nostri sguardi fissi l'uno nell'altra

<<Sei una persona straordinaria e meravigliosa Cass e sono sicura che presto anche qualcun'altra riuscirà a vederti così come sei. Non sminuire mai il tuo valore per gli altri, mai>>

Le sue parole mi commuovono e una lacrima scende senza permesso lungo la mia guancia destra, prontamente asciugata dalla novella sposa

<<Va bene ora basta sentimentalismo altrimenti comincio a piangere e devi rifare tutto il lavoro da capo. Andiamo da Fred che sono sicura mi avrà già data per fuggitiva dopo neanche ventiquattro ore sposati>>

<<Secondo me pensa che o ti sto facendo un restauro completo o che stiamo combinando qualche sorpresa per lui>> le rispondo ridacchiando

<<Signore guardate che sono già passati più di dieci minuti!>> a parlar del diavolo spuntano le corna ed ecco che dietro la nostra porta c'è il novello sposo, ormai stanco di aspettare

<<Sì non preoccuparti che la sposa è pronta >> gli dico aprendo la porta

<<Si può sapere che avete fatto per tutto questo tempo?!>> ci domanda sgranando leggermente gli occhi azzurri alla vista della moglie nel suo secondo abito

<<Parlavamo male di te, ovviamente>> risponde sua moglie ridendo lasciandogli poi un lieve bacio sulle labbra

<<Ne riparleremo a casa, allora>> dice trattenendola per la vita vicino a sé per poi baciarla appassionatamente

<<Non per interrompervi ma gli ospiti vi stanno aspettando. E poi direi che avete già un pargolo di cui occuparvi, non mi sembrerebbe il caso di farne un altro ma voi fate come volete>> dico interrompendo il loro piccolo idillio amoroso

<<La nostra testimone e futura madrina della nostra piccola ha ragione, dobbiamo andare a dare a tutti la bella notizia>> è lo sposo a rispondermi, raggiante nel suo completo nero e i capelli rossi leggermente scompigliati, appoggiando dolcemente la mano sul ventre di sua moglie accarezzandolo

<<Io mi avvio fuori, voi contate fino a trenta e poi uscite>> dico loro mentre mi dirigo verso l’uscita della sala verso l’esterno

Il giardino è pieno di tavoli rotondi bianchi contornati di sedie su cui sono seduti gli invitati che chiacchierando tra loro e sorseggiando qualcosa da bere aspettano l’arrivo degli sposi per il taglio della torta e l’apertura del buffet di dolci. Tutti sembrano essere felici ed a proprio agio e mi rilasso un po’ vedendo che tutto sta procedendo al meglio. Vedo Ivy girarsi intorno alla ricerca degli sposi, Louis parlare con il suo fidanzato Jordan e il resto degli amici dello sposo, probabilmente con l’intento di organizzare qualcosa per lo sposo, i genitori degli sposi che parlano con gli ospiti per sincerarsi che il ricevimento sia piaciuto a tutti, vedo Roxanne, la sorella dello sposo, chiacchierare con diverse ragazze, probabilmente tutte pronte per afferrare l’ambito bouquet della sposa. Ecco una cosa stupida dei matrimoni che non mi andrà mai giù è proprio quella del lancio del bouquet. Perché dovrei lottare contro altre donne per afferrare un mazzo di fiori così che chi è fidanzato con me abbia la pressione di dover fare una proposta di matrimonio solo perché la tradizione dice che “chi prende il bouquet si sposerà entro l’anno”? Però agli altri piace quindi non essendo il mio matrimonio non posso imporre alle altre persone di non farlo. Mi limiterò a guardare divertita la lotta con un bicchiere di prosecco in mano.

A proposito di prosecco vedo passare i camerieri con flûte pieni di prosecco e appena uno di questi mi si avvicina ne prendo uno e ne bevo subito un sorso

<<Mi auguro che tu sia sobria, testimone>> a parlare è una voce soffice che riconoscerei anche in una cacofonia di altre centinaia di voci. Mi volto e la vedo lì di fianco a me, nel suo vestito lilla, che mi guarda divertita con quei suoi due pozzi azzurri.

<<Sono la testimone, devo essere sempre pronta per aiutare la sposa, quindi per forza di cose devo restare sobria almeno per un altro paio d’ore. Ciò però non mi vieta di bere un bicchiere di prosecco.>> dico prima di riavvicinare il bicchiere alle labbra e bere tutto d’un sorso il contenuto

<<A meno che questo non ti faccia dubitare della mia capacità di riaccompagnarti. In quel caso saresti liberissima di chiederlo a qualcun altro>> le dico lanciandole uno sguardo eloquente prima di voltarmi alla ricerca di un cameriere a cui lasciare il bicchiere vuoto

<<Vedo che Annabel ti ha detto già tutto>>

<<Ovviamente visto che non sapeva se avessi posto o meno e sfortunatamente sono da sola in macchina, a meno che Ivy non decida di tornarsene con me>> nel risponderle, sempre senza guardarla, mi avvicino al primo tavolo vuoto dove lascio il bicchiere

<<Quindi saremo sole?>> il tono sorpreso nella sua voce era proprio quello che non mi sarei mai aspettata

<<Esattamente. Voglio che tu sappia che a me non fa piacere ma se lo faccio è perché me l’ha chiesto la mia migliore amica, nulla di più>> dico girandomi verso di lei prima di vedere Ivy sbracciarsi come ad attirare la mia attenzione

<<Ora se permetti mi chiama la sorella della sposa>> mi congedo da lei voltandole le spalle e allontanandomi di nuovo da lei

Ringrazio mentalmente Ivy per avermi salvato da avere una conversazione con lei almeno finché non mi ritroverò a doverlo fare per forza

<<Tesoro dimmi>> chiedo alla ragazzina osservando i suoi boccoli biondi come quelli della sorella muoversi insieme alla sua testa

<<Annie e Fred stanno per fare l’entrata e mamma ha detto di chiamarti. Forse dovete fare le foto voi testimoni con gli sposi.>> mi dice lei candidamente, ancora ignara della notizia che presto le daranno gli sposi

Neanche il tempo di risponderle che gli speakers annunciano l’entrata degli sposi. Tutti si voltano nella direzione indicata dagli speakers e vediamo uscire i due sposi, raggianti più che mai. Gli invitati restano imbambolati a guardare la sposa nel suo secondo abito che nessuno si accorge del pancino pronunciato. Tutti tranne una sola persona

<<Oddio sei incinta?!>> a urlare queste parole è proprio Ivy che nel vedere sua sorella e il marito annuirle divertiti subito corre verso di loro per abbracciarli.

Da lì tutti gli invitati cominciano a gioire con gli sposi andandosi a congratulare con loro, riempiendoli di domande

<<Tu lo sapevi!>> mi urla Ivy per poi inglobarmi in un abbraccio stritola-ossa

<<Perché non me l’hai detto?!>> le braccia incrociate davanti al petto e lo sguardo corrugato, in una sorta di broncio

<<Era una sorpresa e vedo anche ben riuscita. Non dirmi che non sei contenta>>

<<Sono iper mega contenta! È il mio sogno che si realizza! Ti rendi conto che presto saremo zie! Oddio io, Ivy Wright, diventerò zia. Sarò zia!!! Chissà se sarà maschio o femmina. L’importante è che sia in salute ma vorrei tanto fosse femmina, potrò spupazzarla tutto il tempo, comprarle tanti vestiti carini, e quando sarà un po’ più grande farle tante acconciature ai capelli e truccarla. Potrò anche insegnarle a leggere e consigliarle i titoli giusti. Ah che bello, che bello!>>

Vedere quella ragazzina saltellare felice come se avesse vinto alla lotteria perché finalmente sarà zia mi scioglie il cuore e una lacrima di gioia scivola lungo la mia guancia destra. Vedere tanta felicità intorno a me mi fa capire quanto sia fortunata ad avere queste persone nella mia vita. Quando mia madre, l’unico membro rimasto della mia famiglia, mi aveva voltato le spalle dopo il coming out pensavo sarei rimasta da sola per sempre. Ma Annie e la sua famiglia mi hanno subito accolto come se fossi da sempre stata una di loro, facendomi capire come si sta in una famiglia che ti ama incondizionatamente e per questo sarò per sempre grata.

Alzo lo sguardo e incrocio quello di Annie e le sorrido come un ebete vedendola circondata dall’affetto di tutti noi, familiari ed amici.

Dopo il taglio della torta la cerimonia prosegue con il suddetto lancio del bouquet. Io mi accomodo al tavolo, sedendomi di fianco alla signora Wright mentre tutte le altre ragazza e donne, compresa Ivy, presa dall’ebrezza di provare a prendere questo premio, si posizionano al centro del cortile dietro la sposa che dava loro le spalle. La cosa che più mi aveva incuriosito era che Ivy non lo voleva per sé ma per darlo ad un’altra persona ma non mi aveva voluto dire chi. Probabilmente a me ma credo sia più probabile che sia per Louis o Jordan, dato che loro sono tanti anni che stanno insieme.

Osservo tutte le ragazze che sono lì davanti a me e l’unica che non vedo è proprio Scarlett. Le opzioni possibili per la sua assenza sono due: o come me si è astenuta o se n’è andata liberandomi dalla costrizione di doverla accompagnare a casa. I miei pensieri vengono distolti dal lancio del bouquet da parte di Annie che,  dopo aver contato fino a tre, tira all’indietro il bouquet che finisce dritto nelle mani di Ivy che subito esulta prima di correre verso il lato opposto del giardino per consegnarlo a una persona. Quando Ivy torna verso la sorella intravedo la figura a cui ha dato il bouquet e per un momento penso di star immaginando. Sbatto le palpebre un paio di volte ma sfortunatamente ciò che vedo è reale: Scarlett ha il bouquet tra le mani e, per come la conosco, non sembra neanche del tutto contenta di averlo avuto.

Vedo Ivy tornare al tavolo dai suoi genitori così la fermo un momento

<<Ivy ma è stata lei a chiederti di prendere il bouquet?>>

<<No è stato Jorge prima di andarsene>> la sua risposta mi lascia al quanto interdetta sul momento ma decido comunque di andare avanti, pur sapendo che forse quello che mi verrà detto finirà per distruggermi.

<<E come mai l’ha detto a te?>>

<<Ha detto che suo fratello Ricardo vuole chiedere di sposarla>>

È proprio in quel momento che sento il mio cuore fare crack e spezzarsi di nuovo. Quindi era tutto calcolato: lei che cerca di parlarmi, Jorge che beve troppo, lei che chiede ad Annie se potessi riaccompagnarla, Jorge che nel frattempo se n’è andato. Tutto per potermi dire questo prima che lo scoprissi.

<<Ivy io dopo dovrei riaccompagnare una persona a casa, vorresti venire con noi a farmi compagnia? Poi ritorniamo qui perché devo dare una mano ad Annie e Fred>> la mia potrà risultare quasi una supplica ma potrei persino mettermi in ginocchio e camminare per un mese così pur di non restare da sole in un viaggio in auto che sarà di minimo mezz’ora

<<Vorrei tanto ma mamma mi ha affidato il compito di stare con i piccoli perché l’animazione se n’è andata e finché non se ne vanno anche i genitori devo stare con loro>> la risposta mi devasta, il destino ha già segnato che così deve andare. Dovrò quindi avere un ultimo incontro con Scarlett.

Ringrazio Ivy e le dico di non preoccuparsi prima che si diriga verso la sala in cui stavano i bambini.

Nel frattempo si aprono nuovamente le danze ma io resto seduta sorseggiando un paio di bicchieri di vino mentre osservo gli sposi e il resto degli invitati ballare

<<Stranamente oggi ti trovo sempre in compagnia del vino. Eppure che mi ricordi non ne eri un’amante>> le sua voce torna di nuovo ad infestare le mie orecchie e la mia mente

<<Si vede che non ricordi bene. D’altronde che posso aspettarmi da una persona che si finge un’altra per quattro anni>> le rispondo finendo il secondo calice di vino

<<Ti accompagno adesso, prima ritorno qui e meglio sarà per me>> continuo prendendo giacca e borsa

Vado prima da Annie, dandole così il tempo di prendere le sue cose, e la rassicuro che sarò il prima possibile di nuovo da lei per poi dirigermi verso la mia macchina, una Ford Puma nera.

Arrivata al parcheggio trovo Scarlett già lì vicino alla mia auto, tra le mani ancora il bouquet che le aveva dato Ivy.

<<La macchina è aperta, puoi entrare>> le dico mentre sono ancora a pochi metri di distanza da lei

Non se lo lascia ripetere una seconda volta e, aperta la portiera del passeggiero anteriore, si accomoda all’interno. Prima di entrare anch’io apro il bagagliaio e vi deposito alcune cose come la giacca e la borsa, da cui estraggo però cellulare e portafoglio, e infine tolgo i tacchi, prendendo poi un paio di sneakers che ho sempre lì nel bagagliaio e le indosso, così da stare più comoda durante la guida.

<<Dove devo accompagnarti? A casa del tuo ragazzo, a casa tua o a casa di qualcun altro?>> le domando sarcastica mentre metto in moto l’auto, uscendo così dal parcheggio

Con la coda dell’occhio vedo i suoi occhi sgranati, riesco a leggere un misto tra paura, vergogna, tristezza.

<<Credevi non l’avrei saputo? Nonostante tutti gli anni che siamo state insieme sai davvero così poco di me>> la mia risposta è veleno puro che spero l’uccida anche solo un minino di come mi ha ferita lei

<<Ti ha detto Ivy di Ricardo?>> sono le prime parole che proferisce da quando siamo in macchina

<<Sì, ma non m’interessa. Voglio solo sapere dove devo riaccompagnarti per poi non vederti mai più e tornare dalla mia famiglia>> stringo le mani attorno al volante per evitare di tirarle un ceffone e di urlarle contro tutto quello che ho covato in quest’anno

<<A casa di mia madre, sono tornata a vivere lì>> mi risponde e la vedo poi abbassare lo sguardo sul bouquet

Cala il silenzio e io mi mordo la lingua per non dare una risposta tagliente. Fortunatamente casa di sua madre è a soli quaranta minuti da qui quindi dovrei fare in fretta

<<Posso parlarti?>> la domanda le esce così flebile che, se avessi acceso lo stereo, probabilmente non l’avrei neanche sentita ma che nel silenzio in cui eravamo immerse risuonava come un grido nel deserto. Appena vedo un’area di sosta fermo la macchina

<<Vuoi parlarmi? Sei davvero seria?>> le dico voltandomi verso di lei vedendola con il capo chino e lo sguardo fisso sul bouquet adagiato sul suo grembo

<<E cosa vorresti dirmi? Che non è come penso? Che non ti sposerai entro l’anno con il tuo nuovo ragazzo? Che non volevi illudermi e ma ti è piaciuto fare l’esperienza di stare con una ragazza fin quando non ti sei stancata perché ti mancava il cazzo?! Che non hai passato i primi mesi della nostra rottura a girare per i bar e andare a letto con uno diverso a sera?! Sai che ti dico? A me non frega più niente perché per me Scarlett, la mia Scarlett, la donna che più amavo e con cui avrei passato il resto dei miei giorni è morta, uccisa dalla persona che ora mi trovo qui davanti. Quindi puoi dirmi tutto quello che vuoi ma non servirà a niente>>

Cala nuovamente il silenzio e io mi giro dalla parte opposta cercando di calmarmi

<<Lasciarti non è stata una decisione semplice per me ma voglio che tu sappia che negli anni in cui siamo state insieme io non ti ho mai mentito, né su di me né soprattutto sui sentimenti che provavo per te. Ti ho amato tanto, anche se forse non te l’ho mai detto esplicitamente, e il pensiero di averti ferita mi logora dentro e per questo non riuscirò mai a perdonarmi>>

Sentirle dire quelle parole, “ti amo”, due parole che in quattro anni di relazione non mi aveva mai detto, mai, riapre la ferita allargandola ancora di più.. E ora che ha distrutto il migliaia di pezzi il mio cuore viene a dirmi che mi ha amata e che è ferita

<<Tu sei sempre stata così: egoista ed egocentrica. Hai sempre pensato prima a te poi agli altri e continui a farlo ma io non ci casco più. Non riuscirai a manipolarmi e farti perdonare>> le dico con tutto l’odio e lo schifo che sto provando in questo momento verso di lei

<<Ti volevo solo dire che ciò che ho fatto l’ho fatto per il bene di entrambe ma che me ne pento. E hai ragione, l’ho fatto perché sono un’egoista. I primi giorni che andavo nei bar non sono mai stata con nessun uomo. La prima volta che ci ho provato sono scappata prima che si andasse oltre. Ho cercato di dimenticarti andando a letto con altre donne e poi, con l’aiuto di Jorge, ho cominciato a frequentare degli uomini ma non riuscivo a dimenticarti. Sono stata con tante persone ma nessuno è riuscito a cancellarti dalla mia mente>>

<<E poi è arrivato Ricardo ed è sbocciato l’amore, ti sei innamorata follemente di lui tant’è che lui ha detto a Jorge che doveva prendere il bouquet e darlo a te se non lo prendevi e lui, che tu hai ben deciso di mandare a casa, l’ha detto ad Ivy che con sua grande fortuna è riuscita a prenderlo e dartelo. E vissero tutti felici e contenti>>

<<No, io e Ricardo siamo stati una notte insieme e ma io non ne sono innamorata. Lui vuole sposarmi perché crede che io sia innamorata…>>

<<Beh è quello che tu hai sempre voluto: un maschio alfa che ti proteggesse e che ti scopasse a sangue solo per il suo piacere ma che sono sicura piacerà anche a te>>

<<E anche perché sono incinta!>> il suo sguardo incrocia il mio e nei suoi occhi, ora leggermente lucidi come se stesse trattenendo le lacrime, riesco a leggere tanta tristezza e vergogna

Quell’ultima frase è un proiettile in pieno petto, il colpo di grazia per il mio povero cuore distrutto. Se lei è incinta vuol dire che è riuscita davvero ad andare a letto con un uomo e che quindi tutto ciò che c’è stato tra noi è stato davvero niente per lei

<<Per questo ho detto che sono un’egoista senza cuore perché tutto quello che ho sempre voluto era un figlio. Un figlio mio che crescesse dentro di me, che fosse geneticamente mio e della persona che amo. Il problema è che ora che porto in grembo questa creatura ho capito di non volere vivere quest’esperienza senza la persona che amo. Quella persona sei tu Cass. Io ti ho amata e ti amo tuttora e mi dispiace perché ho sbagliato tutto e ora non posso più rimediare. Ricardo vuole sposarmi a tutti i costi e non posso negare a un bambino di avere il proprio padre e una famiglia felice>>

Quelle parole fanno ancora più male perché finalmente capisco di non aver avuto nessuna colpa se non quella di aver amato la persona sbagliata. Avrebbe potuto dire qualsiasi altra cosa, che avrebbe voluto crescerlo con me, che si sarebbe fatta perdonare ma che questa creatura doveva essere il nostro punto di ripartenza. Invece ha preferito pensare al suo egoismo, buttando non solo me ma anche i suoi sentimenti, preferendo crescere questo bambino in una casa senza amore, che è l’unico per cui mi dispiace in questa storia

<<Se tu mi avessi veramente amata non avresti mai fatto questi ragionamenti perché un figlio insieme lo avremo potuto sempre avere, a me non sarebbe importato che fosse mio geneticamente, lo avrei amato con tutta me stessa perché non è la genetica che unisce ma l’amore. Inoltre se mi avessi davvero amata non mi avresti lasciata e non me lo avresti detto ora ma quando stavamo ancora insieme. Ti dico solo questo: vivrai una vita infelice non tanto per tuo figlio ma soprattutto per te: ti sveglierai la notte di fianco a lui, per il quale sarai solo sua moglie dato che non ti ama, e ti dico che ripenserai a noi, a cosa siamo state, a cosa hai perso per il tuo egoismo, penserai a me e che io te l’avevo detto. Potrai aver baciato migliaia di ragazzi in quei bar, bevuto fino a perdere coscienza di te cercando di sopprimere questo sentimento, cercando di convincerti che sei così: una ragazza a cui piace andare a letto con ragazzi diversi, non essere impegnata con nessuno fin quando non avrai trovato lo stupido con cui mettere su famiglia. Io ti auguro solo tanta fortuna perché per sopprimere l’amore dovresti solo fermare il mondo>>

<<Potremmo comunque stare insieme, se tu mi ami ancora e so che è così. Solo…>>

<<Io non sarò mai la tua amante, se è questo che vuoi! Non sarò lì solo quando tu vorrai la tua bambolina per farci quello che vuoi per poi buttarla in un angolo. Io voglio accanto una persona che mi ami per come sono, che mi voglia amare alla luce del sole, che mi valorizzi e mi sproni. E tu non puoi darmi niente di tutto questo>> sono le ultime parole che le rivolgo prima di prendere un bel respiro e ripartire

Durante il resto del tragitto nessuna delle due parla, lei con il viso rivolto verso il finestrino, io con lo sguardo fisso sulla strada. Quando arrivo davanti casa sua non la saluto neanche, aspetto solo che scenda dalla macchina, recuperando tutte le sue cose, e che entri dentro il cancello della villetta, poi rimetto in moto e torno di nuovo al matrimonio. Giunta al parcheggio, senza scendere dalla macchina piango tutte le lacrime che avevo trattenuto fino a quel momento.

Chapter 6: IN OTHER PEOPLE'S BEDS TO FORGET US

Notes:

DISCLAIMER!!!!: Sulla fine del racconto c'è una scena di sesso esplicito, che separerò dal resto del racconto tramite una serie di asterischi (*~*~*~), quindi se non vi piacciono questo tipo di scene potete saltarla perché non intacca il resto della narrazione ma ne completa il senso. Detto questo buona lettura a tutti coloro che vorranno leggerla.

Chapter Text

Alex sbuffava nel suo camerino mentre aspettava che fosse il suo turno di salire sul palco. L’attesa si faceva sempre più estenuante quanto più passava il tempo e con esso aumentava anche l’ansia di fare o dire la cosa sbagliata.

Era la prima volta che lo chiamavano a consegnare un premio e l’ansia raddoppiava sapendo di essere sul palco del festival musicale più famoso d’Inghilterra, seguito in tutto il mondo e tanti artisti internazionali come ospiti e partecipanti.

Lui non era abituato ad avere gli occhi puntati addosso, per questo aveva preferito la carriera di compositore e produttore a quella di cantante, pur avendo sempre avuto una bella voce, o almeno così gli avevano detto le poche persone che lo avevano sentito cantare.

Ecco pensare a una di quelle lo fece rabbuiare e la paura di ritrovarselo nella stessa stanza ritornò di nuovo. Erano passati anni dall’ultima volta che si erano visti e non era finita bene.

734 giorni

Continuava a contarli perché, nonostante il male ricevuto e le lacrime versate, aveva sperato per tanto che ci fosse un ritorno, perché l’amore era più forte di tutto. Più forte del tempo, dell’odio, della rabbia, della paura.

Ecco la paura, quel mostro invisibile che abita ognuno di noi, era la causa principale di quello che era successo. Perché ti mangia da dentro, ti fa vedere tutto nero e di conseguenza ti allontana da chi realmente ti vuole bene.

Se non ci fosse stata la paura di perdere tutto, da entrambe le parti non unicamente per colpa di lui, forse ad oggi sarebbe tutto diverso. La sua paura però non era una scusante per il dolore che aveva fatto provare ad Alex, perché avrebbe potuto mettere un punto tra loro in modi completamente diversi rispetto a come poi era successo.

Ricordava bene come lo aveva visto tradirlo con un’altra persona, una donna per giunta, solo per fingere, per mettere a tacere le voci su una presunta relazione con un altro uomo. A quel punto Alex era certo di non volerci più avere a che fare.

Alex avrebbe buttato all’aria tutto il suo lavoro da compositore pur di averlo ancora accanto, pur di poter urlare al mondo che lo amava. Ma lui era Mark Mcgavin, il cantante più osannato dal pubblico e non poteva rovinare la sua immagine dichiarandosi apertamente omosessuale.

La mia vita privata deve restare tale, gli altri non devono sapere chi sta nel mio letto ogni notte. Il nostro equilibro non deve essere toccato da quello che i giornali possono insinuare su di me o su di te. Noi ci amiamo e a me bastano questi momenti solo nostri

Così gli diceva ogni volta che lui provava a mettere in mezzo l’argomento. Ad Alex però non bastava più e, quando lo mise alle strette, lui aveva preferito buttare tutto all’aria.

Eppure lui ancora ricordava la prima volta che aveva incontrato quegli occhi color cioccolato, quasi sei anni prima. Era stato un vero e proprio colpo di fulmine per lui e l’aver dovuto collaborare con Mark per la scrittura e produzione di alcuni pezzi del suo nuovo album aveva gettato le basi per un ottimo rapporto che andava oltre quello lavorativo.

Inizialmente non pensava di avere molte speranze, soprattutto avendo letto sui giornali delle sue innumerevoli storie con non poche donne. Però più si conoscevano e scrivevano canzoni più cresceva un senso d’intimità tra loro. Così si trovavano casualmente a sfiorarsi fin troppo spesso, anche per motivi futili, a messaggiarsi quando non erano nel suo studio, a uscire insieme. Poi, alcuni mesi dopo, c’era stato il primo bacio, dopo una cena a casa di Mark ed Alex era al settimo cielo perché non si sarebbe mai aspettato di essere ricambiato.

Da quel primo bacio era cominciata quella loro strana relazione, fatta di incontri galeotti e tanto sesso, ma nei quali entrambi si erano aperti, confessando paure e desideri. Erano l’uno il porto sicuro dell’altro, dove trovare conforto e consiglio.

Per Alex era impossibile che per Mark quei due anni e mezzo passati insieme non fossero stati nulla. Non dopo tutto quello che lui gli aveva raccontato di sé, per tutto quello che avevano condiviso, i progetti che avevano, sia musicali che privati.

Il passato ora però doveva rimanere tale, non avrebbe permesso né a lui né al ricordo di loro di rovinargli un momento così importante.

<<Masharde tocca a lei>> a chiamarlo è uno degli operatori tecnici del festival, riportandolo alla realtà.

Essere chiamato col suo nome d’arte lo faceva sempre sentire meglio, era un nome a cui aveva pensato tutto da solo, anagrammando il suo cognome con quello della madre, ed era il simbolo della sua nuova vita. Dopo l’infanzia difficile, senza il padre che lo aveva abbandonato, e cresciuto, insieme alla sorella Sylvie, dalla sola madre che si era fatta in quattro per poterli mantenere, era stato notato da un talent scout che lo aveva introdotto nella prima casa discografica. Da lì era stato tutto in discesa perché aveva scritto e prodotto un bel po’ di canzoni che erano diventate famosissime in tutto il mondo e da lì tutti i cantanti lo volevano.

Prese un respiro profondo prima di abbandonare il suo camerino, cercando di calmarsi.

 

<<E per voi sul palco Masharde!>> alla voce di Flow-Rex, il presentatore della serata, Alex salì sul palco sorridendo al pubblico e ai suoi colleghi compositori e cantanti che sedevano in platea, tutti divisi in tanti tavoli riempendo tutto lo spazio.

<<Buonasera a tutti!>> e al suo saluto un boato risuonò dal pubblico riempendolo di adrenalina.

<<Questo premio che sto per annunciare l’ho vinto per la prima volta dieci anni fa. Ero molto più giovane ed era anche il mio primissimo premio ma ricordo ancora l’emozione. E qui candidati vedo tantissimi nuovi volti nel nostro panorama, a cui auguro il meglio e di non arrendersi mai. Ora però è il momento di annunciare il vincitore>> detto questo fece segno alla valletta di allungarmi la busta con dentro scritto il nome del vincitore.

<<E il vincitore del Testo dell’Anno è…>> e aperto la busta Alex voleva scappare a gambe levate dal palco.

<<“Always loving you” di Mark Mcgavin!>> annunciò e per un secondo Alex sperò che non fosse presente ma purtroppo la sua speranza morì subito quando lo vide avvicinarsi al palco.

Il completo di pelle bordeaux che indossava risaltava la sua pelle ambrata e i capelli ricci erano più corti e la barba più lunga di come ricordava. Vedergli la barba incorniciargli il viso gli fece spuntare un mezzo sorriso sul volto. Mark lo aveva sempre preso in giro quando portava la barba dicendo che lo faceva sembrare più vecchio e di prendere esempio da lui che aveva sempre la faccia rasata. Ora però quella barba sul suo viso lo rendeva ancora più sexy di quanto già non lo fosse ai suoi occhi.

Si muoveva tra il pubblico con una scioltezza incredibile e in pochi secondi fu sul palco. Alex si era talmente incantato a guardarlo che inizialmente non si era accorto che la valletta gli stava porgendo il premio che avrebbe dovuto consegnare a Mark. Preso il premio, si voltò verso di lui, trovandosi l’uno di fronte l’altro dopo più di due anni senza mai vedersi.

Neanche un messaggio, anche se lui era stato tentato più volte di scrivergli di nuovo, anche solo per sapere se stesse soffrendo come stava soffrendo lui. Alla fine però non lo faceva mai perché l’orgoglio infiammava la sua ferita aperta, asserendo che dovesse essere lui a mandargli un messaggio dopo averlo tradito, messaggio che però non era mai arrivato.

Alex riuscì a mantenersi calmo e, senza guardarlo direttamente negli occhi, gli porse il suo premio sussurrando un complimento che, se Mark non fosse stato così vicino, non lo avrebbe neanche sentito.

 

Mark lo aveva sentito benissimo pronunciare il suo nome, perché per lui in quel momento non esisteva altro che Alex, il suo Ale.

Quando lo aveva visto entrare per presentare aveva perso un battito nel vederlo, bello come sempre in un classico completo nero, le luci sul palco che illuminavano la sua pelle olivastra, quasi a farla sembrare dorata. Era sbarbato come piaceva a lui, i capelli corvini portati all’indietro e pettinati col gel, le labbra rosse e piene, quasi come se fossero due rubini, che in quel momento avrebbe tanto voluto avere premute sulle sue. Una visione celestiale ai suoi occhi.

Era come se il tempo non fosse mai passato, per lui era sempre un chiodo fisso nella mente e nel cuore, anche se aveva cercato di dimenticarlo passando da un letto ad un altro, e, come per legittimarsi, immaginava lui nel letto di qualcun altro, come alcune indiscrezioni volevano pochi mesi dopo la loro rottura.

Purtroppo quando c’è l’amore, è impossibile dimenticare tutto. Lui ricordava bene tutti i pomeriggi passati a scrivere canzoni, con il sorriso e le borse sotto gli occhi per le notti insonni passate a parlare di tutto e niente. Ricordava ogni particolare del suo corpo, come la piccola cicatrice che aveva sul fianco destro che si era fatto a mare scivolando su uno scoglio. Ricordava la sua voce che gemeva sommessa il suo nome ogni volta che facevano l’amore e che lo tormentava in tutti i sogni.

Sapeva che, se ora non erano insieme, era tutta colpa sua e che adesso sarebbe tutto diverso perché aveva capito che senza di lui non poteva stare. Avrebbe mandato tutto a quel paese: carriera, pubblico, casa discografica, persino la musica. Tutto pur di poter tornare ad assaporare quelle labbra che tanto gli mancavano o ascoltarlo canticchiare appena sveglio dopo aver passato la notte insieme.

Quando quella voce bassa e suadente che tanto amava e tanto lo tormentava pronunciò il suo nome, Mark percepì subito la nota di preoccupazione nella sua voce ma la gioia di aver vinto quel premio lo riempì insieme all’affetto del suo manager che subito lo aveva abbracciato.

Per Mark aveva un significato ancora maggiore vincere questo premio perché quella canzone descriveva proprio loro due e il loro rapporto, lo strazio che lui provava per la lontananza ma soprattutto l’amore che non era mutato.

Per questo quando si trovò davanti a lui gli sorrise affettuoso ma suoi occhi erano bassi, rivolti a osservare il premio.

<<Congratulazioni>> sussurrò calmo Alex porgendogli il premio

<<Grazie Ale>> gli rispose Mark ad alta voce facendo alzare di scatto lo sguardo ad Alex, incrociando così gli sguardi dopo tanto, troppo, tempo.

Quegli occhi di quel meraviglioso color ebano, due pozze di catrame che lo intrappolavano ogni volta che ci guardava dentro e in cui sarebbe potuto morire ma nel quale riusciva a leggerlo come un libro imparato a memoria. Dentro infatti vi leggeva rabbia, tristezza ma anche un briciolo di amore che sperava non star immaginando.

Nel prendere il premio dalle sue mani si trattenne un po’ più del dovuto con le dita sulle mani, i brividi che gli scorrevano lungo la schiena a quel semplice contatto con lui. Il primo ad allontanarsi fu però Alex che fece un passo indietro come a fargli spazio verso il microfono per fare un piccolo discorso di ringraziamento. Ci restò un po’ male ma non si sarebbe aspettato qualcosa di diverso.

 

<<Ringrazio tutte le persone che hanno creduto in me e che mi hanno supportato in questa nuova avventura. Questa è la prima canzone che scrivo totalmente da solo e se esiste è anche grazie ad una persona che non potrò mai ringraziare abbastanza. Questo premio lo dedico a tutte le persone che si mettono in gioco per amore, vale sempre la pena di amare, anche quando sembra ucciderci>>

Le parole di Mark lo avevano colpito in pieno petto. Che avesse trovato un amore che lo facesse sentire accettato anche dalle società? Davvero allora quello che avevano condiviso non era valso a nulla?

Si era però voltato verso di lui alla fine del suo discorso e questo lo aveva mandato ancora più in tilt. Perché farlo? Per vedere una sua reazione?

<<Complimenti Mark, ci vediamo tra cinque minuti con la tua esibizione di “Always loving you”>> a parlare è di nuovo Flow-Rex che manda la pubblicità per chi stava seguendo in mondovisione l’evento, così da poter far in modo che possano preparare il palco per l’esibizione di Mark

<<Ale!>> a chiamarlo era Mark ed Alex cercò di far finta di non sentirlo fin quando non si sentì afferrato per il braccio.

Si ritrovava così di nuovo immerso nei suoi occhi marroni, densi e penetranti, quegli occhi che lo tormentano e che non riesce a dimenticare. Erano talmente vicini stavolta che riusciva a sentire persino il suo profumo, lo stesso che ricordava lui, un misto tra menta e vaniglia con una nota di tabacco che lo rendeva più avvolgente e ancora più buono per i suoi gusti.

<<Dopo l’esibizione possiamo parlare?>> la sua voce roca arrivò forte alle orecchie di Alex come se lo avesse appena urlato invece di sussurrarglielo all’orecchio.

Quella domanda lo lasciò sorpreso e arrabbiato allo stesso tempo. Sorpreso che fosse stato lui il primo a parlagli dopo così tanto tempo ma la rabbia gli montava nel vedere la semplicità e la sicurezza che mostrava nel porgli quella domanda, quasi come se non fosse successo niente tra loro.

<<No, non posso devo tornare a casa>> disse cercando di divincolare il braccio dalla sua stretta ma senza riuscirvi.

Il suo sguardo si posò sul braccio di Mark, notando il bicipite leggermente più grande di come ricordava. Sicuramente doveva aver incrementato gli allenamenti in palestra e ora nella sua mente non c’era posto per altro che non fosse l’immagine statuaria del suo corpo ancora più definito e modellato sotto quel completo in pelle che gli risaltava tutte le forme

<<Ti prego, ho bisogno di parlarti. Se non oggi almeno in questi giorni.>> la voce esprimeva una certa urgenza ma anche qualcos’altro che Alex non riusciva a decifrare. Sentiva il suo sguardo sul viso bruciargli le guance mentre teneva lo sguardo basso

<<Ho numerosi impegni, non so se riesco a trovare un po’ di tempo libero. Anzi ora che ci penso credo sia proprio difficile trovare anche solo cinque minuti liberi.>> gli rispose Alex, trovando la forza di guardarlo negli occhi il tempo necessario per pronunciare l’ultima frase

<<Alex ti conosco bene e so che mi stai dicendo solo cazzate!>> disse aumentando la stretta attorno al suo braccio e avvicinandolo ancora di più al suo corpo, costringendolo ad alzare i suoi occhi ad incontrare quelli dell’uomo che aveva di fronte

<<Te lo sto chiedendo col cuore in mano, per favore. Mi basterebbe anche se tu ascoltassi solamente, poi me ne andrò come se non ci fossimo mai rivisti se è quello che vuoi ma ti prego lasciami il tempo per poterti parlare>>

Vedere l’ombra di una lacrima nei suoi occhi fece vacillare la corazza che Alex stava indossando. Voleva scusarsi? E perché farlo ora, dopo tutto il tempo che era passato nel mezzo? Sembrava anche sincero, perché nonostante tutto Alex lo conosceva bene e sapeva che in quel momento lui era sincero e, soprattutto, era cosciente di essere in mezzo a tante persone in una posizione compromettente per entrambi e a lui sembrava quasi non importare.

<<Va bene. Dopo la tua esibizione nel mio camerino, almeno lì non dovrebbe disturbarci nessuno>>

<<Grazie Ale, davvero grazie. Ci vediamo dopo.>> il suo sguardo era ora disteso e la sua voce sollevata, come se avesse buttato via un macigno che portava addosso da troppo tempo, e forse era davvero così.

Si sentì improvvisamente freddo quando la mano di Mark lasciò il suo braccio, ma sentendo ancora aleggiarvi sopra il fantasma della sua mano.

<<Non preoccuparti che so dov’è. Tu goditi la mia esibizione, sono sicuro che ti piacerà!>> le sue parole riecheggiarono nello spazio che li separava e il suo ampio sorriso era per lui la fonte di luce più grande che vi fosse in tutta la stanza. Quel maledetto sorriso che gli aveva rubato il sonno e il senno.

Lo vide correre verso il backstage e quindi verso il suo camerino, dove sicuramente lo aspettavano impazienti tutti i membri del suo staff.

Quando anche la sua ombra scomparve, si andò a sedere al tavolo che gli avevano riservato dove lo aspettavano il suo manager Gil, nonché suo migliore amico, con sua moglie Kristen e altri due compositori della sua stessa casa discografica con cui però aveva solo un rapporto professionale.

<<Tutto bene Alexander?>> a domandarglielo era stata Kristen, che era una delle poche persone a chiamarlo col suo nome per intero

<<Sì Kristen, tutto apposto>> le mentì con un altrettanto falso sorriso sulle labbra che però non convinse Gil. Glielo leggeva nel suo sguardo indagatore, sapendo benissimo la sua situazione con Mark, e probabilmente, una volta sulla strada verso casa, si sarebbe scusato di non aver chiesto che categoria avrebbe premiato e quali erano le nominations per evitargli un simile imbarazzo. Lui gli avrebbe risposto che non era stato niente e che forse era stato meglio così.

La mente però ritornava sempre a quello che gli voleva dire Mark. Non sapeva neanche lui cosa aspettarsi, soprattutto dall’esibizione che stava per compiere su quel palco: una dichiarazione d’amore ad un’altra persona? o una di quelle canzoni melense e tristi che aveva sempre cantato ma scritte da altri?

<<Ladies and Gentlemen, ben tornati. Ed ora sul nostro palco il più grande cantante dell’ultimo decennio. Amato da tutti, sex symbol e vincitore del premio “Testo dell’anno”: Mark Mcgavin!!!>> a presentarlo fu stesso Flow-Rex prima che le luci si abbassassero, lasciando accesso solo un piccolo cono di luce sul palco.

Improvvisamente apparve dal buio Mark, stavolta con un una maglia a rete sbrilluccicante color argento e un pantalone nero semplice. A colpirlo era stata proprio quella maglia che somigliava un po’ troppo ad una maglia che lui aveva a casa, l’unica cosa fisica che aveva conservato di lui. Era il primo regalo che gli aveva fatto, quando non erano ancora una coppia e avevano deciso di fare una vacanza insieme ad Ibiza.

Sono sicuro che ti starà bene, risalterà ancora di più la tua carnagione abbronzata”.

Così gli aveva detto Mark vedendo la sua faccia sorpresa per quel regalo. Era stato un gesto genuino e pensato per lui, era la prima volta che qualcuno che non fosse sua madre o sua sorella pensasse a qualcosa di carino per lui e per questo era troppo per lui buttarla via. Quindi la teneva nell’ultimo scaffale dell’armadio, abbastanza nascosta da non vederla ma consapevole di averla comunque in casa.

Mentre riviveva quel ricordo Mark aveva cominciato a cantare e si trovava già al pre-ritornello

 

<<It took me sometime to realize

The biggest obstacle between us

It was me, me, me all the time

 

But now I don’t want to run

Fuck the fame, fuck them all

I had to get drunk in Manchester

To understand that there’s a part of me

Who never gave up

that loves you still

As it was the first day, as it was the last.

Always loving you, loving you

Always you.

 

I should’ve called you,

telling you all my feelings

But I don’t have excuses

and I know your heart is still defenceless.

And I still remember well your desert,

all your uncertainties

Contained in your mind but

It’s in a place of my heart

you found your security

Where there’s no sun since you left

As in those bad dreams where sometimes I lose you,

but if I wanted to, I could’ve taken you,

if only your heart still wants me>>

 

Alex quasi non credeva a quello che sentiva. Stava parlando di lui. Anzi di loro, di quello che Mark provava per lui, ammettendo di aver sbagliato tutto con lui. Non poteva essere, no. Perché non aveva provato a cercarlo prima? Perché cantare questa canzone davanti a lui invece di parlare faccia a faccia come due persone mature?

Lui lo avrebbe perdonato immediatamente. Dio lui era completamente suo e glielo aveva sempre detto che non aveva mai amato nessuno così nel corso dei suoi allora ventinove anni, ed ora che ne aveva quasi trentadue ne aveva sempre più la certezza.

 

<< To not hurt us anymore

We could talk, make things work

Fuck till the sun comes up

instead, we do it

in the wrong beds to forget us

‘cause I am a coward

who let it go the only one

who reads me as himself

and who knows how to fuck my mind first.>>

 

Il bridge fu la goccia che fece traboccare, aveva sentito abbastanza.

 

<<You tell me that we're done

and now we are alone

two different places, two worlds apart

but when the night comes

Your ghost invades my sphere

It comes upon my body

Like you used to do

It’s been a while

the shivers on my skin

Your name among the stars

 

It took me sometime to realize

The biggest obstacle between us

It was me, me, me all the time

 

But now I don’t want to run

Fuck the fame, fuck them all

I had to get drunk in Manchester

To understand that there’s a part of me

Who never gave up

that loves you still

As it was the first day, as it was the last.

Always loving you, loving you

Always you.

 

I should’ve call you,

telling you all my feelings

But I don’t have excuses

and I know your heart is still defenceless.

And I still remember well your desert,

all your uncertainties

Contained in your mind but

It’s in a place of my heart

you found your security

Where there’s no sun since you left

As in those bad dreams where sometimes I lose you,

but if I wanted to, I could’ve taken you,

if only your heart still wants me

 

It took me sometime to realize

The biggest obstacle between us

It was me, me, me all the time

 

But now I don’t want to run

Fuck the fame, fuck them all

I had to get drunk in Manchester

To understand that there’s a part of me

Who never gave up

that loves you still

As it was the first day, as it was the last.

Always loving you, loving you

Always you.

 

To not hurt us anymore

We could talk, make things work

Fuck till the sun comes up

instead, we do it

in the wrong beds to forget us

‘cause I am a coward

who let the only one

who reads me as himself

and who knows how to fuck my mind first

 

But now I don’t want to run

Fuck the fame, fuck them all

I had to get drunk in Manchester

To understand that there is a part of me

Who never gave up

that loves you still

As it was the first day, as it was the last.

Always loving you, loving you

Always you.

It will always be you for me.>>

 

La platea e tutta la galleria lo applaudiva e questo lo riempiva d’orgoglio perché si sentiva finalmente visto e apprezzato per quello che era. Inoltre era finalmente riuscito a dire quello che provava alla persona per cui aveva scritto quel pezzo.

Quando si riaccesero le luci vide tutte le persone in piedi che lo applaudivano ma tra queste Mark non riusciva a vedere Alex.

Sperava avesse capito che la canzone era su loro, che avesse compreso il suo pentimento, che avrebbe almeno potuto perdonarlo se proprio non lo amava più.

Ringraziò quindi il pubblico e subito corse di nuovo nel backstage. Oltrepassò il suo camerino con il suo manager che gli urlava dietro chiedendogli dove stesse andando ma lui non ce la faceva: doveva vedere subito Alex o sarebbe esploso.

Arrivò con l’affanno davanti la porta del suo camerino talmente aveva corso. Si fermò e prese più di un respiro profondo cercando di regolarizzare anche il battito, accelerato dalla corsa ma anche da tutta l’adrenalina che aveva in corpo. Poi, con tutto il coraggio che aveva, bussò alla porta. Attese un paio di secondi prima di bussare una seconda volta ma anche questa andò a vuoto.

Forse era ancora in platea, si diceva Mark, bloccato da qualche cantante che avrebbe voluto collaborare con lui.

O forse aveva deciso che non voleva più ascoltarti

Scacciò questo pensiero intrusivo e, vedendo un tecnico del backstage, decise di chiedere

<<Scusi è questo il camerino di Masharde?>>

<<Sì ma non c’è>> gli rispose gentilmente il ragazzo

<<Grazie allora lo aspetto qui>> rispose sollevato sorridendo

<<No signore non c’è, è appena andato via>> quella risposta lo allarmò, facendogli capire che qualcosa non quadrava

<<In che senso è andato via?>>

<<Ha lasciato l’arena pochi minuti fa insieme a tutto il suo staff>>

E fu proprio in quel momento in cui il suo cuore si spezzò per la prima volta.

 

Alex, una volta ritornato a casa sua a Manchester, voleva solo dormire e dimenticare tutto di quella serata. Sul jet privato di Gil, che aveva supplicato di portarlo a casa  con le lacrime che gli pizzicavano agli angoli degli occhi quando Mark stava terminando l’esibizione, aveva pianto tutte le lacrime che i suoi occhi avevano perché a lui sembrava solo un grande scherzo del destino.

Proprio quando pensava di star riuscendo a dimenticarlo, di essere pronto ad andare avanti, lui arrivava con questa canzone dove si prendeva tutte le colpe ammettendo che anche lui non potrà mai amare nessun altro come aveva fatto con lui.

Se lo avesse avuto davanti sarebbe scoppiato in lacrime così, lo avrebbe stretto così forte fino a odiarlo sperando fosse possibile, forse lo avrebbe anche baciato perché l’odio e l’amore alla fine sono due facce della stessa medaglia.

Tutti quei pensieri lo tenevano ancora sveglio, insieme al ricordo della sua voce angelica che cantava quella canzone che l’aveva colpito più di mille coltellate e baci allo stesso tempo.

Si rigirò per l’ennesima volta nel suo letto a baldacchino e osservò l’orario sulla sveglia digitale che aveva sul comodino. Erano le tre meno un quarto, quindi erano passate quasi due ore da quando era arrivato a casa. Accese quindi l’abat-jour beige che illuminò fievole la stanza, creando uno strano gioco d’ombre e prese il telefono che stava accanto alla sveglia.

Guardò le numerose notifiche che aveva: c’era un messaggio di Gil che gli diceva che, se avesse avuto bisogno di qualcosa, non avrebbe dovuto esitare a chiamarlo e che sarebbe passato da lui il mattino seguente.

C’erano delle notifiche di Instagram, erano le pagine del festival che lo avevano taggato nelle foto che aveva fatto con alcuni artisti che conosceva e nel video della sua presentazione.

L’ultima notifica era di più di due ore prima, doveva averla ricevuta poco prima di salire sul jet e, preso ancora delle forti emozioni, l’aveva ignorata.

Quando lesse il nome di chi gliel’aveva mandata perse un battito

<<Alex sono Mark. Dove sei? Qui dicono che tu te ne sei andato. Perché? Ti prego rispondimi.>>

Proprio mentre leggeva questo messaggio dall’anteprima gliene arrivò un altro

<<Sono sotto casa tua, sei ancora sveglio?>>

Com’era possibile? Solitamente il festival non finisce prima delle due e per arrivare da Londra a Manchester ci vuole almeno un’ora in aereo. Che avesse abbandonato il festival per lui? Non lo credeva possibile o, meglio, il Mark che ricordava non si sarebbe esposto così tanto, rischiando di far parlare troppo di sé.

<<Ti prego Ale rispondimi.>> un altro suo messaggio e lui riusciva ad immaginare la sua voce, piena di preoccupazione ed urgenza, dire quella quattro semplici parole.

Quindi si alzò dal letto, infilò una felpa e andò lento verso il suo destino, andando ad aprire Mark.

Il suo appartamento si trovava all’ultimo piano di uno dei grattaceli più belli di Deansgate, da dove poteva ammirare tutta la città. Gli lasciò la porta aperta per poi andare sul terrazzo. Aveva fatto in modo che una parte del terrazzo fosse chiuso e coperto perché a lui piaceva tanto stare lì ma nei mesi invernali era proprio impossibile stare fuori col freddo che faceva. Aveva arredato quella specie di serra come un salottino privato, con tre sedie imbottite, rivestite di pelle bianca e le gambe d’acciaio, una poltroncina dello stesso colore e materiale e un piccolo coffee table in acciaio e come base una lastra di vetro, nell’angolo opposto alla poltrona un bonsai. Gli piaceva come aveva arredato quello spazio che era solo suo e nel quale era difficile facesse entrare un ospite qualunque. Si sedette sulla poltroncina osservando il paesaggio notturno e silenzioso che tanto gli piaceva.

In quella posizione aveva scritto molti dei suoi ultimi pezzi che non aveva ancora proposto a nessuno perché li considerava ancora incompleti, anche se Gil leggendoli aveva che erano eccezionali e che aveva in mente più di un cantante a cui proporli ma lui si era rifiutato categoricamente. Il problema era che lui li considerava troppo privati perché fossero cantate da uno sconosciuto.

Sentì la porta chiudersi, quindi si raddrizzò ma non si voltò a vedere, tanto lui sapeva dove lo avrebbe trovato perché lo conosceva troppo bene e sapeva anche come muoversi in casa anche al buio tante erano state le volte in passato che era stato lì.

Sentì i suoi passi farsi sempre più vicini fino a fermarsi a una falcata di distanza, probabilmente sullo stipite della porta vetrata che separava quella specie di salottino vetrato dal resto della casa. Lo immaginava appoggiato col la spalla destra allo stipite, le braccia incrociate sul petto e la testa leggermente inclinata, gli occhi marroni luccicanti e indagatori che gli bruciavano la schiena per l’intensità con cui lo guardavano.

<<Perché sei scappato?>> la voce di Mark era flebile, quasi un sussurro ma nel silenzio che li circondava sembrava rimbombare l’eco di quell’ultima parola: scappato.

Perché Alex sapeva che quello che aveva fatto era proprio quello, scappare da Mark e i suoi sentimenti, dai propri sentimenti onnipresenti ed ovvi.

Ma lui aveva avuto paura, quel sentimento che aveva sempre recriminato a Mark ora lo bloccava dall’avere una conversazione, dal cercare di capire se ci fosse ancora una possibilità per essere felice. Tutto per la paura di soffrire di nuovo se non peggio di prima.

Perché lui ricordava bene i mesi in cui non riusciva neanche ad alzarsi dal letto, che non poteva girare per la sua stessa casa senza vedere il suo fantasma: lui che gli faceva ascoltare i suoi brani in anteprima seduti su quella stessa poltrona dove ora si trovava; lui che lo teneva stretto tra le braccia seduti sul divano a guardare qualche film romantico; lui che lo baciava a letto prima di andare a dormire finendo, il più delle volte, per fare poi tutt’altro.

Ogni volta che la loro storia gli tornava alla mente in tutti i loro momenti, anche quelli che potrebbero essere definiti banali, le lacrime non potevano fare a meno di scendere copiose, come anche in quel momento.

<<Ti avevo detto che dovevo tornare a casa>> disse sempre voltato di spalle trattenendo i singhiozzi.

<<Questo prima che tu mi dicessi di raggiungerti in camerino dopo l’esibizione. L’hai fatto apposta a dirmi di sì? Per darmi il contentino di avermi detto sì e poi scappare? Non hai neanche sentito la canzone?>> ad ogni domanda lo sentiva fare un passo avanti verso di lui, fin quando non sentì il suo fiato sul collo che gli lasciava scariche di brividi lungo la schiena

<<Io non volevo parlarti e non voglio neanche ora e sai anche perché>> nel dargli quella risposta non riuscì a trattenere un singhiozzo mentre le lacrime continuavano a bagnargli il volto

<<Ale…>> fu tutto quello che Mark riuscì a dirgli prima di abbracciarlo, capendo che in quel momento lui non aveva bisogno di parole inutili

Alex lo strinse ancora più forte lasciandosi andare e liberando tutte le lacrime che aveva trattenuto nel corso di tutti questi anni passati separati. Nello sfogo diede anche qualche lieve pugno sul petto di Mark che incassò in silenzio quei colpi che sapeva di meritare.

Passarono lunghissimi minuti prima che Alex riuscisse a calmarsi, lasciandosi cullare dalle braccia di Mark

 

<<Grazie>> furono le prime parole flebili pronunciate contro il suo maglione da Alex  nei suoi confronti dopo averlo tenuto stretto tra le sue braccia mentre piangeva, come tanto tempo prima aveva sempre fatto e questo lo rincuorò perché voleva dire che in fondo c’era ancora una speranza per loro due.

Lui non rispose ma lo tenne ancora più stretto a sé, come se lasciandolo lo avrebbe visto scomparire davanti ai suoi occhi un’altra volta

<<Ti ho sentito, era bellissima>> disse pochi secondi dopo Alex, il viso ancora sepolto nel suo maglione.

Quelle semplici parole lo riempirono di una rinnovata adrenalina. Ora aveva la certezza che finalmente quella canzone era arrivata al suo destinatario e che lui aveva ascoltato.

<<Sono contento. Speravo che la comprendessi>> disse abbassando il suo sguardo verso l’altro, osservando i suoi occhi nascosti alla sua vista dal suo stesso maglione, e spostando la sua mano dalla schiena sulla sua nuca.

Sentì Alex rabbrividire a quel nuovo contatto pelle contro pelle e Mark sperò solo di non avere le mani fredde. Purtroppo, non sapeva se per quel contatto o meno, Alex aveva sciolto il loro abbraccio tornando a sedersi sulla poltrona con lo sguardo rivolto al panorama

<<Come sei arrivato fin qua da Londra? Non mi pare che ci fosse il tuo jet nell’aeroporto di Londra>> gli aveva domandato mentre si risedeva

<<Io ora abito di nuovo a Londra, ho lasciato New York>>

<<Ah>> il tono sorpreso di Alex lo fece quasi ridere ma rimase comunque serio mentre finiva di rispondere

<<Ho preso il primo treno per Manchester ad Euston. Sono corso in stazione appena un membro dello staff mi ha detto che eri ripartito mentre ti aspettavo davanti al tuo camerino>>

Vide dal riflesso sul vetro apparire sul volto di Alex un lieve sorriso e sapeva che aveva pensato anche lui quello che stava pensando. Non era infatti la prima volta che Mark prendeva un treno in fretta pur di venire da lui, per vedersi.

<<“Mark Mcgavin lascia il festival per correre a Manchester da un misterioso uomo” mi sembra un buon titolo per un articolo sul prossimo giornale di gossip>> disse Alex e Mark sentiva forte il sarcasmo con cui aveva detto quelle parole

<<Che scrivano ciò che vogliono, non m’interessa. Potrebbero anche scrivere “A MARK MCGAVIN PIACCIONO GLI UOMINI” a caratteri cubitali su tutte le prime pagine ma non mi importerebbe lo stesso. C’è solo una persona di cui m’importa davvero l’opinione e non è un giornalista>>

Mentre parlava Mark azzardò a posare la sua mano sulla spalla di lui e si sentì sollevato quando Alex non la scacciò via ma si preoccupò nel sentirlo singhiozzare.

<<Ti prego Mark, non fare così.>> disse alzandosi mettendo di nuovo distanza tra loro

<<Così come, Ale?>>

<<Non illudermi più di quanto tu non abbia già fatto in passato. Ho sofferto troppo e non voglio soffrire più in futuro a causa tua. Non voglio tornare in quel loop di sofferenza e dolore. Ci sono uscito da poco e totalmente decimato, non voglio dover raccogliere le briciole di quel che resterà di me dopo.>>

Quelle parole per Mark furono più dolorose di mille proiettili al cuore. Sapeva che era solo colpa sua se ora lui non riusciva più a credergli, aveva tradito prima la sua fiducia che il suo corpo e per Alex quello veniva prima di tutto. Ma ora Mark aveva capito i suoi sbagli e non li avrebbe commessi di nuovo, piuttosto si sarebbe fatto uccidere pur di ferirlo così di nuovo perché ogni sua sofferenza era anche la sua.

Annullò completamente la distanza tra loro, girandolo verso di lui e prendendogli il viso tra le mani, rincontrando nuovamente i suoi meravigliosi occhi neri, due calamite che lo attraevano come nessuna cosa o persona sulla faccia della terra e che in quel momento gli sembrano dei grandi specchi neri nei quali riusciva a vedere i suoi.

<<Ti giuro che non voglio più illuderti e che mi ucciderei adesso per tutto il male che ti ho causato se questo potesse cancellarlo. Se non avessi avuto paura di perdere tutto forse non avrei perso te, che sei la cosa più importante che ho nella mia vita. Ora però sono qui per rimediare a tutti i miei errori, se tu lo vuoi, se mi vuoi ancora. Perché io non riesco ad immaginare il mio futuro senza di te ma se tu invece ora ci riesci sono disposto a fare un passo indietro, l’importante per me è che tu sia felice.>>

Ebbe giusto il tempo di terminare quella frase prima che Alex lo tirasse sulle sue labbra.

 

Sentirgli pronunciare quelle parole, così sincere e piene d’amore per lui, aveva fatto abbassare completamente le difese di Alex che si era lasciato trasportare dai suoi sentimenti gettando le mani al collo di Mark, tirandolo a sé e facendo combaciare le sue labbra con quelle dell’altro che tanto desiderava.

Il bacio fu lento e dolce, pieno di tutto quello che non era necessario dire a parole e di tutte le promesse che entrambi avrebbero mantenuto. Quel dolce scontro di sole labbra prese un ritmo più sostenuto quando Alex cominciò ad attorcigliare intorno all’indice i corti capelli dietro la nuca di Mark, tirandoli leggermente e facendo gemere l’altro, che nel frattempo aveva spostato le sue mani sui fianchi di Alex.

Mark non se l’era fatto ripetere per più di una seconda volta e aveva fatto sgusciare la sua lingua sui denti dell’altro picchiettandoci sopra per chiedere accesso alla sua bocca, che non gli fu di certo negato.

Quel bacio divenne così un groviglio di labbra, lingue, saliva e denti nel quale entrambi non facevano che gemere ed ansimare, Alex continuando a tirare quei riccioli corti sulla nuca di Mark, quest’ultimo che spingeva allo stesso ritmo del bacio il bacino di Alex contro il suo, creando un dolce ed estenuante sfregamento tra le loro intimità.

Continuarono finché non restarono entrambi senza fiato, staccandosi piano, restando entrambi con le bocche socchiuse in cerca d’ossigeno.

<<È stato ancora più bello di come ricordavo>> dice Mark sorridendogli, la fronte appoggiata a quella di Alex che ormai sorrideva anche lui <<Mi era mancato. Mi sei mancato, come l’ossigeno.>>

Mark fa sfiorare i loro nasi in una sorta di bacio eschimese mentre gli sussurra sulla bocca che gli era mancato. Ad Alex era mancato quasi più dell’ossigeno ma sentirselo dire era un tipo di gioia diversa.

<<Dai entriamo dentro che sto cominciando ad avere freddo>> gli dice Alex prendendolo per mano per poi staccare la fronte dalla sua.

Mark lo seguì in silenzio ma stringendogli la mano come se ne valesse della sua stessa vita.

Una volta nel soggiorno Mark prese nuovamente il suo viso tra le mani cominciando a baciarlo di nuovo. Ci vollero tutte le forze mentali che aveva per allontanare leggermente Mark, negli occhi marroni di lui leggeva un misto di sorpresa e paura

<<Mark io ti amo ma te lo devo dire: se sei qui per il brivido di qualche notte sappi che lasci solo un ennesimo livido che non guarirà troppo presto>>

La reazione di Mark lo sorprese ancora più in positivo

<<Io ti amo Alexander Mahrd, e sono qui per donarti tutti i brividi che vorrai finché respirerò.>> disse, occhi negli occhi, mentre gli teneva strette le mani nelle sue all'altezza della bocca, lasciandovi un lieve bacio sulle nocche.

A quelle parole Alex se lo tirò di nuovo contro facendo unire di nuovo le loro bocche.

*~*~*~*~*~*~*~*~*~

Queste stavolta si unirono in maniera più rude, come se volessero mangiarsi a vicenda. Le lingue danzavano, si attorcigliavano, si rincorrevano, i denti sbattevano, tiravano e mordevano le labbra facendoli gemere ed ansimare, le mani che si muovevano frenetiche in cerca di un maggiore contatto con la pelle dell’altro.

Era come se avessero riscoperto in quel momento la passione che intercorreva tra loro, che era stata accantonata, chiuso in un angolo dei loro cuori per troppo tempo, ma ora rinnovata da un qualcosa di più maturo. Stessa frenesia ma più consapevolezza dell’altro e di sé.

Alex aveva ricominciato ad attorcigliare e tirare i piccoli riccioli sulla nuca di Mark che gemeva nella sua bocca ad ogni scarica di piacere che derivava.

In una sorta di ripicca, Mark alzò la testa lasciando Alex mugolante prima di affondare i denti nel suo collo. Succhiava e tirava quella pelle delicata e sensibile, lasciando inerme ed estasiato Alex che non faceva altro che tendere ancora di più il collo e gemere il nome dell’altro in un mantra per avere sempre di più. Voleva tutto di lui, tutto quello che aveva da offrirgli.

<<Cazzo Mark, cazzo>>

<<Mi fai uscire fuori di testa. Anzi riesci a fottermi il cervello in una maniera che neanche immagini>> disse sul suo collo prima di togliergli la felpa che indossava, aprendosi così alla visione del petto asciutto e nudo del suo uomo.

Cominciò così a baciare la spalla, creando coi baci un percorso immaginario verso uno dei capezzoli rosei che cominciò a leccare e succhiare.

Alex gemeva senza controllo e, quasi senza accorgersene, aveva messo una mano sulla sua testa per tenerlo fermo contro il suo capezzolo, dettando in un certo senso il ritmo.

<<Mark cazzo, se continui così vengo senza che tu mi abbia toccato>> disse tra gli ansimi, riuscendo a destare l’attenzione del suo compagno che subito si staccò.

Alex ne approfittò levando anche a lui il maglione che indossava e cominciando a slacciargli i bottoni del pantalone

<<Siamo impazienti qui, eh?>> gli aveva detto ridacchiando Mark, prima di emettere un lungo gemito quando Alex aveva fatto cadere i suoi jeans e infilato una mano nei suoi boxer, cominciando a sfiorare il suo sesso ormai eretto.

Senza esitazioni, Alex si inginocchiò davanti a lui e, liberata l’erezione di Mark dalla sua costrizione, lo accolse tra le sue labbra. Sentiva Mark gemere di estasi pura, mentre faceva vorticare la lingua intorno e aumentava il ritmo ad ogni gemito più acuto

<<Non sai che visione sei in questo momento, Ale. Cazzo!>>

Nel frattempo Mark aveva cominciato a stringergli i capelli tra le dita, dettando lui il ritmo dei suoi movimenti, facendo gemere anche lui attorno al suo membro.

<<Ale non resisto più>> a quelle parole Alex aumento ancora di più il ritmo, mentre invece Mark cercava di allontanarlo.

Alex, cocciuto come sempre continuò a donargli ancora più piacere, incastonando i suoi occhi infuocati dalla passione in quelli di Mark, che si liberò pochi minuti dopo nella sua bocca.

Quindi Mark lo fece alzare, liberandosi di pantalone e mutande che si erano attorcigliati alle sue caviglie e si gettò affamato sulle sue labbra assaporando il suo stesso sapore nelle labbra dell'altro. Alex gemeva sempre più e pian piano lo trascinò nella sua camera da letto.

Una volta dentro Mark lo spinse sul letto e con uno strattone gli tolse insieme pantalone della tuta e mutande, lasciandolo nudo come lui.

In un secondo Mark era seduto a cavalcioni di lui e si stavano baciando di nuovo. La sua mano era scesa tra i loro corpi e sorrise sentendo il sesso di Mark di nuovo turgido. Mark nel frattempo stava lasciando una scia di baci che partiva dal collo passando tra i pettorali, sugli addominali lievemente segnati dall’allenamento e poi sul suo fianco, concentrandosi sul punto in cui aveva quella cicatrice che a Mark tanto piaceva. Succhiava e tirava la pelle appena sotto quella cicatrice, all’altezza dell’osso dell’anca, facendolo gemere sommessamente.

<<Mark per favore, non ce la faccio più>> continuava a gemere mentre lui lasciava piccoli baci nell’interno coscia sinistro, senza però dare attenzione a ciò che voleva essere più toccato.

<<Voglio farti godere e impazzire in ogni modo possibile, non preoccuparti>> disse per poi accontentarlo, cominciando a toccare il suo sesso, sentendo che a momenti sarebbe esploso.

Mark sapeva bene come e dove toccarlo per farlo impazzire senza però farlo arrivare al culmine. Alex però non ce la faceva più ad aspettare: lo voleva ora e subito

<<Mark ti voglio dentro, cazzo. Per favore muoviti>> i gemiti si erano fatti ancora più acuti e lui sembrava sempre sul punto di arrivare

<<Non ti ricordavo così volgare a letto, amore>> ridacchiava Mark e questo lo fece indispettire.

<<Se non ti muovi giuro che ti mando via a calci e ti blocco ovunque>>

La minaccia doveva essergli sembrata troppo seria perché subito prese dal secondo cassetto del comodino il lubrificante e un preservativo.

<<Ricordi ancora dove tengo queste cose>>

<<Io ricordo tutto di te. Non sono mai riuscito a dimenticarti. Anche quando ero con gli altri non era la stessa cosa perché non eri tu.>>

Una lacrima solitaria di felicità gli scese sul volto che fu prontamente baciata via da Mark, che nel frattempo, dopo essersi protetto, aveva approfittato per inserire un dito lubrificato, muovendolo lentamente dentro di lui.

Alex aveva ripreso a gemere di nuovo mentre Mark inseriva piano un secondo dito, cominciando ad allargarlo.

<<Mark, per favore>>

<<Se non lo faccio rischio di farti male, lo sai>> la sua risposta premurosa lo fece ammattire ancora di più, osservandolo dal basso.

<<Puoi andare, non mi farai male. Ti prego muoviti.>>

Sentì un vuoto dentro di sé quando tolse le dita ma fu presto riempito ancora di più quando Mark cominciò a spingersi lentamente dentro di lui. Si fermò solo quando i loro bacini combaciavano, ansimando entrambi. Dalla sua posizione lo vedeva ancora più bello: il fisico ancora più definito, gli addominali scolpiti, i pettorali e i bicipiti gonfi e duri come il marmo, la testa leggermente reclinata all’indietro, il volto pura estasi.

Restarono così per qualche minuto, scambiandosi dolci baci prima che Mark cominciasse a muoversi nel suo corpo.

<<Cazzo non ti ricordavo così stretto, così perfetto>> così gemeva Mark nel suo orecchio mentre aumentava sempre di più il ritmo delle spinte facendo gemere anche lui.

Alex andava incontro alle sue spinte col bacino, facendolo andare ancora più a fondo, intensificando anche il piacere. Tra una spinta e l’altra Alex lo spinse di lato, facendolo stendere sulla schiena lasciandolo anche un po’ perplesso. Alex si calò così sul suo bacino, tornando a riempirsi di lui. Da quella posizione riusciva a vedere il viso di Mark contrarsi dal piacere mentre spingeva con rinnovata forza dentro di lui toccandogli anche il sesso, portandolo velocemente all’apice del piacere.

Mentre si svuotava sul petto di Mark continuava ad andare incontro alle sue spinte sempre più profonde e sconnesse, prima che raggiungesse anche lui il piacere con il suo nome tra le labbra.

Alex si gettò dalla parte opposta del letto dopo aver accompagnato con delle ultime contrazioni Mark che si svuotava nel preservativo, appoggiando la testa sulla sua spalla. Restarono così in silenzio per qualche minuto, i respiri ancora affannosi ma sulla bocca di entrambi splendeva un largo sorriso. Poi lo vide sfilarsi il preservativo prima di alzarsi per andare a buttarlo nel cestino del bagno che aveva in camera.

Sentì l’acqua del lavandino scrosciare e poco dopo essere chiusa, vedendolo uscire in tutto il suo splendore. Per Alex era proprio la definizione di dio greco sceso in terra, che ora si era infilato nel suo letto, triando sui loro corpi la coperta che stava ai loro piedi per poi accoglierlo tra le sue braccia.

 

Mark lo teneva stretto tra le sue braccia mentre teneva la testa poggiata sul suo petto, sentendolo alzarsi ed abbassarsi ritmicamente, nell’orecchio il pompare del suo cuore come una perfetta ninna nanna. Lo sentiva lasciargli dei dolci baci sulla testa e per la prima volta dopo tanto tempo si sentiva realmente a casa, finalmente al sicuro ed amato dalla persona che più amava. Si addormentò con uno stupido sorriso sul volto ma sereno e senza incubi: erano tornati nelle braccia giuste, quelle l’uno dell’altra e nessuno, né i giornali, né le case discografiche, né la paura li avrebbe più divisi.

Chapter 7: YOU'LL NEVER GET AWAY FROM THE SOUND OF SOMEONE THAT LOVED YOU

Chapter Text

<<L'ho sognato di nuovo>> è quello che dico prima di prendermi la testa tra le mani tirando un lungo sospiro.

Lexie, la mia migliore amica, continuava a fissarmi con i suoi occhi verdi mentre girava il cucchiaino dentro la tazza del suo cappuccino.

Le avevo mandato un veloce messaggio una volta che quel sogno mi aveva svegliata, all’alba come mio solito, per chiederle di vederci per un caffè il prima possibile. Una sorta di SOS casi disperati e impossibili ma, a causa dei nostri impegni lavorativi ad orari incompatibili, ci eravamo ritrovate al nostro solito bar alle 19:45 di quell’uggioso venerdì sera

<<Nary, lo sai il bene che ti voglio ma, in qualità di tua migliore amica e, soprattutto, di tuo grillo parlante, secondo me dovresti parlarci>>

Ecco, la sentenza era arrivata. Avevo ancora la testa tra le mani ma potevo sentire i suoi occhi cercare di scrutare i miei nascosti dietro i palmi, per carpire qualcosa del mio stato d’animo su quella situazione o, meglio, su quella persona.

Maxwell è il classico bravo ragazzo in stile principe azzurro: alto, biondo, occhi azzurri come un cielo d’estate, gentile, divertente a modo suo e sempre in forma. Ci conosciamo da almeno cinque anni e il nostro rapporto non è mai sfociato in altro se non in una semplice amicizia, oltre al rapporto lavorativo dato che lavoriamo nello stesso team per la progettazione di navicelle spaziali all’ESTEC, organo centrale dell’ESA.

Eppure troppe volte negli ultimi mesi mi sono sentita in imbarazzo a stargli troppo vicina, stando attenta a non sfiorarlo più del dovuto, o le volte che è capitato di salutarci abbracciandolo. Persino tutte le volte che siamo usciti in amicizia insieme agli altri colleghi capitava che ci isolassimo a parlare tra noi ma, nei momenti in cui non realizzavo, non sentivo quell’imbarazzo che invece mi colpiva in pieno volto appena qualcuno provava ad inserirsi o a far notare che ci fossimo isolati. È come se ci fosse una specie di forza attrattiva che ci spinge l’uno contro l’altro e allo stesso tempo una forza repulsiva che mi allontana appena arriviamo a sfiorarci.

Non ho mai capito se anche lui prova questo mio stesso imbarazzo. Anzi, a volte sembra quasi scherzarci su quando qualche collega più invadente insinua che ci sia qualcosa mentre a me sale solo la voglia di colpirli in pieno volto con un bel gancio destro. Perché giustamente una donna ingegnere e capo squadra non può non stare lì se non perché “la fidanzata o la figlia o la sorella di…”. Anche se il punto non è questo, lui sembra sempre sapere come districarsi in queste situazioni con il suo sarcasmo ma ciò senza mai far trapelare le sue emozioni o anche la sua idea su questa possibilità.

Da un po’ di tempo però la situazione sta diventando per me estenuante, da quando ho cominciato a sognarlo un giorno sì e l’altro pure e non tutti erano sogni casti. Il più delle volte sognavo che lui si dichiarava per poi baciarmi.

Secondo Lexie è il mio subconscio che cerca di farmi capire qualcosa, come se non l’avessi già capito dopo la seconda volta dopo averlo sognato. Il problema è che non voglio che questo sentimento, se non corrisposto, finisca per deteriorare il solido rapporto che abbiamo costruito nel tempo e ripercuotersi sul resto del team. Eppure il non capirci niente di questa situazione mi sta mandando al manicomio.

Sbuffo per l’ennesima volta prima di liberare il viso dalla gabbia che erano diventate le mie mani prima di prendere un sorso del mio amato ginseng

<<Così non puoi andare avanti, Nary. Rischi di impazzirci e poi potresti starti precludendo un’esperienza e, in particolare, una relazione che nessuno di noi può sapere dove porterà. Se mai ci provi, però, mai lo saprai.>>

<<Sì ma neanche lui sembra avere le idee chiare. Io mi starò anche facendo i film mentali ma lui non fa niente per spegnerli o anche per darmi via libera. L’altro giorno te l’ho detto che, mentre stavamo parlando con Sabrina, Fred e Bart tornando in ufficio dalla pausa, mi ha messo un braccio attorno le spalle e mi ha avvicinato a lui come se fosse tutto normale? Io stavo per morire d’imbarazzo e vergogna, te lo giuro. Per fortuna mi sono divincolata con molta nonchalance e nessuno l’ha notato altrimenti che figura ci avrei fatto.>> al ricordare quella scena sento aleggiare il fantasma della sua mano grande e il suo braccio forte e asciutto attorno alle mie spalle, provocandomi piccoli brividi che dissimulo come un brivido di freddo

<<Poi neanche un’ora dopo lo sento parlottare con Tony di una ragazza che aveva conosciuto durante il weekend. Quindi dimmi tu cosa dovrei fare. Sei tu quella che sta per sposarsi con l’uomo della sua vita>> le dico tornando a bere

<<Il fatto che io stia per sposarmi non significa che io conosca tutto dell’amore.>> dice lanciandomi un’occhiataccia <<Per me dovresti buttarti, male che va ti dirà no. E non credo che lui sia così cretino da cambiare o freddarsi nei tuoi confronti nel caso in cui tu non gli interessassi: avete entrambi quasi trent’anni, non più quindici, quindi dovreste sapere come mantenere dei rapporti civili>>

<<Ma non lo conosco così bene da saperlo. E se decidesse di lasciare la squadra a causa mia? Sarebbe un gran bel guaio perché gli sviluppatori principali di questo progetto siamo io e lui. Quindi se lui se ne va arriverà un altro ingegnere a cui dovrò spiegare tutto, perdendo tempo prezioso, e i miei capi mi faranno una ramanzina perché  sarò stata io ad aver creato un casino solo per aver espresso i miei sentimenti verso un mio collega.>> sputo tutto d’un fiato tutte le mie preoccupazioni, rendendole ora un po’ più reali di quanto già non lo fossero nella mia testa.

Lexie mi sorride, quasi divertita, come ogni volta che le esterno le mie paranoie, come faccio sempre da quasi tredici anni. Ma quel sorriso e il suo sguardo paziente ed amorevole in qualche modo, non capisco mai come faccia, mi tranquillizzano e mi calmano quasi del tutto.

<<Ti fai sempre troppi problemi tu, eh? E comunque te lo ripeto: non avete più quindici anni quindi dovreste saper gestire la cosa. A meno che lui non sia così cretino da avere mentalmente quindici anni ma da quell’unica volta in cui ci ho parlato non penso che lo sia>> il suo sorriso si stende ancora di più e il tono pacato con cui mi parla elimina quasi tutte le mie incertezze.

<<Tu che pensi?>> le chiedo quasi timorosa di sapere la sua, come se non volessi che mi aprisse ancora di più gli occhi su quella situazione.

<<Secondo me tu gli piaci>>

Ecco, la seconda bomba della serata era stata sganciata.

<<E allora perché non fa lui il primo passo?>>

<<O mamma mia Nary! Ma che siamo nel Medioevo? Se fossi al suo posto e vedessi questo tuo atteggiamento scostante è logico che getterei la spugna senza fare un passo avanti. E poi potresti sempre farlo tu, se a te fa piacere stare con lui. Quindi non fasciarti la testa prima di cadere e provaci, se è quello che vuoi. Poi se son rose fioriranno altrimenti pazienza, ma almeno non vivrai col rimorso per non averci provato>>

Le sue parole si posano nell'aria mentre il mio cervello cerca di assimilarle. Era sempre stato quello il problema: la paura del rifiuto che avrebbe portato alla fine di un rapporto e quindi alla perdita di quella persona a me cara. Ci avevo provato in tutti i modi a smussare queste paure ma quando si tratta di amore è come se quella paura peggiorasse, sopraffacendomi del tutto.

Continuo a guardare quel ginseng, come a cercare di trovare il coraggio che mi manca o una soluzione meno dolorosa.

<<Ovviamente non è detto che devi correre stasera stessa da lui ma almeno potresti cominciare pian piano nei prossimi giorni, senza ansia>> continua Lexie ricatturando la mia attenzione

<<Detto questo sono le nove meno un quarto, che vogliamo fare? Vuoi venire a casa e ceniamo insieme?>> mi domanda facendo segno al cameriere di portarle il conto.

<<Vorrei tanto ma non posso. Stasera ho il compleanno di Seppo, il fidanzato di Hillie e se non vado mi uccide perché è la prima volta che li incontra e vuole un supporto morale, giustamente.>> dico tirando fuori il portafoglio e pagando il cameriere appena arriva col conto

<<Nary e dai! Dovevo pagare io, perché fai sempre queste cose!>> mi risponde imbronciata mentre sorrido compiaciuta

 <<La psicoterapia me la fai a gratis, il minimo che posso fare è offrirti il caffè>>

<<Come se io fossi una psicologa. Faccio solo ciò che una buona amica farebbe, nulla di più>>

<<E fai tanto, credimi. Ora andiamo che sicuramente Jos ti sta aspettando a casa.>> le dico prendendola sotto braccio mentre usciamo dal bar

Le nostre strade si dividono al momento di raggiungere le nostre auto, dopo un lungo abbraccio e una serie di raccomandazioni di Lexie.

Dopo circa quindici minuti arrivai a casa, un piccolo bilocale nel centro di Leida, dove mi ero trasferita dal mio paese di origine, nella provincia di Limburgo. Lexie invece, come anche Hillie, vivono a L’Aia, lavorando entrambe proprio in centro: la prima presso la NATO; la seconda presso la corte di giustizia dell’ONU. I miei hanno sempre criticato la mia scelta di vivere a Leida ma, oltre a essere molto più tranquilla rispetto alla frenesia de L’Aia, paragonabile a una qualsiasi capitale europea, è anche molto vicina alla sede dell’ESA presso cui lavoro, a soli quindici minuti con l’auto.

Appena entrata mi butto a peso morto sul divano, che non rivedevo dalla sera precedente essendo uscita presto ed essendo corsa al bar direttamente dopo il lavoro. Guardo l’orario sul cellulare e vedo che sono appena le nove. L’appuntamento per stasera è alle dieci e mezza dato che, fortunatamente, Hillie e Seppo mi passano a prendere, perché non avrei proprio avuto le forze per rimettermi in macchina a guidare.

Mi riposo giusto dieci minuti prima di correre in bagno a farmi una doccia calda e rilassante. Nel mentre continuano a frullarmi per la testa le parole di Lexie, insieme al volto sorridente di Max. Cazzo, neanche quando cerco di rilassarmi la mia mente mi lascia in pace. A distrarmi di tanto in tanto sono le canzoni che scorrono dalla mia playlist di Spotify.

A catturare la mia attenzione, nel momento clou della mia preparazione, ovvero il truccarmi, è una canzone che non sentivo da tempo, rimasta lì dimenticata nei meandri della mia mente oltre che della playlist. La canzone è Silver Springs dei Fleetwood Mac, ad oggi molto virale sui social per la relazione tra Stevie Nicks e Lindsay Buckingham, ma che a me aveva da sempre affascinato proprio per il senso in sé della canzone. L’idea di non poter dimenticare l’amore di una persona, di averla fatta scappare ma non essere capace di andare avanti perché il suono della sua voce ti perseguita è ciò che fin da subito mi ha colpito e che me l’ha resa più mia di quanto voglia ammettere ad alta voce. Vivere nella costante paura di perdere l’amore di una persona e vivere con il rimorso di come sarebbe potuta andare se solo non avessi ceduto alle mie paure e paranoie è un qualcosa di indescrivibile a parole, solo chi vive un qualcosa di simile può capirlo.

 

You'll never get away from the sound of the woman that loves you

Time cast a spell on you, but you won't forget me

I know I could've loved you, but you would not let me

I'll follow you down 'til the sound of my voice

 

La voce di Stevie Nicks risuona nel silenzio del mio bagno mentre la mia mente registra parola per parola qui versi che tanto mi colpiscono il cuore, come una coltellata ad ogni verso che passa.

Fortunatamente mi ripendo dalla mia trance appena termina la canzone e, dopo aver finito col trucco, controllo velocemente l’orario sul cellulare. Le dieci e un quarto, non male. Mi concedo uno sguardo lungo tutta la mia figura, giusto per capire cosa fosse fuori posto e da aggiustare o cambiare. Indosso una camicia cropped verde bottiglia, che entra in contrasto coi miei capelli ricci e castani, abbinata a una gonna a vita alta di pelle nera appena sopra il ginocchio e un paio di stivaletti bassi anch’essi neri. Non dovrei essere troppo fuori luogo, o almeno lo spero, dato che Hillie mi ha detto che anche lei avrebbe indossato una gonna di pelle. Il viso è truccato in maniera leggera, fatta eccezione per gli occhi adornati da una lunga coda di eyeliner e truccati con una serie di ombretti sui toni dell'oro e del marrone, che risaltano ancora di più il colore ambrato dei miei occhi, o almeno così mi ha detto Hillie.

Mentre continuo a squadrare la mia figura, quasi nella speranza di trovare qualcosa fuori posto, sento il mio telefono squillare. Come si dice, parli del diavolo e spuntano le corna. Leggo il nome di Hillie e subito rispondo sorridente

<<Hily dimmi>>

<<Nary noi stiamo per arrivare, tu sei pronta?>> la sua voce pimpante mi fa sorridere. Ho sempre amato questo suo lato sempre allegro, che riesce a metterti di buon umore anche quando hai il morale sottoterra.

<<Sì, ovvio. Stavo solo controllando che non ci fosse nulla di fuori posto nel mio outfit>>

<<Sono sicura sarai uno schianto! Non iniziare a farti le tue solite paranoie>>

<<Tranquilla. È solo che non sono convinta della gonna di pelle, non è un po’ fuori luogo?>> le domando mentre continuo a toccarla, sperando di tirarla quanto più possibile verso il basso

<<Non dire stupidaggini! Stiamo per andare in un locale famoso e pazzesco, dove tutte vanno vestite da figlie di buona donna e tu ti preoccupi per la gonna? Qua dobbiamo vedere come farci una bella bevuta in pace e divertici. No amore e se anche volessi ubriacarmi ho te che mi proteggi>> la sento poi parlare con Seppo dopo avermi fatto una ramanzina, probabilmente le avrà chiesto di non ubriacarsi, anche se con Hillie è difficile data la sua bassa resistenza all’alcol.

<<Stai tranquillo Seppo che io non ho intenzione di ubriacarmi perché domani mi aspetta un’altra giornata d’inferno a lavoro. Quindi mi dispiace ma in questo sei sola Hily>> dico trattenendo una risata immaginando la faccia imbronciata di Hillie alla mia affermazione.

<<Poi vediamo Nary, poi vediamo. Comunque siamo quasi sotto casa tua, quindi puoi iniziare a scendere.>> mi dice fintamente indispettita

<<Sì due minuti e sono giù, a tra poco>>

<<Non cambiarti!>> mi intima prima di chiudere la telefonata

Sospiro mentre punto nuovamente lo sguardo ad osservare la mia figura riflessa nello specchio. Mi do giusto un’ultima controllata ai capelli e al trucco, per paura che nel frattempo si fosse sbavato qualcosa, prima di prendere la borsa ed uscire di casa, chiudendo la porta a chiave.

Un paio di rampe di scale dopo ero fuori il palazzo che ospita il mio mini appartamento, aspettando che comparisse all’orizzonte la macchina di Seppo, una BMW serie 1 nera, cosa che accadde pochi minuti dopo.

<<Buonasera a tutti!>> li saluto accomodandomi sui sedili posteriori <<Sep giustamente ti farò gli auguri a mezzanotte perché non è ancora il tuo compleanno>>

<<Non preoccuparti Nary, all’ESTEC che si dice?>> mi domanda Seppo, sorridendomi

È un tipo con la testa sulle spalle, anche se non lo si direbbe a prima vista: carnagione mulatta, capelli ricci neri, occhi azzurro-verdi vispi e furbi, l’orecchio destro pieno di piercing, sorriso sghembo e malizioso. La prima volta che Hillie me l’ha presentato non avrei mai detto che fosse un ingegnere meccanico che ora lavora presso la Siemens AG, una delle società d’ingegneria più importanti d’Europa, ma che per un periodo ha lavorato all’ESTEC, nel reparto per la progettazione e manutenzione dei motori.

<<Solite cose: si corre, si cerca di portare a termine le task nel più breve tempo possibile e ovviamente cercare di risolvere tutti i problemi che le persone creano e che cercano di scaricare le loro responsabilità sugli altri. Da te che si dice?>>

<<Potreste evitare di parlare dei vostri lavori almeno per stasera? Stiamo andando a divertirci, non a una call di ingegneri!>> sbuffa Hillie seduta sul sedile del passeggero anteriore

Hillie è all’apparenza la classica olandese: capelli biondi, occhi castani gentili ma decisi, pelle pallida come la neve, naso piccolo e all’insù e un sorriso dolce. Ci conosciamo dall’infanzia e siamo praticamente cresciute insieme ma, prima del mio trasferimento a Leida, ci eravamo un po’ perse di vista, anche a causa non solo del suo lavoro impegnativo, perché lavorare come magistrato alla corte di giustizia dell’ONU non è una passeggiata, ma anche del suo ex, uno stronzo patentato che per fortuna è riuscita a lasciare. Seppo non lo conosco da molto, dato che stanno insieme da appena un anno, ma mi sembra un bravo ragazzo ed è riuscito a tirare fuori il meglio di lei e di questo sono immensamente felice.

<<In realtà quasi tutti i miei amici sono ingegneri, amore>> le sorride sornione Seppo

<<Non me lo ricordare, già immagino i discorsi. Fortunatamente ci sei tu Nary, altrimenti sarei potuta morire di noia.>>

<<Per le amiche questo ed altro>> le dico schioccandole un bacio sulla guancia

<<E chissà che stasera tu non trovi il principe azzurro, o l’ingegnere azzurro>> ride mentre sento il mio viso avvampare vigorosamente

 <<Hily te l’ho già detto, al momento sto bene così. Se poi arriva si vedrà ma non ho intenzione di andarmelo a cercare>>

Ad Hillie non ho raccontato tutta la situazione con Maxwell, non perché non mi fidi ma perché la conosco e so che alla prima occasione avrebbe provato ad organizzare un appuntamento. Lexie invece, sarà forse per la differenza d’età, cinque anni di differenza, o perché ho sempre saputo di averla al mio fianco, nel bene e nel male e anche a duecento chilometri di distanza, è sempre stata la mia confidente, anche solo per dirle di aver avuto una giornata storta, ed è sempre stata l’unica che riusciva a calmarmi e a farmi sentire meglio, oltre a darmi sempre i consigli giusti.

Sviai il discorso “principe azzurro” parlando di tutt’altro, e il tempo in macchina sembrò volare, tanto che mi meravigliai quando Seppo ci avvisò di essere giunti a destinazione.

È un grande lounge bar sulla spiaggia nel quartiere Duindorp de L’Aia, confinante con una grande riserva naturale. L’interno ha pareti bianche decorate con una serie di led colorati, fatta eccezione per una che invece presenta un’enorme vetrata che mostra la spiaggia e il mare, che in questo momento si infrangeva dolcemente. Sulla destra c’è un lungo bancone nero, con appoggiata alla parete un’enorme cristalliera piena di liquori, alcolici e superalcolici che un paio di barman prendevano velocemente dai ripiani, mischiandoli sapientemente tra loro nei diversi bicchieri sulla base delle ordinazioni ricevute.

Un simpatico cameriere ci fece accomodare al tavolo che Seppo aveva prenotato, fortunatamente proprio con vista mare. Io ed Hillie cominciammo a prendere posto mentre Seppo parlava col cameriere. Non saremo stati in tanti osservo contando otto posti attorno al tavolo: meglio così, almeno non mi sarei sentita tanto in imbarazzo tra tante persone che non conosco.

<<A cosa pensi?>> mi domanda Hillie posando la sua giacca di pelle sulla sedia.

Fortunatamente aveva tenuto parola ed aveva indossato anche lei una gonna di pelle, più corta della mia ma che su di lei, essendo più bassa di me di almeno dieci centimetri, non risultava troppo corta, anche perché lei aveva preferito indossare un paio di stivali alti di pelle bordeaux, che si abbinavano benissimo al suo top monospalla dello stesso colore.

<<Che per fortuna siamo in pochi. Mi sarei sentita molto più a disagio tra tanti sconosciuti. Si sa che gli ingegneri in genere non sono molto clementi con gli ingegneri donna, quindi meno sono e meglio è, ahahah>>

<<Ma va’, Nary. E poi solo tre sono ingegneri, l’altro è un pilota d’aereo della marina. Poi c’è Odile, la fidanzata di Jorah un collega di Sep, che è un architetto e, rimanga tra noi, non la sopporto>>

<<Un architetto fidanzato con un ingegnere? Sembra l’inizio di un barzelletta>> le dico ridendo

<<Shhh! Ho visto qualcuno, se non mi sbaglio sono proprio loro>> mi zittisce alzandosi in piedi.

Io la imito e ci avviciniamo a Seppo che sta salutando un piccolo gruppetto.

<<Ragazzi lei è Nary, un’amica di Hillie>> mi presenta Seppo a due ragazzi e una ragazza, che scopro essere Jorah, Odile, e Damian, un altro collega e amico di vecchia data di Seppo.

Ci sedemmo in attesa di questi altri due amici, che, a quanto pare, erano un vecchio collega di Seppo quando stava all’ESTEC e un altro amico di vecchia data, e iniziammo a chiacchierare del più e del meno, i ragazzi tra di loro mentre io ed Hillie cercammo di instaurare una conversazione con Odile. La cosa si rivelò più ardua del previsto, dato che lei sembrava rispondere a monosillabi a qualsiasi cosa le chiedessimo, quasi infastidita dell’essere costretta a restare lì.

Io ed Hillie ci siamo arrese poco dopo, cominciando invece a parlare tra noi di persone e cose che sapevamo solo noi. Hillie infatti mi aveva detto di aver saputo che Antilje, una delle nostre migliore amiche che si era allontanata da noi per motivi futili dopo il liceo, si era lasciata con Giel-Jan, il suo fidanzato storico, e già stava con un altro ragazzo. Secondo le voci arrivate ad Hillie, lui la avrebbe lasciata per aver scoperto la tresca, ma per me l’ha lasciato lei perché, per com’era quel ragazzo almeno al liceo, un povero santo che la sopportava e sembrava quasi venerarla, e sarebbe stato capace di sopportare pure le corna.

Ad interrompere il nostro piccolo momento di gossip è l’arrivo di Theo, il pilota, che dal suo atteggiamento, simpatico ed estroverso, capisco come lui e Seppo possano essere rimasti amici per così tanto tempo, dato che Seppo è sì molto espansivo ma solo dopo aver cominciato a prendere confidenza e solo con le persone a cui vuole bene.

<<Ok ragazzi manca solo Max, cominciamo ad ordinare nel mentre lo aspettiamo>> sento dire a Seppo mentre scrollo la home di Instagram, già pronta a prendere il mio amato Gin Lemon, ma a distrarmi è una voce calda e familiare, pure troppo.

<<Buonasera>>

Alzo lo sguardo e mi ritrovo davanti la persona che infesta tutti i miei sogni abbracciare calorosamente il fidanzato della mia amica.

<<Eccoti qua! Stavo giusto dicendo di cominciare ad ordinare. Siediti                                    qui di fianco a me>> gli dice Seppo facendolo sedere proprio di fronte a me, essendo io incastrata tra Hillie e Odile. Appena mi vede lo vedo sbarrare leggermente gli occhi, come se fosse sorpreso di vedermi lì, probabilmente non sapeva avessimo quest’amico in comune

<<Ti presento Hillie, la mia ragazza>>

<<Piacere Maxwell>> si presenta tendendo la mano verso la mia amica, distogliendo per un secondo il suo sguardo glaciale dal mio.

<<E lei invece è…>>

<<Nary>> dice Max tendendomi la mano per salutarlo. Di rimando tendo la mia e lui, essendosi sporto un po’ in più verso di me, avvicina il suo viso al mio lasciando un rapido bacio sulla mia guancia.

Per un attimo mi sembra di non poter respirare e sento la guancia appena sfiorata dalle sue labbra andare completamente a fuoco, in quanto non mi sarei mai aspettata un atteggiamento simile da parte sua

<<Ah vedo che vi conoscete! Avete collaborato per un qualche progetto?>> ci domanda Seppo curioso

<<Già come vi conoscete?>> rincara la dose Hillie avendo sicuramente notato la mia reazione.

<<In realtà io sono passato alla progettazione di navicelle, ho ottenuto il passaggio di squadra pochi mesi dopo il tuo trasferimento. Io e Nary siamo nello stesso team e lei è il mio caposquadra>> spiega Max in maniera rapida, alternando lo sguardo tra Seppo e me.

<<Grande! Max non me lo avevi detto questo. Guarda il mondo quanto è piccolo! Nary è la migliore amica di Hillie ma non prima che ci presentasse non l’avevo mai incontrata nell’ESTEC. Invece voi lavorate insieme ma non sapevate di avere me come amico in comune>> gli risponde Seppo dandogli qualche colpetto sulla spalla

<<Già, non lo sapevo>> dice Max, continuando a guardarmi col suo sguardo enigmatico per poi spostarlo sul suo amico.

Ora che ci riflettevo, è la prima volta che ci troviamo ad uscire in gruppo, colleghi esclusi ovviamente. Lo osservo di sottecchi, fingendo di star leggendo qualche articolo scientifico sul cellulare, mentre si è lanciato in una conversazione con Damian su una nuova scoperta in campo robotico riguardante lo sviluppo di un nuovo robot con Ai incorporata. È deciso nel tono di voce ma ogni tanto sento fuoriuscire la sua risata roca e il sorriso è steso sul suo volto mentre si trattiene dal ridere troppo. I suoi occhi, leggermente nascosti sotto le palpebre chiuse a mezza luna, sembrano quasi illuminarsi. I suoi sono molto più chiari del mare che riesco a vedere alle sue spalle, ora di un blu notte stupendo rischiarato di tanto in tanto dal lieve chiarore della luna, che compie una specie di giochi di luce nell’acqua così come le luci a led del locale fanno in quei piccoli pezzi di cielo.

<<Guarda che potresti anche parlagli invece di osservarlo come una maniaca>> dice all’improvviso Hillie all’orecchio facendomi sussultare.

<<Cazzo Hily! Vuoi farmi morire? E comunque non lo sto osservando come una maniaca>> le rispondo a bassa voce seccata, guardando con la coda dell’occhio se lui avesse notato qualcosa.

<<Dai Nary, è evidente che a te piace, come è evidente che a lui tu piaci.>> continua lei come se non avesse sentito una parola di quello che le ho detto. Cerco di vedere di nuovo con la coda dell’occhio e stavolta sembra aver rivolto uno sguardo nella mia direzione

<<Potresti non dire stronzate, per favore? Oh ecco che arriva il cameriere, finalmente è arrivato il mio Gin Lemon>> le rispondo alzando leggermente il collo per vedere se il cameriere stesse effettivamente venendo verso di noi

<<Ricorda che io non sbaglio mai>> dice facendomi ruotare gli occhi prima che il cameriere arrivi con le nostre ordinazioni.

Appena mi viene consegnato il mio drink, tiro un lungo sorso dalla cannuccia di metallo, che trovo sempre molto scomoda ma per l’ambiente questo ed altro. Lui ha preso un Moscow Mule anche se non ne ha ancora bevuto un sorso visto che la tazza di rame non si è mossa da sopra il tavolo.

Alzo di poco lo sguardo dal drink e lo becco a fissarmi, come se fosse rimasto incantato a guardare un punto sulla mia faccia. Di rimando alzo leggermente il sopracciglio, come a chiedergli silenziosamente cosa volesse. Lui continua a fissarmi, i suoi due zaffiri incastrati nei miei occhi, ed io trattengo questo gioco di sguardi, quasi in una sfida a chi distoglie prima. In questi nostri sguardi c’è tutto e niente: c’è determinazione, c’è sfida, c’è complicità, eppure quei suoi occhi così belli sembrano essere dei veri e propri specchi, che riflettono quello che vedono ma non mostrano quello che hanno dentro. Lo vedo persino mettere su un sorrisino sornione, quasi invitarmi a continuare.

Bene, se vuole giocare lo farò sudare. Senza interrompere il gioco di sguardi, riavvicino nuovamente la cannuccia alla bocca ricominciando a bere ma stavolta stringo di più le labbra intorno alla cannuccia, incavando leggermente le guancia. Con la coda dell’occhio vedo il suo pomo d’Adamo alzarsi ed abbassarsi mentre lo sguardo diventa più incredulo. Colpito.

Mentre questa piccola battaglia prosegue nessuno sembra accorgersi di quello che sta succedendo, degli sguardi infuocati che lui mi stava lanciando, della mia nonchalance nel continuare a stuzzicarlo mentre bevo il drink.

Alla fine a cedere per primo è lui, non perché volesse ma perché Seppo lo aveva chiamato, probabilmente anche più di una volta, costringendolo a voltarsi verso il nostro amico. Sorrido trionfale lanciandogli un ultimo sguardo prima di prendere il telefono per tornare a scrollare le storie di Instagram.

<<È proprio cotto super cotto il ragazzo. Ed anche tu non sei da meno>> mi sussurra all’orecchio Hillie, stavolta senza farmi sobbalzare

<<Forse sì, forse no, ma siamo colleghi quindi meglio di no. E comunque, pure se fosse, non sarebbero affari tuoi>> dico piccata continuando a guardare sul cellulare.

<<Su Nary, non fare la permalosa. Lo sai che a me basta vederti felice e se posso dare una spinta perché no>>

<<Preferirei di no, grazie>>

<<Posso darti un consiglio da amica? Dovresti pensare di meno e agire di più. Male che va hai preso un palo, anche se da quanto vedo lui sarebbe ben contento di averti nelle sue braccia. Prima ti stava praticamente divorando con gli occhi>>

Ecco l’ennesima bomba della serata. Mi domando perché stasera tutte le congiunzioni astrali ed ancestrali abbiano voluto concentrarsi su di me, che male ho fatto per meritarlo lo sanno solo loro. Hillie continua a guardami aspettandosi una risposta ma le parole non mi escono, troppo occupata a rimuginare su quello che ha detto e sulla conversazione avuta con Lexie.

Mentre continua questo mio riflettere e rimuginare sento la musica cambiare, passando da una musica soft a una più dance ed elettronica.

<<Forza ragazzi andiamo a scatenarci in pista che mancano dieci minuti alla mezzanotte!!>> urla Theo alzandosi dal suo posto per trascinare in pista il festeggiato, facendo ridere me ed Hillie.

Pian piano tutti quanti finiamo in pista e cominciamo a ballare insieme, io sempre vicina ad Hillie.

Lui fa sempre in modo di restare nel mio campo visivo, o forse è lui che cerca di non perdermi di vista. Evito di guardarlo troppo, per non restare bloccata come prima ma stavolta nel bel mezzo della pista, e lo vedo muoversi abbastanza sciolto sulle note di una canzone spagnola, o almeno così sembra dal ritmo e dalle parole.

<<CINQUE, QUATTRO, TRE, DUE, UNO. AUGURI SEPPO!!!>> urlano a squarciagola i ragazzi per poi buttarsi su Seppo per fargli gli auguri, facendoci ridere.

<<Auguri Sep!>> gli faccio dopo che Hillie lo aveva abbracciato e baciato, dandogli un leggero bacio con la guancia

<<Grazie Nary>> mi risponde sorridendo

Oltre le sue spalle vedo Max che continua a fissarmi con i suoi fanali azzurri e riesco a leggervi stavolta un qualcosa che prima non avevo mia visto nei suoi indecifrabili: un pizzico di gelosia. Mi sorprende quest’atteggiamento, davvero insolito per lui che riesce sempre a nascondere le sue emozioni.

Mi sposto leggermente, cercando sempre di rimanere nel suo campo visivo ma avvicinandomi un po’ di più. Parte infatti una canzone di non so che cantante americano ma di cui stranamente conosco le parole, che parla di due persone innamorate ma una vuole mantenere le distanze e l’altra vuole convincere l’altro a provarci.

<<Lost my damn mind, 'round the same time that you stole my heart

You got me by my heart strings now

But you're not tryin' to attach

Why's this hurt me so bad?>> canticchia lui seguendo i versi della canzone, gli occhi che non accennano a staccarsi dai miei

<<Never made it clear, never made it right

Thought it was all good, just hookin' up

I'm down to keep our situation

But the feelings are gettin’ too strong>> gli rispondo seguendo le note della canzone sulla voce maschile.

<<Show up at my door, look me in the eye,

Tell me what you think we are

Then if nothing more, give me just one short time>> continua imperterrito sulle note della canzone, senza considerare gli altri che nel frattempo sento essere intorno a noi, o almeno spero siano loro. Mi godo un po’ il ritmo della canzone prima di canticchiare la strofa successiva

<<I know you like me, but it ain't that simple

Loved chasing you, Tom and Jerry-ish

But we can't keep like this, messin' around

Just leaves us broken hearted>> questa è la strofa che per me descrive al meglio il nostro attuale rapporto: ci piacciamo, ci rincorriamo ma è una situazione che più va avanti e più può spezzarci il cuore se nessuno dei due fa un passo verso l’altro seriamente. Sta ora a lui farmi capire se ha senso continuare o lasciar perdere.

<<Baby please, let me be yours,

Hold me in the dark, kiss me through the night

Even if it’s just for one and only last time>> l’intensità che profonde in quei pochi versi mi lascia totalmente senza fiato.

Ha scoperto le sue carte, finalmente, ha palesato il suo interesse. Mi lascia talmente stupita che, inconsapevolmente, sento allargarsi sul viso un grande sorriso, lo stesso che vedo riflesso sulla sua faccia e nei suoi occhi.

A rompere l’idillio è però Hillie, che mi richiama all’attenzione dandomi dei leggeri colpetti sulla spalla

<<Nary i ragazzi se ne stanno andando, salutiamoli che tra poco andiamo anche noi>> mi dice alzando un po’ la voce in modo da sovrastare la musica per farsi sentire.

Controvoglia distolgo lo sguardo da Max e rispondo alla mia amica con un lieve cenno della testa prima di seguirla verso il tavolo per andare a recuperare la giacca e la borsa.

Con mia somma sorpresa e gioia me lo ritrovo davanti appena mi rigiro proprio per cercarlo.

<<Sei venuta in macchina da sola?>> mi sussurra all’orecchio per non farsi sentire, anche se con la coda dell’occhio vedo Hillie e Seppo impegnati a chiacchierare ancora con Theo.

<<No, sono passati a prendermi Hillie e Seppo.>>

Mi fissa, gli occhi azzurri che brillano di luce propria. Sta per aprire la bocca per dire qualcosa, ma la serra di nuovo. Forse voleva chiedermi di tornare con lui ma, conoscendomi, sa che non avrei accettato

<<Posso parlarti? Ovviamente in un posto più tranquillo senza tutta questa musica>> mi chiede pochi secondi dopo. Percepisco un leggero tentennamento nella voce, come se avesse paura di un mio rifiuto

<<Va bene>> gli rispondo con un piccolo sorriso, quasi a tranquillizzarlo, e faccio segno ad Hillie di aspettarmi prima di seguirlo fuori sulla spiaggia

La leggera brezza marina mi sposta i ricci più ribelli davanti agli occhi, costringendomi a rimetterli a posto ogni singola volta. Lui è a pochi passi da me, il viso rivolto verso il mare che riflette il chiarore pallido della luna che, di riflesso illumina leggermente il suo volto già candido.

<<Stasera la luna è proprio bella, vero?>> mi dice prima di voltarsi verso di me, facendomi leggermente arrossire.

<<Sì ma anche il mare non è da meno>> gli rispondo senza però staccare i miei occhi dai suoi: azzurro contro ambra, mare e sabbia, proprio come quel momento.

Si avvicina lentamente senza però distogliere lo sguardo, fino a ritrovarci l’uno di fronte all’altro, a pochi centimetri di distanza.

<<Siamo proprio due scemi, non trovi? Ci avviciniamo, ci respingiamo, ci rincorriamo ma tutto senza mai sfiorarci, senza mai parlare davvero, lasciando tutto al caso>> e mentre parla alza una mano sfiorando leggermente una ciocca che svolazzava, appoggiandomela dietro l’orecchio sinistro, scatenandomi una serie di piccoli brividi in tutto il corpo <<Eppure sento una forza magnetica che per quanto tu possa respingermi mi attrae sempre più verso di te, anzi forse con intensità maggiore>> continua mentre la mano scivola giù senza toccarmi ma vicinissima, prima di sfiorarmi con le dita la mano sinistra

<<Io sono disposto ad aspettare tutto il tempo necessario, starti accanto come amico, pur di poter essere tuo, pur di poterti amare>> le parole sono cariche di significato e gli occhi traboccano di questo sentimento che sento di provare anch’io in egual misura verso di lui.

<<Anch’io sento una forza attrattiva che mi spinge costantemente verso di te, così forte che da spaventarmi. Ma a spaventarmi di più è la paura che questo possa cambiare tutto, adesso ma anche in futuro, che possa rovinare il nostro rapporto, complicarlo o, peggio, eliminarlo, come se non ci fosse mai stato e io per noi non voglio questo.>> vedo i suoi occhi rabbuiarsi, un misto di tristezza e paura che fanno tendere l’azzurro quasi verso il grigio, come un temporale primaverile.

<<Però non posso più negare o nascondere quello che provo, perché la paura di perderti è molto più grande.>>

Sorrido nel vedere i suoi occhi illuminarsi di nuovo e un sorriso che si allarga a trentadue denti sul volto. Mi prende la mano che aveva appena sfiorato prima e, intrecciando le nostre dita, se la porta alle labbra, lasciando un lieve bacio sul dorso

<<Avrò però bisogno di tempo, per capire e soprattutto per evitare di farti del male, perché in preda alla paura sono molto peggio che con un problema di calcoli e misure in fase di rifinitura>> dico scherzando ma facendogli capire che per me non sarà semplice

<<Sarai tu a scandire i tempi, i modi, tutto. L’importante per me è esserti vicino e darti tutto l’amore che ho e di cui hai bisogno>> la sua risposta mi scioglie completamente.  Sorrido inebetita mentre continuo a guardarlo e, prima di poterci ragionare su, gli prendo il viso tra le mani lasciando un bacio a stampo sulle sue labbra. Mi allontano veloce, quasi pentita della mia scelta, le mani che mi ricadono lungo i fianchi e le guance che cominciano a scaldarsi

<<Mi che dovremmo rientrare, non voglio far aspettare tanto Hillie e Seppo>> gli dico voltandomi verso il locale

Prima che possa fare o dire qualcosa, però, Max mi afferra il braccio e mi spinge contro il suo corpo, catturando le mie labbra in un bacio.

È dolce e lento, le labbra si muovono piano sulle mie, come se avesse paura di romperle imprimendo troppa pressione. Ricambio quasi subito, muovendo le mie labbra che si schiudono in un leggero sorriso sopra le sue, prima di chiudere gli occhi per assaporarle meglio.

Quando riapro gli occhi vedo tutto buio. Sbatto le palpebre un paio di volte per cercare di mettere meglio a fuoco e capisco di essere nel mio letto, a casa mia. Cerco di prendere a tentoni con la mano il telefono che solitamente adagio sul comodino e, una volta preso, leggo l’ora: le 3:28.

Mi siedo al centro del letto e rifletto su quello che effettivamente è stato un film, non un sogno. Non poteva essere reale, Max non lo sentivo più da quasi due anni, dopo che si era trasferito alla NASA, e tra noi realmente non è mai successo niente, anche se ci avevo provato ad uscire con lui prendendo anche un bel due di picche. Inoltre è per me surreale in quanto ho mischiato presente e passato, dato che davvero Hillie e Seppo stanno insieme da un anno, ma si sono conosciuti che Max era già partito da un bel po’. Inoltre è impossibile che si conoscessero dato che Seppo ha cominciato a lavorare per l'ESTEC per pochi mesi e subito dopo la partenza di Maxwell.

Eppure la sensazione di averlo baciato è stata così vivida che sento ancora la pressione delle sue labbra sulle mie, il loro sapore sulla mia bocca.

Rido da sola della mia mente e dei brutti scherzi che mi sta tirando ultimamente mentre mi rigiro continuamente il telefono tra le mani. Lo sblocco e il primo istinto è quello di aprire la chat con Lexie, per raccontarle di questo stranissimo sogno. E proprio mentre le sto scrivendo mi fermo, pensando a che, con il trasloco, il lavoro e il bambino, non avrebbe tempo per sentire le mie allucinazioni notturne. Mi limito a scrivere tutto nelle note, in modo da poterlo ricordare così da raccontarglielo per bene quando sarà più libera.