Actions

Work Header

È dolce sapere che mi ami

Summary:

“Ti faccio sedere e ti porto dell’acqua e qualcosa da mangiare. Così ti riprendi e non ci vedi più doppio.”
“Guarda che non è male vedere due te.” mormora ancora.
Mimmo arrossisce un po’, stavolta non riesce a fingere di non aver capito la battuta. “Dici così perché sei ubriaco.”

Notes:

spero che questa storia vi ricordi una di quelle romcom in cui i protagonisti si amano e non se ne rendono conto, la colonna sonora è pazzesca ed è tutto un po’ stupido e smielato ma è questo il bello. attenzione a cliché e pessime battute!
buona lettura spero vi piaccia <3

ps. c’è un thread su twt in cui presento i personaggi, vi lascio il link se siete interessatə https://x.com/senza_money/status/1946240903586230653?s=61&t=zjXhnlmWHn4C537SW1aROQ

Chapter 1: Alcol, crepe e quattro occhi

Notes:

(See the end of the chapter for notes.)

Chapter Text

Marzo 2025

Mimmo se ne sta sdraiato sul letto a pancia in su a fissare il soffitto. È bianco - anche se con la poca luce che c’è non si definisce bene il colore - e in alcuni punti ci sono delle piccole crepe.

Quando si era trasferito non ci aveva fatto caso, poi in una notte di insonnia se ne era reso conto e aveva pregato al soffitto di rimanere fermo e non cadergli in testa. Mimmo è credente quindi secondo lui le preghiere che ha fatto da quella sera fino a questo momento lo hanno tenuto in vita. Secondo Maurizio, quello che era venuto a fare un’ispezione, non c’era da preoccuparsi e aveva sostenuto invece che non serviva pregare perché il soffitto avrebbe retto benissimo ancora per molto.

Ad ogni modo, quelle crepe hanno smesso di preoccuparlo già da un po’ perché il soffitto sembra stare davvero bene. Forse anche più di lui che, ormai da qualche mese, passa il sabato sera a imporsi di non piangere, rannicchiato nel suo letto a leggere un libro e bere una tisana. Ci sta, con tutto lo stress che accumula durante la settimana, avere un po’ di tempo da dedicare a sé stesso. Non è male e poi lo preferisce di gran lunga alle serate fuori con tanta gente che non conosce a sentire musica che non gli piace.

“Mimmo, io sto uscendo. Tu sei proprio sicuro di non voler venire?”

Viene riportato sulla Terra da Rayan. Abbassa lo sguardo, si mette seduto sul letto e lo vede all’entrata della stanza. Ora, con la porta aperta, la sua camera è più illuminata, ma non riesce comunque a vedere in volto l’amico, che sta in controluce. Rayan è il suo coinquilino e migliore amico. Si sono conosciuti ai tempi della scuola e siccome hanno entrambi la passione per il calcio è stato da subito molto facile andare d’accordo.

“Lo sai com’è la situazione…” gli dice buttandosi nuovamente sul letto.

La situazione è che da quando Mimmo si è lasciato con Andrea, la sera non va più al solito locale - e altri luoghi in cui erano soliti andare insieme - perché teme di poterlo vedere. E se succedesse una cosa simile non saprebbe come comportarsi o cosa dirgli. Cosa fai quando incontri il tuo ex dopo cinque mesi dalla fine della storia? Se lo chiede spesso, ma non trova mai risposte.

Ha provato anche a parlarne con Rayan svariate volte ma lui ripete sempre “Se anche lo dovessi incontrare non dovete fare una seduta di terapia, vi dite due cose per gentilezza e poi ognuno per le sue, mica passate tutta la serata insieme. Anzi, puoi pure non dirgli niente, che ti frega.” o qualcosa di simile. Il fatto è che Rayan sa com’è la situazione, ma non la capisce del tutto. Si è reso conto che Mimmo non se la sta passando bene ma non sa come aiutarlo. Quindi ogni sera gli ricorda che passare del tempo fuori - né per lavorare né per studiare - di tanto in tanto potrebbe fargli bene e lo invita sempre a uscire ma ormai sono mesi che rifiuta.

Di nuovo sdraiato, Mimmo torna a guardare le crepe sul soffitto. Ormai le guarda come se fossero la cosa più normale del mondo, quasi gli fanno compagnia quando alcune notti non riesce a dormire. A preoccuparlo ora sono le crepe che ha nel cuore, che sono l’unica cosa che gli ha lasciato Andrea dopo la separazione. Quelle e un bel paio di corna.

L’unica parte bella di quella relazione era stata la fine, quando Mimmo era riuscito a chiudere definitivamente tutto. Riflettendoci un po’, un’altra cosa positiva di stare con quel ragazzo era che per una volta non dovette mentire alla famiglia, o almeno non del tutto. Andrea è un nome sia maschile che femminile quindi poteva effettivamente dire al fratello e alla madre di stare con Andrea, senza però specificare che non era una donna.

Che poi era stato bello solo all’inizio quando aveva dovuto dire loro che si stava vedendo con una persona e la madre l’aveva abbracciato tutta felice. “Poi la voglio conoscere.” gli ripeteva ma Mimmo metteva sempre scusa che Andrea non poteva scendere a Napoli perché doveva lavorare, che poi in parte era vero. Ma dall’altra parte era che non voleva scomodarsi per accompagnarlo. Non gli conveniva.

Pochi giorni dopo che si erano lasciati, era sceso dalla madre e durante la cena lei lo stava assillando sul perché anche stavolta non avesse portato con sé la sua ragazza.

“Non si può prendere nemmeno un fine settimana libero? Se è così sarò costretta a venire io a Roma per conoscerla.” continuava a dirgli. E Mimmo era così infastidito che si parlasse così tanto di quella persona che si lasciò scappare la notizia della rottura, con un tono di voce piuttosto alto che fece sobbalzare la madre.

“Mi dispiace.” mormorò lei e lo sembrava davvero. Gli posò una mano sulla spalla e rimase a guardarlo con una faccia che esprimeva compassione. Forse pensava che il figlio stesse soffrendo ma la verità è che stava benissimo.

Lui comunque finse che non essere più il fidanzato di Andrea lo rendesse triste, così da non ricevere ulteriori domande al riguardo e passò la serata a sentirsi una brutta persona. Non era una novità, si sentiva spesso così.

 

“Senti, io e Viola non sapevamo se dirtelo ma forse ti aiuta a uscire di casa.” gli fa Rayan mentre si sistema davanti allo specchio in salotto.

Mimmo si rialza piano un po’ incuriosito. “Cosa?”

“Che Ilaria ci ha confermato che Andrea sta con uno.” gli confessa guardandolo negli occhi.

Scatta in piedi e lo guarda spaesato. “Parli di una relazione seria?”

Annuisce e abbassa lo sguardo. “Cercano casa assieme, fuori Roma.” rimane in silenzio, sembra analizzare l’espressione dell’amico. “Ho fatto bene a dirtelo?”

Mimmo si mette seduto meglio sul letto e riflette un po’. La cosa lo fa stare meglio? Non sa darsi una risposta. Sono passati abbastanza mesi per poter andare avanti e smetterla di piangersi addosso. Forse presto riuscirà a scordarsi di quel ragazzo - come sembra aver fatto lui - e questo lo fa sentire un minimo sollevato. “Penso di sì…” Rayan lo guarda e sorride, poi prende la giacca e se la infila a un passo dalla porta. “Ti… ti spiace aspettarmi due minuti?”

 

Mentre cammina verso l’Alvie’s Pub, Mimmo inizia a dubitare della decisione presa. Innanzitutto fa freddo, ma tanto freddo. Si congela proprio, tanto che gli tremano le mani, allora decide di infilarle nella tasca del giubbotto ma non lo scalda molto. È uscito senza mettersi sciarpa e cappello, che comunque non indossa quasi mai. Ha sempre freddo eppure non cerca mai di coprirsi troppo, chissà perché. Forse gli piace stare così.

Oltre al freddo, l’idea di arrivare in un posto pieno zeppo di gente che beve e balla con la musica ad alto volume - una musica che potrebbe anche fargli schifo - non lo entusiasma più di tanto. Mi sa che ha fatto una cazzata ad uscire, ma ormai è più vicino al locale che a casa sua. Tanto vale prendersi almeno una cosa da bere prima di tornarsene a letto.

Gira l’angolo e si trova a due passi dall’entrata. Sotto l’insegna al neon ci sono alcuni amici di Rayan che li stanno aspettando. Sono i suoi compagni di squadra, a Mimmo non stanno particolarmente simpatici però almeno con loro può parlare di calcio e dell’ultima partita, cose così. Si salutano in fretta dandosi il cinque e poi entrano.

Dentro fa più caldo - grazie al cielo - quindi si sta bene anche senza cappotto. Vanno a sedersi al solito tavolo che si trova dall’altra parte dell’entrata. Non si sa bene quando, ma a un certo punto quello è diventato il loro tavolo. Dopo ogni partita di calcio vinta, la squadra di Rayan va lì a festeggiare - e se perdono ci vanno come premio di consolazione - quindi ormai il proprietario gli riserva il tavolo a prescindere. Ormai ci vanno così spesso che forse quel tavolo lo usano solo loro. 

“Ciao ragazzi! Cosa vi porto?” la cameriera inizia a segnare le ordinazioni, poi interrompe chiunque le stava chiedendo un hamburger con patatine e una birra ed esclama “Mimmo! Finalmente hai alzato il culo dal letto, era da un po’ che non venivi.”

Alza gli occhi dal menù - che in realtà non ha bisogno di consultare perché avrebbe ordinato il solito, se ancora ricordano quale sia - e la vede. È Luna, la sua amica. Si alza subito per salutarla.

Poco dopo essersi trasferito a Roma, Mimmo era andato in uno skatepark in centro ma mentre stava sfrecciando sulla pista aveva visto una ragazza cadere poco più avanti. Quindi si era fermato subito per aiutarla a rialzarsi e mettersi ai lati della pista e parlando avevano scoperto non solo di andare alla stessa università ma anche di avere un’amica in comune, Viola. Da quel giorno si vedono abbastanza spesso soprattutto allo skatepark, al locale o in università, hanno tante cose in comune e per questo a Mimmo sta simpatica. La considera pure la sua migliore amica, ma non sa se Rayan si offenderebbe se dovesse dirlo a voce alta, quindi per sicurezza tiene la cosa per sé.

 

Finito di mangiare, alcuni dei ragazzi vogliono fare un altro giro e iniziano a fare la conta per chi deve andare al bancone a prendere da bere. Mimmo non capisce come ma tocca a lui - sicuro hanno fatto qualche magheggio strano per incastrarlo -, che nemmeno voleva bere. Sbuffa ma comunque si alza e cerca di farsi spazio tra la folla quando all’improvviso sente un peso cadergli addosso. Si volta confuso cercando di capire cosa sta accadendo e si ritrova sulla spalla una massa di ricci scuri che gli solleticano il naso appena si gira. Ma che succede?

Si rialza quasi subito e allora lo vede. Un ragazzo alto, moro, con dei grandissimi occhi color nocciola. Tipo cerbiatto. È molto bello, ma non ha proprio una bella cera. Si vede che è abbastanza brillo.

“Cazzo, scusami. Non volevo piombarti addosso. Sono tipo inciampato, scusami davvero. Ti ho fatto male?” farfuglia appoggiandogli le mani sulle braccia.

“No, tranquillo. Sto… sto bene. Te piuttosto, tutto ok?”

“Si, ho sbandato e ho perso l’equilibrio. Cazzo, mi sa che ho davvero bevuto troppo però, ti vedo con quattro occhi.” poi fa una pausa, si porta una mano sulla tempia e stringe gli occhi - che ora sembrano minuscoli - e chiede serio “Non hai davvero quattro occhi, giusto?”

“No, solo due. Come tutti.”

“Che peccato.” mormora lui con un sorrisetto.

Mimmo rimane per qualche secondo a guardarlo trattenendo un sorriso. È alquanto divertito da quella battuta, ma non cerca una risposta da dargli. E siccome quel ragazzo continua a oscillare, teme possa cadere di nuovo. Quindi lo prende per un braccio e lo accompagna alla sedia più vicina. “Vieni.”

“Dove stiamo andando?” gli cammina attaccato, quasi del tutto appoggiato a lui perché fatica un po’ a reggersi in piedi da solo.

“Ti faccio sedere e ti porto dell’acqua e qualcosa da mangiare. Così ti riprendi e non ci vedi più doppio.”

“Guarda che non è male vedere due te.” mormora ancora.

Mimmo arrossisce un po’, stavolta non riesce a fingere di non aver capito la battuta. “Dici così perché sei ubriaco.”

Finalmente raggiungono la sedia, quindi lo fa sedere. Mentre sta per allontanarsi, il moro gli afferra la felpa e lo guarda negli occhi. O meglio, poco più in là. Forse guarda gli occhi del suo doppione. “Ti amo.”

“Non sai manco come mi chiamo.” gli fa notare ridacchiando.

“Come ti chiami?”

“Mimmo.” gli sfugge via, si rende conto di aver risposto solo quando sta pronunciando l’ultima sillaba.

“Mimmo, ti amo.”

Deve essere completamente ubriaco, parla anche biascicando un po’. “Ti prendo dell’acqua e qualcosa da mangiare, ok? Aspettami qui.”

Va al bancone e torna in fretta da quel ragazzo, che continua a stare seduto sulla sedia appoggiando la testa al braccio. Quando lo vede arrivare alza lievemente il capo e sorride. “Sei tornato!”

“Te l’avevo detto. Ecco qua.” gli passa l’acqua e il piatto di patatine. Poi rimane qualche secondo a fissarlo. Il moro si muove lento e sembra davvero vederci doppio, perché non riesce ad afferrare le patatine al primo colpo. “Posso lasciarti solo?”

“Le mie amiche stanno al bancone.” fa indicando col pollice. Poi solleva lento il capo. “Grazie per esserti preso cura di me. Ti amo.”

L’ha detto di nuovo e Mimmo non riesce a trattenere una risata. Quel ragazzo sembra un bambino, talmente concentrato a mangiare le patatine che non presta realmente attenzione a nient’altro. Forse nemmeno a quello che dice. Mimmo sorride, gli accarezza un braccio e lo saluta, prima di tornare dagli amici.

Notes:

che imbarazzo…

Chapter 2: Devo smetterla di bere

Chapter Text

Quella domenica, a Simone esplode la testa. Sembra che al suo interno tanti piccoli ometti stiano dando una festa e ascoltano musica e ballano e fanno tanto baccano. Non si ricorda niente della sera precedente, solo che era andato al locale e aveva bevuto. Poi il vuoto. Non si sforza nemmeno di ricordare, tanto che può essere successo di importante? E poi è abituato a questa sensazione. Si ripete sempre che deve bere di meno ma si ritrova in quelle condizioni più spesso di quanto dovrebbe. Si promette anche stavolta che non berrà più così tanto, ma sa di non potersi davvero fidare.

Dopo essersi rigirato a lungo nel letto, apre il primo cassetto del comodino e prende le aspirine che tiene lì proprio in caso di emergenza per giornate come questa. Appena si alza da letto si sente pesante, talmente tanto che perde l’equilibrio e ricade sul letto. Rimane per qualche secondo fermo poi ci riprova. Il secondo tentativo è vincente, quindi esce dalla sua stanza e raggiunge la cucina per prendersi un caffè. Cerca di prepararlo senza fare nessun rumore per non peggiorare il suo mal di testa. E fortunatamente in quel momento in villa non c’è nessuno che possa rompere il silenzio.

Mentre la moca è sul fuoco prende il telefono per controllare le notifiche. Si ritrova qualche messaggio da parte delle amiche e uno da parte di Dante, che lo avverte che non sarebbe tornato in villa per pranzo. Simone non ha ancora capito con chi si stia frequentando suo padre, ma ci passa molto tempo insieme. Non che la cosa gli dia fastidio, sia chiaro. Solo trova buffo e curioso che quel ficcanaso di suo padre sappia sempre tutto delle vite degli altri e non sappia tenersi un singolo segreto mentre della sua vita nessuno può sapere niente.

Gli arriva poi una notifica su Instagram e come se fosse colpito da un fulmine apre velocemente il social. Ringrazia il Simone della sera precedente che prima di iniziare a bere ha affidato il suo cellulare a delle mani più sagge, quelle della sua amica Laura, evitando così di mettere storie su instagram mentre è ubriaco marcio - per niente divertente rivedere quelle storie il giorno dopo quando l’effetto dell’alcol è ormai svanito, lo sa per esperienza. Si dà mentalmente una pacca sulla spalla per aver schivato l’ennesima figura di merda, almeno per una sera.

Preso il caffè, si fa una doccia e poi si prepara il pranzo da mangiare a letto mentre guarda The Big Bang Theory, una di quelle serie tv che riguarda sempre tanto che ormai potrebbe doppiare ogni singolo episodio - e infatti non presta molta attenzione allo schermo e la mette solo per avere compagnia mentre usa il telefono o si perde a guardare fuori dalla finestra.

Dopo aver visto qualche episodio spegne il pc e realizza che è già sera. A quanto pare, se ti svegli che è quasi ora di pranzo la notte arriva in fretta. Però si sente grato di aver passato la giornata a cercare di riprendersi dal mal di testa, dato che da domani dovrà tornare alla solita routine.

 

Il lunedì mattina Simone si sente più energico e quando suona la sveglia non rimbomba forte nella testa. Ora non gli fa più male. Prende le sue cose, esce di casa e se ne va in università sulla sua moto. Prima di andare a seguire le lezioni, si rende conto che ha giusto il tempo per prendersi un caffè quindi entra in un bar per fare colazione.

Se ne sta appoggiato al bancone con in mano la sua tazzina quando arriva correndo un ragazzo biondo, poco più basso di lui. Si sporge un po’ e ordina un succo di frutta. La cosa diverte Simone. Nemmeno i bambini, ma quanti anni ha?

Continua a guardarlo incuriosito mentre il ragazzo se ne sta fermo e tamburella le dita sul bancone in attesa, poi inizia a girarsi un po’ attorno, finché non vede Simone. Si ferma e sorride. Sembra conoscerlo, ma allora perché lui non se lo ricorda?

“Ciao! Non pensavo di rivederti qui. Come stai?”

“Ciao…” finge entusiasmo ma non è bravo come la nonna a recitare e quel ragazzo se ne accorge subito e scoppia a ridere. “Scusami, non… ci siamo già visti?”

“Si, ma non preoccuparti. Immaginavo non ti saresti ricordato. Sono Mimmo.”

Mimmo. Gli suona familiare ma fatica a ricordare. Fa spallucce, non sapendo bene come reagire. “Piacere, Simone… ma questo già lo sai forse.” si ricorda solo dopo essersi presentato a voce alta che probabilmente non era necessario che lo facesse. “Scusami, continuo a non ricordare…”

“Sabato. All’Alvie’s Pub.”

“Ah.” Di quella sera si ricorda solo che aveva bevuto poi chissà che era successo. Guarda Mimmo e non sa perché ma gli balena in testa il pensiero che potrebbero pure essersi limonati e lui non ne avrebbe comunque memoria. La cosa lo tormenta un po’ quindi vorrebbe scoprirlo ma si sente un po’ in imbarazzo a chiedere a uno sconosciuto - perché per lui questo è - se tra loro ci sia stato qualcosa. Abbassa lo sguardo e percepisce l’imbarazzo come se fosse lì accanto a lui. Apre la bocca ma non dice niente fino a che non prende un minimo di coraggio. “Ma noi…” e fa un gesto con la mano sperando che serva a finire la frase al posto suo.

“No, no.” Lo dice con talmente tanta fretta che sembra quasi l’idea gli faccia schifo, ma Simone non gli dà torto. Quella sera era una spugna imbevuta di alcol, probabilmente faceva davvero schifo. “No, noi… ti ho solo soccorso, diciamo così. Quindi non ricordi proprio niente?”

“No, mi dispiace.” Ma perché insiste? “C'è qualcosa che dovrei ricordare?”

Scuote la testa e schiocca la lingua e cerca di cambiare argomento di conversazione. "Vai anche tu in uni?"

"Si, ho lezione tra poco. Ero venuto qui solo per un caffè."

"Oh, sì. Anch'io. In effetti dovrei andare.” prende l’ultimo sorso di succo e lascia il bicchiere sul bancone. “Ciao Simone, è stato bello rivederti." gli sorride gentile e se ne va.

“Ciao.” replica Simone mentre lo guarda andare via. Lo segue poco dopo per andare anche lui a lezione. E intanto cerca di richiamare alla memoria qualcosa di quella sera. Un po’ perché spera di non aver fatto figure di merda con quel ragazzo e un po’ perché vorrebbe riuscire a ricordarsi il loro primo incontro.

Si sforza e alla fine piccoli pezzettini di quella sera iniziano a comparire nella mente. Cerca di riordinarli come si fa con i puzzle col desiderio di ottenere un quadro completo. Si ricorda che stava tipo ballando - molto probabilmente, anzi sicuramente, incoraggiato dall’alcol - poi qualcuno lo doveva aver spinto. O forse era solo talmente ubriaco da non riuscire a rimanere in piedi, perché in effetti poi tutto aveva iniziato a girargli attorno. E poi si ricorda di questo ragazzo che lo guardava preoccupato con i suoi splendidi occhi azzurri, su cui è abbastanza certo di essere caduto. Doveva essere Mimmo.

Simone prega qualsiasi divinità celeste affinché quella sia l’unica figura di merda commessa davanti a quel ragazzo, prima di tornare a riordinare i frammenti di quella sera. Dopo essergli caduto addosso ricorda che hanno parlato ma non sa di cosa. Non per molto perché poi Mimmo l’ha fatto sedere su una sedia e dopo un tempo che sembrava interminabile - che forse non era realmente così lungo - gli porta acqua e patatine. Erano buone quelle patatine, questo se lo ricorda bene.

Sta per iniziare la lezione, quindi Simone cerca nel poco tempo che ha di ricordare cosa si sono detti. E proprio quando si ricorda, il professore inizia a parlare. Che coglione, devo smetterla di bere per davvero. Vorrebbe sprofondare nella sedia dall’imbarazzo ma deve prendere appunti, quindi si mette seduto composto e mette da parte quei ricordi.

 

Simone ci ripensa mentre torna a casa. Vorrebbe scusarsi con Mimmo per averlo messo a disagio e non essersene nemmeno ricordato, però non sa niente di lui. Solo che va nella sua stessa università - ma non l’ha mai visto quindi presume sia in una facoltà diversa - e che frequenta l’Alvie’s Pub. O forse era la prima volta che ci andava, ma dopo questa esperienza probabilmente non ci tornerà più. Avrà pensato che sono molesto, sicuro. Che coglione. Poi però si convince che se Mimmo l’ha salutato per primo forse non lo ripudia così tanto come lui crede.

 

Qualche giorno dopo, Simone come per magia si ritrova Mimmo davanti che sta uscendo dal bar del loro primo - o forse è meglio dire secondo? - incontro.

Se ne stanno impalati uno davanti all’altro con la bocca semiaperta. Simone vorrebbe salutarlo, ma non sa come salutare una persona che conosci appena. Un abbraccio? Troppo intimo. Una stretta di mano? Non sembra appropriata. Quindi si limita a dire “Ciao.” e a sorridergli e l’altro fa lo stesso. “Non mi aspettavo di rincontrarti, cioè forse ha senso visto che l’altro giorno ci siamo incontrati qui però…” si sta andando a impelagare, quindi lascia la frase a metà e si affretta a concludere “Mi fa piacere rivederti. Sai, volevo parlarti.”

“Parlare… con me?” chiede indicandosi con un dito.

“S-si.”

“E di cosa?”

“È che dopo il nostro ultimo incontro, io… mi sono ricordato. Di sabato, intendo.” L’altro annuisce e sorride, ma lo lascia parlare. “Scusami.”

Mimmo inclina la testa “Non devi scusarti.”

“Oddio secondo me si, ti sono caduto addosso e poi ti ho detto quelle cose…” lo dice a testa bassa, è alquanto in imbarazzo.

“Vabbè ma non me l’ero presa. Poi per quanto riguarda le battute d’abbordaggio dovresti migliorare perché non erano un granché. Invece il ti amo è stato abbastanza inaspettato… la prima volta.”

“Mi sa che con quello ho esagerato proprio.”

“Vabbuò, però è da apprezzare che qualcuno te lo dica tre volte in una sera.”

Simone alza la testa per guardarlo poi scoppia a ridere. “Non volevo dirlo perché mi sento un coglione solo a ripensarci, però si mi sa che ci ho provato con te. Ci tenevo a scusarmi e a dirti che di solito non sono così. Avevo solo bevuto un po’ troppo, non avevo freni.”

“Sì, mi ero accorto che eri un po’ brillo. Ti reggevi a malapena.” Simone percepisce la sua faccia che arrossisce e bolle del tipo che ci si potrebbe cuocere una bistecca sopra per quanto scotta e probabilmente lo nota anche Mimmo perché smette di parlare e gli sorride “È tutto ok, non devi assolutamente preoccuparti. Come se non fosse successo niente, amici come prima.”

Ah perché siamo amici? Simone ride imbarazzato perché non può dire quello che pensa o risulterebbe davvero un coglione. “Menomale, non ci dormivo la notte.”

“Mo puoi torna a fa sonni tranquilli.”

Si guardano bene negli occhi e solo adesso Simone riesce a comprendere davvero la sua versione ubriaca che ci prova con quel ragazzo. Ok, il ti amo è stato esagerato ma quei complimenti erano comprensibili. Ha degli occhi azzurri bellissimi e molto grandi, come due fari - ma secondo lui è una prerogativa di chi ha gli occhi di quel colore perché chiunque con gli occhi chiari sembra sempre che ti guardi l’anima e sappia i tuoi segreti più oscuri, il che mette a disagio ma non si può resistere a tanta bellezza, deve ammetterlo.

“Sai che in realtà... sabato non è stata la prima volta che ci incontravamo.” Come scusa? Simone spalanca gli occhi e prova a farfugliare qualcosa, ma non ci riesce. Si blocca sempre a metà parola. A quanto pare, però, la sua faccia in quel momento esprime davvero a pieno i suoi pensieri perché non c’è bisogno che dica niente che Mimmo annuisce e spiega “Si, ci eravamo visti a una festa più di un anno fa. Ma immagino che non ti ricordi nemmeno quell’incontro… però non preoccuparti non mi offendo, non ci eravamo nemmeno parlati più di tanto.”

Simone sbatte le palpebre. Apre la bocca ma rimane in silenzio e inclina un po' la testa. Ma perché ho incontrato Mimmo sempre e solo quando stavo fracico? Forse è uno scherzo - per niente divertente - del destino. Poi improvvisamente gli si accende una lampadina e compare qualcosa nella sua testa. "Alla festa di compleanno di Luna! Per i suoi 20 anni se non erro."

“Allora qualcosa ricordi!"

“Non potrei mai dimenticare quella festa, è lì che ho mangiato la pizza più buona del mondo.”

“La più buona del mondo non direi… era decente.”

“Stai scherzando?”

“Che r'è te si ‘nammurato pure di quella pizza?”

Rotea gli occhi e gli viene da sorridere “Non me la lasci passare questa?”

“Non credo proprio. Però ammetto che per essere una pizza romana non era male, ma da noi a Napoli è chiù buona.”

“Vabbè mi pare giusto. Ma io qua vivo e la pizza di qua mangio.”

“Tieni ragione. Allora mi toccherà portarti con me a Napoli per farti assaggiare la pizza vera.” e fa un sorrisetto che potrebbe quasi sembrare stia flirtando e proponendo a Simone un appuntamento, ma lui pensa si tratti più di una presa in giro. Comunque nel dubbio, sorride pure lui e annuisce. “Ci sei mai stato a Napoli?”

“Si forse una volta, ma ero piccolo. So che sembra che ti prenda in giro, ma non ricordo nemmeno quella vacanza.”

“Hai problemi di memoria, devi fare un controllo.”

“Mi sa proprio di si… Te ci vai spesso a Napoli?”

“No, o almeno, non quanto vorrei. Quando posso cerco di liberarmi per andare a trovare mia madre, ma tra lavoro e studio…” poi si blocca e cerca in fretta qualcosa nella tasca della giacca, tira fuori il telefono e vede l’ora “Oh, scusa. Sto in ritardo per la lezione. Ci vediamo.” da come lo dice sembra più una domanda che un’affermazione, ma in effetti non è sicuro che si rivedranno. Mentre va via, Simone ricambia il saluto con un filo di voce.

 

Mentre va all’Alvie’s Pub dopo le lezioni, Simone si sforza di ricordare qualcosa in più della festa di Luna. Anche se piccoli particolari insignificanti, qualcosa se lo dovrà pur ricordare.

Per il suo 20esimo compleanno, Luna aveva organizzato una festa nell’appartamento che condivide con Laura e, nonostante sia un ambiente piccolo, aveva invitato una marea di gente. Che poi quell’appartamento non è piccolo ma quella sera c'erano talmente tante persone che il salotto in cui stavano si era come ridotto. Avevano passato la serata a sentire musica, parlare e ballare.

Luna aveva ordinato tantissima pizza e alla fine della festa non ne era rimasta nemmeno una briciola. Simone questo dettaglio se lo ricorda bene, gli viene l'acquolina in bocca al solo ricordo di quella pizza deliziosa e nel mente si segna in testa che deve assolutamente mangiarla un giorno di questi.

Poi torna a concentrarsi sulla festa. Tanta gente. Tantissima. Luna aveva invitato un paio di cugine della sua età con cui va molto d'accordo, poi ovviamente Simone, Laura, la sua amica Viola e quel suo fidanzato che gioca a calcio - di cui fatica a ricordare il nome -, c’era anche Monica che non vedeva dai tempi del liceo e poi quelle nuove compagne di università e altri amici di... boh Simone non si ricorda - o forse non lo sa proprio - come tutte quelle persone fossero legate a Luna.

Poi - finalmente - gli compare nella testa l’immagine di un ragazzo biondo e con gli occhi azzurri che aveva passato la serata sul divano seduto accanto a Viola e il fidanzato-senza-nome. Appena era arrivato alla festa lui era già lì, Luna li aveva presentati a vicenda e probabilmente si erano solo detti ciao. Si erano scambiati degli sguardi e dei sorrisi. Ma si era limitato a questo perché quella sera Simone non era da solo. Stava col suo ex, Manuel. E forse per questo aveva rimosso ogni ricordo di quella serata - a parte la pizza, si intende.

La relazione con Manuel era stata difficile praticamente dal primo momento fino all’ultimo. Poi quando si erano lasciati avevano litigato, c’erano state tante urla e Simone era stato parecchio male. Per settimane non smise di piangere. Per tutto quel tempo si era solo sentito umiliato.   

Ripensare a quei giorni lo rattrista un po', quindi scuote la testa come a scacciare via ogni ricordo e torna a rivivere quella festa. E gli viene in mente che durante la serata, si era seduto vicino al biondo - per caso - ed erano rimasti entrambi su quel divano. E in quel momento, prima che il suo ex arrivasse e rovinasse tutto, si erano effettivamente parlati. 

Chapter 3: Ti conosco da 20 secondi o 20 anni?

Notes:

la trama inizia a farsi seria, questo è un capitolo un po’ particolare ma spero comunque che vi piaccia <3
p.s. annina (baciotti a te) ha creato #edscma su twt per chi volesse commentare lì :)

(See the end of the chapter for more notes.)

Chapter Text

Novembre 2023 

Simone si è alzato per prendere qualche altro pezzo di pizza e quando si gira vede che il suo posto è stato occupato da qualcun altro. Gli dà fastidio, ma per quella pizza vale la pena aver perso la poltrona. C’è talmente tanta gente che non ci sono abbastanza posti a sedere quindi cerca un angolo in cui sistemarsi. Magari può appoggiarsi al bracciolo del divano.

Ok che c’è parecchio casino, ma si sta divertendo molto. La festa procede tranquilla e Manuel non ha ancora dato di matto. Gli sembra assurdo, visto che hanno passato le ultime giornate a litigare. Al centro del salotto stanno tutti in piedi a cantare e ballare la playlist preparata da Luna e Laura. Lui non fa nessuna delle due cose perché è stonatissimo, non ama ballare e non ha voglia di mettersi in imbarazzo davanti a tutti. E poi una parte di lui teme che se fa qualcosa di simile, a quel punto sì che il suo fidanzato potrebbe dare di matto. Non ne è sicuro, ma non vuole rischiare. Tanto si diverte anche così.

Raggiunge il divano e proprio in quel momento, un ragazzo si alza e se ne va. Quindi abbandona subito l’idea del bracciolo e si fionda su quel posticino prima che qualcuno glielo rubi. Si sistema e si rende conto che lo spazio è talmente piccolo che sta praticamente spiaccicato al ragazzo che gli sta accanto e si sente un po’ in colpa. “Scusami, spero di non darti fastidio.”

“No, affatto. Non preoccuparti.”

Simone gli fa un cenno con la testa e torna a mangiare la sua deliziosa pizza. La canzone che tutti stavano cantando finisce e c’è un momento di silenzio - quasi, perché sono tante persone in quel salotto e si sente comunque il chiacchiericcio in sottofondo - prima che parta la canzone successiva.

We could leave the Christmas lights up 'til January and this is our place, we make the rules.

“Questa sicuro l’ha scelta Laura che sta in fissa con Taylor Swift.” gli esce a voce alta.

“Vabbuò però è bella… dico la canzone.” risponde il ragazzo accanto.

Simone lo guarda e sorride. Non si aspettava di iniziare una conversazione, ma l’idea non lo infastidisce per niente. “Si vabbè carina. Un po’ troppo smielata forse.”

“Perché?”

“Boh fa sembrare stare in coppia come la cosa più bella del mondo, come nelle favole dove tutto è allegro e la felicità dura per sempre. Un po’ troppo esagerato perché poi nella vita di tutti i giorni è abbastanza irrealistico.”

“A me piace. E se non pensi che l’amore potrebbe durare per sempre, che senso tiene?”

“Vabbè magari l’amore dura per sempre, ma non è sempre tutto felice e semplice. Le cose non vanno quasi mai come vorremmo. La vita è un casino.”

“Sei molto ottimista tu, eh?” ironizza, poi allunga una mano “Comunque sono Mimmo.”

“Simone. Te sei l’amico di Luna, quello dello skatepark, no?”

Quello dello skatepark?” ridacchia.

“È che non ricordo mai i nomi se non ho un volto a cui associarli, quindi per ora ti chiamavo così.”

“Ah… e quando mi chiami?” lo sta stuzzicando, gli si legge in faccia che la cosa lo diverte pure. 

Però, effettivamente, detta così sembra che parli sempre di lui. “No… dico… quando Luna ti nomina.” Forse così suona meglio. Mimmo annuisce e lo studia in silenzio. Simone invece distoglie in fretta lo sguardo e cerca di concentrarsi sulla sua pizza. Si sente un po’ nervoso.

“Vabbuò, io ti conosco come quello del liceo grazie a Laura.”

Simone fa un cenno con la testa e spera un po’ che tutto quello che Laura abbia raccontato di lui sia questo - che andavano al liceo insieme - e non tutte le figure di merda e i pianti disperati collezionati negli anni.

“Quindi, ti pia-” ma Mimmo viene interrotto prima che possa terminare la domanda.

“Simò, ecco ndo stavi. N’te trovavo.”

“Ero andato a prendere la pizza, ma mi hanno rubato il posto in cui stavo. Poi ho visto che qua era libero…” Simone sente il cuore che batte forte, ma non di gioia. Però cerca di non darlo a vedere e continua a mangiare la sua pizza, deve aggrapparsi a quella per avere un pensiero felice.

“E questo chi è?”

“Ah, è Mimmo. L’abbiamo anche visto prima, è l’amico di Luna.”

“Io so Manuel, il ragazzo di Simone.” dice mentre squadra il biondo. Dalla faccia non sembra contento, nemmeno dal tono di voce. Quel tipo di comportamento a Simone dà fastidio, non lo sopporta quando fa così. Soprattutto quando sono in pubblico. Si sente quasi a disagio e vorrebbe non trovarsi in una stanza piena di persone mentre il suo ragazzo fa una scenata di gelosia. Si sente come bloccato.

“Ti lascio il posto.” dice Mimmo alzandosi. Simone lo guarda con la coda dell’occhio e gli sembra molto tranquillo. Vorrebbe esserlo anche lui. Anzi, vorrebbe che Manuel fosse più tranquillo.

Appena se ne va, Manuel si siede a gambe larghe ma continua a osservarlo mentre se ne va via. Se ne sta con le mani sulla pancia, col broncio. “Vedo che te stavi già a fa il fidanzato novo.”

“Dai Manu, ma che dici. Lo conosco a malapena.”

“Però ce stavi a parla.”

“Si ma niente di che.” Manuel continua a guardare dritto davanti a sé. Simone non sa dire se sia un bene o un male il fatto che stia praticamente ignorando la possibilità di avere qualsiasi tipo di contatto fisico o visivo. In fondo sa che è meglio così, ma ha paura di quello che potrebbe accadere dopo, quando abbandoneranno la festa. E saranno soli a casa. Forse litigheranno fino a stare male.

“Andiamo sul balcone?”

“Manu, è letteralmente novembre fuori si congela.”

“Esistono i cappotti, sai?”

“Ma scusa, non possiamo restare qui a goderci la festa?” prova a convincerlo.

Ma il suo fidanzato si volta lentamente e replica “Allora decidi tu se vuoi discutere qui davanti a tutti o fuori da soli.”

Cazzo. Non ha nemmeno il tempo di pensare a quello che sta accadendo che si ritrova fuori, con un freddo cane che gli morde la faccia. Manuel chiude la finestra e si appoggia alla ringhiera. Simone percepisce la sua rabbia e una parte di sé vorrebbe saltare giù verso la strada, o sul tetto accanto o fare qualsiasi cosa necessaria per portarlo lontano da lì. Se potesse farlo, si metterebbe a volare lontano.

 

I due si conoscono dai tempi del liceo e dopo un primo periodo in cui non si sopportavano sono diventati amici, poi hanno cominciato a frequentarsi. All’inizio però non era una vera e propria relazione. Quando Manuel aveva voglia, chiamava Simone oppure gli piombava direttamente in casa. E quando finivano di fare sesso, se ne andava subito via. Non una notte passata a dormire insieme, non un abbraccio, niente.

Dopo un lungo periodo passato così, Simone voleva rompere - se così si può dire - con Manuel. E lui dopo essersi inventato un sacco di patetiche scuse - del tipo che aveva bisogno di tempo per capire e che se lo lasciava per questo era insensibile - alla fine ha ceduto. E ha accettato di rendere seria e pubblica la loro relazione. Simone pensava che da quel momento le cose sarebbero andate meglio. Ma ora dubita che qualcosa sia davvero cambiato, forse va anche peggio.

Perché finché il tuo scopamico ti usa solo per il sesso è tutto regolare, ma quando è il tuo fidanzato a farlo e non ti dedica né parole d’amore né dolci carezze forse un problema c’è. A volte ha l'impressione che è ancora solo un oggetto per Manuel, che lo usa solo per soddisfare i suoi desideri e poi quando è stanco lo butta via. Ma ha paura che un giorno lo butterà via definitivamente e rimarrà da solo, allora continua a convincersi che prima o poi le cose miglioreranno, che Manuel è un po’ freddo ma deve amarlo per quello che è. E parlando di amore, ultimamente dubita pure che Manuel lo ami davvero.

Non fanno altro che litigare - da sempre, ma nell'ultimo periodo anche di più - per qualsiasi cosa, a Manuel da fastidio tutto quello che fa il suo fidanzato ed è geloso e urla sempre. E Simone non capisce se il problema sia il suo fidanzato o se sia veramente lui. Se sia il suo modo d'essere e di comportarsi, se magari semplicemente non è meritevole di quell’amore delle favole. Tipo quello che c’è tra Laura e Luna. Ecco a proposito di quelle due, loro dicono che il problema è Manuel. A Laura non piace, non è mai piaciuto. Al liceo ha iniziato a riferirsi a lui con l’appellativo di bastardo e continua ad usarlo perché dice che è ancora attuale.

 

“Me spieghi perché me ne vado via un attimo e appena torno te ritrovo a parla co ‘n altro? Te sembra normale?”

“Manu, è una festa, c’è gente.”

“Che c’ha questo de interessante che sei corso da lui?”

“Non sono corso da lui. Te l’ho già spiegato che mi hanno rubato il posto e quello era l’unico libero. L’hai visto anche tu che stanno quasi tutti in piedi perché non ci stanno posti. E poi scusa, ma secondo te io vengo a una festa con te ma aspetto che tu vai al cesso per provarci con qualcun altro?”

“Quindi non è quello che hai fatto? Non è vero che stavi a parla con un altro? Me so inventato tutto io?”

“Manu, parlavamo solo di una canzone, tutto qua.” dice esaerato. “Non avevo intenzione di fare altro con lui.”

“Che c’è, lui ti ha dato il palo?” lo provoca con una smorfia.

“Sei proprio un coglione.”

“C’hai ragione. So coglione io che te do ancora retta e poi alla fine te ritrovo sempre appresso agli altri.”

A quelle parole Simone non riesce a trattenersi “Ma che cazzo di problemi hai? Guarda che ho il diritto di parlare con chi cazzo voglio. Ho allontanato tutti i miei amici di rugby per non farti ingelosire e…” non è servito a un cazzo pensa “E tu ancora dubiti di me.”

“Guarda mo so talmente incazzato che non riesco nemmeno a ragiona. Devo spacca qualcosa.” e appena lo dice dà un calcio a un vaso, che si rovescia e rotola in cerchio.

Simone vede un po' di terra uscire e spargersi lungo il pavimento del balcone, la pianta si accascia. Chissà se rimetterla dentro basterà per farla riprendere. Simone si sente come quel vaso gettato a terra che ha perso il contenuto per strada, vuoto e sciupato per colpa di Manuel.

Volta leggermente il capo per assicurarsi che nessuno li stia osservando da dentro casa, poi torna a guardare il ragazzo, sperando che si calmi il prima possibile. E nel vederlo così - ha il respiro affannato, si è portato una mano sulla fronte, l’altra appoggiata su un fianco - gli sfugge un pensiero ad alta voce. “Non c’è bisogno che fai così.”

“Non farei così se non me facessi diventa pazzo. A volte me pare che te piace famme soffri, pare che lo fai apposta.” 

“Vaffanculo. Sei proprio un fidanzato di merda.” e fa per rientrare.

“Quindi io so cornuto e la colpa è pure la mia?”

Simone si ferma poco prima di aprire la porta, si volta e lo fulmina. “Manu ma che cazzo dici? Guarda che non ti tradisco, non l'ho mai fatto e mai lo farò. Dovresti saperlo.”

“Non lo fai perché tanto sai che te scoprirei prima, no?” 

“Non lo faccio perché non voglio. Anche se sei un coglione. Anche se mi tratti di merda. Poi queste prediche fatte da te mi fanno davvero ridere.”

“Scusa e che vorresti dire?”

“Voglio dire che all'inizio te la spassavi e mentre stavi con me te scopavi sto mondo e quell’altro. E io come un deficiente che t’aspettavo.”

“Stai a ritira fori na cosa de anni fa, ma te rendi conto?”

“E allora, che cambia? Lo sai quanto sono stato una merda quando venivi da me solo per scopare? Quanto mi sono sentito umiliato?”

Rotea gli occhi. “Abbiamo già parlato de sta cosa un sacco de volte, però la devi sempre mette in mezzo pe fa la vittima. Lo sai benissimo che non stavamo insieme ed ero libero de anda co chi volevo e pure tu potevi.”

Simone rimane zitto. Ne hanno mai parlato davvero? Ci pensa e la risposta che gli viene di getto è no. Perché ogni volta Manuel trova il modo di avere ragione e a furia di urlare finiscono per fare l'amore. Non sa nemmeno lui come riesca a farlo passare dalla rabbia all'estasi in così poco tempo. Ma ogni volta la fine è la stessa. Simone si sente in colpa per aver preso parte - e tenuto testa - a una litigata voluta dal fidanzato e alla fine si chiedono scusa nel letto o contro la porta o in un bagno, ovunque capiti. Non ha molta importanza il dove, l'importante è farlo.  

“Mi hai stancato. Vattene pure a casa che nessuno ti vuole qua.” conclude stringendosi a sé. Gli viene un po’ da piangere, ma non vuole dargliela vinta.

“Ah è così? E sentiamo un po', come ce torni te a casa?”

“Mi inventerò qualcosa, non sono cazzi tuoi.” 

“Ma lo vedi come fai? Che io mi preoccupo per te e te me rispondi pure male. Non apprezzi mai un cazzo. Ecco perché stamo sempre a litiga.”

“Non apprezzo mai un cazzo? Davvero dici? Ma se mi accontento sempre delle briciole con te, perché non mi dici mai niente di carino, nessun gesto, niente di niente. A volte mi chiedo se te ne frega davvero qualcosa di me.”

“E se non me ne fregava niente stavo qua a sgolamme? Eh?” si avvicina piano e lo prende per mano. Poi abbassa la voce, quasi a farsi più dolce e ribadisce “Secondo te se non me ne fregava niente de te, de noi, stavo ancora qua?” e gli dà un bacio a stampo sulle labbra. “Lo sai com’è la situazione, sto nervoso ultimamente. Mi prende subito a male.”

Simone rimane impassibile. Odia quando finiscono a urlare perché poi alla fine non comunicano niente. Non risolvono niente. E si sente un po' una merda. “Scusami, lo so. È che... non voglio litigare con te, lo odio. Dobbiamo smetterla.”

Il ragazzo annuisce e gli da un bacio, stavolta più intenso. Poi si stacca “Che ne dici se andiamo a casa? Dobbiamo chiederci scusa, no?”

Simone in realtà odia anche questo. Odia fare sesso con Manuel subito dopo una litigata perché sente che non è il modo giusto di risolvere le cose. Un problema andrebbe risolto parlandone, non ignorandolo. Però sembra che quello sia l'unico modo che ha per afferrare il proprio ragazzo, per lasciarlo esprimersi e per avvicinarsi l’un l’altro. Per questo alla fine Simone cede sempre. 

Notes:

ci tengo a dire che qui manuel è un personaggio negativo ai fini della trama, ma non ho (quasi) niente contro di lui nella serie!!

il primo incontro con lover è ispirato a fatti reali della mia vita ma mi sembrava azzeccato anche per i mimmone di questo universo eheheh

Chapter 4: Cena da asporto

Notes:

(See the end of the chapter for notes.)

Chapter Text

Simone si sente una merda. Ricordare quella festa gli ha fatto riprovare tutte le emozioni di quella sera, tutta la rabbia della litigata con Manuel. La vergogna di quando era rientrato in casa e si era reso conto che da dentro tutti avevano sentito la lite per quanto stavano urlando. Si era sentito una merda quando aveva salutato in fretta Laura e Luna solo per andare a fare del sesso riparatore col suo fidanzato e quando si è trovato a letto con lui si era sentito sporco. Quando avevano finito, Manuel si era acceso una sigaretta e se ne stava mezzo nudo davanti la finestra a fumare. Simone era rimasto sdraiato sul letto e lo osservava da lì. Quella sera era nauseato ed era una sensazione che provava per giorni dopo ogni lite e ogni tentativo di scuse con Manuel.

Ora sente la stessa sensazione solo a ripensarci e vorrebbe cercare un modo per stare meglio. Qualunque cosa.

Quando entra nel locale vede Luna al bancone e Laura su uno sgabello. Il locale a quest’ora è semivuoto, ma ci sono un po’ di giovani che fanno aperitivo. Simone le saluta e si siede accanto all’amica. “Ho bisogno di bere, posso ordinare una bir-” si ferma ricordandosi della promessa che si era fatto. Le ragazze lo fissano un po’ confuse, allora si sbriga a prendere una decisione. Vabbè solo una si può fare, mi ci vuole adesso. Sembra voler convincere più sé stesso che qualcun altro dato che in effetti nessuno può sentire i suoi pensieri. “Una birra.”

“È tutto ok?” chiede Luna porgendogli la bottiglia.

No. “Si, più o meno. Voi?”

“Tutto ok, mentre ti aspettavamo stavamo decidendo se prendere la cena fuori o cucinare noi stasera. Io ho votato per il take away perché a me non va di cucinare e Luna cucina malissimo.”

“Non è vero. Mi riesce bene la pasta col formaggio, te la mangi sempre!”

“Quando sto male, Lu.”

Le ragazze continuano a discutere, ma Simone non è in vena di partecipare. La sua testa fluttua da tutt’altra parte senza che lui possa controllarla. Ripensa ancora a quella festa, al dolore che aveva provato a causa di Manuel, alle molteplici figure di merda fatte con Mimmo. Sembra che niente funzioni per bene nella sua vita, è tutto un grande casino. Mezza birra è andata e Simone sta giocando con l’etichetta strappandola piano piano. 

“Simo, che succede?”

“Come?” alza lo sguardo e nota Laura che lo guarda preoccupata.

“Ti avevamo chiesto te cosa ne pensi, ma non hai risposto. E stai staccando l’etichetta, lo fai quando sei nervoso. Che succede?”

Con la sua amica non può nascondersi, lo conosce troppo bene. È sempre stata brava a capire quello che prova, ed è un’ottima confidente. È stata la prima persona con cui ha fatto coming out ed è stata molto rispettosa nei suoi confronti. Forse perché era l’unica a comprenderlo davvero, ma ai tempi Simone non lo sapeva.

“Niente, ripensavo a una cosa.” scuote la testa e si gira verso Luna. “Sai che ho incontrato Mimmo?”

“Ma dai! E quando vi siete incontrati?”

“È una storia buffa, ci siamo visti sabato ma io non me lo ricordavo perché-”

“Eri completamente sbronzo, ti abbiamo dovuto riaccompagnare noi a casa. Me lo ricordo bene.” conclude Laura. 

“Già. Solo che poi ci siamo visti al bar lunedì e lui mi ha riconosciuto. Poi mi sono ricordato di sabato e ci siamo rivisti oggi. E abbiamo parlato, è simpatico.”

“Ovvio, è mio amico.” dice allontanandosi per andare a servire un gruppo appena entrato.

“Mi ha ricordato che ci eravamo già visti al compleanno di Luna. Quando avevate fatto quella festa a casa. E boh, mi è presa male a ripensare a quel giorno.” confessa una volta rimasto solo con Laura.

Lei gli posa una mano sulla spalla. “Per via del bastardo?”

Ridacchia ma poi annuisce mesto. “Non lo so… ora va meglio ma quando ripenso a quel periodo mi sento sempre uno schifo.” sta un po’ zitto poi riprende “Avevate sentito?”

“Come?”

“Quella sera, io e Manuel avevamo litigato in balcone. Avevamo alzato la voce ed ero abbastanza sicuro che dentro tutti ci avessero sentito. Ma non ve l’ho mai chiesto.” si volta e vede l’espressione di Laura. Grida sì, ma non voglio dirtelo o qualcosa di simile.

“Non proprio. Si sentivano delle urla, ma non si definivano le parole. E poi comunque c’era la musica alta non credo che qualcuno abbia capito qualcosa.” cerca di tranquillizzarlo.

“Però avete sentito delle urla. Alla fine era ovvio che eravamo noi due a litigare.”

“Vabbè ma mica eravate il centro della festa. Non stavano tutti a guarda voi e quello che facevate. E poi anche fosse, ormai è passato più di un anno. Nessuno se lo ricorda più.”

Simone sorride, poi torna a guardare la bottiglia semivuota. Richiama l’amica a voce bassa, quasi rotta. Lei si volta a guardarlo e fa un cenno con la testa come per fargli capire che lo sta ascoltando. “Mi dispiace. Per il vaso e la pianta.”

“Mi avevi già chiesto scusa. E comunque non era stata colpa tua ma di quel bastardo.”

“Tu ci avevi sentiti, vero?”

“Ha importanza?”

No. Ormai è passato talmente tanto tempo, che non ha nessuna importanza. Simone non sta più con Manuel - per fortuna, gli viene da aggiungere - e quella litigata così come tutte le altre appartengono solo al passato. 

Scuote la testa e scola l’ultimo sorso di birra, quando Luna torna al bancone. “Ma quindi con Mimmo? Che vi siete detti?”

“No, niente di che. Gli ho chiesto scusa ma poi vabbè, aveva lezione. Andava di fretta e se n’è andato. Non so se avremo modo di rivederci.”

“Ma scusa di cosa?”

Simone rimane a guardare Luna sbattendo le palpebre. Gli è sfuggita la cosa. “Ma no, niente.” Le amiche continuano a fissarlo in silenzio con un velo di curiosità, allora riprende “È che gli sono tipo caduto addosso sabato. Tutto qua.” mente, perché non è tutto là. Ma non vuole dire loro di averci provato con Mimmo, la cosa lo imbarazza già abbastanza senza che le amiche lo perculino.

“Ah ok. Vabbè comunque hai fatto bene.”

Simone ha finito la birra, quindi potrebbe tornare a casa e riposarsi un po’, oppure studiare. Però c’è una cosa che vorrebbe sapere, quindi continua a guardare l’amica mentre lavora incerto sul da farsi. Alla fine sembra quasi che il cervello si stacchi dal corpo perché inizia a parlare senza accorgersene, ma comunque cercando di sembrare il più disinvolto possibile. “E Mimmo non ti aveva detto niente?”

Luna alza un sopracciglio e si volta verso di lui. “Che mi doveva dire?”

“No, non lo so. Qualcosa. E comunque era una domanda semplice, bastava dire o si o no.”

“No.”

Ah. Ma giustamente, perché avrebbe dovuto parlarle di questo tizio ubriaco che gli cade addosso? Va bene così, la cosa non lo infastidisce per niente. Annuisce, si infila la giacca, poi si volta verso le amiche. “Devo andare, ci vediamo.”

Luna lo saluta distrattamente mentre va a portare dei cocktail a un tavolo, Laura invece si alza e gli dà un abbraccio. “Stammi bene.” 

Fa qualche passo, poi si volta “Comunque io voto per la cena da asporto.” sorride e se ne va.

*

Quando Mimmo apre la porta dell’appartamento, si ritrova Viola e Rayan che pomiciano sul divano davanti alla tv. Appena lo vedono fanno finta di essere improvvisamente molto interessati a qualunque programma sia in onda in quel momento. 

“Ciao.” evita di guardarli dirigendosi subito verso la sua stanza.

“Mimmo, ceni con noi?” lo ferma Viola. È la fidanzata di Rayan e amica di Mimmo. Prima che si lasciasse con Andrea, facevano spesso cene tutti e quattro assieme. Però ora si sente a disagio a starsene solo soletto mentre loro se ne stanno appiccicati. Vederli felici insieme rende felice anche lui, ma si sente comunque il terzo incomodo.

“No, grazie, non posso. Stasera devo lavorare. Sono passato solo per cambiarmi un attimo.”

“Oh, ma domani sera ci sei per la partita? Invito i soliti qua, se per te va bene.”

Mimmo non è molto amico degli amici di Rayan, però si diverte come un matto quando vedono le partite tutti insieme. Mangiano la pizza - non buona come quella che mangiava a Napoli ovviamente - e quando la squadra per cui tifano fa gol si mettono a urlare di gioia e se gli fanno gol urlano comunque, ma stavolta di rammarico. Come quando da piccolo guardava le partite con il fratello, o con Rayan quando viveva ancora a Napoli. “Sì, va bene. Chi gioca?”

“Genoa - Lecce. Scrivo subito ai ragazzi.”

 

Quando Mimmo arriva a destinazione, parcheggia il motorino e tira fuori l’ordine dallo zaino. Da quando si è trasferito a Roma ha trovato lavoro come fattorino, è un part time quindi ha il tempo di seguire le lezioni e studiare. Non è un granché ma è pur sempre qualcosa.

Ora deve consegnare la cena in questa villa con un giardino enorme, la casa in sé sembra grande ma non tantissimo. All’entrata c’è un patio con un tavolo, qualche sedia e dei divanetti. Chissà chi ci vive qua.

Ecco, una cosa che a Mimmo piace di questo lavoro è che vede un sacco di case e di persone. Si perde sempre a fare pronostici su chi fa l’ordine in base a quello che richiedono o alla casa in cui vivono e quando se ne va continua a immaginare la loro vita e come trascorreranno la serata. Ad esempio, quando consegna il cibo a qualcuno si chiede se gli sarà piaciuto, se lo avranno mangiato tutto o se ne avranno tenuto un po’ da parte per il pranzo del giorno dopo. Cose così.

Secondo Mimmo in quella villa ci vive una coppia sposata, senza figli. Lui imprenditore, lei archeologa, entrambi di buona famiglia. La villa appartiene alla famiglia di lei, che ha svariate proprietà sparse per l’Italia. Non hanno figli semplicemente perché non li volevano, ma hanno preso un cane, un maremmano che trattano come un figlio. Sono quel tipo di persone alla moda che viaggiano un sacco e lavorano anche un sacco, ma alla fine della giornata sono felici e stanno bene.

Bussa alla porta, aspettandosi che gli apra l’archeologa, mentre l’imprenditore dietro sistema la tavola e il cane fa capolino ed esce per farsi accarezzare da Mimmo.

E invece si sbaglia. Gli dispiace aver perso la scommessa, ma non c’è nessuno che gli faccia pagare una qualche penitenza quindi in fondo gli va bene così. E poi quando si rende conto di chi sta in quella villa non gli dispiace più essersi sbagliato.

“Mimmo?”

“Ciao Simò. Ma… tu vivi qua?”

“Eh, direi di si. Che ci fai qua?” se ne sta imbambolato sulla porta con la felpa, i pantaloni della tuta e le pantofole.

“La cena!” e gli mostra la busta. “Lavoro come fattorino, hai fatto tu l’ordine, giusto?”

“Ah si, scusa è che non mi aspettavo di vederti.”

“Nemmeno io. Cioè, m’ fa piacere eh.”

“Anche a me.” gli sorride e Mimmo si rende conto che ha proprio un bel sorriso. Di quelli che illuminano tutto il volto. “Scusa è che non pensavo fossi già qui, non ho preparato i soldi.” lo informa mentre raggiunge una poltrona su cui ha appoggiato la giacca e lo zaino. “Entra pure, se vuoi. Quant’è?” chiede appena trova il portafoglio.

“Diciotto euro e quaranta centesimi.” e fa un passo in avanti, rimanendo comunque vicino alla porta. Intanto da un’occhiata al salotto. “Niente pizza stasera?”

Gli lancia un’occhiataccia divertito “No, magari domani sera. Purtroppo non quella napoletana, ma ahimè spero mi perdonerai per questo.”

“Solo perché sei te.” lo stuzzica. Non sa perché, ma quando si ritrova Simone davanti sente la necessità di farlo.

“Ecco qua.” porge quanto gli deve e anche una generosa mancia. Mimmo sta per obiettare ma Simone lo anticipa con una domanda che lo spiazza totalmente e gli fa dimenticare pure che gli ha dato effettivamente una mancia. “Comunque se ti va, potremmo mangiarcela insieme quella pizza domani sera.” e nel dirlo fa gli occhi dolci più assurdi che Mimmo abbia mai visto nella sua vita. Sembra un cerbiatto.

Merda, come faccio? “Non posso.” Simone abbassa la testa e annuisce e Mimmo si sente così in colpa per aver osato fare piani con il suo amico Rayan che non aspetta un secondo in più per chiarire la situazione. “Ho già preso impegni con degli amici.”

“Ma si, io dicevo così per dire. Non fa niente.”

Mimmo ci crederebbe a quelle parole se non fosse che Simone non è per niente bravo a recitare. Infatti gli si legge in faccia - negli occhioni da Bambi - che è dispiaciuto. “Però se ti va, puoi venire anche tu.”

“Sei sicuro che a loro non dia fastidio?”

“Ma no, che fastidio.” poi gli porge il telefono “Se mi dai il numero, appena posso ti mando l’indirizzo di casa mia.”

Simone scrive in fretta il suo numero poi gli restituisce il telefono. “Allora, a domani.” prende il sacchetto e gli apre la porta.

Non dirlo, non dirlo, non dirlo. “Mi mandi via così? Niente ti amo oggi?” Cazzo, ma perché apro bocca? Ormai il danno è fatto. Mimmo si sente sprofondare e vorrebbe scusarsi immediatamente ma a quanto pare anche a Simone piace questo gioco.

“Non voglio che ti abitui, i ti amo vanno meritati.”

“Vabbuò, t’ho portato la cena. Non è abbastanza?”

“In effetti…” finge di rifletterci, lo guarda dritto negli occhi e sorride “Grazie per la cena. Ti amo.”

“E comm si smielato, per così poco.” lo canzona Mimmo uscendo. “A domani Simò. Spero che la cena ti piaccia, buonanotte.”

Notes:

spero di riuscire a pubblicare presto il prossimo capitolo perché penso sia molto divertente :)

Chapter 5: Testa o croce

Notes:

nelle note finali il cast immaginario :)
buona lettura come sempre se vi va #edscma <3

(See the end of the chapter for more notes.)

Chapter Text

Sabato mattina, Mimmo si sveglia presto per andare a lavoro. Scrive a Luna per chiederle l’indirizzo della pizzeria della sua festa di compleanno e fa l’ordine. Lo fa per carineria, perché ha invitato Simone per mangiare assieme una pizza e vuole essere sicuro che gli piaccia. E poi anche lui ne ha un buon ricordo.

Scrive anche a Simone per mandargli l’indirizzo di casa sua e fargli sapere l’orario in cui incontrarsi. Non sa quanto può spingersi in chat perché non si conoscono ancora molto, quindi manda solo i messaggi necessari. Gli sembra giusto così.

 

La sera, quando stacca dal lavoro, corre a casa a farsi una doccia, poi sistema il salotto con Rayan, accertandosi che ci sia posto a sedere per tutti. “Comunque per stasera ho invitato anche Simone.”

L’amico si blocca e lo guarda confuso. “Simone chi?” 

“Simone, l’amico di Luna. Ci siamo incontrati qualche giorno fa. È simpatico.” spiega mentre spostano il tavolo per fare più spazio. “Mica ti da fastidio, no?”

“No no, che fastidio. È che non lo conosciamo molto, non è che si sente a disagio?”

Effettivamente non è da escludere, ma si tratta pur sempre di una semplice serata tra amici in cui si mangia e si beve. “Vabbuò se non si diverte la prossima volta mi dice di no. Qua va bene.” commenta lasciando il mobile. “Che dici? Mi sembra ci sia spazio, no?”

“Si, alla fine siamo solo in sei. Mettiamo una sedia lì accanto alla poltrona e stiamo apposto.” Poi si volta verso il biondo. “Ma quindi ora siete amici voi due?”

Lui ricambia lo sguardo mentre prende la sedia da sistemare, fa spallucce e abbassa la testa. “Direi di si.”

 

Quando Simone suona al citofono, Mimmo si affretta a rispondere e gli apre il portone, poi rimane sul pianerottolo ad aspettarlo. Da quando Rayan gli ha messo in testa la possibilità che il moro si possa sentire a disagio gli è venuta l’ansia. 

Appena gli compare davanti, lo saluta. “Ciao Simò.” La prima cosa che gli viene in mente da dire è una di quelle classiche cose che si chiede a una persona che hai appena invitato a casa tua. “Hai avuto difficoltà a venire o a trovare parcheggio?” e annuisce sollevato sapendo che non ha avuto problemi di quel tipo, poi quando Simone lo raggiunge si allunga per abbracciarlo ma viene fuori una cosa imbarazzante a metà fra l’abbraccio e la stretta di mano. Si scostano l’uno dall’altro e si sorridono. Ma perché sono così a disagio? “Entriamo, ti presento i ragazzi.”

 

Gli amici di Rayan in questione sono tre: Francesco, Marco e Gigi. Mimmo non li conosce molto bene perché non ha mai fatto loro troppe domande sulla loro vita. Quello che sa è che sono tutti e tre di Roma e che si sono conosciuti tutti da adolescenti perché giocavano assieme a calcio.

Francesco vive a Roma Nord - per questo spesso lo soprannominano il pariolino - e studia economia in un’università privata. Ogni estate fa le gite in barca con la sua famiglia e viaggia spesso in giro per il mondo. È gentile ed educato, anche se nato in una famiglia piuttosto agiata non se ne vanta mai. In base a quello che ha raccontato ha avuto dei ragazzi in passato, ma Mimmo non ha mai chiesto maggiori informazioni.

Marco viveva in periferia ma da quando ha iniziato a giocare a calcio più seriamente si è trasferito con la sua famiglia e così ha conosciuto gli altri. Quando vanno all’Alvie’s Pub beve un sacco - però sembra resistere sempre molto bene a tutto quell’alcol - e ci prova con le ragazze adulandosi come un grande sportivo. Per questo, gli amici lo perculano. A volte si comporta come uno scemo, però alla fine ti riesce a tirare su il morale con quelle battute idiote.

Gigi, all’anagrafe Luigi, è nato e cresciuto a Roma ma si vanta sempre di avere i nonni in Abruzzo. Mimmo non sa perché, ma lui ci tiene a specificarlo ogni volta. E infatti sta sempre a raccontare delle estati passate in montagna tra le mucche e le pecore, a ricordargli che lui mangia solo il formaggio prodotto dai nonni - che gli spediscono mensilmente - e che a Roma non farà mai tanto freddo quanto al paese suo. Lo prendono un po’ in giro però non possono dargli torto, il formaggio dei nonni è buonissimo. È fidanzato con la stessa ragazza da tantissimi anni e pure lei è mezza abruzzese ma Mimmo non l’ha mai conosciuta quindi non sa se anche lei si vanti di questa cosa. 

 

Quando entrano, si alzano tutti in piedi per stringere la mano a Simone e fanno quella cosa di dirsi il nome a vicenda per presentarsi ma che non serve a nulla perché a fine serata fatichi comunque a ricordare chi sia chi. Secondo Mimmo, Simone passerà tutta la sera a cercare di ricordarsi i loro nomi con scarsi risultati, ma alla fine conviene che non deve per forza chiamarli quindi va bene così.

“Quanto manca alla partita?” chiede Gigi in attesa che qualcuno con un orologio sotto mano risponda.

“Un quarto d’ora.” Francesco ha sempre l’orologio al polso, se lo toglie solo quando gioca a calcio.

Simone si gira verso Mimmo e gli posa una mano sul braccio per fermarlo prima che si metta seduto sul divano. “Partita?” chiede sottovoce per non farsi sentire dagli altri.

“Si, di calcio. Perché?”

“No, niente. Non avevo capito che guardavate la partita.” poi mentre si mette seduto chiede a un volume normale di voce “Chi gioca?”

“Genoa - Lecce. Ora decidiamo per chi tifare.” fa Gigi con naturalezza.

Mimmo si accorge dell’espressione confusa sul volto di Simone, quindi si avvicina un po’ e gli spiega “È che tifiamo tutti squadre diverse. Tipo io tifo Napoli e le partite del Napoli me le guardo da solo o con Rayan. Perciò ci incontriamo solo per vedere le partite di squadre per cui non tifiamo. Tiriamo una moneta e scegliamo così la squadra da tifare tutti insieme.” Simone lo guarda ancora interdetto, allora Mimmo abbassa ancora il tono di voce e aggiunge “Una volta abbiamo guardato Roma - Napoli tutti assieme e stavamo quasi per litigare, da quella volta mai più.”

Simone ridacchia “Allora ha senso, credo.”

Marco prende una moneta “Testa Genoa, croce Lecce?” annuiscono quindi lui lancia la moneta e poi la gira. “È uscito croce. Quindi Lecce.”

Quando suona il citofono, Mimmo scende a prendere le pizze accompagnato da Simone. “Comunque spero che non ti senta a disagio con tutti gli amici di Rayan. Sono simpatici alla fine.”

“Amici di Rayan? Non sono pure amici tuoi?”

“Boh, sì e no. Ci vedo le partite insieme, ogni tanto ci vediamo all’Alvie’s Pub, ma finisce lì. Se non fossi il coinquilino di Rayan non so nemmeno se mi inviterebbero a vedere le partite.”

“Capisco. Comunque non preoccuparti, nessun problema.”

Hanno sceso una rampa di scale e Mimmo si volta a guardarlo mentre superano il pianerottolo. “Sai che non sei per niente bravo a mentire? Ti si legge in faccia che stai a disagio.”

“Ah, che bella notizia.” Mimmo si ferma e pensa che forse ha detto qualcosa di sbagliato. In fondo si conoscono da una settimana, si sono visti poche volte. Quanto gli è concesso scherzare? Ma Simone si gira sorridente. “Scherzavo, lo so già ma speravo non te ne rendessi conto. È che…”

Mimmo scende i gradini che li tengono separati e lo guarda “Che?”

“Non sono un fan del calcio. Non mi piace un granché e non avevo capito che mi stavi invitando a guardare una partita.”

“Ah.” Mimmo è spiazzato, probabilmente avrebbe dovuto dirglielo prima e ora si sente in colpa. Rayan aveva ragione su tutti i fronti. Però non vuole fargli credere che per lui o per gli altri ragazzi la cosa sia un problema, perché di fatto non lo è. Quindi fa spallucce “T’avevo invitato più per la pizza che per la partita. E anzi, sbrighiamoci o il fattorino pensa che ci siamo dimenticati.” e fa in fretta gli ultimi scalini.

Simone non lo nota subito, ma quando Mimmo chiude il portone fa un sussulto. “Ma questa l’hai presa alla pizzeria della festa!”

“Proprio quella. Non te l’aspettavi, eh?”

“Ma non era solo decente?” gli chiede aggrottando la fronte.

“Tra le pizzerie a Roma è una delle migliori secondo me.” dice prendendo dei cartoni per alleggerirgli il peso. “E poi i ti amo vanno meritati, aggia fa qualcosa pe meritarli.” dice salendo le scale. Ormai è girato di spalle, ma sente Simone ridere dietro di lui.

“Mi sembra giusto. Però mi hai invitato a casa tua a vedere la partita e non mi hai avvertito prima, questa cosa ti fa perdere punti.”

“E allora mo me tocca recupera.” Ormai non sa nemmeno lui quello che dice, le parole gli escono da sole. Però entrambi sembrano interessati a portare avanti questo gioco, non ha intenzione di smettere. È una cosa tutta loro. Gli piace.

 

Durante la serata, Mimmo si volta a controllare come sta Simone e lo vede sempre intento a cercare di seguire quello che accade in campo. Ogni tanto i loro sguardi si incrociano e si scambiano un sorriso, poi tornano a guardare lo schermo.

Poi al 37esimo minuto, un giocatore del Lecce prende la palla e inizia a correre verso la porta avversaria e allora tutti iniziano ad alzarsi piano dal divano facendo dei piccoli urli, come se servissero ad aiutare la palla e toccare la rete. 

“Eccolo, eccolo, eccolo!” ripete Gigi alzando sempre più la voce. Il giocatore dà l’ultimo calcio al pallone. “Dai, dai, eccolo.” sta in piedi agitando un braccio.

E invece il portiere riesce a pararlo e tutti si ributtano affranti sul divano.

“Ma era palese che non gliela faceva, l’aveva calciata male.” sbuffa Marco. Ecco, un’altra caratteristica di Marco è che dopo una qualsiasi azione fa sempre dei commenti e se non fanno gol afferma sempre che lo sapeva già.

“Ma che calciata male! Se non la parava era gol, è stato bravo il portiere.” e nel dirlo, Rayan si alza “Mi prendo una birra, la volete pure voi?”

Gli amici annuiscono e fanno cenno di portarne altre. Simone invece si volta a guardare Mimmo e gli sorride sereno, poi sembra notare qualcosa e si acciglia “Tu non bevi?”

“Praticamente mai.” confessa e l’altro sembra sorprendersi. “O sacc che t piace bere, ma puoi farlo anche senza di me.”

“Ma no, non era per questo. È che mi fai ridere. Sembri un bambino, con la lattina di fanta in mano.”

“Un bambino?” deve aver fatto un’espressione buffa senza essersene accorto, perché Simone scoppia a ridere.

“Ma sì, l’ho pensato pure quando ti ho visto al bar che ordinavi il succo.”

“Buono il succo di frutta.”

“Si, se hai sei anni.”

Mimmo rotea gli occhi. “Esagerato. E allora tu come fai colazione?”

“Caffè. Amaro.” sottoline con un gesto della mano.

Fa una smorfia “Preferisco il succo. Al massimo, cappuccino.” torna a guardare la tv poi si volta di nuovo e agitando le mani ripete contrariato “Amaro… Ma nemmeno un cucchiaino di zucchero?”

“No, altrimenti perde il sapore.” Mimmo torna ad affliggersi con la risata di Simone in sottofondo. “Vedi che sei un bambino!” poi gli afferra una mano che Mimmo stava ancora agitando - e la mette a confronto con la sua. “Tiè, guarda che manine che c’hai.” 

Mimmo si paralizza al tocco, non gli sembra di essersi mai sfiorato con Simone. La cosa non lo infastidisce per niente, sente un brivido solleticargli lungo la schiena e arriva fino al cervello. Elettrizzante come quando il Napoli fa gol, o forse anche di più. Ha le mani grandi, calde e forti. Mentre le sue sono piccole, fredde e delicate. Forse è vero che sembra un bambino.

Ma poi si ricorda che Simone ha bevuto e Mimmo sa che quando è alticcio perde la concezione di spazio personale e diventa più espansivo. Per cui quel gesto improvvisamente non ha più alcun effetto. E si limita a roteare gli occhi divertito.

“Oh, eccolo! Eccolo, eccolo!” torna a urlare Gigi. 

Simone gli lascia in fretta la mano e si gira verso lo schermo. Sono tutti con lo sguardo puntato sulla tv a vedere un altro giocatore del Lecce correre verso la porta. Ma viene intralciato da un difensore del Genoa. Il primo si rotola a terra e la partita viene interrotta.

“Questo è da cartellino rosso.” sostiene Francesco scuotendo la testa.

“Ma se non si è fatto niente. Al massimo giallo, ma nemmeno.”

“Come non si è fatto niente? Hai visto com’è caduto?” insiste.

Simone li guarda perplesso mentre discutono poi - per la prima volta durante la serata - si intromette “Ma a me sembra che sia stato lui a buttarsi.” Francesco si gira a guardarlo. “Dico, di cadute ne ho viste tante e la sua mi sembrava un po’ finta. Non penso si sia fatto male, si è solo accasciato e rotolato un po’.”

“Visto Fra? Lo fai pure te in campo, uguale uguale.” lo punzecchia Marco.

Francesco lo fulmina rapidamente con uno sguardo, ma lo ignora subito dopo per rivolgersi a Simone. “Scusa, ma perché dici così?” chiede e non sembra infastidito dal fatto che gli stia dia contro. È solo genuinamente curioso di sapere perché è così convinto.

“È che giocavo a rugby prima.” A facc ro cazz pensa subito Mimmo, ma non può dirlo. Però fa un cenno con la testa per mostrarsi sorpreso, questo se lo concede. “E ho visto parecchi infortuni ai tempi. Se cadi com’è caduto lui non ti fai niente, al massimo ti viene un livido.”

“Interessante, vedi io non ho un occhio così attento.” gli sorride Francesco.

“Niente, per l’arbitro non è fallo.” li distrae Rayan. 

“Vabbè ma se sapeva che non era fallo, dai.” conclude Marco.

 

Alla fine del primo tempo fanno una pausa. Si alzano, qualcuno va in bagno, qualcuno si affaccia per fumare. Mimmo ne approfitta per fare un po’ di ordine e Simone si alza per aiutarlo. “Ma no, lascia fare a me. Non è necessario.” e gli sfila dalle mani una bottiglia vuota.

“Insisto.” se la riprende. “Anch’io mi dovrò guadagnare un ti amo in qualche modo, no?”

“Ah, ora te lo devo dire anch’io?” scherza portandosi una mano sul petto. “Se è così, dovrai impegnarti molto. Non lo do via così facilmente.” Detta così suona malissimo e si imbarazza tanto da arrossire fino alle orecchie.

Simone scoppia a ridere talmente forte che si deve poggiare sulla penisola, mentre il biondo cerca un punto in cui scavarsi una fossa in poco tempo.

“Oh, che succede?” li interrompe Rayan passandogli davanti.

“Niente, niente.” cerca di liquidarlo Mimmo.

Appena il ragazzo si allontana, Simone si rialza, si asciuga una lacrima e a voce bassa precisa “Solo pessime battute a doppio senso.”

“Scusa, giuro che non volevo. Cioè, nel senso, io intendevo…” inizia a balbettare e finisce per impappinarsi.

“Mimmo, tranquillo. Ho capito che intendevi. È che mi hai fatto sbellicare dalle risate, dovevi vedere la tua faccia quando hai realizzato.” ridacchia.

 

La partita si rivela un fiasco, 0-0. Però è stata parecchio avvincente, quindi si ritengono tutti soddisfatti della serata. Anche perché del risultato, alla fine, non interessava davvero a nessuno di loro.

Simone saluta tutti con una stretta di mano, tranne Mimmo che vuole accompagnarlo fino al portone. “La strada fino a lì la so.” lo stuzzica, ma lui insiste. Gli apre la porta e una volta sulle scale, la riaccosta dietro di sé. Simone sta tastando il muro cercando l’interruttore della luce, Mimmo ride e la accende in un secondo.

“Stava da quest’altra parte.” l’altro fa un cenno con la testa e ridacchia. Si volta e iniziano a scendere le scale. “Sicuro che riesci a guidare? Quanto hai bevuto?”

“Come sei premuroso ogni volta. Ho bevuto solo una birra. Non trovavo la luce perché non sapevo dove stava.” si giustifica. “Comunque grazie per l’invito, mi sono divertito.”

“Davvero? Non ti sei annoiato? Se è così me lo puoi dire, giuro che non mi offendo.”

“Che c’è, speravi non mi divertissi? No, non mi sono annoiato. Certo, non è la mia classica serata tipo… però sono stato bene.”

“Ok… che poi non mi sei sembrato inesperto di calcio, per non seguirlo.”

“Vabbè le regole le conosco.” sospira e sembra un pensiero lo stia tormentando. “E poi il mio ex ne andava matto. Non so quante partite mi sono visto fingendo che mi piacessero solo per stare un po’ con lui.”

Ah, il suo ex. “Era…” gli lancia un’occhiata “Era quello della festa?” Simone si volta e ha l’aria dispiaciuta. “Mi ricordo che alla festa stavi con uno.”

Sospira a testa bassa, prima di rispondere "Sì, era lui. Certo che ti ricordi sempre tutto te. Comunque ormai ci siamo lasciati da un anno.”

“Ah.” fa una pausa “Meglio così. Sai, mi sembrava un bastardo.”

L’altro lo fissa con un sopracciglio alzato “Sai che Laura lo chiamava allo stesso modo?”

“Eh si vede che è la verità, Simò.” replica facendolo ridacchiare. “Ci hai ripensato stasera?”

“Un po’. Solo all’inizio, poi siete riusciti a distrarmi.” sembra sincero, Mimmo si fida. Però sembra un po’ giù.

“Scusa, non volevo metterti di cattivo umore. Comunque mi dispiace davvero se ti sei sentito a disagio. Anche per questa cosa…”

Simone gli afferra un braccio - solo per fermarlo, poi glielo lascia subito - e lo guarda “Non lo sapevi, non l’hai fatto apposta. E comunque è stata una bella serata, dico davvero.”

“Anche per me.” gli sorride “Però magari la prossima volta facciamo qualcosa che ti piace.”

Gli si illumina il viso a quelle parole. “Magari!” risponde. Poi poggia la mano sulla maniglia e preme il pulsante per aprire il portone. “Allora buonanotte Mimmo.”

“Buonanotte Simò.”

Vorrebbe dirgli ti amo per portare avanti il loro gioco, ma Simone ha già chiuso il portone dietro di sé. Forse è anche meglio così, non era il momento giusto pensa prima di risalire le scale.

Notes:

ok passiamo alle cose serie, da chi sono interpretati gli amici di rayan?
francesco : michal mrazik
marco : jude bellingham
gigi : jack hughes

Chapter 6: Due compleanni, una festeggiata

Notes:

grazie per i commenti su twt vi leggo con piacere mwah <3

Chapter Text

Novembre 2023 

Il giorno del compleanno di Luna, Mimmo si presenta nel primo pomeriggio alla sua porta bussando con i piedi perché ha le mani occupate e per fortuna Laura non lo fa attendere molto. “Mì, grazie mille per l’aiuto.” gli dice facendolo entrare. 

“Luna mi ha costretto.” confessa lui posando le buste sul tavolo e dando un abbraccio alla ragazza. In tutta risposta sente Luna in lontananza - probabilmente dal bagno - che gli rivolge qualche frase poco carina e lui non può che limitarsi a roteare gli occhi divertito. L’udito di Luna può essere davvero strabiliante a volte.

“Sei riuscito a trovare tutto?” chiede mentre inizia a rovistare fra le buste. Mimmo annuisce e la aiuta a sistemare tutto quello che ha comprato: piatti e posate in plastica, tovaglioli, palloncini e festoni per le decorazioni.

Quando la festeggiata fa il suo ingresso in soggiorno, Mimmo corre verso di lei e l’abbraccia stretta. Le fa gli auguri e forse le urla un po’ nell’orecchio ma va bene così. È felice, lo sono entrambi.

“Comunque grazie, non saremmo riuscite a fare tutto da sole. Sono state giornate molto piene con il lavoro.” sbuffa. “Non vedevo l’ora di rilassarmi e godermi la festa di stasera.”

“A proposito di stasera, non pensi di avermi fatto comprare un po’ troppa roba?” chiede Mimmo indicando la quantità infinita di stoviglie in plastica che gli hanno fatto prendere.

“Assolutamente no!” replica lei.

Laura guarda l’amico e gli fa un sorriso nervoso, a metà tra il preoccupato e il divertito. “Ha invitato un bel po’ di persone per stasera. Temo che sarà un casino.”

Mimmo spalanca la bocca e Luna gli dà una pacca sulla spalla. “Si fanno venti anni una volta sola nella vita. Forza, ora mettiamoci all’opera che non abbiamo tempo da perdere!”

E invece, secondo Mimmo, di tempo da perdere ne hanno visto che dopo nemmeno dieci minuti di lavoro le due ragazze cominciano a fargli il quarto grado. La prima domanda gliela fa Luna, che gli sta più o meno davanti a fare spazio in soggiorno per una quantità infinita di sedie ora vuote - no davvero, ma quante persone ha invitato? - “Te vieni da solo alla festa o hai invitato qualcuno?”

Mimmo alza le spalle, un po’ distratto a gonfiare i palloncini. “Da solo, ma più tardi vengono Rayan e Viola.” chiude il palloncino e poi come se tornasse all’improvviso alla realtà ripensa a quella domanda strana. “Ma perché me lo chiedi?”

“Per sapere se serviva un’altra sedia, ovviamente.” risponde in fretta Luna.

Il biondo annuisce e prende un altro palloncino, ma prima di iniziare a gonfiarlo inclina la testa e si volta verso l’amica. “Ma scusa, con chi dovevo venire?”

Luna fa spallucce “E io che ne so, l’ho chiesto a te.”

Lui continua a fissarla per un po’ ma torna subito a lavoro. Poco dopo Laura, che invece è in cucina a sistemare il cibo e le bevande in frigo prima che la festa cominci, ricomincia l’interrogatorio. “Mimmo ma tu conosci tutti gli invitati di stasera? Dovremmo presentarteli.” Luna si volta in fretta ed annuisce assecondando la fidanzata.

Stanno tramando qualcosa. “È necessario? Sembra che ci saranno un sacco di persone mica posso presentarmi a tutti.”

“No infatti, non a tutti.” dice Luna sogghignando.

Mimmo la guarda, poi guarda Laura e si rende conto che sì, stanno tramando qualcosa e forse capisce anche cosa. “Che dovete dirmi?”

“Niente, niente.” fa una breve pausa poi riprende “Ma te lo conosci l’amico di Laura?”

“L’amico di Laura?” chiede lui alzando un sopracciglio.

“Sì, Simone. Ce l’hai presente? Te ne ho sicuramente parlato.” dice lei.

Al che Mimmo ci riflette un po’. “È quello del liceo? Che vi aveva anche aiutato col furgone per il trasloco, no?”

“Sì, proprio lui!” esclama Luna schioccando le dita. “Cioè per il trasloco non era lui ad avere il furgone ma uno che conosceva, si chiamava Fragoroso tipo.”

“Nome strano.” pensa Mimmo a voce alta.

“Nome molto strano.” conviene Luna.

“Comunque,” li richiama Laura “abbiamo invitato anche lui alla festa.”

“Fragoroso?” fa curioso Mimmo.

“Ma che Fragoroso, no! Intendevo Simone.”

Annuisce, ha più senso in effetti. “E quindi?”

“E quindi pensavamo di presentartelo. Sono sicura che ti piacerà.”

Mimmo guarda Laura, poi si gira verso Luna. E le vede entrambe sorridere sotto i baffi. “Sapevo che stavate tramando qualcosa.”

“Cosa?” chiede l’amica portandosi una mano al petto. “Una specie di appuntamento? Nel giorno della mia festa di compleanno? Perché secondo te sono il tipo di persona che vede due amici e solo perché uno è gay e l’altro è bi allora cerca in tutti i modi di farli conoscere per farli mettere assieme? Secondo te sono questo tipo di persona?” 

Mimmo abbassa lo sguardo e scuote la testa un po’ dispiaciuto. “Ma no, non intendevo questo.”

Luna schiocca la lingua. “E invece ti sbagli. Sono proprio quel tipo di persona.” e scoppia a ridere. 

Mimmo rotea gli occhi, è la solita. “I venti anni non ti hanno portato la maturità a quanto vedo.” la punzecchia un po’.

Lei smette di ridere e lo guarda divertita. “Dai Mì, scherzavo!” va verso di lui e lo abbraccia. “Comunque io e Laura pensiamo che dovresti almeno provare a parlargli, vi fareste del bene l’un l’altro. Simone ne ha bisogno e pure a te non farebbe male.” conclude infine, facendosi più seria. 

 

La sera della festa, Mimmo se ne sta seduto sul divano con Rayan ad ascoltare la bellissima playlist preparata da Laura e Luna. Ogni tanto canticchia le canzoni che gli piacciono, si diverte e sta piuttosto bene. E poi nel bel mezzo della festa, Rayan si alza e al suo posto ci si siede Simone. Proprio lì, accanto a lui.

“Scusami, spero di non darti fastidio.” gli dice perché stanno appiccicati in quel divano troppo stretto.

“No, affatto. Non preoccuparti.”

Tutto quello che Mimmo sa sul suo conto gli è stato detto da Luna da quando la conosce fino a quel pomeriggio, ma non è molto. Sa, ad esempio, che ha la sua stessa età perché prima andava al liceo con Laura e che ora va all’università, ma non ha idea di cosa studi. Le amiche lo descrivono come uno sportivo, a quanto pare molto gentile e disponibile perché le aiuta sempre quando ne hanno bisogno, come per il loro trasloco. Ma non sa altro. Ora che lo vede però - da vicino e dal vivo, non da una foto sul cellulare quasi scassato di Luna - può dire anche che è bello, molto bello. Anzi, dire che è bello è dir poco. Statuario è la parola che vorrebbe usare perché se Simone fosse fatto interamente di marmo starebbe benissimo esposto accanto al David di Michelangelo.

Parte Lover e, per caso, iniziano a parlare di questa canzone, che secondo Simone è troppo smielata, perché l’amore nella realtà non è così perfetto. A Mimmo invece piace tanto quella canzone perché, nonostante non abbia avuto nessuna relazione da favola, non smette di credere che quel tipo di amore esista davvero. Quell’amore che anche se conosci appena una persona ti sembra ci sia sempre stata, che ti guarisce le ferite del passato, che ti fa stare bene. Crede che l’amore vero non si esaurisca mai. 

Mimmo fino a quel momento non aveva avuto molte relazioni e comunque erano tutte durate poco e finite male. Tutto era iniziato con Dalila, la sua prima ragazza. Si erano fidanzati a 14 anni, andavano in classe insieme e vivevano nello stesso quartiere. Sono stati insieme per poco tempo, nel giro di un anno era già finita. Si erano messi insieme non tanto perché si piacessero quanto più perché sembrava giusto così. Erano cresciuti insieme, il passaggio dall’essere amici all’essere fidanzati sembrava naturale.

Comunque non crede che anche Dalila sia mai rimasta devastata da questa rottura, perché dopo nemmeno un mese stava già con un altro ragazzo. Rayan diceva che la situazione puzzava, che Dalila lo tradiva da tempo ma Mimmo la difendeva. Anche se in effetti dubitava, lui non le ha mai chiesto spiegazioni, tanto ormai si erano lasciati. Forse era ancora piccolo e ingenuo ma una parte di lui sperava che il suo primo amore rimanesse puro e perfetto come se lo ricordava lui, magari questo è il motivo per cui non ha mai chiesto a Dalila se Rayan diceva il vero. 

Oppure perché sarebbe stato da ipocrita pretendere l’amore di una ragazza che lui non era nemmeno sicuro di amare. E poi capì che con Dalila non sarebbe durata comunque, perché qualche mese dopo nei corridoi della scuola vide un ragazzo. Dal primo momento in cui l'aveva visto aveva pensato che fosse bellissimo. Lo considera il suo primo vero amore, quello che ha cambiato tutto.

 

Non parlano a lungo della canzone, Simone torna presto a mangiare la pizza e Mimmo rimane a guardarlo e ne studia i lineamenti, i suoi ricci perfettamente ordinati, gli occhioni color nocciola - un po’ stanchi e tristi - e quell’accenno di barba. Lo trova un ragazzo affascinante e per questo si diverte a stuzzicarlo un po’, ma Simone distoglie lo sguardo in fretta e sembra lievemente agitato, o forse è solo in imbarazzo. Magari ha capito che ci stava leggermente provando. 

Mimmo vorrebbe proseguire la conversazione - sapere che musica gli piaccia ascoltare, cosa studi, quali siano le sue passioni - ma prima che possa fargli una domanda, viene interrotto da un ragazzo che non sa minimamente chi sia. Moro e riccio, ha la barba, gli occhi scuri e parla con un forte accento romano. Simone alza lo sguardo verso di lui, ma non sembra molto lieto di vederlo.

Anche l’altro ragazzo sembra essere preso male. A Mimmo infastidisce il suo comportamento e il modo in cui parla, sembra un po’ uno spaccone. E poi ha l’aria di essere infuriato ma è una festa, rilassati!

“Io so Manuel, il ragazzo di Simone.” si presenta, gelandolo con lo sguardo. 

Ah, il ragazzo. Vorrebbe maledire Luna e Laura per averlo convinto a provarci con uno già impegnato. Anche se deve ammettere che c’è un’aria strana. Se stanno davvero insieme, perché sembrano entrambi scontenti di vedersi? Mimmo non sa darsi una risposta, quindi si alza per lasciarli da soli. Non può continuare a flirtare, qualunque sia la situazione tra quei due. Stanno insieme, questo è. E in fondo conosce appena Simone, può passarci sopra. 

Si allontana, giusto di qualche passo e poi dà un’occhiata a quei due - a Simone più che altro - ma non sono più sul divano. Non li vede da nessuna parte, fa spallucce e cerca l’amica. “Non mi avevi detto che era fidanzato.”

Luna si volta e sorride con la sua bottiglia di birra in mano. “Non mi avevi detto che eri interessato. E poi che ti frega, il suo ragazzo è un bastardo e Simo è proprio il tuo tipo!”

“Il mio tipo è single.” specifica. Poi si guarda attorno. Ci sono tante persone vicino a lui e la musica è alta e se deve fare questo discorso non vuole urlare e rischiare che lo sentano tutti nella stanza. E molto probabilmente Luna ha bevuto così tanto che non riuscirebbe a seguirlo. Quindi cerca di chiudere in fretta la conversazione. “Comunque non ha importanza. Non volevo mica provarci.” sostiene incrociando le braccia.

Luna annuisce, ma all’improvviso si sentono da fuori due persone discutere. Non si distinguono le parole, non si capisce chi stia urlando. Ma sicuramente non si stanno dicendo cose carine. Si sente una specie di tonfo, come se qualcosa fosse caduto. Lui guarda il balcone - senza riuscire a vedere niente - poi si volta verso l’amica. Ha la faccia preoccupata, poi però vede Mimmo, gli fa un mezzo sorriso e lo congeda con una carezza sul braccio.  

Lui torna a sedersi sul divano per godersi la musica e poi di nuovo Simone gli appare davanti, poco più distante, mentre saluta Laura e Luna assieme al suo fidanzato. Il biondo cerca di raggiungerlo ma si blocca perché in fondo non saprebbe nemmeno se salutarlo sia la cosa giusta da fare. Vede i due uscire insieme dall’appartamento. Sembrano essere meno nervosi, forse era la confusione della festa a renderli così.

Mimmo si ritrova a ripensare un paio di volte nei giorni successivi a quel momento in cui lui e Simone si erano parlati sul divano, in cui si erano trovati forse troppo vicini l’un l’altro, con la musica in sottofondo che li aveva come per magia portati dentro una commedia romantica. Di quei film in cui al primo incontro, nonostante tutto il caos della scena, sembra che per un istante non ci sia nessuno intorno alla coppia protagonista.

Però poi si impone di dimenticare, perché Simone è impegnato e non è giusto fantasticare su di lui. Quindi nei mesi successivi non tira mai in ballo l’argomento con la sua amica Luna e smette di pensarci. E così Simone torna ad essere un perfetto estraneo. Alla fine la festa di Luna sembra un ricordo sempre più lontano.

 

Novembre 2024 

Al 21esimo compleanno di Luna, Mimmo è tornato single dopo una tormentata relazione col suo amico Andrea, erano stati Luna, Viola e Ray a presentarglielo. All’inizio non credeva che lui potesse ricambiare i suoi sentimenti e invece sono rimasti legati in una lunga e complicata relazione per mesi. Mesi di tira e molla, sia chiaro. Perché anche se le cose non andavano bene tra i due, loro continuavano a provarci per chissà quale motivo.

E anche se ci è voluto tempo, è contento di essere riuscito a dire finalmente addio ad Andrea, ai tradimenti, ai pianti. Ora non è più tanto convinto che l’amore vero esista. Forse, pensa, la cosa più importante è solo essere in grado di prendersi cura di sé stessi e volersi bene e questo per fortuna sa farlo, anche se si è messo troppo da parte nell’ultimo periodo. Per questo non vuole buttarsi in un’altra relazione, è stufo di soffrire.

Si ricorda ciò che aveva detto a Simone all’ultimo compleanno di Luna e gli viene da ridere, la conversazione adesso sarebbe diversa. Mimmo probabilmente concorderebbe con il ragazzo ora. 

Non si vedono da allora e non ha più avuto sue notizie, ma è contento di poterlo rivedere. Sempre che si ricordi ancora di lui.

Tuttavia arrivato alla festa, di Simone non si vede nemmeno l’ombra. Aspetta qualche minuto, poi però non riesce a trattenersi, vuole sapere. “Siamo di meno rispetto all’ultima volta.” ridacchia, fa un po’ il vago.

“Si. All’ultimo compleanno c’erano troppe persone per potercene stare tutti in questo salotto.” che in effetti ora sembra essere diventato grande il doppio. “Quindi quest’anno ho invitato solo gli amici più stretti.” gli spiega Luna.

“Ah, mi sembra giusto.” E Simone non è un amico stretto? avrebbe voluto aggiungere, ma gli sembra sbagliato chiedere informazioni su un tizio che non conosce. Quindi dopo una lunga pausa trova il modo di chiedere senza chiedere. “E quindi come hai deciso chi rimuovere dalla lista?”

“Innanzitutto alcuni dell’uni con cui non ho legato molto o amici con cui non parlo più. Poi tipo l’anno scorso avevo invitato qualche collega, ma alla fine non ci sentiamo mai fuori dal lavoro. E poi… vabbè alcuni li volevo invita ma non potevano veni.” In quel momento Luna continua a elencare una serie di nomi a cui Mimmo non riesce a dare un volto, per cui scuote la testa fino a che non nomina proprio la persona che interessa a lui. “Vabbè ti ricorderai di Simone.”

“Ah sì.” si finge entusiasta come se Luna gli avesse appena sbloccato un ricordo lontano. 

“Ecco, lui ad esempio non l’ho proprio invitato. Volevo, ma tanto non sarebbe venuto che sta in Francia.” In Francia? Mimmo spalanca gli occhi e Luna nota subito la sua espressione sorpresa, quindi senza che lui le chieda niente prosegue “Si, sta in Erasmus. Dovrebbe tornare tra poco in realtà, giusto amo?”

“Si, credo torni per le vacanze di Natale. Ma poi riparte.” conclude Laura.

Bene. Mimmo annuisce e fa finta che non gli importi. E invece ci pensa molto più di quanto dovrebbe. Gli dispiace che Simone non sia lì, forse perché aveva immaginato per giorni di rincontrarlo e ora deve rinunciarci. Forse dovrà aspettare il prossimo compleanno di Luna, ma tra un anno tutto potrebbe essere diverso. 

Non ha importanza, tanto Simone è fidanzato - in base a quanto si ricorda - e ora si sta immaginando che lui e il suo ragazzo per niente simpatico stiano insieme in Francia. Sicuro a Parigi, a baciarsi davanti la Tour Eiffel. No, forse Simone direbbe che è troppo sdolcinato e non lo farebbe. Oppure è il suo fidanzato a non volere, perché Mimmo se lo ricorda come uno stronzo. O forse era solo strano perché non stava bene quel giorno. In fondo, Mimmo non conosce così bene nessuno dei due e per questo non ha nessun diritto di giudicarlo. Fa mentalmente spallucce per liberarsi di tutti quei pensieri e torna a godersi la festa. 

Chapter 7: Un selfie per rompere il ghiaccio

Notes:

mi spiace farvi aspettare così tanto tra i vari capitoli, sono giorni strani ma ci sono e spero di farmi sentire presto!!

(See the end of the chapter for more notes.)

Chapter Text

Quando Simone torna a casa è molto tardi. Apre piano la porta della villa cercando di non fare rumore - perché la nonna Virginia ha il sonno leggero e non vuole svegliarla - e sale in camera. Posa le chiavi sulla scrivania, si toglie la giacca, tira fuori il telefono e nota che gli è arrivata una notifica. Un messaggio da parte di Mimmo, inviato praticamente qualche minuto dopo che era uscito dal suo appartamento.

M: simo grazie ancora per essere venuto stasera, scrivimi quando arrivi a casa

Simone fissa il messaggio per un quarto d'ora quasi con le lacrime agli occhi. Mimmo è così premuroso, lo è stato dal primo momento - che poi in realtà era il secondo? vabbè lo è stato dal momento in cui al bar l'ha visto in quello stato, ecco - e continua ad esserlo. Poche persone nella sua vita sono così, si ritiene fortunato ad averlo conosciuto. 

S: arrivato sano e salvo! grazie a te :)

Invia il messaggio e poi si addormenta quasi subito. Lunedì mattina si sveglia e trova solo il visualizzato, nessuna risposta. Nessuna risposta anche lunedì e martedì e nemmeno quando si sveglia mercoledì mattina. In quei giorni Mimmo non gli aveva più scritto, non si erano nemmeno visti per sbaglio in università o al bar lì vicino. Non è che Simone fosse disperato, però si aspettava una cosa diversa dopo tutto quello che era successo.

Mercoledì pomeriggio passa all’Alvie’s Pub non con la speranza di incontrare il ragazzo, ma per passare il pomeriggio con le amiche. Però nessuna delle due nomina Mimmo e non sembrano nemmeno sapere che si sono visti sabato sera. Forse nemmeno lui ne ha parlato con Luna. Simone non se la prende perché anche lui decide di tacere al riguardo.

Però non può negare di pensare ossessivamente a questa situazione e di farsi continue paranoie. Magari la prossima volta facciamo qualcosa che piace a te gli aveva detto e invece da quella sera non si erano nemmeno più scritti. Forse non ci sarebbe stata una prossima volta. Forse Mimmo non voleva nemmeno invitarlo a casa sua, forse l’aveva fatto solo per gentilezza. Forse non gli sta così simpatico come credeva. Forse quella storia dei ti amo lo mette davvero a disagio. Forse pensa davvero che Simone sia molesto. Forse non si sarebbero mai più visti. C’erano tanti forse nella sua testa a tormentarlo mentre dormiva, mentre lavorava, mentre studiava. In poche parole, sempre. 

Simone, a essere onesto, non sa cosa stia accadendo. Sa solo che Mimmo è simpatico e potevano essere amici e invece non lo sente da una settimana. E sospetta sia perché ha giocato troppo con lui e ora sicuramente non lo vuole sentire più. Forse, pensa, fa anche bene a scappare da uno come lui.

 

Quando torna a casa mercoledì è quasi ora di cena. Simone va in camera a mettersi comodo e viene distratto da una notifica sul cellulare. Mimmo gli ha mandato un messaggio su whatsapp. Un pazzo folle imprevedibile, ma che fa? Non è sicuro di aver letto bene, quindi entra cauto sull’app. C’è una notifica e proviene davvero dalla chat con Mimmo. 

E non è un messaggio, ma una foto. Ma che cazzo fa? La notifica c’è davvero, ma Simone non è sicuro di aver capito il gioco stavolta. Lo ignora per giorni e ora gli manda una foto dal nulla? Medita per qualche minuto, poi apre la chat per vedere la foto. Gli ha mandato un selfie.

Non si vede tutto il viso, ma solo metà, perché sta inquadrando… il cielo? Ah, no un cartello… Un cartello? Ma è scemo? Simone è confuso, poi legge «Via Balestrate» sul cartello e gli viene da ridere. E nota quello che gli ha scritto.

M: ti ho pensato :)

«ahahahah ma dove stai?» sta per rispondergli, poi cancella. Cazzo Simò, lui sarà pure scemo ma tu sei coglione, ti ha praticamente mandato la posizione gli urla una vocina nella sua testa. Allora continua a pensarci. Nel mentre fissa la chat e poi apre di nuovo la foto e la osserva meglio. Mimmo ha degli occhi spaventosamente belli, gli ricordano il mare. Il casco della moto gli copre i capelli e sul volto non c’è traccia di barba. Poi torna a scrivere il messaggio.

S: ahahahah non riesci a togliermi dalla testa! 

M: per niente 

Falso! Se ti importava davvero, mi scrivevi prima. Poi però pensa che forse se gli dà così fastidio, avrebbe potuto scrivergli lui, quindi la colpa è di entrambi. In ogni caso, ora che hanno iniziato a scriversi, Simone non vuole smettere.

S: che fai?

M: lavoro, ho portato la cena ad uno che abitava qua. te?

S: sono rientrato da poco a casa, mi rilasso un po’

M: buona idea, non vedo l’ora di fare lo stesso

Simone picchietta l’indice sul telefono, indeciso se scrivere a Mimmo di vedersi o lasciare le cose come stanno, con la promessa di una nuova uscita che mai si avvererà. Alla fine si decide. O la va o la spacca e invia il messaggio.

S: se ti va possiamo rilassarci insieme un giorno di questi

Ma subito dopo aver mandato il messaggio gli suona strano e ambiguo, quindi si affretta a chiarire.

S: nel senso che potremmo andare a bere una cosa insieme

una cosa analcolica e zuccherina per te

se ti va

non sei obbligato

cioè se non ti va dimmi proprio no non mi va così non te lo chiedo più

M: simo mi piacerebbe assai, hai da fare domani pomeriggio? 

Ah. Simone non se lo aspettava, ma la cosa non gli dispiace affatto. Alla fine riescono a mettersi d’accordo per vedersi un giorno in cui sono entrambi liberi. Gli viene automaticamente da sorridere e non sa bene il perché. 

 

I due si incontrano in una caffetteria venerdì pomeriggio, per parlare e conoscersi un po’. Nei giorni che li tengono separati dall’appuntamento non smettono di scriversi, anzi di inviarsi foto. Simone controbatte a «Via Balestrate» con la foto di «Via Bruni» scrivendo Roma ti ama talmente tanto da dedicarti una via, al che l’altro gli risponde con «Via Nicola Amore». Vanno avanti così per un po’, finché giovedì pomeriggio il moro manda la foto di una macchinina giocattolo. Dopo parecchi minuti, riceve la risposta.

M: simo, non ho capito

S: è che ho visto un giocattolo e ti ho pensato

perché sei un bambino

Capita la battuta, Mimmo manda un dito medio e una risata. Non c’erano mai state delle regole a quel gioco, ma ormai non ha più senso nemmeno per loro. La competizione si allarga sempre più con foto di qualsiasi cosa che possa ricordare l’uno all’altro. La loro chat sembra non avere senso ma a loro fa ridere. È una cosa tutta loro.

 

Il primo a presentarsi all’appuntamento è Simone - voleva essere un po’ in anticipo per essere sicuro di non fare tardi - e sta aspettando Mimmo, che non ci mette molto ad arrivare. Si vedono da lontano, Simone agita la mano per salutarlo e l'altro risponde facendo un cenno con la testa. Quando lo raggiunge, si danno un abbraccio rapido ed entrano. Si siedono ad un tavolo in fondo, uno davanti all’altro.

“Bello questo posto, come l’hai scoperto?” chiede Simone guardandosi attorno.

“Ci sono capitato per caso una volta. E siccome m’è piaciuto, sono tornato.”

“Ci porti tutte le tue conquiste?” Ma che dici Simò?

“Ah, non sapevo che tu fossi una mia conquista.” alza un sopracciglio e sogghigna, rimane al gioco.

Simone tira un sospiro di sollievo - nella sua mente - e continua a stuzzicarlo. “A onor del vero, io non ho parlato di me.” Mimmo rimane con la bocca semiaperta senza parole, si limita a fare un cenno con la testa e ride.

La cameriera arriva poco dopo a prendere il loro ordine: una cioccolata calda per Mimmo, caffè e torta di mele per Simone.

“Lo vedi che sei proprio un bambino.” lo canzona appena rimangono soli.

“Ancora co sta storia?” rotea gli occhi.

“Sì, perché è così. E non si discute, ormai è stato stabilito.”

L’altro si poggia con i gomiti sul tavolo per avvicinarsi leggermente e alza un sopracciglio. “E chi l’ha stabilito?” 

Avere gli occhi di Mimmo così vicini a lui gli liquefa il cervello. Non per qualche strano motivo, è solo che nell’iride gli sembra di intravedere le onde del mare e ci si perde dentro. Sono proprio belli i suoi occhi. Simone si ricorda della domanda solo quando il ragazzo fa un cenno con la testa. “Ovviamente io.” 

Sorride e si riallontana, appoggiandosi sullo schienale. “Comunque scusami. Cioè, lo so che è tardi per dirtelo però volevo farlo di persona.”

“E ti stai scusando per…?” chiede agitando una mano.

“Per non averti scritto subito. Non so se la cosa ti ha dato fastidio,” forse un po’ tanto ma si limita a pensarlo, non è un problema. “però sabato sera sono crollato e ho visto il messaggio solo il mattino dopo. Mi sembrava tardi per risponderti e poi sembrava strano scriverti dal nulla. Che poi l’ho fatto lo stesso, però è perché avevo visto quel cartello e mi era sembrato un modo carino per rompere il ghiaccio…”

Simone scuote la testa. “Ma no, non mi devi nessuna scusa. Ormai mi hai scritto, cosa che mi ha fatto piacere. Va bene così.”

Mimmo annuisce sollevato. La cameriera torna con le loro ordinazioni, il biondo prende la sua tazza di cioccolato e la tiene stretta in mano per riscaldarsi. “Ma quindi te che lavoro fai? Mi sono scordato di chiedertelo.”

“Dò ripetizioni, aiuto i bambini a fare i compiti.”

Scoppia a ridere. “Bambini tipo me?”

“No, lavoro solo con i bambini grandi.” lo stuzzica, poi si fa di nuovo serio “Comunque è una cosa momentanea, finché non mi laureo.”

“A proposito, che studi?”

“Matematica.” Mimmo fa un cenno di sorpresa. “Te?”

“Beni culturali.”

“Ah, interessante. Per questo hai scelto di venire a Roma?”

“Sì. In realtà ero venuto qui l’estate dopo il diploma a trovare Ray e mi sono innamorato di questa città, ho pensato che sarei potuto rimanere e alla fine abbiamo deciso di vivere insieme.”

“Ah, pure tu ti innamori ogni tanto?”

Ride e annuisce. “Più spesso di quanto credi tu.” 

Lo fissa con quegli occhioni blu che ti scrutano da dentro, Simone cerca subito di tornare a un discorso serio schiarendosi la voce. “Siete amici da molto tempo con Rayan?”

“Dalle elementari più o meno. Lui era appena arrivato in Italia, abbiamo subito legato.” prende un sorso di cioccolata, poi continua. “Si è trasferito qualche anno dopo, ma abbiamo mantenuto i rapporti.”

Simone invece non ha molti amici maschi, quasi nessuno se deve essere onesto. Aveva un paio di amici nella squadra di rugby ma dopo che si era messo con Manuel aveva iniziato a staccarsi da loro perché il suo ragazzo era parecchio geloso. Poi aveva smesso di giocare e alla fine non era riuscito a mantenere i rapporti con nessuno a parte Laura e Luna. Ora sta cercando di fare amicizia con alcuni ragazzi all'università, ma è difficile.

Annuisce mesto e torna a bere il suo caffè. 

“Sai, ora che ci penso, ha senso.”

Alza lo sguardo confuso “Cosa?”

“Che studi matematica. A prim vot che t’ho visto ho pensato che fossi un tipo molto razionale, poco romantico.”

“Solo perché avevo detto che non mi piaceva quella canzone? E poi guarda che sono molto romantico, non sono forse stato il primo a dire ti amo?”

“Ma chill è perché si sottone!” agita la mano e si gira dall’altra parte, divertito.

Simone sente le guance diventargli rosse e cerca di coprirle bevendo il caffè. “Vabbè, comunque non c’entra il fatto di essere romantico o meno. Studio matematica perché mi piace, è semplice.”

“Semplice? Io nun c’agg mai capito niente.”

“Ti dovrei dare ripetizioni allora.”

“Che sfortuna che non mi servano, avrei tanto voluto vederti nei panni del professorino.”

“Se mai volessi, io sono sempre disponibile.”

“Ne tengo conto.” replica con un occhiolino. Simone non ha le guance rosse per quel gesto, no. È che si sente un po’ in imbarazzo a ogni scambio di battute simili ma è lieto che l’altro rimanga al gioco. Prende un pezzo di torta di mele mentre Mimmo lo osserva. “È buona?”

“Molto.” dice sorpreso appena ingoia il boccone. Quando alza lo sguardo, nota l’espressione del ragazzo. “Vuoi assaggiarla?”

“No, è tua. Fai fai.” e beve la sua cioccolata.

La sua faccia però dice che quella torta l’avrebbe voluta anche lui, quindi Simone gli avvicina il piatto. “Non è un problema per me. Possiamo condividerla.”

“Ti amo.” esulta con l’acquolina in bocca.

Simone lo guarda sorpreso e sorride. “È la prima volta che me lo dici.”

“C’è sempre una prima volta, no? Dovevo solo aspettare il momento giusto.”

“Giusto. Mica lo puoi dire appena conosci una persona.”

“Eh no, infatti. È da sottoni.” ridacchia poi allunga la mano e prende un boccone di torta. “Buona vero.”

Il pomeriggio prosegue e parlano di tante cose, di quello che gli piace e quello che non gli piace, di cosa vogliono fare dopo l’università, di come passano il loro tempo libero, cose così. Dopo un po’, Mimmo lo informa che deve andare a lavoro a breve. Quindi si alzano e vanno in cassa, litigano un po’ per chi debba pagare ma alla fine decidono di dividersi il conto.

Mentre la cameriera fa lo scontrino li guarda e gli sorride “Comunque siete proprio una bella coppia.”

Non stiamo insieme sta per dire Simone, ma viene anticipato dall’amico. “Grazie.” dice ridente prima di uscire dalla caffetteria.

Notes:

spero vi stia piacendo, aspetto i vostri commenti <3

Chapter 8: Pasta al tonno senza sale

Notes:

(See the end of the chapter for notes.)

Chapter Text

Nei giorni successivi all’appuntamento in caffetteria, i due hanno continuato a scriversi, principalmente mandandosi quelle foto apparentemente senza logica. Ad esempio, un giorno Simone è andato a fare spesa e - nell’arco di mezz’ora circa - ha inviato a Mimmo una serie di scatti dei prodotti esposti che gli ricordavano il biondo, fra cui le buste di preparato per la cioccolata calda, le bottiglie di succo di frutta e un cartone di margherita surgelata su cui c’era scritto «vera pizza napoletana».

M: spero tu non abbia acquistato quella cosa… 

S: se vuoi la prendo anche per te e ce la mangiamo insieme 

M: piuttosto m’accir, non la prendere!!!! 

S: smetteresti di essere mio amico per una cosa del genere? :(

M: si

S: ok :((

Quando a Mimmo arriva il video di Simone che toglie la pizza dal carrello per rimetterla nel congelatore - accompagnato da un messaggio che recita (comunque non l’avevo presa davvero) -, è appena finita la lezione. Gli risponde con un sia lodato gesù e a quanto pare sta sorridendo ma non se ne rende nemmeno conto fino a che non glielo fa notare Chicca. “Chi è il nuovo amore?”

Lui infila il telefono in tasca e scuote la testa, mentre rimette le sue cose nello zaino. “Ma che stai ricenn’!”

“Vabbè chiedevo solo! È che io dopo questa lezione infinita l’unica cosa che vorrei fare è dormire, te invece ridi. Vorrei sapere da dove ti viene la forza.”

“Viene dal fatto che sono contento di venire all’università. E poi mica è stata così lunga la lezione.”

“Forse a te non è sembrata lunga perché stavi al cellulare.” ridacchia Leo. “Io sto morendo di fame e il professore continuava a parlare, non ce la facevo più.”

Chicca e Leo sono le prime persone che ha conosciuto all’università. Spesso si ritrovano a studiare insieme in biblioteca, dato che seguono gran parte dei corsi insieme. Qualche mese dopo aver conosciuto Chicca ha scoperto che andava al liceo con Laura - com’è piccolo il mondo! - e che aveva cambiato a metà del terzo anno per passare all’artistico, finendo così nella classe di Leo. Mimmo non li vede molto spesso fuori l’ateneo, però gli piace stare con loro.

“Oddio anch’io ho una fame… andiamo a pranzare insieme, vi va?” chiede Chicca ad entrambi. Leo annuisce entusiasta e Mimmo vorrebbe aggregarsi a loro ma si ricorda di essersi già organizzato con Viola e Luna. Li ringrazia per l’offerta ma si rende conto di essere già in ritardo per l’appuntamento e corre via.

 

“Scusate per il ritardo, il prof non finiva più di parlare.” le abbraccia ansimando prima di mettersi comodo. “Allora, di che stavate parlando?”

“Niente di che, raccontavo a Viola dell'ultimo casino che ha combinato Mammolo.”

Mammolo è il gatto di Luna e Laura. Lo avevano chiamato così perché lo avevano trovato appunto in zona Ponte Mammolo - Mimmo le aveva subito perculate chiedendo che nome gli avrebbero dato se l’avessero trovato che ne so, a Castro Pretorio - ed era ferito in mezzo alla strada. Aveva qualche settimana e non essendo riuscite a trovare né il padrone né la madre, lo hanno ospitato nel loro appartamento e ora vive in compagnia delle ragazze da sei mesi. Capita spesso che gli metta in disordine la casa, però non riescono mai a resistere a quel musetto e alla fine lo riempiono pure di coccole. A Mimmo piacciono molto i gatti e ogni volta che va a casa delle amiche prende in braccio Mammolo e lo accarezza per ore, che poi secondo loro è il reale motivo per cui va a trovarle. 

“Che ha fatto stavolta?” chiede divertito. Quando Luna racconta una storia c’è sempre da sbellicarsi.

“Ha imparato a rovesciare le cose ora!” dice con finto entusiasmo. “Quindi ha buttato giù i cesti della spazzatura e ci si è rotolato dentro. Poi è passato anche in bagno e ha buttato giù qualche crema, shampoo e cose così. Ovviamente per non farsi mancare niente è andato a rovesciare anche i vasi sul balcone, ma fortunatamente le piante sono riuscite a salvarsi dalla sua furia perché ci ha solo pisciato sopra, stavolta non le ha mangiate.” Mimmo ride e annuisce ascoltando l’amica. “Ah ma la parte più bella è che ha fatto tutto questo mentre eravamo fuori casa, ovviamente. Quindi quando siamo tornate abbiamo trovato ‘sto casino, abbiamo subito capito che era stato lui. Ma Mammolo aveva previsto tutto e si era già nascosto.” dice alzando l’indice. “L’abbiamo cercato per mezz’ora e alla fine stava sulla libreria che dormiva beato. Laura gli ha fatto una foto perché era troppo carino, l’ha messa come sfondo del telefono.” conclude con la voce ormai intenerita. Come da copione, anche stavolta Mammolo se la cava.

“Troppo furbo sto gatto. Vi frega sempre.” ridacchia Viola. Poi si volta verso Mimmo. “Te invece, come va?”

“Tutt’apposto, oggi non lavoro.”

“Beato te, io ho il turno al locale stasera. Ma perché non passi a trovarmi con Viola e Rayan, ti va?”

“Ah vorrei, ma non posso. Ho da fare.” la informa prima di prendere un boccone.

“Che devi fare?” chiede Luna alzando un sopracciglio. 

“Ho un appuntamento con una persona.” farfuglia masticando.

Le due ragazze rimangono a guardarlo sbalordite, si lanciano un'occhiata, poi si voltano di nuovo verso il ragazzo. Da quando si è lasciato con Andrea, non ha mai menzionato nessun nuovo interesse amoroso, né ha mai fatto intendere che fosse pronto a incontrare qualcuno. Quindi sembrano piuttosto curiose di saperne di più. “Beh, raccontaci. Chi è?”

Alza lo sguardo e annuisce, poi appena ingoia il boccone risponde. “È Simone.”

Luna rimane visibilmente sorpresa. “Non sapevo che vi stavate frequentando.”

Mimmo sta per dire non ci stiamo frequentando ma viene anticipato da Viola. “Aspetta, ora che ci penso Rayan mi aveva detto che l’avevi invitato a casa tua una sera. Ma tipo settimane fa. Nemmeno mi era sembrato un appuntamento romantico.”

“Mimmo esce con Simone e noi lo dobbiamo scoprire dopo settimane? E da Rayan per giunta?”

“Lù, ma non è accussì. L’avevo invitato per vedere la partita insieme, poco più di una settimana fa.” precisa.

“Ma se Simone odia il calcio.” il suo tono di voce è confuso.

“Eh l’ho scoperto solo dopo averlo invitato.”

“Vabbè però se vi rivedete significa che gli piaci, si vede che questa partita che avete visto insieme è stata molto bella.” e fa le virgolette come a sottintendere altro. “Non ci credo che pure quello scemo di Simone non abbia detto niente né a me né a Laura.”

Viola ride vedendo Mimmo diventare sempre più rosso in viso. “Ma che sfaccimm stai dicendo, Lù. Siamo solo amici io e Simone.”

La ragazza alza le mani in segno di resa. “Vabbè comunque non c’era niente di male. Simone è simpatico.” poi guarda Viola. “Ma scusa, a te Rayan che t’ha detto?”

“Che giorni fa hanno visto la partita tutti insieme e Mimmo aveva invitato pure questo ragazzo, anche lui dice che è simpatico. Io sinceramente non lo conosco molto.”

“Ma no, Viò! Dico che t’ha detto de Mimmo e Simone?”

Mimmo sta masticando quindi non può parlare, ma fulmina l’amica con lo sguardo per quella domanda. “Ma che vuoi che mi dica Rayan, stava tutto preso a vedere la partita. Seppure si limonassero davanti la tv lui noterebbe solo che gli stanno coprendo la visione e si limiterebbe a chiedergli di spostarsi.” lo dice quasi infastidita roteando gli occhi, ma a Mimmo fa ridere. “Comunque a fine serata mi ha detto che sono stati bene, anche se la partita non è stata un granché.”

“Vero, non c’è stato manco un gol.” conferma lui cercando di sviare il discorso. 

“Comunque anche se siete solo amici è una bella notizia.” riprende Viola. “Anzi, perché non ci vediamo per una cena tutti insieme?”

“Volete invitare me e Simone a una delle vostre cene tra coppie?”

“Ma non chiamarla così, è solo una cena tra amici.” Mimmo fa spallucce e Viola rotea gli occhi. “Vabbè lo dicevo solo per poter stare tutti insieme, se non ti va non vi invitiamo e arrivederci.”

“Ma no va bene, mi fa piacere.”

 

Quando l’ultima lezione del giorno termina, Mimmo scappa via dall’aula, prende la moto e parte. Non è sera, ma essendo inverno il sole è già tramontato ed è abbastanza buio. C’è traffico e sta beccando un sacco di semafori rossi, ma quando riesce a muoversi il vento gli schiaffeggia il volto e cerca di destreggiarsi fra le auto per raggiungere puntuale villa Balestra.  

Quando riesce ad arrivare, parcheggia la moto e va a bussare alla porta. Sono passate appena due settimane dalla prima volta che è stato lì e non è cambiato nulla. Tranne per il fatto che ora guardando quella villa non immagina più al suo interno l’archeologa, l’imprenditore e quel cagnolone. Ora sa che lì c’è Simone - e in base a quanto gli ha detto ci vivono anche suo padre e sua nonna con lui. Ce li vede, anche se ancora non li conosce, a mangiare tutti insieme in quel tavolo nel patio.

“Ho un pacco per te!” esclama, appena il moro gli apre la porta.

“Sembra l’inizio di un porno.” Simone ride e gli fa cenno di entrare, ma Mimmo ormai sembra più un pomodoro che altro. “Quindi, che cos’è?”

Il biondo si schiarisce la gola per abbandonare l’imbarazzo e mostra la busta. “Ho portato il dolce. Il tiramisù.”

“Oh, ti amo.” dichiara prendendo il vassoio e richiudendo la porta. Poi gli indica una poltrona e lo invita a poggiare lì le sue cose.

“Bella casa.” dice mentre si toglie la giacca. “Rimani spesso da solo?”

“Abbastanza. Mia nonna va a teatro o per i suoi spettacoli o per assistere.” Mimmo fa un cenno di sorpresa. “Mio padre sta qui, ma praticamente è come se vivesse già dalla sua fidanzata.” poi appena Mimmo ha posato anche lo zaino, il moro agita una mano per farsi seguire in cucina. “Comunque, io non sono molto bravo a cucinare.”

“Oh no. Non dirmi che alla fine hai comprato quello schifo surgelato.”

“Ma no, non sono così disperato. Cioè almeno la pasta sono in grado di farla, ho campato con quella per mesi in Francia. Per te va bene?”

“Va bene, non te preoccupa.” scivola un po’ sul tavolo della cucina e fa il vago. “Quindi sei stato in Francia?” 

“Si, ci ho fatto l’Erasmus. Sono tornato qualche mese fa in realtà.” sta iniziando a riempire la pila dell’acqua per riscaldarla. “A Parigi, te ci sei mai stato?”

“No, mai. È bella?”

“Abbastanza. Però non è così romantica come dicono.”

“Davvero?”

“Ti ho distrutto tutti i sogni?” ride.

Si. “Ma no, che dici. Comunque ora che ci penso, Luna me l’aveva già detto.”

“Che Parigi non è romantica?”

“No, dell’Erasmus. Non c’eri al suo ultimo compleanno e aveva detto che era perché stavi in Francia.” Simone annuisce mentre accende un fornello. “Ma comunque perché Parigi? Hai scelto te o ti ci hanno mandato?”

“Ho scelto alcune mete fra quelle proposte che mi interessavano di più e poi hanno scelto loro dove mandarmi.” poi si volta a guardarlo e ridacchia. “Ho segnato Parigi perché parlo francese e non volevo avere difficoltà con una lingua nuova.”

Ah. “Come parli francese?” Mimmo non se l’aspettava e la cosa lo stuzzica un po’ ma non vuole ammetterlo. “Ma tipo perché l’hai studiato a scuola e te lo ricordi?”

“Beh si l’ho studiato alle medie e andavo benissimo ma non dissi a nessuno che era perché mia nonna è mezza francese e praticamente lo parlo da quando ero bambino.” ride.

Ma cosa ti ridi? vorrebbe dirgli Mimmo, ma si trattiene. Gli sembra di avere la bocca spalancata ma può giurare di non aver mosso un muscolo. “Non ci credo.” riesce a dire.

Lo guarda e alza un sopracciglio, si avvicina appena col busto. “T'as pas confiance en moi?” sussurra in un francese perfetto.

A facc ro’ cazz. È impressionato ma cerca di ricomporsi subito. “E quindi fingevi che questo accento fosse un talento naturale e ci credevano pure?”

“Non un talento naturale,” precisa agitando l’indice “fingevo di ammazzarmi di studio ma in realtà non ho mai aperto libro.”

“Che cattivo ragazzo.” lo rimprovera scuotendo la testa, ma appena lo dice si sente estremamente a disagio perché gli suona orribile. Ma perché mi escono queste battute pessime ogni volta che Simone mi sta davanti?

Il moro si appoggia al tavolo e guarda Mimmo negli occhi, aggrottando la fronte. “Molto cattivo. Perché, avevi dubbi?”

Cazzo, le guance gli stanno andando a fuoco e vorrebbe sprofondare nella sedia. Ma perché finiamo sempre così? Si schiarisce la gola dopo aver passato forse troppo tempo a perdersi nel suo sguardo e scuote la testa ridendo. “No, in effetti non ne avevo.”

Simone sorride ed è molto bello - il sorriso, che avevate capito? - poi si volta e apre uno scaffale. “Vanno bene le pennette?” Mimmo annuisce e il ragazzo butta la pasta nella pila.

 

“Allora, com’è?” gli chiede appena assaggia la prima inforchettata.

“Buona, però la pasta al tonno la sanno fare tutti.” Il moro sussulta, fingendosi estremamente offeso. “Non te la prendere, un giorno sarai un cuoco stellato. Magari quando imparerai ad usare tipo, faccio per dire, il sale.”

Simone scoppia a ridere. “Un po’ sciapa, ve? Vabbè la prossima volta cucini tu.”

“Tu ci scherzi, ma so cucinare per davvero io. Diciamo che in una scala che va da te a Cannavacciuolo, io sono più vicino a Cannavacciuolo. Non lo raggiungo per poco.”

“In una scala in cui io sono il migliore e Cannavacciuolo non lo è.” precisa l’altro.

“Ovviamente. Cannavacciuolo non potrebbe mai fare questo piatto delizioso.” e scoppiano entrambi a ridere appena termina la frase. 

Mentre stanno mangiando, a Simone arriva una notifica sul telefono. “Scusa, potrebbe essere mia nonna.” Dice controllando il messaggio. Quando lo legge, posa lo sguardo verso l’amico alzando un sopracciglio. “Mi ha scritto Laura…”

Mimmo smette di mangiare e lo guarda con un’espressione fra il confuso e il preoccupato, perché in quel momento non riesce a definire i pensieri del suo amico. “Che succede? È tutto ok?”

“Si, no è che… Mi ha scritto questo.” e gli mostra il telefono. 

L: SIMO MA TI PARE CHE LUNA MI DEVE VENIRE A DIRE CHE STAI CON MIMMO PRIMA DI TE????

Mimmo legge il messaggio e gli sta per uscire una risata isterica, ma forse c’è solo da strapparsi i capelli. “Potrebbe essere colpa mia, ma giuro che non ho detto questo a Luna.”

Simone ridacchia e scuote la testa “E che hai detto a Luna?”

“Solo che eravamo usciti insieme un paio di volte, le ho specificato che siamo solo amici. Ma sai com’è fatta.” 

Il moro apre la bocca per rispondere ma viene bloccato da un altro messaggio di Laura. Lo legge e poi glielo mostra.

L: ah no scusa, non aveva finito di raccontare la storia

sono comunque contenta che ti sei fatto un nuovo amico

poi mi racconti se ti va ok? ciao <3

Ride e posa il telefono. “Vabbè, tranquillo non è colpa tua.”

Mimmo alza lo sguardo e si incontra con quello di Simone. Si sorridono imbarazzati ma tornano presto a concentrarsi ciascuno sul proprio piatto e vanno avanti così per un po’. C’è solo un silenzio di disagio a fargli compagnia e Mimmo si sente quasi responsabile in qualche modo. Maledetta Luna, perché combini sempre casini? Mentre cerca le parole per riprendere in mano la conversazione, l’amico lo anticipa.

"Comunque non è che-” e si blocca, forse anche lui non trova il modo di spiegarsi. “Cioè, non è che tu…” le gote gli si colorano un po’, chissà perché. “È che non sto cercando niente di simile. Ti vedo davvero come un amico.”

“Lo so, è lo stesso per me.” lo rassicura giurando con una mano al petto. “Mi sono lasciato da poco, non sono ancora-”

Inclina la testa. “Ti piace ancora?”

Scuote in fretta il capo. “No no, per niente. Non mi manca, non voglio tornarci assieme, sarebbe di nuovo un disastro. Il fatto è che non sono ancora pronto, è passato troppo poco tempo per andare avanti.” ammette, per cui Simone suppone sia stata una relazione complicata. Al che Mimmo annuisce e si spiega. Non gli piace parlarne ma con il moro gli viene talmente naturale che è come se non se ne rendesse conto. “Assai complicata. Non è durata a lungo, ma ho avuto poche relazioni durature, quindi la considero importante. E ancora ci penso spesso, mi chiedo se sarebbe potuta finire diversamente, magari avrei sofferto di meno o sarei rimasto meno ferito.” conclude e cerca gli occhi dell’amico, ma lo trova a testa bassa che riflette.

“Sì… sì, ti capisco.” sospira e continua a osservare il tavolo. “È stato così con il mio ex.”

“L’ex della festa?”

“Proprio lui.” fa un sorriso, più di cortesia che per altro. Si vede che è un sorriso finto perché lo sguardo è malinconico. “È stato il mio primo ragazzo, siamo stati insieme per parecchio tempo. Non si superano facilmente delle storie così lunghe e importanti. A essere sincero, all’inizio avevo un po’ paura di ritrovarmelo davanti che si scusava. O meglio, avevo paura di me, della probabilità che lo perdonassi e tornassi in quel loop di litigate e-” si blocca, scuote la testa e alza lo sguardo. “Vabbè era tosta, non facevo altro che pensare a lui ovunque andassi, anche qui. E infatti sono dovuto addirittura andarmene in un altro paese.” ridacchia.

Scoppia a ridere pure lui. “In effetti… ma almeno Parigi ha aiutato?”

“Più che Parigi mi ha aiutato la terapia. Però anche allontanarmi un po’ da questo posto è stato utile, credo.” sorride. “Poi in realtà a Parigi ho avuto una breve storia con uno del posto, ma non era per niente seria.”

“Sei stato con un francese?” chiede sorpreso. “Come posso competere con lui?” sospira affranto portandosi una mano al petto.

“Non puoi infatti.” ridacchia, ma poi torna a raccontare. “Pierre ci ha provato con me e siccome era carino ci sono uscito assieme per un po’. Forse la cosa che mi piaceva di più di lui era proprio la certezza che la nostra storia sarebbe durata poco. Infatti quando sono partito ci siamo lasciati ed è stato… naturale. Non abbiamo sofferto troppo. E comunque non sono mai riuscito a stare davvero con lui, la mia testa era ancorata al passato.“

“Perché ancora pensavi all’ex.”

Simone sospira e annuisce. “Quando mi sono messo con lui non stavo per niente bene, stavo affrontando un sacco di casini nella mia vita e credo di essermi convinto che lui fosse l'ultimo tassello per il disastro perfetto. Non funzionavo più.” poi scuote la testa. “Vabbè scusa, forse ti sto annoiando. Cambiamo argomento, ti va?”

“Se ti fa stare meglio.” si scambiano un sorriso e riprendono a mangiare.

Si fanno compagnia chiacchierando ancora, cercando di evitare di parlare di relazioni passate, cuori spezzati e traumi d’infanzia. Nessuno dei due vole finire la serata in lacrime.

Notes:

ok ora passiamo alle cose importanti, leo nella mia testa è interpretato da morgan davies (ma non preoccupatevi, lo conoscerete meglio nei prossimi capitoli eheheh)

Chapter 9: La cena di compleanno

Notes:

mi dimentico sempre di aggiornare ops sono un disastro! comunque spero siate ancora interessatə a seguire questa storia anche se la aggiorno una volta al mese perdonatemi :(

Chapter Text

Qualche giorno dopo la cena con Mimmo, Simone va all’Alvie’s Pub, dove trova Luna che finge di lavorare ma in realtà si mangia con gli occhi Laura, che a sua volta finge di leggere.

“Oh, scusate se mi intrometto.” le saluta avvicinandosi. “Come va?”

“Oi Simo.” Laura chiude in fretta il libro - al quale tanto non stava dando attenzioni nemmeno prima - e si gira verso l’amico. “Tutto bene, stavo leggendo un libro per l’uni. Te com’è andata a lezione?”

“Normale, niente di speciale.” si mette seduto poi chiede a Luna una birra.

“Ah comunque scusami per l’altra sera, per quella cosa di Mimmo. Non avevo capito bene la situazione.” ridacchia guardando la fidanzata con la coda dell’occhio. “Comunque avresti potuto dirmelo che siete diventati amici.”

“Sì, lo so. È che in realtà è iniziata per caso e non pensavo saremmo andati così tanto d’accordo.” Luna gli porge lentamente la bottiglia e lo guarda alzando un sopracciglio. “Dico davvero. Abbiamo iniziato a parlare e mi sembra… è come se ci conoscessimo da sempre. Non so spiegarlo.”

Laura si scambia un sorriso con la fidanzata - che poco dopo va a servire una coppia a un tavolo distante -, poi si volta verso Simone. “Quindi siete solo amici?”

Lui fa un cenno con la testa poi le spiega. “Ne abbiamo anche parlato l’altra sera dopo il tuo messaggio. Cioè appena ho letto quello che mi hai scritto ho pensato che lui avesse detto a Luna che c’era qualcosa tra noi, ma poi ho capito che è stato solo un malinteso.” dice. “Mi ha detto che anche lui si è lasciato da poco.”

“Ah si, con quel coglione.” Simone si volta sorpreso. Non sa molto riguardo l’ex di Mimmo ma non ne vuole sapere se non sarà lui a parlargliene. “Non so quello che ti ha detto ma non si è comportato bene. Tra l’altro era un amico di Luna, si sono conosciuti tramite lei.” La ragazza sembra perdersi a pensare a qualcosa, poi prende un sorso di birra e scuote la testa. “Ma la cosa a te sta bene?”

“Mi sono appena lasciato,” gli fa notare “non penso nemmeno ad una relazione.”

“Sì, ma non credo che la storiella col francese ti abbia distrutto poi così tanto.” mormora lanciandogli un’occhiataccia. Simone si limita a sospirare, rilassa le spalle e scuote la testa in silenzio. “Non penserai ancora a quel bastardo? Sono passati dieci anni, lo devi dimenticare.”

“Non sono dieci anni.” precisa lui.

“È lo stesso. Simo, è finita e ora puoi andare avanti con la tua vita, incontrare gente nuova, vai a qualche appuntamento, anche solo per farti una bella scopata.”

“Lo so, ma non sono interessato.” replica facendo spallucce e beve un sorso di birra. Laura ha ragione riguardo al fatto che dovrebbe uscire con qualcuno, ma non vuole ammetterlo. Aveva provato a frequentarsi con Pierre solo perché sapeva che una volta tornato in Italia non lo avrebbe rivisto. La verità è che una parte di lui ha paura di avere una relazione seria. “Io e Mimmo siamo solo amici-” inizia a dire ma la sfiga vuole che in quel momento Luna torni al bancone.

“Esistono gli scopamici.” replica lei seria.

Simone si blocca per un istante, poi scuote la testa e agita una mano. “Stavo dicendo che siamo solo amici e mi sta bene così, non sono interessato ad altro.” si affetta a precisare. 

La ragazza fa spallucce e si mette a preparare dei cocktail dando del noioso al suo amico. Laura invece poggia una mano sul braccio di Simone. “Però mi prometti che te lo dimentichi?” gli sussurra.

“L’ho già dimenticato, davvero.” la rassicura. “Ma non voglio un’altra relazione disfunzionale solo per stare con qualcuno, mi basta la compagnia dei miei amici per stare bene.” le sorride sfiorandole la mano.

Laura sorride poi sussulta come se un pensiero l’avesse improvvisamente colta. “A tal proposito, io e Luna vorremmo fare una cena a casa nostra.” annuncia entusiasta.

“Non cenate di solito?” 

“Molto divertente.” sbuffa l’amica. “Il fatto è che… sai che ogni tanto ci vediamo con Viola e Rayan, no? Ecco, abbiamo pensato di invitare anche te e Mimmo una volta. Ma solo se vi va.”

Il moro inclina la testa e alza un sopracciglio. “Ci state invitando a una delle vostre cene tra coppie?”

“Sei uguale al fidanzato tuo.” commenta Luna e Simone la fulmina con lo sguardo. 

“Se la vuoi chiamare così,” si rintromette Laura “ma noi preferiamo dire cena tra amici. Anche perché mi sembra di capire che voi non siate una coppia in quel senso.” E rimane a fissarlo fino a che Simone non conferma - per l’ennesima volta - con un cenno con la testa, a quel punto lei distoglie lo sguardo. “Ecco, appunto. Insomma, vi va?”

Non sa bene come rispondere quindi si limita ad annuire e farfuglia qualcosa sul fatto che poi si organizzeranno perché ora è molto impegnato con l’università e le ripetizioni e anche Mimmo lavora molto e non sa se può liberarsi. Laura gli dà corda e lui spera - in parte - di non ricevere alcun invito perché pensa sarebbe imbarazzante.

*

Marzo sta per finire e iniziano ad arrivare le belle giornate, sarà per questo che Luna ha proposto a Mimmo di vedersi allo skatepark. Lui comunque, dato che oggi non lavora, accetta volentieri l’invito. Quando lo vede arrivare, l’amica si toglie dalla pista e lo raggiunge. Si salutano con un cinque e si scambiano alcuni convenevoli e il biondo sarebbe pronto a sfrecciare con lo skate, ma l’amica si mette seduta e lo informa di dovergli parlare.

La cosa lo preoccupa quindi si siede e annuisce invitandola a parlare, anche se ha paura di cosa stia per dirgli. “Sei nei casini?” domanda cauto.

Lei scuote la testa. “Si avvicina il compleanno di Simone e-”

“Pensavo fosse qualcosa di grave.” la interrompe, tirando un sospiro di sollievo. “Ma non lo sapevo, quando è il suo compleanno?”

“30 marzo.” lo informa. “E lui non ha organizzato niente, ma noi volevamo comunque fargli fare qualcosa. Abbiamo pensato di invitare anche te dato che siete diventati...” fa una pausa, sceglie le parole da usare. “buoni amici?” domanda con tono indagatorio.

Mimmo annuisce. “Sì, direi di sì. Mi farebbe piacere venire alla sua festa.”

“Più che una festa è una cena.” precisa. “E sarà alquanto triste, ma vogliamo comunque costringerlo a fare qualcosa.” E prende un sorso d’acqua dalla borraccia.

La guarda e inclina la testa. “Perché costringerlo?” 

Fa un cenno col capo mentre deglutisce. “Lui non vuole fare niente ma lo dice solo perché ha ancora il trauma di quel compleanno in cui-” si blocca di nuovo, stavolta fa un cenno con la mano. “Vabbè, riguarda il suo ex. Ma il punto è che praticamente è da tipo il suo diciottesimo che Simone non festeggia il suo compleanno. E siccome non se la passa bene, secondo noi gli farebbe bene svagarsi un po’ no?”

Mimmo annuisce. Non sa la storia dell'ex e sa che non lo riguarda, per questo non chiede maggiori informazioni. Immagina che sia stata una storia travagliata e capisce che può essere pesante, ci è passato. “È una festa a sorpresa o lui lo sa?”

Non è una festa, ma una cena ripetono entrambi in coro, prima che Luna risponda. “Comunque per ora non sa niente, mantieni il segreto. Ma tanto glielo diremo qualche giorno prima della cena perché non gli piacciono le sorprese. Ci siamo già organizzate per il regalo, ti unisci a noi?”

Mimmo fa una smorfia mentre ci pensa. “Non è strano? Poi sembra che ho fatto il regalo assieme alle mammine.”

Lei sgrana gli occhi e gli punta l’indice contro. “Non dire mai più mammine.” lo minaccia seria. “E comunque stavamo facendo un regalo di gruppo con un altro invitato. Vuoi unirti a noi tre?” chiede scocciata e non gli dà nemmeno il tempo di rispondere. “Immagino di sì, perché fare il regalo da solo ti farebbe sembrare ufficialmente il suo fidanzatino e questo sarebbe più strano.”

E siccome l’amica non ha tutti i torti, accetta. Si accordano sui dettagli e poi sfrecciano con lo skate per tutto il pomeriggio, si divertono molto. Rimangono fino a che il sole non sta per tramontare. Mimmo torna a casa e ammira il cielo colorarsi di arancione e rosa, si sente particolarmente felice perché gli sembra passato un secolo dall’ultima volta che aveva passato un pomeriggio così.

 

Nei giorni a seguire non fa menzione della sorpresa a Simone, che comunque non nomina il suo compleanno in alcun modo. Ma a tre giorni dalla cena, mentre sta cucinando, Mimmo riceve una chiamata dall’amico.

“Tu lo sapevi?”

“Presumo ti abbiano detto della cena.” ipotizza ridacchiando.

“Lo sapevi e non me l’hai detto. Questa è praticamente una festa sorpresa.” sbuffa irritato.

“Non è una festa a sorpresa.” rettifica, tirando fuori gli hamburger dal frigorifero. “Innanzitutto, è solo una cena. E poi non è a sorpresa perché ora lo sai anche te.”

“Ti ha istruito proprio bene Luna.” commenta sorpreso. “Avete detto le stesse cose, parola per parola.”

“E se te lo diciamo entrambi, si vede che abbiamo ragione.” gli fa notare.

“Si vede di sì.” sospira. Mimmo sente un fruscio, sembra l’amico si stia sdraiando. “Sarà una serata patetica.”

“Non è vero.” prova a confortarlo, anche se Luna avrebbe concordato. “Pensi che una serata con i tuoi amici sia patetica?”

“No, ma festeggiare il mio compleanno lo sarà.”

“Non ti piace il tuo compleanno? Ti mette tristezza?” chiede, poggiandosi sulla penisola della cucina.

Lo sente sospirare e rigirarsi sul divano, o forse il letto - non gli è chiaro dove si trovi. “Diciamo così.” Non sei costretto a parlarmene vorrebbe dirgli Mimmo, ma l’altro comincia a raccontare e quindi rimane in silenzio ad ascoltare, tenendo d’occhio i fornelli. “Era il mio compleanno quando mi sono messo con il mio ex. È diventato il giorno del nostro anniversario. E quindi in teoria andavo a cena con lui per festeggiare la nostra ricorrenza, per questo non ho più fatto niente con i miei amici o la mia famiglia.”

“In teoria.” ripete.

C’è un momento di silenzio, solo un sibilo in sottofondo che Mimmo traduce come un inizio di pianto. “In pratica non facevamo niente. Perché lui era sempre nervoso e troppo impegnato per fare qualsiasi cosa che non fosse…” non completa la frase, continua a sospirare.

Mimmo vorrebbe stargli sdraiato accanto per abbracciarlo e farlo stare meglio. Inclina la testa e pensa a qualcosa da dire che possa dare lo stesso tipo di conforto. “Mi dispiace. Non avrebbe dovuto trattarti così, mi spiace davvero.” e non è sicuro che sia davvero di aiuto, però è quello che pensa. “Meriti qualcuno che voglia celebrare la tua esistenza, di anno in anno. Perché… è bello.” dice trascinando l’ultima parola. È così bello averti nella mia vita e io sarei contento di celebrarti avrebbe voluto dire, ma gli suona male. Forse troppo egocentrico, forse fuori luogo. Di sicuro ambiguo.

Rimane in silenzio per un po’, poi si schiarisce la gola. “La mia esistenza non è da celebrare, faccio casini tutti i giorni.” ridacchia con un tono di voce che rispetto a qualche minuto prima sembra più tranquillo, spensierato. “Però grazie. Prometto che cercherò di godermi la festa.”

La cena precisano poi entrambi in coro.

Simone si fa nuovamente serio e gli chiede un favore, Mimmo annuisce mentre gira l’hamburger sulla padella. “Dimmi.”

“Laura e Luna non sanno tutta la storia di come ci siamo scontrati la prima volta… no scusa, la seconda. Vabbè comunque il punto è che per quanto sia una storia divertente vorrei evitare di dirglielo.”

“Perché?”

“Perché se sapessero che ci ho provato con te e che ti ho detto ti amo non smetterebbero di prendermi in giro.”

“Ok va bene, non vuoi essere preso in giro anche da loro.” ridacchia e percepisce lo sguardo fulminante di Simone nonostante la distanza.

“No, non era questo che dicevo. Non mi va che si facciano strane idee. Mi segui?”

Mimmo si fa più serio. “Credo di sì. Già nessuno ci crede davvero solo amici, se sanno che ci hai provato con me sarebbe la fine per te. Non farebbero altro che tormentarti.”

“Non sai quanto ti sto odiando in questo momento.” sbuffa, facendo ridere il biondo. “E poi dici così come se te non ci avessi mai provato con me.”

“Io? Provarci con te?”

“La prima volta che ci siamo visti, al compleanno di Luna. Non dire che non è vero perché è così, ci stavi provando.”

Mimmo rimane con la bocca aperta ma non dice niente. Scuote la testa e torna a ridere. “È stato talmente tanto tempo fa, mi sorprende che te lo ricordi.” si difende, mettendo l’hambuurger pronto su un piatto. “E poi non è minimamente paragonabile a quello che mi hai detto tu. Ma dato che sono un buon amico non lo dirò a nessuno.”

 

Dunque Mimmo si prende il giorno libero per andare a una semplice cenetta informale in una pizzeria. Laura e Luna si occupano di andare a prendere Simone a casa e di portarlo lì. Quindi ora sta aspettando che arrivi il festeggiato, seduto al tavolo prenotato dalle amiche, quando un ragazzo si avvicina a lui. È alto, ha i capelli castani chiari, lo sguardo gentile. “Devi essere un altro amico di Simone.” afferma insicuro.

Si volta a guardarlo e annuisce, allungando la mano. “Mimmo, piacere.”

Ricambia la stretta e si presenta. “Thomas, piacere mio. Ci siamo conosciuti all’università e poi siamo stati coinquilini in Erasmus.”

E chissà perché uno dei suoi primi pensieri va al ragazzo francese di Simone, immagina che questo suo amico lo abbia conosciuto. “Ah, capisco. Noi ci siamo conosciuti perché abbiamo amici in comune.” spiega, anche se gli sembra quasi una bugia. Ma, innanzitutto non vuole tradire Simone e dire che hanno fatto amicizia quando lui l’ha abbordato e poi comunque gli sembra una mezza verità perché il loro primo incontro era stato in effetti alla festa di Luna, amica in comune.

Fortunatamente non sono costretti a lungo a portare avanti la conversazione perché il moro entra, accompagnato dalle ragazze. Quindi gli fanno gli auguri, un applauso che lo mette molto a disagio e poi sono pronti a ordinare. Dopo aver mangiato, portano la torta - pizza bianca con la nutella e dei ciuffetti di panna decorativi - e mettono nuovamente in imbarazzo il loro amico cantandogli tanti auguri a gran voce, tanto che non solo il cameriere che porta il dolce ma anche qualche altro cliente si unisce a loro. Soffia sulle candeline e mangiano tutti assieme, poi scarta i regali e ringrazia gli amici con un enorme sorriso, che raramente Mimmo gli ha visto in volto. Anche se non era entusiasta all’idea della festa, Simone sembra divertirsi e magari è perché ha paura che Luna lo meni, ma sembra davvero apprezzare che i suoi amici siano lì con lui. 

A fine serata, quando è di nuovo a casa, sdraiato sul letto della sua stanza, Mimmo realizza che è stato davvero bene. Gli pare passato un secolo dall’ultima volta in cui è stato così, almeno per più di una settimana. Con Andrea era tutto complicato e ormai nell’ultimo periodo avevano delle crisi settimanali. E stava sempre male.

Ora invece sta bene, una sensazione di tranquillità lo coccola. Si addormenta senza nemmeno guardare le crepe sul soffitto, chissà se ci sono ancora.

Chapter 10: Ma infatti a che servono i centrini?

Notes:

cosa sta succedendo due capitoli in una settimana??? è solo per farmi perdonare per la lunga assenza (e anche perché stanno arrivando i miei capitoli preferiti e cavolo non vedevo l’ora di arrivarci !!!!)
poi mi sono ricordata ora di non avervi detto (o confermato per chi l’avesse intuito) alla fine dell’ultimo capitolo che ho castato tommaso donadoni per interpretare thomas, l’amico di simone (pg che dalla s3 di unprofe esisterà veramente)
ok detto questo vi lascio alla lettura di questo capitolo che trovo molto divertente, a presto! <3

Chapter Text

Aprile 2025

Questa mattina sa di primavera, di fiori che sbocciano e di sole che splende. Mimmo è contento, sente le temperature alzarsi appena e vorrebbe tanto uscire a fare una passeggiata, ma è a lezione. 

Alla sua destra, Leo sta sbadigliando mentre prende distrattamente gli appunti - a mano perché il pc si è scaricato e lui si è maledetto per aver dimenticato il caricatore a casa. Alla sua sinistra, Chicca sta scarabocchiando sul quaderno e non sta seguendo la spiegazione. Mimmo ridacchia, consapevole che dovrà passarle i suoi appunti a fine lezione. 

“Cos’è?” Leo si sporge a vedere il disegno della ragazza. 

Quando lei lo nota, stacca la mano dal foglio. “La professoressa.” sussurra.

Mimmo dà un’occhiata al ritratto e in effetti nota la somiglianza. “Uno dei tuoi prossimi quadri?” 

“No, mi sto solo annoiando.” sbuffa tornando a fare il chiaroscuro.

“Li hai finiti?” la interroga Leo, abbandonando del tutto la penna.

“I quadri per la mostra?” chiede lei, per conferma. L’amico annuisce e lei fa spallucce. “Sì, ma appena li finisco iniziano a farmi schifo e ora nessuno sembra adatto. Sceglierò i meno peggio.” mormora rammaricata. 

“Sono tutti bellissimi. Sei una pittrice piena di talento.” la rassicura, dando una gomitata a Mimmo per richiamarlo - dato che stava cercando di seguire la lezione - e lui salta appena dalla sedia e annuisce concordando con l’amico. “Però se vuoi posso aiutarti. Ti dico quali preferisco e quali secondo me sono più adatti per la mostra.” si propone Leo.

Lei lo ringrazia e accetta il suo aiuto. A fine lezione chiedono gli appunti a Mimmo perché loro si sono distratti e hannno perso il filo del discorso e lui glieli passa senza problemi perché, si ricorda, è anche così che sono diventati amici. Siccome è una bella giornata, decidono di pranzare sull’erba. Mentre stanno mangiando, Mimmo recupera i messaggi sul telefono. Ne ha ricevuto uno da parte di Laura, è l’invito alla sua festa di compleanno, tra un paio di settimane. 

L: fammi sapere se ci sei <3

M: non voglio perdermela! <3

Poi vede che anche Simone gli aveva mandato un messaggio in mattinata, la foto di un gatto che cammina per la sua facoltà, e nella didascalia ha scritto non sapevo che avevi cambiato indirizzo di studi.

Mimmo scoppia a ridere. Gli risponde scattando una foto alle margherite che stanno spuntando tra l’erba nel cortile dell’ateneo e chiedendogli come va. Gli arriva un’altra foto, ipotizza sia stata scattata da Thomas, in cui si vede Simone che schiaccia un pisolino con la testa tra le braccia, poggiato su un libro aperto, la schiena ricurva.

S: a lezione in attesa della pausa caffè

Gli manda allora un selfie mentre addenta un panino, riprendendo per metà il suo viso e per l’altra metà il cielo azzurro.

M: io per fortuna sono in pausa :P

Laura mi ha invitato al suo compleanno

S: oh ti prego dimmi che vieni non voglio essere il quinto incomodo  

M: bale tu si proprio nnammurat e me!!!

cmq si vengo

vi siete già organizzati per il regalo?

S: luna glielo fa per conto suo

immagino viola e ray lo fanno in coppia

facciamo un regalo insieme io e te? 

M: per me va bene! non saprei cosa farle :/

S: ti mando qualche idea in questi giorni e poi ci organizziamo :)

 

Fuori non si vede quasi nessuno. Forse perché oggi piove a dirotto e quando è così la gente evita di uscire a farsi una passeggiata. A Mimmo la pioggia non piace e se avesse potuto scegliere, oggi sarebbe rimasto a casa. Ma prima era dovuto andare in università e ora era passato al bar perché doveva vedersi con Simone, dovevano andare a comprare il regalo per Laura in vista del suo ventiduesimo compleanno. Quindi se ne sta seduto a un tavolo a guardare oltre una vetrata la pioggia che scende e bagna la strada semivuota mentre aspetta l’amico.

Si gira quando sente una voce richiamarlo e vede Simone in piedi di fianco a lui. In una mano tiene l’ombrello che gocciola e con l’altra si sistema la tote bag che gli sta scivolando dalla spalla. Lo abbraccia tenendo l'ombrello lontano per non bagnarlo, poi si rimettono seduti. Un cameriere si avvicina e lui ordina un caffè, ovviamente. Appena sistema l'ombrello, si passa una mano fra i capelli, poi poggia i gomiti sul tavolo. “Allora che abbiamo deciso? Che le prendiamo?” e ringrazia il cameriere per avergli portato la tazzina.

“E lo chiedi a me? Tu la conosci meglio.”

“Ti ho mandato le opzioni in chat.” sta per sorseggiare il caffè ma si blocca. “L’hai visto il messaggio, si?” chiede con un sopracciglio alzato. Sembra un professore con quel tono. A Mimmo viene da ridere ma si trattiene. 

“Sicuramente sì, ma puoi-”

“Ok quindi non l'hai visto.” sbuffa interrompendolo. 

“Mi scusi prof Balestra, ho avuto molto da lavorare.” dice a testa bassa.

“Avevi da lavorare ma il tempo per mandarmi quel video reazione all'ultimo episodio di Derry Girls ce l'hai avuto?”

“Uà, non puoi capì ho continuato a chiagnr per un’ora. Ma che ne sai te!”

“Te l'ho letteralmente consigliata io quella se-” scuote la testa. “Vabbè ma comunque mi stai distraendo dall’argomento centrale. Il regalo di Laura.”

“Giusto. Che le facciamo?”

“Allora le opzioni sono due.” E nel dirle le conta con le dita. “Il profumo che usa lei di solito oppure degli orecchini. Mi aveva mandato in chat la foto di un paio che le piacevano, te l’avevo anche girata.”

“Se ti ha mandato lei la foto di quegli orecchini forse è perché voleva mandarti un segnale che li voleva per regalo.”

“No, me le manda sempre queste cose. Non so perché mi chiede consiglio anche se le dico sempre boh fai te.”

Mimmo ridacchia. “Hai chiesto consiglio anche a Luna?”

Annuisce mentre ingoia il caffè. “Secondo lei vanno bene entrambi, la scelta sta a noi. E infatti eccoci qua.” 

“Ok ok.” prende il telefono e cerca la foto dei gioielli. Li trova molto carini e opta per farle quelli come regalo.

Quindi salgono in macchina di Simone e vanno al centro commerciale. Vanno a comprare quegli orecchini, facendoseli incartare dal commesso e quando escono il biondo vede un negozio di elettrodomestici e oggetti per la casa e lo costringe ad entrare.

“Perché siamo qui?” chiede mentre Mimmo sta paragonando due bicchieri chiedendo all’amico quale preferisce. “Devi traslocare? Ti si sono rotti i bicchieri e devi ricomprarli?”

Lui rotea gli occhi e si allontana. “Mi diverte.” E siccome Simone continua a non capire, si trova a costretto a rivelargli che per qualche strano motivo è affascinato dagli articoli per la casa, dai servizi da té e dagli elettrodomestici per la cucina però solo quelli piccoli e inutili. “Tipo il tostapane. O la planetaria. O la piastra per i waffle.” spiega indicandoli. 

“Non sono inutili.” commenta il moro.

Alza un sopracciglio e lo squadra. “Quindi secondo te è necessario avere il tostapane per tostarsi il pane?”

Simone lo guarda confuso. “Non capisco se ti piacciono o li odi.”

“Li amo. Siamo qui per questo, ricordi? Sono inutili, ma sono stupendi.” poi si mette davanti a uno scaffale. “Guarda questa macchina per i pop corn. Vintage, colori sgargianti. Assolutamente sostituibile da una semplice padella. Ma quanto fa figura in cucina? È la sua inutilità che la rende meravigliosa.” E rimane ad ammirarla facendole gli occhi dolci.

“Inizio a pensare che sei pazzo.” commenta serio il moro.

Mimmo si ricompone e sorride. “Non dovresti dirlo. E poi ormai hai già detto che mi ami, non puoi rimangiartelo.” gli ricorda agitando una mano, prima di andarsene verso un altro reparto. 

Quando escono da quel negozio, Simone ha l’aria di una persona che ha appena portato un bambino in un negozio di caramelle e ora si pente di tutte le scelte fatte nel corso della sua vita. Mimmo promette che saranno presto a casa, ma poi mentre vanno al parcheggio vede una libreria e si ricorda di dover comprare dei libri per l’università. Quindi entrano, Mimmo gli dice i titoli che deve comprare e va spedito verso un reparto in fondo, Simone lo segue senza dire una parola e si mette a cercare tra gli scaffali. 

Posso guardare nel tuo pannolino?” il moro si gira aggrottando la fronte e vede l’amico con un libro per bambini in mano.

“Sembra una stranissima richiesta sessuale. Che roba è?”

“Un libro.”

“Fino a qua ci ero arrivato. Ma perché lo stai vedendo?”

“Boh, mi piacciono i libri per bambini.” Alza lo sguardo e nota l’espressione in volto di Simone. “No, non è perché sono un bambino. È che mi piace vedere cosa si inventano. Molte storie sono davvero creative.”

“A dire il vero ero talmente sorpreso dalla tua follia che non avevo nemmeno pensato alla coincidenza.” ammette ridacchiando, poi fa un cenno con la testa. “E quella che ha di speciale?”

“Boh, lo leggo e ti faccio sapere.” Quindi apre il libro e inizia a leggerlo ad alta voce e vede Simone spalancare gli occhi e guardarsi attorno imbarazzato, ma sembra anche piuttosto divertito. Poi si rimette a cercare i libri, mentre Mimmo continua a leggere. L’altro non sembra prestare molta attenzione al racconto, ma si volta stupito quando registra le parole “Tre belle palle grosse.”

Lo sta fissando con il volto arrossato e sconcertato. “Come, prego?”

“Sta scritto qua.” ridacchia e gli mostra la pagina. C’è scritto davvero così, non lo sta prendendo in giro. Poi gli indica il disegno. “Vedi, si riferisce agli escrementi del cavallo.” Lo guarda e alza un sopracciglio. “Che te pensavi Balè?”

Simone distoglie lo sguardo e scuote il capo. “Ma che dovevo pensare, dai.”

Mimmo ridacchia e posa il libro. “Vabbuò però era carino, no?”

“Tu dici? Io non lo comprerei a un bambino. Tra l’altro qual è la morale?”

“Ma perché ci deve stare per forza una morale?”

“Beh si, altrimenti che senso ha.”

“Ah, si proprio razionale tu. Quando leggi un libro lo fai solo per la morale?”

Simone fa spallucce. “Tu perché leggi?”

“Per il piacere di farlo. L'arte è comandata dai sentimenti e le emozioni, non dalla logica.”

“Ah beh, io non li capisco i sentimenti. Forse è per questo.” sospira andando avanti per la libreria.

“E invece dovresti imparare a capirli e dare spazio a ciò che provi, ti farebbe sentire meglio.”

Si volta a guardarlo. “Lo sai che sei uguale al mio terapeuta?” Mimmo scoppia a ridere. “Ma quindi secondo te quel libro si può considerare arte?” gli chiede serio poco dopo.

Fa spallucce. “Boh, c’aggia sape io. Non sono laureato in critica letteraria.” sorride e si mette a cercare anche lui il libro che gli serve. Una volta trovati, finiscono il giro in libreria.

Si mostrano i libri dai titoli divertenti o sui quali potersi fare delle battute. Come L’arte di avere sempre ragione, che secondo Mimmo è la sua autobiografia, anche se Simone si mostra contrario. Oppure Se i gatti scomparissero dal mondo. “Mi sa che tu non ci saresti più.” commenta il moro indicando il libro. “Sarei disperato se accadesse.”

“Non sembri disperato al pensiero.”

“Perché adesso sei qui.” gli dice guardandolo negli occhi.

A Mimmo spunta un sorriso senza che se ne accorga, poi annuisce e si avvicina a vedere la copertina. “Comunque l’ho letto, è molto bello. E c’è una morale, dato che ti interessa tanto.”

Lui rotea gli occhi ridacchiando, ma sfoglia le pagine incuriosito. “Di che parla?”

“C’è un uomo che sta per morire e fa un patto col diavolo. Gli offre un giorno di vita in più, ma in cambio qualcosa deve scomparire per sempre.”

“E lui sceglie i gatti?”

“All’inizio sceglie cose tipo il telefono, i film, gli orologi. Che sono cose inutili, ma quando il diavolo propone di far scomparire i gatti si rende conto che è da egoisti togliere qualcosa agli altri solo per vivere un giorno in più.” gli spiega. Simone annuisce, posando il libro. “Te che sceglieresti?”

“Boh, così su due piedi non saprei. Cioè penso che la cosa più giusta sia tipo togliere guerre e sofferenze, no?”

“Che sei Miss Italia che vuoi la pace nel mondo?” Simone sbuffa e fa per andarsene, ma Mimmo lo trattiene per il braccio. “Tieni ragione, però si tratta più di eliminare un qualcosa che tu consideri superfluo.”

Il moro lo osserva serio, poi cala rapidamente lo sguardo verso la mano ancora appoggiata sul suo braccio. Non sembra dargli fastidio, ma il biondo preferisce togliere la mano, per sicurezza. “Non te lo posso dire.” ammette alla fine con un filo di voce e guardandolo dritto negli occhi. 

“Perché? Sono i gatti?” lo canzona. 

“No. Però non è una cosa che ti posso dire qua con tutte queste persone attorno.” Mimmo lo fissa perplesso inclinando anche un po’ la testa, finché l’altro non scuote leggermente il capo e gli sorride. “Te che sceglieresti?”

Eliminerei tutte le persone attorno. “Boh qualcosa tipo… i centrini. Non servono a un cazzo, non dispiacerebbe a nessuno.” 

Mimmo è costretto, una volta in macchina, a giurare a Simone che non andranno mai più al centro commerciale insieme perché quella che doveva essere una commissione di qualche minuto si è rivelata portargli via mezzo pomeriggio. In realtà si vede che si è divertito un sacco, soprattutto quando hanno scelto i piatti e le tazze per la casa immaginaria e hanno stabilito di che colore dipingere le pareti del salotto - necessario saperlo per poter decidere i cuscini del divano, che secondo il moro devono essere abbinati alle mura.

Chapter 11: Colazione a mezzanotte

Notes:

incredibilmente aggiornando la ff non dopo un mese !!!
comunque spero vi stia piacendo questa storia perché per me ora sta iniziando la parte più divertente eheheh
buona lettura mwah <3

Chapter Text

Laura ha voluto organizzare una piccola festa a casa sua per il suo compleanno, ma è sicuramente una scelta interessante quella di invitare tutti dopo cena, alle 22 per essere precisi, per fare colazione assieme. Da quando ha ricevuto l’invito, Simone ha chiesto più volte in che senso ma non ricevendo la risposta che voleva le ha chiesto allora il perché di questa decisione.

It feels like a perfect night for breakfast at midnight.” gli aveva canticchiato. “Mi è sembrato carino ispirarmi alla canzone di Taylor Swift per il mio ventiduesimo compleanno. E poi la festa è mia e decido io cosa fare.” e alla fine al ragazzo era sembrata una risposta esaustiva. 

Quando arriva a casa sua per la festa, la abbraccia e le fa gli auguri poi la guarda bene e le chiede perché diavolo sta indossando un cappello e degli occhiali da sole dentro casa e alle dieci di sera. “It feels like a perfect night to dress up like hipsters.” intona facendo un balletto. “E avevo scritto nell’invito che questo era il dress code.” lo rimprovera notando il suo outfit.

“Credevo stessi scherzando, non avevi specificato che fosse una festa in costume.”

“Pensavo fosse sottinteso.” lo squadra lei.

Simone stringe gli occhi e la fissa. “Ok, beh io pensavo che il tema fosse la canzone di Taylor Swift quindi ho messo questo maglione rosso. Come l’album, no?” mormora tenendosi il colletto tra le dita, come per farglielo vedere meglio.

Laura sorride, poi chiama Luna che è nell’altra stanza. “Avevi ragione tu.”

La ragazza arriva esultando, anche se lui non capisce di che stanno parlando. Sta indossando una camicia a quadri rossa e porta un paio di occhiali da vista finti. “Te l’avevo detto io che non avrebbe seguito il tema.”

“Avete scommesso su questa cosa?”

“Scommettiamo sempre sulla tua vita.” gli dice Luna seria. Poi si avvicina per salutarlo e passa dall’abbracciarlo a infilargli in testa un berretto. “Così è meglio.”

Lui si arrende e le lascia fare. Si sistema sul divano accanto a Mammolo e gli offrono da bere. Poco dopo, si uniscono a loro anche Rayan e la fidanzata, Viola. Simone se la ricorda vagamente perché l’ha vista solo un paio di volte tanto tempo fa, ma comunque gli fa piacere rivederla. A quanto pare il ragazzo non si è fatto la barba apposta per l’occasione e gli confessa, mentre le ragazze stanno parlando, che la fidanzata l’ha costretto a rispettare il dress code anche se lui non ha ancora capito quale sia. 

“Mimmo ci raggiungerà più tardi perché lavora stasera. Quindi direi che possiamo dare inizio alla festa.” li informa Laura. 

“Cosa è previsto per la serata in attesa della mezzanotte? Deridere i nostri ex e innamorarsi di sconosciuti?” chiede Simone.

“Sconosciuti in questa stanza non ci sono e l’unico ad avere degli ex da deridere sei te.” replica lei.

“E di cose da dire riguardo quel bastardo ce ne sono, se vuoi tenerci impegnati.” propone Luna. Lui le lancia un’occhiata e lei risponde con un’onesta e matura linguaccia. 

In realtà, Laura ha previsto per la prima parte della serata solo musica e chiacchiere. Ogni tanto si mettono a ballare o cantare tutti insieme, poi escono fuori occhiali e baffi di carta per farsi le foto e Simone ha davvero bisogno di un’altra birra per sopravvivere a tutto ciò. 

Quando Mimmo arriva e citofona, mancano una decina di minuti a mezzanotte e ormai sono già tutti ubriachi. Laura salta dalla sedia e ordina a Simone di scendere e lui nemmeno capisce perché ma è talmente brillo che va ad aprire il portone. Si ritrova il biondo davanti che tiene in mano due scatole enormi, il casco del motorino ancora in testa. “Mimmo!” farfuglia trascinando le vocali un po’ troppo a lungo. “Finalmente sei arrivato.”

“Aiutami, sono stanco morto.” dice passandogli i contenitori.

Simone li prende e sbirciando con un occhio cerca di capire cosa ci sia dentro. “Cos’è?”

Il biondo si toglie il casco. “La colazione. Mi hanno incastrato per prendere i cornetti freschi.”

“Ti amo.” sussurra, spinto dal suo stomaco. Poi alza il capo per vederlo in faccia e solo allora nota i capelli arruffati e gli occhi stanchi. “Tutto ok?” domanda iniziando a salire le scale.

“È stata una lunga serata. E ho molta fame.” brontola seguendolo.

Quando entrano nell’appartamento, Mimmo fa gli auguri alla festeggiata, poi saluta distrattamente il resto del gruppo e si toglie la giacca sotto la quale indossa una camicia con bretelle e papillon. Laura e Luna sono commosse per l’impegno nel rispettare il dress code e lanciano un’occhiataccia di rimprovero a Simone. Lui registra il gesto ma rotea gli occhi e ride. Poi il biondo si fionda su Mammolo che se ne stava appollaiato sul divano. Appena il gatto lo vede si lascia accarezzare e prendere in braccio. “Sempre il solito. Ma tu sei venuto qui per la festa o per lui?” lo canzona Luna.

Si radunano tutti attorno al tavolo per cantare tanti auguri a Laura che sorride e li ringrazia, prima di esprimere un desiderio e spegnere le candeline. Si fanno le foto e poi iniziano la colazione. Oltre i cornetti che ha portato il ragazzo, ci sono anche biscotti fatti in casa e la torta di compleanno. Da bere ci sono caffè e succhi di frutta - che possono essere corretti da Luna su richiesta. Probabilmente è la festa più strana a cui Simone abbia partecipato ma è convinto che per questo motivo sia anche la più divertente. E poi il cibo è ottimo. 

Mentre mangiano, Viola spiega a Simone di come fin da piccola avesse sempre desiderato fare l’avvocato e di come l’incidente - nonostante un primo periodo difficile - l’abbia spinta ancora di più ad inseguire i suoi sogni. A tavola quasi tutti conoscono la sua storia, ma la ascoltano lo stesso perché è sempre bello sentire la ragazza parlare, riesce a catturare l’attenzione con facilità.

Rayan inizia delle conversazioni che poi - non è chiaro come - porta sempre sul calcio e sull’ultima partita di calcio e altre cose così. A Simone stanno molto simpatici entrambi, sono una coppia che sembra creata dal generatore casuale per quanto sono diversi, eppure si completano a vicenda. “Ma come vi siete conosciuti?” gli chiede nel bel mezzo della cena.

Viola si gira sorridente verso Rayan, che le sta facendo gli occhi dolci, poi inizia a raccontare. “Al liceo. Quando Ray si è trasferito qui a Roma è venuto in classe nostra e all’inizio lo odiavo.”

Rayan si gira a guardarla. “Ma come mi odiavi? Ti stavo poco simpatico.”

“No no, ti odiavo proprio.” continua lei. “Sembrava uno spaccone, ci provava con tutte. Ci aveva ovviamente provato anche con me, ma io in quel periodo non ero per niente interessata a innamorarmi, men che meno con lui.” Rayan ha l’aria sempre più distrutta. “Poi ho iniziato a conoscerlo perché lo aiutavo a studiare e ho scoperto che non era come credevo.”

Lui sorride e annuisce. “E così quando le ho chiesto di uscire ha detto…”

“No.”

“Ma come no, hai detto si.” 

“Ho detto si dopo un po’. Perché all’inizio non volevo comunque dartela vinta e non volevo uscire con nessuno. Poi continuavi a invitarmi un giorno si e l’altro pure e alla fine ho ceduto.” Si gira verso il ragazzo che la guarda perplesso e gli lascia un bacio a stampo. “E menomale che ho ceduto perché è stata una delle migliori decisioni che ho preso quella di stare con te.”

Rayan ora ha un sorriso tre volte più smagliante di prima e annuisce entusiasta. Dice qualcosa di romantico anche lui - del tipo ti amo e sono fortunato ad averti o qualcosa di simile -, ma nessuno lo sente perché Luna gli parla sopra. “Basta smancerie, ora racconto la parte divertente di questa storia. Prima di capire che ero lesbica credevo mi piacesse Rayan e ho pure provato a baciarlo una volta ed è tipo uno dei motivi principali per cui Viola alla fine ha capito che gli piaceva Rayan. Se non fosse stato per me non si sarebbero mai messi insieme.”

“Non esagerare, non credo proprio.” dice Viola roteando gli occhi. “Ma invece voi? Come avete iniziato a vedervi?” 

Mimmo e Simone si girano a guardarsi cercando un modo per sviare la domanda. “Al pub.” dice il moro prendendosi da bere.

“Al pub come? Cioè vi eravate riconosciuti o è stato per caso?” insiste la ragazza.

Il moro sta cercando una risposta da dare ma per fortuna Mimmo lo anticipa. “Io l’avevo riconosciuto ma lui non ricorda mai un cazzo ed era pure ubriaco. Mi è caduto addosso.”

“Così suona orribile.” commenta imbarazzato.

“Ma è così che è andata.”

“In effetti Simo aveva detto qualcosa sul fatto che doveva scusarsi con te.” ricorda Laura.

“Si, ma vabbè non era niente. L’ho aiutato a riprendersi ed è finita lì.” Si voltano a guardarsi per qualche secondo e Simone vorrebbe dirgli grazie per non aver detto loro della figura di merda che ho fatto ma si limita a un piccolo cenno con la testa e un sorriso sperando che recepisca il messaggio.

“E poi?”

“E poi ci siamo rivisti al bar dell’università qualche giorno dopo e abbiamo parlato un po’ e…”

“E poi sei venuto a casa mia a portarmi la cena senza sapere che quella fosse casa mia. E mi hai invitato a vedere la partita da te.”

“Sembra quasi che il vostro fosse un incontro voluto dal destino.” commenta Laura e sembra quasi che le sia sfuggito perché appena termina la frase si porta una mano sulla bocca. “Nel senso che è una bella storia.” precisa. 

A colazione finita, la festeggiata scarta i regali e poi propone di giocare a truth or drink perché il piano per la serata è praticamente ubriacarsi e rimanere svegli fino all’alba o giù di lì. E le domande sono di vario tipo ma perlopiù imbarazzanti, ogni tanto qualcuno si ritrova a rivelare qualcosa mentre la maggior parte di loro beve.

Rayan racconta una storia imbarazzante di quando, poco dopo essere arrivato a Roma, stava tornando a casa da una festa ed era piuttosto sbronzo. Se la stava facendo sotto e pensando di non riuscire a trattenerla fino a casa, aveva deciso di farla per strada, in mezzo a dei cespugli. Per rendersi conto solo una volta finito che era il giardinetto del suo palazzo e che una signora affacciata alla finestra aveva visto tutta la scena. “Però se era buio, magari non ti aveva visto.” prova a rassicurarlo Laura. Ma lui scuote la testa e descrive la faccia disgustata della signora, che tuttora lo guarda male.

Laura e Luna ridacchiano ricordando di quando ai tempi del liceo erano state beccate mentre lo facevano. Simone invece ha una reazione del tutto opposta e sprofonda nell’imbarazzo dato che era stato proprio lui a coglierle in flagrante. Per i 100 giorni avevano passato un weekend fuori casa assieme ad altri amici del liceo, alloggiando in una casetta al mare. E Simone quella mattina era andato a chiamare le ragazze - ai tempi ancora in una relazione segreta - per fare colazione e le aveva trovate avvinghiate sotto le coperte. Certo avrebbe preferito apprendere della loro relazione in una maniera diversa, ma era contento per loro. “Mi chiedo ancora se mi hai visto una tetta o se mi sono coperta in tempo.” pensa Luna a voce alta. Simone sente il suo viso colorarsi di rosso, la guarda e si limita a bere.

Mimmo racconta un suo vecchio appuntamento, finito ovviamente male. Era andato a cena con una ragazza e l’aveva portata in un ristorante che si era poi rivelato essere lo stesso in cui l’ex l’aveva lasciata di recente. Quindi era scoppiata a piangere e aveva parlato del ragazzo per tutta la serata. “È terribile.” commenta Simone, ma il biondo gli fa cenno di aspettare che finisca la sua storia. Perché se sembrava terribile fino ad ora, il finale della serata si era rivelato anche peggiore. Il biondo si era offerto di riaccompagnarla a casa, ma lei aveva ben deciso di andare sotto casa dell’ex. Quando lei aveva iniziato a chiamarlo e lui si era affacciato, Mimmo se n’era andato via sconcertato. Qualche giorno dopo l’aveva rivista proprio con quel ragazzo, a quanto pare erano tornati insieme. “Mi serve una parola più forte di terribile.” dice Simone alla fine.

Viola confessa di essere appassionata di Too Hot to Handle scioccando i presenti. “Amo guardare quegli stronzetti sforzarsi di non fare sesso.” il che suona molto da lei, in effetti. “Ognuno ha il suo guilty pleasure.” ammette facendo spallucce. “Ray lo guarda con me.” cerca poi di difendersi. Il ragazzo si giustifica dicendo che viene obbligato da lei, ma gli altri non gli credono.

Avete mai avuto una cotta per qualcuno in questa stanza? è la domanda che segue. Luna cita nuovamente la storia di quando ha baciato Rayan, il quale però dichiara di non essere mai stato interessato. “Nemmeno io, ti ricordo che sono lesbica.” replica lei seria.

Simone lancia una rapida occhiata a Mimmo, che sta sorridendo ascoltando Luna, poi sposta lentamente e con innocenza lo sguardo verso il resto degli amici e quando gli sembrano abbastanza distratti dalla discussione, beve un sorso.

“Direi che possiamo passare alla prossima domanda.” esclama Laura interrompendo la fidanzata. E continuano a giocare fino a che qualcuno non si addormenta. La festeggiata aveva precedemento preso degli accorgimenti per una simile situazione e per questo sul pavimento ci sono già sacchi a pelo, coperte e cuscini.


Simone approfitta di un momento di calma per andare in balcone, si rannicchia a terra, con la schiena contro il muro e si mette a fumare. Poco dopo vede Mimmo raggiungerlo, anche se con la poca luce rimane per qualche secondo sulla soglia a cercarlo.

“Qua giù.” lo richiama a bassa voce, facendo un cenno con la mano. L’altro annuisce e si richiude la finestra dietro, senza dire niente. “Sono uscito per fumare un po’.” gli dice mostrando la sigaretta appena iniziata tra le dita. 

“Posso?” chiede indicando la cicca. 

Si volta a guardarlo di scatto e alza un sopracciglio. “Quando hai iniziato a fumare?” domanda con tono indagatorio.

Lui ridacchia e si mette seduto, facendo scontrare le loro ginocchia. “Anni fa, vuoi i dettagli?” lo canzona. “In teoria ho smesso, ma ogni tanto ne ho voglia.”

Simone sorride e gli allunga la sigaretta per fargli fare qualche tiro. “In teoria non dovrei farti ricominciare a fumare. Non ti fa bene.”

“Non mi devi mica fare da badante.”

"Veramente volevo farti da balia.”

A Mimmo viene da ridere, ma a causa del fumo inizia a tossire quasi subito dopo. “Cretino.” riesce a dire tra i colpi. Gli ripassa la sigaretta per riprendersi. “Comunque non ho bisogno nemmeno della balia, nun song na criatura.” 

“Avrei da ridire su questa tua affermazione.” 

“Balè, devi convincere la giuria di questo.”

Simone fa per mettersi comodo e lo guarda sorridente, con aria di sfida. “Innanzitutto non ti piace il caffè.”

“È amaro, a tanta gente non piace.” si difende. “E poi con un po’ di zucchero o nel latte posso berlo.”

Lo fissa serio alzando entrambe le sopracciglia. “E bevi il succo de frutta, la Fanta, la cioccolata calda.”

“C’è una motivazione che non riguarda i miei gusti in fatto di bevande?” lo interrompe.

Annuisce. “Ti piacciono i libri per bambini.” prosegue tenendo il conto con le dita, mentre l’altro scuote la testa. “E poi sei piccolo, proprio a livello di corporatura.”

“Ma se sono più basso di te di una decina di centimetri al massimo.”

“Sì, ma hai pure le mani piccole, giuro che i bambini a cui dò ripetizioni hanno le mani più grandi.”

“Mi sembra una fesseria, ma vabbè.” contesta Mimmo roteando gli occhi e sfilandogli la sigaretta dalle mani. “Poi?”

Simone si volta e lo guarda negli occhi, la luce della luna che li fa brillare. Si perde in quel mare di un blu chiaro che gli ricorda le cose belle, le giornate serene della sua infanzia. È una sensazione strana. “Hai lo sguardo innocente, gentile.” sussurra. Poi sbatte le palpebre e torna in sé, schiarisce le gola voltandosi a guardare il panorama davanti. “Da bambino.” ribadisce. “Due anni, non di più.”

Nota che Mimmo lo sta ancora fissando interdetto, ma poi si volta anche lui e ridacchia. “Altro da aggiungere?”

Alza le mani e scuote la testa. “Ho finito, vostro onore. Ora che si fa? Chi vince la causa?”

Sospira. “Avremmo dovuto chiedere a Viola di fare da giudice, è l’unica studente di giurisprudenza che conosco.”

“E, se non stesse dormendo sul divano, avrebbe accettato?”

“Oh no, ci avrebbe insultato quasi sicuramente.” ridacchia. “Non ho tempo da perdere con le vostre cavolate.” dice con una vocetta nel tentativo di imitarla. Rimangono in silenzio per un po’ e quando la sigaretta è consumata, Mimmo fa un respiro profondo. “Forse dovremmo rientrare, che dici?”

“Sì, ancora qualche minuto. Cioè se tu vuoi andare vai.”

Ma lui non si muove e quindi rimangono lì ancora. Il freddo inizia a farsi sentire, le loro guance iniziano ad arrossarsi. O è per quello, o è perché stare così vicini li imbarazza un po’. Cominciano a vedere i primi segni dell’alba, la luce che spunta piano piano illuminando i palazzi e la strada di fronte a loro, il cielo che si colora di bianco, azzurro e giallo. Simone si volta appena, con la coda dell’occhio ammira il profilo di Mimmo e il modo in cui il sole gli bacia il viso delicato e i capelli, che ora sembrano fatti d’oro. 

Gli viene da sorridere, pensa di essere ancora un po’ sbronzo e che forse avrebbe dovuto dormire un po’. Poggia la testa contro il muro, rilassa le spalle e si gode il momento.

 

Quando si risvegliano ormai è pomeriggio tardi e accusano la sbornia. Decidono che non faranno mai più una cosa simile, non hanno più l’età. Però si promettono di rivedersi quanto prima. Non appena superano il portone, Mimmo e Simone si voltano verso il palazzo per salutare le amiche che li osservano dal balcone mentre se ne vanno via.

Il biondo decide di accompagnare l’amico fino in macchina. “È stato bello, no? Forse potremmo organizzare una cena tutti insieme da me e Ray la prossima volta. O ci uniamo a una di quelle cene tra coppie che fanno loro. Sarebbe divertente.”

Il moro annuisce ma non dice niente, ripensa alle vecchie cene a cui ha partecipato. Nota che l’amico lo sta guardando con un’espressione confusa in volto, al che sospira e trova il modo di dare voce ai suoi pensieri. “Io e Manuel ogni tanto ci vedevamo con Laura e Luna per delle cene tra coppie. Ma non erano mai serate tranquille.” ride ma è una risata amara.

“Mi dispiace.” risponde Mimmo e si vede che lo pensa davvero.

“Grazie, ma non fa niente-”

“Sei sicuro? Perché quando ne parli sembri sempre…”

Simone sa cosa sta per dire Mimmo. O meglio, se lo immagina. Sembri sempre triste o arrabbiato o deluso o nauseato o disgustato o malinconico. O magari userebbe un qualsiasi altro sinonimo. Non farebbe alcuna differenza perché Simone lo sa che quello che è passato è passato, che ora deve solo voltare pagina. E l’ha fatto e lo fa tutte le mattine e spera di continuare a farlo. Sa anche che parlare fa bene, che lo può aiutare, ma non gli sembra possibile che qualcuno possa comprendere davvero le sue parole.

Quindi Simone sa cosa potrebbe dire Mimmo di lì a poco e per questo non vuole sentirlo. Si affretta a interromperlo prima che possa dire quella parola. “Ti ho detto che non fa niente, non parliamone.” lo supplica.

Nessuno dei due dice niente e segue un silenzio, c’è un po’ di tensione. Forse Simone è stato brusco, avrebbe dovuto usare altre parole per rispondere. Si martella la testa fino a che non si rende conto che sono già arrivati davanti l’auto.

“Scusa. Non volevo costringerti a parlarne. Scusa Simò.” gli dice solo questo, gli accarezza una spalla e si allontana.

Simone si sente un cretino per essere rimasto a guardarlo con la sua faccia da pesce lesso senza aver detto niente, senza averlo salutato, abbracciato o rassicurato sul fatto che non ce l’aveva con lui. E ormai è solo ed è stanco e l’unica cosa che può fare è tornare in villa.

Chapter 12: Da quanto tempo

Notes:

che fatica dare i titoli ai capitoli giuro

(See the end of the chapter for more notes.)

Chapter Text

Mimmo chiude la porta dietro di sé e rimane fermo lì per qualche secondo, a fare dei respiri profondi. Non è la prima volta che tira fuori l’argomento Manuel e si sente una merda. Perché ogni volta Simone si rabbuia e taglia corto, è evidente che non vuole affrontare il discorso con lui. In fondo si conoscono appena. Nemmeno lui vorrebbe parlare del suo ex, non lo fa mai. Si trascina verso il suo appartamento e poi vorrebbe mettersi a letto, ma si sforza di studiare un po’.

La sveglia suona il giorno dopo alle 7 di mattina e a lui sembra di non aver dormito per niente. La spegne con una mano rimanendo sdraiato e si rigira tra le lenzuola per un po’. Poi apre un occhio e controlla l’ora e si rende conto che sono passati già quindici minuti e se non si alza subito rischia di fare tardi in università. Si mette seduto sul letto, con un braccio alzato si stiracchia la schiena mentre con una mano si stropiccia gli occhi.

Quando è in bagno a lavarsi i denti, prende il telefono e solo allora nota i messaggi che gli sono arrivati. Sono quasi tutti di Simone, li ha mandati a orari diversi della notte. La cosa lo diverte e preoccupa al tempo stesso, prima di leggerli.

S: mimmo scusa per prima non ero arrabbiato con te

avrei dovuto fartelo capire

mi spiace se ci sei rimasto male non volevo giuro spero sia tutto ok scusa se ti sto rompendo

ora la smetto giuro

solo buongiorno e scusami

A Mimmo viene da sorridere e si sente immediatamente sollevato. Abbandona lo spazzalino in bocca per usare entrambe le mani e gli risponde.

M: è tutto ok <3

 

Mimmo ha le lezioni quasi tutte le mattine e lavora quasi tutte le sere. Giovedì è l’unico giorno libero, esce dall’università nel primo pomeriggio e prevede di studiare e riposarsi un po’. Quando arriva davanti al suo palazzo, parcheggia il motorino al solito posto. Accanto a lui, c’è una macchina, ma lui non gli dà molta attenzione. Si toglie il casco e prende le sue cose.

Nel mentre, la persona scende dall'auto e fa qualche passo verso di lui. “Dodi!” lo saluta allargando le braccia. 

Mimmo si gira quasi sobbalzando e ora riconosce il ragazzo. Si tratta di suo fratello, Giovanni. È tre anni più grande, per questo si è sempre un po’ preso cura di lui. Lo accompagnava al campetto da calcio, è stato lui a insegnargli a giocare. Ora nemmeno lui sta più a Napoli, si è trasferito per lavoro a Firenze con la sua ragazza. Ciò nonostante, riesce a scendere dalla loro madre più spesso di quanto non faccia lui. “Gianni!” urla, buttandosi addosso a lui. “Ma che ci fai qua?” chiede scostandosi. 

“Sono venuto a trovarti. Nun si contento?”

“Ma si che so contento.” annuisce entusiasta e lo invita a salire. “Sei solo?” domanda richiudendosi il portone alle spalle. 

“Elena lavora, non poteva veni.” spiega. “Ma te come stai? Mamma mi ha detto che non ti vede da Natale.” 

“Con le lezioni e il lavoro non ho avuto molto tempo.” sospira rammaricato. La verità è che potrebbe tranquillamente trovare il tempo per andarla a trovare e vorrebbe poterlo fare, ma non può permettersi di viaggiare troppe volte all'anno. Ma non vuole dirlo alla sua famiglia, non vuole che si preoccupino di queste cose. Riguardano solo lui. “Però la chiamo, le dico che sto bene.” 

Gli dà una pacca sulla spalla e sorride. Mimmo ricambia con un mezzo sorriso. Si fermano non appena arrivano davanti casa sua, tira fuori le chiavi, apre la porta e gli fa strada all’interno. Gli offre da bere e da mangiare, ma il fratello schiocca la lingua e si siede sul divano. “Sei tale e quale a mamma.” commenta divertito.

Il che per Mimmo è una bella cosa, ammira molto il modo in cui sua madre si prende cura delle persone a cui vuole bene, incluso lui. Vorrebbe essere come lei in questo. Sorride lusingato e si mette seduto accanto al fratello. “Quanto resti?” 

“Sto qui solo oggi.” 

“Ma come...” mormora dispiaciuto. Non vede quasi mai suo fratello, vorrebbe poterci passare più tempo. Da piccoli stavano sempre insieme, condividevano la stessa stanza. La sera parlavano fino ad addormentarsi. Mimmo sotto sotto pensa che se non dorme più bene è perché ora dorme solo.

“Lo so, è che devo lavorare. Sono solo venuto per una cosa.” dice infilando la mano nella giacca interna della tasca. Tira fuori una lettera e gliela passa. “Volevo dartela di persona.”

Mimmo la prende e la apre. È l'invito alle sue nozze. La fissa con gli occhi sgranati e la bocca spalancata, anche se sapeva già che suo fratello aveva intenzione di sposarsi. È che vedere la cosa ufficializzarsi lo commuove, si porta una mano al volto, tenta di trattenere le lacrime di gioia. Si ricorda quando Giovanni aveva iniziato a uscire con Elena, non avevano nemmeno 18 anni. Gli sembra assurdo pensare a quanto siano cresciuti.

“Fammi sapere se vieni-”

“Certo che vengo.” lo interrompe quasi offeso. 

“Se vieni accompagnato.” precisa. “Mamma mi ha detto che non ti vedi più con Andrea, ma io avevo pensato che sareste venuti insieme. Quindi hai un posto se vuoi, se ci dovesse essere un’altra persona... fammi solo sapere, ok?” spiega cauto, intenerendo un po’ la voce.

Mimmo annuisce, ma abbassa lo sguardo quasi dispiaciuto. Non crede che ci sarà un’altra persona tra quattro mesi. Non avrebbe portato nemmeno Andrea, quasi sicuramente non l'avrebbe voluto accompagnare. O forse lui non glielo avrebbe nemmeno chiesto, perché andare a un matrimonio insieme sarebbe stato troppo importante. E poi avrebbe significato fare coming out con la famiglia e ammettere che Andrea era per l’appunto un uomo.

“E poi volevo chiederti una cosa.” dice riportandolo alla realtà. Mimmo fa un cenno con la testa in attesa che Giovanni riprenda a parlare. “Vuoi farmi da testimone?”

Lui, per tutta risposta, salta in piedi per l’entusiasmo e lo stringe forte. “Ma certo, che domande!” gli urla nell'orecchio. Il fratello all’inizio si lamenta di non avere più i timpani per colpa sua, ma alla fine ricambia l'abbraccio e sorride contento. 

Passano il pomeriggio a chiacchierare - si sono persi un sacco di cose dall'ultima volta che si sono visti e sentiti -, il fratello gli parla anche del matrimonio e di come procedono i preparativi. Mimmo gli parla dell'università e della festa di Laura, che è uno dei motivi per cui ora sembra un morto di sonno. Gli sfugge anche il nome di Simone un paio di volte e il fratello inclina la testa al nome mai sentito prima. “Un amico nuovo?” chiede curioso. 

“Già, abbiamo iniziato a parlare tipo due mesi fa.” ridacchia.

Il fratello annuisce ma non dice altro, lascia che Mimmo continui a parlare della sua vita. Poi torna Rayan e siccome non si vedono da anni, scherzano tra loro fingendo di non ricordarsi l’uno dell’altro. A Napoli erano vicini di casa, quindi anche se Giovanni è più grande di qualche anno, giocavano tutti insieme a calcio da ragazzi. 

Riesce a convincerlo a rimanere almeno fino a cena, quindi passano la serata a casa di Mimmo, solo loro e sono felici così. Mentre sta cucinando, prende il telefono e nota che Simone gli ha lasciato dei messaggi nel corso della giornata.

S: come va? 

oggi ho poche lezioni per fortuna!

sto facendo ripetizioni a una bambina e mi sto un po’ annoiando :/

mimmo? tutto ok?

M: tutto ok!! sono a casa, è venuto mio fratello a trovarmi 

S: oh che bello :o 

quanto resta voglio conoscere mio cognato 

M: sarebbe bello ma parte stasera :(

S: oh :(

allora ti lascio, goditi questo momento con lui <3

M: ah ma come mi lasci? possiamo almeno parlarne prima :(

S: cretino! (ti amo <3)

M: eheheh <3

 

Dopo cena, Giovanni si trattiene ancora qualche ora ma alla fine si trova costretto a ripartire. Mimmo lo accompagna fino in macchina, lo abbraccia stretto per qualche minuto, poi vede il fratello mettere in moto e partire. Lo saluta agitando una mano fino a che non vede più l’auto. Gli dispiace un po’ ma è così che deve andare. Anche stanotte, fatica a prendere sonno.

 

Poi torna alla sua solita routine, va all’università e a lavoro e a fine settimana si sente così stanco che non riesce nemmeno a camminare. Siccome è solo a casa, perché Rayan dorme da Viola, pensa sia una cosa carina chiedere a Simone di venire da lui. “Certo avrei voluto invitare qualcuno che cucinasse per me,” sospira al telefono “però possiamo sempre ordinare una pizza.”

L’amico ridacchia e accetta con piacere l’invito. Si presenta da lui poco dopo con una vaschetta di gelato. Scelgono un film e cominciano a guardarlo non appena arriva la cena, mangiando sul divano. Poi spengono la tv e rimangono a chiacchierare, mettendosi sempre più comodi, fino a ritrovarsi quasi sdraiati sul divano a mangiare quel gelato. Mimmo ha gli occhi puntati sul soffitto e si domanda come sia possibile che questo, a differenza di quello della sua stanza, non abbia nessuna crepa. E poi è talmente stremato dal lavoro e le lezioni che vorrebbe solo chiudere gli occhi e dormire per sempre. O farsi una canna, sono passati secoli dall’ultima. 

È a quel livello di stanchezza in cui ormai non riuscirebbe a dormire nemmeno se potesse, per cui se ne sta in silenzio con gli occhi mezzi chiusi ad ascoltare il respiro di Simone accanto a lui. “Mì?” chiede in un momento di calma. Lui mormora per fargli sapere che è sveglio. Il moro non parla subito, forse aspetta di trovare le parole giuste. “Ti ricordi quando eravamo in libreria e parlavamo di quel libro? Mi hai chiesto cosa avrei eliminato io.”

Mimmo ricorda benissimo la scena e la rivive nella sua testa, annuendo. “Sì, hai detto che non potevi dirmelo.”

“Ora siamo soli, posso farlo.”

Si rende conto che è vero. “Cosa elimineresti?” chiede lentamente.

L’altro fa un respiro profondo prima di rispondere. “Il sesso.”

Mimmo gira appena la testa per dargli un’occhiata, poi sprofonda ancora nel divano, posando di nuovo lo sguardo sul soffitto. “Perché?”

“Perché peggiora le cose.” replica sincero.

E non vorrebbe farlo, ma si ritrova a collegare i puntini nella sua testa. Pensa che abbia a che fare con il suo ex e non deve sapere, la cosa non gli riguarda. Però non è stato lui a introdurre il discorso, si ricorda. Quindi dopo una pausa prova a continuare la loro conversazione. “Lo dici per esperienza?” chiede con cautela, abbassando la voce.

Simone non risponde, ma si volta e annuisce quando i loro sguardi si incrociano, ha gli occhi lucidi. Però non riesce a mantenere a lungo il contatto visivo e torna con la testa dritta. Mimmo continua a guardarlo di profilo, aspettando che sia pronto per parlare. “È per il mio ex. Litigavamo un sacco e l'unico modo in cui secondo lui potevamo risolvere era tramite il sesso. E io lo accontentavo sempre però mi sentivo uno schifo, non mi piaceva quella sensazione che provavo.” confessa.

Annuisce, perché pensa di capire di cosa stia parlando. “Ti sentivi sbagliato?” Si scambia un rapido sguardo con Simone, che sembra urlare sì, è così. Allora prova a raccontargli la sua esperienza, per farlo sentire meno solo. “È capitato anche a me, soprattutto le prime volte che lo facevo. Io sono molto credente, la lussuria è uno dei sette vizi capitali. E poi la chiesa non è molto tollerante nei confronti della comunità LGBT. Mi è capitato di sentirmi in colpa, uno screanzato. E quella sensazione di essere un po’ sbagliato c’è ogni volta che voglio fare coming out con mia madre, c’era quando volevo parlarle dei miei fidanzati. C’è più spesso di quanto vorrei.” sospira.

L’altro annuisce lentamente, ma sembra perso nei suoi pensieri. “Non devi sentirti in colpa per essere bisessuale. O perché fai sesso. In questo la religione è molto indietro.” gli ricorda. Poi sospira e scuote la testa. “Scusa, non sono credente e la questione religiosa non mi si è mai presentata.” ammette poi, portandosi una mano al petto. E Mimmo si dispiace di non aver detto qualcosa che lo avrebbe fatto sentire meglio, piuttosto che per non essere stato aiutato. “Ma immagino che Dio ami tutti, no? Quindi non dovrebbe importargli se sei etero o bi. E credo che valga anche per tua madre. Anche se comunque non sei costretto a fare coming out, lo sai no?”

Lui annuisce. “Sì, lo so. Ma un po’ di paura di non essere compreso c’è sempre, purtroppo.” Poi agita una mano. “Comunque te ne ho parlato perché volevo farti sentire meglio riguardo al tuo problema, non volevo spostare l’attenzione su di me. Però temo che ti riferissi a una sensazione diversa dalla mia.” 

L’altro sospira e fa un lieve cenno col capo.

Mimmo esamina quanto gli ha detto e cerca di intuire a cosa alludesse. “Guarda che non c'è niente di male se non vi piacevano le stesse cose. Magari era lui che non era bravo a letto.” prova a rincuorarlo dopo un attimo di silenzio.

Scuote la testa e gli esce una risata amara. “Non era niente di simile. Cioè non credo di poter giudicare se fosse bravo abbastanza e non era nemmeno per una questione di preferenze o che ne so. Era che…” è costretto a fermarsi per tirare su col naso, poi continua. “Mi sentivo tipo un oggetto, come se per lui servissi solo a quello e basta. Era come se non riuscisse a trovare un altro modo di chiedermi di fare l'amore e allora dovesse per forza urlarmi contro per costringermi in qualche modo, sfruttando i miei sensi di colpa. Era stato sempre tutto strano fra noi ma nell'ultimo periodo era ancora peggio.”

Mimmo si alza appena, continuando a osservarlo. “Mi dispiace. Non so cos’altro dire. Non ti meriti niente di simile.” riesce a dire.

Ricambia lo sguardo e gli concede un sorriso lieve quasi impercettibile. “Si, grazie.” mormora e sembra che stia trattenendo le lacrime. Mimmo si appoggia di nuovo al divano, a sorvegliare il soffitto. “Sai, è stato difficile dopo che ci siamo lasciati. Andavo due volte a settimana in terapia per passare la maggior parte della seduta a piangere. Insomma, ora credo di aver capito quanto valgo più o meno e so che non meritavo tutta questa storia, però non so se l’ho davvero superata. E non so nemmeno se arriverò mai a quel punto.”

“Perché dici così?”

“Perché inizio a credere che alcuni traumi sei semplicemente costretto a portarteli appresso, non puoi farci molto. Non riesco a superare tutte le mie paure. Ad esempio, ti ho detto che non posso giudicare se il mio ex fosse bravo abbastanza perché è l’unico con cui io sia mai stato.”

Mimmo si gira di scatto. “E il francese?”

Scuote la testa. “Gli avevo detto che non me la sentivo. Non ho nemmeno mai avuto voglia. Adesso l’idea di avere dei rapporti con qualcuno non mi interessa proprio. Non so se ha senso, ma è così.”

Lui annuisce e resta in silenzio. Non capisce del tutto perché una cosa così non l’ha vissuta. La sua storia con Andrea non ha niente in comune con la storia di Simone e Manuel, se non per la quantità colossale di litigi e lacrime versate. Anche se poi non è sicuro nemmeno di questo perché la sua relazione è durata molto meno e questo significa quasi sicuramente che ha anche sofferto molto meno.

Quindi rimangono così per un po’, finché Mimmo non sente il bisogno di alleggerire la tensione. “Quasi sicuramente non era bravo abbastanza però. Altrimenti ti sarebbe piaciuto di più.” Si volta per controllare che la battuta abbia funzionato e invece ritrova un sorriso mesto, gli occhi rossi e delle lacrime che scendono sulle guance. “Simò, tutto ok? L'ho detto solo per scherzare e farti stare meglio, però se ti sono sembrato fuori luogo dimmelo.”

“No, è ok. Stavo solo… ripensavo a tutta questa storia e poi mi hai detto questa cosa.” Si ferma, ma forse vedendo che l’amico continua a guardarlo preoccupato, riprende. “Cioè non è per quello che hai detto te, anzi mi hai strappato un sorriso. Però poi ho pensato che forse in effetti il problema era anche lui se ora sto così.”

“Che non era bravo?” chiede nuovamente con cautela.

Fa una smorfia e si stringe nelle spalle fino a farsi più piccolo. “Manuel era un po’... aggressivo.” dice facendo una piccola pausa, forse per cercare la parola adatta o forse per trovare il coraggio di dirla ad alta voce. “Non fraintendermi, non era realmente pericoloso. Ma per le cose che mi diceva, per il modo in cui mi dimostrava affetto… non era dolce. E forse ho un po’ paura di essere trattato di nuovo così. E ho paura che se mi lasciassi di nuovo andare, se entrassi in intimità con qualcuno, poi potrebbe riportarmi a rivivere quella situazione, quel loop infinito. E ho faticato così tanto a liberarmene in passato, non voglio rientrarci.” 

Mimmo da piccolo ha partecipato a delle risse e si è ripromesso che non avrebbe mai più preso parte a cose simili, ma Dio solo sa quanto vorrebbe menare Manuel in questo momento. Come ha potuto trattare Simone in quel modo? Come ha potuto usarlo così? Rimane a guardarlo con l’espressione più rammaricata del mondo. “Manuel non ti meritava. E scusa, ma se ti trattava così non credo che ti amasse davvero.” afferma stizzito mentre la sua mano si posa sulla spalla dell’amico, senza che lui le ordini di farlo, quasi non se ne accorge nemmeno. “Simò, meriti di stare con qualcuno che capisce il tuo valore. Che si prenda cura di te.” gli dice nel tentativo di farglielo davvero entrare in testa. “Tu non devi niente a nessuno, l’altra persona deve rispettare te e i tuoi limiti. Non devi essere tu a scendere a compromessi quando si tratta di queste cose.”

Simone gli sorride e annuisce. “Lo so, lo so. Un tempo credevo che amarlo significasse accontentarlo e andare a letto con lui quando ne aveva voglia, ma ora so che non è così.” dice come a tranquillizzarlo e Mimmo si sente in colpa perché dovrebbe essere tutto il contrario, no? “È solo che per colpa sua ora ho un po’ paura che tutti prima o poi mi tratteranno di merda. Può confermartelo anche la mia psicologa.” conclude lasciandosi sfuggire una risatina.

Passano solo cinque secondi e le parole gli escono da sole dalla bocca senza che lui possa fermarle. “Io non ti tratterò di merda.” e suonano rassicuranti ma strane al tempo stesso, per questo aggiunge subito “Così come Laura e Luna, credo. Cioè Luna tratta tutti di merda ma è quel tipo di persona che dimostra il suo amore prendendoti in giro, no? Quindi, sì, insomma-” si è impappinato, ma per fortuna Simone capisce il concetto e annuisce, togliendogli la fatica di dover terminare la frase.

*

Quando Simone torna a casa, è tardi e si sente parecchio stanco. Si sente strano per aver parlato con Mimmo di quella cosa. Per ora ne aveva parlato solo con la sua psicologa e ci aveva messo molto più tempo a sentirsi libero di dirlo a lei, che viene pagata apposta.

Non ne aveva nemmeno mai parlato con Laura, a cui dice più o meno tutto. Però non riesce, non è mai riuscito, a confidarsi con lei riguardo la sua relazione con Manuel. È troppo apprensiva e ai tempi Simone era troppo innamorato per capire che la sua amica aveva ragione.

Con Mimmo è diverso perché non sa niente del suo ex, l’ha visto solo una volta ma non lo conosce abbastanza per poterlo giudicare. Quindi riesce a raccontargli tutto senza sentirsi giudicato per aver scelto un tale bastardo come fidanzato. Questa è la giustificazione che si dà.

Ha la sensazione di essersi tolto un peso dalla schiena, ma anche un senso di disgusto per aver rievocato quella vecchia relazione disastrosa. Prima di addormentarsi, prende il telefono e manda un messaggio a Mimmo. 

S: grazie per stasera, per tutto <3

Quando il giorno dopo si sveglia, è nervoso. La sua testa ancora fruga tra le memorie del passato. Fa colazione con caffè e sua nonna gli offre una fetta di crostata ma lui rifiuta gentilmente. Non ha voglia di mangiare, ha un po’ di nausea. Prende le sue cose e decide di andare in palestra ad allenarsi, di solito lo aiuta a sfogarsi. Inizia col riscaldamento, poi procede con gli esercizi e cerca di buttare via tutta la rabbia accumulata dal ricordo di Manuel, di come era nata e finita la loro relazione.

Finisce di allenarsi e prende le sue cose per tornare a casa. Solo allora nota i messaggi di Mimmo.

M: grazie a te per la compagnia <3

come va?

S: sono in palestra, ho appena finito di allenarmi 

M: chi te lo fa fare

S: mi aiuta a sfogarmi, dovresti provare

M: non ho nemmeno voglia di alzarmi per quanto sono stanco

e poi si suda troppo in palestra

S: confermo devo correre a fare la doccia infatti :P

Notes:

darei la mia vita per i fratelli bruni :(

Chapter 13: Anche i muri sanno che dovremmo lasciarci

Notes:

(See the end of the chapter for notes.)

Chapter Text

Febbraio 2021

In villa sono già tutti a letto, tranne Simone che sta facendo tardi a studiare per il compito di latino che ha fra due giorni. Probabilmente potrebbe andare a dormire ma non è ancora troppo tardi e poi non si sente ancora sufficientemente preparato. Questo è il suo più grande difetto, l'insicurezza. Non si sente mai pronto, mai all’altezza, in qualsiasi situazione.

Decide di scendere a prendere un sorso d'acqua e alla fine rimane sul divano in salotto a ripetere a raffica quanto ha studiato per settimane. Viene interrotto da un rumore fuori che lo spaventa non poco. Si affaccia alla finestra e vede una figura camminare verso la villa. Ma chi cazzo è? 

Quando si avvicina abbastanza da essere illuminato dalla luce del salotto, Simone lo riconosce immediatamente. Sa benissimo chi è.

“Manu, ma che ci fai qui?” sussurra quanto basta per farsi sentire, aprendo la porta. 

Si trascina verso di lui. Cammina curvo, zoppica un po’, si tiene una mano su un fianco e appena lo raggiunge gli cade praticamente addosso, appoggiandogli la testa sulla spalla. Simone è teso, non sa bene cosa fare ma lo sorregge. Poi cerca di scostarsi per vederlo in faccia e si rende conto che sta sanguinando. Gli ha anche macchiato un po’ la maglietta. 

“Manu, che cazzo succede? Che hai fatto?” Nessuna risposta, non sembra molto cosciente. “Cazzo Manuel, dobbiamo andare in ospedale.” A quella parola sussulta e mormora qualcosa. “Non ti capisco.”

“Ospedale no.” dice solo questo e Simone non obbietta. Forse è sbagliato, ma non riesce ad andare contro il volere di quel ragazzo. Qualcosa dentro di lui lo porta ad obbedire sempre, ad essere sempre al suo servizio. Simone crede sia l'amore. 

“Però così non puoi rimanere, entriamo.” lo accompagna in casa e lo fa sedere sul suo letto. Corre in bagno a prendere il kit di emergenza e quando torna vede Manuel sdraiato, con gli occhi chiusi, rilassato. Mi sa che si è addormentato.

Ha il volto tempestato da lividi e tagli, secondo Simone ha anche il naso rotto ma quel deficiente non vuole andare in ospedale e lui non può fare molto per aiutarlo. Passa la garza cercando di disinfettare le ferite e lo guarda da così vicino che sente il cuore esplodere. Accarezza il viso con dolcezza - un po’ anche perché ha paura di fargli male e svegliarlo -, lo ammira come se fosse una pietra rara e preziosa. Si sofferma sulle labbra - anche quelle spaccate da chissà che rissa -, desidera essere baciato da mesi, ma Manuel non ricambia ciò che lui prova. Distoglie lo sguardo e lo lascia riposare. 

Quando sembra svegliarsi e riprendersi fa un sussulto e si gira attorno, confuso. Sembra non ricordarsi di essere venuto lì.

“Oh, come ti senti?” Manuel continua a stare in silenzio e stringe un po’ gli occhi, ma non risponde. “Non farmi preoccupare. Ti ricordi qualcosa? Come ti chiami?”

“Non so mica rincoglionito.” Ok, sta bene. “Mi ha visto qualcuno?”

“No, stanno già dormendo tutti. Mi spieghi che è successo?”

“M’hanno menato.” Poi fa per mettersi seduto appoggiando i gomiti sulle ginocchia ma lancia un gridolino e si porta la mano su un fianco.

“Oh, tutto bene? Chi t’ha menato?”

“Niente, non importa.”

“E invece sì che importa. Guarda come sei conciato male, sanguini e ti reggi a malapena in piedi. Ti presenti così a casa mia durante la notte e dovrei fare finta di niente?” vorrebbe urlare ma tiene bassa la voce per non svegliare nessuno.

“Simò, che cazzo vuoi da me? Giulia m’ha mollato, sto una merda. Me so menato col suo nuovo ragazzo.”

Simone scatta in piedi. Gli viene da piangere ma cerca di trattenersi. “Il nuovo ragazzo di Giulia? È stato lui a ridurti così?”

“Sì, lui.”

“Sei veramente un cretino.”

“Cretino io? Giulia me lascia pe n’altro e so pure cretino oltre che cornuto?” 

“Cretino perché ti metti a fare a botte con uno solo perché ora sta con la tua ex. Cretino perché vieni da me solo quando ti fa comodo. Adesso stai qua solo perché non vuoi farti vedere conciato così da tua madre e non hai nessun altro posto dove andare.”

“Ma de che stai a parla? Che centra sta cosa adesso?”

“Centra perché per te vengo sempre dopo chiunque altro. Mi dispiace che Giulia ti abbia mollato ma-”

Si volta e lo interrompe sforzando una risatina palesemente finta. “Mi prendi per il culo? Te non vedevi l’ora che se lasciavamo.”

Deglutisce perché è vero. Vuole Manuel ed era geloso della sua relazione con Giulia. Però non vuole ammetterlo, non a lui. “No. Non è vero.” mente distogliendo lo sguardo.

“Quindi non è vero che te piaccio, eh?”

“No.” suda freddo. 

“Non sei per niente bravo a mentire.”

Ha ragione, lo sa bene, glielo dicono tutti. “Ma di che parli?” insiste a fingere di non saperlo però, perché è l’unica cosa che può fare.

“Allora vediamo se dici la verità.”

Prima che possa rendersene conto, il volto di Manuel è a un palmo dal suo. L’ha afferrato e gli sta lasciando un bacio sulle labbra. Simone si lascia prendere dal momento, gli posa una mano sulla nuca e ricambia il bacio. 

In pochi secondi lo allontana. “Vedi?”

Rimane a guardarlo confuso, ancora preso da quel bacio. “Che…” mormora ma non riesce a dire altro. Il cervello ha smesso di ragionare. Era la prima volta che baciava un ragazzo, la prima volta che sentiva la barba di Manuel solleticargli il viso, la prima volta che respirava e sentiva il profumo di Manuel riempirgli i polmoni. Tanto piacevole quanto breve. 

“Che?” lo percula lui, ripetendo come un pappagallo. Simone si sforza di non piangere.

Continuano a fissarsi in silenzio ancora un po’ prima di gettarsi di nuovo l’uno sull’altro. Il ragazzo lo tira a sé con forza tenendolo con una mano per i ricci, poi lo spinge sul letto. 

Manuel è violento sempre, a quanto pare. A partire dal modo in cui parla e reagisce al modo in cui in quel momento lo sta baciando, lo pressa contro il suo corpo e ha iniziato a spogliarlo.

Questa è la prima volta di Simone con un ragazzo e sta avvenendo con il ragazzo che ama, non può desiderare niente di meglio. Si sente al settimo cielo. Gli sfiora i capelli con dolcezza, assapora il momento con gli occhi chiusi e si lascia prendere dal momento.

Quando finisce, Manuel lo guarda negli occhi con aria disgustata, non prova nemmeno a nasconderlo. Lo spinge via e si pulisce la bocca con il dorso della mano. Simone prova a chiamarlo, quasi spaventato. “Che voi?” risponde seccato.

“Io… questo. Che significa?”

“Dobbiamo per forza parlarne? Sono stanco.” taglia corto. Forse è solo una scusa. Però Simone sa anche che è di ritorno da una scazzottata, quindi in effetti potrebbe essere davvero stanco. 

 

Il mattino dopo, quando chiede spiegazioni, Manuel è infastidito il che non è un buon segnale. “Non significa un cazzo, Simò. Ieri ho bevuto troppo.” dice e se ne va via. Rimasto solo, Simone si accascia a terra e scoppia a piangere fino a farsi bruciare gli occhi. Quel giorno decide di non presentarsi a scuola. 

Passano le settimane, continuano a ignorarsi reciprocamente. Poi si rivedono al compleanno di Simone, entrambi infelici e un po’ brilli, nel bagno della discoteca. Apre la porta e trova Manuel che se ne sta appoggiato al lavandino perso a vedere la sua immagine riflessa nello specchio.

Quando l’altro si accorge di lui rimane a guardarlo per qualche secondo, poi Simone cerca di trovare una scusa per andarsene via, ma Manuel lo afferra per un braccio “Aspetta. Simò, parlamo ‘n attimo.”

“Non ho niente da dire.” e si stacca ritraendo il braccio. 

“Allora ascolta me e non dire niente.” Annuisce in silenzio, incrociando le braccia, per invitarlo a spiegarsi. “Lo sai com’è, sono confuso. Però… non ti voglio perdere. Non me ne vado.” confessa quasi sussurrando.

“Il problema non è che te ne vai, il problema è che ti fa schifo quello che abbiamo fatto. Sei stato tu a trascinarmi su quel letto. Se mi hai scopato è perché lo volevi anche tu.” replica infuriato, stringendo gli occhi. Lo disgusta un po’ definirla in quel modo, perché per lui non è stato solo quello. Lo ama e non vuole ridurre Manuel a una scopata. Per lui è stato serio, importante e sì l’ha ferito ma resta la sua prima esperienza, il suo primo amore. 

Dopo una lunga pausa, Manuel abbassa la testa. “È che devo ancora capire quello che sto provando. Sono confuso… ho bisogno che tu mi sia di supporto.”

“Manu, io ci sono.” gli afferra una mano. Si è reso vulnerabile, si concede di fare lo stesso. “È che non ho capito nemmeno se quello che è successo sia stato importante per te quanto lo è stato per me.”

"Sì, lo è stato. E non mi ha fatto schifo. Lo volevo.” Alza la testa per far incontrare i loro occhi. “E lo voglio anche ora.” 

Al che Simone sente un brivido percorrergli tutta la schiena, il cuore salta in gola e non capisce più niente. Si ritrovano a farlo contro la porta del bagno. 

L’amore ti fa fare cose incredibili a volte. Stavolta ha convinto Simone che essere di supporto per Manuel significa esserci ogni volta che lui vuole scopare e limitarsi ad essere questo per lui. Forse è quanto di più simile a una storia d’amore che possa mai desiderare di avere. 

La realtà è che Simone non sa cosa sia l’amore e per lui le relazioni sono un grande mistero. Quello che sa è che nella sua vita tante persone l’hanno lasciato solo e hanno accettato di perderlo. Manuel invece gli ha fatto capire che non vuole e per lui conta questo. 

E infatti la loro relazione va avanti così per mesi - fra notti d’amore e mattinate d’insicurezza - prima che riescano a trasformare questa cosa in una relazione più o meno seria e non ancora del tutto stabile. 

 

Dicembre 2023

Ultimamente Simone litiga spesso con Manuel. Gli ha pure rovinato la festa di Luna con una scenata di gelosia, perché stava preso male. Sbotta sempre perché lavora un sacco per pagarsi da solo l’università e ha tanto da studiare e dice che la cosa lo rende nervoso. A Simone non sembrano delle giustificazioni ragionevoli, ma lo perdona. 

Si sforza di essere un buon fidanzato, ma è stufo di non ricevere niente in cambio. Laura dice sempre che dovrebbe lasciare Manuel, ma ormai stanno insieme da così tanto tempo che l’idea di separarsi da lui lo spaventa. Incontrare persone nuove, uscire con qualcuno che non conosce sperando che sia quello giusto.

L’amore che ha conosciuto Simone finora è effimero - come quello dei genitori che hanno divorziato quando era piccolo -, aggressivo e travolgente - come quello che ha con Manuel - e si discosta totalmente da quello delle commedie romantiche in cui i protagonisti si innamorano e gli sembra di stare insieme da una vita, anche se si conoscono appena.

Simone dell’amore non sa proprio un cavolo, non ci capisce niente e forse non lo vuole nemmeno più capire. Tutto quello che è misurabile e si può esaminare tramite i numeri e le formule gli interessa e lo comprende. E purtroppo per lui l’amore non rientra in quella categoria. Se non può comprendere l’amore, come può sperare di riuscire a viverlo?

Quella mattina si sveglia con questo pensiero in testa, si rigira nel letto e osserva il suo fidanzato mentre dorme. Resta spesso in villa per la notte, per i Balestra non è un problema. Anche se nessuno approva la relazione di Simone, cercano di essere dalla sua parte.

La sera prima hanno litigato, per l’ennesima volta, e sono passati dalle urla ai baci in un attimo. Simone è disgustato anche solo a ripensarci, ormai l’idea di lui e Manuel assieme lo disgusta. Anzi, prova la stessa reazione anche quando pensa a loro due singolarmente o quando si guarda allo specchio. Non trova pace.

Se all’inizio gli piaceva questo sentimento irrefrenabile e impetuoso che li portava ad attrarsi, ora lo odia. Forse perché è cresciuto e si rende conto che non gli basta più solo la passione, che ha bisogno di qualcosa in più di una scopata per sentirsi amato. Non che prima gli bastasse, ma ora ne è più consapevole. Non sa nemmeno se questa realizzazione sia un bene o se preferiva rimanere nell’ignoto per poter continuare a sperare che fosse solo una crisi passeggera nel loro amore altrimenti perfetto

Appena Manuel apre gli occhi fa un sussulto. “M’hai messo paura, ma che fai me spii?”

“Giorno anche a te.”

Gli sorride. “Buongiorno.” Stranamente stamattina sembra preso bene. “Che hai?”

“Perché che ho?”

“No dico che hai, a che pensi? C’hai ‘na faccia.”

“Ah grazie, ti amo anch’io.” 

“Oh mamma mia non te se po di’ niente.” sbuffa.

Forse ha ragione, per una volta che fa il carino. “Dai, scherzavo. Non ho niente.” dice abbracciandolo. L’altro ricambia in silenzio. Strano. “Te a che pensi?”

Sospira. “Non me va de fa un cazzo e devo lavora. E poi c’ho una fame.”

“Scendiamo allora, così facciamo colazione insieme prima che vai.” si mette seduto e gli tira dolcemente un braccio per convincerlo. Appena l’altro lo segue, Simone gli lascia un bacio sulla guancia. Lui gli sorride - sta davvero preso bene stamattina - e sembra avvicinarsi per baciarlo sulle labbra. Ma Simone sente una notifica arrivargli sul telefono e si gira prima che lo raggiunga. 

“Chi è?” ha un tono già meno dolce rispetto a prima e sembra quasi sporgersi per controllare. 

Simone lo nota, quindi avvicina il telefono per fargli leggere. “Laura. È per una cosa dell’uni.”

Manuel legge e alza un sopracciglio. “Erasmus?”

Gli risponde annuendo, spegne il telefono e lo mette via. Si volta e si avvicina per tornare a dove si erano interrotti. Ma viene fermato da una mano sul petto. “Che c’è?”

“Erasmus, Simò? Non m’avevi mai detto un cazzo.” alza un po’ la voce e si mette in piedi. 

Preso bene un cazzo. “Non te l’ho detto perché ci ho ripensato. E poi…” noi non parliamo di queste cose. Si blocca, non vuole dirlo. Però è la verità.

“E poi? Cosa?” Rimangono in silenzio a fissarsi negli occhi. “Simò, che cazzo! Finiscile ste frasi.” 

Che senso ha continuare così? “E poi noi non abbiamo mai parlato del futuro.” si alza in piedi, cerca di mantenere un tono di voce normale e non farsi prendere dalle emozioni.

“Quindi, siccome non parliamo, te prendi e parti e manco me lo dici?” sta urlando, sta dando di matto. Di nuovo. E Simone non ne ha per niente voglia. “Quanno pensavi de dimmelo? Quanno stavi già chissà dove?” Inizia a camminare per la stanza agitato.

“Ti ho detto che ci ho ripensato quasi subito.”

“Allora Laura che t’ha mannato?”

“L’avviso che c’è ancora tempo per mandare la richiesta. Ma comunque non volevo andare. Me l’ha mandata solo perché sa che ci avevo pensato.” Manuel rimane a guardarlo sbuffando e scuotendo la testa. “Che c’è non ti fidi? Guarda.” prende il telefono e gli fa vedere la chat.

“Non me ne frega un cazzo del messaggio!” e lo scansa. “Lo vedi come fai?”Simone è stanco, non ce la fa più. La mattinata era iniziata bene - per un attimo aveva pensato pure che fosse davvero solo una crisi e che era giunta al termine - e ora invece sta andando tutto male. Le cose non sarebbero mai cambiate, avrebbero continuato all’infinito a litigare, a fare sesso per risolvere i problemi - non risolvendo in realtà proprio niente. E Simone avrebbe continuato a svegliarsi ogni mattina odiando ogni parte di sé stesso e di quel suo corpo sempre più deteriorato. Questa realizzazione non fa stare bene Simone, ma spera di riuscire a essere più forte di quanto non sia mai stato.

Quindi prima che il ragazzo possa dire altro, gli vomita in faccia tutta la rabbia che sta provando. “Cazzo Manuel non ho fatto niente, stai a fa tutto da solo. Fai sempre tutto da solo! Mi dispiace se hai tutte queste paranoie ma non puoi scaricarle sempre su di me.” Si rimette seduto sul letto tenendosi la testa tra le mani. “Cazzo, ci siamo appena svegliati e stiamo già litigando. Io non ce la faccio più ad andare avanti così.” Prima che il ragazzo possa avvicinarsi, Simone lo fulmina con lo sguardo. “Dobbiamo chiuderla qua.” Una parte di lui ancora non è del tutto convinta di quello che sta dicendo, ma l’altra metà cerca di silenziarla.

“Che cazzo dici?”

“Dico che non sta funzionando, non mi basta più questa storia. Ti rendi conto che non facciamo altro che litigare? Io non posso continuare a fingere che vada tutto bene, che io sto bene.”

“Lo so.” dice sedendosi accanto a lui. “È che lo sai che questo periodo-”

“No, Manuel.” lo interrompe. “Non mi interessa più, non me ne faccio niente di te e delle tue giustificazioni.” si sente andare a fuoco, ha preso coraggio ora e non vuole sprecarlo. “Non me ne frega un cazzo dei problemi tuoi, dei problemi miei, niente. Noi non siamo fatti per stare insieme, dobbiamo accettarlo. E prendere ognuno la sua strada.”

Manuel si alza di scatto e inizia a sbraitare. Simone non lo ascolta, resta fermo sulle sue idee. Lo guarda da lontano e si chiede come abbia fatto a stare per quasi quattro anni con uno così, a tollerare i suoi comportamenti, quello che diceva, quello che faceva e ad accettare di stare in un rapporto simile. 

All’improvviso qualcuno bussa alla porta e senza aspettare risposta, entra in camera. Ovviamente è Dante. “Si può sapere che sta succedendo? State svegliando tutti.” Suo padre si mette sempre in mezzo, di solito gli dà fastidio. Però stavolta, nonostante un certo imbarazzo, è lieto che stia ficcando il naso, che possa aiutarlo a non cedere a quel ragazzo. Cerca di fargli capire la situazione con uno sguardo e ci riesce - forse anche perché, conoscendo suo padre, aveva già ascoltato tutta la litigata. “Manuel, devi andare via. Te lo chiedo con calma prima di farlo io a forza.”

Manuel prende le sue cose, guarda male i Balestra, e se ne va via mormorando insulti e parolacce, ma a Simone non importa. Appena scompare dal suo campo visivo, si accascia sul letto e lascia che le lacrime scorrano libere sul suo viso.

Il padre lo abbraccia. “Tutto ok? Ne vuoi parlare?” 

Non sa nemmeno lui cosa rispondere perché non sa cosa prova. È triste? Non proprio. È felice? All’incirca. È arrabbiato? Forse solo un po’. Si sente travolto da un vortice di emozioni indefinite. Forse sollevato è quello che gli pare avvicinarsi di più al suo stato attuale. “Direi di no.”

“Ok, quando vuoi. Papà è sempre qui.” Simone si lascia stringere tra le braccia del padre, mentre le lacrime gli bagnano la maglia. È grato di essere riuscito a migliorare il loro rapporto. In quel momento era proprio la cosa di cui aveva più bisogno. 

Ci vuole un po’ prima che le emozioni che lo stanno agitando inizino a definirsi. Non tutte e non nello stesso momento. Riconosce la rabbia per aver litigato con Manuel, l’angoscia di essere di nuovo solo, la gioia di non dover più sopportare quella relazione, ma anche la paura di ricaderci se Manuel dovesse ripresentarsi. 

Il mattino dopo si sveglia e - forse spinto dalla chiacchierata fatta la sera precedente con Laura, o da quella avuta con i genitori - come prima cosa prende il pc e invia quella richiesta.

Se gli va bene se ne va in Erasmus, lontano da tutto e tutti.

Notes:

non so se odiate i capitoli flashback, sec me sono utili per capire meglio i personaggi e le loro attuali crisi (nel dubbio, ne ho messi pochi) ma quello che so per certo è che odiate questo manuel e avete ragione idem!!!

Chapter 14: Assurdi colpi di scena

Notes:

sappiate che l’epilogo di questa storia è già stato scritto, il finale invece ancora non è stato nemmeno abbozzato #iosonoquesta
e a tal proposito, usate #edscma se volete commentare su twt mwah

(See the end of the chapter for more notes.)

Chapter Text

Maggio 2025

Simone sta uscendo per andare a lavoro, ma viene fermato da suo padre che esce dallo studio e gli si avvicina iniziando una conversazione. Lui non ne ha il tempo perché ha da fare, quindi continua ad allacciarsi le scarpe mentre lo ascolta blaterare. Gli chiede dell’università, del lavoro, poi cosa farà in questi giorni ed è quando sta vagando un po’ troppo che il figlio alza il capo e lo guarda storto. “Che mi devi dire?”

Lui fa spallucce come se non avesse niente da dire, ma ovviamente deve chiedergli una cosa. “Pensavo che una di queste sere avremmo potuto cenare assieme, ti va?”

“Ceniamo sempre assieme quando siamo liberi.” gli fa notare mettendosi la giacca.

Suo padre annuisce e ridacchia. “Sì, certo. Ma non solo io e te, stavolta verrebbe anche Cecilia.” 

Ah, Cecilia.

Svariate settimane prima, Dante aveva fatto un discorso simile a suo figlio, dicendo che doveva presentargli una persona. “Lo so che ti vedi con una persona.” lo aveva interrotto Simone, imitandone il tono di voce. Aveva accettato di conoscerla, ma fino a quella famosa cena aveva continuato a ripensare alle parole di suo padre. Dante Balestra doveva presentargli una persona e parlare con lui e la cosa suonava stranissima. Ebbe un sussulto pensando alla possibilità di suo padre che usciva con un uomo, poi scoppiò a ridere pensando a come Dante sarebbe comunque riuscito a farsi outing da solo.

Ma Dante Balestra, l’inguaribile dongiovanni, aveva ovviamente una relazione con una donna. Un po’ più giovane di lui. Ed era anche molto bella. Alta quasi quanto suo padre, i capelli ricci e biondi le incorniciano il viso gentile e delicato. Una bambola, perfetta e in ordine. Avevano iniziato a uscire assieme nel periodo in cui Simone era in Erasmus. Non era molto tempo, si rese conto, ma sembravano trovarsi bene l’uno con l’altro.

 

A Simone Cecilia sta simpatica ma non la conosce comunque così bene da averne un’idea precisa. Sembra che suo padre sia felice e questo gli basta. Quindi annuisce, infilandosi lo zaino. “Va bene, sarebbe carino averla di nuovo a cena.”

“Perfetto! Sai, sarebbe una cena importante. Dobbiamo parlare di alcune cose.” dice agitando una mano, sembra nervoso.

Simone annuisce distrattamente. “Senti, ora devo andare. Fammi sapere quando è la cena e io ci sarò, va bene?” gli dice ed esce di corsa senza aspettare che risponda. Si ricorda solo quando è per strada le parole di suo padre e allora si domanda per tutto il resto del tragitto di che diavolo dovranno parlare a questa cena. Pensa anche all’ironia del fatto che suo padre, quello che non parla mai di sé - o almeno, non senza metafore filosofiche -, voglia effettivamente parlargli di cose importanti. Chissà, forse gli rivelerà uno dei suoi segreti. Sarebbe interessante, vuole scoprirlo.

 

Suo padre organizza quella cena di venerdì sera e Simone ci rimane male quando deve dare buca a Mimmo - anche se lo aveva invitato a vedere una partita di calcio, scommette si divertirebbe di più con lui. Si diverte sempre con lui. Quindi si scusa per non poter andare, ma l’amico sembra tranquillo. 

Sta in camera a studiare fino a che non viene sua nonna a bussare e invitarlo a scendere in salotto. Trova suo padre e Cecilia che si stanno sistemando a tavola. La donna gli sorride e si salutano con un abbraccio frettoloso - come hanno fatto nelle ultime occasioni in cui si sono visti - e sembra andare tutto bene.

Ma la situazione precipita in un attimo mentre stanno mangiando la lasagna di nonna Virginia, è in quel momento che Dante gli dà la notizia. Simone rimane con la forchetta a mezz’aria per un po’, poi la posa lentamente. “Come prego?”

“Io e Cecilia.” replica, prendendo per mano la donna. “Andremo a convivere.”

“Scusa, non è presto? Insomma da quanto state insieme?”

“Quasi un anno. E non abbiamo più sedici anni, sappiamo a cosa andiamo incontro.” E invece in questo momento Dante sembra davvero un adolescente per il suo comportamento, lo sembra sempre a dire il vero.

“Lo so, ma dato che me ne stai parlando pensavo volessi la mia opinione.” borbotta il figlio incrociando le braccia.

“Te ne sto parlando perché vorrei che Cecilia venisse a vivere qui.”

Cosa? Simone lo fissa interdetto. “Qui?” ripete indicando con un dito il pavimento. “A casa nostra?” Il padre risponde annuendo e lui si butta sullo schienale con un sospiro. “Perché?”

“Non voglio che tu rimanga solo qui.”

“Ci sarebbe la nonna, non starei solo.” lo interrompe agitando una mano. “Se volete convivere prendetevi un appartamento, non capisco perché lei debba venire a vivere qui.” protesta alzandosi e indicando la donna. 

Suo padre si alza e urla infuriato. “Devi portarle rispetto, non è educato il tuo comportamento. Ed è la mia ragazza, vivrà qui se lo voglio.”

“Quindi la mia opinione non conta?”

“Non conta se non fai altro che sbuffare!” lo rimprovera.

Simone trattiene uno sbuffo, perché non vuole darla vinta a suo padre, non può. Quindi fa un respiro profondo e stringe i denti. “Non capisco perché abbiate così tanta fretta di convivere. Cos’è? È incinta?” domanda ironico.

E a quel punto, nota il modo in cui Cecilia sbarra gli occhi, o come sua nonna sussulta preoccupata. Ma soprattutto, vede suo padre. Dante serra la mandibola e ha un velo di nervosismo sul volto. Rimane fermo per un istante, apre la bocca ma non esce altro che aria. Non può essere.

“No.” mormora e continua a ripeterlo incredulo. “No, non è incinta. Giusto?” domanda al vento. Nessuna risposta. “Papà? Ho ragione?” Ancora nessuna risposta. “Cazzo papà!” urla spostandosi dal salotto alla cucina. Sente un rumore stridulo, dura un secondo, devono essere le sedie che vengono strusciate contro il pavimento. Sono Cecilia e Virginia.

E poi sente dei passi che lo seguono. Alle sue spalle, Dante ha ripreso coscienza e la sua voce rimbomba nella villa. “Simone, aspetta. Non è così che volevamo dirtelo.”

“Beh, menomale. Grazie tante allora.” lo canzona lanciandogli un’occhiata. “La prossima volta gradirei scoprirlo in maniera diversa.” dice e sente suo padre rimproverarlo, ma lui è furioso e non lo sta a sentire. Dietro di loro, delle imbarazzate Cecilia e Virginia cercano di calmarli, ma Simone è arrivato al suo limite di sopportazione. “Senti, non mi importa niente delle tue scuse. Mi sono stufato, fate quello che volete.” conclude, sbattendo la porta.

*

Ultimamente Mimmo lavora molto e passa gran parte delle sue giornate fuori casa. È molto stanco, ma è contento che le lezioni stanno per finire. Anche se questo significherà ammazzarsi tra lo studio e il lavoro.

Torna a casa stanco e vuole solo passare la serata comodo sul divano a vedere una partita e scherzare con gli amici. Prova a invitare anche Simone, gli chiede se ha da fare e se ha voglia di unirsi a loro, ma a quanto pare ha una cena con suo padre e non può saltarla. A Mimmo va bene così, ma un po’ gli dispiace. 

La monetina costringe il gruppo a tifare per la squadra che sta perdendo. Però si divertono comunque, la partita è entusiasmante.

Al trentasettesimo minuto, suonano al citofono. Si guardano tutti tra loro confusi. “Aspettavamo qualcun altro?” chiede Gigi.

“Sarà la cena.” suggerisce Marco e Francesco lo squadra perplesso limitandosi a indicare il tavolino pieno di cibo e bibite davanti a loro.

Rayan si alza e va a rispondere, essendo il più vicino alla porta. “Chi è?” Aspetta di ricevere risposta, poi apre il portone e lancia un’occhiata a Mimmo. “Hai invitato Simone?”

“Sì, ma aveva da fare stasera. Perché?” chiede aggrottando la fronte.

“Si sarà liberato. Sta qua.” 

In che senso? Non che non si fidi di Ray, però la situazione è strana. Quindi si alza, va sul pianerottolo e qualche minuto dopo vede effettivamente il moro per le scale. Che diavolo ci fa Simone qui? Arrivato davanti alla porta si scusa per il poco preavviso, ma i ragazzi lo tranquillizzano. Lo fanno entrare e sedere, gli offrono da bere e da mangiare e lui accetta volentieri una birra. Mimmo non gli chiede perché sia lì, ma lo vede dal suo sguardo che è triste. La cena con il padre non deve essere andata bene.

Alla fine del primo tempo, vanno solo loro due sul balconcino e il moro si accende una sigaretta. Rimangono lì in silenzio a fumare, ma alla fine Mimmo non riesce a starsene zitto e ignorare la situazione. “Che è successo?”

Fa un po’ il vago, si rigira la cicca tra le dita, ma alla fine cede. “La cena è finita presto, non è andata benissimo.” ammette. 

“Mi dispiace.” mormora poggiandogli la mano sulla spalla. “Ne vuoi parlare?”

L’altro scuote la testa. “Non molto. Volevo solo…” fa spallucce spostando lo sguardo su ciò che lo circonda. “Stare lontano da casa mia, credo. Ma se per te è un problema-”

“Ti ho invitato, non c’è problema se sei qui.” gli sorride. 

Tornano sul divano e continuano a vedere la partita - una terribile sconfitta, ma poco importa - e quando finisce Francesco, Gigi e Marco se ne vanno via. Simone rimane per aiutare i padroni di casa a ripulire, ma non riesce a reggersi in piedi. Ha bevuto un sacco e mangiato poco, Mimmo si preoccupa quando nota che inizia a barcollare come quella sera in cui si sono visti all’Alvie’s Pub. 

Rayan lancia un’occhiata prima al moro e poi al biondo che si traduce con qualcosa del tipo sta messo male, che facciamo? e Mimmo gli risponde con un cenno che significa non preoccuparti, me ne occupo io. Vivendo insieme e conoscendosi da tanti anni, ora riescono a comunicare anche senza usare parole. Lui quindi annuisce e se ne va, dandogli la buonanotte e lasciandoli soli in salotto.

Mimmo gli si avvicina cauto e prova a parlargli, ma l’altro lo anticipa. “Dovrei andare.” farfuglia, facendo cenno verso la porta.

Il biondo annuisce distrattamente e si rende conto che sta facendo una cazzata solo quando vede l’amico avanzare verso la porta mettendo a fatica un piede davanti l’altro e rischiando anche di cadere. “Mi sa che non sei molto in forma per guidare. Senti, facciamo così,” gli posa una mano sulla spalla e con l'altra gli afferra un braccio “stanotte rimani qua.” Simone scuote la testa, ma Mimmo insiste. “E che fai, vai in giro così? Dai, vieni.”

Alla fine - e per fortuna - si arrende e lo segue verso la camera da letto. “Me la immaginavo più romantica.” 

“Che?”

“La scena di te che mi chiedi di dormire insieme. E anzi, pensavo prima mi avresti almeno baciato o che ne so.” 

Mimmo sorride e lo guarda alzando le sopracciglia. “Non mi sembra che stiamo seguendo una logica nella nostra relazione. Mi hai detto ti amo prima del tuo nome.”

Simone ridacchia e annuisce lentamente, poi appena raggiunge il letto ci si butta sopra a peso morto. “Mi dispiace ma mi sa che non riesco a fare sesso stasera.” mormora contro il cuscino.

Deve essere completamente andato. Al biondo scappa un sorriso e si morde un labbro. “Sono affranto ma lo sospettavo. E comunque dormo sul divano, non preoccuparti.”

Il moro si alza leggermente. “Ma sarà scomodo.”

“Non è un problema.” lo rassicura e poi si avvicina per prendere la sveglia sul comodino, ma Simone gli afferra il braccio. 

“Dormi qua.”

Lo fissa con i suoi occhioni nocciola che ricordano quelli di un cerbiatto, non è facile dirgli di no. Mimmo infatti ci prova ma l’altro lo tiene stretto e lo trascina costringendolo a sedersi sul letto accanto a lui. “Simò, io penso che-”

“Stai qua. Con me.” e nel dirlo si avvicina un po’ troppo al suo viso, tanto che riesce a sfiorarlo con la punta del naso. Mimmo sente un brivido lungo tutto il corpo, quel contatto fisico sembra così intimo eppure è leggero. Sente il respiro di Simome sul suo collo. “Per favore, Mimì.” lo prega ancora con una vocina.

Mimì. Talmente tenero che gli spunta un sorriso sulle labbra e finisce per rimanere lì. Si sdraia e il moro lo circonda con un braccio, sfiorandogli i capelli con la fronte. Deglutisce, cerca di mandare giù l’imbarazzo. “Buonanotte Simò.”

“Buonanotte Mimì.” ripete contro il suo collo. E Mimmo deve mordersi le labbra per non sorridere come un cretino. 

 

Questa notte Mimmo ha stranamente dormito benissimo, come non dormiva da molto tempo. Si convince sia stato perché era talmente stanco da crollare subito, di certo non è perché ha dormito abbracciato al suo amico, no.

Quindi, quando il giorno dopo la sveglia suona, Mimmo si sente ben riposato e si affretta a spegnerla prima che disturbi Simone. Ha bevuto talmente tanto che è certo si sveglierà con il mal di testa. Si alza e va a fare colazione. Poi ha anche il tempo di lavarsi e vestirsi prima che l’altro si svegli. Si sta allacciando le scarpe quando lo sente mormorare un ciao.

Si volta e lo vede avvolto nelle coperte, stretto al cuscino, i ricci in disordine. “Ciao. Come stai?” gli chiede con tono basso e l’altro risponde con un cenno con la mano che molto probabilmente si può tradurre in male. “Immaginavo. Vuoi che ti porto un caffè?”

“Hai un’aspirina o qualcosa per il mal di testa?” mormora, la voce ovattata contro il cuscino.

Mimmo annuisce ed esce dalla stanza. Va in cucina per poi tornare con la scatolina del farmaco e un bicchiere d’acqua. Simone si mette seduto e dopo averla presa, sembra iniziare a ricollegare i puntini. “Mi hai fatto dormire qua?” chiede stringendo gli occhi.

“Sì, non mi sembravi in grado di guidare ieri sera.”

Sbuffa divertito. “Scusa, non volevo essere un peso.” mormora. Mimmo scuote la testa, lo tranquillizza. Gli dice che non è stato un peso perché davvero non lo è stato. Il moro annuisce e rimane in silenzio. Si stropiccia gli occhi e probabilmente inizia a rimettere in moto il cervello, si possono quasi vedere gli ingranaggi che iniziano a muoversi. “Ma a te non piace il caffè, davvero ce l’hai?”

“Rayan lo beve e ogni tanto anch’io, pure se non mi piace. Ne vuoi un po’?”

“Se non è un problema.” risponde sbadigliando. Poi viene colto da un dubbio e aggrotta la fronte. “Ma lui lo sa che sto qua?”

Mimmo usa le sue migliori doti attoriali per mettere su una faccia preoccupata, le sopracciglia alzate e la bocca spalancata. “Oddio no, mi sa che dovrai uscire calandoti dalla finestra. Sbrigati a rivestirti prima che ti trovi.” lo incalza, concludendo la battuta con un occhiolino.

Simone ridacchia e sembra capire che lo sta prendendo in giro ma comunque si dà un’occhiata furtiva, forse per controllare di essere effettivamente già vestito. Oddio, è proprio fuso. Sorride forse rendendosene conto e poi lo guarda. “A tal proposito-” fa una pausa, sembra agitarsi alla ricerca delle parole da usare. “È successo qualcosa tra noi? Non ricordo-” mormora a bassa voce.

“No, niente.” lo informa, prima che possa dire altro. Simone annuisce e sembra rilassarsi un po’. “Abbiamo solo dormito. Certo, c’è stata quella cosa.” aggiunge serio.

Lo squadra aggrottando la fronte, quasi spaventato. “Oddio, che ho fatto? Dimmelo anche se è imbarazzante, devo saperlo.” sospira sconsolato.

“Mi hai chiamato Mimì.” gli sorride. “Ma non sarà mai più imbarazzante di quando mi hai detto ti amo.”

Simone si porta la testa tra le mani. “Scusa.”

“Stavo scherzando, non preoccuparti. E poi è carino come soprannome, non mi sono mica offeso.” Anzi tutt’altro urla una vocina nella sua testa.

L’altro torna a guardarlo e alza un sopracciglio. “Oh, Mimì sei sempre così entusiasta di prendermi per il culo.” rotea appena gli occhi. Si potrebbe dire che sta flirtando e a Mimmo piace, lo fa impazzire. Perché è il loro gioco.

Però fa spallucce e mostra disinteresse. “Che ci posso fare, mi diverto così.” e nel dirlo, si alza e va in cucina. Simone lo raggiunge poco dopo, sedendosi sul divano. Mimmo gli passa una tazzina di caffè e gli si siede accanto.

Vorrebbe affrontare l’argomento ma non sa bene come, quindi rimane lì a fissarlo mentre beve il caffè finche il moro non se ne accorge. “Che c’è?” chiede voltandosi.

“Come stai?”

“Starò bene. Ho preso l’asprina, ti ricordi?”

“Certo che ricordo, sei tu quello che si scorda tutto.” lo punzecchia. “Ma comunque non lo chiedevo per quello. Ieri sera non stavi molto bene, mi è sembrato di capire. Voglio sapere se è tutto ok.”

Trascina gli occhi da una parte all’altra della stanza, non sembra avere voglia di parlare. O forse non ci riesce. “Starò bene.” ribadisce alla fine.

“Puoi parlarmene se vuoi, lo sai.” sussurra tentando una voce dolce, per farlo sentire libero di dire qualsiasi cosa. Mimmo non vuole obbligarlo a fare niente che lui non si senta di voler fare, ma deve comunque tentare di farlo parlare.

Gli sorride e sospira. Dopo una lunga pausa chiede “Litigate tra padre e figlio, hai presente?”

No. Abbassa lo sguardo e non sa se dovrebbe volere più informazioni, se dovrebbe limitarsi ad annuire, se dovrebbe fargli sapere che quel territorio non lo riguarda. Fa spallucce e alla fine decide di dire la verità. “Mi spiace, non posso aiutarti molto.” Simone si volta e lo guarda, non sembra aver capito a cosa si stia riferendo. “Mio padre l’ho visto solo una volta ed ero troppo piccolo per litigarci.” ammette con un sorriso amaro. Non gli piace parlarne. 

“Mi dispiace.” e lo sembra davvero. Mimmo fa un cenno con la mano per minimizzare la cosa, ma l’altro lo ignora. “Sono serio, ho detto una cazzata.”

“Non lo sapevi.” lo tranquillizza. “Di solito quando incontro persone nuove la prima cosa che dico non è mio padre se ne è andato via di casa quando ero piccolo. Non è nemmeno tra le prime cinquanta, se devo essere sincero.”

Lui annuisce, ma sembra ancora dispiaciuto. “E non hai mai-”

“Non mi interessa.” lo interrompe. “Per me è un estraneo e sto bene così. Non ho voglia di conoscerlo.” chiarisce, sperando che basti a chiudere l’argomento. “Comunque anche se non posso capire del tutto, puoi parlarmene. Di tuo padre, intendo.”

Simone lo fissa per qualche minuto, poi ridacchia. “La mia vita è una barzelletta. Anzi, una storia inverosimile piena di stronzate e assurdi colpi di scena.”

“Se c’è il libro sarei curioso di leggerlo.”

“Me la immagino più come un film. Basso budget, sceneggiatori incapaci, regista senza esperienza. Credo che l’unica cosa bella sia la colonna sonora, ma non è comunque abbastanza da rendere il film godibile, per cui è un fallimento al botteghino.” sospira fissando il vuoto. Fa un respiro profondo e poi confessa. “Mio padre si è fidanzato. Vorrebbe che questa donna venisse a vivere da noi perché a detta sua non vuole lasciarmi solo, anche se come gli ho già detto non sarei solo, perché ci sarebbe mia nonna.” sbuffa agitando le mani.

“Non ti sta simpatica la ragazza di tuo padre?”

“Mi dà fastidio l’idea che porti un’altra ragazza in casa perché lì ci ho vissuto con entrambi i miei genitori quando ero piccolo. Poi hanno divorziato e mi sta bene che si frequentino con altre persone, ma quella era la nostra casa.”

Mimmo annuisce anche se non capisce del tutto il concetto, non ha avuto esperienze simili. Per un periodo - un periodo brutto e che non potrà mai scordare - una casa vera e propria nemmeno ce l’ha avuta. Uno spazio che fosse suo, un luogo dove sentirsi a casa. Erano senza soldi e li avevano sfrattati dall’appartamento in cui stavano, così si sono ritrovati ad occupare un monolocale distrutto fino a che non se ne sono potuti permettere uno. Ma era solo un bimbo all’epoca e ci ha messo un po’ prima di capire che nel nuovo appartamento potevano stare tranquilli, che non c’era più il rischio di essere beccati. 

“Comunque,” riprende a parlare sospirando “non è questa la parte peggiore della serata. Mi ero innervosito all’inizio perché mi sembrava una decisione affrettata visto che stanno insieme da poco meno di un anno, ma ci sarei passato sopra. Se non fosse che poi ho capito il motivo per cui vogliono già convivere.” dice e Mimmo gli fa un cenno con la testa guardando dritto negli occhi come a dire spara! “Lei… loro…. un bambino.” mormora. “Mio padre avrà un altro figlio, con lei.” 

Deve essere stato difficile dirlo ad alta voce, perché Mimmo nota il modo in cui Simone deglutisce, come se la gola gli andasse a fuoco. Sarà per questo motivo che sente una morsa al petto e senza pensarci due volte gli poggia una mano sulla spalla. La stringe e lo guarda dispiaciuto. “Ti ferisce?”

Scuote lentamente la testa, poi alza gli occhi al cielo. “Mi fa incazzare!” ammette alzando la voce. Il che deve dargli fastidio perché stringe subito gli occhi e si porta una mano alla tempia, mi sa che non ha ancora smaltito la sbornia. “Insomma, cosa cazzo gli è passato per la testa?”

“Glielo hai chiesto?”

Ridacchia e fa spallucce. “Non sono rimasto tanto a lungo da avere una risposta. Ero così arrabbiato che non potevo rimanere lì o avremmo discusso tutta la notte.” Fa una pausa, forse si aspetta che Mimmo dica qualcosa ma lui non ha parole. E rimane in silenzio talmente tanto a lungo che Simone deve sentirsi a disagio, perché si alza e trova una scusa per andare. “Comunque grazie per avermi accolto stanotte e per avermi ascoltato. Sarà meglio che ne parli con la mia psicologa anche se sarà delusa per come l’ho gestita.” dice e forse è solo una battuta ma fa stare male Mimmo. Vorrebbe dirgli qualcosa ma l’amico fugge praticamente via e ora lui se ne sta solo in salotto a fissare la porta chiusa davanti a lui. Un cretino.

 

Mercoledì mattina Mimmo ha solo una lezione in università, l’ultima. Il che significa che deve affrettarsi e iniziare a studiare per gli esami, ma si concede ancora qualche giorno. Magari inizia lunedì. 

“Aspettate, devo darvi una cosa.” dice Chicca mentre si stanno sistemando per andare. Fruga nella sua tote bag e tira fuori dei piccoli volantini. “Se volete venire, questo sabato c’è la mia mostra. Cioè non è proprio mia, ci sono opere di vari artisti emergenti, tra cui le mie.” spiega

I ragazzi afferrano subito il volantino e sono entusiasti anche solo all’idea. Leo la stringe con un braccio attorno alle spalle, poi ondeggia obbligandola a seguirlo. Mimmo ridacchia e alla fine si unisce agli amici e iniziano a saltellare sul posto, contenti per Chicca e per la fine delle lezioni.

Come d’abitudine, vanno al bar e ordinano tre muffin al cioccolato. Prima di mangiarli, li fanno scontrare come a fare un brindisi. Hanno fatto questa cosa al primo anno per inaugurare la loro prima sessione e continuano a farlo perché se si stanno per laureare è prettamente grazie a questa tradizione e solo in minima parte dovuto al loro impegno negli studi - così sostiene Leo. Rimangono a parlare per un po’ prima di doversi salutare, poi va a lavoro e quando trova un attimo libero scrive a Simone per sapere come sta. Sono passate due settimane dalla lite con suo padre, sembra che abbiano ritrovato un po’ di pace. 

Simone replica mezz’ora dopo e lo rassicura dicendo che sta bene ma ha bisogno di distrarsi un po’ prima di rinchiudersi in casa e studiare per la sessione. Quindi a Mimmo sembra una buona idea invitarlo alla mostra di sabato. E lui accetta entusiasta, è passato molto tempo dall’ultima volta che ha visto Chicca e gli farebbe piacere rivederla.

Mimmo è contento all’idea di andare alla mostra, da settimana prossima dovrà mettersi a studiare e teme non avrà molte occasioni per uscire e divertirsi fino a che non darà tutti gli esami. Vuole godersi la serata a tutti i costi.

Notes:

simone dopo aver fatto la battuta su cecilia incinta: at first i was like mmm.... as a joke but bro i don't it's a joke anymore

Chapter 15: La mostra di quadri

Notes:

ho avuto la febbre e non mi sono ancora ripresa del tutto ma sono viva!!!
ok spero che questo capitolo vi piaccia mwah

(See the end of the chapter for more notes.)

Chapter Text

Quando Simone aveva accettato di uscire con Mimmo, forse non aveva considerato che stava per andare a una mostra di quadri, roba di cui lui non capisce niente ma il biondo sì. Se ne rende conto solo quella mattina e improvvisamente il dubbio di aver fatto una cazzata inizia a tormentarlo. Ormai però è troppo tardi per rinunciare e poi è abbastanza sicuro che si divertirà lo stesso.

La mostra si tiene in un localetto in centro, Mimmo propone di incontrarsi direttamente lì. Simone arriva per primo e rimane in macchina ad aspettare l’amico sentendosi un po’ uno stupido. Vede il biondo parcheggiare il motorino e allora scende dall’auto per raggiungerlo. Si salutano con un abbraccio, poi entrano. C’è una musica d’atmosfera in sottofondo senza la quale la sala sarebbe piuttosto silenziosa.

“La mostra espone opere di artisti emergenti, Chicca ha tipo solo un angolino però per lei è importante.” gli spiega mentre fanno il loro ingresso. Mimmo si gira attorno alla ricerca di volti familiari e forse trovandone uno, agita una mano per salutarlo. Avanza verso un ragazzo e Simone lo segue camminandogli dietro.

“Simo,” lo richiama prendendolo sotto braccio “questo è Leo.” Gli presenta questo ragazzo alto e magrolino, dai lineamenti delicati. Ha un mullet corto biondo platino, talmente chiaro da sembrare quasi bianco, con dei riflessi rosa. Porta un piercing al naso e ha due buchi all’orecchio destro. Il suo outfit, così come il resto del look, non passerebbe inosservato se quella non fosse una sala piena di artisti stravaganti. “Leo, Simone.” conclude indicandolo.

Il ragazzo allunga la mano e annuisce. “Piacere di conoscerti, ho sentito molto parlare di te.” 

Simone ricambia la stretta e gli sorride. “Anch'io.” In che senso molto?

“Sei un appassionato di arte?”

Si chiede se sia il caso di mentire o di dire la verità. “Si, credo.” farfuglia poco convinto, facendo ridacchiare Mimmo. “Ammetto di essere venuto più che altro per passare una serata fuori, lontano dai libri.”

“Oh, ti capisco!” annuisce, poi sposta di poco lo sguardo e fa un cenno con la testa. “C’è Chicca lì, andiamo a salutarla.” e così vanno verso la ragazza.

È davanti ai suoi quadri e sta fremendo, gioca con gli anelli e le maniche della maglia probabilmente per alleviare l’agitazione. Quando li nota, si getta tra Mimmo e Leo avvinghiandoli con le braccia. “Finalmente siete qui. Temevo mi avreste dato buca.”

Leo scuote la testa e le ripete più e più volte che non si sarebbe mai perso la mostra, perché i suoi quadri sono bellissimi. Mimmo concorda con lui, andando ad ammirare la tela più vicina per elogiarla. Lei li ringrazia e sembra rilassarsi molto. Solo adesso nota Simone davanti a lei. Lo saluta con un abbraccio e si scambiano qualche convenevole, cercando di ricordare se sono passati cinque o sei anni dal loro ultimo incontro. Poi Chicca li saluta per andare a parlare con altre persone, quindi decidono di fare un giro della sala.

Mimmo e Leo osservano le opere, le commentano offrendo il loro punto di vista e usando anche delle parole tecniche che Simone non conosce nemmeno. Annuisce e cerca ugualmente di seguire il discorso, cercando di non rendere evidente il fatto che si sente come un pesce fuori dall’acqua. Però gli piace vedere la gioia nello sguardo di Mimmo, è una cosa che gli scalda il cuore e non sa nemmeno perché.

Poco dopo, Leo li lascia soli per tornare da Chicca e loro continuano il giro. Simone pensa che ora sarà difficile nascondere la sua ignoranza in materia, ma spera che il suo amico lo comprenda. Passano davanti a una serie di quadri che attirano la loro attenzione. Si fermano a fissarli, inclinando le teste a destra e poi a sinistra, vanno in sincronia come fosse un balletto. Ora ne stanno guardando uno in particolare, secondo il moro è molto difficile capire cosa raffiguri. “Da che parte si guarda?” domanda aggrottando la fronte.

Mimmo sembra, per la prima volta nel corso della serata, confuso e si sporge a leggere la didascalia. “È un ritratto.” Ah. “La Venere Odierna. Si chiama così.” dice ritraendosi e stringendo gli occhi tornando a contemplare la tela.

Gli lancia un’occhiata e sospira. “Quindi… se è Venere, quella dovrebbe essere una donna molto bella, no?”

“Dovrebbe. Era l’ideale di bellezza.” conferma lui. Rimangono ancora in silenzio a squadrare il ritratto.

Simone annuisce indicando varie parti al centro della tela. “Sì, insomma questa è la testa. Queste le braccia.” Poi si blocca e piega ancora la testa. “Ma sono attaccate al collo?”

Mimmo non risponde, si ritira su e con la sicurezza di un esperto critico d’arte prende a spiegare. “È la Venere odierna. È una critica all’ideale di bellezza dei nostri tempi. A forza di inserirsi nei canoni imposti dalla società il corpo si deforma e per questo tutte le sue parti sono disposte in maniera disordinata, non hanno più una forma. La persona diventa nulla.”

“Cazzo che figo.” gli scappa ad alta voce. “Sei davvero portato per queste cose. Io continuavo a chiedermi perché non avesse le spalle.” confessa sentendosi a disagio.

L’altro ridacchia. “Ognuno interpreta l’arte come vuole. Non c’è sempre un solo modo giusto di vederla, secondo me.”

“Sì, ma c’è un modo intelligente per analizzarla, come hai fatto tu. E poi c’è lo stupido, che sarei io, che guarda questo quadro e pensa che non abbia nessun senso perché sembrano solo tanti colori buttati, no?”

“Ma anche quello è un modo per vederla! Colori buttati sulla tela senza senso logico, una critica all’insensatezza della vita, un modo per sfogarsi. Anche tu hai fatto la tua analisi.” sostiene sorridente.

“Non sembrava così quando l’ho detto, sei tu che gli hai dato un senso. Penso che questa cosa riesca più a te che a me.”

Mimmo scuote la testa. “Non è così.” Poi gli afferra la mano e se lo trascina via. “Vieni, ti dimostro che questa cosa riesce anche a te.” 

Simone rotea gli occhi, ma non è affatto irritato. Prova una sensazione di calore al petto e pensa sinceramente che Mimmo sia la persona più pura del mondo, perché gli sembra che nessuno sia mai stato tanto paziente con lui. E quindi, quando vedono i quadri che seguono la Venere, lui prova a dire quello che pensa e l’amico ripete tutto in chiave più artistica e filosofica dimostrandogli che in effetti l’arte è una cosa che può capire anche lui. 

“Come è nata?” chiede dal nulla mentre stanno camminando fianco a fianco attorno a una serie di sculture di media grandezza. Mimmo si volta confuso e lo prega di spiegarsi meglio. “Questa tua passione per l’arte. Cioè, è una cosa che hai sempre saputo di amare o c’è stato qualcosa che te l’ha fatto capire?”

Ridacchia, lo sguardo perso nel vuoto. “Sapevo già che mi piaceva perché passavo le ore a fare ricerche di storia dell’arte e mi interessava davvero. Però è stato alle medie che ne ho avuto la certezza. Abbiamo fatto una gita di classe al museo e a vedere le opere per la prima volta dal vivo ho sentito qualcosa dentro.” si porta una mano al cuore. “Qua, mi batteva forte. E ho capito che non dovevo ignorare la cosa.”

“Sembra davvero bello.”

“Non è così anche per te?” chiede rialzando lo sguardo verso lui. “Con la matematica?”

Fa spallucce. “Non è che quando vedo una funzione mi batte il cuore. Però sì, credo di avere avuto una simile illuminazione ai tempi della scuola.” riflette e Mimmo annuisce. Poi avanzano e raggiungono una parete dove sono esposti dei quadri molto particolari. “Astrattismo?” chiede Simone confuso.

“Un po’ minimal.” commenta l’altro con una smorfia, poi va per leggere il titolo. “Giornata al parco.”

“Mi prendi in giro?”

“No no, sono serissimo.” dice e lo sembra davvero.

Simone legge il titolo e si rende conto che quel quadro bianco con al centro un punto minuscolo di colore verde si chiama davvero così e forse dovrebbe anche rappresentare una giornata al parco. “Quindi quello è il prato.” nota arricciando le labbra in un’espressione quasi di disgusto.

Mimmo si limita ad annuire, fissa ancora il quadro senza un briciolo di amore e poi se ne va saltando tutta quella sezione, una conferma del fatto che quei quadri non sono di suo gradimento.

Al che a Simone viene da ridere. “Non ti piacciono?” gli chiede seguendolo.

L’altro si gira e sospira un po’ imbarazzato. “Non tutta l’arte mi deve piacere. E quella non mi dice niente, quindi non mi interessa. A te piaceva?” e dal modo in cui glielo chiede sembra sia disposto a tornare indietro e stare davanti a quelle tele insulse per ore solo per farlo felice.

Scuote la testa divertito al pensiero di quell’immagine. “No, però ora sono curioso di sapere cosa ti piace.”

“Di tutto in realtà, solo non sono un fan dei quadri troppo semplici. Giornata al parco rappresenta una giornata al parco e ha solo una goccia di tempera al centro, non lascia spazio ad altre interpretazioni.”

“E invece ha molte interpretazioni.” prova a dire Simone imitando l’atteggiamento di qualche minuto fa dell’amico. “Io ci vedo una giornata al parco in cui piove e ci sono pochissime persone, magari te ci vedi una giornata di sole con tanti bambini che giocano. Tante interpretazioni diverse con un solo punto, no?” e aveva iniziato a dirlo un po’ per canzonarlo, ma alla fine suona quasi sensato.

Mimmo annuisce convinto e si dice commosso al pensiero di avergli fatto capire che l’arte la possono interpretare tutti. Si porta teatralmente una mano agli occhi per asciugarsi delle lacrime inesistenti e Simone gli dà una gomitata.“Ma invece a te che piace?” chiede fermandosi.

Fa spallucce perché non ha una grande conoscenza in materia e non sa bene cosa gli piaccia e cosa no. “Quando non riesco a dormire a volte vedo il programma di Bob Ross.” Il biondo agita le mani con un certo stupore in volto, ma non riesce a dire niente, quindi prosegue. “Più che altro perché mi rilassa, penso che quell'uomo sia la persona più in pace con l'universo che io abbia mai visto. E i suoi quadri non sono male, giusto?”

“Sono molto belli. Hai buon gusto.” gli dice. “Posso farti una domanda?”

“Spara.”

Mimmo sembra esitare un po’, ma alla fine si ferma accanto a lui. “Come sta andando con tuo padre?” domanda. “So che forse non vuoi parlarne, lo capirei. Ma se ti va, puoi dirmi come vanno le cose tra voi.”

Simone solleva un angolo della bocca, sente la dolcezza nel tono di voce del suo amico e spera di riuscire a ricambiare con quel gesto. Sospira perdendo lo sguardo oltre la spalla del biondo. “Sto imparando a conoscere Cecilia e credo sarà una madre amorevole. Quanto a mio padre… non so se stavolta sarà affidabile, se sarà presente. Lo spero, sembra determinato. Ma io… ecco… vorrei riuscire a essere un buon fratello maggiore. Almeno un Balestra deve esserci per lui, o per lei.” dichiara. È vero, sta elaborando la cosa e sta imparando a gestirla. Sta meglio rispetto a qualche settimana prima anche se ancora piuttosto sconvolto.

L’altro annuisce stringendogli il braccio con una mano, come a confortarlo. “Sarai il miglior fratello maggiore del mondo. O il secondo, dopo il mio.”

Riesce a strappargli un sorriso. “Giusto.” ridacchia finendo per guardarsi i piedi. “Grazie.” mormora poi, facendo incontrare di nuovo i loro sguardi. E a quel punto gli pare che stiano a un palmo l’uno dall’altro perché riesce a sentire il respiro di Mimmo e il suo profumo di cocco. 

Lo vede fare spallucce come a dire non è niente e poi in un secondo si allontana. “Ci manca quella parte lì, vogliamo andare?” domanda indicando la parete in fondo.

E siccome si sta divertendo e hanno visto tutte le opere, Simone annuisce e vanno alla sezione finale della mostra. Questi quadri sono più nascosti rispetto agli altri e quando li guardano bene, capiscono perché. “Quello è un…” chiede indicando un angolo della tela.

Annuisce, gli occhi sgranati. “E quella sotto è…”

“Già.” si limita a dire, sente il volto andargli a fuoco. Distoglie lo sguardo dal dipinto e vede il volto di Mimmo diventare di un rosso intenso. Gli viene da ridere e quando si guardano negli occhi non riescono a trattenersi. Sghignazzano come due ragazzini davanti a un quadro intitolato difatti Orgasmo e a una serie di altre tele a sfondo sessuale, rappresentanti per lo più corpi nudi. Smettono di ridere solo quando si rendono conto che alcune persone accanto a loro li stanno fissando e allora si allontanano.

Ritrovano Chicca non troppo distante dalla sua sezione che sta parlando con Leo e altri suoi amici. Le dicono che le sue opere sono le più belle della sala e lei li ringrazia anche se non è del tutto convinta. Però si vede che è felice di ricevere dei complimenti.

Arriva anche Laura alla mostra e siccome Luna doveva lavorare, Simone si offre di farle fare un giro della sala per non lasciarla sola. Cerca di sfruttare il fatto di aver sentito Mimmo e Leo commentare e analizzare le opere prima per far sembrare che ci capisca qualcosa, solo che non ricorda esattamente ciò che hanno detto e farfuglia parole a caso. E quindi l’amica ride e lo prende un po’ in giro. “Non devi per forza fingere di essere un esperto. Andavamo al liceo insieme, mi ricordo che durante l’ora di arte ti annoiavi.” Che poi è vero. “Infatti mi stupisce un po’ che tu sia venuto qui stasera.” lo punzecchia.

Se ci avesse pensato più a fondo non si sarebbe presentato probabilmente, ma ora che è qui è contento. Si è divertito e in fondo farsi un giro in mezzo a una sala piena di statue e dipinti non è male. “Mi ha invitato Mimmo, ho pensato sarebbe stato carino.”

Laura annuisce e si vede benissimo cosa sta pensando dal modo in cui gli sorride, ma comunque si astiene dal commentare e Simone vorrebbe ringraziarla per questo.

*

Mimmo è rimasto a chiacchierare con i suoi amici, lasciando a Laura e Simone il tempo per stare soli e parlare tra loro. Quando quei due sono abbastanza lontani, Chicca si guarda attorno con aria furtiva, gli afferra una mano e sussurra. “Allora? Non hai niente da dirci?”

“Cosa?” chiede confuso.

“Mi sembra ovvio che Simone sia il tuo ragazzo.” dice Leo. “Siete stati appiccicati tutta la sera, amoreggiavate come due uccellini.”

“Non amoreggiavamo!” protesta. “E poi non è vero che siamo stati appiccicati tutta sera, ora siamo lontani.” gli fa notare.

Gli amici si scambiano un’occhiata e sembrano poco convinti. “Siete lontani, ma ti giri ogni tre secondi per vedere dove sta. Guarda che non scappa mica.” ridacchia la ragazza. 

“No, è solo un amico che aveva voglia di passare la serata fuori e l'ho invitato a venire con me, non c'è altro.” e lo pensa davvero.

Loro annuiscono, ma Leo sembra ancora non fidarsi. “Sei sicuro che tra di voi non ci sia niente? Sembrate davvero carini assieme, sareste una bella coppia.”

“Nessuno dei due vuole una relazione.” risponde secco.

“Ok, scusa.” e sembra genuinamente dispiaciuto. “È solo che tra di voi c'è una certa chimica e avevamo pensato male. Solo amici, capito.” conclude gesticolando con le mani. 

Mimmo si ritrova di nuovo a cercare Simone in sala. Sta davanti a La Venere Odierna e sta parlando con Laura, forse le sta spiegando il suo punto di vista. Che la donna non ha le spalle perché la vita non ha senso, o qualcosa del genere. Gli viene da ridere e quando i loro sguardi si incontrano da una parte all’altra del locale, si ritrovano a scambiarsi un sorriso. Forse è vero che la vita non ha senso si ripete.

Notes:

non so se lo avevo già detto in precedenza, ma nella mia testa leo è interpretato da morgan davies

Chapter 16: Chi chiami quando ti senti solo la notte?

Notes:

bacioni a giux aka @spidermancomes che commenta ogni capitolo su twt mwah <3

(See the end of the chapter for more notes.)

Chapter Text

Il lunedì successivo alla mostra, Simone ha esaurito le scuse per rimandare lo studio. Cerca di organizzarsi per avere un piano da seguire e purtroppo per lui questo prevede uscire di casa solo per andare in università o a lavoro. Non riesce a uscire durante la sessione, gli viene l’ansia di perdere tempo. 

Ormai è chuso in casa da due settimane. È notte fonda, ha smesso di studiare solo qualche ora fa e si è finalmente addormentato. Ma il suo sonno viene interrotto dal suo telefono che squilla. Per un attimo teme sia già la sveglia, ma è sollevato nel sapere che ha ancora qualche ora per dormire. Mimmo lo sta chiamando e lui è ancora stordito dal sonno per rendersi conto che non è l’ora adatta. Quindi risponde, la testa affossata nel cuscino. “Pronto?”

“Ti ho svegliato?” chiede ed è questa domanda che ricorda a Simone che è notte fonda e Mimmo lo sta chiamando al telefono.

Quindi, un po’ preoccupato, alza il capo quanto basta per staccarsi dal cuscino e far capire al suo corpo di svegliarsi. “Che è successo?”

“Sto bene.” che è la prima cosa che una persona direbbe quando in effetti non sta bene. “Volevo solo-” fa una pausa, si corregge. “Avevo bisogno di compagnia. Rayan stanotte dorme da Viola, Luna mi ammazzerebbe anche solo se provassi a chiamarla a quest’ora e… beh, non avrei nessun altro con cui parlare.”

“Sono la tua terza scelta?” chiede con il broncio mettendosi seduto.

“Non credo che vorresti essere la prima scelta per una chiacchierata notturna.” 

Avrebbe ragione se non fosse che parlare con Mimmo è sempre piacevole, per lui. “Dimmi, che succede?”

“Non riesco a dormire. Ti va di raccontamirmi qualcosa?”

“Ok.” sospira e si porta una mano sulla tempia. Se la massaggia come se lo aiutasse a trovare qualcosa da dire. “Mì, non so che dirti. Ti ho già raccontato le mie ultime giornate via messaggio e sono state tutte abbastanza monotone. Studio fino a che non mi si incrociano gli occhi sul libro.”

“Già. Faccio lo stesso. E poi lavoro.” Inspira rumorosamente, poi ridacchia nervoso. “Ho un po’ di ansia.” ammette.

“Per gli esami?” domanda cauto.

“Anche. È che mi spaventa ogni tanto l’idea che è tutto un po’ precario nella mia vita. Se lavoro di meno rischio di non potermi pagare l’affitto. Se non dò gli esami in tempo rischio che mi tolgano la borsa di studio. E anche se mi laureo rischio comunque di continuare a fare due lavori per mantenermi.” Fa una pausa per prendere fiato. “Scusami, probabilmente ti sembra sciocco.”

“No, per niente.” si affretta a rassicurarlo. “Non deve essere facile per te.”

“No, ma ho sempre vissuto così. Non c’è mai stato niente di sicuro nella mia vita, niente di stabile. Perciò alla fine ti ci abitui a questa cosa. Però la notte un po’ di ansia mi viene e non riesco a dormire.”

“Ti capita spesso?”

“Abbastanza. Ho iniziato a soffrire di insonnia che ero bambino.” poi un sospiro piuttosto affannato. “Stavamo passando un brutto periodo, non avevamo…” si blocca e sembra stia piangendo.

“Tutto ok? Non sei obbligato a parlarmene.”

“Lo so.” tira su col naso, ma torna a raccontare. “Ci avevano sfrattato di casa. E ci siamo ritrovati ad occupare una catapecchia abbandonata.” 

“Cavolo.” gli sfugge. “Scusa, continua.”

“Non c’è molto da dire. Ero piccolo, avevo paura che ci succedesse qualcosa di brutto. E ora ho sempre un po’ paura di ritrovarmi sotto un ponte e tornare a quella vita. Quindi la notte mi capita spesso di non riuscire a dormire.” conclude. 

“Mi dispiace.”

“Il problema è che a forza di rimanere sveglio il mio cervello si lascia trasportare dalle paranoie. Ed essendo l’unico sveglio finisco per sentirmi tremendamente solo, non mi piace.”

“Tipo ora?”

“Già.” dice con una voce delicata, quasi sussurrando.

A Simone spezza il cuore. “Ti faccio compagnia io. Tutte le notti che vuoi, chiamami a qualsiasi ora e io rispondo.”

“Ma così non dormi nemmeno tu.” gli fa notare. Ed è vero, però gli pare che Mimmo si sia accollato tutti i suoi casini dal primo momento in cui si sono visti fino ad ora. Si è sempre preso cura di lui e lo sa che lo fa perché è una persona buona ma vuole comunque ricambiare. Se Mimmo ha bisogno di qualcuno che lo ascolti alle 3 di notte lui vuole essere quel qualcuno. Se basta a farlo stare meglio, può anche sacrificare qualche ora di sonno, no? 

Rimangono a parlare tra loro fino a che non si fa abbastanza tardi ed entrambi crollano dalla stanchezza. Mimmo lo richiama due sere dopo e la prima cosa che gli dice è di mettere un canale in tv. Simone accende la televisione e si ritrova un programma di cucina? O forse è uno strano talk show. Non sa cosa sia perché non l’ha mai visto, ma gli sembra a scarso budget e di pessima qualità. “Cos’è?” 

“Non lo so, ho iniziato a guardarlo dieci minuti fa e ora ne sono ossessionato. È assurdo che trasmettano una cosa simile alle 3 di notte.”

In effetti sembra uno di quei programmi che se lo becchi per sbaglio durante la notte, il mattino dopo saresti sicuro di averlo sognato. C’è un cuoco che sta cucinando al centro, una ragazza alla sua destra che probabilmente è la conduttrice e una coppia che balla e canta sullo sfondo. Che diavolo sta succedendo? “Cos’è?” ripete ancora confuso.

“Credo una specie di talk show, intervistano vari ospiti e fanno cose. Ora stanno preparando l’arrosto, appena finiscono canteranno.”

“Perché?” domanda stropicciandosi gli occhi.

“Perché l’hano fatto anche prima dopo aver preparato il risotto.” E sarà l’ora, ma ha senso come risposta. Rimangono in silenzio a guardare, fino a che l’arrosto non è pronto. Il cuoco e la conduttrice raggiungono la coppia sullo sfondo e tutti insieme iniziano a cantare e ballare ed è tutto molto strano e imbarazzante. “Guarda la ragazza a destra, sta cercando di trattenersi ma vorrebbe così tanto andarsene via.”

A Simone viene da ridere perché è vero. “Lei li odia. E fa bene, perché hanno scelto quattro persone che non sanno né cantare né ballare per cantare e ballare?”

Lo sente sghignazzare. “Persino il cameraman si rifiuta di inquadrare questa cosa.”

“Il cameraman starà dormendo a quest’ora. Credi che qualcuno veda davvero questo programma?”

“Credo che noi siamo i primi a vederlo.”

“Gli unici spettatori? Io e te?”

“Io e te.” ripete convinto.

Passano la successiva mezz’ora in chiamata a ridere mentre la conduttrice intervista una serie di persone che non si sa perché siano lì, poi cantano, ballano e ogni tanto fanno dei giochi a tempo e ora stanno facendo una lotta corpo a corpo? Quel programma non ha senso, davvero.

E così si chiamano quasi tutte le sere per le successive settimane. Parlano del più e del meno, si raccontano le loro giornate di studio e a volte vedono quello strano programma insieme, ogni tanto Mimmo si sfoga e parla dei suoi problemi.

Ad esempio, una notte gli racconta nel dettaglio di suo padre. Gli dice che lo ha visto solo una volta quando aveva otto anni, era venuto a casa sua chiedendo dei soldi a sua madre e avevano litigato pesantemente, avevano iniziato ad urlare ed era finita con il padre che alzava le mani su sua madre e confessa che se suo fratello non fosse stato lì, lui avrebbe un ricordo anche peggiore di quella volta. Aveva visto sua madre piangere in un modo in cui non aveva mai pianto prima di allora e si era ripromesso quella sera che, anche se suo padre sarebbe tornato da lui, non gli avrebbe mai permesso di entrare nella sua vita. “Ho visto come ha trattato mia madre, come l’ha fatta chiagnere.” dice. “Per me, chill omm e merda è morto.” E Simone lo capisce perché per un periodo ha pensato lo stesso di suo padre. Però sa anche che la situazione è diversa. Dante è stato un padre molto assente, ma quando è tornato ha dimostrato di essere cambiato. Simone l’ha perdonato, anche se il rapporto è ancora difficile.

In cambio, lui invece gli racconta di Jacopo e di come la cosa lo abbia traumatizzato all’epoca, del fatto che aveva perso il controllo della sua vita e per questo aveva messo in pericolo la sua vita una sera, per questo era finito con Manuel ed aveva accettato un amore che lo faceva soffrire e che ha capito dopo troppo tempo che non era reale. Gli racconta di come iniziare la terapia lo abbia aiutato piano piano a stare meglio, a perdonare suo padre, ad accettare la sua assenza e il suo ritrono, a volersi più bene anche se forse ancora fatica. Lo ha aiutato a scordare Manuel, ma per quello ha aiutato anche l’Erasmus, trasferirsi a Parigi e farsi nuovi amici, anche frequentare Pierre è stato utile. Utile a capire che non tutte le storie ci fanno soffrire, che l’amore non è sofferenza - anche se non definirebbe amore la cosa con Pierre -, che forse la vita non deve essere sempre complicata.

Insomma, parlano di tutto con facilità, forse perché è notte fonda ed è come se fossero soli al mondo in quei momenti. Non si preoccupano di essere giudicati l’uno dall’altro, né vogliono essere capiti e aiutati. Vogliono solo togliersi i pesi che hanno sulla schiena, perché magari condividendoli diventano più leggeri e dormire risulta più facile.

Secondo Simone è bello sentire Mimmo nel cuore della notte, ad orari in cui di solito non parla con nessuno. Sono momenti che appartengono solo a loro due. E poi queste chiamate compensano il fatto che ultimamente a causa della sessione in arrivo non esce spesso, non si vede con nessuno dei suoi amici e non ha il tempo per divertirsi così. 

Un pomeriggio Simone sta facendo ripetizioni e gli arriva un messaggio da Mimmo con un link di spotify. Confuso, gli manda solo un punto di domanda, ma l’altro non tarda a rispondere.

M: ascolta sta sfacimm ‘e canzone prima

S: sto lavorando

posso ascoltarla davanti alla bambina a cui do ripetizioni?

M: si

S: intendevo secondo te potrei mai interrompere il lavoro per ascoltare una canzone?

M: si

S: risponderai si indipendentemente dalla domanda che ti faccio? 

M: si

S: mi romperai le palle finché non ascolto la canzone? 

M: si

ps. il linguaggio! ci sono dei minorenni

S: te o la bambina?

Ridacchia quando gli arriva l’emoji di un dito medio, poi apre il link e scopre che la canzone in questione è Late Night Talking di Harry Styles. La ascolta, gli piace, sente le parole, gli dicono qualcosa. Sorride senza rendersene conto, ma poi si ritrova a chiedersi perché mai Mimmo gliel’abbia mandata. 

M: noi ultimamente :P

ti amo grazie per la compagnia di queste notti <3

E la prima reazione di Simone ai messaggi è un sospiro quasi di delusione, il che è strano, che mi aspettavo? Poi si rende conto che ha già perso almeno sette minuti per scrivere a Mimmo e la bambina lo sta fissando aspettando che lui la aiuti con quel problema, come le aveva promesso prima. Posa il telefono e torna a lavoro.

 

Giugno 2025 

È arrivato, purtroppo per Simone, il momento di fare il primo esame. Quella mattina si sveglia presto, la nonna gli prepara una ricca colazione ma lui a causa dell’ansia ha un po’ di nausea e si limita a bere un caffè - a quello non potrebbe mai rinunciare. Legge i messaggi incoraggianti dei suoi amici mentre va in università e cerca di convincersi che siccome Luna gli ha mandato su whatsapp lo sticker fortunato - una foto di Mammolo con l’emoji di una candela davanti - allora andrà davvero bene. Si siede accanto a Thomas in attesa e per loro fortuna per l’ora di pranzo hanno concluso e possono andare a mangiare.

Tornato a casa è felice per tipo dieci minuti, ma poi si rende conto che lo aspettano altre settimane di studio perché questo non era che l’inizio della sessione e vorrebbe mettersi a piangere ma si convince che è meglio non farlo. Finisce per prendersi il resto della giornata libera e decide di passarla sdraiato a letto a vedere The Big Bang Theory - anche se ogni tanto crolla dal sonno e si perde qualche scena.

*

Mimmo ha dato il suo ultimo esame e gli sembra assurdo ma è davvero più vicino alla laurea di quanto possa immaginare. Passerà l’estate a lavorare e fare ricerche per la tesi, non vede l’ora.

Quella notte fa caldo, sarà anche per quello che non riesce a dormire. Si rigira sul letto finché non decide di alzarsi e andare a bere. Apre il frigorifero per prendere una bevanda fresca. Attaccato allo sportello, con una calamita, c’è l’invito al matrimonio di suo fratello. Lo prende e lo contempla seduto sul divano, sorseggiando l’acqua. Ripensa a quando aveva ricevuto la notizia delle nozze per la prima volta. Era andato a Napoli a trovare sua madre e lì c’era anche suo fratello. Aveva litigato con Andrea poco prima di partire, ma comunque aveva pensato a lui per tutto il viaggio. E quando Giovanni aveva annunciato le sue nozze, lui aveva pensato subito al suo fidanzato. Aveva immaginato che sarebbe andato con lui al matrimonio, che sarebbero stati insieme e si sarebbero divertiti, che Andrea gli avrebbe tenuto la mano mentre lo presentava alla famiglia e faceva coming out con loro. Pensava sarebbe stato tutto stupendo, ma era stato solo un ingenuo.

Ormai è passato un anno, Mimmo ha capito che, anche se non avesse scoperto di essere stato tradito o se non avesse lasciato il suo ragazzo per questo, sarebbe andato comunque da solo al matrimonio. Perché Andrea avrebbe trovato ugualmente una scusa per non andare.

Posa l’invito sul tavolino e sospira. Gli viene istintivo prendere il telefono e chiamare Simone, che al contrario suo ha ancora parecchi esami da dare. Per questo, ultimamente hanno avuto meno occasioni per vedersi anche se hanno sempre trovato il tempo per incontrarsi. Hanno fatto colazione insieme un giorno, qualche volta si sono visti in biblioteca per studiare, un pomeriggio hanno preso un gelato e passeggiato assieme in un parco.

Quando Simone risponde al telefono, Mimmo non sa come introdurre l’arogmento. Inizia chiedendogli se stava dormendo, se lo disturba, come procede lo studio e cosa ha mangiato ed è solo quando sta parlando del caldo e del meteo che il moro lo interrompe. “Dimmi quello che che devi dirmi, per favore. Non credo tu mi abbia chiamato per parlare di queste cose, o sbaglio?”

In effetti. “Non sbagli.” lo sguardo gli cade di nuovo sull’invito. “Andrò a trovare la mia famiglia. Mio fratello si sposa e…” sospira, deve sputare il rospo senza troppi giri di parole. “Vorrei fare coming out con loro.”

“Bene. È una cosa bella, no?”

“Non lo so, ho un po’ paura che le cose non vadano come vorrei.” ammette. Perché ultimamente con Simone ha parlato di tante cose, ma non di tutto. Non gli ha mai parlato del periodo in cui ha capito di essere bisessuale, di Gabriele, del coming out con Rayan e di tutto quello che è successo e che l’ha tenuto sveglio per settimane, mesi. Forse a volte lo tiene sveglio tuttora. E non sa se vuole parlargliene adesso, anche se in effetti per loro questo è ormai l’orario delle confessioni. 

“Temi che non saranno comprensivi?” chiede cauto.

Mimmo fa spallucce perché non è così ma una parte minuscola nel suo cervello prende la cosa in considerazione. “Io non lo so come la prenderanno. E forse non ha nemmeno importanza dato che se va male ho una vita qui, lontano da loro, no?” prova a rincuorarsi. “Però non voglio che vada male.”

“Non andrà male.” tenta di rassicurarlo.

“Speravo, immaginavo, che Andrea…” si ritrova a dover fare una pausa dopo aver pronunciato quel nome. Un piccolo nodo alla gola gli impedisce di parlare.

“Il tuo ex?”

Annuisce - inutilmente visto che sono al telefono - mentre cerca di riprendersi, poi continua. “Pensavo ci sarebbe stato. Lo so che è una cosa mia, ma avrei voluto che lui fosse lì perché la cosa mi spaventa e… vabbuò, lo avrei voluto prima che le cose cambiassero tra noi.” prima delle corna, prima della litigata finale, prima della nausea solo a guardarlo pensa, ma non lo dice. “Il fatto è che sarò solo e se le cose dovessero andare male, io-”

“Mi chiami. Se sei in ansia, se sei triste o arrabbiato o non lo so. Mi chiami come hai fatto negli ultimi mesi. Qualsiasi cosa accada, io ci sono, ok?”

Gli sfugge un sorriso, sa che quelle parole sono vere, non lo sta dicendo tanto per dire, perché è vero che c’è stato negli ultimi mesi. È vero che ha risposto a tutte le chiamate notturne - questa compresa -, che non l’ha ignorato. “Grazie.” mormora e pensa che è molto fortunato ad avere un amico così. “Ti chiamo.” ripete. E rimane in silenzio a visualizzarsi in testa l’immagine di lui che si nasconde in bagno per chiamare Simone e dirgli che ha paura di fare coming out con sua madre e la cosa non fa ridere, ma lo diverte ugualmente.

E poi pensa al matrimonio, al fatto che sarà solo e che finirà sicuramente per pensare ad Andrea. E quindi sarà potenzialmente una serata di merda. Gli dà fastidio che per colpa di quel coglione si rovina una marea di momenti che potrebbero essere belli. Il matrimonio di suo fratello non può rientrare nella categoria, deve andare bene. Deve averne un bel ricordo, deve divertirsi.

Quindi sente la voce di Simone che prova a rianimare la conversazione parlando forse delle cose che deve studiare? Ma non gli dà molto ascolto, è preso dai suoi pensieri e per questo lo interrompe parlandogli sopra. “Verresti con me?” la domanda gli esce da sola, realizza cos’ha detto solo quando non ha più parole da lasciare in sospeso. Vorrebbe maledire i suoi neuroni per non essersi connessi in tempo per fermarlo, per impedirgli di parlare.

“Come?” chiede e sembra più che altro stia chiedendo conferma perché la proposta lo spiazza, non perché effettivamente non ha capito. Anche perché, purtroppo per lui, ha parlato anche a voce alta, chiaro e tondo, quindi sicuramente il moro ha sentito.

“È folle? Scusami, pensavo solo che magari mi aiuterebbe avere qualcuno lì con me.”

“Certo.” dice soltanto e non è chiaro cosa sia certo.

“Certo… che è folle?”

Simone ridacchia. “No, intendevo certo che ti aiuterbbe.” Ah. “Però non so se sia opportuno venire, cioè… ehm… sai…” e inizia a parlare a monosillabi, lasciando parole inconcluse sparse qua e là tra mormorii e sospiri. Alla fine schiarisce la voce e riesce a mettere su una frase completa. “Ci sarà il matrimonio di tuo fratello.”

“Lo so.”

“Magari non vorrebbe uno sconosciuto al suo matrimonio, no?”

“Mi ha detto che posso portare una persona, quindi immagino… non sia un problema.” e conclude abbassando sempre più la voce e scandendo le parole, prova un po’ di imbarazzo e non può nasconderlo del tutto. È una proposta assurda, se ne rende conto da solo.

“Immagino si aspetti che porti un fidanzato… o una fidanzata.” spiega lentamente.

E Mimmo lo sa che ha ragione, però l’idea per quanto sia folle gli sembra buona. Ha voglia di passare una bella serata e se Simone sarà lì si divertirà. “Non ha specificato.” prova a insistere. Segue un silenzio e allora la sua testa inizia a frullare e arriva alla conclusione che ha messo il moro in una situazione di imbarazzo, magari non vuole venire ma dato che lui sta insistendo si sentirà obbligato a dire di si. “Ma se non vuoi venire, lo capisco. Lo dicevo solo per dire, non devi per forza.” e va avanti per un po’ a ripetere questo concetto usando sempre parole diverse nel tentativo di rassicurare l’amico. 

Lo sente ridacchiare e poi la sua voce lo interrompe. “Non è quello. Mi farebbe piacere e se pensi che non sia un problema, accetto.”

Ah. Una parte di lui si stava quasi convincendo che ormai aveva perso la battaglia ma a quanto pare ha vinto. Andrà al matrimonio di Giovanni con Simone. E farà coming out con la sua famiglia. Sarà tutto perfetto, no?

Notes:

we’ve been doin all this late night talkin bout anythin you want until the mornin now you're in my life i can't get you off my mind

Chapter 17: Blackout

Notes:

questo capitolo mi ha mandato un po’ in crisi ma spero lo stesso che vi piaccia e perdonatemi se ogni tanto mi scordo di pubblicare :(
buona lettura mwah

(See the end of the chapter for more notes.)

Chapter Text

Ogni pomeriggio, Simone è costretto ad abbandonare la sua stanza che colpita dal sole diventa un forno, per cercare riparo nel portico. Lì c’è ombra e fa comunque caldo ma non così tanto da non riuscire a studiare. Rimane seduto davanti ai libri talmente a lungo che si incolla alla sedia e quando si alza gli fa male la schiena. Si stiracchia un po’ ed entra in casa per andare a prendere una bottiglia d’acqua in frigo.

Viene presto raggiunto dal padre, che scende le scale e fa il suo ingresso in cucina. Gli chiede come sta, come va la sessione, se ha mangiato, se ha caldo. Alla fine propone di passare assieme il weekend prima della sua partenza per la Scozia, magari potrebbero andare al mare loro e Cecilia.

“Non ci sarò quel weekend.” dice Simone guardando il calendario. Il padre lo guarda confuso, chiedendogli se ha anticipato il viaggio da sua madre. “No, devo andare anche a Napoli. E poi andrò a Glasgow dalla mamma.” 

“Devi andare a Napoli?” sta iniziando a incuriosirsi.

“Ho un matrimonio.”

Dante fa un cenno con la testa e sembra sorpreso. “Un matrimonio? Qualche tuo amico si sposa?”

Scuote la testa. “Il fratello di Mimmo.” risponde, tornando fuori per sviare il discorso.

Ma il padre lo segue - ovviamente - e continua a interrogarlo. “Mimmo?”

“Mi ha chiesto di andare con lui, ho accettato.” conclude, poi si mette seduto e indica i libri con una mano. “Scusa, devo studiare ora.” aggiunge nel tentativo di liberarsi del padre.

Dante annuisce ma rimane lì a fissarlo. Simone tenta di ignorarlo posando lo sguardo sui libri, ma poco dopo viene richiamato dal padre che ha la testa piegata da un lato e un sorrisetto sotto i baffi. “Da quanto state insieme?”

“Scusa?” 

“Deve essere poco perché appena sei mesi fa eri a Parigi. Non è presto per andare a un matrimonio assieme?”

“Non farmi questa predica, stai avendo un figlio con una donna che conosci da un anno!” lo interrompe alzando gli occhi al cielo. “E comunque Mimmo è solo un mio amico.” precisa poi.

Dante ignora metà di ciò che gli è stato appena detto e si mette seduto accanto a lui. “E perché vai al matrimonio di suo fratello?” Se ficcare il naso nei fatti privati delle persone fosse uno sport olimpico suo padre sarebbe un campione, avrebbe una quantità imbarazzante di medaglie d’oro e nessuno lo batterebbe. Questo è sicuro. 

“Perché me l’ha chiesto.” risponde secco.

“Ok, non sono affari miei.” sospira rammaricato alzando le mani. “Posso almeno sapere da quanto conosci questo Mimmo?”

Simone sbuffa però gli sembra una domanda innocua e decide comunque di rispondere. “Ci siamo conosciuti a Marzo, ma in realtà lo avevo già visto anni fa. È un amico di Luna.”

“Oh e quindi anche Luna sarà al matrimonio?”

“No, perché?”

Il padre continua a sogghignare ma non replica, si limita a fare spallucce e fare una smorfia divertita, mentre il figlio continua a ripetere la domanda invano.

“Ah, sei qui.” li intrerrompe Cecilia uscendo fuori. Dante si alza e le va incontro accertandosi che stia bene. “Ho fame.” si lamenta. 

“Ti preparo qualcosa io, metitti comoda.” le dice, facendole una carezza sul braccio. Mentre la donna entra in casa, Dante si volta verso il figlio e gli sorride. “Prendi la mia macchina per il matrimonio. E divertitevi.” conclude nascondendo un sorriso sotto i baffi.

Simone lo ringrazia e in un attimo si ritrova nuovamente da solo nel patio a fissare il vuoto con il volto corrucciato dai pensieri. Gli ci vuole qualche minuto prima di rendersi conto che può - suo malgrado - tornare a studiare.

 

Luglio 2025

È una giornata molto calda, il sole picchia forte sullʼasfalto e per questo Simone esce con dei bermuda, una camicia a maniche corte e una borraccia d'acqua fresca in mano. Sta andando a studiare allo skatepark, per stare con Laura mentre Mimmo e Luna si allenano.

Non è mai stato allo skatepark, ma è curioso di assistere. E in effetti, seduto ai lati della pista, osserva gli skater sfrecciare veloci da una parte all’altra e saltare e fare cose che lui non riuscirebbe mai a fare probabilmente. Prova a studiare anche se non gli riesce molto bene, non è abituato a studiare all’aria aperta con tanta gente attorno.

Laura invece sembra esserci abituata e infatti legge senza distrarsi. Quando finisce il capitolo, alza lo sguardo e cerca Luna in giro. “È instancabile.” dice poi girandosi verso l’amico.

“Lo sono entrambi, sarà almeno mezz’ora che vanno avanti così.” le fa notare. Si volta verso l’amica e fa un cenno con la testa indicando il libro che sta leggendo. “Come va?”

“Una noia e il professore all’esame chiede anche i dettagli più inutili.” sbuffa. “Te?”

“Non riesco a studiare qui. C’è troppo casino, troppe distrazioni.” ammette.

Distrazioni.” ripete sghignazzando. Simone corruccia la fronte confuso e lei si spiega meglio. “Non fai altro che fissare Mimmo. Anch’io sono qui per Luna, ma non le sbavo dietro.”

“Non sbavo dietro Mimmo.” si difende e proprio mentre Laura lo fissa con un’espressione poco convinta in volto, la fidanzata arriva e le scocca un bacio tra i capelli chiedendo loro se è tutto ok.

“Io leggo, Simone è distratto.”

“Ah certo, per Mimmo.” annuisce Luna prendendo da bere.

“Non sono distratto da Mimmo.” continua invano a difendersi.

“Quindi non ti fa nessun effetto vederlo così?” domanda indicandolo con un cenno della testa. Simone gli lancia un’occhiata, lo vede mentre schizza da una parte all’altra del parco con i suoi vestiti extra large, la fronte che brilla di sudore, i capelli che svolazzano al vento. Torna a guardare le amiche e scuote la testa, ma loro non gli credono, forse non è abbastanza convincente. “Comunque ora dovrei andare.” riprende Luna. “Però per favore, non svenire.” 

Simone rotea gli occhi e in quel momento arriva anche Mimmo a salutare l’amica e a vederlo da così vicino quella sullo svenire non gli sembra più una battuta così surreale. Saluta le ragazze e alla fine rimangono solo lui e il biondo. Prende un sorso d’acqua e gli chiede come va lo studio. “Benissimo.” 

Così continuano a chiacchierare tra loro mentre il sole tramonta, Mimmo gli parla delle imminenti nozze e sembra parecchio contento. Simone gli dice che possono andare con la macchina di suo padre e all’altro pare un’idea perfetta. Poi il biondo lo avverte anche di essere stato incaricato di fare un discorso, ci sta lavorando da giorni perché non è mai convinto vada bene. “Tengo una tesi da preparare e invece sto passando il tempo a riscrivere sto discorso.” si lamenta.

“Parla di tuo fratello, del fatto che gli vuoi bene, mettici qualche cazzata sull’amore che dura per sempre. Cose così.” prova a consigliargli. “Dovrebbe essere facile per te, sei così romantico. Non sarebbero cazzate sull’amore visto che ci credi davvero.”

“Amare le commedie d’amore non significa credere nell’amore, lo sai?” replica con una smorfia. 

“Vuoi dirmi che non credi nell’anima gemella e a quelle stronzate lì?”

“Ci ho creduto per tanto tempo, anche se le mie relazioni erano sempre un disastro. Poi è arrivato Andrea e ho pensato che avessi trovato la persona giusta. Ma si è rivelato il disastro più grande e così mi sono rassegnato.” ammette facendo spallucce. “È che mi sono stufato di credere nell’anima gemella e a quelle stronzate lì.” risponde con un inspiegabile sorriso in faccia. “Penso che forse semplicemente alcune persone sono tanto fortunate da incontrare una persona tanto sopportabile da averla accanto per molto tempo. Mentre ad altre persone” e nel dirlo si indica con una mano “le cose non vanno così bene. Ma ha senso, le relazioni sono talmente complicate che non riescono a tutti. E io credo di far parte di quella categoria di persone che non ne può avere una.”

“Cavolo, sei quasi più cinico di me.” mormora sbigottito.

“A stare con lo zoppo!” ridacchia. Poi scuote la testa e si fa serio. “Ho provato a scrivere quelle cazzate che dici tu, ma mi sembrava stupido. E se scrivo quello che penso davvero viene fuori un discorso deprimente che sembra scritto da una persona che è stata appena mollata. Che forse è vero, ma è passato un anno e dovrebbe essere abbastanza tempo per fingere che l’amore è bello, quantomeno a un discorso di nozze. Mi segui?”

Simone annuisce, ma sente di dover dire qualcosa perché in parte lo capisce sul serio. Capisce quanto possa essere difficile avere una relazione che non funziona come vorremmo, che fa stare male, che cambia il modo di vedere l’amore e tutte le altre cose. “È normale che tu sia ferito.” mormora poco dopo.

“Io sono contento.” confessa voltandosi a guardarlo. “Non mi sento ferito, non mi sento triste, non più. Con Andrea le cose non andavano affatto bene, sono sollevato che sia finita. È solo che… temo tutta la situazione mi abbia scosso più di quanto vorrei ammettere.” sospira. Torna a esaminare il vuoto davanti a lui e fa spallucce. “Forse sto solo crescendo, sogno di meno, vedo le cose con più chiarezza.”

“Mi dispiace.” gli sfugge via.

L’altro lo guarda  e ha un’espressione strana - preoccupata o mortificata, Simone non riesce a decifrarla bene. “Lo so, non devi-” si interrompe di nuovo. “Non c’è bisogno che ne parliamo, sto bene.” chiarsice agitando una mano come se volesse cancellare quanto ha detto.

Il moro annuisce e cerca di superare l’argomento, trova riparo tornando a parlare del discorso. “Posso darti una mano se vuoi. Magari lo leggo e ti dò la mia opinione.”

“No! Non voglio spoilerartelo.” esclama alzandosi. “Posso farcela. La vera preoccupazione è dover fare un discorso di tre minuti senza scoppiare a piangere. Potrebbe essere imbarazzante, non credi?” 

“Potrebbe, ma giuro che non ti prenderei in giro. Non per questo.” lo punzecchia alzando le mani.

Mimmo ridacchia e saltella sullo skate, ci ondeggia sopra facendo avanti e indietro sul posto. Poi si volta a esaminare la pista a quest’ora ormai semivuota, il sole già tramontato. Guarda Simone e gli chiede cosa ne pensa di tutto questo, facendo anche un gesto con la mano per indicare il parco. 

“È folle, non vuoi venire in palestra perché si suda però vieni qui a sudare sotto il sole?” 

“La palestra è più stancante e meno allettante.” sostiene agitando l'indice. “Non lo trovi divertente?”

“Devo essere onesto o dire una bugia?”

“Se dicessi una bugia lo capirei, quindi onesto.”

“Andare sullo skate sembra noioso, oltre che pericoloso.”

Mimmo scuote la testa contrariato. “È perché ti limiti a stare qui a guardare. Se ci provi capisci perché è divertente.” sostiene e Simone lo fissa con le sopracciglia alzate, un po’ scettico. “Vuoi provare?” 

“Scherzi?” esclama colto alla sprovvista.

“No.” replica serio. Scende e con un piede sposta lo skate in modo che stia davanti a Simone e glielo indica con le mani. “Allora ti va?” 

E la cosa non dovrebbe entusiasmarlo così tanto, ma posa i libri, si alza e finge di tirarsi su delle maniche immaginarie per mostrarsi pronto. “Cosa devo fare?” domanda poi sfregando le mani. 

Mimmo ride però non perde un attimo per mostrargli come posizionarsi. “Stai attento a non cadere.” gli ricorda alla fine. 

“Doveva essere divertente.” sbuffa Simone mentre poggia un piede sulla tavola. Mette anche il secondo piede e cerca di trovare l’equilibrio ma non si sente del tutto sicuro. Mimmo allunga le mani e lui gliele afferra subito, gli si appoggia temendo di poter cadere. 

Il biondo lo tiene stretto e lo aiuta a trovare una posizione migliore. “Vuoi provare a muoverti?” domanda quando si è ben sistemato. 

“Devo proprio?”

“Se rimani fermo qui non capisci cosa ci trovo di così bello.” lo incoraggia. “Ti tengo, non preoccuparti.” gli dice e Simone si lascia persuadere. Quindi Mimmo, sostenendo l’amico con una mano sul fianco e una attorno al polso, si muove verso destra facendo avanzare anche lo skate.

Simone viene spostato lentamente e sente una sensazione strana, gli viene automatico posare una mano sulla spalla del biondo per reggersi. Sorride perchè comunque è piacevole e si entusiasma quando Mimmo aumenta appena la velocità e gli pare di sfrecciare l’aria. Poi rallenta di nuovo fino a fermarlo. Si volta e si ritrova il volto di Mimmo appena sotto al suo, i loro sguardi si incontrano. “È stato bello.” ammette schiarendosi la gola.

“E questo non era nemmeno andare sullo skate. È ancora più bello quando ci vai per davvero.”

“Intendi dire che farmi muovere da un’altra persona non vale?”

“Temo di no.”

Simone mette su un finto broncio e rimane a fissarlo nei suoi occhioni blu. Ne è quasi incantato, sono proprio belli. Sente lo stomaco annodarsi, forse perché è appena andato sullo skate oppure perché guardare Mimmo gli provoca una sensazione strana, un lieve imbarazzo. Non sa darsi una risposta. 

Ringrazia qualsiasi divinità abbia fatto venire voglia a una ragazza distante di richiamare la loro attenzione e averli distratti da quel gioco di sguardi. Quindi si girano di scatto allontanandosi appena l’uno dall’altro come se li avessero sorpresi a fare chissà cosa. “Lo skatepark sta per chiudere.” li avverte.

Ma allentando la presa dall’amico, Simone perde l’equilibrio e cade. Da terra, sente Mimmo ringraziare quella ragazza per averli avvertiti, poi quando si accorge che il moro è caduto, lo richiama preoccupato e si inginocchia davanti a lui. “Simo, tutto ok?” 

Lui si mette seduto a terra e annuisce a testa bassa, imbarazzato. “Sono un idiota.” Sente il ginocchio pizzicare e quando gli lancia un’occhiata nota di essersi sbucciato. Ora sembra lui il bambino tra i due.

“Non preoccuparti per quello, non è niente.” lo tranquillizza subito, notando anche lui la ferita. Si alza, afferra il suo zaino e si rimette seduto a terra davanti a lui. Cerca di disinfettare la ferita con un po’ d’acqua, poi tira fuori un cerotto dal suo zaino.

“Non è necessario.” prova a protestare.

Mimmo scuote la testa e gli tiene fermo il ginocchio. “È più sicuro.” Finito di medicarlo, alza il capo e lo guarda in faccia con un sorrisetto. “Tutto ok?”

Annuisce, un po’ imbarazzato. “Volevo vedere se mi tenevi davvero.” ironizza.

“Scusami, ma sai non ho saputo di nessuno che cade stando fermo.” lo canzona  mordendosi un labbro. Simone rotea gli occhi, ma poi gli dà il permesso di ridere e il biondo si lascia andare talmente tanto che va indietro con la testa e a vederlo così al moro viene di nuovo un nodo allo stomaco. E finisce per ridere anche lui.

 

Qualche sera dopo, Laura e Luna invitano tutto il gruppo a cena per festeggiare la fine della sessione. Simone scrive subito a Mimmo per assicurarsi che lui possa venire - non vuole essere il quinto incomodo. 

M: bale tu si proprio nammurat e me!!! 

S: no davvero sono serio

M: ahah ok si vengo ;) 

 

Un occhiolino. Mimmo deve essere un pazzo per mandare una simile emoji a Simone, che comunque prende benissimo la cosa e infatti rimane bloccato per qualche minuto su quella chat a rileggere quell’ultimo messaggio. Forse non è l’occhiolino a provocargli questa strana sensazione - perché sono solo due segni di punteggiatura uno dopo l’altro, che cavolo Simo - quanto più la semplice consapevolezza che Mimmo verrà a quella cena. E poi il pensiero, quasi sussurrato nella sua testa, che la sua presenza renderà la serata ancora più bella, che quando sta con lui sta bene e gli sembra di conoscerlo da sempre anche se non è affatto così. E poi nella sua testa si crea una grande confusione e non capisce perché si sente così felice di poter rivedere un amico con cui si scrive tutti i giorni. Proprio non ha senso. 

Decidono anche di andare insieme - per comodità, come se effettivamente per Simone fosse più comodo farsi un pezzo in più di strada per andare da Mimmo, che poteva partire direttamente da casa sua con Rayan, ma questi sono dettagli che a loro poco interessano - quindi il moro lo passa a prendere sotto casa con l'auto. Quando bussano alla porta, le ragazze li accolgono a braccia aperte e li fanno entrare.

Mimmo le saluta distrattamente e si fionda su Mammolo che se ne stava appollaiato sul divano. Appena il gatto lo vede si lascia accarezzare e prendere in braccio. “Sempre il solito. Ma tu sei venuto qui per noi o per lui?” lo prende in giro Luna.

“Per lui e per la parmigiana di Laura.”

“Effettivamente la parmigiana di Laura è proprio buona.” concorda Simone e la ragazza sorride lusingata per quei complimenti. 

Mimmo ridacchia e annuisce. “Non è ai livelli della tua pasta al tonno, ovviamente.”

“Ovviamente.” 

“Che pasta al tonno?” domanda Luna confusa. I due gli fanno un cenno con la mano e riescono a sorvolare l’argomento aiutati dal fatto che Rayan e Viola citofonano proprio in quel momento. “Salvati dalla campanella.” Quando la coppia raggiunge l’appartamento, le ragazze gli offrono da bere e li invitano a prendere posto. 

Quindi si ritrovano tutti a tavola a mangiare e ridere. Si confrontano per quanto riguarda gli esami che hanno dato e quelli che dovranno dare a settembre, fanno un applauso a Mimmo per essere prossimo alla laurea. “Non mi applaudirei se fossi in voi, devo fare la tesi e per ora ho scritto solo la lista dei libri che devo consultare in biblioteca.” commenta rammaricato.

Stanno sparecchiando la tavola quando d’un tratto rimangono al buio. Luna si affaccia dal balcone, accende la torcia del telefono e lo punta verso gli amici accecandoli appena e facendoli urlare, lei ride di gusto prima di spostare la luce. “Comunque ci deve essere stato un blackout nel quartiere. Le luci di tutta le via si sono spente.” li informa sospirando. Si avvicina a un mobile e fruga nei cassetti. “Non avevamo delle candele da qualche parte?”

Laura fa spallucce e gli dice di continuare a cercare. Poi si alza e va in cucina a posare i piatti sporchi, accompagnata da Simone che si offre di aiutarla facendole strada con la torcia del suo telefono. 

Quando sono soli in cucina, la ragazza apre il congelatore e tira fuori una vaschetta di gelato e chiede all’amico di farle luce mentre prende i cucchiaini e le coppe. “Che hai?” gli chiede poco dopo lanciandogli un’occhiata, forse notando come sposta il peso da un piede all’altro. Lui quindi fa un respiro e poi le dà la notizia. La prima cosa che Laura dice è “Scusa, puoi ripetere?” la seconda è “In che senso vai a un matrimonio con Mimmo?”

“Nel senso che mi ha invitato. E io ho detto sì.” risponde lui.

La ragazza si paralizza finché l’amico non le agita una mano davanti. Sbatte le palpebre e scuote la testa. “Perché ti ha invitato?” domanda abbassando ancora un po’ la voce.

“Non voleva andare da solo.”

“Ok, però è strano che tu vada a un matrimonio con un tuo amico.” protesta aprendo la vaschetta e prendendo una pallina di gelato. “Non ti sembra strano?” chiede guardandolo e inclinando la testa.

“È strano se lo rendiamo strano, no? È solo un matrimonio. È come se tu e Luna vi sposate e ci invitate al vostro matrimonio.”

Lei alza di nuovo lo sguardo e si ferma. “No, la cosa è completamente diversa.” replica. Lui si mostra dubbioso con un’alzata di sopracciglia, al che lei inizia a spiegargli il suo punto di vista, posando persino il cucchiaio. “Se io e Luna ci sposiamo, vi invitiamo separatamente in quanto nostri amici. Qui si tratta di essere il suo +1 a un matrimonio e non a un matrimonio qualsiasi, ma a quello di suo fratello. Così conoscerai tutta la sua famiglia. È una cosa da fidanzati, da coppia o da gente che perlomeno limona. Non da amici.” conclude tornando a riempire le coppette.

Simone rimane in silenzio, lo sguardo perso nel vuoto a pensare a quanto gli ha detto l’amica fino a che questa non gli agita una mano davanti. “Scusa, mi ero distratto.” Distratto, per l’appunto, dal fatto che conoscerà la famiglia di Mimmo, che sarà il suo accompagnatore a un matrimonio, che forse è vero che la cosa potrebbe essere mal interpretata. “È solo un matrimonio, non accadrà niente.” sente il bisogno di chiarire, forse più per sé stesso che per lei. Laura comunque sembra convincersi - o perlomeno finge di convincersi - che sia così e la cosa lo fa stare un po’ meglio. “Il motivo per cui ti ho detto del matrimonio però è che avrò bisogno di un abito. Ti va di accompagnarmi a comprarlo un giorno di questi?”

L’amica annuisce entusiasta all’idea. “Non vedo l’ora. Metterò Vogue di Madonna mentre sfilerai in negozio con i vari completi, berrò champagne e ti giudicherò fino a che non troveremo l’abito perfetto. Come nelle migliori commedie romantiche.” conclude puntandogli l’indice sul petto. 

Simone sorride ma mentre l’amica finisce di riempire tutte le coppette di gelato, lui continua a riflettere sulla loro conversazione. Una vocina nella sua testa ribadisce che è solo un matrimonio, ma un’altra lo mette in dubbio. E se fosse davvero più rilevante di quanto appare?

Lui comunque si ripete all’infinito che non è pronto per una relazione, forse perché ammettere di essere effettivamente pronto lo spaventa. Con Pierre ha avuto una relazione tranquilla, ma non era duratura, non c’era amore. Nemmeno con Manuel c’era davvero amore, ma lo ha capito tardi. Ed è la paura di ritrovarsi un’altra persona come lui accanto che lo spaventa. La possibilità di innamorarsi di nuovo della persona sbagliata e di capirlo in ritardo, di non riuscire a trovare il coraggio di uscirne stavolta.

Si ripete che Mimmo non è la persona sbagliata e si corregge subito dopo perché in effetti Mimmo non è la persona. È solo un amico. Ribadisce anche questo all’infinito, forse perché ammettere che potrebbe provare qualcosa lo spaventa.

Notes:

ci siamo?

Chapter 18: A casa

Notes:

stream wishbone!!!!

(See the end of the chapter for more notes.)

Chapter Text

Agosto 2025

Il giorno della partenza, Simone va a prendere Mimmo sotto casa con la macchina di Dante. Lo aspetta poggiato sul cruscotto della macchina e appena il biondo esce dal palazzo, gli si avvicina per abbracciarlo.

Qundo si staccano, Simone fa per andare ad aprirgli la portiera ma si rende conto che è una cosa stupida da fare, soprattutto ad un tuo amico. Quindi si ferma dopo aver fatto un passo e rimane immobile per qualche secondo - scena molto imbarazzante da vedere ma soprattutto da vivere pensa lui - cercando un modo per nascondere il gesto che stava per compiere. Allora si limita ad allungare un braccio per fargli cenno di salire in macchina. “Mi occupo io della tua valigia.” gli dice, prendendola e mettendola nel portabagagli.

Mimmo ha preparato una playlist da viaggio, selezionando una serie di canzoni che piacciono a entrambi - anche se hanno una playlist condivisa ha insistito a farne una per l’occasione perché secondo lui alcune canzoni sono specifiche per i viaggi e altre no. Ogni tanto canticchia, altre volte mette in pausa e chiacchierano tra loro.

Ma dopo un po’ Mimmo si ammutolisce, non sembra stare bene. Il moro si preoccupa, gli lancia delle occhiatacce per controllarlo, nota che è girato verso il finestrino e ha le braccia conserte. “Tutto ok?”

Annuisce ma non sembra convinto. “Ti spiace se ricontrollo il discorso?”

Simone scuote la testa e così il biondo passa la successiva mezz’ora a modificare il testo, a leggerselo in mente, a ticchettare con la penna sul quadernino, a guardarsi attorno forse in cerca di ispirazione. Fino a che, proprio come i bambini, non si addormenta. Simone lo risveglia a una stazione di servizio per chiedergli se vuole mangiare qualcosa ma lui scuote la testa e rimane in macchina.

Quando il moro torna, prima di mettere in moto l’auto, passa un lecca lecca al biondo. Lui lo afferra e gli regala un piccolo sorriso. Lo ringrazia con un filo di voce. Ma quando si rimettono in viaggio, Mimmo continua a dare segni di nervosismo, cosa che preoccupa Simone. “Mì, sicuro che è tutto ok?” gli chiede dopo un po’.

“Ho un po' di ansia.” ammette alla fine, togliendo la caramella a stecco dalla bocca.

E dal modo in cui lo guarda e gli trema la voce, il moro capisce che non è preoccupato per quel discorso. C’è qualcosa di più importante che lo agita. “Non sei obbligato a farlo se non vuoi.”

“Ma non posso nasconderglielo per sempre.”

“In realtà puoi.” insiste con un cenno della testa. Poi fa un respiro profondo e prova a dargli il suo punto di vista. “Forse io non l’avrei mai detto, se non mi avessero fatto outing.” confessa, senza togliere lo sguardo dalla strada.

Con la coda dell’occhio, vede Mimmo girarsi di scatto e fissarlo. “Mi dispiace, non lo sapevo.”

Fa spallucce, non vuole farsi compatire in questo momento. “Il punto è che tu hai la possibilità di scegliere. E non devi fare coming out se temi di pentirtene, se ti fa stare così.” dice agitando una mano nella sua direzione per spiegarsi meglio. 

L’altro rimane in silenzio talmente a lungo che Simone inizia a dubitare del suo discorso, forse nella sua testa sembrava più rassicurante di quanto lo era davvero? O magari ha usato le parole sbagliate? È probabile, non crede che certe conversazioni siano la cosa che gli riesce meglio. Però comincia a sentirsi a disagio in questa quiete. “Mì?” lo richiama quasi sussurrando, nel tentativo di avere una voce dolce e gentile.

Al che sembra rianimarsi e sospira rumorosamente. “Scusa. È che ci stavo pensando a tutta questa storia.” Fa una pausa e Simone annuisce per invitarlo a parlargliene. “Non credo che me ne pentirei, anche se dovesse andare male. È stato orribile dire a mia madre che stavo con una ragazza quando non era la verità. Non voglio vivere nella menzogna, qualsiasi cosa accada sarò me stesso. Per me è questo che conta, non lo faccio perché glielo devo a loro ma perché lo devo a me stesso. Ha senso?”

“Sì, certo che ha senso.”

Annuisce e sembra davvero rilassarsi, anche se continua a rimanere in silenzio. Arrivati a Napoli, Mimmo sembra molto più contento. Sarà l'aria di casa che lo fa stare bene, lo tranquillizza. Gli dice che ama il mare, che ormai non lo vede più da quando si è trasferito sia perché non gli piacciono molto le spiaggie romane ma anche perché non ha mai il tempo di andarci dato che è troppo lontano dal quartiere in cui vive. Quando era piccolo invece ce lo aveva vicino casa, ci andava sempre con Rayan e anche questa tradizione gli manca. Simone lo ascolta e registra tutti i suoi racconti, li custodisce con cura nella sua mente.

Il paesaggio che li circonda è stupendo, deve ammetterlo. Lui non ricorda l'ultima volta che è stato a Napoli perché era piccolo, era venuto a trovare suo padre nel periodo in cui aveva lavorato lì. “È bellissimo qui.” commenta quando vedono il mare dalla strada.  

“Non è Parigi ma è pur sempre qualcosa.” replica Mimmo con un sorrisetto.

“È molto meglio.” gli sfugge ad alta voce. A Parigi non c’eri tu sussurra una vocina lontana nella sua testa.

“Ti va se ci fermiamo a mangiare qualcosa? Ti faccio assaggiare la vera pizza napoletana.” 

E Simone accetta volentieri, inoltre gli sembra una cosa buona che l’amico sia tornato ad avere fame. Si fermano a mangiare in mezzo alla strada ma riescono a vedere il mare in lontananza. La spiaggia è colma di gente, la città è calda e caotica ma gli sembra che ci siano solo loro due al mondo, a ridere e scherzare. “Davvero ottima questa pizza.” commenta al primo morso.

“Te l’avevo detto. Non sai quanto mi era mancata.” replica il biondo masticando. Quando finiscono di mangiare passeggiano per le strade del centro, Mimmo fa vedere a Simone i suoi posti preferiti. Quando sono stanchi di camminare, tornano in auto e il biondo gli dà le indicazioni precise fino ad arrivare a casa sua. 


Simone si sente nervoso - chissà perché - e mentre salgono le scale del palazzo, si sistema di continuo i capelli e i vestiti. Quando sono davanti alla porta, Mimmo bussa e sua madre li accoglie, entusiasta di rivedere suo figlio. Si somigliano molto. Lo abbraccia e poi gli fa una marea di domande in napoletano stretto e talmente veloci che Simone capisce solo come stai?, com’è andato il viaggio?, hai fame? ma dalle risposte che dà Mimmo sembra fargli molte più domande. Poi sembra notare per la prima volta la presenza di Simone e si ammutolisce, lo squadra e sorride. “Il tuo amico?”

Mimmo si volta verso di lui, che stava ancora sulla soglia della porta un po’ in imbarazzo, gli si avvicina e posando una mano sulla sua schiena glielo presenta. “Simone.” poi lo guarda e anche se è ovvio, le presenta la donna. “Mia madre, Barbara.”

“Piacere signora.” si presenta allungando una mano.

Lei gli dà invece un abbraccio e lo invita a entrare. Quasi se lo porta appresso fino in cucina, dove gli offre da bere e da mangiare. Inizia a raccontare a Mimmo un sacco di storie sui vicini e altra gente che conoscono, lui sembra molto interessato al gossip. 

Dodi, ma a Roma mangi?” domanda afferrandogli il braccio.

Dodi. A Simone viene istintivo girarsi verso il biondo e sorridere. Lui gli lancia un’occhiata e sembra un po’ imbarazzato, ma poi si rivolge di nuovo alla madre e prova invano a rassicurarla. Lei però si alza e inizia a tirare fuori altro cibo da dargli perché è convinta che il figlio mangi troppo poco. Mentre è girata verso il bancone della cucina, il moro si sporge verso l’amico. “Dodi?” gli sussurra.

Lui distoglie lo sguardo e si fa rosso in viso. “È il soprannome con cui mi chiamano lei e mio fratello.” 

“È adorabile.” commenta arricciando le labbra. “È proprio il nome che darei a un bambino piccolo.” annuisce tornando a guardare dritto. Mimmo gli dà una gomitata, ma ritira in fretta il braccio quando sua madre si rimette a tavola.

 

La sera, la madre di Mimmo cucina assieme al figlio, Simone invece si è offerto di apparecchiare la tavola. Quando bussano alla porta, Barbara sussulta e va in fretta all’ingresso, con un sorriso smagliante e invitando i due a seguirla.

Quando apre la porta, il biondo e sua madre urlano e abbracciano un ragazzo. Simone intuisce che quello sia il famoso Giovanni, il fratello di Mimmo. È molto simile al suo amico, ma anche molto diverso. Anche Giovanni ha i capelli corti e biondi, gli occhi grandi e azzurri, hanno in comune anche la struttura del corpo esile, ma lui è più alto di Mimmo. Ha il volto scavato, un accenno di barba, si vede che è più grande. I tre si abbracciano e parlano tutti assieme uno sopra l’altro e ridono, fino a che non si rendono conto che Simone è lì e li sta guardando con un sorriso un po’ imbarazzato.

Mimmo gli si avvicina e gli presenta il fratello. “Gianni, questo è il mio amico Simone.”

Gianni? “Piacere.” dice allungando la mano. 

Gianni - o Giovanni - ricambia la stretta e gli dà una pacca sulla spalla. “Dodi mi ha parlato molto di te.”

Ah. Vorrrebbe chiedere nello specifico cosa sia stato detto sul suo conto, ma riesce a mordersi la lingua in tempo e si limita a sorridere. Poi si spostano in cucina, Barbara prende il figlio maggiore sotto braccio e se lo porta appresso mentre Simone e Mimmo sono ancora sulla porta. “Gianni?” chiede aggrottando la fronte.

“Da piccolo non riuscivo a dire Giovanni, da allora gli è rimasto quel soprannome.” spiega.

“Doveva essere un bimbo adorabile quel Dodi.” commenta e vede l’amico roteare gli occhi ma nota anche il modo in cui gli viene da ridacchiare, anche se cerca di nascondersi andando nell’altra stanza. 


La serata si rivela piuttosto piacevole, Simone sente i discorsi dei tre senza capire quasi niente - non per il dialetto, anche se a volte lo mette a dura prova, quanto più perché parlano di persone che lui non conosce proprio - ma loro sembrano divertirsi. Ogni tanto l’amico gli lancia un’occhiata o cerca di spiegargli di cosa stiano parlando e anche se continua a perdersi nei discorsi - una rete di gossip e aggiornamenti sulla vita di persone che vivono nel quaritere, forse? -, ogni volta che gli viene rivolto lo sguardo, annuisce come se stesse comprendendo tutto. Poi Barbara prende un album fotografico e mostra a Simone le foto dei suoi figli quando erano bambini mentre questi si imbarazzano con le mani fra i capelli. Il moro vorrebbe prendere in giro l’amico ma è costretto a limitarsi perché è davanti alla sua famiglia e poi deve ammettere che quelle foto di Dodi lo stanno facendo sciogliere per la dolcezza - insomma come si fa a resistere davanti alla foto in cui avrà tipo un anno, indossa il pannolino, il ciuccio in bocca, i suoi soliti occhioni blu e gioca con la palla che è praticamente più grande di lui? Non si può, Simone è un brodo.

Quando si fa tardi, viene accompagnato alla porta da Mimmo che lo ringrazia una quantità infinita di volte per essere lì e anche per la sua pazienza - ma paziente di cosa? -, poi lo saluta e gli dà la buonanotte. Prima di andare, ancora sul pianerottolo, gli dà un abbraccio. “Andrà tutto bene.”

Mimmo sussulta, ma poi lo stringe più forte. “Ti amo.” gli sussurra ridacchiando prima di lasciarlo andare in hotel.

*

Quando richiude la porta sente ancora il battito accelerato, piano piano inizia a calare con la stessa velocità con cui Simone si allontana da casa sua. Lo ha ringraziato cento volte e gli sembra comunque troppo poco perché quello che sta facendo vale molto di più. Andrà tutto bene gli ha detto e non si era reso conto fino a quel momento di quanto avesse bisogno di sentirselo dire. Spera che abbia ragione.

Fa un respiro profondo quando sente il battito tornare regolare e poi va in bagno. Non ci entra però, perché nel corridoio si scontra con suo fratello. Rimangono impalati uno davanti all’altro a fissarsi con un’espressione di disagio. È strano.

“Simpatico il tuo amico.” esordisce un po’ titubante.

Sente l’ansia ripresentarsi, ma cerca di sopprimerla. Annuisce e vorrebbe evitare l’argomento perché non è questo il momento. “Buono a sapersi perché viene al tuo matrimonio.” dice e nella sua testa era una battuta più divertente, meno imbarazzante e sicuramente suonava adatta al momento.

“Già.”

Mimmo vorrebbe scavare una buca e fuggire via e non ha mai pensato una cosa simile in presenza di suo fratello, quindi non gli piace la cosa. Sposta il peso da un piede all’altro, valutando la situazione. Forse non esiste il momento perfetto? Forse non dovrebbe pianificare il tutto, ma lasciare semplicemente che accada? Ed ora sta accadendo, dovrebbe approfittarne in qualche modo. “Devo dirti una cosa.” ammette.

Il fratello annuisce e rimane ad aspettare che Mimmo dica qualcosa ma non dice niente. Deve trovare le parole, ma in quel momento non ne trova nessuna e continua a balbettare e schiarirsi la gola fino a che non viene interrotto da Giovanni. “Senti, lo so che sei gay.” 

In che senso, scusa? Mimmo sbatte le palpebre e fatica ancora a far uscire qualcosa di sensato dalla sua bocca. “Come?” è tutto quello che riesce a dire.

“Sì insomma, non hai mai portato ragazze a casa e ora ti presenti con un amico.” dice facendo le virgolette. “Come quell’altro tuo amico” e ripete ancora quel gesto con le dita “del liceo. Avevi pianto per parecchie notti dopo che avevi smesso di frequentarlo e, per quanto provavi a nasconderlo, noi dormivamo insieme, ti sentivo. Non sono mica scemo.”

“Quell’armadio era di vetro.” commenta incredulo.

“Cosa?”

“No niente.” si affretta a scuotere la testa. “È che non… non pensavo…” sbatte ancora le palpebre perché fatica a credere che sia tutto reale. Si schiarsice la gola quando è pronto a parlare. “Simone è davvero il mio amico.” precisa, gli sembra un buon punto con cui iniziare.

“Che inviti come +1 al matrimonio di tuo fratello? Certo, come no.” lo punzecchia roteando gli occhi.

“Dico davvero.” Il fratello alza le mani ma non dice niente. “E poi non sono gay.” Si prende qualche secondo per gustarsi l’espressione sorpresa sul volto del fratello prima di aggiungere “Sono bisessuale.”

“Ah.” dice e per un attimo il cervello di Mimmo prepara un piano di fuga perché quella parola non suona affatto bene, ma per fortuna il fratello lo distrae dal progetto. “Scusami. Non volevo costringerti a dirmelo, volevo solo farti sapere che per me era ok.”

“Non fa niente. Anzi, mi hai tolto un peso.” 

Giovanni annuisce, poi lo abbraccia scompigliandogli i capelli come faceva quando erano bambini. “A me e la mamma basta che sei felice, lo sai? Non ha importanza nient’altro, se stai con un ragazzo o con una ragazza, con chi ti pare.”

Annuisce tirando su col naso - quando ho iniziato a piangere? - poi analizza meglio la frase. A me e la mamma. La mamma. Ancora non sa niente. Ma fino a poco fa credeva che nemmeno suo fratello sapesse niente. “La mamma lo sa?”

Alza le sopracciglia e fa spallucce, anche se i suoi occhi sembrano comunicare qualcos’altro. Fa un cenno con la testa verso la cucina dove trovano la madre che sta finendo di ripulire. Giovanni si mette seduto, ma Mimmo rimane in piedi sulla porta e richiama l’attenzione di sua madre.

“Devo parlarti.”

Lei si blocca, lo fissa per qualche secondo poi annuisce e si mette anche lei a tavola, intrecciando le mani. “Parla.”

Deglutisce perché comunque fa fatica a parlare, sente l’ansia scorrergli lungo il corpo. Ci mette un po’, ma alla fine trova il coraggio. “Sono bisessuale.”

La madre annuisce - per lo più pare un tentativo di rassicurarlo ma in minima parte sembra anche dire lo so, l’ho capito - e allunga le mani verso di lui per stringergliele. “Grazie per avermelo detto. Ti voglio bene.”

A Mimmo scappa un sorriso. “Lo so. Una parte di me non voleva dirvelo perché aveva paura della vostra reazione o di quella delle altre persone nel rione, ma io non voglio passare la vita a nascondermi. Non da voi. Lo so che mi vuoi bene. Mi volete bene.” si corregge girandosi verso il fratello che non dice niente, ma unisce le sue mani alle loro. “E vi voglio bene anch’io.”

Sua madre si alza e lo abbraccia, poi si rimette seduta accanto a lui. “E Simone? È il tuo ragazzo?”

Scuote la testa. “Solo un amico.”

Barbara sembra scettica, ma comunque annuisce e ridacchia quando vede Giovanni ripetere la parola amico sottovoce e facendo le virgolette. Mimmo gli dà una spinta e rotea gli occhi. In realtà è contento, pensa che questo momento se lo ricorderà per sempre. Perché è la sera in cui ha fatto coming out, è l’ultimo giorno prima che suo fratello si sposi, sa di casa, di quando era piccolo e la sera scherzava con sua madre e suo fratello ed era esattamente così, ma non accadeva da anni. È bello.

 

Prima di coricarsi, ripensa a quanto gli ha detto Giovanni poco fa. Si siede sul letto del fratello - che alza la testa dal telefono e lo fissa confuso - e rimane lì per un po’, lo sguardo perso nel vuoto, prima di trovare la forza di parlare. “Ti riferivi a Gabriele prima? Quando hai nominato il mio amico del liceo, parlavi di lui, giusto?”

“Di sicuro non intendevo Rayan.” ridacchia. Forse intuisce che la conversazione è seria dall’espressione di Mimmo e quindi posa il telefono e si fa serio anche lui. “Sì, mi sembra si chiamasse così. Ho sbagliato anche con lui?”

Gli esce una risata amara, ma almeno non gli viene da piangere. “No, non ti sbagli.” ammette guardandolo negli occhi. “Siamo stati insieme, anche se nessuno lo sapeva. In effetti, non l’ho quasi mai detto ad alta voce, non volevamo che si sapesse.”

“Non eri obbligato a dirmelo.” mormora. 

Annuisce perché questo lo sa, ma non è il punto. “È che-” si blocca, sospira. Come spiegare la storia di Gabriele e tutto quello che ha portato? Come gli ha sconvolto la vita, il modo in cui ne è uscito, la serie di pianti che gli hanno tenuto compagnia e poi finalmente quando è tornato a stare bene. Ci mette un po’ a rielaborare i piensieri, trovare il modo adatto per comunicarli. “È solo che mi ha fatto stare tanto male e ripensandoci ora ero così stupido a nascondermi per piangere. Avrei dovuto farlo rumorosamente così mi avresti perlomeno abbracciato, sarebbe stato di conforto.”

Giovanni ridacchia e gli scompiglia i capelli con una mano. “Posso sempre farlo ora.” e nel dirlo lo cinge con un braccio, facendogli le carezze sulla schiena con la mano. “Va meglio?” chiede poco dopo a bassa voce, continuando a tenerlo stretto.

Mimmo annuisce, il mento poggiato sulla spalla del fratello. Rimangono così per un po’, alla fine decide di staccarsi e continuano a parlare fino ad addormentarsi. Lo aggiorna sulla sua vita sentimentale, nomina Andrea per confessargli che era effettivamente un ragazzo, che sono stati insieme per un po’ e che era finita male e per questo non voleva uscire con nessuno al momento, si rende conto che non è ancora in grado di entrare nei dettagli. Evita invece di nominare di nuovo Gabriele, anche se continua a pensarci per il resto della notte. Sarà perché è di nuovo a Napoli, o perché ha fatto coming out con la sua famiglia, o forse perché si trova proprio nella cameretta in cui il loro amore è sbocciato, o magari è solo perché lo hanno menzionato in precedenza. Chissà, magari sono solo strane coincidenze, certo è che rivive la loro storia nella sua testa.

Notes:

darei la vita per i fratelli bruni :(

Chapter 19: Il primo amore non si scorda mai

Notes:

chiedo ancora scusa per l’incostanza ma anche per questo capitolo lol
buona lettura! <3

(See the end of the chapter for more notes.)

Chapter Text

Febbraio 2020

La lezione di matematica è il momento della giornata che Mimmo meno preferisce. Gli piace studiare, ma questa materia proprio non gli riesce da quando si sono aggiunte le lettere. Chi ha fatto tutte quelle formule, teoremi e simili deve essere un folle. Per questo, mentre la professoressa spiega, lui finisce per distrarsi e guardare fuori dalla finestra. 

La sua classe è al secondo piano, si affaccia sul cortiletto interno della scuola. Stando seduto al banco riesce solo a vedere i rami degli alberi e uno dei corridoi che collegano i due edifici. Il cielo è pieno di nuvole grigiastre, non c’è sole oggi. Vede degli uccellini svolazzare, sono piccoli e gli fanno tenerezza. Poi la figura di una persona che passa per il corridoio cattura la sua attenzione. Un ragazzo, suppone che sia stato in biblioteca perché ha dei libri in mano, che cammina tranquillo. 

Non l’aveva mai visto prima di oggi, ma continua a fissarlo con una strana sensazione allo stomaco. Ha i capelli scuri, porta un paio di occhiali tondi, non riesce a vedergli bene il volto ma ha dei lineamenti delicati, è alto, magrolino. Indossa un maglione scuro da cui esce il colletto bianco della camicia. Mimmo non capisce perché ma non riesce a staccargli gli occhi di dosso, come se quel ragazzo fosse uno dei suoi quadri preferiti. Non può che contemplarlo, fino a che non scompare dalla sua vista. E anche allora, rimane a guardare inutilmente la fine del corridoio come se sperasse di rivederlo passare.

Rayan lo richiama con una gomitata e lui sobbalza tornando in sé. Lo guarda e gli fa un cenno con la testa come a chiedere che c’è?

“M’agg scassat o cazz.” sussurra mentre gli passa un foglio, con sopra solo una griglia disegnata a penna e lo guarda in attesa di una risposta.

Mimmo fa un gesto con la mano come per ricordargli che sono a scuola e anche se parla a bassa voce non dovrebbe dire queste cose - anche se concorda con lui. “Tengo fame.” si lamenta. Prende la penna e traccia un cerchietto al centro della griglia.

Cercando di non farsi vedere dalla professoressa, fanno quindi una partita a tris - capita spesso durante le lezioni più noiose - e continuano fino a che non vengono interrotti dalla campanella che suona.

 

Nei giorni seguenti, a Mimmo capita di rivedere quel ragazzo per i corridoi e ne rimane sempre colpito. Solo che non riesce mai a parlargli e si limita a scrutarlo in mezzo alla folla, mentre l’altro non lo nota nemmeno.

Lo vede entrare in aula con la sua classe una mattina, allora capisce che è un anno più grande di lui. Un’altra volta sente un amico che lo chiama urlando il suo nome. Gabriele. Che bello, suona perfetto per quel ragazzo. Gabriele si gira e sorride all’amico e Mimmo non ha mai visto un sorriso più splendido. Sente di nuovo quella sensazione allo stomaco e una vocina nella sua testa. Gabriele è bello, bellissimo.

Un giorno, mentre stanno facendo lezione di letteratura, bussano alla porta ed è proprio quel ragazzo bellissimo ad entrare, assieme ad un altro studente. Mimmo sussulta e sente il respiro mancargli per un attimo. Devono chiedere una cosa al professore, riguarda il giornalino scolastico.

Quindi, quando esce il nuovo numero, ne prende subito una copia. Tra gli autori degli articoli c’è solo un Gabriele. Gabriele Poli. Intuisce che sia lui e così legge il suo articolo. E continua a leggere tutti gli articoli che scrive, ricchi di citazioni letterarie e riferimenti storici. Sembra così intelligente, affascinante come nessun altro. Anche a Mimmo piacciono la letteratura e la storia, apprezza tutto quello che Gabriele sostiene nei suoi pezzi. 

È talmente ispirato dal suo talento che, quando legge sul giornale che cercano nuovi alunni per collaborare, decide di unirsi anche lui alla redazione. E così può vederlo fuori scuola. Rayan rimane sorpreso, gli spiace che non possano più vedersi alcuni pomeriggi per giocare a calcio, ma lascia che il suo amico segua la sua nuova passione per l’editoria.

 

Un giorno Mimmo è fuori scuola e sta aspettando che inizi la riunione della redazione. Non ci sono molte persone, sta seduto sugli scalini a leggere un libro quando viene distratto prima da un ombra davanti a lui e poi da una voce. “Scusa, hai da accendere?”

Quando alza il capo, si rende conto che quelle erano l’ombra e la voce di Gabriele. A vederlo davanti a lui e da così vicino, rimane paralizzato. L’altro inclina la testa in attesa di una risposta. Mimmo sbatte le palpebre e riesce ad annuire, tirando l’accendino fuori dalla tasca. 

Il ragazzo gli si siede accanto con la sigaretta spenta in bocca e se la fa accendere. “Grazie.” gli dice rimanendo seduto lì. Mimmo si limita a replicare con un cenno della testa. Gabriele fa qualche tiro poi gli lancia un’occhiata. “Anche te stai in redazione, giusto?” Il biondo annuscire, ma non riesce nemmeno a parlare per quanto è imbarazzato. “Piacere, Gabriele.” si presenta, allungando la mano.

A Mimmo manca l’aria nei polmoni, ma ricambia la stretta. Prova a parlare, ma non esce niente, quindi si schiarisce la gola. “Domenico.” mormora. “Faccio le grafiche.”

L’altro gli sorride, poi porta di nuovo la cicca tra le labbra. Aspira il fumo e poi lo butta di nuovo fuori, guardando in basso. Ed è quel gesto che fa impazzire il biondo, sente il cuore esplodere, il cervello liquefarsi, il corpo scaldarsi nonostante il freddo. Gabriele poi gli chiede qualcosa, ma Mimmo è completamente distratto dai suoi pensieri peccaminosi.

“Cosa?” sussurra con un filo di voce, ancora non del tutto lucido.

“Che leggi?” ripete ridacchiando.

Ah. Si risveglia e chiude il libro per mostrargli il titolo. “Il giovane Holden.” 

Annuisce. “È molto bello. L’ho anche citato in uno dei miei ultimi articoli.” lo informa, senza sapere che è proprio quello il motivo per cui Mimmo ha deciso di leggerlo.

Così si ritrovano nelle settimane successive a farsi compagnia prima delle riunioni, fumando e parlando di libri, di storia, di arte. Cose che non interessano a nessuno degli amici di Mimmo, ma solo a loro due. Non gli sembra vero che ora stiano facendo amicizia, che se lo incontra per i corridoi può salutarlo e farci conversazione. 

 

Maggio 2020

È capitato di recente che Mimmo e Gabriele si incontrassero fuori scuola per lavorare insieme a qualche progetto del giornalino. Ora sono amici e si vedono ogni tanto. Mimmo gli sbava praticamente dietro, ha ormai stabilito che è attratto da lui, non è una cosa platonica. Non gli era mai capitato di sentire simili sentimenti per qualcuno, specie per un ragazzo, è una cosa nuova e lo spiazza. Gabriele desidera baciarlo tanto quanto lui? E se la risposta è no, cosa dovrebbe farsene dei suoi sentimenti?

Un giorno, Gabriele gli chiede se possono vedersi per studiare l’impaginazione del suo nuovo articolo. Siccome quel pomeriggio è solo a casa perché sua madre lavora e suo fratello va agli allenamenti e poi si vede con la fidanzata, Mimmo lo invita da lui. Da un anno ormai sua madre ha trovato una casa che può permettersi col suo lavoro e non sono più costretti ad occupare, può tranquillamente invitare gente a casa e la cosa lo entusiasma. Si sistemano nella sua cameretta e lavorano al progetto per almeno un’ora. Mimmo sussulta ogni volta che per sbaglio le loro mani si sfiorano e gli manca il respiro quando sente il ragazzo ridere alle sue battute.

Quando finiscono, Gabriele sistema le sue cose e, in piedi accanto al letto, nota alcuni libri sul comodino e ne legge i titoli. Gli dice che alcuni li ha letti, mentre altri non li ha mai nemmeno sentiti nominare. Mimmo gli si avvicina lo ascolta e si mette in piedi accanto a lui. Annuisce, ma quando il ragazzo smette di parlare si ritrovano in silenzio a fissarsi. 

“Devo andare.” gli ricorda con un filo di voce. Mimmo annuisce, rapito dal suo sguardo.

Ma Gabriele non va via, si sporge appena col busto facendo scontrare i loro nasi e poi lo bacia. Cerca di avvolgerlo e lo stringe a sé quando si rende conto che il biondo sta ricambiando e gli sta accarezzando le guance con le mani.

Si fermano solo quando sentono la porta di casa aprirsi. Si allontanano velocemente, Gabriele prende le sue cose ed esce dalla stanza. Sulla porta - con Giovanni che osserva impassibile tutta la scena - saluta Mimmo con un sorriso che significa mi piaci e non me ne pento e se ne va via.

 

Continuano a vedersi nei giorni seguenti come hanno sempre fatto, ma ora cercano anche di incontrarsi di nascosto in luoghi appartati, come nei bagni delle scuole o nelle loro case quando non c’è nessun altro. Così si baciano e si tengono per mano e non hanno paura di essere scoperti.

Ne parlano e capiscono che nessuno dei due ha fatto coming out con gli amici o la famiglia e non hanno nemmeno intenzione di farlo al momento. Sono felici così, in quel piccolo mondo che comprende solo loro due e nient’altro.

 

Luglio 2020

Mimmo è solo a casa anche quel venerdì pomeriggio. È un giorno che sembra uguale a tutti gli altri, si sveglia, fa colazione, si fa una doccia veloce e va al bar vicino casa dove lavora in estate per guadagnare qualcosa. Sta iniziando a mettere da parte i soldi per l’università, ma non ne ha ancora parlato con sua madre.

Insomma, sembra tutto normale fino a che non stacca da lavoro e va a casa, dove ha un appuntamento con Gabriele. Appena lo vede gli dà un bacio, come sempre, poi iniziano a parlare seduti sul suo letto ma c’è qualcosa nell’aria.

Sarà il caldo, ma si sente andare a fuoco. Continua a distrarsi perché lo sguardo gli cade sulle labbra del ragazzo e ha l’impulso di dargli un bacio e anche Gabriele sembra perdere spesso il filo del discorso. E poi oggi indossa una camicia di lino e dei pantaloncini corti, che scoprono braccia e gambe e lasciano intravedere clavicola e petto. Fa davvero troppo caldo secondo Mimmo.

Gabriele gli sta raccontando la trama del libro che sta leggendo ma parla lentamente e, siccome Mimmo prende a baciargli il collo, è costretto a schiarirsi la gola e lasciare le frasi a metà. Alla fine cede anche lui, abbandona la conversazione e ricambia le effusioni.

Si ritrovano nudi a fare l’amore e per Mimmo è la prima volta e crede lo sia anche per Gabriele. E quindi una giornata che sembrava essere così ordinaria si rivela essere la più speciale per lui.

E gli cambia la vita. O forse no, ma di sicuro gli sblocca qualcosa. Gli conferma che quello è il suo primo amore, non Dalila. Gli dà la certezza che gli piacciono anche i ragazzi e quello che sono capaci di fargli provare. Gli innesca uno stato di ansia, un senso di colpa per il peccato commesso, ma anche un forte piacere, la voglia di commettere quel reato altre volte. Gli fa poi pensare alla sua situazione, al fatto di dover nascondere la relazione e la sua sessualità che sta ancora scoprendo. Ha paura, non crede di volerne parlare con la sua famiglia, o perlomeno non ancora. Ma si sente anche triste per un attimo perché vorrebbe comunque sentirsi libero di parlargliene. 

Si sta ancora riprendendo, sdraiato accanto al fidanzato che lo accarezza amorevolmente, quando tutti questi pensieri e altri ancora gli occupano la testa. “Aggia ricr a qualcuno.” ansima.

“Cosa?”

“Che ho fatto l’amore, che l’ho fatto con te, che è stato bellissimo, che stiamo insieme e che mi piaci.” spiega quasi senza prendere fiato. L’altro ridacchia lusingato, ma non dice niente. “Vorrei davvero dirlo a qualcuno, ma tengo paura.” ammette.

“O sacc, lo capisco.”

Segue un lungo silenzio, Mimmo sente il bisogno di romperlo. La testa gli frulla e deve liberarsi di qualche peso. “A Ray, lo dico solo a lui.” Non sente risposta, quindi prosegue. “È mio amico, io credo che terrà il segreto.” Si volta per dare un’occhiata e nota che il volto del suo ragazzo è preoccupato, triste. “Che tieni?”

Scuote la testa. “Io non sono pronto a parlarne con nessuno. Ma se tu vuoi farlo-”

“Non ti nomino!” lo interrompe subito per rassicurarlo. “Non voglio obbligarti a fare niente, ma io voglio dire di me a Ray.”

Gabriele annuisce serio, si sporge per baciargli i capelli e poi gli sorride. “Spero che vada tutto bene.”

 

Quindi, il giorno dopo Mimmo sta giocando a pallone sulla spiaggia con Rayan. Si conoscono da ormai qualche anno, e hanno la tradizione di andare al mare insieme ogni estate. Quel sabato però è diverso, sente che è arrivato il momento.

“T’agg ricr na cosa.” lo informa, fermando la palla.

“Ok.” annuisce e aspetta che parli. “Mimmo, ci sei?” gli chiede quasi un minuto dopo, agitandogli una mano davanti la faccia.

“Scusa, è che…” si guarda attorno e gli sembra che ci sia troppa gente, troppe orecchie che potrebbero ascoltare la conversazione. Gli fa cenno con la testa di seguirlo e si allontana fino a trovare un angolo della spiaggia in cui non c’è nessuno.

“Mimmo, ma se può sape che tieni?” inizia a preoccuparsi.

Si accerta che il posto sia tranquillo, poi fa un respiro profondo e deglutisce. “Mi piace una persona-” inizia.

“Ah bene, no? Pensavo fosse qualcosa di grave.”

“Non è una ragazza.” conclude in fretta.

Rayan rimane fermo sul posto, non dice una parola e non emette un fiato. Spalanca appena gli occhi, poi li richiude aggrottando leggermente la fronte. Cerca di rimettere a posto le sopracciglia, ma gli si apre la bocca. Però alla fine sbatte le palpebre e la sua faccia torna normale, inespressiva. Si avvicina e per un attimo Mimmo ha paura che possa succedere qualcosa di brutto e istintivamente chiude gli occhi. E invece sente l’amico abbracciarlo, dargli un paio di pacche amichevoli sulla schiena. 

“Scusa, non so che dire.” sussurra.

Gli viene da ridere, l’amico si allontana e lo guarda perplesso. “Non devi dire niente. Ho un ragazzo, volevo solo che lo sapessi.”

“È una cosa bella. Lo conosco?” Mimmo sposta lo sguardo qua e là, cercando di fare il vago. E lui scuote la testa. “Non importa, non devo saperlo. Sono contento per te.”

E questo è l’importante.

 

Dicembre 2020

Gabriele sta seduto alla sua scrivania e sta lavorando all’ultimo articolo prima delle vacanze di natale - finalmente mancano solo tre giorni di scuola -, mentre Mimmo sta facendo dei compiti seduto sul suo letto. Si incontrano ogni volta che possono, anche solo per studiare in compagnia perché ogni tanto si concedono una pausa e possono scambiarsi dei baci. Si frequentano ancora in gran segreto, forse Rayan ha intuito la cosa ma non ha mai detto niente. 

“Ho finito questi esercizi.” lo informa chiudendo il libro. “A te quanto ti manca?”

Gabriele si volta con un sorrisetto e abbandona la sua postazione per andare da lui. Gli si siede davanti, prendendo i libri e mettendoli ai piedi del letto. “Posso fare una pausa.” sussurra prima di baciarlo.

Si muove in avanti, costringendo Mimmo ad allungarsi e poggiare la testa contro la testiera del letto. Il moro sorride mentre preme le labbra contro il suo viso, il suo collo, tutto. Il biondo gli afferra il volto e i capelli con le mani, ridacchia mentre si lascia mordicchiare un orecchio.

E sono così presi dall’eccitazione del momento che non sentono la porta aprirsi e non vedono che la madre di Gabriele li ha beccati. Quando se ne rendono conto si staccano in fretta ma è tardi, la donna è sulla soglia della stanza con la maniglia ancora in mano. Ha il viso pallido, è sconcertata come se avesse assistito a qualcosa di terrificante. Gli occhi stanno per uscirle dalle orbite ma, quando Gabriele si alza e inizia a mormorare, lei se ne va via furente.

Lui si volta verso Mimmo con gli occhi lucidi. “È meglio che te ne vai.” gli dice serio, la voce rotta.

Raccoglie velocemente le sue cose e si fa accompagnare all’uscita. Vorrebbe dirgli qualcosa, ma lui gli sbatte la porta in faccia. Si conforta col pensiero che non avrebbe comunque avuto modo di trovare le parole giuste in una situazione simile, che qualsiasi cosa avesse detto sarebbe stata inutile. Torna a casa e sente gli occhi pizzicargli, ma non piange fino a che non è notte ed è nel suo letto.

Il giorno dopo spera di incontrarlo a scuola, nei corridoi o nel cortile, di poter parlare con lui e sapere che sta bene. Prova a contattarlo ma non risponde. Iniziano le vacanze di natale e di Gabriele non vede nemmeno l’ombra. Va a letto piangendo per giorni perché non capisce cosa sia successo, non sa se il suo ragazzo sta bene. 

 

Gennaio 2021

Torna a scuola dopo Natale e il ragazzo non c’è, non si presenta nemmeno in redazione al che si vede costretto a chiedere di lui. “Si è trasferito durante le vacanze, ha cambiato scuola.” lo informa una ragazza. “Dicono che sia a causa del lavoro del padre, ma secondo alcune voci in realtà è proprio per Gabriele che se ne sono andati. Pare che l’abbiano portato in un istituto.” aggiunge poi sussurrando e nascondendo la bocca con una mano. “Per educarlo meglio o robe del genere. Forse perché fumava.” dice a un volume normale della voce, ma Mimmo si sta già allontanando da lei.

Rabbrividisce se ripensa a quelle parole. Va fuori dalla scuola e si siede sugli scalini, dove si sono parlati per la prima volta. Gli viene da piangere, le mani tremano e fatica ad accendersi una sigaretta. 

Viso paonazzo per il pianto, capelli arruffati, occhi lucidi. Questa è l’ultima immagine che Mimmo ha di Gabriele, quella a cui ripenserà per i giorni a seguire. Gli spaventa l’idea che sia tutto finito perché sono stati beccati, che un po’ sia colpevole di tutta questa storia. 

 

Agosto 2021 

La storia di Gabriele l’ha traumatizzato parecchio e ha pianto per settimane, ma ora Mimmo sente di stare meglio. Se il ragazzo gli comparisse davanti vorrebbe abbracciarlo, scusarsi con lui per tutta questa storia e ringraziarlo - spera che un giorno possa farlo davvero. L’ha amato, è grato di averlo avuto nella sua vita, di averlo avuto come primo amore. Hanno avuto tante prime volte assieme, si ricorda. Però le loro strade si sono separate e forse lo avrebbero fatto comunque prima o poi, no? Si convince che sia così per talmente tanto tempo che ora ci crede davvero. 

L’ultimo anno è stato il più strano della sua vita, perché sono cambiate così tante cose. Questa è l’ultima estate con Rayan, anche lui si trasferisce. Va a Roma, pare che lo abbiano preso per giocare a calcio a livello agonistico, una cosa importante. È contento per lui, anche se gli dispiace doverlo salutare.

È l’ultimo giorno insieme, l’ultimo pomeriggio di mare. Stanno fumando in silenzio tra gli scogli, mentre guardano il tramonto. Hanno parlato tutto il giorno, ormai sono quasi senza voce.

Rayan fa un tiro e rompe il silenzio. “Era quel ragazzo del giornale, vero?”

Mimmo si volta di scatto, il volto corrugato. L’amico gli sorride e lui annuisce. “Perché?” domanda, portandosi la cicca in bocca.

Fa spallucce. “Mi dispiace che sia finita così. Per te, ma anche per lui.” 

“Sto bene.” confessa.

“È che-” si blocca, tira su col naso. “Sto per andarmene via, non voglio che...”

“Non mi metteranno in istituto.” dice, ipotizzando che l’amico si riferisse a questo.

“No.” mormora.

Mimmo lo guarda, ha il volto triste. “Cosa?”

“Non ti sto abbandonando anch’io. Lo sai, sì?”

Ah. Alza un angolo della bocca in un sorriso storto, sente il cuore frantumarsi. È stato abbandonato da tante persone, per motivi diversi nel corso della sua vita. Sentirsi dire quelle parole è come ricevere uno schiaffo in faccia e un abbraccio al tempo stesso. Quando Ray gli aveva detto che doveva trasferirsi si era sentito il mondo crollargli sotto i piedi, ma non aveva mai ammesso nemmeno per un istante che avesse paura di perdere anche lui per sempre. Però è per questo che è il suo migliore amico, perché lo capisce con uno sguardo. 

“Lo so. Ci rivediamo presto.” gli dice convinto.

Notes:

e sapete chi immagino nei panni di gabriele? francesco serpico, si lo so casting perfetto!!!