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Quella mattina, la Curia si svegliò accolta da un imprevisto. Era la mattina di Pentecoste, e la maggior parte dei prelati era stata invitata a San Pietro ad assistere alla solenne messa pontificia.
Si attendeva l’arrivo degli ultimi Cardinali quando, improvvisamente, si seppe che il Patriarca di Venezia aveva avuto un collasso, ed era ricoverato d’urgenza. Al suo posto era stato mandato un Vescovo, tale Monsignor Goffredo Tedesco.
Aldo Bellini, Segretario di Stato, lo attendeva insieme a Thomas Lawrence, Decano del collegio cardinalizio. Il primo appariva decisamente irritato e non provava nemmeno a nasconderlo, chi mai avrebbe inviato un semplice Vescovo a presiedere ed intervenire ad una messa solenne come quella di Pentecoste, pensò.
Thomas sembrò essere più tranquillo ma dentro di sé l’ansia cresceva silenziosa. Se quel giorno qualcosa fosse andato storto non se lo sarebbe mai potuto perdonare.
Gli altri cardinali attendevano nel Cortile di San Damaso, pieni di curiosità. Nessuno conosceva Goffredo Tedesco. Sapevano solo che aveva delle ideologie che potevano essere definite moderate, più conservatrici che liberali.
Un’auto dai vetri oscurati si fermò davanti a Thomas e Aldo. Quando la portiera si aprì mai si sarebbero aspettati di vedere scendere un uomo che non poteva avere più di quarant’anni.
Aldo lo squadrò, con sguardo cinico ma affascinato: lo sconosciuto presentava un fisico asciutto, valorizzato alla perfezione dai pantaloni e dalla camicia scuri. Una barba curata accarezzava un volto che avrebbe indotto in tentazione anche la persona più rigorosa a cui Aldo potesse pensare in quel momento. Quella dello sconosciuto era una bellezza disarmante che veniva spezzata solo da uno sguardo a tratti malinconico, nascosto dietro degli occhiali sottili. Una corona di ricci scuri gli adornava il capo, interrotta da un singolo ciuffo bianco che, nella sua dissonanza, rendeva l’uomo ancora più bello. Unico cenno del suo ruolo ecclesiastico era il collarino ecclesiastico.
Una persona del genere non era fatta per la castità, pensò Aldo.
Fu Thomas, decisamente confuso, a rompere il silenzio.
“Buongiorno… lei è l’assistente del Monsignor Tedesco?”
Lo sconosciuto accennò un sorriso.
“In realtà sono io il Monsignor Tedesco. Buongiorno a voi”
Entrambi restarono sbigottiti ma, a differenza di Aldo, sconvolto più dall’aspetto fisico che dal ruolo di Goffredo, Thomas riuscì a ricomporsi e a chiamare a sé il suo assistente, il Monsignor O’Malley.
“Ray, saresti così gentile da accompagnare il Monsignor Tedesco nella sua stanza?” Ricevuta una risposta affermativa si voltò verso Goffredo “Il Monsignor O’Malley la accompagnerà nella sua stanza. Alle 8:30 inizieremo a dirigerci a San Pietro per la messa. La prego di essere puntuale”
Goffredo annuì per poi seguire Ray dentro Casa Santa Marta.
Thomas si girò verso Aldo.
“…È giovane”
“Troppo…”
Dopo poco Goffredo raggiunse i suoi superiori nel cortile. Il suo abito talare, viola chiaro, spiccava tra le vesti scarlatte dei Cardinali.
Aldo, che si era allontanato da Thomas, osservava il giovane Vescovo. C’era qualcosa in lui di disarmante, qualcosa che gli causava rabbia, ma ancora non riusciva a capire cosa.
Goffredo si era appena poggiato ad una colonna, accendendo una sigaretta. Sembrava stesse meditando, osservando gli altri cardinali.
Sostituire il Patriarca di Venezia in un’occasione così importante avrebbe messo pressione a chiunque, ma quel Vescovo sembrava più rilassato che mai, ed Aldo era profondamente irritato da ciò.
Arrivate le 8:30 si mossero verso la Basilica, arrivando puntuali. La messa iniziò alle 9:30 e procedette senza problemi, Goffredo fu chiamato a parlare poco prima della comunione.
Mentre quest’ultimo salì sul pulpito fu chiaro a chiunque che il giovane Vescovo non era affatto intimidito dalla solennità del momento ma sembrò quasi esserne… compiaciuto.
Si prese il tempo di osservare la folla composta da fedeli e dai suoi superiori. Tutti pendevano dalle sue labbra.
“Miei cari fedeli e miei cari fratelli Cardinali, abbiamo un problema.”
Dei mormorii di preoccupazione si iniziarono a levare tra il mare di vesti rosse. I fedeli erano ancora più attenti. Aldo, seduto in prima fila, lo guardava, sfidante. Voleva sapere cosa Goffredo avesse da dire.
“La nostra Chiesa è attualmente lasciata a sé stessa e abbandonata all’indecisione. Abbiamo bisogno di idee chiare. Abbiamo bisogno di sapere qual è la direzione da prendere. Abbiamo bisogno di ripristinare quelli che sono i fondamenti sacri e indissolubili che per anni hanno tenuto in piedi e hanno reso gloriosa la Chiesa. E se questi fondamenti sono antiquati e non sono in linea con quello che la Chiesa vuole trasmettere oggi, abbiamo bisogno di eliminarli. Servono delle decisioni ferme e convinte”
Si fermò ad osservare la folla. Tutti i suoi colleghi lo fissavano, increduli, tutti tranne Aldo.
Aldo era incuriosito.
“Oggi come non mai, fratelli e sorelle, dobbiamo condannare l’incertezza nella nostra Chiesa. Oggi, nel santo giorno della Pentecoste, ricordiamo il momento nel quale lo Spirito Santo è sceso sugli apostoli, infondendogli coraggio ed eliminando la loro incertezza e la loro paura. La Chiesa è nata solo quando è stata eliminata l’incertezza, ed è paradossale che attualmente questa istituzione sia più incerta che mai. Il mio, oggi, vuole essere un invito alla riflessione. Dovete mettere in discussione i vostri valori ed essere certi di quello che volete mostrare al mondo e a Dio. Solo così, insieme, potremmo aiutare la nostra Santa Romana Chiesa ad essere un’istituzione più forte, più viva e più resistente. Nel Vangelo secondo Matteo Gesù parla a Pietro: ‘E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le potenze degli inferi non prevarranno su essa.”. Oggi, qui, a San Pietro, vi invito a poggiare la vostra pietra per rinforzare una Chiesa che ha bisogno di voi, dei suoi fedeli, dei suoi figli. Ha bisogno di mura forti e decise che possano proteggere il suo cuore e chiunque scelga di credere. Ed è solo liberandoci dell’incertezza che possiamo prepararci anche noi a ricevere ciò che Dio vuole darci.”
Tutti nella Basilica aspettavano la sua prossima parola. Fermi. Alcuni non avevano nemmeno il coraggio di respirare.
“Preghiamo, Credo in un solo Dio, Signore onnipotente…”
Tutti si alzarono, pregando con lui, una voce all’unisono riecheggiava nella Basilica. Tecnicamente avrebbe dovuto essere il Papa a guidare la preghiera, ma a tutti sembrò il continuo logico dell’omelia tenuta da Goffredo Tedesco, un nome che, in meno di dieci minuti, aveva scritto una pagina della storia della Chiesa contemporanea.
Thomas era in crisi, non sapeva come reagire e né come giustificare quello che era appena successo. Non riusciva nemmeno a concentrarsi sulla preghiera. Poteva solo sperare che il danno fatto da Tedesco non fosse troppo esteso.
Aldo era furioso, non con Goffredo, ma con sé stesso. Non sopportava il non riuscire a trovare un modo per smontare l’omelia di Tedesco, e non sopportava il rivedersi in lui. Non riusciva ad accettare di voler essere lui, se non peggio, di volerlo. Si pentì immediatamente tornando a concentrarsi sulla preghiera.
Il Pontefice aveva ascoltato con attenzione le parole del giovane vescovo, e fu l’unico che si rese conto di aver appena assistito al discorso di uno stratega. Ogni parola era pesata, calibrata alla perfezione, con il solo obiettivo di colpire, ma non di abbattere.
Goffredo gli sarebbe stato di grande aiuto.