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I giorni al rifugio B06-32

Summary:

Anna, Ray e tutta la loro famiglia arrivano sani e salvi al rifugio, ma prendono strade diverse. Anna passa il tempo a cercare di curare le ferite degli altri mentre Ray cerca un modo di avverare la visione di Emma. Ma questo non frena i sentimenti tra i due.

 

La storia segue la vicenda del manga, ma non si fa nessuna menzione di Hugo.

Notes:

(See the end of the work for notes.)

Work Text:

(1)


Erano arrivati al rifugio da poche ore ma tutti si era messi a pulire fin da subito per cercare di liberare il rifugio dell'odore di chiuso e ora si stavano rilassando.

Beh' tutti tranne Anna che stava passando in rassegna tutti i bambini in cerca di ferite da medicare, una sorta di visita medica improvvisata (e non molto professionale) a cui nessuno era riuscito a sottrarsi. Soprattutto si era presa cura di Emma, le aveva somministrato della morfina per il dolore e ora dormiva profondamente.

Il lavoro sembrava non finire mai - i bambini erano pieni di lividi e Rossi cadendo si era rotto una mano - ma il buon odore che si stava diffondendo nel rifugio bastava a darle la forza di continuare. L'idea di un pasto caldo. Ray. Riusciva quasi a sentire il sapore sulla lingua. Quel ragazzo era pieno di talenti: era intelligente, sapeva pensare con il sangue freddo, sapeva combattere, cucinare e chissà cos'altro. Lo ammirava fin da quando era bambina e aveva fatto di tutto per guadagnarsi la sua approvazione, non c'era mai riuscita, ovviamente, ma questo non le aveva impedito di continuare a provarci.

Poco tempo dopo la cena fu servita. E Anna trovò il coraggio di avvicinarsi a lui.

"Per caso puoi venire con me un minuto?"

Ray non le chiese come mai, annuì soltanto e si limitò a seguirla mentre Anna lo scortava in infermeria.

Si sedette su un letto e Anna medicò tutte le sue ferite e i suoi lividi, finché non rimase una sola cosa da fare.

Anna era una ragazza forte, ma non poté fare a meno di tremare un poco mentre scopriva la benda che copriva ciò che era rimasto dell'orecchio di Ray.

Vide un grumo di sangue non totalmente coagulato e delle macchiette giallognole. C'era da stupirsi che non avesse fatto infezione, quella era la ferita peggio medicata della storia della medicina.

"È messo tanto male, eh?" Chiese Ray con un sorriso triste. "Te lo si legge in faccia."

"Non peggio di quella di Emma" Disse Anna cercando di ricomporsi. "Quanto è grande il dolore da uno a dieci?"

Ray la guardò negli occhi, quella ragazza che aveva sempre visto come una sorellina da proteggere e che ora si era trasformata in qualcosa che non riusciva bene a definire. Aveva visto troppo del mondo per essere definita una bambina, ma allo stesso modo il suo viso tradiva i tratti innocenti di un'infanzia ormai persa per sempre.

Ora era lei a prendersi cura di lui; ora lei lo guardava con uno sguardo che non gli aveva mai visto prima; uno sguardo duro, determinato, uno sguardo che diceva vedi bene di non mentirmi.

E Ray valutò davvero, per un momento, di dirle la verità. L'orecchio gli faceva un male cane, avrebbe voluto prendere un antidolorifico che gli facesse dimenticare quel dolore lancinante per un po'. Ma non poteva dirglielo, non adesso che Emma dormiva nell'unico letto dell'infermeria ed era solo a cercare di far funzionare tutto. Non poteva permettersi attimi di coscienza annebbiata.

E poi c'era anche lo stupido pensiero di non volersi mostrare debole davanti a Anna, anche se non sapeva molto bene da dove venisse. Eppure, nella sua totale irrazionalità, fu quel pensiero a vincere.

"Uno" disse.

"Dieci!" Pensò svegliandosi di soprassalto a causa del dolore. Gli occhi ci misero un po' ad abituarsi alla mancanza di luce, era notte fonda, la sveglia indicava le 02:36 del mattino.

Si alzò e si incamminò verso l'infermeria, lì avrebbe sicuramente trovato qualcosa che avrebbe fatto al caso suo.

Era tutto buio, non volava una mosca e sembrava che tutti stessero dormendo. La porta dell'infermeria si aprì con un cigolìo sinistro.

"Ray?" Disse una voce.

"Anna?! Cosa ci fai sveglia?" Chiese cercando di nascondere il fatto che si fosse appena preso un colpo.

"Sto tenendo Emma sotto osservazione, è febbricitante e non so quanto durerà esattamente l'effetto dell'anestesia."

Si avvicinò a lui con passo leggero.

"Invece sono proprio curiosa di sapere cosa ci fai tu qui."

Ray indietreggiò un po' a disagio. "Mi sono perso, stavo cercando il bagno."

Per un attimo si guardarono in silenzio.

"Ray che si perde." disse infine. "Possibile, ma poco probabile."

Ora Ray era decisamente a disagio.

"Sei sicuro che non stavi cercando queste invece?" Chiese porgendogli un barattolo.

"Cosa sono?"

"Pastiglie. Per il dolore."

"Io non-"

"Prendine una se vuoi alleviare il dolore, due se vuoi dormire come un bambino per un po'." Stavolta parlando sorrise, la tensione nella stanza si sciolse. Il volto che prima lo aveva messo a disagio ora gli ispirava fiducia.

"Grazie." disse prendendo una pastiglia.

"Devi avere cura di te, Ray." Aggiunse Anna, aprì la bocca per dire altro ma poi la richiuse, infine aggiunse: "dimmi che non proverai a suicidarti di nuovo."

Le sue parole lo presero un altra volta alla sprovvista. Ci riflettè un attimo.
Guardò i suoi capelli, non era abituato a vederli così corti, forse era quello ciò che gli faceva pensare che fosse cambiata.

"Non lo farò," rispose. Stavolta era sincero.

(2)

 

Era passato un po' di tempo da quel giorno. Da allora Ray non aveva più preso altri antidolorifici ma era passato spesso a farsi controllare la ferita.

 

Un po' perché era bello avere qualcuno che si prenda cura di te come se non esistesse nessun altro al mondo, un po' perché Anna passava in infermeria la maggior parte del suo tempo senza uscire quasi mai e Ray era un po' preoccupato.

 

"Ray la tua ferita sta benissimo."

 

Certo che stava benissimo, andava a trovarla più di quanto fosse disposto ad ammettere.

 

Anna andò a buttare la vecchia garza e ne prese una nuova. Prima di risedersi sul letto accanto a lui e scostargli i capelli dalla ferita. Quando la sua mano fredda lo toccò, Ray sussultò un poco.

 

"Ti fa ancora così male?"

 

"No," rispose, ed era la verità, stava davvero guarendo bene. Era solo che... Anna lo prendeva sempre alla sprovvista, okay? Non riusciva bene a capire come mai, ma lei lo rendeva sempre fin troppo consapevole del suo corpo. Anna era così, gli faceva quest'effetto.

 

"Come procedono le ricerche?"


Ray ci mise un po' a rispondere, dal tono di Anna si capiva che non era per niente felice delle loro "ricerche".

"Cosa mi stai mettendo sull'orecchio?" Chiese Ray cercando di cambiare argomento. Aveva notato che il colore della boccetta era diverso da quella che usava di solito.

"Un intruglio, l'ho fatto io." Rispose Anna sospirando. "I medicinali nelle scorte sono tanti, ma molti sono scaduti da anni. È meglio tenere da conto quelli ancora utilizzabili, così sto studiando le proprietà curative delle piante."

"E pensi davvero che funzioneranno?"

"Lo spero più che altro. Ma penso che Minerva non ci avrebbe mai lasciato libri inutili nell'archivio, no?"

Ray non disse niente. Aveva notato che Anna passava parecchio tempo nell'archivio, ma era sicuro che stesse soltanto leggendo quei pochi romanzi che c'erano. Mentre lui passava tutto il giorno ad aspettare un messaggio da William Minerva, Anna si stava già preoccupando delle provviste del rifugio.
Sembrava che da un giorno all'altro quella ragazza si fosse decisa a crescere e adesso Ray non vedeva più una bambina in lei, ma una sua pari.

"Sei cambiata, Anna."

"Cambiata? In che senso?" Ora aveva smesso di medicarlo e lo guardava dritto negli occhi.

"Sei più... adulta. Non lo so." Si era già pentito di averglielo detto. Sei cambiata, che frase stupida, non significava nulla.
"Stai davvero bene con la coda."

Anna sentì uno strano formicolio sulle guance. "Grazie." Da quando si era tagliata le trecce aveva presso a farsi una piccola coda per tenere i capelli lontano dagli occhi, l'idea che gli potesse donare era fuori discussione, a lei le sue trecce mancavano così tanto. Ma per salvare Ray lo avrebbe fatto ancora. E ancora. Per tutte le volte che sarebbe stato necessario.

"Hai finito? Posso andare?" Quella domanda la riportò bruscamente alla realtà.

"Si si... Ho finito. Mi chiami Emma per favore? Lei sì che non si fa mai vedere qui."

"Certo!" Esclamò Ray precipitandosi fuori dalla stanza un po' troppo in fretta. Sperava solo che Anna non avesse notato il suo imbarazzo.

Emma arrivò poco dopo, cercando di nascondere con un sorriso il fatto che non aveva nessuna voglio di trovarsi lì.

"Ci metterò poco, almeno spero."
Anna la fece sedere dove poco prima era seduto Ray.

Quando tolse la benda fu però chiaro che non sarebbe stato così. "Lasciatelo dire, questa ferita fa schifo."

"Ah ah, ma davvero?" Chiese Emma ridacchiando nervosa.

"Ti avevo detto di riposare e di non fare movimenti bruschi." La rimproverò Anna. "Da quanto tempo non cambi 'sta benda?"

"Non lo so. Ero presa da altro e mi sono dimenticata..."

Anna alzò gli occhi al cielo. "Certo, stai sempre attaccata a quel maledetto telefono."

"Non possiamo perderci il messaggio di Minerva. Lo sai anche tu."

"Questi punti si sono rotti. Non dirmi che non hai fatto altro che aspettare tranquilla tutto il giorno, io non me la bevo."

"In effetti sono uscita a cacciare."

Anna per poco non lasciò cadere l'ago che stava sterelizzando.

"Sei andata a caccia?! Certo che tu sei tutta scema, ti avevo detto di stare tranquilla!" Emma quasi si spaventò a quel cambiamento di tono così repentino. Un tono che non aveva mai sentito usare da Anna, ma che assomigliava tanto a quello che usava qualcun'altro di sua conoscenza, ma chi?

"Congratulazioni, adesso ti devo rifare i punti."

"Proprio adesso?"

"Proprio adesso. E ci vorrà un po'."

Nella stanza calò il silenzio. Fu ancora Anna a parlare. "Si può sapere cosa avete intenzione di fare grazie a tutte quelle ricerche?"

"Vogliamo partire. Abbiamo scoperto che c'è un altro rifugio."

"Partire? E per dove scusa? Siamo in tanti, è già bello che siamo arrivati vivi fin qui e tu vuoi partire di nuovo?"

Emma distolse lo sguardo. "Non andremo tutti. Partiremo solo io e Ray."

Quelle parole colpirono Anna come coltelli, affondarono nella sua carne e avvinghiarono la sua gola come gli artigli di un demone affamato. No no no no, non è possibile, non possono andare da soli e non tornare mai più. La mano così ferma ed esperta di Anna si mise a tremare senza riuscire a fermarsi. Non era possibile, non di nuovo.

"Non subito," si affrettò ad aggiungere Emma, "prima dobbiamo fare parecchi preparativi."

"No!" Sbottò Anna che ancora tremava. "Voi ve ne andrete di quando io avrò deciso che vi siate ripresi completamente dalle vostre... amputazioni.
"E stai sicura che con quell'infezione non andrete da nessuna parte."

"Anna, cosa ti è successo?"

"Anna, cosa ti è successo?" Ripetè lei scimmiottando la sua voce. "Anche Ray mi ha detto che sono cambiata. È così strano che io mi faccia valere ogni tanto?!"

"Ray!" Esclamò Emma balzando in piedi. "Ecco a chi assomigli!"

"Cosa?"

"Il tuo tono di voce, il tuo modo di fare, sembra quello di Ray."

"E con questo?" Chiese Anna con un sopracciglio alzato.

"Ho notato che passa molto tempo qui di recente." Emma le circondò le spalle con un braccio e la guardò con un sorriso beffardo.
"Dimmi un po', non avrete mica una relazione segreta, vero?"

Al solo pensiero di lei in una relazione segreta con Ray il cuore di Anna mancò un battito. Da quando era diventata così sensibile quando veniva menzionato?

"N-no, cosa te lo fa pensare?" Chiese sentendosi arrossire di nuovo.

"Te l'ho già detto, è sempre qui. E anche quando scartabelliamo nell'archivio sembra sempre avere la testa da un'altra parte. Dalla tua parte, per essere più precisi, soprattutto quando sei lì a leggere."

Ray la guardava leggere? Questa le era nuova, eppure un po' le faceva piacere...

"Sai, a Grace Field una volta mi aveva detto che gli piacevo. Io a quel tempo non avevo capito e lui non me lo ha più ripetuto, ma sono felice che mi abbia lasciato perdere. State benissimo insieme."

Anna si sentì il cuore gelare. Ma certo, era ovvio che a Ray piacesse Emma. Emma era forte, coraggiosa, aveva il cuore puro e si preoccupava sempre per gli altri. Non era debole come lei, non aveva bisogno di essere protetta.
Tuttavia non era gelosa, era triste piuttosto. Adesso aveva la piena consapevolezza che tra lei e Ray non c'era mai stata nessuna possibilità.

"Non stiamo insieme," disse secca. "Ora siediti, hai intenzione di farti rifare quei punti o no?"

Ma mentre lavorava i suoi pensieri non facevano che ritornare a quello che aveva appena scoperto.

Una possibilità? E perché mai vorresti avere una possibilità con Ray? Tra di voi non c'è mai stato niente e mai ci sarà, è così che deve essere. Diceva la sua mente razionale.

O forse hai solo paura di ammettere che Ray ti piace. Replicò il suo cuore.

Per la distrazione Anna si punse con l'ago.

(3)


I preparativi per la partenza occupavano la maggior parte del tempo e il giorno fatidico si avvicinava inesorabilmente. Emma aveva deciso di dare lezione di caccia e di difesa con le armi che avevano trovato nello sgabuzzino segreto. Anche Anna era stata costretta a partecipare, e subito si era fatta palese la sua totale incompetenza nel maneggiare qualsiasi tipo di arma.

"Senti Anna, se vuoi possiamo fare una lezione prima di cena dopo, così saremo solo noi due e ti posso spiegare come si deve, okay?" Le chiese Emma. Anna sapeva benissimo che la vera ragione per cui Emma voleva darle lezioni private era per paura che beccasse qualcuno con una freccia. Così Anna si sentì costretta ad accettare, dopotutto non voleva essere un pericolo pubblico.

Tuttavia quando all'ora accordata uscì dal rifugio per avventurarsi in una piccola radura nella foresta dove era stato adibito una sorta di poligono di tiro - sugli alberi erano stati incisi dei bersagli - non trovò Emma ad aspettarla, ma Ray.

Anna rimase a guardarlo con aria interrogativa.

"Mi sono offerto io di darti lezioni, Emma non centra."

"Come mai?"

"Era da un po' che non ti vedevo."

In effetti Anna aveva fatto di tutto per non farsi trovare in giro e con la scusa dei preparativi era stato facile non incontrarsi.
Da quando aveva avuto quella conversazione con Emma la sola vista di Ray era diventata quasi insopportabile. Ogni volta che lo vedeva anche solo da lontano il suo cuore le ricordava dei suoi sentimenti per lui e lei non poteva fare altro che evitarlo a tutti i costi, sperando che il vecchio proverbio avesse ragione.

Lontano dagli occhi,
lontano dal cuore.


"Anche tu non sei più passato in infermeria."

"Pensavo di essere guarito."

Anna dovette riconoscere che anche quello era vero. "Dai cominciamo." Disse lei tagliando il discorso.

La prima e unica lezione di Ray prevedeva un programma completo: tiro con l'arco, autodifesa, fucile. Il fucile era stato lasciato per ultimo perché il rumore avrebbe potuto attirare qualche demone selvatico.

"Senti, prova a fare un tiro così vedo dove sbagli." Ray le porse un arco e una freccia.

"Non potresti mostrarmi tu una volta come si fa?"

Ray chiuse un occhio e tese l'arco. Un istante dopo la freccia si conficcò perfettamente al centro di un bersaglio.

Anna sospirò, lui lo faceva sembrare così facile, ma per lei anche solo tendere l'arco era uno sforzo evidente.

"No, non così." Disse Ray ancora prima che lei provasse a scoccare la freccia. "La posizione è tutta sbagliata."

Non farlo non farlo non farlo, pensava Anna, fin troppo consapevole che Ray si stava avvicinando a lei.

Lui le prese le spalle raddizzandole delicatamente. "Una buona postura è la base, ovviamente." Il suo viso diventò rosso come il fiore Vida. "Una gamba deve essere più avanti dell'altra," disse sfiorandole il ginocchio.
Il suo povero cuore stava impazzendo e pulsava a velocità mai sentite prima, Anna per un attimo credette sul serio che sarebbe morta d'infarto.

"Ma la cosa più importante è guardare bene verso l'obbiettivo." L'indice di Ray le alzò il mento. Quando il suo sguardo incontrò gli occhi i suoi verdissimi, ad Anna si mozzò definitivamente il respiro già affannato. I loro visi erano così vicini che sarebbe bastato muoversi di un millimetro per tirargli una testata, o per dargli un bacio.

"H-ho capito." Riuscì a dire.

"Bene. Allora prova." Disse Ray allontanandosi da lei per sua fortuna.

Anna ci mise qualche secondo per processare cosa fosse appena successo. Ray ci aveva appena provato con lei? No, non poteva essere, a Ray piaceva Emma, giusto? In fondo aveva accettato di darle la lezione al posto suo per farle un piacere, no? Doveva essere così, non era possibile che-

"Allora, la lanci questa freccia o no?"

Ray ha ragione. Ricomponiti e scocca 'sta maledetta freccia. Si disse Anna con determinazione.

Il lancio andò così male che la freccia si conficcò nel terreno. Ray sospirò sonoramente.

"Scusa."

"Non fa niente, Emma mi aveva avvertito che ci sarebbe voluto un po'."

Queste parole non ebbero esattamente l'effetto di farla sentire meglio.

Ray andò a raccogliere la freccia. "Su, riprova."

Anna esitava ancora. Non voleva sbagliare di nuovo, non voleva sentire ancora quel sospiro deluso.

"Anna rilassati." Lo sentì dire. "Sciogli le spalle, pensa solo al bersaglio e dimenticati di tutto il resto. Ricordati che le frecce non vanno dritte, creano un arco nel cielo."

Un arco nel cielo. Anna tese di nuovo l'arco, fece un profondo respiro e si concentrò. Quando lasciò andare la freccia chiuse gli occhi, aveva paura di sapere dove fosse finita.

"Brava, Anna! C'eri quasi!"

Anna aprì gli occhi, la freccia si era conficcata davvero vicino al punto intagliato nella corteccia dell'albero. Solo allora la tensione dentro di lei si sciolse del tutto, lasciando posto una certa soddisfazione. Non riuscì a trattenere un sorriso, Ray le sorrise di rimando e questo la fece sorridere ancora di più.

"Riprova ancora!"

"Si!" Disse Anna incoccando un'altra freccia.

Dopo il tiro con l'arco passarono all'autodifesa.

"So dove colpire una persona per ucciderla." Aveva sbuffato Anna.

"Non lo metto in dubbio, ma questo non significa che saresti in grado di farlo in una situazione di emergenza."

Anna aveva alzato gli occhi al cielo ma Ray l'aveva costretta a mettersi al lavoro. Il tempo era passato in fretta, il sole era calato e le stelle si accendevano a poco a poco con il calar della notte.

"Bene, ora è il momento di sparare con il fucile."

"Col cavolo, sono stanca." Disse Anna lasciandosi cadere sul prato della radura.

Ray la guardò dall'alto per qualche secondo, ma poi si distese accanto a lei.

"Ray, perché dovete partire?" Chiese Anna con lo sguardo al cielo. "Si sta bene qui."

"Questo rifugio non è stato costruito per essere permanente. Andremo in un posto che lo è."

Anche Ray guardava il cielo e per la prima volta si chiese se credesse davvero nelle sue stesse parole. Forse Anna aveva ragione, stavano bene così.

"Non sai cosa vi aspetterà una volta arrivati lì, quel posto è stato costruito tredici anni fa, e se non fosse più sicuro?"

E se non tornaste mai più?

"Dobbiamo provare, Anna. Ma anche tu hai detto che i medicinali già scarseggiano. Se restiamo qui tra qualche anno moriremo di qualche malattia o infezione. Se tentiamo la sorte forse troveremo un modo di stringere una nuova promessa."

"Bisogna essere grati di quello che si ha e goderselo fino in fondo. Possiamo trovare il modo di far funzionare tutto-"

"Anna." La interruppe Ray. "Tornerò indietro."

Lei sì girò per guardarlo negli occhi. "Tornerai? Me lo prometti, vero?"

"Te lo giuro."

Rimasero a guardarsi in silenzio. Si sentiva il fruscio del vento tra le foglie, i versi dei piccoli animaletti che popolavano il bosco. Anna non voleva che questo momento finisse, e non lo voleva neanche Ray, ma sapeva che se fosse durato anche solo un istante di più non avrebbe trovato la forza di partire.

"Andiamo," disse aiutandola ad alzarsi, "fa freddo ormai. Sono sicuro che abbiamo anche saltato la cena."

Anna annuì e lo seguì nel rifugio.

(4)

 

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.
Che cazzata colossale.


Da quando Ray e Emma erano partiti i mesi passavano lenti e l'ansia dell'attesa corrodevano la sanità mentale di Anna a poco a poco. Le ore notturne erano le più difficili. Non dormiva e quando ci riusciva i suoi sogni le mostravano i suoi amici morire in dieci modi diversi, uno più cruento dell'altro. Passava ore a contemplare il soffitto, conosceva ogni macchia, ogni imperfezione, a volte le guardava così intensamente che sembravano muoversi.

Aveva capito perché la gente pregasse. Perché quando i tuoi amici mancano da settimane e tu non puoi aiutarli in nessun modo l'unica cosa che ti resta da fare è chiudere gli occhi, unire le mani e sperare ardentemente che siano ancora vivi.

Per quanto si sforzasse di apparire "a posto", i suoi amici si erano accorti che qualcosa non andava. Gilda le dava meno lavoro possibile e continuava a insistere perché provasse a dormire un po', Nath invece restava sempre accanto a lei e non la mollava un secondo. Ma le loro premure servivano a poco e il suo aspetto peggiorava di giorno in giorno.

Finché, ventiquattro lunghi giorni dopo, Ray e Emma tornarono.

Il loro arrivo fu preceduto da un grande vociare che si sentiva addirittura da dentro al rifugio.

La botola fu aperta e uno sciame di bambini sconosciuti si precipitarono dentro. Ma ad Anna non importava.

Dove sono? Dove sono?

Cercava inutilmente di avvicinarsi alla botola per vedere se Emma o Ray stessero scendendo. Finché lo vide, Ray che veniva aiutato da un'altro ragazzo a portare una Emma inanimata sulle spalle.

E quando Anna la vide capì che i suoi incubi erano diventati realtà.

Ma non era quello il tempo di disperarsi, ora doveva essere forte. Aveva letto ogni libro di medicina che era riuscita a trovare, se qualcuno aveva la più minima possibilità di salvare Emma quel qualcuno era lei.

"Levatevi dal cazzo!" Sbraitò una ragazza con i capelli viola verso i bambini che occupavano l'entrata. "Dov'è l'infermeria?"

"Seguitemi" disse Anna, con una determinazione che non sapeva di avere, "le serve una trasfusione di sangue al più presto."

Anna mandò tutti fuori e si chiuse da sola in infermeria, dove rimase per ore al capezzale di Emma senza mai fermarsi un attimo, era come se tutta l'energia che non aveva utilizzato nel suo stato cadaverico d'attesa fosse stata risparmiata in vista di quel momento.

Ma prima o poi tutto quello che era possibile fare fu fatto e Anna fu costretta ad ammettere che da quel momento in avanti non si poteva fare altro che aspettare.

Era seduta su una sedia davanti al letto di Emma, quando qualcuno bussò alla porta.

Anche se era completamente esausta, Anna si costrinse ad alzarsi e ad aprire.

Vide gli occhi verdi di Ray che la osservavano attentamente. La sua smorfia di stanchezza si trasformò in una di disgusto e per un attimo prese in considerazione l'idea di chiudergli la porta in faccia.

"Emma come sta?"

"Entra," disse sparendo nella stanza.

Dal canto suo anche Ray era stato preso di sprovvista. Non sapeva bene cosa si aspettava da Anna una volta tornato, ma di certo non si aspettava un trattamento così freddo.

"Siamo ancora qui, eh? Emma si fa male, tu la curi e io non riesco a dormire." Cercò di scherzare.

Anna però non lo stava nemmeno guardando in faccia, il suo sguardo era fisso su Emma.

"Te lo avevo detto. Te lo avevo detto che andarsene da qui era una pessima idea! E invece tu cosa fai? Lasci che Emma diventi lo spiedino di un demone, distruggi una riserva di caccia e ti trascini dietro decine di bambini quando sai che le nostre risorse sono già limitate."

"Non potevo saperlo Anna!" Cercò Ray di spiegarsi, ma Anna continuava a dargli le spalle immobile, senza dire nulla. "Anna, mi hai sentito? Guardami, cazzo!"

Anna si voltò di scatto verso di lui, grosse lacrime le scendevano lungo le guance, due occhi grandi e lucidi lo squadravano dalla testa ai piedi. Ray avrebbe fatto qualsiasi cosa per poter allungare la mano e asciugare le sue lacrime con il dito.

"I demoni sono sulle nostre tracce, vero?" Chiese Anna sottovoce. "Hai fatto saltare in aria Goldy Pond, sicuramente si rimetteranno a cercarci con più zelo di prima."

Ray smise di ascoltare ogni voce nella sua testa che gli urlava di controllarsi e avvolse Anna tra le sue braccia. A sua volta lei si strinse a lui così tanto da fargli mancare il respiro.

"Vinceremo noi, Anna. Siamo già scappati una volta, possiamo scappare ancora."

"Ma io voglio smettere di scappare Ray. Voglio essere felice, al sicuro." Disse Anna con voce rotta contro il suo petto, le lacrime bagnavano la sua camicia.

"Un giorno smetteremo di scappare e saremo felici."

"E Emma starà bene."

"Sì."

"E noi staremo insieme."

"Sì."

"Me lo prometti, Ray?"

"Te lo giuro." Rispose Ray baciandole dolcemente la fronte e stringendola più forte a sé.

Notes:

Uff... Questa era la prima fanfiction che io abbia mai scritto nella mia vita, spero che vi sia piaciuta!