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Language:
Italiano
Series:
Part 1 of Uniti dal Destino
Stats:
Published:
2020-02-22
Updated:
2025-11-30
Words:
116,402
Chapters:
17/?
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92
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21
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1
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1,163

Uniti dal destino

Chapter 17: Ritiro in montagna - parte prima

Summary:

Ci siamo ho ripreso la storia, nel modo giusto.

Chapter Text

Il pulmino sbanda per l'ennesima volta e io mi aggrappo al sedile davanti. «Vecchio, ma lei è sicuro di avere la patente?»

«Sakuragi, se non la smetti di urlare, ti butto fuori mentre siamo ancora in movimento!» ruggisce il capitano, stringendo i pugni con una forza che fa tremare le nocche.

Guardo verso i sedili posteriori. Lui è lì e dorme. DORME. Come se stessimo andando in crociera ai Caraibi e non rischiando la vita su questa strada di montagna piena di curve assassine.

La luce del tramonto gli illumina il viso e io... io non riesco a distogliere lo sguardo. I capelli neri gli cadono sulla fronte, le labbra appena aperte, quell'espressione così rilassata che durante la giornata non mostra mai. Le ombre delle montagne scorrono sul suo viso, creando un gioco di luci che mi ipnotizza.

Deglutisco. È ingiusto che qualcuno sia così bello anche quando dorme su un pulmino scassato che sta andando verso la morte certa. Io devo salvare il mio amore, caricarmelo sulle spalle e lanciarci da questo mezzo di distruzione di giovani promesse del basket. Il Tensai lo farebbe anche, peccato che la Kitsune mi assalterebbe al primo movimento sbagliato.

«Non dovresti guardarlo così,» sussurra Mitsui dal sedile accanto al mio, con un sorrisetto irritante.

Scatto verso di lui. «Cosa?! Io non stavo—»

«Certo, certo. E io sono Sailor Moon.» Si sistema i capelli con gesto teatrale. «Sakuragi, ti si legge in faccia come un libro aperto. Un libro con caratteri GIGANTI.»

«Non so di cosa parli!» sibilo, sentendo il calore salirmi sul collo.

Ayako, dal sedile davanti al nostro, si volta e ci sorride. Quel tipo di sorriso che dice: so tutto e mi diverto da morire. «Ragazzi, comportatevi bene. Abbiamo ancora venti minuti di strada.»

Venti minuti. Con Rukawa che dorme a tre metri da me. Con Mitsui che mi prende in giro. Con Ayako che SA.

Il pulmino fa un'altra curva brusca. Rukawa non si sveglia nemmeno. La sua testa oscilla al movimento, i capelli gli scivolano sugli occhi.

Le mie dita fremono dal desiderio di spostarglieli. Maledetta volpe.



Sento tutto.

Il rumore del motore che gira troppo alto nelle curve. Le urla di Sakuragi che riempiono il pulmino anche quando cerca di sussurrare. Il sibilo dei freni quando l’allenatore affronta le curve come se stessimo girando Fast and Furious: Mountain Edition.

E soprattutto, sento il suo sguardo.

Il mio Do’hao mi sta fissando. Lo fa da quindici minuti buoni. Posso percepire l'intensità della sua attenzione sulla mia pelle, calda come un raggio di sole.

Tengo gli occhi chiusi perché è più semplice così. Non devo guardarlo. Non devo vedere quella espressione che ha quando pensa che io non me ne accorga. Quel misto di frustrazione e qualcos'altro. Qualcosa che mi fa venire voglia di… Hn. Niente. Non mi fa venire voglia di niente.

Mento a me stesso e lo so. Lo so perché il mio battito cardiaco è accelerato. Perché la mia pelle formica. Perché tutto il mio corpo è consapevole della sua presenza.

Il pulmino sobbalza e sento Mitsui ridacchiare. La sua voce bassa mi arriva appena.

«Non dovresti guardarlo così.»

Cerco di non sorridere. Fallisco. Un altro sobbalzo. Mi concentro sul respiro. Dentro, fuori. Calmo. Controllato. Come sempre.

Ma c'è una parte di me, piccola e fastidiosa, che vuole aprire gli occhi. Che vuole guardare Hanamichi che mi guarda. Che vuole vedere cosa c'è in quegli occhi quando pensa che io sto dormendo o non sto facendo caso a quello che fa.

Invece resto immobile. Finisco di dormire. Codardo, mi dico. Ma è più sicuro così.

Tre giorni. Sono solo tre giorni di ritiro. Posso farcela... non ce la farò.



Il pulmino si ferma davanti a un edificio di legno che sembra uscito da un documentario sulla vita rurale giapponese. Due piani, finestre che guardano le montagne, un'aria vecchio stampo che non può contenere l’indole indomabile del Genio.

«Allora!» Ayako sventola una lista con l'entusiasmo di un generale che assegna le truppe. Siamo tutti ammassati nell'ingresso, zaini ai piedi, stanchi e sudati. «Le camere saranno così: Sakuragi con Mitsui—»

«MMMMMMMMMMM!» mugugno di irritazione, forse troppo forte. Insomma lei sa, fa tutti il tempo battutine e non mi mette in stanza con la volpe? Se questa non è crudeltà. Almeno non mi ha messo in stanza con Ryo, che ammetto se ne sta buono buono da un paio di giorni. Forse ha capito che il Tensai appartiene solo a una volpe dispettosa.

«—e Rukawa con Okabe.»

Il tempo si ferma. Perché?

«NOOOOOOO!»

Tutti mi guardano. Miyagi alza un sopracciglio. Ayako sorride. Mitsui si massaggia le tempie. E Rukawa... Rukawa mi guarda con quella sua espressione impassibile che però, se lo conosci abbastanza (e io lo conosco, cazzo se lo conosco), tradisce una leggera irritazione.

«Cioè...» cerco di rimediare, il cervello in panne totale, «perché proprio con quella matricola?! È... è...»

«Qualcosa non va, Sakuragi?» chiede Ayako con tono innocente. Troppo innocente.

«È troppo giovane! Rukawa ha bisogno di qualcuno più maturo! Qualcuno che... che possa tenergli testa!»

«Ah. E tu saresti quella persona matura?» Mitsui non riesce a trattenere la risata.

«ESATTO!»

Rukawa emette il suo solito "hn" glaciale, ma c'è qualcosa nei suoi occhi. Una specie di... speranza? Conosco bene il mio amore e so per certo che vorrebbe tanto stare in stanza con me. Chiariamo: non è che siamo diventati siamesi, ma io ora riesco a dormire solo quando lo sento vicino.

Okabe, alto come uno stuzzicadenti e con gli occhi che brillano di adorazione canina, salta intorno a Rukawa. Il suo idolo. «Rukawa-senpai! Che onore! Potrò imparare così tanto da te! Possiamo parlare di tecniche! E di strategie! E—»

«Hn.» Rukawa lo guarda come si guarda un insetto fastidioso. Il tipo di insetto che vorresti schiacciare ma sai che poi dovresti pulire la scarpa.

«È... è un sì? FANTASTICO!» Okabe sta vibrando di eccitazione.

Mitsui si massaggia le tempie. «Io... io non merito questo.»

«Cosa?» chiedo, ancora traumatizzato dall'idea di Rukawa che dorme nella stessa camera della matricola adorante.

«Condividere la camera con te, che sei in piena crisi d’astinenza da volpe,»

«NON HO NESSUNA CRISI!»

Ayako ride.«Va bene ragazzi, prendete le vostre cose e sistemati. Cena tra un'ora, prima di andare a dormire vedremo una partita per studiare meglio gli avversari.»

Afferro il mio zaino e seguo Mitsui su per le scale. Non guardo Rukawa. Non guardo dove sta andando. Non penso al fatto che dormirà a pochi metri da me, separato solo da un muro e dai miei pensieri sempre più inappropriati.

Assolutamente no.



Guardo Okabe che sta già sistemando il suo zaino con cura maniacale, parlando di "ottimizzazione dello spazio" e "strategie di allenamento pre-sonno".

Hn. Questo ritiro sarà lungo. Troppo lungo.

Dall'altra parte del muro sottile, sento la voce di Hanamichi. Sta già litigando con Mitsui per qualcosa. Non distinguo le parole, ma conosco quel tono. Frustrato. Agitato.

Non deve essergli piaciuta la sistemazione delle stanze, non è andata giù neanche a me. Insomma io ho bisogno del suo corpo caldo per addormentarmi.

«Rukawa-senpai, preferisci il letto vicino alla finestra o quello vicino alla porta?»

Guardo Okabe. Sta aspettando una risposta con gli occhi pieni di speranza. «Finestra.»

«Perfetto! Io prenderò quello vicino alla porta così posso... aspetta, perché la finestra?»

Perché da lì posso vedere le montagne invece della tua faccia ogni mattina, penso. Ma dico solo: «Hn.»

Okabe annuisce come se avessi pronunciato qualcosa di profondo. «Capisco! L'aria fresca della montagna per una mente lucida!»

No. Solo perché voglio una via di fuga. Sistemo le mie cose in silenzio. Okabe continua a parlare. Io continuo a ignorarlo. E attraverso il muro, sento Sakuragi ridere di qualcosa.

Il suono mi fa sorridere. Solo un po'. Solo per un secondo. Subito torno alla mia espressione impassibile.

Tre giorni. Posso resistere tre giorni... è una bugia.

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